Il reato di vilipendio colpisce ancora
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Il reato di vilipendio colpisce ancora
Anno III - Numero 86 - Venerdì 11 aprile 2014 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Renzi nei guai Sanità Grosseto Liste elettorali: grande fuga dal Pd Artrite reumatoide: "Non lasciamoli soli" Nozze gay, è scontro fra Procura e tribunale Belli a pag. 7 Fruch a pag. 9 Colosimo a pag. 2 LA PROCURA GENERALE HA APPROVATO L’AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI, MA RESTA IL NODO DELLE MISURE RESTRITTIVE di Robert Vignola er la Procura generale di Milano, l’affidamento ai servizi sociali, in prova, è soluzione percorribile. Ora però spetta al Tribunale di Sorveglianza decidere della sorte giudiziaria di Silvio Berlusconi. Che resta appesa anche a un altro filo: quello degli arresti domiciliari. Impossibile fugare i sospetti, anzi destinati a rincorrersi in ipotesi, appelli dissimulati, quando non veri e propri desiderata che di qui ai prossimi giorni terranno viva questa pagina della storia politico-giudiziaria italiana. La cronaca della giornata di ieri, puntellata di rinvii a giudizio e sequestri eccellenti, ha visto Berlusconi sfilare come cinquantanovesimo caso della giornata, preceduto da una serie di condannati per reati comuni. Al termine di un’udienza di pochi minuti, il Tribunale di Sorveglianza si è preso i suoi tempi. Minimo cinque giorni, massimo quindici per “depositare”. Una bella forchetta temporale, e l’immagine della forchetta porta con sé anche quella dello spiedo, sul quale far rosolare il corredo che tale attesa si porta dietro. Da sinistra si odono chiare le trombe. Che ogni tanto squillano: accetterà il condannato la sentenza che ha sempre contestato, e continua a fare? E già, perché quell’affidamento ai servizi sociali – su questo insiste una certa vulgata – comporta un percorso di riabilitazione la cui prima pietra debba essere l’ammissione dei propri “peccati”. E allora servizi sociali, sì: ma con quali ulteriori misure restrittive? Avrà insomma Berlusconi diritto di girare l’Italia nei prossimi nove, dieci mesi, e quindi di partecipare a manifestazioni pubbliche, avere incontri politici, magari anche tenere un comizio? Vedremo: intanto i legali Niccolò Ghedini e Franco Coppi hanno fornito diversi documenti P L’ATTESA Entro due settimane il verdetto del tribunale di sorveglianza: in gioco c’è ancora l’agibilità politica del leader del centro-destra per dimostrare la non pericolosità sociale dell'ex Cavaliere ed evitargli così i domiciliari, che restano la peggiore delle ipotesi sul tavolo. Al contempo, hanno indicato in un “un centro terapeutico ospedalizzato” per disabili mentali e fisici il luogo dove scontare la pena. In queste persone, viene spiegato, il Cav potrebbe sviluppare “nuovi stimoli in CHIAMÒ "TERÙN" NAPOLITANO: BOSSI A GIUDIZIO quanto soggetti rassegnati alla disabilità”. Vi sarebbe anche l’indicazione di massima: una struttura non ancora inaugurata, all’aperto, nei pressi di Arcore. LA FRANCIA VIRA A DESTRA E I “DEMOCRATICI” SI ORGANIZZANO La Le Pen fa paura: le vietano un comizio di Valter Brogino llarme Le Pen. Xenofobia, razzismo, intolleranza? Macché: la leader del Front National, che sta battendo palmo a palmo la Francia alla ricerca dei suffragi che potrebbero consegnare già a maggio la maggioranza relativa al suo partito, di intolleranza se mai è vittima. Con ella i suoi militanti e per proprietà transitiva pure i suoi elettori, vale a dire un “citoyen” su quattro. Se è vero che, da quando la Francia ha virato a destra, il nostro Paese è diventato meno permeabile alle notizie che arrivano da oltralpe, non può che destare scalpore il caso Rennes. È questa la città capoluogo della Bretagna, peraltro regione natia del padre Jean Marie. Qui Marine avrebbe dovuto tenere, il prossimo 27 aprile, un comizio in vista delle europee, particolarmente atteso. Ebbene, non se ne farà nulla. La direzione del Parc Expo, l’auditorium nel quale si sarebbe dovuta tenere la convention, A Il reato di vilipendio colpisce ancora Rossi a pagina 2 dopo aver dato il placet all’organizzazione della manifestazione, è tornata sui suoi passi. La società privata che gestisce la struttura, attraverso le parole di Bernard Le Gall, ha infatti reso noto che “si riserva il diritto di rifiutare l’affitto per tutte le manifestazioni suscettibili di turbare l’ordine pubblico”. Diritto che ha esercitato proprio nei confronti del Fn. “Dovremmo pagare di tasca nostra eventuali danni”, si è giustificato Le Gall, citando i tafferugli avvenuti al centro di Rennes l’8 febbraio scorso. Peccato che a causarli siano stati proprio sedicenti “antifascisti”, che hanno creato incidenti, incendiato auto e infranto vetrine manifestando con uno striscione con scritto “Né Valls (attuale primo ministro socialista, ndr) né Le Pen”. Il Front National parla apertamente di pressioni politiche all’origine del passo indietro dei gestori del Parc Expo e denuncia l’evidente attacco alla libertà pubblica. Chissà se a Valls, visto che i disordini dell’8 febbraio riguardavano anche lui, avrebbero consentito di parlare… 2 Venerdì 11 aprile 2014 Attualità L’OPERAZIONE IMMAGINE VOLUTA DAL PREMIER PER LE EUROPEE SCOPERCHIA IL VASO DI PANDORA Renzi incassa solo grandi rifiuti I sindaci Emiliano e Nicolini rinunciano alla candidatura perché preferiti dal “gabibbo a cinque veline” di Federico Colosimo lle prossime elezioni europee il Pd rischia di andare non in rosa, tantomeno in azzurro. Ma in bianco. Il premier Matteo Renzi perde i pezzi del suo puzzle. Rinunciano alla corsa Giusi Nicolini e Michele Emiliano. Da capolista della circoscrizione Sicilia-Sardegna, il sindaco di Lampedusa s’è ritrovata prima al secondo e poi al terzo posto. E così, dopo la direzione del partito, ha deciso di sfilarsi. “Che ci sto a fare in una lista così? Ho scoperto dai giornalisti di essere stata spodestata. Nel Pd non vogliono le novità, che ci posso fare?”. Scavalcata da Caterina Chinnici, capo del dipartimento per la giustizia minorile, ha annunciato la sua decisione al premier. Ma non è stata l’unica. Poche ore più tardi è stato il turno del primo cittadino di Bari. Spodestato, per il Sud, dalla giovanissima Pina Picierno, fedelissima di Dario Franceschini. A Troppo grande lo sgarbo, il primo di una lunga serie. Prima la poltrona promessa e mai arrivata di Sottosegretario al governo. E adesso il secondo tradimento. La goccia che ha fatto traboccare un vaso ormai stracolmo. “La mia candidatura – il primo commento stizzito – ormai è super- flua. Votiamo le donne”. Fa il gentleman, Emiliano, ma solo da dietro la tastiera del suo computer. Una calma apparente, perché in realtà il fuoco cova sotto la cenere. Nel Partito Democratico volano gli stracci. Il criticatissimo governatore della Regione Siciliana, Rosario Cro- DIEDE DEL “TERUN” AL CAPO DELLO STATO DURANTE UN COMIZIO Vilipendio di Napolitano, Bossi rinviato a giudizio Storace: quanto ci mette il Parlamento a togliere di mezzo questo reato? S i scrive vilipendio del Capo dello Stato, si legge lesa maestà. Un guaio nel quale qualcuno, ogni tanto, incappa. E che, nella logica troppo spesso adottata in Italia dei due mesi e due misure, trova anche il modo di sfociare in un rinvio a giudizio. Questa la sorte capitata a Umberto Bossi, lo storico leader della Lega. I fatti risalgono al 29 dicembre del 2011: in occasione della “Be’rghem Frecc” di Albino, a due passi da Bergamo, Bossi disse durante un comizio: “Mandiamo un saluto al presidente della Repubblica. Napolitano, Napolitano, nomen omen: non sapevo fosse un terun...”, accompagnando alla frase anche il gesto delle corna, nel tripudio dei suoi manifestanti. Certamente un comportamento oltre il limite, che ha innescato però il meccanismo dell’inchiesta per l’anacronistico reato: dapprima il gip di Bergamo che segue l’inchiesta aveva deciso di congelare la questione, in attesa di un pronunciamento da parte del Parlamento, assecondando così una precisa richiesta in tal senso avanzata dalla difesa. Ma una risposta non è mai giunta: di qui il rinvio a giudizio, per un processo che inizierà il 3 febbraio 2015. Una notizia che mette sale sulla ferita ancora aperta, per lo stesso identico motivo, sulla pelle di Francesco Storace, leader de La Destra. Anch’egli rinviato a giudizio, per aver espresso durissime critiche, ma di carattere pur sempre politico, nei confronti dell’inquilino del Colle. “A Bossi benvenuto nel club dei processati per lesa maestà. Mi chiedo che cosa aspetta il Parlamento a togliere di mezzo un reato anacronistico”. Bruno Rossi cetta, insiste: “La Chinnici è sì figlia di un magistrato assassinato dalla mafia, ma ha anche fatto parte della giunta Lombardo”. D’altronde… repetita iuvant. Il sindaco di Lampedusa s’è sentita tradita e non ci ha pensato un secondo. Ha fatto un passo indietro e s’è ritirata: “Mi occuperò dei mille problemi di Lampedusa, a partire da quelli degli immigrati. Mi hanno pregato di accettare, perché titubante. L’ho fatto dopo le loro insistenze solo perché da Bruxelles avrei potuto continuare a interessarmi delle questioni che riguardano il Mediterraneo. Ma