Il reato di vilipendio colpisce ancora

Transcript

Il reato di vilipendio colpisce ancora
Anno III - Numero 86 - Venerdì 11 aprile 2014
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Renzi nei guai
Sanità
Grosseto
Liste elettorali:
grande fuga dal Pd
Artrite reumatoide:
"Non lasciamoli soli"
Nozze gay, è scontro
fra Procura e tribunale
Belli a pag. 7
Fruch a pag. 9
Colosimo a pag. 2
LA PROCURA GENERALE HA APPROVATO L’AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI, MA RESTA IL NODO DELLE MISURE RESTRITTIVE
di Robert Vignola
er la Procura generale di Milano,
l’affidamento ai servizi sociali, in
prova, è soluzione percorribile. Ora
però spetta al Tribunale di Sorveglianza decidere della sorte giudiziaria di Silvio Berlusconi. Che resta appesa
anche a un altro filo: quello degli arresti domiciliari. Impossibile fugare i sospetti, anzi
destinati a rincorrersi in ipotesi, appelli dissimulati, quando non veri e propri desiderata
che di qui ai prossimi giorni terranno viva
questa pagina della storia politico-giudiziaria
italiana.
La cronaca della giornata di ieri, puntellata
di rinvii a giudizio e sequestri eccellenti, ha
visto Berlusconi sfilare come cinquantanovesimo caso della giornata, preceduto da
una serie di condannati per reati comuni. Al
termine di un’udienza di pochi minuti, il Tribunale di Sorveglianza si è preso i suoi
tempi. Minimo cinque giorni, massimo quindici per “depositare”. Una bella forchetta
temporale, e l’immagine della forchetta porta
con sé anche quella dello spiedo, sul quale
far rosolare il corredo che tale attesa si porta
dietro. Da sinistra si odono chiare le trombe.
Che ogni tanto squillano: accetterà il condannato la sentenza che ha sempre contestato,
e continua a fare? E già, perché quell’affidamento ai servizi sociali – su questo insiste
una certa vulgata – comporta un percorso
di riabilitazione la cui prima pietra debba
essere l’ammissione dei propri “peccati”. E
allora servizi sociali, sì: ma con quali ulteriori
misure restrittive? Avrà insomma Berlusconi
diritto di girare l’Italia nei prossimi nove,
dieci mesi, e quindi di partecipare a manifestazioni pubbliche, avere incontri politici,
magari anche tenere un comizio?
Vedremo: intanto i legali Niccolò Ghedini e
Franco Coppi hanno fornito diversi documenti
P
L’ATTESA
Entro due settimane il verdetto del tribunale di sorveglianza:
in gioco c’è ancora l’agibilità politica del leader del centro-destra
per dimostrare la non pericolosità sociale
dell'ex Cavaliere ed evitargli così i domiciliari,
che restano la peggiore delle ipotesi sul tavolo. Al contempo, hanno indicato in un “un
centro terapeutico ospedalizzato” per disabili
mentali e fisici il luogo dove scontare la
pena. In queste persone, viene spiegato, il
Cav potrebbe sviluppare “nuovi stimoli in
CHIAMÒ "TERÙN" NAPOLITANO: BOSSI A GIUDIZIO
quanto soggetti rassegnati alla disabilità”.
Vi sarebbe anche l’indicazione di massima:
una struttura non ancora inaugurata, all’aperto,
nei pressi di Arcore.
LA FRANCIA VIRA A DESTRA E I “DEMOCRATICI” SI ORGANIZZANO
La Le Pen fa paura: le vietano un comizio
di Valter Brogino
llarme Le Pen. Xenofobia,
razzismo, intolleranza?
Macché: la leader del Front
National, che sta battendo palmo
a palmo la Francia alla ricerca
dei suffragi che potrebbero consegnare già a maggio la maggioranza relativa al suo partito,
di intolleranza se mai è vittima.
Con ella i suoi militanti e per
proprietà transitiva pure i suoi
elettori, vale a dire un “citoyen”
su quattro.
Se è vero che, da quando la
Francia ha virato a destra, il
nostro Paese è diventato meno
permeabile alle notizie che arrivano da oltralpe, non può che
destare scalpore il caso Rennes.
È questa la città capoluogo della
Bretagna, peraltro regione natia
del padre Jean Marie. Qui Marine
avrebbe dovuto tenere, il prossimo 27 aprile, un comizio in
vista delle europee, particolarmente atteso. Ebbene, non se
ne farà nulla.
La direzione del Parc Expo, l’auditorium nel quale si sarebbe
dovuta tenere la convention,
A
Il reato di vilipendio
colpisce ancora
Rossi a pagina 2
dopo aver dato il placet all’organizzazione della manifestazione,
è tornata sui suoi passi. La società
privata che gestisce la struttura,
attraverso le parole di Bernard
Le Gall, ha infatti reso noto che
“si riserva il diritto di rifiutare
l’affitto per tutte le manifestazioni
suscettibili di turbare l’ordine
pubblico”. Diritto che ha esercitato
proprio nei confronti del Fn. “Dovremmo pagare di tasca nostra
eventuali danni”, si è giustificato
Le Gall, citando i tafferugli avvenuti al centro di Rennes l’8 febbraio scorso. Peccato che a causarli siano stati proprio sedicenti
“antifascisti”, che hanno creato
incidenti, incendiato auto e infranto vetrine manifestando con
uno striscione con scritto “Né
Valls (attuale primo ministro socialista, ndr) né Le Pen”. Il Front
National parla apertamente di
pressioni politiche all’origine del
passo indietro dei gestori del
Parc Expo e denuncia l’evidente
attacco alla libertà pubblica. Chissà se a Valls, visto che i disordini
dell’8 febbraio riguardavano anche lui, avrebbero consentito di
parlare…
2
Venerdì 11 aprile 2014
Attualità
L’OPERAZIONE IMMAGINE VOLUTA DAL PREMIER PER LE EUROPEE SCOPERCHIA IL VASO DI PANDORA
Renzi incassa solo grandi rifiuti
I sindaci Emiliano e Nicolini rinunciano alla candidatura perché preferiti dal “gabibbo a cinque veline”
di Federico Colosimo
lle prossime elezioni europee il Pd rischia di andare non in rosa, tantomeno in azzurro. Ma in bianco.
Il premier Matteo Renzi
perde i pezzi del suo puzzle. Rinunciano alla corsa Giusi Nicolini e Michele Emiliano. Da capolista della
circoscrizione Sicilia-Sardegna, il
sindaco di Lampedusa s’è ritrovata
prima al secondo e poi al terzo
posto. E così, dopo la direzione del
partito, ha deciso di sfilarsi. “Che ci
sto a fare in una lista così? Ho scoperto dai giornalisti di essere stata
spodestata. Nel Pd non vogliono le
novità, che ci posso fare?”. Scavalcata
da Caterina Chinnici, capo del dipartimento per la giustizia minorile,
ha annunciato la sua decisione al
premier. Ma non è stata l’unica. Poche
ore più tardi è stato il turno del primo
cittadino di Bari. Spodestato, per il
Sud, dalla giovanissima Pina Picierno,
fedelissima di Dario Franceschini.
A
Troppo grande lo sgarbo, il primo
di una lunga serie. Prima la poltrona
promessa e mai arrivata di Sottosegretario al governo. E adesso il secondo tradimento. La goccia che ha
fatto traboccare un vaso ormai stracolmo. “La mia candidatura – il primo
commento stizzito – ormai è super-
flua. Votiamo le donne”. Fa il gentleman, Emiliano, ma solo da dietro la
tastiera del suo computer. Una calma
apparente, perché in realtà il fuoco
cova sotto la cenere.
Nel Partito Democratico volano gli
stracci. Il criticatissimo governatore
della Regione Siciliana, Rosario Cro-
DIEDE DEL “TERUN” AL CAPO DELLO STATO DURANTE UN COMIZIO
Vilipendio di Napolitano,
Bossi rinviato a giudizio
Storace: quanto ci mette il Parlamento a togliere di mezzo questo reato?
S
i scrive vilipendio del Capo dello Stato,
si legge lesa maestà. Un guaio nel quale
qualcuno, ogni tanto, incappa. E che, nella
logica troppo spesso adottata in Italia dei due
mesi e due misure, trova anche il modo di sfociare in un rinvio a giudizio. Questa la sorte
capitata a Umberto Bossi, lo storico leader
della Lega. I fatti risalgono al 29 dicembre del
2011: in occasione della “Be’rghem Frecc” di
Albino, a due passi da Bergamo, Bossi disse
durante un comizio: “Mandiamo un saluto al
presidente della Repubblica. Napolitano, Napolitano, nomen omen: non sapevo fosse un
terun...”, accompagnando alla frase anche il
gesto delle corna, nel tripudio dei suoi manifestanti. Certamente un comportamento oltre
il limite, che ha innescato però il meccanismo
dell’inchiesta per l’anacronistico reato: dapprima
il gip di Bergamo che segue l’inchiesta aveva
deciso di congelare la questione, in attesa di
un pronunciamento da parte del Parlamento,
assecondando così una precisa richiesta in tal
senso avanzata dalla difesa. Ma una risposta
non è mai giunta: di qui il rinvio a giudizio, per
un processo che inizierà il 3 febbraio 2015.
Una notizia che mette sale sulla ferita ancora
aperta, per lo stesso identico motivo, sulla
pelle di Francesco Storace, leader de La Destra.
Anch’egli rinviato a giudizio, per aver espresso
durissime critiche, ma di carattere pur sempre
politico, nei confronti dell’inquilino del Colle.
“A Bossi benvenuto nel club dei processati
per lesa maestà. Mi chiedo che cosa aspetta il
Parlamento a togliere di mezzo un reato anacronistico”.
Bruno Rossi
cetta, insiste: “La Chinnici è sì figlia
di un magistrato assassinato dalla
mafia, ma ha anche fatto parte della
giunta Lombardo”. D’altronde… repetita iuvant. Il sindaco di Lampedusa
s’è sentita tradita e non ci ha pensato
un secondo. Ha fatto un passo indietro
e s’è ritirata: “Mi occuperò dei mille
problemi di Lampedusa, a partire
da quelli degli immigrati. Mi hanno
pregato di accettare, perché titubante.
L’ho fatto dopo le loro insistenze solo
perché da Bruxelles avrei potuto
continuare a interessarmi delle questioni che riguardano il Mediterraneo.
Ma dal momento che sono stata delegittimata, le cose cambiano”. Senza
risparmiare un attacco all’ex sindaco
di Firenze: “E’ il premier, ma non è il
mio segretario. Io non sono del Pd”.
E in tutto questo scambio di accuse,
a prendersi gioco dei democratici,
il solito Beppe Grillo. Che ironizza
sulla “svolta” di candidare solo donne
come capolista e sul suo blog, scrive:
“Quattro veline e un gabibbo posson
bastare”. E il gabibbo, naturalmente,
è “l’ebetino” Renzi. Il Guru dimostra
di non essere molto bravo in matematica, alle Europee, infatti, le “veline”
capolista saranno addirittura cinque:
Alessia Mosca per il Nord Ovest,
Alessandra Moretti per il Nord Est,
Simona Bonafè per il Centro e, appunto, Pina Picierno per il Sud e Caterina Chinnici per le isole. Come
se già non bastasse, nel meridione
nasce anche il “caso” di Stefano Minerva. Il responsabile per il sud dei
Giovani democratici era certo di
avere un posto fra i 17 candidati
della circoscrizione. Tant’è, ufficialmente per “un banale errore di battitura”, è stato scavalcato da Nicola
Caputo.
Renzi perde pedine importanti, di
primo livello. Incassa critiche e sberleffi. E non è escluso che possa lasciarsi sfuggire altri tasselli “eccellenti”. Perché c’è anche chi ha una
dignità e non è disposto a farsi utilizzare come una figurina da scambiare
o appiccicare sull’album a proprio
piacimento.
IL PROCEDIMENTO COMINCIA A NAPOLI IL 18 GIUGNO
Mastella e la moglie a processo
Il vertice di quello che fu l’Udeur alla sbarra: “associazione a delinquere”
N
el gran balletto giudiziario delle ultime
ore c’è anche una “re-entry” piuttosto rumorosa. È quella di Clemente Mastella,
deus ex machina di quello che fu l’Udeur, al quale
tuttavia il “gossip” dei giorni scorsi assegnava un
altro tipo di re-entry: e cioè quella politico-elettorale,
nelle liste per le europee. Fatto sta che Mastella,
la moglie Sandra Lonardo e altre 17 persone sono
state rinviate a giudizio per associazione a delinquere. Lo ha stabilito il gup del Tribunale di Napoli
Maurizio Conte. Il processo comincerà il prossimo
18 giugno davanti alla nona sezione del Tribunale.