dal momento che sono stata delegittimata, le cose cambiano”. Senza risparmiare un attacco all’ex sindaco di Firenze: “E’ il premier, ma non è il mio segretario. Io non sono del Pd”. E in tutto questo scambio di accuse, a prendersi gioco dei democratici, il solito Beppe Grillo. Che ironizza sulla “svolta” di candidare solo donne come capolista e sul suo blog, scrive: “Quattro veline e un gabibbo posson bastare”. E il gabibbo, naturalmente, è “l’ebetino” Renzi. Il Guru dimostra di non essere molto bravo in matematica, alle Europee, infatti, le “veline” capolista saranno addirittura cinque: Alessia Mosca per il Nord Ovest, Alessandra Moretti per il Nord Est, Simona Bonafè per il Centro e, appunto, Pina Picierno per il Sud e Caterina Chinnici per le isole. Come se già non bastasse, nel meridione nasce anche il “caso” di Stefano Minerva. Il responsabile per il sud dei Giovani democratici era certo di avere un posto fra i 17 candidati della circoscrizione. Tant’è, ufficialmente per “un banale errore di battitura”, è stato scavalcato da Nicola Caputo. Renzi perde pedine importanti, di primo livello. Incassa critiche e sberleffi. E non è escluso che possa lasciarsi sfuggire altri tasselli “eccellenti”. Perché c’è anche chi ha una dignità e non è disposto a farsi utilizzare come una figurina da scambiare o appiccicare sull’album a proprio piacimento. IL PROCEDIMENTO COMINCIA A NAPOLI IL 18 GIUGNO Mastella e la moglie a processo Il vertice di quello che fu l’Udeur alla sbarra: “associazione a delinquere” N el gran balletto giudiziario delle ultime ore c’è anche una “re-entry” piuttosto rumorosa. È quella di Clemente Mastella, deus ex machina di quello che fu l’Udeur, al quale tuttavia il “gossip” dei giorni scorsi assegnava un altro tipo di re-entry: e cioè quella politico-elettorale, nelle liste per le europee. Fatto sta che Mastella, la moglie Sandra Lonardo e altre 17 persone sono state rinviate a giudizio per associazione a delinquere. Lo ha stabilito il gup del Tribunale di Napoli Maurizio Conte. Il processo comincerà il prossimo 18 giugno davanti alla nona sezione del Tribunale. Secondo l’accusa, l’attività dei vertici dell’Udeur in Campania era finalizzata “alla commissione di una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione, e soprattutto all’acquisizione del controllo delle attività pubbliche di concorso per il reclutamento di personale e gare pubbliche per appalti ed acquisizioni di beni e servizi bandite da Enti territoriali campani, Aziende sanitarie e Agenzie regionali, attraverso la realizzazione di numerosi reati”. In un primo momento l’accusa di associazione a delinquere era caduta e Mastella e i suoi coimputati erano stati rinviati a giudizio solo per altri reati. Tuttavia la Procura aveva fatto ricorso per Cassazione che, condividendone le valutazioni, avevano annullato quella parte della sentenza, disponendo una nuova udienza preliminare. Le dichiarazioni dell’ex Guardasigilli sono ovviamente improntate alla sorpresa. “Dopo essere stato già prosciolto da un primo giudice del Tribunale di Napoli per lo stesso identico supposto reato, vengo rinviato a giudizio perché sarei stato 'il capo di un’associazione per delinquere chiamata Udeur' ovvero capo di un partito politico. Rinviato a giudizio ma non mi viene addebitato nessun fatto specifico. Mai nella storia repubblicana italiana si era verificata una tale circostanza. E dire che l’Udeur ha contribuito ad eleggere presidenti della Repubblica e primi ministri”, ha (significativamente) B.R. concluso Mastella. INCHIESTA SAN RAFFAELE, ALTRO COLPO CONTRO L’EX GOVERNATORE: MAXI-SEQUESTRO AI SUOI DANNI Per Formigoni l’orizzonte non è poi così… “Celeste” Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Al senatore di Ncd è arrivato un altro segnale da parte della Procura di Milano, l’ennesimo di una lunga serie Francesco Storace S embra proprio che i magistrati milanesi Roberto Formigoni se lo stiano cucinando a fuoco lento. Prima l’inchiesta sugli appalti e le opere pubbliche che ha portato in carcere il direttore dimissionario della società “Infrastrutture lombarde” (il braccio del Pirellone per 11 miliardi di investimenti pubblici in vista di Expo 2015) Antonio Giulio Rognoni. Con il gip Andrea Ghinetti che nell’ordinanza di custodia cautelare ha gettato ombre proprio sull’ex giunta Formigoni (“I vecchi vertici sapevano”). Poi la presunta indagine segreta – rivelata da L’Espresso , con tanto di false accuse contro il sostituto procuratore Alfredo Robledo, basata sulle parole della sua testimone di nozze. Subito dopo il rinvio a giudizio per lo scandalo della sanità in Lombardia. Con l’ex governatore alla sbarra, accusato di corruzione e associazione per delinquere. E adesso, un maxi-sequestro pre- ventivo sempre per il caso “San Raffaele-Maugeri”. A poche settimane dall’inizio del processo, previsto per il 6 maggio, il “Celeste” comincia a pagare il suo conto con la giustizia. La procura di Milano ha congelato praticamente tutti i suoi beni e conti. Ad eccezione di uno. Quello in cui l’esponente di Ncd percepisce l’indennità parlamentare mensile. Sigilli anche a 3 auto, frazioni di alcune proprietà, ma soprattutto all’ormai famosa villa ad Arzachena, in Sardegna, meta preferita delle vacanze del senatore alfaniano. Una reggia vicinissima a Porto Cervo, in cima alla collina del Pevero, ceduta nel 2011 dal faccendiere Pierangelo Daccò a prezzo di favore, per un vantaggio stimato dagli inquirenti in 1,5 milioni di euro rispetto ai veri valore di mercato, all’amico “storico” Alberto Perego. Finanziato nello stesso periodo con 1,1 milioni da Formigoni. Era proprio questa “dimora” – secondo gli inquirenti – ad essere nel lungo elenco dei benefits ottenuti dall’ex presidente della Regione in cambio di delibere di giunta che avrebbero permesso alla Fondazione Maugeri (e anche al San Raffaele) di ottenere un flusso di finanziamenti e rimborsi. Ma il sequestro monstre, da 49 milioni di euro, riguarda anche gli altri imputati. Da Daccò a Perego, passando per l’ex assessore alla Sanità della Lombardia Antonio Simone. Formigoni minimizza, spiega che uno dei suoi conti è addirittura in rosso. Ma per dirla alla Mourinho, sente il “rumore dei nemici”. Il tintinnio di manette è ancora lontano, ma c’è chi è pronto a giurare che potrebbero scattare presto. Per molti prima delle Europee, per altri dopo. Per scongiurare le solite accuse di giustizia a orologeria. Federico Colosimo Direttore responsabile Amministratore Roberto Buonasorte Direttore Generale Niccolò Accame Capo Redattore Igor Traboni Progetto grafico Raffaele Di Cintio Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Venerdì 11 aprile 2014 I DATI ISTAT SULLA PRODUZIONE Industria: nessuna luce in fondo al tunnel Istat lo comunica a chiare lettere: nessun margine di miglioramento per l’industria in Italia. L'indice destagionalizzato della produzione è diminuito dello 0,5% a febbraio rispetto a gennaio. Nella media del trimestre dicembre-febbraio l'indice ha registrato un lieve aumento (+0,1%) rispetto al trimestre precedente. Corretto per gli effetti di calendario, a febbraio, l'indice e' aumentato in termini tendenziali dello 0,4% (i giorni lavorativi sono stati 20 come a febbraio 2013). Nella media dei primi due mesi dell'anno la produzione è aumentata dello 0,8% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano, solo a febbraio, aumenti tendenziali diffusi in gran parte dei principali raggruppamenti di industrie: i beni intermedi e i beni strumentali aumentano entrambi del 2,0%, i beni di consumo dell'1,8%. L’ Registra invece una flessione marcata il comparto dell'energia (-9,0%). Per quanto riguarda i settori di attività economica, a febbraio, i comparti che registrano la maggiore crescita tendenziale sono quelli della produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+7,6%), della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+5,3%), della fabbricazione di mezzi di trasporto (+4,9%) e delle Industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (+4,7%). Le diminuzioni maggiori si registrano nei settori della fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-9,4%), della fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (8,8%), della attivita' estrattiva (-8,5%) e della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi (-7,9%). Economia NUOVO ALLARME DELL’EUROSTAT Disoccupazione senza precedenti: il triste primato spetta all’Italia Nella Penisola molti quelli che desistono anche dal cercare ono oltre 3 milioni gli italiani che disoccupati, non cercano un lavoro: si tratta di una cifra che corrisponde a circa la metà dei disoccupati inattivi dell'Eurozona. Così rileva l’Eurostat. Ad oggi tre milioni e 91mila italiani si dichiarano disponibili a lavorare, ma di fatto non cercano lavoro: l'istituto di statistica europea non spiega le ragioni di questo fenomeno, ma non si può escludere che questi numeri siano il risultato di una rassegnazione diffusa, ma anche dell'uso comune in Italia di iscriversi alle liste di collocamento anche se di fatto non si cerca lavoro, ma per magari maturare diritti in seguito. In effetti il dato italiano è di gran lunga il più elevato in Europa, ben più della Spagna (1,1 milioni di disoccupati inattivi), e anche della Turchia (1,7 milioni), i cui dati sono disponibili nello studio di Eurostat. In totale nell'eurozona i disoccupati inattivi sono 6,4 milioni, mentre nell'Ue la cifra raggiunge complessivamente i 9,3 milioni. Un focus particolare per la popolazione nell’Eu28 di età S compresa tra 15-74 che può essere classificata in tre gruppi: nel 2013, erano 216,4 milioni le persone occupate, 26,2 milioni di disoccupati e 137,2 milioni gli inattivi. Tra gli occupati, 43,7 milioni sono lavoratori a tempo parziale, di cui 9,9 milioni (23% dei lavoratori part time) sono sottoccupati, desideravano lavorare più ore ed erano disponibili a farlo. Tra la popolazione inattiva (soggetti né occupati né disoccupati), ci sono 9,3 milioni di persone di età compresa tra i 15 e i 74 anni con possibilità di lavorare, ma che non cercano, e 2,2 milioni di soggetti in cerca di lavoro, ma non erano disponibili nella Eu28 nel 2013. Pur non essendo parte del popolazione economicamente attiva, entrambi i gruppi fanno in qualche modo parte del mercato del lavoro e potrebbero essere considerati come una potenziale forza lavoro supplementare di 11,5 milioni di persone, pari al 4,7% della forza lavoro totale. Nel 2013, la percentuale di lavoratori part time sottoccupati rispetto al totale dei lavoratori a tempo parziale, è variata in modo significativo tra gli Stati, con le maggiori quote osservate in Grecia (72,0%), Cipro (59,0%), Spagna (57,4%), Portogallo (45.9%), Lettonia (44,4%) e Bulgaria (41,9%). Le percentuali più basse in Olanda (4,2%), Lussemburgo (10,3%), Repubblica Ceca (11,4%), Danimarca (11,7%) ed Estonia (12,4%). La forza lavoro potenziale varia notevolmente tra gli Stati membri, con le percentuali più alte registrate in Italia (pari al 12,6% della forza lavoro) e Croazia (12,1%), mentre le più basse in Repubblica Ceca (1,6%) e Lituania (1,7%). Francesca Ceccarelli 4 Venerdì 11 aprile 2014 Storia VITA DI VITTORIO ZINGARELLI, TENENTE DEI BERSAGLIERI, CHE HA PASSATO LUNGHI ANNI DI DETENZIONE IN TERRA STRANIERA Memorie di un prigioniero di guerra /1 Un vissuto intenso, fatto di privazioni e difficoltà, malattia e sconforto, ma anche di coraggio e slancio di Emma Moriconi a storia che raccontiamo oggi è quella di un soldato, uno dei tanti: la sua vicenda personale è una microstoria che rappresenta in piccolo la macrostoria di tanti italiani. Questo soldato si chiama Vittorio Zingarelli, è nato a Roma il 18 marzo 1919 ed è morto il 16 novembre 2012. Nel periodo più maturo della sua vita ha voluto redigere due volumi, testimonianze di guerra, di dopoguerra e di prigionia. Il primo volume, “Ricordi di guerra e di prigionia – storia di una generazione tradita e sconfitta”, viene pubblicato nel 2004, ed è un pezzo di vita vissuta, tra aneddoti di quotidianità, spesso anche divertenti e leggeri, e grandi dolori: quelli di un uomo anziano che rievoca una dura prigionia, vissuta nell’età più bella, quella della gioventù. Il secondo libro, “C’eravamo tanto amati”, dedicato alla memoria della moglie Maria Concetta, racconta gli anni successivi al rientro in Patria, nel 1946, e arriva fino alla metà degli anni Novanta. La seconda parte del volume si intitola “Nel nome del Padre…” e qui sono i suoi figli a raccontare: i ricordi dei cinque ragazzi sono raccolti e presentati ai lettori da Massimo Iezzi. Vittorio Zingarelli è un combattente nella seconda guerra mondiale come tenente dei Bersaglieri: ap- L partiene al 38° Battaglione Coloniale formato da indigeni ascari. “Sul molo di Tauloud-Massaua, in Eritrea, l'otto aprile 1941 sono stato fatto prigioniero da un ufficiale e tre soldati della Legione Straniera Francese – racconta - Sul molo del porto tutte le navi, precedentemente minate, saltavano in aria. Sono stato quindi preso in consegna dagli inglesi, immatricolato come P.O.W. (Prisoner Of War) con il numero 240132, quindi imbarcato sulla nave ospedale Ramb IV. Dopo una settimana sulla nave, stipati come bestie, con poca acqua e poco cibo, con altri commilitoni sono stato trasbordato sul dragamine "Ratnagiri" per dirigerci verso Porto Sudan. Da porto Sudan siamo stati messi su un treno e fatti scendere, dopo un viaggio di cento chilometri nella località sudanese di Haya Junction, in pieno deserto. Lì siamo stati reclusi in un campo di concentramento di emergenza: dormivamo in tende, sulla sabbia, senza letto; mangiavamo una volta al giorno una brodaglia con pochissima carne e molta sabbia. Dopo quarantacinque giorni fummo nuovamente trasferiti verso Porto Sudan e trasferiti verso Bombay, in India, quindi nello stato di Bhopal, a Bairagar, in una pianura molto calda e umida, pericolosa per la malaria e l'ameba. Non sarebbe stata l'ultima destinazione”. I ricordi di Vittorio sono come un treno che corre rapido e lascia dietro di sé ricordi, emozioni, dolori. La percezione di un vissuto intenso, fatto di privazioni e difficoltà, malattia e sconforto, ma anche di coraggio e slancio. “Dopo una epidemia di colera, che portò alla morte di diversi prigionieri – continua - finalmente avemmo l'ordine di essere trasferiti a Yol, nella valle del Kangra, vicino a Lahore, già zona di prigionia per i tedeschi nella prima guerra mondiale. Là rimanemmo quattro anni e mezzo. La vallata sembrava inserita in un paesaggio alpino, a 1300 metri, con folte boscaglie, verdi prati e ruscelli d'acque chiare. In una vasta area erano posizionati quattro campi per gli ufficiali e uno per i soldati (oltre ad un ospedale e vari altri alloggiamenti); ogni campo ufficiali era diviso in cinque ali (ognuna contenente 480 ufficiali e circa 100 soldati). In totale a Yol furono reclusi circa dodicimila ufficiali. Finalmente dall'Italia cominciarono ad arrivare pacchi, libri e lettere. In generale le condizioni igieniche e sanitarie erano migliori. Cominciammo a lavorare, dapprima alla costruzione dei campi di rugby e di calcio, poi nei campi, con la promessa di non evadere. Il tempo passava tra ore dedicate allo studio, alle carte, agli sport. La situazione non era idilliaca come sembra: non potevamo comunicare con i prigionieri degli altri campi, ed eravamo sempre sotto il tiro delle sentinelle, come accadde nel campo 26 il 21 aprile 1942, quando furono uccisi due nostri ufficiali, e feriti diversi altri, colpiti alle spalle”. (… continua…) [email protected] 5 Venerdì 11 aprile 2014 Esteri MOSCA PRONTA A CALARE SUL TAPPETO DELL’ECONOMIA INTERNAZIONALE UN ASSO NELLA MANICA Dove osano le aquile russe? Sull’oro Nella guerra finanziaria globale irrompono le monete da cinque rubli in metallo prezioso, destinate a sostituire il dollaro come valuta per l’acquisto delle forniture energetiche di Giuliano Castellino ubito si era capito che la guerra per la Crimea sarebbe stata la scintilla che avrebbe infiammato il mondo intero. Un incendio che già era stato spento sul nascere qualche anno fa in Georgia e qualche mese fa in Siria, ma che covava sotto le ceneri, pronto a divampare da un momento all’altro. Gli atlantici lo cercano da anni, da quando Putin ha bloccato l’espansione mondialista ad est. Una guerra divenuta a 360 gradi: non solo militare, non più legata al petrolio e al gas, ma anche finanziaria. In una delle sue relazioni più scioccanti dall’inizio della crisi ucraina, il Ministero degli Affari Esteri (MoFA), nei giorni scorsi, ha avvertito che il presidente Putin ha ordinato l’attuazione del “Progetto Doppia Aquila”, che una volta pienamente realizzato farà in modo che tutta l’energia globale sarà acquistata in oro, ponendo così fine al regno del dollaro statunitense come valuta di riserva globale e di fatto il collasso delle economie degli Stati Uniti e dell’Unione europea. Una vera e propria sfida al “mondo occidentale”, una dichiarazione di guerra senza precedenti, che toglierebbe potere all’usura bancaria e restituirebbe sovranità ai popoli eu- S ropei, mettendo Mosca alla guida di una nuova Europa, liberata dal cappio della Troika. In poche parole il crollo del nuovo ordine mondiale. Il “Progetto Doppia Aquila”, secondo questo rapporto, chiede che la Banca Centrale della Federazione Russa (Cbr) inizi la produzione di monete da 5 Rubli d’oro contenenti 0,1244 once troy di Oro puro, con un diametro di 18 millimetri, decorate con una doppia aquila schermato e coronata, le quali diventeranno l’alternativa mondiale sia al dollaro Usa che all’euro per l’acquisto di forniture energetiche. Fondamentale notare, che il “Progetto Doppia Aquila” prevede la creazione di un nuovo “sistema di pagamento nazionale” che consentirà alla Russia di costruire le fondamenta che potrebbero presto offrire un’alternativa alla Società per le telecomunicazioni finanziarie interbancarie mondiali (Swift) del sistema bancario e permettere alle nazioni di tutto il mondo la possibilità di allontanarsi dal dollaro americano e dall’egemonia degli Stati Uniti. Oltre al “Progetto Doppia Aquila”, Putin ha inoltre ordinato che Sberbank, la più grande banca in Russia e in tutta l’Europa orientale, interrompa l’emissione di prestiti al consumo in NEGLI USA Un Suv contro l’asilo: muore una bambina Nuova tragedia a scuola, 15 