Secondo l’accusa, l’attività dei vertici dell’Udeur
in Campania era finalizzata “alla commissione di
una serie indeterminata di delitti contro la pubblica
amministrazione, e soprattutto all’acquisizione del
controllo delle attività pubbliche di concorso per
il reclutamento di personale e gare pubbliche per
appalti ed acquisizioni di beni e servizi bandite da
Enti territoriali campani, Aziende sanitarie e Agenzie
regionali, attraverso la realizzazione di numerosi
reati”.
In un primo momento l’accusa di associazione a
delinquere era caduta e Mastella e i suoi coimputati
erano stati rinviati a giudizio solo per altri reati.
Tuttavia la Procura aveva fatto ricorso per Cassazione che, condividendone le valutazioni, avevano
annullato quella parte della sentenza, disponendo
una nuova udienza preliminare.
Le dichiarazioni dell’ex Guardasigilli sono ovviamente improntate alla sorpresa. “Dopo essere
stato già prosciolto da un primo giudice del
Tribunale di Napoli per lo stesso identico supposto
reato, vengo rinviato a giudizio perché sarei stato
'il capo di un’associazione per delinquere chiamata
Udeur' ovvero capo di un partito politico. Rinviato
a giudizio ma non mi viene addebitato nessun
fatto specifico. Mai nella storia repubblicana italiana
si era verificata una tale circostanza. E dire che
l’Udeur ha contribuito ad eleggere presidenti della
Repubblica e primi ministri”, ha (significativamente)
B.R.
concluso Mastella.
INCHIESTA SAN RAFFAELE, ALTRO COLPO CONTRO L’EX GOVERNATORE: MAXI-SEQUESTRO AI SUOI DANNI
Per Formigoni l’orizzonte non è poi così… “Celeste”
Via Giovanni Paisiello n.40
00198 Roma
Tel. 06 85357599 - 06 84082003
Fax 06 85357556
email: [email protected]
Al senatore di Ncd è arrivato un altro segnale da parte della Procura di Milano, l’ennesimo di una lunga serie
Francesco Storace
S
embra proprio che i magistrati milanesi Roberto Formigoni se lo stiano cucinando a
fuoco lento. Prima l’inchiesta sugli appalti e
le opere pubbliche che ha portato in carcere il
direttore dimissionario della società “Infrastrutture
lombarde” (il braccio del Pirellone per 11 miliardi
di investimenti pubblici in vista di Expo 2015)
Antonio Giulio Rognoni. Con il gip Andrea Ghinetti
che nell’ordinanza di custodia cautelare ha gettato
ombre proprio sull’ex giunta Formigoni (“I vecchi
vertici sapevano”). Poi la presunta indagine segreta
– rivelata da L’Espresso , con tanto di false accuse
contro il sostituto procuratore Alfredo Robledo,
basata sulle parole della sua testimone di nozze.
Subito dopo il rinvio a giudizio per lo scandalo
della sanità in Lombardia. Con l’ex governatore
alla sbarra, accusato di corruzione e associazione
per delinquere. E adesso, un maxi-sequestro pre-
ventivo sempre per il caso “San Raffaele-Maugeri”.
A poche settimane dall’inizio del processo, previsto
per il 6 maggio, il “Celeste” comincia a pagare il
suo conto con la giustizia. La procura di Milano ha
congelato praticamente tutti i suoi beni e conti.
Ad eccezione di uno. Quello in cui l’esponente di
Ncd percepisce l’indennità parlamentare mensile.
Sigilli anche a 3 auto, frazioni di alcune proprietà,
ma soprattutto all’ormai famosa villa ad Arzachena,
in Sardegna, meta preferita delle vacanze del senatore alfaniano. Una reggia vicinissima a Porto
Cervo, in cima alla collina del Pevero, ceduta nel
2011 dal faccendiere Pierangelo Daccò a prezzo
di favore, per un vantaggio stimato dagli inquirenti
in 1,5 milioni di euro rispetto ai veri valore di
mercato, all’amico “storico” Alberto Perego. Finanziato nello stesso periodo con 1,1 milioni da
Formigoni. Era proprio questa “dimora” – secondo
gli inquirenti – ad essere nel lungo elenco dei benefits ottenuti dall’ex presidente della Regione in
cambio di delibere di giunta che avrebbero permesso alla Fondazione Maugeri (e anche al San
Raffaele) di ottenere un flusso di finanziamenti e
rimborsi.
Ma il sequestro monstre, da 49 milioni di euro, riguarda anche gli altri imputati. Da Daccò a Perego,
passando per l’ex assessore alla Sanità della Lombardia Antonio Simone.
Formigoni minimizza, spiega che uno dei suoi
conti è addirittura in rosso. Ma per dirla alla Mourinho, sente il “rumore dei nemici”. Il tintinnio di
manette è ancora lontano, ma c’è chi è pronto a
giurare che potrebbero scattare presto. Per molti
prima delle Europee, per altri dopo. Per scongiurare
le solite accuse di giustizia a orologeria.
Federico Colosimo
Direttore responsabile
Amministratore
Roberto Buonasorte
Direttore Generale
Niccolò Accame
Capo Redattore
Igor Traboni
Progetto grafico
Raffaele Di Cintio
Società editrice
Amici del Giornale d’Italia
Sito web
www.ilgiornaleditalia.org
Per la pubblicità
Responsabile Marketing
Daniele Belli
tel. 335 6466624 - 06 37517187
mail: [email protected]
-----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma
n° 286 del 19-10-2012
3
Venerdì 11 aprile 2014
I DATI ISTAT SULLA PRODUZIONE
Industria: nessuna luce
in fondo al tunnel
Istat lo comunica a chiare
lettere: nessun margine
di miglioramento per
l’industria in Italia. L'indice
destagionalizzato della produzione è diminuito dello
0,5% a febbraio rispetto a
gennaio. Nella media del trimestre dicembre-febbraio l'indice ha registrato un lieve aumento (+0,1%) rispetto al trimestre precedente. Corretto
per gli effetti di calendario, a
febbraio, l'indice e' aumentato
in termini tendenziali dello
0,4% (i giorni lavorativi sono
stati 20 come a febbraio 2013).
Nella media dei primi due
mesi dell'anno la produzione
è aumentata dello 0,8% rispetto
allo stesso periodo dell'anno
precedente. Gli indici corretti
per gli effetti di calendario registrano, solo a febbraio, aumenti tendenziali diffusi in gran
parte dei principali raggruppamenti di industrie: i beni intermedi e i beni strumentali
aumentano entrambi del 2,0%,
i beni di consumo dell'1,8%.
L’
Registra invece una flessione
marcata il comparto dell'energia (-9,0%).
Per quanto riguarda i settori
di attività economica, a febbraio, i comparti che registrano
la maggiore crescita tendenziale sono quelli della produzione di prodotti farmaceutici
di base e preparati farmaceutici (+7,6%), della metallurgia
e fabbricazione di prodotti in
metallo, esclusi macchine e
impianti (+5,3%), della fabbricazione di mezzi di trasporto (+4,9%) e delle Industrie tessili, abbigliamento, pelli
e accessori (+4,7%).
Le diminuzioni maggiori si
registrano nei settori della
fornitura di energia elettrica,
gas, vapore ed aria (-9,4%),
della fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (8,8%), della attivita' estrattiva
(-8,5%) e della fabbricazione
di coke e prodotti petroliferi
(-7,9%).
Economia
NUOVO ALLARME DELL’EUROSTAT
Disoccupazione senza precedenti:
il triste primato spetta all’Italia
Nella Penisola molti quelli che desistono anche dal cercare
ono oltre 3 milioni gli
italiani che disoccupati,
non cercano un lavoro:
si tratta di una cifra che
corrisponde a circa la metà
dei disoccupati inattivi dell'Eurozona. Così rileva l’Eurostat.
Ad oggi tre milioni e 91mila
italiani si dichiarano disponibili
a lavorare, ma di fatto non cercano lavoro: l'istituto di statistica
europea non spiega le ragioni
di questo fenomeno, ma non
si può escludere che questi
numeri siano il risultato di una
rassegnazione diffusa, ma anche dell'uso comune in Italia
di iscriversi alle liste di collocamento anche se di fatto non
si cerca lavoro, ma per magari
maturare diritti in seguito. In
effetti il dato italiano è di gran
lunga il più elevato in Europa,
ben più della Spagna (1,1 milioni di disoccupati inattivi), e
anche della Turchia (1,7 milioni), i cui dati sono disponibili
nello studio di Eurostat. In totale nell'eurozona i disoccupati
inattivi sono 6,4 milioni, mentre
nell'Ue la cifra raggiunge complessivamente i 9,3 milioni.
Un focus particolare per la
popolazione nell’Eu28 di età
S
compresa tra 15-74 che può
essere classificata in tre gruppi: nel 2013, erano 216,4 milioni le persone occupate, 26,2
milioni di disoccupati e 137,2
milioni gli inattivi. Tra gli occupati, 43,7 milioni sono lavoratori a tempo parziale, di
cui 9,9 milioni (23% dei lavoratori part time) sono sottoccupati, desideravano lavorare
più ore ed erano disponibili
a farlo.
Tra la popolazione inattiva
(soggetti né occupati né disoccupati), ci sono 9,3 milioni
di persone di età compresa
tra i 15 e i 74 anni con possibilità di lavorare, ma che non
cercano, e 2,2 milioni di soggetti in cerca di lavoro, ma
non erano disponibili nella
Eu28 nel 2013. Pur non essendo parte del popolazione
economicamente attiva, entrambi i gruppi fanno in qualche modo parte del mercato
del lavoro e potrebbero essere
considerati come una potenziale forza lavoro supplementare di 11,5 milioni di persone,
pari al 4,7% della forza lavoro
totale.
Nel 2013, la percentuale di lavoratori part time sottoccupati
rispetto al totale dei lavoratori
a tempo parziale, è variata in
modo significativo tra gli Stati,
con le maggiori quote osservate in Grecia (72,0%), Cipro
(59,0%), Spagna (57,4%), Portogallo (45.9%), Lettonia
(44,4%) e Bulgaria (41,9%).
Le percentuali più basse in
Olanda (4,2%), Lussemburgo
(10,3%), Repubblica Ceca
(11,4%), Danimarca (11,7%)
ed Estonia (12,4%).
La forza lavoro potenziale varia
notevolmente tra gli Stati membri, con le percentuali più alte
registrate in Italia (pari al 12,6%
della forza lavoro) e Croazia
(12,1%), mentre le più basse
in Repubblica Ceca (1,6%) e
Lituania (1,7%).
Francesca Ceccarelli
4
Venerdì 11 aprile 2014
Storia
VITA DI VITTORIO ZINGARELLI, TENENTE DEI BERSAGLIERI, CHE HA PASSATO LUNGHI ANNI DI DETENZIONE IN TERRA STRANIERA
Memorie di un prigioniero di guerra /1
Un vissuto intenso, fatto di privazioni e difficoltà, malattia e sconforto, ma anche di coraggio e slancio
di Emma Moriconi
a storia che raccontiamo
oggi è quella di un soldato,
uno dei tanti: la sua vicenda
personale è una microstoria che rappresenta in piccolo la macrostoria di tanti italiani.
Questo soldato si chiama Vittorio
Zingarelli, è nato a Roma il 18 marzo
1919 ed è morto il 16 novembre
2012. Nel periodo più maturo della
sua vita ha voluto redigere due volumi, testimonianze di guerra, di
dopoguerra e di prigionia.
Il primo volume, “Ricordi di guerra
e di prigionia – storia di una generazione tradita e sconfitta”, viene
pubblicato nel 2004, ed è un pezzo
di vita vissuta, tra aneddoti di quotidianità, spesso anche divertenti e
leggeri, e grandi dolori: quelli di
un uomo anziano che rievoca una
dura prigionia, vissuta nell’età più
bella, quella della gioventù.
Il secondo libro, “C’eravamo tanto
amati”, dedicato alla memoria della
moglie Maria Concetta, racconta
gli anni successivi al rientro in Patria,
nel 1946, e arriva fino alla metà
degli anni Novanta. La seconda parte
del volume si intitola “Nel nome
del Padre…” e qui sono i suoi figli a
raccontare: i ricordi dei cinque ragazzi sono raccolti e presentati ai
lettori da Massimo Iezzi.
Vittorio Zingarelli è un combattente
nella seconda guerra mondiale
come tenente dei Bersaglieri: ap-
L
partiene al 38° Battaglione Coloniale
formato da indigeni ascari.