i feriti ncora una tragedia, ancora una volta con la scuola come teatro del fatto di sangue. Ieri mattina gli Stati Uniti d’America si sono svegliati con le angoscianti immagini che giungevano dalla Florida, dove un'automobile si è schiantata contro un asilo, situato a Winter Park, un sobborgo della città di Orlando. Una bambina avrebbe perso la vita nell’incredibile incidente, ma numerose altre persone (quindici in tutto) sono rimaste ferite. I bambini piccoli ed i neonati sono stati portati all'esterno dell'asilo, presso il parco giochi, mentre i feriti venivano trasportati con le barelle. La bambina che ha perso la A vita è deceduta presso l'Ospedale pediatrico "Arnold Palmer Hospital for Children" della città di Orlando. Secondo una ricostruzione di quanto avvenuto, un Suv di tipo Dodge Durango, di colore grigio o argento, avrebbe urtato un veicolo, il quale a sua volta avrebbe dunque travolto la palazzina dell'asilo. Il conducente del Dodge non si è fermato. Di qui è partita la caccia all’uomo che era alla guida, un giovane con numerosi precedenti. L'uomo che si trovava alla guida della vettura che ha travolto l'asilo, nel quale si trovavano cinquanta bambini, non è stato invece trattenuto dalle autorità. V.B. valuta estera, una mossa che minerebbe lo Swift, quel sistema mercatista, bancario e finanziario che oggi tiene legati tutti sotto il dominio del petrodollaro. Un sistema russo basato sull’oro “distruggerebbe tutto l’attuale sistema finanziario mondiale in una quindicina di giorni”. Da notare inoltre che a questo progetto russo legato all’oro alternativo allo Swift, sembrano volersi unire le altre nazioni Brics (Brasile, India, Cina e Sud Africa), che hanno all’unanimità e, in molti modi, con forza sostenuto la posizione della Russia in Crimea contro gli Stati Uniti e l’Ue. Inoltre con gli Stati Uniti che devono pagare ai propri oligarchi il 26% delle entrate fiscali disponibili per interessi e con l’Unione europea che perderebbe 215 miliardi dollari fermare le importazioni di gas russo, la CBR ha potuto sollevare riserve auree russe di oltre 1.040 tonnellate mostrando la sua forza contro le banche centrali occidentali che vivono solamente del denaro stampato. (Carta straccia, come affermiamo da tempo!) Per sostenere il “Progetto Gold Eagle” contro l’inevitabile contraccolpo UsaUe, il Ministero dell’Economia russo ha fatto sapere che il Progetto Natalka ha già avviato la produzione e che è in grado di fornire al CBR una “scorta infinita” d’oro per favorire il successo di questa nuova valuta globale per gli acquisti di approvvigionamento energetico. Pochi sanno, ma la Russia ha la seconda riserva aurea del mondo (12.500 tonnellate, oltre 400 milioni di once) e il Progetto Natalka, situata nella regione di Magadan, è considerato uno dei più grandi giacimenti d’oro del pianeta e dispone di 32 milioni di once di riserve e una risorsa totale di 60Moz + e ha già iniziato la produzione questo mese. Ormai Mosca ha capito bene che la reazione all’annessione della Crimea da parte degli atlantici è stata solo una “giustificazione” per gli Stati Uniti nel degenerare la propria presenza militare praticamente ovunque, anche vicino alla Russia e che le forze della Nato stanno progettando accumuli di massa nel Caucaso, volte a spaccare la Russia. Usa-Nato si stanno preparando ad un attacco contro la Russia, tanto che non ci sono segni del ritiro delle truppe russe dal confino con l’Ucraina, ma questa volta hanno travato davvero pane per i loro denti. ATTENTATO CONTRO LA BANCA DI GRECIA Esplode autobomba, panico ad Atene L’atto di terrorismo nel giorno del ritorno ellenico sui mercati ttimi di terrore ieri mattina ad Atene: un potente ordigno è esploso davanti alla sede della Banca di Grecia, provocando alcuni danni ma, fortunatamente, nessuna vittima. Un evento drammatico proprio nel giorno in cui la capitale è tornata sul mercato dei titoli di Stato dopo quattro anni di assenza a causa della crisi. E’ stato subito boom di domanda (oltre venti miliardi di euro) per i titoli greci, collocati tre miliardi di titoli a cinque anni e tasso al 4,95%: un’occasione imperdibile per gli investitori in attesa di un buon ritorno per i loro soldi di fronte allo 0,6% tedesco. Stando alle prime ricostruzioni la bomba era stata collocata dentro un'auto parcheggiata davanti all'edificio che ospita l'istituto centrale, poco distante dagli uffici Ue, Bce e Fmi. L'esplosione, udita per tutta la Capitale, è avvenuta pochi minuti prima delle 3 locali (le 2 in Italia). Stando agli inquirenti, il veicolo - una Nissan - era stato imbottito con almeno 75 chili di esplosivo: solo un'ora prima dell'esplosione, un anonimo A aveva telefonato al sito di notizie Zougla e al giornale Efymerida ton Syndakton per avvertire dell'imminente scoppio dell'ordigno. Per ora l'attentato non è stato rivendicato, ma le indagini si starebbero già indirizzando verso Christodoulos Xiros, uno degli ex capi del disciolto gruppo estremista di sinistra greco "17 novembre", responsabile di 23 omicidi fra il 1975 e il 2000 ed evaso lo scorso gennaio da un carcere del Paese: questo è quanto riferiscono i media ateniesi citando fonti della polizia. Alcuni testimoni hanno poi raccontato di aver notato ieri mattina verso le 5 una persona parcheggiare l'autobomba e quindi allontanarsi di corsa dal veicolo. Poco dopo vi sono state due telefonate anonime in cui l'interlocutore ha detto che “in una strada tra le vie di Panepistimiou e Stadiou è un'auto con dentro 75 chilogrammi di di- namite che esploderà fra 45 minuti”. Poco prima delle 6, infatti, dopo che la polizia aveva già bloccato l'area, è avvenuta l'esplosione. Sulla televisione privata Skai, il portavoce del governo, Simos Kedikoglou, ha detto che “i terroristi non raggiungeranno il loro obiettivo”. Quattro anni di recessione, due salvataggi dopo, e la Grecia torna a riaffacciarsi sul mercato obbligazionario a medio e lungo termine. Un debito, quello greco, molto appetibile come dimostra il calo del decennale, che mercoledi è sceso sotto il 6% per la prima volta dall'inizio del tracollo, maggio 2010. Una ripresa nonostante il 170% del rapporto debito/Pil. Ad oggi l'80% di quel debito è in mano all’Europa: Atene non dovrà iniziare a ripagarlo fino almeno al 2022, a tassi bassi (2%) e con la possibilità di rivedere i termini se necessario. Francesca Ceccarelli 6 Venerdì 11 aprile 2014 Roma ENNESIMO WEEKEND AD ALTA TENSIONE. SORVEGLIATE SPECIALI LE SEDI DEI MINISTERI Paura per il corteo antagonista Roma si prepara all’ennesimo sabato di proteste. Si temono le incursioni dei black bloc di Giuseppe Sarra eekend ad alta tensione nella capitale. Ad agitare le acque del Tevere, la manifestazione nazionale di sabato delle realtà antagoniste. Le stesse che il 21 ottobre scorso si resero autrici, insieme alle frange estreme di sinistra e agli attivisti No Tav, di molti scontri con le forze di polizia che presidiavano i punti ritenuti sensibili. Si temono, nella fattispecie, i black bloc che – come spesso accade nel corso di queste proteste – entrano in campo quando il corteo ha già iniziato la sua marcia verso la meta. E’ stata comunque una settimana all’insegna di episodi di violenza che non presagiscono nulla di buono in vista del corteo di domani. Prese d’assalto, in poche ore, le sedi del gruppi consiliari capitolini del Partito democratico e di Sinistra Ecologia e Libertà. Un messaggio che non ammette altre interpretazioni: i movimenti per la casa, da sempre vicini alla sinistra italiana, che nel corso degli anni hanno potuto beneficiare di decine e decine di immobili di proprietà comunale, si sono ribellati. Non sono state mantenute le promesse della campagna elettorale? Chissà. Un altro episodio ha comunque scosso i movimenti all’indomani dell’insediamento del chirurgo genovese. La giunta Marino è stata oggetto di pesanti critiche dalla sinistra W romana soprattutto dopo l’uscita di scena dall’Aula Giulio Cesare del consigliere capitolino Andrea Alzetta, detto Tarzan, candidato nelle file del partito di Nichi Vendola, non ammesso dall’ufficio elettorale centrale a causa di una condanna definita con pena sospesa per il reato di violenza aggravata. Di lì centinaia di manifestazioni ai piedi del Campidoglio per rivendicare il diritto all’abitazione. Polemiche cavalcate anche dal capogruppo Peciola, che inspiegabilmente è sempre tornato sui suoi passi. Una situazione incandescente, quella a ventiquattro ore di distanza dal corteo antagonista. Una città militarizzata: saranno impiegati centinaia di poliziotti. Ispezionati, in particolare, i tombini, le siepi, i cassonetti del- l’immondizia e le strade lungo il percorso della manifestazione. Osservati speciali, i ministeri. Sui siti d’area le varie frange si sono date appuntamento in due dei luoghi divenuti ormai il simbolo delle proteste: piazzale Aldo Moro, davanti l’Università La Sapienza, dove l’incontro è fissato per le 12, e piazzale di Porta Pia. Da qui, alle 14, si muoverà il corteo che do- vrebbe arrivare a piazza San Giovanni per un’ “acampada”. Quest’ultima anticipata di ben due giorni. Da ieri, infatti, alcuni manifestanti hanno preso il possesso di Porta