“Sul molo di Tauloud-Massaua, in
Eritrea, l'otto aprile 1941 sono stato
fatto prigioniero da un ufficiale e
tre soldati della Legione Straniera
Francese – racconta - Sul molo del
porto tutte le navi, precedentemente
minate, saltavano in aria. Sono stato
quindi preso in consegna dagli inglesi, immatricolato come P.O.W.
(Prisoner Of War) con il numero
240132, quindi imbarcato sulla nave
ospedale Ramb IV. Dopo una settimana sulla nave, stipati come bestie,
con poca acqua e poco cibo, con
altri commilitoni sono stato trasbordato sul dragamine "Ratnagiri" per
dirigerci verso Porto Sudan. Da
porto Sudan siamo stati messi su
un treno e fatti scendere, dopo un
viaggio di cento chilometri nella
località sudanese di Haya Junction,
in pieno deserto. Lì siamo stati reclusi
in un campo di concentramento di
emergenza: dormivamo in tende,
sulla sabbia, senza letto; mangiavamo una volta al giorno una brodaglia
con pochissima carne e molta sabbia. Dopo quarantacinque giorni
fummo nuovamente trasferiti verso
Porto Sudan e trasferiti verso Bombay, in India, quindi nello stato di
Bhopal, a Bairagar, in una pianura
molto calda e umida, pericolosa
per la malaria e l'ameba. Non sarebbe stata l'ultima destinazione”.
I ricordi di Vittorio sono come un
treno che corre rapido e lascia dietro
di sé ricordi, emozioni, dolori. La
percezione di un vissuto intenso,
fatto di privazioni e difficoltà, malattia
e sconforto, ma anche di coraggio
e slancio. “Dopo una epidemia di
colera, che portò alla morte di diversi
prigionieri – continua - finalmente
avemmo l'ordine di essere trasferiti
a Yol, nella valle del Kangra, vicino
a Lahore, già zona di prigionia per i
tedeschi nella prima guerra mondiale. Là rimanemmo quattro anni
e mezzo. La vallata sembrava inserita
in un paesaggio alpino, a 1300 metri,
con folte boscaglie, verdi prati e
ruscelli d'acque chiare. In una vasta
area erano posizionati quattro campi
per gli ufficiali e uno per i soldati
(oltre ad un ospedale e vari altri alloggiamenti); ogni campo ufficiali
era diviso in cinque ali (ognuna
contenente 480 ufficiali e circa 100
soldati). In totale a Yol furono reclusi
circa dodicimila ufficiali. Finalmente
dall'Italia cominciarono ad arrivare
pacchi, libri e lettere. In generale
le condizioni igieniche e sanitarie
erano migliori. Cominciammo a lavorare, dapprima alla costruzione
dei campi di rugby e di calcio, poi
nei campi, con la promessa di non
evadere. Il tempo passava tra ore
dedicate allo studio, alle carte, agli
sport. La situazione non era idilliaca
come sembra: non potevamo comunicare con i prigionieri degli
altri campi, ed eravamo sempre
sotto il tiro delle sentinelle, come
accadde nel campo 26 il 21 aprile
1942, quando furono uccisi due
nostri ufficiali, e feriti diversi altri,
colpiti alle spalle”.
(… continua…)
[email protected]
5
Venerdì 11 aprile 2014
Esteri
MOSCA PRONTA A CALARE SUL TAPPETO DELL’ECONOMIA INTERNAZIONALE UN ASSO NELLA MANICA
Dove osano le aquile russe? Sull’oro
Nella guerra finanziaria globale irrompono le monete da cinque rubli in metallo prezioso,
destinate a sostituire il dollaro come valuta per l’acquisto delle forniture energetiche
di Giuliano Castellino
ubito si era capito che la guerra
per la Crimea sarebbe stata
la scintilla che avrebbe infiammato il mondo intero. Un incendio che già era stato spento sul
nascere qualche anno fa in Georgia
e qualche mese fa in Siria, ma che
covava sotto le ceneri, pronto a divampare da un momento all’altro.
Gli atlantici lo cercano da anni, da
quando Putin ha bloccato l’espansione
mondialista ad est. Una guerra divenuta a 360 gradi: non solo militare,
non più legata al petrolio e al gas,
ma anche finanziaria.
In una delle sue relazioni più scioccanti dall’inizio della crisi ucraina, il
Ministero degli Affari Esteri (MoFA),
nei giorni scorsi, ha avvertito che il
presidente Putin ha ordinato l’attuazione del “Progetto Doppia Aquila”,
che una volta pienamente realizzato
farà in modo che tutta l’energia globale sarà acquistata in oro, ponendo
così fine al regno del dollaro statunitense come valuta di riserva globale e di fatto il collasso delle economie degli Stati Uniti e dell’Unione
europea.
Una vera e propria sfida al “mondo
occidentale”, una dichiarazione di
guerra senza precedenti, che toglierebbe potere all’usura bancaria e
restituirebbe sovranità ai popoli eu-
S
ropei, mettendo Mosca alla guida di
una nuova Europa, liberata dal cappio
della Troika. In poche parole il crollo
del nuovo ordine mondiale.
Il “Progetto Doppia Aquila”, secondo
questo rapporto, chiede che la Banca
Centrale della Federazione Russa
(Cbr) inizi la produzione di monete
da 5 Rubli d’oro contenenti 0,1244
once troy di Oro puro, con un diametro
di 18 millimetri, decorate con una
doppia aquila schermato e coronata,
le quali diventeranno l’alternativa
mondiale sia al dollaro Usa che all’euro per l’acquisto di forniture energetiche.
Fondamentale notare, che il “Progetto
Doppia Aquila” prevede la creazione
di un nuovo “sistema di pagamento
nazionale” che consentirà alla Russia
di costruire le fondamenta che potrebbero presto offrire un’alternativa
alla Società per le telecomunicazioni
finanziarie interbancarie mondiali
(Swift) del sistema bancario e permettere alle nazioni di tutto il mondo
la possibilità di allontanarsi dal dollaro
americano e dall’egemonia degli
Stati Uniti.
Oltre al “Progetto Doppia Aquila”,
Putin ha inoltre ordinato che Sberbank, la più grande banca in Russia
e in tutta l’Europa orientale, interrompa
l’emissione di prestiti al consumo in
NEGLI USA
Un Suv contro l’asilo:
muore una bambina
Nuova tragedia a scuola, 15 i feriti
ncora una tragedia, ancora una volta con la
scuola come teatro del
fatto di sangue. Ieri mattina
gli Stati Uniti d’America si
sono svegliati con le angoscianti immagini che giungevano dalla Florida, dove un'automobile si è schiantata contro
un asilo, situato a Winter Park,
un sobborgo della città di Orlando. Una bambina avrebbe
perso la vita nell’incredibile
incidente, ma numerose altre
persone (quindici in tutto)
sono rimaste ferite. I bambini
piccoli ed i neonati sono stati
portati all'esterno dell'asilo,
presso il parco giochi, mentre
i feriti venivano trasportati con
le barelle.
La bambina che ha perso la
A
vita è deceduta presso l'Ospedale pediatrico "Arnold Palmer Hospital for Children"
della città di Orlando.
Secondo una ricostruzione di
quanto avvenuto, un Suv di
tipo Dodge Durango, di colore
grigio o argento, avrebbe urtato un veicolo, il quale a sua
volta avrebbe dunque travolto
la palazzina dell'asilo. Il conducente del Dodge non si è
fermato. Di qui è partita la
caccia all’uomo che era alla
guida, un giovane con numerosi precedenti. L'uomo che
si trovava alla guida della vettura che ha travolto l'asilo, nel
quale si trovavano cinquanta
bambini, non è stato invece
trattenuto dalle autorità.
V.B.
valuta estera, una mossa
che minerebbe lo Swift,
quel sistema mercatista,
bancario e finanziario
che oggi tiene legati
tutti sotto il dominio del
petrodollaro. Un sistema
russo basato sull’oro
“distruggerebbe tutto
l’attuale sistema finanziario mondiale in una
quindicina di giorni”.
Da notare inoltre che a
questo progetto russo
legato all’oro alternativo
allo Swift, sembrano volersi unire le altre nazioni
Brics (Brasile, India, Cina
e Sud Africa), che hanno
all’unanimità e, in molti modi, con
forza sostenuto la posizione della
Russia in Crimea contro gli Stati Uniti
e l’Ue.
Inoltre con gli Stati Uniti che devono
pagare ai propri oligarchi il 26%
delle entrate fiscali disponibili per
interessi e con l’Unione europea che
perderebbe 215 miliardi dollari fermare le importazioni di gas russo,
la CBR ha potuto sollevare riserve
auree russe di oltre 1.040 tonnellate
mostrando la sua forza contro le
banche centrali occidentali che vivono solamente del denaro stampato.
(Carta straccia, come affermiamo
da tempo!)
Per sostenere il “Progetto Gold Eagle”
contro l’inevitabile contraccolpo UsaUe, il Ministero dell’Economia russo
ha fatto sapere che il Progetto Natalka
ha già avviato la produzione e che è
in grado di fornire al CBR una “scorta
infinita” d’oro per favorire il successo
di questa nuova valuta globale per
gli acquisti di approvvigionamento
energetico.
Pochi sanno, ma la Russia ha la seconda riserva aurea del mondo
(12.500 tonnellate, oltre 400 milioni
di once) e il Progetto Natalka, situata
nella regione di Magadan, è considerato uno dei più grandi giacimenti
d’oro del pianeta e dispone di 32
milioni di once di riserve e una risorsa
totale di 60Moz + e ha già iniziato la
produzione questo mese.
Ormai Mosca ha capito bene che la
reazione all’annessione della Crimea
da parte degli atlantici è stata solo
una “giustificazione” per gli Stati Uniti
nel degenerare la propria presenza
militare praticamente ovunque, anche
vicino alla Russia e che le forze della
Nato stanno progettando accumuli
di massa nel Caucaso, volte a spaccare la Russia. Usa-Nato si stanno
preparando ad un attacco contro la
Russia, tanto che non ci sono segni
del ritiro delle truppe russe dal confino con l’Ucraina, ma questa volta
hanno travato davvero pane per i
loro denti.
ATTENTATO CONTRO LA BANCA DI GRECIA
Esplode autobomba, panico ad Atene
L’atto di terrorismo nel giorno del ritorno ellenico sui mercati
ttimi di terrore ieri mattina ad Atene: un potente
ordigno è esploso davanti alla sede della Banca di
Grecia, provocando alcuni
danni ma, fortunatamente, nessuna vittima.
Un evento drammatico proprio
nel giorno in cui la capitale è
tornata sul mercato dei titoli
di Stato dopo quattro anni di
assenza a causa della crisi. E’
stato subito boom di domanda
(oltre venti miliardi di euro)
per i titoli greci, collocati tre
miliardi di titoli a cinque anni
e tasso al 4,95%: un’occasione
imperdibile per gli investitori
in attesa di un buon ritorno
per i loro soldi di fronte allo
0,6% tedesco.
Stando alle prime ricostruzioni
la bomba era stata collocata
dentro un'auto parcheggiata
davanti all'edificio che ospita
l'istituto centrale, poco distante
dagli uffici Ue, Bce e Fmi.
L'esplosione, udita per tutta
la Capitale, è avvenuta pochi
minuti prima delle 3 locali (le
2 in Italia).
Stando agli inquirenti, il veicolo
- una Nissan - era stato imbottito con almeno 75 chili di
esplosivo: solo un'ora prima
dell'esplosione, un anonimo
A
aveva telefonato al
sito di notizie Zougla
e al giornale Efymerida ton Syndakton
per avvertire dell'imminente scoppio
dell'ordigno.
Per ora l'attentato
non è stato rivendicato, ma le indagini
si starebbero già indirizzando verso
Christodoulos Xiros,
uno degli ex capi
del disciolto gruppo
estremista di sinistra
greco "17 novembre", responsabile di
23 omicidi fra il 1975
e il 2000 ed evaso
lo scorso gennaio
da un carcere del Paese: questo è quanto riferiscono i media ateniesi citando fonti della
polizia. Alcuni testimoni hanno
poi raccontato di aver notato
ieri mattina verso le 5 una
persona parcheggiare l'autobomba e quindi allontanarsi
di corsa dal veicolo. Poco
dopo vi sono state due telefonate anonime in cui l'interlocutore ha detto che “in una
strada tra le vie di Panepistimiou e Stadiou è un'auto con
dentro 75 chilogrammi di di-
namite che esploderà fra 45
minuti”. Poco prima delle 6,
infatti, dopo che la polizia aveva già bloccato l'area, è avvenuta l'esplosione. Sulla televisione privata Skai, il portavoce del governo, Simos Kedikoglou, ha detto che “i terroristi non raggiungeranno il
loro obiettivo”.
Quattro anni di recessione,
due salvataggi dopo, e la Grecia torna a riaffacciarsi sul
mercato obbligazionario a
medio e lungo termine. Un
debito, quello greco, molto
appetibile come dimostra il
calo del decennale, che mercoledi è sceso sotto il 6% per
la prima volta dall'inizio del
tracollo, maggio 2010. Una ripresa nonostante il 170% del
rapporto debito/Pil. Ad oggi
l'80% di quel debito è in mano
all’Europa: Atene non dovrà
iniziare a ripagarlo fino almeno
al 2022, a tassi bassi (2%) e
con la possibilità di rivedere i
termini se necessario.
Francesca Ceccarelli
6
Venerdì 11 aprile 2014
Roma
ENNESIMO WEEKEND AD ALTA TENSIONE. SORVEGLIATE SPECIALI LE SEDI DEI MINISTERI
Paura per il corteo antagonista
Roma si prepara all’ennesimo sabato di proteste. Si temono le incursioni dei black bloc
di Giuseppe Sarra
eekend ad alta tensione
nella capitale. Ad agitare
le acque del Tevere, la
manifestazione nazionale
di sabato delle realtà antagoniste.
Le stesse che il 21 ottobre scorso
si resero autrici, insieme alle frange
estreme di sinistra e agli attivisti
No Tav, di molti scontri con le forze
di polizia che presidiavano i punti
ritenuti sensibili. Si temono, nella
fattispecie, i black bloc che – come
spesso accade nel corso di queste
proteste – entrano in campo quando il corteo ha già iniziato la sua
marcia verso la meta.
E’ stata comunque una settimana
all’insegna di episodi di violenza
che non presagiscono nulla di buono in vista del corteo di domani.
Prese d’assalto, in poche ore, le
sedi del gruppi consiliari capitolini
del Partito democratico e di Sinistra
Ecologia e Libertà. Un messaggio
che non ammette altre interpretazioni: i movimenti per la casa, da
sempre vicini alla sinistra italiana,
che nel corso degli anni hanno
potuto beneficiare di decine e decine di immobili di proprietà comunale, si sono ribellati. Non sono
state mantenute le promesse della
campagna elettorale? Chissà. Un
altro episodio ha comunque scosso
i movimenti all’indomani dell’insediamento del chirurgo genovese.
La giunta Marino è stata oggetto
di pesanti critiche dalla sinistra
W
romana soprattutto dopo l’uscita
di scena dall’Aula Giulio Cesare
del consigliere capitolino Andrea
Alzetta, detto Tarzan, candidato
nelle file del partito di Nichi Vendola, non ammesso dall’ufficio
elettorale centrale a causa di una
condanna definita con pena sospesa per il reato di violenza aggravata. Di lì centinaia di manifestazioni ai piedi del Campidoglio
per rivendicare il diritto all’abitazione. Polemiche cavalcate anche
dal capogruppo Peciola, che inspiegabilmente è sempre tornato
sui suoi passi. Una situazione incandescente, quella a ventiquattro
ore di distanza dal corteo antagonista. Una città militarizzata: saranno impiegati centinaia di poliziotti. Ispezionati, in particolare, i
tombini, le siepi, i cassonetti del-
l’immondizia e le strade lungo il
percorso della manifestazione. Osservati speciali, i ministeri. Sui siti
d’area le varie frange si sono date
appuntamento in due dei luoghi
divenuti ormai il simbolo delle
proteste: piazzale Aldo Moro, davanti l’Università La Sapienza, dove
l’incontro è fissato per le 12, e
piazzale di Porta Pia. Da qui, alle
14, si muoverà il corteo che do-
vrebbe arrivare a piazza San Giovanni per un’ “acampada”. Quest’ultima anticipata di ben due
giorni. Da ieri, infatti, alcuni manifestanti hanno preso il possesso
di Porta Pia. Il corteo, tuttavia, sfilerà lungo piazza Fiume, via Piave,
via XX Settembre, Largo Santa Susanna, via Barberini, piazza Barberini, via Veneto, via del Tritone,
via del Traforo, via Milano, via Nazionale, Piazza della Repubblica,
via Einaudi, viale de Nicola, via
Solferino, Piazza Indipendenza, via
San Martino della Battaglia, viale
Castro Pretorio, via del Policlinico
per poi tornare a Porta Pia.
Ad essere preoccupati, in particolare, i commercianti.Vittime, negli ultimi anni, di danneggiamenti,
furti e saccheggi. Chiuderanno
così, in concomitanza con la manifestazione, i negozi.
“Pur nella consapevolezza che il
manifestare è un diritto di tutti –
lamenta il presidente di Federmoda Roma De Toma - anche noi
vorremmo lo stesso diritto di lavorare”. Gli esercenti lanciano
dunque un messaggio al sindaco
Marino di trovare percorsi alternativi affinché si individuino percorsi alternativi per poter consentire ai cortei di sfilare senza arrecare disagi. A rischio anche il traffico. In difficoltà pure cittadini e
pendolari, molte le corse deviate
e le stazioni metro chiuse.
E così Roma si prepara ad un altro
sabato di proteste.
ANGOSCIA TRA I DIPENDENTI DELLE MUNICIPALIZZATE
Esuberi in Atac, avanti il prossimo
L’azienda: “Ridurre i costi e migliorare l’organizzazione delle risorse umane”. Le opposizioni annunciano battaglia
Atac si ridisegna e annuncia 323 esuberi. “Dobbiamo ridurre i costi e migliorare l’organizzazione
delle risorse umane”. Questa la motivazione dell’agenzia con la prospettiva di un reimpiego, ad esempio, come controllori sui mezzi pubblici o vigilantes nelle stazioni delle
linee delle metropolitane. Il che in
soldoni può essere tradotto soltanto
con poche parole: mobilità, prepensionamenti o – addirittura – licenziamenti. L’azienda ha comunque
spiegato che tali difficoltà sono figlie
della “situazione economico-finanziaria che ha investito la società
negli ultimi quattro anni”, che hanno
visto perdite per 319 milioni nel
2010, 179 milioni nel 2011, 156 milioni nel 2012 e risultato negativo in
fase di predisposizione del bilancio
anche nel 2013. Da ricordare, inoltre,
la fusione di Trambus spa e Metro
spa che ha determinato il nuovo
scenario di trasformazione organizzativo-produttiva in cui Atac si trova
oggi ad operare.
Mentre le forze politiche di opposizione hanno già annunciato che si
opporranno alla mobilità dei dipendenti, la maggioranza di centrosinistra, sempre più litigiosa, si mostra
divisa anche questa volta. L’assessore alla Mobilità, Guido Improta,
L’
ha già annunciato la necessità di
“ridurre il numero dei dipendenti e
fare in modo di valorizzarli”. Ma
come? Non si sa. Sull’ipotesi del bigliettaio a bordo dei bus, rispetto a
quanto ipotizzato, Improta ricorda
che “c’è stata anche una mozione
approvata a larghissima maggioranza in consiglio comunale. Il pro-
blema è che si scontra con la sostenibilità economico-finanziaria”.
Sempre lì il punto. Quale sarà il
futuro dei 323 lavoratori? La sinistra
capitolina troverà una soluzione per
far sì che non vengano meno pure
quei valori che hanno sempre decantato in campagna elettorale? Oppure continueranno ad addossare
le colpe (e sfuggire dalle proprie
responsabilità) sulla passata amministrazione, dimenticando che
prima di Alemanno la sinistra romana ha guidato la capitale per
ben 15 anni grazie al duo RutelliVeltroni?
Intanto, mentre decine di comunicati
e note stampa hanno trovato spazio
sulle agenzie, nella tarda serata di
ieri l’azienda ha tenuto a precisare
che è pronta ad un confronto tra le
parti interessate.
“Sono oggi 11.613 i dipendenti di
Atac, impegnati sui diversi fronti. Di
questi 1.627 sono amministrativi, ed
è su questo macro profilo che, a seguito di analisi di benchmarking condotte dall’azienda, si sono evidenziati
gli esuberi: 312 si riferiscono ad
Atac, a cui si aggiungono 8 esuberi in Atac
Patrimonio e 3 in Ogr
(Officine grandi revisioni). Si tratta di circa
il 20% dell’area degli
amministrativi”.
Brillantemente, invece, il coordinatore
della maggioranza
Fabrizio Panecaldo
preannuncia cosa accadrà con il tanto decantato Salva Roma:
“La ristrutturazione
aziendale di Atac rappresenta un
passaggio doloroso ma inevitabile
per salvarne le sorti”.
Oltre a ricordare il difficile compito
a cui è stato chiamato l’assessore
Improta, in un momento difficile dal
punto di vista economico per la
citta e il Paese tutto, e in presenza
dei vincoli stringenti stabiliti dal decreto Enti locali, l’amministrazione
sta tentando “di dare l’unica risposta
in grado di assicurare la continuità
del servizio ed il mantenimento
degli attuali livelli occupazionali
dell’azienda”.
L’Atac è la prima vittima. Tra qualche
giorno, sarà la volta delle altre aziende. Intanto sale la tensione tra i dipendenti delle municipalizzate.
G.S
7
Venerdì 11 aprile 2014
Da Roma e dal Lazio
SAN FILIPPO NERI: SEGNALI DI SPERANZA PER EVITARE IL DECLASSAMENTO DEL REPARTO DI REUMATOLOGIA
“La regione dimostri umanità”
Dopo gli appelli di Francesco Storace al governatore Zingaretti, la giunta torna
sui suoi passi e apre le porte all’opposizione per trovare una soluzione comune
uone notizie dall’aula della Pisana
sulla vicenda riguardante la cancellazione dall’elenco dei centri
abilitati alla prescrizione dei farmaci
biologici per il trattamento dell’’artrite reumatoide (Progetto Antares) del reparto
di reumatologia del San Filippo Neri. Il presidente Zingaretti, intervenendo in aula per
rispondere all’interrogazione presentata dal
capogruppo de La Destra, Francesco Storace,
ha dichiarato che lunedì prossimo ci sarà un
incontro in tra i vertici del nosocomio, la
regione Lazio e le associazioni dei malati di
artrite per affrontare la grave situazione in
cui versa il reparto di reumatologia.
Si apre, quindi, una speranza per i malati di
artrite reumatoide. Si evince dal dibattito avvenuto nella giornata di ieri in Consiglio Regionale.
“E’ indubbio – ha dichiarato Storace dopo
l’impegno preso da Zingaretti nella replica,
di convocare un tavolo per risolvere il problema – che la sua risposta è meno burocratica
B
di quella che danno gli uffici. Non so se esiste
l’istituto del rinvio della soddisfazione, saremo
completamente soddisfatti se alle parole seguiranno i fatti”.
La vicenda del San Filippo Neri non è una vicenda di parte. Se ne sono occupati i consiglieri regionali di tutti gli schieramenti (citiamo
Agostini e Palozzi su tutti), se ne sono occupati
i cittadini sui social network . La pagina facebook aperta per discutere su questo argomento è seguita da oltre 15.000 persone.
“L’interrogazione è stata l’occasione – ha replicato Zingaretti nel dibattito alla Pisana –
utile per riaccendere i riflettori su un tema
che non può essere affrontato dal punto di
vista esclusivamente amministrativo. Ci troviamo in uno di quei casi per cui non bisogna
mai dimenticarsi che dietro le norme e i provvedimenti c’è la vita, la sofferenza e le patologie
di tantissime persone”.
Dopo la discussione in Aula, il capogruppo
Storace ha diramato una nota sull’argomento:
“Zingaretti ha in mano la carta per riaprire la
speranze per i malati di artrite reumatoide del
San Filippo Neri. Spero che alle parole di oggi
in risposta alla mia interrogazione, seguano
fatti concreti. La salute non e' un costo, ma un
diritto, resti in piedi il reparto di reumatologia
dell'ospedale: lo chiedono i malati e consiglieri
regionali di ogni schieramento a partire dai
colleghi Agostini e Palozzi”. Storace ha poi
concluso: “La regione dimostri umanità”.