Pia. Il corteo, tuttavia, sfilerà lungo piazza Fiume, via Piave, via XX Settembre, Largo Santa Susanna, via Barberini, piazza Barberini, via Veneto, via del Tritone, via del Traforo, via Milano, via Nazionale, Piazza della Repubblica, via Einaudi, viale de Nicola, via Solferino, Piazza Indipendenza, via San Martino della Battaglia, viale Castro Pretorio, via del Policlinico per poi tornare a Porta Pia. Ad essere preoccupati, in particolare, i commercianti.Vittime, negli ultimi anni, di danneggiamenti, furti e saccheggi. Chiuderanno così, in concomitanza con la manifestazione, i negozi. “Pur nella consapevolezza che il manifestare è un diritto di tutti – lamenta il presidente di Federmoda Roma De Toma - anche noi vorremmo lo stesso diritto di lavorare”. Gli esercenti lanciano dunque un messaggio al sindaco Marino di trovare percorsi alternativi affinché si individuino percorsi alternativi per poter consentire ai cortei di sfilare senza arrecare disagi. A rischio anche il traffico. In difficoltà pure cittadini e pendolari, molte le corse deviate e le stazioni metro chiuse. E così Roma si prepara ad un altro sabato di proteste. ANGOSCIA TRA I DIPENDENTI DELLE MUNICIPALIZZATE Esuberi in Atac, avanti il prossimo L’azienda: “Ridurre i costi e migliorare l’organizzazione delle risorse umane”. Le opposizioni annunciano battaglia Atac si ridisegna e annuncia 323 esuberi. “Dobbiamo ridurre i costi e migliorare l’organizzazione delle risorse umane”. Questa la motivazione dell’agenzia con la prospettiva di un reimpiego, ad esempio, come controllori sui mezzi pubblici o vigilantes nelle stazioni delle linee delle metropolitane. Il che in soldoni può essere tradotto soltanto con poche parole: mobilità, prepensionamenti o – addirittura – licenziamenti. L’azienda ha comunque spiegato che tali difficoltà sono figlie della “situazione economico-finanziaria che ha investito la società negli ultimi quattro anni”, che hanno visto perdite per 319 milioni nel 2010, 179 milioni nel 2011, 156 milioni nel 2012 e risultato negativo in fase di predisposizione del bilancio anche nel 2013. Da ricordare, inoltre, la fusione di Trambus spa e Metro spa che ha determinato il nuovo scenario di trasformazione organizzativo-produttiva in cui Atac si trova oggi ad operare. Mentre le forze politiche di opposizione hanno già annunciato che si opporranno alla mobilità dei dipendenti, la maggioranza di centrosinistra, sempre più litigiosa, si mostra divisa anche questa volta. L’assessore alla Mobilità, Guido Improta, L’ ha già annunciato la necessità di “ridurre il numero dei dipendenti e fare in modo di valorizzarli”. Ma come? Non si sa. Sull’ipotesi del bigliettaio a bordo dei bus, rispetto a quanto ipotizzato, Improta ricorda che “c’è stata anche una mozione approvata a larghissima maggioranza in consiglio comunale. Il pro- blema è che si scontra con la sostenibilità economico-finanziaria”. Sempre lì il punto. Quale sarà il futuro dei 323 lavoratori? La sinistra capitolina troverà una soluzione per far sì che non vengano meno pure quei valori che hanno sempre decantato in campagna elettorale? Oppure continueranno ad addossare le colpe (e sfuggire dalle proprie responsabilità) sulla passata amministrazione, dimenticando che prima di Alemanno la sinistra romana ha guidato la capitale per ben 15 anni grazie al duo RutelliVeltroni? Intanto, mentre decine di comunicati e note stampa hanno trovato spazio sulle agenzie, nella tarda serata di ieri l’azienda ha tenuto a precisare che è pronta ad un confronto tra le parti interessate. “Sono oggi 11.613 i dipendenti di Atac, impegnati sui diversi fronti. Di questi 1.627 sono amministrativi, ed è su questo macro profilo che, a seguito di analisi di benchmarking condotte dall’azienda, si sono evidenziati gli esuberi: 312 si riferiscono ad Atac, a cui si aggiungono 8 esuberi in Atac Patrimonio e 3 in Ogr (Officine grandi revisioni). Si tratta di circa il 20% dell’area degli amministrativi”. Brillantemente, invece, il coordinatore della maggioranza Fabrizio Panecaldo preannuncia cosa accadrà con il tanto decantato Salva Roma: “La ristrutturazione aziendale di Atac rappresenta un passaggio doloroso ma inevitabile per salvarne le sorti”. Oltre a ricordare il difficile compito a cui è stato chiamato l’assessore Improta, in un momento difficile dal punto di vista economico per la citta e il Paese tutto, e in presenza dei vincoli stringenti stabiliti dal decreto Enti locali, l’amministrazione sta tentando “di dare l’unica risposta in grado di assicurare la continuità del servizio ed il mantenimento degli attuali livelli occupazionali dell’azienda”. L’Atac è la prima vittima. Tra qualche giorno, sarà la volta delle altre aziende. Intanto sale la tensione tra i dipendenti delle municipalizzate. G.S 7 Venerdì 11 aprile 2014 Da Roma e dal Lazio SAN FILIPPO NERI: SEGNALI DI SPERANZA PER EVITARE IL DECLASSAMENTO DEL REPARTO DI REUMATOLOGIA “La regione dimostri umanità” Dopo gli appelli di Francesco Storace al governatore Zingaretti, la giunta torna sui suoi passi e apre le porte all’opposizione per trovare una soluzione comune uone notizie dall’aula della Pisana sulla vicenda riguardante la cancellazione dall’elenco dei centri abilitati alla prescrizione dei farmaci biologici per il trattamento dell’’artrite reumatoide (Progetto Antares) del reparto di reumatologia del San Filippo Neri. Il presidente Zingaretti, intervenendo in aula per rispondere all’interrogazione presentata dal capogruppo de La Destra, Francesco Storace, ha dichiarato che lunedì prossimo ci sarà un incontro in tra i vertici del nosocomio, la regione Lazio e le associazioni dei malati di artrite per affrontare la grave situazione in cui versa il reparto di reumatologia. Si apre, quindi, una speranza per i malati di artrite reumatoide. Si evince dal dibattito avvenuto nella giornata di ieri in Consiglio Regionale. “E’ indubbio – ha dichiarato Storace dopo l’impegno preso da Zingaretti nella replica, di convocare un tavolo per risolvere il problema – che la sua risposta è meno burocratica B di quella che danno gli uffici. Non so se esiste l’istituto del rinvio della soddisfazione, saremo completamente soddisfatti se alle parole seguiranno i fatti”. La vicenda del San Filippo Neri non è una vicenda di parte. Se ne sono occupati i consiglieri regionali di tutti gli schieramenti (citiamo Agostini e Palozzi su tutti), se ne sono occupati i cittadini sui social network . La pagina facebook aperta per discutere su questo argomento è seguita da oltre 15.000 persone. “L’interrogazione è stata l’occasione – ha replicato Zingaretti nel dibattito alla Pisana – utile per riaccendere i riflettori su un tema che non può essere affrontato dal punto di vista esclusivamente amministrativo. Ci troviamo in uno di quei casi per cui non bisogna mai dimenticarsi che dietro le norme e i provvedimenti c’è la vita, la sofferenza e le patologie di tantissime persone”. Dopo la discussione in Aula, il capogruppo Storace ha diramato una nota sull’argomento: “Zingaretti ha in mano la carta per riaprire la speranze per i malati di artrite reumatoide del San Filippo Neri. Spero che alle parole di oggi in risposta alla mia interrogazione, seguano fatti concreti. La salute non e' un costo, ma un diritto, resti in piedi il reparto di reumatologia dell'ospedale: lo chiedono i malati e consiglieri regionali di ogni schieramento a partire dai colleghi Agostini e Palozzi”. Storace ha poi concluso: “La regione dimostri umanità”. Daniele Belli TENSIONI TRA LA REALTÀ DI VIA GROTTA PERFETTA E L’ASSESSORE ALLA FAMIGLIA CATTOI La giunta Marino sfratta la Comunità giovanile Scatta la protesta degli operatori davanti la sede di via Capitan Bavastro omunità giovanili – promosse dalla giunta Storace - sotto attacco. Desta forte perplessità la decisione dell’assessorato alla Famiglia e all’Infanzia del Campi- C doglio, guidato da Alessandra Cattoi, di smantellare la struttura di via Grotta Perfetta, che da anni offre servizi ai giovani e alle famiglie capitoline, in particolare del quar- tiere Roma 70. I funzionari del dipartimento capitolino avevano già avvisato i responsabili del centro di riconsegnare le chiavi dell’immobile, prevista per oggi alle 12, non escludendo l’ipotesi di uno sgombero forzato da parte delle forze dell’ordine. Un provvedimento dalla forte puzza di bruciato. Almeno stando a quanto denuncia la Comunità giovanile di Roma che ha organizzato ieri un sit-in, davanti la sede dell’assessorato in via Capitan Bavastro, per manifestare contro questa disposizione. Una protesta dall’alto gesto simbolico. I ragazzi della struttura, infatti, si sono incatenati dinanzi la casa amministrativa della Cattoi. Gli operatori non ci stanno a vedersi “sottrarre” l’immobile. “Tutto questo per far spazio ad un affidamento diretto (senza bando pubblico) della struttura a delle associazioni che si occuperanno di realizzare uno sportello antiviolenza in emergenza SOS donna H24. Checché se ne dica, il casale di fatto verrà chiuso alle attività aperte al quartiere – attaccano gli operatori - perdendo la sua funzione di punto di riferimento e punto d’aggregazione, come lo è stato fin ora, per giovani e