Daniele Belli
TENSIONI TRA LA REALTÀ DI VIA GROTTA PERFETTA E L’ASSESSORE ALLA FAMIGLIA CATTOI
La giunta Marino sfratta la Comunità giovanile
Scatta la protesta degli operatori davanti la sede di via Capitan Bavastro
omunità giovanili – promosse
dalla giunta Storace - sotto attacco. Desta forte perplessità
la decisione dell’assessorato alla
Famiglia e all’Infanzia del Campi-
C
doglio, guidato da Alessandra Cattoi, di smantellare la struttura di
via Grotta Perfetta, che da anni
offre servizi ai giovani e alle famiglie
capitoline, in particolare del quar-
tiere Roma 70. I funzionari del dipartimento capitolino avevano già
avvisato i responsabili del centro
di riconsegnare le chiavi dell’immobile, prevista per oggi alle 12,
non escludendo l’ipotesi di uno
sgombero forzato da parte delle
forze dell’ordine.
Un provvedimento dalla forte puzza
di bruciato. Almeno stando a quanto
denuncia la Comunità giovanile di
Roma che ha organizzato ieri un
sit-in, davanti la sede dell’assessorato in via Capitan Bavastro, per
manifestare contro questa disposizione. Una protesta dall’alto gesto
simbolico. I ragazzi della struttura,
infatti, si sono incatenati dinanzi la
casa amministrativa della Cattoi.
Gli operatori non ci stanno a vedersi
“sottrarre” l’immobile.
“Tutto questo per far spazio ad
un affidamento diretto (senza bando pubblico) della struttura a delle
associazioni che si occuperanno
di realizzare uno sportello antiviolenza in emergenza SOS donna
H24. Checché se ne dica, il casale
di fatto verrà chiuso alle attività
aperte al quartiere – attaccano
gli operatori - perdendo la sua
funzione di punto di riferimento
e punto d’aggregazione, come lo
è stato fin ora, per giovani e famiglie. Non possiamo accettare che
possa essere chiuso uno spazio
di così fondamentale importanza
per il quartiere”. La Comunità giovanile di Roma chiede infatti che
“venga indetto quanto prima un
bando pubblico che ristabilisca
le giuste modalità di utilizzazione
dei beni pubblici da parte di Roma
Capitale e che, soprattutto, rispecchi le reali esigenze e necessità
del quartiere”.
L’assessore capitolino Cattoi, dal
canto suo, snobba la proposta e la
manifestazione degli operatori, definendola “pretestuosa” perché l’affidamento del casale è “scaduto lo
scorso 3 febbraio. È stato poi concesso da questo assessorato un ulteriore periodo di tempo, fino al
19 marzo, per liberare i locali”. La
legge non ammette ignoranza, secondo l’esponente del Pd: “A Roma
tutti devono rispettare le regole.
Auspico quindi che vengano restituite le chiavi senza ulteriori contrasti, in modo da consentire il riutilizzo del casale per le finalità stabilite da Roma Capitale in osservanza della normativa vigente”.
Peccato, però, che il Campidoglio,
qualora corrispondesse a verità la
ricostruzione degli operatori, non
abbia indetto un bando per l’affidamento della struttura di via Grotta
Perfetta. Una scelta che lascia più
di qualche dubbio.
Giuseppe Sarra
PRESENTATO ON LINE SUL PROFILO FACEBOOK DI UN ESPONENTE DEL PD IL NUOVO STEMMA DEL MUNICIPIO
La Decima Mas sbarca ad Ostia. Con un logo
Numerosissimi i commenti allarmati e molto critici dei cittadini: “E’ un simbolo fascista!”
l decimo Municipio di Roma,
quello della zona di Ostia,
ha indetto un bando per cambiare il proprio logo. L’idea
scelta, realizzata dagli studenti
del corso per grafici dell’Istituto
Carlo Urbani, è stata messa in
rete da Andrea Storri, assessore
al bilancio del Parlamentino
guidato da Andrea Tassone
(Pd), che ha chiesto ai cittadini
che lo seguono sul suo profilo
facebook di esprimersi con apprezzamenti e commenti.
Un simbolo semplice, in bianco
I
e nero, che riproduce alcune
onde marine con il numero romano corrispondente al dieci
e un semicerchio a simboleggiare un quarto di luna. Il malcapitato e solerte assessore
non immaginava certo l’infuocatissima polemica sorta attorno al logo proposto, che peraltro dovrà essere approvato
dal consiglio. Il commento più
tranquillo è quello di chi lo ha
definito “mostruoso e orribile”.
Altri (la maggioranza) hanno
attribuito al disegno l’odiosa
ed odiata capacità di evocare
simbologie fasciste: “Sembra
il logo della X Mas”, “E’ lo
stemma del fascio”, “Ha il sapore dell’Istituto Luce” hanno
scritto. E queste sono solo alcune delle frasi che hanno intasato la bacheca on line di
Storri. Al punto da costringere
alcuni consiglieri a precisare
che si tratta soltanto di una
bozza, che nella versione definitiva sarà a colori e con alcune
modifiche richieste ma non ancora effettuate.
Qualcuno ha addirittura ironicamente ipotizzato che il post
dell’assessore Storri con il nuovo logo potesse essere un più
o meno riuscito pesce d’aprile
arrivato in ritardo. In realtà in
questa vicenda l’unico vero
scherzo, a ben vedere, sembra
essere l’inconsulta ed incondizionata capacità di certi tipi
sinistri di vedere presunti ossessionanti fantasmi del passato anche dove davvero non
ce ne sono. Un’ulteriore dimostrazione della loro esistenza
di riflesso. Che, se non ci fosse
da piangere per la serietà con
cui la vivono, sarebbe vera-
mente degna del più titolato e
divertente cabaret.
Cristina Di Giorgi
8
Venerdì 11 aprile 2014
Dall’Italia
CONTINUANO GLI SBARCHI E CRESCE L'ALLARME SANITARIO
L’emergenza immigrazione tra fughe e ebola
Decine di stranieri scappati dal centro di Catania dove erano stati ospitati appena portati a terra.
I microbiologi dell’Amcli danno l’allarme: “Il virus non si è fermato ai villaggi rurali, ma ha iniziato a diffondersi”
uovi arrivi, morti, fughe
e l’ombra dell’ebola. Basta
analizzare gli eventi per
capire come l’Italia stia
rispondendo all’emergenza immigrazione appena iniziata.
Ancora sbarchi, ancora un morto
– Le carrette del mare continuano a
raggiungere le nostre coste. Oltre
un migliaio gli stranieri tratti in salvo
giovedì dalle unità della Marina e
della Guardia costiera; arrivi che
fanno salire a 20mila il numero delle
persone soccorse dall’inizio dell’operazione Mare nostrum, a metà ottobre.
Nel dettaglio, sono 300 gli immigrati,
tutti di origine sub-sahariana, sbarcati
all’alba di ieri nel porto di Catania
dopo essere stati salvati da una petroliera, tra loro anche un cadavere
(l’uomo è stato trasferito in obitorio
in attesa dell’autopsia disposta dalla
procura). A Pozzallo (Ragusa) dopo
i 261 clandestini arrivati mercoledì
pomeriggio e altri 199 l’altra notte,
un’altra imbarcazione con oltre 200
stranieri è entrata in rada nella tarda
mattinata di ieri. La Marina Militare
è stata impegnata in sei operazioni
di salvataggio: tra l’altro, la fregata
Euro ha soccorso un barcone con
circa 450 profughi, la fregata Zeffiro
ne ha assistito uno con 150, il pattugliatore Foscari ne ha salvati circa
220 e la corvetta Urania un centinaio.
E sono 361 i immigranti sbarcati
nella notte tra mercoledì e giovedì
al molo Colapesce di Messina. Una
barca a vela con a bordo circa 50
immigrati è stata invece intercettata
da due motovedette della Guardia
costiera di Roccella Jonica al largo
N
di Riace, nel Reggino.
Le continue fughe – Insomma una
folla di disperati che vedono l’Italia
semplicemente come ponte tra l’Africa e l’Europa. Il punto di arrivo degli
stranieri infatti non è di certo il bel
paese ma gli stati più a nord del
vecchio continente, località che vogliono raggiungere al più presto per
iniziare la loro nuova vita. Sono infatti
frequenti le fughe dai centri. Preoccupante quella di massa che già da
ieri mattina si è registrata dalla struttura di accoglienza allestita a Catania.
Decine di immigrati, infatti, alcuni
dei quali sono sbarcati l’altra notte
e altri sono trasferiti in precedenza
da Lampedusa, sono fuggiti sono
dal Palaspedini di Catania, la struttura
sportiva dove sono provvisoriamente
alloggiati i profughi arrivati nelle ultime ore. Alcuni di loro hanno chiesto
ai passanti indicazioni per raggiungere la stazione centrale.
La tratta degli esseri umani, arrestati scafisti - Tutto questo mentre
le forze dell’ordine stanno mettendo
in campo tutte le loro conoscenze
investigative per combattere la “tratta
di esseri umani”. Polizia e Finanza
di Roccella Jonica hanno fermato
ieri due egiziani accusati di essere
gli scafisti dell’imbarcazione soccorsa
mercoledì al largo delle coste calabresi dalla guardia costiera con 236
immigrati egiziani e siriani, tra i quali
146 uomini, 18 donne e 72 minori.
Inoltre, tra i circa 1.200 stranieri sbarcati mercoledì sera dalla nave anfibia
San Giorgio ad Augusta, sono stati
identificati e fermati dall’autorità giudiziaria altri quattro presunti scafisti:
un tunisino, un sudanese e due somali. Infine, soggetto a misura cautelare anche un nigeriano di 24 anni,
Oris Wright, ritenuto lo scafista di
uno degli sbarchi a Pozzallo.
Intanto è allarme ebola – Una pre-
occupa l’epidemia di Ebola in corso
in Guinea. “Sarebbe bene che anche l’Italia iniziasse ad attivare misure di attenzione negli aeroporti
e nei centri di prima accoglienza”
affermano allarmati i microbiologi
dell’Amcli, ricordando come il codice rosso sia già scattato negli aeroporti europei di Parigi, Bruxelles,
Madrid, Francoforte e Lisbona, principali scali dei voli provenienti dall’Africa. “Questa è la vera novità
rispetto ai passati 40 anni di piccole
epidemie – spiega Pierangelo Clerici, Presidente Amcli – purtroppo
questa volta il virus non si è fermato
ai villaggi rurali, ma ha iniziato a
diffondersi in un grande centro urbano dove vivono due milioni di
persone e si tratta del ceppo più
aggressivo (ceppo Zaire). L’isolamento dei casi non basta, è fondamentale tracciare la catena di trasmissione. Tutti i contatti dei pazienti
che potrebbero essere stati contagiati – spiega ancora l’esperto dovrebbero essere monitorati e
isolati al primo segno dell’infezione.
L’Italia non ha voli diretti con le capitali dei Paesi attualmente coinvolti
dall’epidemia; se da una parte è
positivo, dall’altra è un fattore di
difficoltà poiché passeggeri infetti
potrebbero arrivare dagli scali europei”. Il virus Ebola si contrae attraverso il contatto diretto con persone e animali infetti e tramite sangue, urine, latte materno. Non si
conosce ancora con certezza il serbatoio animale, ma sembra che il
pipistrello sia il più probabile. Dopo
un periodo d’incubazione che va
dai 2 ai 21 giorni, il virus causa
una febbre violenta, mal di testa,
dolori muscolari, congiuntivite e
fiacchezza generale, sintomi che
molto spesso fanno pensare alla
malaria e fanno iniziare il trattamento
col chinino. In un secondo momento,
il paziente ha vomito, diarrea e talvolta rash cutaneo. Il virus si diffonde
nel sangue causando problemi di
coagulazione ed emorragie gravissime. Familiari e operatori sanitari
che curano i pazienti sono a elevato
rischio di contrarre l’infezione. E
mentre alcune compagnie aeree
chiedono un certificato sanitario
redatto da un medico del posto prima di consentire ai passeggeri africani di salire a bordo di qualsiasi
velivolo in partenza per l’Europa
le forze italiane prelevano gli immigrati, che potrebbero essere infetti
addirittura a “casa loro”.
Miriana Markovic
BONDENO DI GONZAGA, NEL MANTOVANO – LUDOPATIA KILLER
Malato d’azzardo, si uccide padre di famiglia
Il 34enne, che aveva due bambine, si è dato fuoco all’interno della sua auto dopo aver
passato la notte in macchina a causa di un litigio. Dietro la tragedia il vizio del gioco
udopatia killer. Ci sarebbe infatti il vizio
del gioco dietro alla
morte di un 34enne. L’uomo,
D.L. le sue iniziali, è stato
trovato carbonizzato a Bondeno di Gonzaga, nel Mantovano, accanto a una Fiat
Punto,
anch’essa
bruciata.L’auto era al lato
di strada Albareda, in aperta campagna, vicino all’autostrada del Brennero.
L’uomo, residente a Gonzaga, dove viveva con la
compagna e le loro due
bambine, si è dato fuoco
ieri mattina dopo essersi
cosparso di liquido infiammabile a bordo della sua
auto. Le fiamme e il fumo
alzatisi hanno attirato l’attenzione degli automobilisti
di passaggio sulla vicinissima autostrada e degli
stessi addetti dell’A22, che
hanno avvertito i carabinieri. Sul posto, oltre ai militari, sono arrivati anche i
L
vigili del fuoco, ma l’auto
era ormai quasi completamente bruciata. Appena
fuori, il corpo senza vita
dell’uomo, anch’esso carbonizzato.
Dopo una rapida indagine
sull’identità della vittima,
tutto fa propendere per un
gesto volontario. Il fatto che
l’uomo fosse fuori dall’auto,
farebbe pensare a un tardivo ripensamento, quando
ormai il fuoco l’aveva già
avvolto.
Come spiega il sito locale
del “Corriere della Sera”
si sarebbe ucciso dopo avere accompagnato a scuola
il figlio maggiore, di 9 anni
(la più piccola ne ha 5), con
il quale, dice qualcuno,
avrebbe trascorso la notte
in auto, forse dopo un litigio
in famiglia che potrebbe
essere nato proprio da quel
suo vizio che sarebbe all’origine della tragedia.
L’uomo pare infatti avesse
un lavoro stabile ma una
debolezza, anzi una malattia, che avrebbe mandato
in pezzi i ponti con chi lo
amava: il videopoker.
Proprio a Bondeno si è deciso per l’esenzione dalla
Cosap per i bar che rinunciano alle macchinette. “È
poca cosa – spiega il sindaco Claudio Terzi – ma è
un segnale. Lo Stato dovrebbe rendersi conto di
questo problema. Da un’indagine delle Acli qui in
paese è emerso che in un
anno, in un Comune piccolo
come il nostro (circa 9 mila
abitanti, ndr), si bruciano
con il gioco circa 2 milioni
di euro”.
L’uomo, descritto dai vicini
come riservato e solitario,
non era seguito dai servizi
sociali del Comune di Gonzaga, che pure ha messo in
atto una serie di iniziative
per contrastare la ludopatia.
Partendo, ad esempio, dal-
l’esenzione dalla Cosap per
i bar che rinunciano alle
macchinette. “È poca cosa
- spiega il sindaco Claudio
Terzi - ma è un segnale. Lo
Stato dovrebbe rendersi
conto di questo problema.
Da un'indagine delle Acli
qui in paese è emerso che
in un anno, in un Comune
piccolo come il nostro (circa
9 mila abitanti, ndr), si bruciano con il gioco circa 2
milioni di euro”.
Carlotta Bravo
9
Venerdì 11 aprile 2014
Dall’Italia
GROSSETO – ALL’INDOMANI DELLA DECISIONE DEL TRIBUNALE
Nozze gay, la procura impugna la sentenza
Il giudice ha ordinato al Comune di trascrivere le nozze di due omosessuali. Insorgono i vescovi:
“con la decisione rischia di essere travolto uno dei pilastri fondamentali dell’istituto matrimoniale”
di Barbara Fruch
on è di certo passata inosservata
la decisone del
Tribunale di Grosseto che ha ordinato al Comune “di trascrivere nei registri di stato civile
il matrimonio” fra due uomini,
italiani.
Una novità che non è stata
ben vista dal procuratore
capo di Grosseto, Francesco
Verusio, il quale ha annunciato che impugnerà la sentenza. “Per fortuna – ha detto
– esiste una sentenza della
Cassazione che dice chiaramente che non si può fare.
Stiamo predisponendo le
motivazioni della nostra impugnazione in appello che
sarà fatta il prima possibile”.
Giuseppe Chigiotti e Stefano Bucci
si sono sposati il 6 dicembre 2012 a
New York. L’11 giugno 2013 la coppia
aveva presentato all’Ufficiale di Stato
Civile di Grosseto un’istanza per
procedere alla trascrizione nel Registro degli atti di matrimonio. L’ufficiale si era però rifiutato con un
provvedimento nel quale aveva evidenziato il “contrasto con la normativa
vigente sia di rango costituzionale
che ordinaria in quanto l’istituto del
matrimonio nell’ordinamento giuridico italiano è inequivocabilmente
centrato sulla diversità di sesso dei
N
coniugi”. A quel punto i due uomini
hanno presentato ricorso al Tribunale
di Grosseto, ricorso che viene notificato al Comune il 12 marzo di
quest’anno. Con la sentenza di mercoledì il tribunale di Grosseto ha ordinato all’ufficiale di stato civile del
Comune di Grosseto di trascrivere
nei registri di stato civile il matrimonio.
Secondo il giudice, nel codice civile
“non è individuabile alcun riferimento
al sesso in relazione alle condizioni
necessarie” al matrimonio.
Si tratta del primo caso in Italia che
non ha mancato di sollevare polemiche in particolare dalla Chiesa.
BREMBATE DI SOPRA
OmicidioYara: il dna
è del figlio dell’autista
Confermata l’ipotesi dello scorso ottobre, adesso
si tratta di dare un nome e un volto all’assassino
volta definitiva nelle
indagini sul caso
dell’assassinio della
giovane Yara Gambirasio:
ad uccidere la ragazzina di
Brembate di Sopra è stato
il figlio dell’autista di Goro,
il dna corrisponde. Il raffronto è stato effettuato
dall’anatomopatologo Cristina Cattaneo e mette la parola
fine alle perplessità. Infatti il dato
conferma ciò che già le indagini
precedenti avevano indicato. Ciò
che resta da scoprire è la sua
identità: Giuseppe Guerinoni è il
padre dell’assassino di Yara, restano da svelarne il nome e il
volto, trattandosi di un figlio illegittimo. L’autista di Gorno era
morto nel 1999: il dna è stato
prelevato dal femore di Guerinoni
dopo la riesumazione del 7 marzo
2013 e la compatibilità del suo
dna con quello del sangue rinvenuto sul corpo di Yara corrisponde
al 99,99999987 per cento, praticamente una certezza. I risultati
dell’indagine sul dna nei prossimi
giorni passeranno al vaglio del
pm Letizia Ruggeri, titolare del
caso, che attende anche i risultati
di altre due consulenze: devono
infatti relazionare al pm gli esperti
S
del Centro di genomica traslazionale e bioinformatica dell’ospedale
San Raffaele di Milano, che stanno
verificando la correttezza della
sequenza del dna del cosiddetto
“ignoto 1”, e Carlo Previderè, ricercatore del dipartimento di medicina legale e scienze forensi
dell’Università di Pavia, che ha
proceduto all’analisi di quanto
rinvenuto sugli indumenti di Yara:
capelli, formazioni pilifere e tessuti
non appartenenti alla vittima. Grazie a questi esami si potrà, probabilmente, circoscrivere l’attenzione a gruppi etnici di appartenenza e all’individuazione di profili
genetici precisi. Le indagini dunque
proseguiranno con la ricerca della
madre: potrebbe trattarsi di una
donna della Val Seriana con la
quale Guerinoni aveva avuto una
relazione extraconiugale.
E.M.
La decisione ha fatto insorgere infatti
i vescovi della Conferenza episcopale italiana (Cei). La sentenza, secondo gli altri prelati, “suscita gravi
interrogativi” e rappresenta una “pericolosa fuga in avanti”. “Come Presidenza della Conferenza Episcopale
Italiana – si legge in una nota – riteniamo che (al di là degli aspetti tecnici da approfondire adeguatamente
in tutte le sedi competenti) sia doveroso da parte nostra sottolineare
alcune questioni di fondo. Con tale
decisione rischia di essere travolto
uno dei pilastri fondamentali dell’istituto matrimoniale, radicato nella
nostra tradizione culturale, riconosciuto e garantito nel nostro ordinamento costituzionale. Il matrimonio
è l’unione tra un uomo e una donna,
che in forma pubblica si uniscono
stabilmente, con un’apertura alla
vita e all’educazione dei figli. Il tentativo di negare questa realtà per
via giudiziaria rappresenta uno strappo, una pericolosa fuga in avanti di
carattere fortemente ideologico. In
tal modo perfino si riducono gli
spazi per un confronto aperto e
leale tra le diverse visioni che abitano
la nostra società plurale”.
E mentre le associazioni gay esul-
tano, felici di essere riusciti,
ancora una volta, a minale
la famiglia tradizionale, il
Comune si prepara a mettere in pratica la sentenza.
“Il Comune di Grosseto si
adeguerà da subito alle decisioni del tribunale senza
alcuna opposizione – spiega il sindaco Emilio Bonifazi
– Finalmente arrivano indicazioni chiare ed inequivocabili sulle modalità alle
quali gli ufficiali di stato civile devono attenersi di fronte a richieste come quella
formulata da Giuseppe e
Stefano. D’altra parte non
spetta ai singoli Comuni ma
allo Stato emanare norme
precise in materia. L’auspicio è che il Parlamento italiano arrivi presto ad una
legge nazionale che possa finalmente fare chiarezza”.
Ma in Italia la legge è chiara. Non
sono legali i matrimoni omosessuali.
Peccato che da ieri ci sia un precedente storico nel riconoscimento
delle unioni tra persone dello stesso
sesso in Italia. Una battaglia vinta
dagli omosessuali che guadagnano
ancora più campo andando a ledere
il terreno della ormai “obsoleta” (a
loro dire) famiglia tradizionale. Chissà se la Chiesa, a questo punto, saprà lottare per la vittoria di una
battaglia: quella del sacro vincolo
del matrimonio.
NAPOLI – IL BUSINESS DELLA PROSTITUZIONE ORIENTALE
Ancora massaggi hot “made in China”
Sequestrato un centro di appuntamenti: all’interno si prostituivano giovani donne
ncora un centro massaggi “a luci
rosse” cinese, a Napoli. Dopo il sequestro, domenica scorsa, di un
centro in via Galileo Ferraris, dove si prostituivano quattro donne orientali, questa
volta è nel quartiere Vomero che dietro
quello che pubblicamente si presentava
come “L'Orientale relax” in realtà c'era
una vera e propria casa chiusa.
Il centro massaggi era stato inaugurato
sei mesi fa: a scoprirlo sono stati i carabinieri della compagnia locale che hanno
fatto irruzione sorprendendo la direttrice
proprio mentre incassava cinquanta euro
per una prestazione sessuale da un cliente,
un impiegato 41enne del quartiere di
Fuorigrotta. Ye Yinglan, cittadina cinese
42enne, è stata arrestata in flagranza di
reato per favoreggiamento e sfuttamento
della prostituizione. Denunciati in stato di
libertà due suoi connazionali, la titolare
38enne e il marito 40enne.
Approfondendo la situazione i carabinieri
hanno accertato che i tre, a vario titolo,
sfruttavano e favorivano la prostituzione
di due connazionali, due donne di 44 e
34 anni, trovate nella struttura in abiti succinti. Rinvenuto dall’Arma anche il listini
prezzi. Il locale è stato sequestrato insieme
a 400 euro. L’arrestata e’ stata tradotta
nella casa circondariale di Pozzuoli.
Il 6 aprile i carabinieri del nucleo radiomobile di Napoli avevano scoperto un
altro centro massaggi “a luci rosse” su
via Galileo Ferraris dove si prostituivano
quattro donne cinesi di età compresa tra i
A
25 e i 43 anni. I titolari della struttura, due
coniugi cinesi, erano stati arrestati per
sfruttamento della prostituzione, sequestro
di persona e riduzione in schiavitù perché
i militari avevano accertato che le ragazze
venivano costrette a permanere in una
camera angusta, priva di servizi igienici
e chiusa a chiave dai titolari.
Un mercato quello della prostituzione che
è stato ormai invaso anche dai cinesi,
pronti a sfruttare giovani connazionali
senza famiglia finite nella trappola della
strada in cui i loro sfruttatori le hanno
messe privandole dei documenti. In molti
casi queste giovani hanno paura di denunciare la situazione in cui si trovano e i
loro sfruttatori alla polizia per timore di
incorrere nelle leggi antiprostituzione italiane. Norme che andrebbero cambiate
per tutelare non solo le lucciole ma anche
i clienti.