famiglie. Non possiamo accettare che possa essere chiuso uno spazio di così fondamentale importanza per il quartiere”. La Comunità giovanile di Roma chiede infatti che “venga indetto quanto prima un bando pubblico che ristabilisca le giuste modalità di utilizzazione dei beni pubblici da parte di Roma Capitale e che, soprattutto, rispecchi le reali esigenze e necessità del quartiere”. L’assessore capitolino Cattoi, dal canto suo, snobba la proposta e la manifestazione degli operatori, definendola “pretestuosa” perché l’affidamento del casale è “scaduto lo scorso 3 febbraio. È stato poi concesso da questo assessorato un ulteriore periodo di tempo, fino al 19 marzo, per liberare i locali”. La legge non ammette ignoranza, secondo l’esponente del Pd: “A Roma tutti devono rispettare le regole. Auspico quindi che vengano restituite le chiavi senza ulteriori contrasti, in modo da consentire il riutilizzo del casale per le finalità stabilite da Roma Capitale in osservanza della normativa vigente”. Peccato, però, che il Campidoglio, qualora corrispondesse a verità la ricostruzione degli operatori, non abbia indetto un bando per l’affidamento della struttura di via Grotta Perfetta. Una scelta che lascia più di qualche dubbio. Giuseppe Sarra PRESENTATO ON LINE SUL PROFILO FACEBOOK DI UN ESPONENTE DEL PD IL NUOVO STEMMA DEL MUNICIPIO La Decima Mas sbarca ad Ostia. Con un logo Numerosissimi i commenti allarmati e molto critici dei cittadini: “E’ un simbolo fascista!” l decimo Municipio di Roma, quello della zona di Ostia, ha indetto un bando per cambiare il proprio logo. L’idea scelta, realizzata dagli studenti del corso per grafici dell’Istituto Carlo Urbani, è stata messa in rete da Andrea Storri, assessore al bilancio del Parlamentino guidato da Andrea Tassone (Pd), che ha chiesto ai cittadini che lo seguono sul suo profilo facebook di esprimersi con apprezzamenti e commenti. Un simbolo semplice, in bianco I e nero, che riproduce alcune onde marine con il numero romano corrispondente al dieci e un semicerchio a simboleggiare un quarto di luna. Il malcapitato e solerte assessore non immaginava certo l’infuocatissima polemica sorta attorno al logo proposto, che peraltro dovrà essere approvato dal consiglio. Il commento più tranquillo è quello di chi lo ha definito “mostruoso e orribile”. Altri (la maggioranza) hanno attribuito al disegno l’odiosa ed odiata capacità di evocare simbologie fasciste: “Sembra il logo della X Mas”, “E’ lo stemma del fascio”, “Ha il sapore dell’Istituto Luce” hanno scritto. E queste sono solo alcune delle frasi che hanno intasato la bacheca on line di Storri. Al punto da costringere alcuni consiglieri a precisare che si tratta soltanto di una bozza, che nella versione definitiva sarà a colori e con alcune modifiche richieste ma non ancora effettuate. Qualcuno ha addirittura ironicamente ipotizzato che il post dell’assessore Storri con il nuovo logo potesse essere un più o meno riuscito pesce d’aprile arrivato in ritardo. In realtà in questa vicenda l’unico vero scherzo, a ben vedere, sembra essere l’inconsulta ed incondizionata capacità di certi tipi sinistri di vedere presunti ossessionanti fantasmi del passato anche dove davvero non ce ne sono. Un’ulteriore dimostrazione della loro esistenza di riflesso. Che, se non ci fosse da piangere per la serietà con cui la vivono, sarebbe vera- mente degna del più titolato e divertente cabaret. Cristina Di Giorgi 8 Venerdì 11 aprile 2014 Dall’Italia CONTINUANO GLI SBARCHI E CRESCE L'ALLARME SANITARIO L’emergenza immigrazione tra fughe e ebola Decine di stranieri scappati dal centro di Catania dove erano stati ospitati appena portati a terra. I microbiologi dell’Amcli danno l’allarme: “Il virus non si è fermato ai villaggi rurali, ma ha iniziato a diffondersi” uovi arrivi, morti, fughe e l’ombra dell’ebola. Basta analizzare gli eventi per capire come l’Italia stia rispondendo all’emergenza immigrazione appena iniziata. Ancora sbarchi, ancora un morto – Le carrette del mare continuano a raggiungere le nostre coste. Oltre un migliaio gli stranieri tratti in salvo giovedì dalle unità della Marina e della Guardia costiera; arrivi che fanno salire a 20mila il numero delle persone soccorse dall’inizio dell’operazione Mare nostrum, a metà ottobre. Nel dettaglio, sono 300 gli immigrati, tutti di origine sub-sahariana, sbarcati all’alba di ieri nel porto di Catania dopo essere stati salvati da una petroliera, tra loro anche un cadavere (l’uomo è stato trasferito in obitorio in attesa dell’autopsia disposta dalla procura). A Pozzallo (Ragusa) dopo i 261 clandestini arrivati mercoledì pomeriggio e altri 199 l’altra notte, un’altra imbarcazione con oltre 200 stranieri è entrata in rada nella tarda mattinata di ieri. La Marina Militare è stata impegnata in sei operazioni di salvataggio: tra l’altro, la fregata Euro ha soccorso un barcone con circa 450 profughi, la fregata Zeffiro ne ha assistito uno con 150, il pattugliatore Foscari ne ha salvati circa 220 e la corvetta Urania un centinaio. E sono 361 i immigranti sbarcati nella notte tra mercoledì e giovedì al molo Colapesce di Messina. Una barca a vela con a bordo circa 50 immigrati è stata invece intercettata da due motovedette della Guardia costiera di Roccella Jonica al largo N di Riace, nel Reggino. Le continue fughe – Insomma una folla di disperati che vedono l’Italia semplicemente come ponte tra l’Africa e l’Europa. Il punto di arrivo degli stranieri infatti non è di certo il bel paese ma gli stati più a nord del vecchio continente, località che vogliono raggiungere al più presto per iniziare la loro nuova vita. Sono infatti frequenti le fughe dai centri. Preoccupante quella di massa che già da ieri mattina si è registrata dalla struttura di accoglienza allestita a Catania. Decine di immigrati, infatti, alcuni dei quali sono sbarcati l’altra notte e altri sono trasferiti in precedenza da Lampedusa, sono fuggiti sono dal Palaspedini di Catania, la struttura sportiva dove sono provvisoriamente alloggiati i profughi arrivati nelle ultime ore. Alcuni di loro hanno chiesto ai passanti indicazioni per raggiungere la stazione centrale. La tratta degli esseri umani, arrestati scafisti - Tutto questo mentre le forze dell’ordine stanno mettendo in campo tutte le loro conoscenze investigative per combattere la “tratta di esseri umani”. Polizia e Finanza di Roccella Jonica hanno fermato ieri due egiziani accusati di essere gli scafisti dell’imbarcazione soccorsa mercoledì al largo delle coste calabresi dalla guardia costiera con 236 immigrati egiziani e siriani, tra i quali 146 uomini, 18 donne e 72 minori. Inoltre, tra i circa 1.200 stranieri sbarcati mercoledì sera dalla nave anfibia San Giorgio ad Augusta, sono stati identificati e fermati dall’autorità giudiziaria altri quattro presunti scafisti: un tunisino, un sudanese e due somali. Infine, soggetto a misura cautelare anche un nigeriano di 24 anni, Oris Wright, ritenuto lo scafista di uno degli sbarchi a Pozzallo. Intanto è allarme ebola – Una pre- occupa l’epidemia di Ebola in corso in Guinea. “Sarebbe bene che anche l’Italia iniziasse ad attivare misure di attenzione negli aeroporti e nei centri di prima accoglienza” affermano allarmati i microbiologi dell’Amcli, ricordando come il codice rosso sia già scattato negli aeroporti europei di Parigi, Bruxelles, Madrid, Francoforte e Lisbona, principali scali dei voli provenienti dall’Africa. “Questa è la vera novità rispetto ai passati 40 anni di piccole epidemie – spiega Pierangelo Clerici, Presidente Amcli – purtroppo questa volta il virus non si è fermato ai villaggi rurali, ma ha iniziato a diffondersi in un grande centro urbano dove vivono due milioni di persone e si tratta del ceppo più aggressivo (ceppo Zaire). L’isolamento dei casi non basta, è fondamentale tracciare la catena di trasmissione. Tutti i contatti dei pazienti che potrebbero essere stati contagiati – spiega ancora l’esperto dovrebbero essere monitorati e isolati al primo segno dell’infezione. L’Italia non ha voli diretti con le capitali dei Paesi attualmente coinvolti dall’epidemia; se da una parte è positivo, dall’altra è un fattore di difficoltà poiché passeggeri infetti potrebbero arrivare dagli scali europei”. Il virus Ebola si contrae attraverso il contatto diretto con persone e animali infetti e tramite sangue, urine, latte materno. Non si conosce ancora con certezza il serbatoio animale, ma sembra che il pipistrello sia il più probabile. Dopo un periodo d’incubazione che va dai 2 ai 21 giorni, il virus causa una febbre violenta, mal di testa, dolori muscolari, congiuntivite e fiacchezza generale, sintomi che molto spesso fanno pensare alla malaria e fanno iniziare il trattamento col chinino. In un secondo momento, il paziente ha vomito, diarrea e talvolta rash cutaneo. Il virus si diffonde nel sangue causando problemi di coagulazione ed emorragie gravissime. Familiari e operatori sanitari che curano i pazienti sono a elevato rischio di contrarre l’infezione. E mentre alcune compagnie aeree chiedono un certificato sanitario redatto da un medico del posto prima di consentire ai passeggeri africani di salire a bordo di qualsiasi velivolo in