Barbara Fruch
10
Venerdì 11 aprile 2014
Cultura
I DESTINI OPPOSTI DI LUOGHI IN CUI LA VITA QUOTIDIANA DIVENTAVA ARTE
Le Case-museo di due grandi futuristi
L'abitazione romana di Balla resta chiusa. Quella di Depero a Rovereto è stata restaurata ed aperta al pubblico
di Cristina Di Giorgi
Bisogna fare della propria
vita un'opera d'arte” diceva
Gabriele D'Annunzio. Bisogna cioè fare in modo di
tendere sempre verso la
perfezione, dando il meglio di sé
come fa o dovrebbe fare ogni artista
al lavoro. L'arte come missione quotidiana insomma, nella costruzione
di uomini nuovi, rivoluzionari in tutti
i campi, fuori dagli schemi. Come i
futuristi, il cui scopo principale era
quello di abbattere regole e dettami
che, a loro dire, ingessavano le varie
espressioni artistiche e le rendevano
qualcosa di stantio ed imbalsamato.
Le loro case, essendo la loro missione
permeata di slanci creativi quotidiani,
divenivano quindi spesso e volentieri
dei veri e propri musei sui generis.
Non quelli che, come i futuristi stessi
affermavano, ingabbiavano l'arte,
ma luoghi di vivifica creazione, in
cui dimorare esprimendo la propria
vena artistica. Di particolare rilievo,
in questo senso, le case-museo di
Giacomo Balla e Fortunato Depero.
L'appartamento del primo si trova
a Roma, al quarto piano di una palazzina nel quartiere Prati. “Balla ci
ha vissuto per trent’anni – scrive Simone Pellico su Il primato nazionale
“
Casa di Balla
– impregnandola dei suoi umori e
delle sue essenze pirotecniche. Ne
ha decorato pareti, mobili, utensili.
Ha creato oggetti, arazzi, paralumi,
paraventi, quadri e cornici, fiori, ceramiche, piastrelle e vestiti, fatti con
materiali di scarto recuperati e rivitalizzati dal soffio dell’artista e delle
sue collaboratrici particolari: le figlie
Elica e Luce”. Un luogo insomma
plasmato ad immagine e somiglianza
di chi ci viveva dentro, della sua
“Memorandum”: l'autodifesa
di Robert Brasillach
E' uscito, per la Medusa edizioni, lo scritto
del letterato francese fucilato per “collaborazionismo”
Amore e coraggio non sono
soggetti a processo” diceva
Robert Brasillach, lo scrittore
messo alla sbarra nella Francia
di De Gaulle e condannato a
morte il 19 gennaio 1945. Non
valsero a salvarlo dalla fucilazione
(avvenuta il 6 febbraio dello stesso
anno) nemmeno il suo indiscusso
talento, riconosciutogli da tutti, e
l'appello per la grazia sottoscritto
da cinquantacinque intellettuali
(tra essi Valery e Camus). Nulla
fu in grado di evitare la morte ad
un uomo che si difese strenuamente, con un “Memorandum”
recentemente pubblicato dalla
Medusa edizioni
Brasillach fu insomma il simbolo
di una categoria di artisti che, in
quegli anni di guerra non solo
militare, scelsero di schierarsi
“dalla parte sbagliata”. E l'essere
stato un “collaborazionista” lo
rendeva un bersaglio perfetto
della vendetta del neonato governo
franco-alleato. La sua rassegnata
consapevolezza di essere una
“vittima annunciata” emerge chiarissima dalle parole dello stesso
Brasillach, che nel “Memorandum”
non rivendica apertamente le sue
scelte politiche, ma non le rinnega
e non se ne pente: “Non rimpiango
le intenzioni che mi hanno spinto
ad agire. Posso essermi sbagliato
– queste le sue parole - come
succede a tutti gli uomini, sui
fatti o sulle persone ma mi dico
che ci sono, in questo momento,
dei giovani ragazzi e delle giovani
donne che pensano con affetto a
“
Casa di Depero
arte ispirata al rinnovamento di ambienti ed idee. Arte che Balla ha voluto condividere, invitando tutti, attraverso il giornale “Roma futurista”,
ad andarlo a trovare ogni domenica
pomeriggio. A vedere la sua casa
museo ci andarono in tanti, accolti
da lui personalmente. Ed anche
dopo la sua morte, l'appartamento
rimase aperto, fin quando vissero
le sue figlie. Poi solo annunci, ai
quali non sono mai seguite le pro-
messe riaperture.
Nemmeno il vincolo che la Soprintendenza ha posto su “Casa Balla”
è servito a riconsegnare il museo al
pubblico. Sebbene infatti “il complesso dell'immobile costituisce una
casa-studio che reca ancora traccia
della personalità dell'artista”, destinata dallo stesso Balla allo scopo di
“reinterpretare in chiave futurista anche gli spazi nei quali svolgeva la
sua vita quotidiana” (come si legge
nel decreto del 2004), le controversie
legali tra gli eredi del grande futurista
non hanno consentito allo Stato di
acquistare l'immobile e farne finalmente e definitivamente un museo.
Destino opposto quello della casa
di Fortunato Depero a Rovereto, in
cui l'artista proiettò, pur senza abitarci, il suo modo di intendere ed
interpretare la vita. Aperta un anno
prima della morte di Depero ma
frutto di antecedenti e ripetuti passaggi (come la Depero's Futurist
House a New York del 1929), la
“Casa d'arte Futurista Depero” ha
fortunatamente trovato nelle istituzioni
comunali di Rovereto un'interfaccia
attento e disponibile, “che ha continuato a credere nel progetto, fino al
completamento dell’opera”, come
sottolinea Pellico. Che ricorda tra
l'altro che in occasione del centenario
del futurismo il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e
Rovereto “ha dato vita ad un complesso restauro, recuperando le zone
originali progettate dal futurista,
completandole con due nuovi livelli
ispirati direttamente al suo gusto.
Dentro si muovono a rotazione circa
tremila oggetti deposti da Depero
come uova pasquali per la città, fra
mobili, dipinti, disegni, mosaici, tarsie,
grafiche e giocattoli”.
IL DRAMMA, MUSICATO DA MARCO TUTINO SU COMMISSIONE DALL'OPERA HOUSE DI SAN FRANCISCO, ARRIVERÀ IN ITALIA NEL 2016
“La nuova Ciociara: la lirica che cambiò
senso al capolavoro di Alberto Moravia”
Le violenze dei “liberatori” bilanciate dalla fucilazione del personaggio maschile principale
n libro, un film ed ora anche un'opera
lirica. E' “La Ciociara”, che dopo il
best seller di Alberto Moravia e la
pellicola con cui Sofia Loren ha vinto
l'Oscar, sta per approdare alla musica e
al canto. Nicola Luisotti, direttore musicale
dell'Opera House di San Francisco, ha
infatti dato il via ad una nuova produzione,
commissionata al compositore milanese
Marco Tutino ed avente ad oggetto proprio
la storia della Ciociara.
La prima, già cartellone in America e
prevista per giugno 2015, sarà diretta
dall'ideatore del progetto e verrà presentata in Italia, al Regio di Torino, nella
stagione successiva (2016 – 2017). Il titolo
sarà “Two women”, lo stesso con cui,
negli Stati Uniti, sono conosciuti sia il romanzo di Moravia sia il film di Vittorio De
Sica. Una conformità che, stando ai dettagli
che cominciano a diffondersi, sembra
non riguardare anche alcuni rilevanti particolari della trama originale.
Secondo le dichiarazioni rilasciate dal
compositore Marco Tutino in un'intervista
a “La Repubblica”, l'innovazione “più rilevante è l'introduzione di un personaggio
che incarna il male”, ottenuta ampliando
“un carattere che nel film era minimo: il
carbonaio Giovanni, con cui Cesira aveva
avuto un fugace rapporto”. E non è finita
qui: nell'opera Giovanni, per gelosia, denuncia ai tedeschi Michele, l'intellettuale
di cui Cesira si è innamorata, che viene
fucilato contemporaneamente allo stupro
della protagonista e di sua figlia.
Lo sceneggiatore “Luca Rossi – ha detto
Tutino al “Corriere della Sera” - ha fatto
un ottimo lavoro di drammatizzazione,
aiutandomi molto nel compito di scrivere
un'opera all'italiana. Ha accentuato alcune
U
ciò che ho scritto. A quei giovani
bisognerà indicare un altro nemico,
quello che innalza “ovunque pali
per la fucilazione dando al mondo
stupefatto l’immagine di una Francia che non cerca la riconciliazione
dei suoi figli”.
Colpevole quindi. Reo di aver
espresso opinioni polemiche che
alcuni giudicarono “crimini contro
l'umanità”. Posizioni non conformi
alla logica dei vincitori, come
quelle dei molti che, a destra, ne
hanno fatto un'icona di libertà.
Come Giorgio Almirante, che –
ricorda Annalisa Terranova – è
l'autore di una biografia del letterato francese descritto come “vittima dell’intolleranza contro la libertà degli ideali, in nome del
quale invocare una riconciliazione
nazionale difficile negli odi del
dopoguerra”.
CdG
tinte della storia di Cesira e Rosetta e ha
introdotto dei colpi di scena adatti al
genere operistico. La nostra riduzione
della Ciociara – ha aggiunto il compositore
– è piaciuta molto alle eredi di Moravia,
che hanno dato il loro assenso”.
Ciò che lascia un po' perplessi, come
sottolinea giustamente Annamaria Gravino
nel suo articolo su “Il Secolo d'Italia”, è il
fatto che “il male, che tanto serve all’opera,
nel romanzo di Moravia e poi nel film di
De Sica c’è già: è la guerra con le sue
conseguenze, fra le quali stupro di gruppo
subito da madre e figlia, che rappresenta
insieme apice e punto di non ritorno. Tutta
la nuova costruzione narrativa, almeno
stando a quanto si intuisce dalle parole
del suo autore, finisce così per stravolgere
il senso della storia originale”. Al centro
dell'attenzione infatti, non ci sono più “soltanto” gli orrori subiti dai più deboli e il
tradimento delle loro speranze di pace:
nella nuova “Ciociara” la violenza su
Cesira e sua figlia, con tutte le sue drammatiche conseguenze, diventa infatti una
parte del dramma, al quale è affiancato,
con pari rilievo, l'omicidio per delazione
di Michele.
L'introduzione di questa novità però implica
il “creare un bilanciamento artificioso alla
'marocchinata' che Moravia non aveva
previsto” conclude la Gravino. E che, tra
l'altro, non ha inficiato fama e riconoscimenti
per un lavoro che, in versione originale,
resta un grande capolavoro letterario e
CdG
cinematografico.
11
Venerdì 11 aprile 2014
Poltronissima
IL FILM È INTERPRETATO DALL’ATTORE E DOPPIATORE FRANCESCO PANNOFINO
“Il Pretore”: il ritorno di Giulio Base
Si tratta di una buona trasposizione di un libro di Piero Chiara,“Il pretore di Cuvio”, del 1973
di Luciana Caprara
ratto dal romanzo di Piero
Chiara, “Il Pretore” porta
sullo schermo i vizi dell’Italia post-guerra mondiale dove corruzione,
abuso di potere, ricatti, sesso, menzogne e tradimenti fanno da cornice
ad un tessuto sociale ormai decadente.
Giulio Base firma la regia di un film
descrivendo un protagonista pretore
di una piccola provincia lombarda
sul Lago Maggiore, donnaiolo e faccendiere, sempre più distratto nei
confronti dei suoi impegni coniugali
e del suo lavoro in pretura, a causa
della sua passione per le donne e
delle sue velleità.
Il filo della trama corre diritto tra
dramma, e commedia, su un equilibrio precario tra inquadrature ammiccanti che permeano lo schermo
con piani sequenza in cui l’alternanza campo controcampo esalta i
paesaggi del Lago Maggiore di
un’Italia fascista.
Base si mette alla prova sostenendo
un buon uso della macchina da
presa. Fotografia graffiante, scenografie fedeli all'Italia degli anni '30,
rendono credibile il contesto. I personaggi sono ben caratterizzati
mostrando fragilità e frivolezza.
Il protagonista Pannofino sembra,
in questo film, essere dotato di
grande fisicità con un ruolo al di
un sopra le righe, che pur si diletta
nell'esercizio intellettuale come perfetta rappresentazione dell'abuso
di potere.
T
La struttura romanzesca di Chiara
regge anche bene i contraccolpi
della resa filmica.
Nato nel 1913 sul Lago Maggiore,
Chiara fu uno di quei casi commerciali e critici che animò il panorama della letteratura italiana tra
gli anni sessanta e ottanta. Astuto
osservatore del mondo della provincia settentrionale, scrisse decine
tra romanzi e racconti brevi, iniziando ad avere un successo di
pubblico fuori dall’ordinario attorno
ai 50 anni.
Molte furono le trasposizioni cinetelevisive dei suoi romanzi come
ad esempio: Venga a prendere il
caffè da noi (1971), tratto da La
spartizione, La stanza del vescovo
(1976) e Il cappotto di Astrakan
(1979).
“L’unica soddisfazione è di carattere
economico”, dichiarò lo scrittore
luinese a metà anni ottanta, “Apprezzo quei registi come Lattuada
o Risi che riescono a rispettare abbastanza lo spirito del libro, ma
inevitabilmente ci sono cadute nell’erotismo che nelle mie opere non
si trovano. Quando un uomo e una
donna vanno a letto, io mi fermo
fuori della stanza: lascio lì i miei
personaggi. Il cinema invece entra
nella camera, piazza la macchina
da presa e ritrae tutto. Proprio tutto”.
Al centro di ogni racconto di Chiara
sono sempre emersi, richiamando
un modello alla Balzac, atmosfere
esistenziali in superficie ma segretamente devastate da passioni tumultuose.
Così il regista Giulio Base ha saputo
scegliere un romanzo che si districa
su una trama a triangolo lui-lei-l’altro, l’abuso di potere, il perbenismo
di provincia, la giustizia che non
arriva mai e quando arriva non
rappresenta mai la scelta più giusta,
tutte tematiche più che attuali. Eppure arrivare a dirigere un film
con queste caratteristiche diventa
per Giulio Base quasi una sfida:
“Curo la regia di Don Matteo da
10 anni”, spiega Base, “e ricevo un
trattamento snobistico che trovo un
po’ stupido dal cinema sedicente
intellettuale un po’ come Chiara
subì all’apice della sua carriera”.
Ma alla fine, il risultato sembra aver
confermato il gusto e lo stile del
regista che con questo film, supera
una prova abbastanza difficile.
TRATTO DALL'OMONIMO LIBRO DI NICK HORNBY
Comunque vada “Non buttiamoci giù”
L’opera è prodotta da Amanda Posey (moglie dell’autore del best-seller)
oco ritmato e stentato
nella descrizione di
storie e personaggi
spesso incoerenti che si
muovono in situazioni anomale, Non buttiamoci giù
non solo non chiarisce il
suo intento, ma cade spesso
nelle trappole più rischiose
tese da un argomento delicato quale quello che riguarda l'istinto suicida che
poco si mescola ai toni della
commedia.
I quattro protagonisti sono
uniti più che da un legame
d’amicizia, da una comune
volontà di farla finita in una
notte di capodanno, paradossalmente felici e spensierati nell’interpretare i
propri drammi o storie
d'amore e tradimenti ricordando solo a tratti, di essere
degli ex-suicidi.
In effetti, il libro pubblicato
nel 2005 è una sorta di diario, con protagonisti che
narrano la propria esperienza in prima persona
quindi, la strategia dello
P
sceneggiatore Thorne nell'adattamento, è stata quella
di suddividere ogni storia
in quattro capitoli differenti.
Questa suddivisione, infatti,
sembra essere solo un
espediente per reggere il
ritmo procedendo su una
riflessione esilarante, come
se si trattasse di una frammentazione voluta per agevolare soluzioni narrative
che ben si sposino nonostante siano costruite su registri differenti.
Ma in questo caso, il regista
Pascal Chaumeil proprio
non riesce a dosare i toni
sfociando in un'esagerata
esibizione di gioia di vivere,
giustapposta a discorsi sul
desiderio di morte.
E come spesso avviene
quando un film sbaglia totalmente tono, lentamente
ogni sua singola componente sembra cedere artisticamente e così anche gli
attori più navigati e le scene
di sicuro impatto. Dalle musiche, alle battute fino anche
allo stile di recitazione dei
singoli attori, il film segue
ampiamente i toni da commedia a fronte di una trama
che invece imporrebbe una
contaminazione più raffinata
e meno urlata, sicuramente
più riflessiva che non lasci
troppo il posto ad una grossolana comicità.
“Ho amato i libri di Nick,
uno davvero importante nella mia vita è stato Alta Fedeltà, sia perché è un libro
molto godibile e inoltre perché l’ho letto in un momento
della mia vita in cui stavo
vivendo una brutta storia
d’amore”, afferma Chaumeil. “Ero disperato e, in
quel momento, è stato un
libro che mi ha davvero
dato speranza”. Chaumeil
aveva letto Non buttiamoci
giù ma, ammirandone i forti
sentimenti di speranza, di
amicizia seppur in assenza
di sentimentalismi scontati
“Questo sarebbe un libro
difficile da adattare … Ma
quello che mi è piaciuto è
l’impostazione così forte, il
modo in cui questi quattro
personaggi si conoscono a
vicenda”.
“L’approccio generale è stato quello di essere il più
naturale possibile per cercare di mantenere le cose
semplici, senza strafare”,
aggiunge Chaumeil. “Biso-
gnava ottenere uno spettacolo vero lasciando che la
commedia o l’emozione
scaturissero dalle situazioni
senza mai spingere troppo.
Ho cercato di trovare una
buona energia tra i diversi
personaggi e siamo stati
fortunati perché i nostri attori sono stati fantastici”.
Eppure, nonostante queste
premesse il film sembra non
essere proprio riuscito a
soddisfare l’obiettivo del
regista tanto da risultare
obsoleto a causa di un registro narrativo tanto difficile da interpretare per il
pubblico quanto per la critica.
L.C.
12
Venerdì 11 aprile 2014
Sport
IL CAPOLAVORO TATTICO DEL CHOLO E LA FINE DI UN’EPOCA TARGATA BARCELLONA. ADESSO MOU E GUARDIOLA TREMANO
Immenso Simeone: un“gigante”alla guida dell’Atletico
Idolo da giocatore, leggenda da allenatore, il tecnico dei “colchoneros” riscrive la storia - Oggi
i sorteggi delle semifinali di Champions League, con Chelsea e Bayern che sperano di pescare il Real
di Federico Colosimo
na vittoria senza mezzi
termini. Forte, voluta, decisa, meritata e caparbia.
Un successo frutto di un
gruppo eccezionale che
lavora, suda e esprime un gioco
fantastico. Un capolavoro di un tecnico che maniacalmente prepara e
studia tutte le partite nel minimo
dettaglio. Un’impresa targata Diego
Pablo Simeone. Con cuore, orgoglio,
organizzazione e merito, i colchoneros sono riusciti ad eliminare la
corazzata del Barcellona di Messi,
Neymar, Iniesta e Xavi. Che non
mancava le semifinali di Champions
League dal 2006-2007. Per i blaugrana è la fine di un ciclo meraviglioso. Certo, pensare di recitare il
“de profundis” ad una formazione
stellare, al comando della Liga spagnola, è forse un po’ azzardato. Ma
la verità è una soltanto. L’ex squadra
stellare di Guardiola, capace di dominare e “passeggiare” in tutti campi d’Europa, non c’è più. Quello
che è certo, allo stesso tempo, è
che il “Cholo” ha dimostrato a tutti
come si può battere il Barcellona.
Non soccombendo e neanche difendendosi. Ma attaccando, a testa
alta, con un pressing asfissiante anche contro quella compagine stellare che per anni ha insegnato calcio
a tutto il mondo, imponendo il proprio modello alla Nazionale spagnola, campione di tutto. Simeone
non ha imitato nessuno, se non il
suo modello. Con il suo staff non
ha studiato come fare per giocare
U
contro il Barca, ma come fare per
batterlo. Sul piano tattico, e non
solo, l’idolo dei tifosi biancocelesti
s’è mostrato un gigante in petto al
“Tata” Martino. Riproponendo, dopo
la sfida d’andata, la disposizione
cortissima delle linee difensive.
Mandando all’aria tutte le tattiche
blaugrana. Con un pressing altissimo capace di far retrocedere una
squadra nata per attaccare e im-
porre il suo gioco. Il “tiki taka”.
Forse per la prima volta nella storia
degli ultimi anni, Messi e compagni
sono stati costretti a giocare con
retropassaggi, lanci lunghi e sbagliati. E ancora: cross a centro area
velleitari, inutili. Ed è stata solo per
pura sfortuna che la partita s’è conclusa con il minimo scarto (1-0).
Solo pali e traverse hanno impedito
nei primissimi minuti di gioco che
il match si chiudesse subito sul tre
o quattro a zero.
Con il suo immancabile rosario
sotto la cravatta e il suo abito sportivo, Simeone ha incitato i suoi uomini dal primo all’ultimo minuto.
Incendiando il Vicente Calderon,
con i tifosi impazziti di gioia e gli
occhi gonfi di lacrime. Sinonimo di
emozione, felicità. Il Cholo si gode
la sua vittoria, la sua impresa me-
ravigliosa, unica. Sapendo bene
che il suo Atletico umile - come la
sua sapiente guida -, coraggioso e
determinato, non sarà facile da battere per nessuno. Né per i rivali
storici del Real Madrid di Ancelotti
né per il Bayern Monaco di Pep
Guardiola. Tantomeno per il Chelsea di quel fantastico, eccezionale
Josè Mourinho. Tutte squadre tecnicamente superiori, probabilmente, ma certamente con meno fame
e voglia di vincere della splendida
compagine biancorossa.
Quarant’anni dopo la squadra “colchonera” torna in semifinale nella
massima competizione europea.
Oggi, a Nyon, i sorteggi. Sarà derby
spagnolo? Alla sorte, l’ardua sentenza.
L’Atletico Madrid, dopo aver mandato a casa la formazione più temibile al mondo, non ha paura di
nessuno. E adesso gli allenatori di
tutte le nazionali che parteciperanno
ai mondiali brasiliani non potranno
più sottovalutare la bravura di Simeone. Ogni volta che la truppa
Simeone scenderà in campo, i CT
saranno costretti a prendere foglio
e penna. Per scrivere appunti. Perché la lezione tattica di Simeone
ha indicato già a tutte le nazionali
favorite alla vittoria finale la strada
da percorrere per battere le Furie
Rosse. La Spagna di Del Bosque
campione in carica, che gioca esattamente come il Barcellona.
Il Cholo, predestinato dalla nascita,
ce l’ha fatta. E’ nell’Olimpo. Ma probabilmente, il bello deve ancora
arrivare.
BASKET
Infermeria piena per la Virtus Roma
Out Moraschini, Jones e Mbakwe - Problemi muscolari per i tre giocatori dell’Acea. Anticipata al 26 aprile la gara contro Pistoia
di Fabrizio Cicciarelli
omento no per l’Acea Virtus
Roma, che oltre ad aver raccolto
due sconfitte nelle ultime due
gare contro Siena e Reggio Emilia si
trova a fare i conti con un’emergenza
infortuni. Sono ben tre i giocatori messi
k.o da problematiche muscolari: Moraschini, Jones e Mbakwe.
L’esterno ferrarese, rimasto a riposo
nella sfida di ieri contro Reggio Emilia,
è stato sottoposto a esami strumentali
che hanno evidenziato uno stiramento
di secondo grado del muscolo ileopsoas sinistro, che lo ha costretto a rinunciare alla convocazione alla SettimanAzzurra di Ancona e all’All Star
Game per svolgere le necessarie terapie a Roma. Ancora incerti i tempi
di recupero: la speranza è quella di
averlo a disposizione per la trasferta
di Sassari del 19 aprile, ma ogni valutazione sarà fatta in base all’evoluzione
dell’infortunio, per consentire al giocatore di recuperare la giusta condizione.
L’altro assente contro Reggio era Bobby
Jones, che la scorsa settimana si era
procurato una lesione di secondo grado
M
al bicipite femorale della gamba sinistra. Anche lui, protagonista suo malgrado della circostanza più complicata,
sta effettuando delle terapie mirate
per tornare in campo nel più breve
tempo possibile.
Meno critica la situazione di Trevor
Mbakwe, che contro i reggiani è sceso
in campo per 17’, visibilmente condizionato da una noia muscolare manifestatasi durante il riscaldamento pregara. Gli esami effettuati dallo staff
sanitario della Virtushanno evidenziato
una sindrome retto-adduttoria in fase
di riacutizzazione, già accusata dal
centro nigeriano nei giorni precedenti
dalla gara contro Siena. Anche per lui
niente All Star Game, ma riposo e terapie per cercare di far passare l’infiammazione e provare ad essere in
campo già nella sfida di Sabato Santo.
Intanto la partita tra Acea Virtus Roma
e Giorgio Tesi Group Pistoia, inizialmente prevista per domenica 27 aprile,
è stata anticipata a sabato 26 aprile
ore 18.30,per facilitare l’afflusso al
Palazzetto ai tifosi data la contemporanea cerimonia di canonizzazione
dei beati Giovanni XXIII e Giovanni
Paolo II.