partenza per l’Europa le forze italiane prelevano gli immigrati, che potrebbero essere infetti addirittura a “casa loro”. Miriana Markovic BONDENO DI GONZAGA, NEL MANTOVANO – LUDOPATIA KILLER Malato d’azzardo, si uccide padre di famiglia Il 34enne, che aveva due bambine, si è dato fuoco all’interno della sua auto dopo aver passato la notte in macchina a causa di un litigio. Dietro la tragedia il vizio del gioco udopatia killer. Ci sarebbe infatti il vizio del gioco dietro alla morte di un 34enne. L’uomo, D.L. le sue iniziali, è stato trovato carbonizzato a Bondeno di Gonzaga, nel Mantovano, accanto a una Fiat Punto, anch’essa bruciata.L’auto era al lato di strada Albareda, in aperta campagna, vicino all’autostrada del Brennero. L’uomo, residente a Gonzaga, dove viveva con la compagna e le loro due bambine, si è dato fuoco ieri mattina dopo essersi cosparso di liquido infiammabile a bordo della sua auto. Le fiamme e il fumo alzatisi hanno attirato l’attenzione degli automobilisti di passaggio sulla vicinissima autostrada e degli stessi addetti dell’A22, che hanno avvertito i carabinieri. Sul posto, oltre ai militari, sono arrivati anche i L vigili del fuoco, ma l’auto era ormai quasi completamente bruciata. Appena fuori, il corpo senza vita dell’uomo, anch’esso carbonizzato. Dopo una rapida indagine sull’identità della vittima, tutto fa propendere per un gesto volontario. Il fatto che l’uomo fosse fuori dall’auto, farebbe pensare a un tardivo ripensamento, quando ormai il fuoco l’aveva già avvolto. Come spiega il sito locale del “Corriere della Sera” si sarebbe ucciso dopo avere accompagnato a scuola il figlio maggiore, di 9 anni (la più piccola ne ha 5), con il quale, dice qualcuno, avrebbe trascorso la notte in auto, forse dopo un litigio in famiglia che potrebbe essere nato proprio da quel suo vizio che sarebbe all’origine della tragedia. L’uomo pare infatti avesse un lavoro stabile ma una debolezza, anzi una malattia, che avrebbe mandato in pezzi i ponti con chi lo amava: il videopoker. Proprio a Bondeno si è deciso per l’esenzione dalla Cosap per i bar che rinunciano alle macchinette. “È poca cosa – spiega il sindaco Claudio Terzi – ma è un segnale. Lo Stato dovrebbe rendersi conto di questo problema. Da un’indagine delle Acli qui in paese è emerso che in un anno, in un Comune piccolo come il nostro (circa 9 mila abitanti, ndr), si bruciano con il gioco circa 2 milioni di euro”. L’uomo, descritto dai vicini come riservato e solitario, non era seguito dai servizi sociali del Comune di Gonzaga, che pure ha messo in atto una serie di iniziative per contrastare la ludopatia. Partendo, ad esempio, dal- l’esenzione dalla Cosap per i bar che rinunciano alle macchinette. “È poca cosa - spiega il sindaco Claudio Terzi - ma è un segnale. Lo Stato dovrebbe rendersi conto di questo problema. Da un'indagine delle Acli qui in paese è emerso che in un anno, in un Comune piccolo come il nostro (circa 9 mila abitanti, ndr), si bruciano con il gioco circa 2 milioni di euro”. Carlotta Bravo 9 Venerdì 11 aprile 2014 Dall’Italia GROSSETO – ALL’INDOMANI DELLA DECISIONE DEL TRIBUNALE Nozze gay, la procura impugna la sentenza Il giudice ha ordinato al Comune di trascrivere le nozze di due omosessuali. Insorgono i vescovi: “con la decisione rischia di essere travolto uno dei pilastri fondamentali dell’istituto matrimoniale” di Barbara Fruch on è di certo passata inosservata la decisone del Tribunale di Grosseto che ha ordinato al Comune “di trascrivere nei registri di stato civile il matrimonio” fra due uomini, italiani. Una novità che non è stata ben vista dal procuratore capo di Grosseto, Francesco Verusio, il quale ha annunciato che impugnerà la sentenza. “Per fortuna – ha detto – esiste una sentenza della Cassazione che dice chiaramente che non si può fare. Stiamo predisponendo le motivazioni della nostra impugnazione in appello che sarà fatta il prima possibile”. Giuseppe Chigiotti e Stefano Bucci si sono sposati il 6 dicembre 2012 a New York. L’11 giugno 2013 la coppia aveva presentato all’Ufficiale di Stato Civile di Grosseto un’istanza per procedere alla trascrizione nel Registro degli atti di matrimonio. L’ufficiale si era però rifiutato con un provvedimento nel quale aveva evidenziato il “contrasto con la normativa vigente sia di rango costituzionale che ordinaria in quanto l’istituto del matrimonio nell’ordinamento giuridico italiano è inequivocabilmente centrato sulla diversità di sesso dei N coniugi”. A quel punto i due uomini hanno presentato ricorso al Tribunale di Grosseto, ricorso che viene notificato al Comune il 12 marzo di quest’anno. Con la sentenza di mercoledì il tribunale di Grosseto ha ordinato all’ufficiale di stato civile del Comune di Grosseto di trascrivere nei registri di stato civile il matrimonio. Secondo il giudice, nel codice civile “non è individuabile alcun riferimento al sesso in relazione alle condizioni necessarie” al matrimonio. Si tratta del primo caso in Italia che non ha mancato di sollevare polemiche in particolare dalla Chiesa. BREMBATE DI SOPRA OmicidioYara: il dna è del figlio dell’autista Confermata l’ipotesi dello scorso ottobre, adesso si tratta di dare un nome e un volto all’assassino volta definitiva nelle indagini sul caso dell’assassinio della giovane Yara Gambirasio: ad uccidere la ragazzina di Brembate di Sopra è stato il figlio dell’autista di Goro, il dna corrisponde. Il raffronto è stato effettuato dall’anatomopatologo Cristina Cattaneo e mette la parola fine alle perplessità. Infatti il dato conferma ciò che già le indagini precedenti avevano indicato. Ciò che resta da scoprire è la sua identità: Giuseppe Guerinoni è il padre dell’assassino di Yara, restano da svelarne il nome e il volto, trattandosi di un figlio illegittimo. L’autista di Gorno era morto nel 1999: il dna è stato prelevato dal femore di Guerinoni dopo la riesumazione del 7 marzo 2013 e la compatibilità del suo dna con quello del sangue rinvenuto sul corpo di Yara corrisponde al 99,99999987 per cento, praticamente una certezza. I risultati dell’indagine sul dna nei prossimi giorni passeranno al vaglio del pm Letizia Ruggeri, titolare del caso, che attende anche i risultati di altre due consulenze: devono infatti relazionare al pm gli esperti S del Centro di genomica traslazionale e bioinformatica dell’ospedale San Raffaele di Milano, che stanno verificando la correttezza della sequenza del dna del cosiddetto “ignoto 1”, e Carlo Previderè, ricercatore del dipartimento di medicina legale e scienze forensi dell’Università di Pavia, che ha proceduto all’analisi di quanto rinvenuto sugli indumenti di Yara: capelli, formazioni pilifere e tessuti non appartenenti alla vittima. Grazie a questi esami si potrà, probabilmente, circoscrivere l’attenzione a gruppi etnici di appartenenza e all’individuazione di profili genetici precisi. Le indagini dunque proseguiranno con la ricerca della madre: potrebbe trattarsi di una donna della Val Seriana con la quale Guerinoni aveva avuto una relazione extraconiugale. E.M. La decisione ha fatto insorgere infatti i vescovi della Conferenza episcopale italiana (Cei). La sentenza, secondo gli altri prelati, “suscita gravi interrogativi” e rappresenta una “pericolosa fuga in avanti”. “Come Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana – si legge in una nota – riteniamo che (al di là degli aspetti tecnici da approfondire adeguatamente in tutte le sedi competenti) sia doveroso da parte nostra sottolineare alcune questioni di fondo. Con tale decisione rischia di essere travolto uno dei pilastri fondamentali dell’istituto matrimoniale, radicato nella nostra tradizione culturale, riconosciuto e garantito nel nostro ordinamento costituzionale. Il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna, che in forma pubblica si uniscono stabilmente, con un’apertura alla vita e all’educazione dei figli. Il tentativo di negare questa realtà per via giudiziaria rappresenta uno strappo, una pericolosa fuga in avanti di carattere fortemente ideologico. In tal modo perfino si riducono gli spazi per un confronto aperto e leale tra le diverse visioni che abitano la nostra società plurale”. E mentre le associazioni gay esul- tano, felici di essere riusciti, ancora una volta, a minale la famiglia tradizionale, il Comune si prepara a mettere in pratica la sentenza. “Il Comune di Grosseto si adeguerà da subito alle decisioni del tribunale senza alcuna opposizione – spiega il sindaco Emilio Bonifazi – Finalmente arrivano indicazioni chiare ed inequivocabili sulle modalità alle quali gli ufficiali di stato civile devono attenersi di fronte a richieste come quella formulata da Giuseppe e Stefano. D’altra parte non spetta ai singoli Comuni ma allo Stato emanare norme precise in materia. L’auspicio è che il Parlamento italiano arrivi presto ad una legge nazionale che possa finalmente fare chiarezza”. Ma in Italia la legge è chiara. Non sono legali i matrimoni omosessuali. Peccato che da ieri ci sia un precedente storico nel riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso in Italia. Una battaglia vinta dagli omosessuali che guadagnano ancora più campo andando a ledere il terreno della ormai “obsoleta” (a loro dire) famiglia tradizionale. Chissà se la Chiesa, a questo punto, saprà lottare per la vittoria di una battaglia: quella del sacro vincolo del matrimonio. NAPOLI – IL BUSINESS DELLA PROSTITUZIONE ORIENTALE Ancora massaggi hot “made in China” Sequestrato un centro di appuntamenti: all’interno si prostituivano giovani donne ncora un centro massaggi “a luci rosse” cinese, a Napoli. Dopo il sequestro, domenica scorsa, di un centro in via Galileo Ferraris, dove si prostituivano quattro donne orientali, questa volta è nel quartiere Vomero che dietro quello che pubblicamente si presentava come “L'Orientale relax” in realtà c'era una vera e propria casa chiusa. Il centro massaggi era stato inaugurato sei mesi fa: a scoprirlo sono stati i carabinieri della compagnia locale che hanno fatto irruzione sorprendendo la direttrice proprio mentre incassava cinquanta euro per una prestazione sessuale da un cliente, un impiegato 41enne del quartiere di Fuorigrotta. Ye Yinglan, cittadina cinese 42enne, è stata arrestata in flagranza di reato per favoreggiamento e sfuttamento della prostituizione. Denunciati in stato di libertà due suoi connazionali, la titolare 38enne e il marito 40enne. Approfondendo la situazione i carabinieri hanno accertato che i tre, a vario titolo, sfruttavano e favorivano la prostituzione di due connazionali, due donne di 44 e 34 anni, trovate nella struttura in abiti succinti. Rinvenuto dall’Arma anche il listini prezzi. Il locale è stato sequestrato insieme a 400 euro. L’arrestata e’ stata tradotta nella casa circondariale di Pozzuoli. Il 6 aprile i carabinieri del nucleo radiomobile di Napoli avevano scoperto un altro centro massaggi “a luci rosse” su via Galileo Ferraris dove si prostituivano quattro donne cinesi di età compresa tra i A 25 e i 43 anni. I titolari della struttura, due coniugi cinesi, erano stati arrestati per sfruttamento della prostituzione, sequestro di persona e riduzione in schiavitù perché i militari avevano accertato che le ragazze venivano costrette a permanere in una camera angusta, priva di servizi igienici e chiusa a chiave dai titolari. Un mercato quello della prostituzione che è stato ormai invaso anche dai cinesi, pronti a sfruttare giovani connazionali senza famiglia finite nella trappola della strada in cui i loro sfruttatori le hanno messe privandole dei documenti. In molti casi queste giovani hanno paura di denunciare la situazione in cui si trovano e i loro sfruttatori alla polizia per timore di incorrere nelle leggi antiprostituzione italiane. Norme che andrebbero cambiate per tutelare non solo le lucciole ma anche i clienti. Barbara Fruch 10 Venerdì 11 aprile 2014 Cultura I DESTINI OPPOSTI DI LUOGHI IN CUI LA VITA QUOTIDIANA DIVENTAVA ARTE Le Case-museo di due grandi futuristi L'abitazione romana di Balla resta chiusa. Quella di Depero a Rovereto è stata restaurata ed aperta al pubblico di Cristina Di Giorgi Bisogna fare della propria vita un'opera d'arte” diceva Gabriele D'Annunzio. Bisogna cioè fare in modo di tendere sempre verso la perfezione, dando il meglio di sé come fa o dovrebbe fare ogni artista al lavoro. L'arte come missione quotidiana insomma, nella costruzione di uomini nuovi, rivoluzionari in tutti i campi, fuori dagli schemi. Come i futuristi, il cui scopo principale era quello di abbattere regole e dettami che, a loro dire, ingessavano le varie espressioni artistiche e le rendevano qualcosa di stantio ed imbalsamato. Le loro case, essendo la loro missione permeata di slanci creativi quotidiani, divenivano quindi spesso e volentieri dei veri e propri musei sui generis. Non quelli che, come i futuristi stessi affermavano, ingabbiavano l'arte, ma luoghi di vivifica creazione, in cui dimorare esprimendo la propria vena artistica. Di particolare rilievo, in questo senso, le case-museo di Giacomo Balla e Fortunato Depero. L'appartamento del primo si trova a Roma, al quarto piano di una palazzina nel quartiere Prati. “Balla ci ha vissuto per trent’anni – scrive Simone Pellico su Il primato nazionale “ Casa di Balla – impregnandola dei suoi umori e delle sue essenze pirotecniche. Ne ha decorato pareti, mobili, utensili. Ha creato oggetti, arazzi, paralumi, paraventi, quadri e cornici, fiori, ceramiche, piastrelle e vestiti, fatti con materiali di scarto recuperati e rivitalizzati dal soffio dell’artista e delle sue collaboratrici particolari: le figlie Elica e Luce”. Un luogo insomma plasmato ad immagine e somiglianza di chi ci viveva dentro, della sua “Memorandum”: l'autodifesa di Robert Brasillach E' uscito, per la Medusa edizioni, lo scritto del letterato francese fucilato per “collaborazionismo” Amore e coraggio non sono soggetti a processo” diceva Robert Brasillach, lo scrittore messo alla sbarra nella Francia di De Gaulle e condannato a morte il 19 gennaio 1945. Non valsero a salvarlo dalla fucilazione (avvenuta il 6 febbraio dello stesso anno) nemmeno il suo indiscusso talento, riconosciutogli da tutti, e l'appello per la grazia sottoscritto da cinquantacinque intellettuali (tra essi Valery e Camus). Nulla fu in grado di evitare la morte ad un uomo che si difese strenuamente, con un “Memorandum” recentemente pubblicato dalla Medusa edizioni Brasillach fu insomma il simbolo di una categoria di artisti che, in quegli anni di guerra non solo militare, scelsero di schierarsi “dalla parte sbagliata”. E l'essere stato un “collaborazionista” lo rendeva un bersaglio perfetto della vendetta del neonato governo franco-alleato. La sua rassegnata consapevolezza di essere una “vittima annunciata” emerge chiarissima dalle parole dello stesso Brasillach, che nel “Memorandum” non rivendica apertamente le sue scelte politiche, ma non le rinnega e non se ne pente: “Non rimpiango le intenzioni che mi hanno spinto ad agire. Posso essermi sbagliato – queste le sue parole - come succede a tutti gli uomini, sui fatti o sulle persone ma mi dico che ci sono, in questo momento, dei giovani ragazzi e delle giovani donne che pensano con affetto a “ Casa di Depero arte ispirata al rinnovamento di ambienti ed idee. Arte che Balla ha voluto condividere, invitando tutti, attraverso il giornale “Roma futurista”, ad andarlo a trovare ogni domenica pomeriggio. A vedere la sua casa museo ci andarono in tanti, accolti da lui personalmente. Ed anche dopo la sua morte, l'appartamento rimase aperto, fin quando vissero le sue figlie. Poi solo annunci, ai quali non sono mai seguite le pro- messe riaperture. Nemmeno il vincolo che la Soprintendenza ha posto su “Casa Balla” è servito a riconsegnare il museo al pubblico. Sebbene infatti “il complesso dell'immobile costituisce una casa-studio che reca ancora traccia della personalità dell'artista”, destinata dallo stesso Balla allo scopo di “reinterpretare in chiave futurista anche gli spazi nei quali svolgeva la sua vita quotidiana” (come si legge nel decreto del 2004), le controversie legali tra gli eredi del grande futurista non hanno consentito allo Stato di acquistare l'immobile e farne finalmente e definitivamente un museo. Destino opposto quello della casa di Fortunato Depero a Rovereto, in cui l'artista proiettò, pur senza abitarci, il suo modo di intendere ed interpretare la vita. Aperta un anno prima della morte di Depero ma frutto di antecedenti e ripetuti passaggi (come la Depero's Futurist House a New York del 1929), la “Casa d'arte Futurista Depero” ha fortunatamente trovato nelle istituzioni comunali di Rovereto un'interfaccia attento e disponibile, “che ha continuato a credere nel progetto, fino al completamento dell’opera”, come sottolinea Pellico. Che ricorda tra l'altro che in occasione del centenario del futurismo il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto “ha dato vita ad un complesso restauro, recuperando le zone originali progettate dal futurista, completandole con due nuovi livelli ispirati direttamente al suo gusto. Dentro si muovono a rotazione circa tremila oggetti deposti da Depero come uova pasquali per la città, fra mobili, dipinti, disegni, mosaici, tarsie, grafiche e giocattoli”. IL DRAMMA, MUSICATO DA MARCO TUTINO SU COMMISSIONE DALL'OPERA HOUSE DI SAN FRANCISCO, ARRIVERÀ IN ITALIA NEL 2016 “La nuova Ciociara: la lirica che cambiò senso al capolavoro di Alberto Moravia” Le violenze dei “liberatori” bilanciate dalla fucilazione del personaggio maschile principale n libro, un film ed ora anche un'opera lirica. E' “La Ciociara”, che dopo il best seller di Alberto Moravia e la pellicola con cui Sofia Loren ha vinto l'Oscar, sta per approdare alla musica e al canto. Nicola Luisotti, direttore musicale dell'Opera House di San Francisco, ha infatti dato il via ad una nuova produzione, commissionata al compositore milanese Marco Tutino ed avente ad oggetto proprio la storia della Ciociara. La prima, già cartellone in America e prevista per giugno 2015, sarà diretta dall'ideatore del progetto e verrà presentata in Italia, al Regio di Torino, nella stagione successiva (2016 – 2017). Il titolo sarà “Two women”, lo stesso con cui, negli Stati Uniti, sono conosciuti sia il romanzo di Moravia sia il film di Vittorio De Sica. Una conformità che, stando ai dettagli che cominciano a diffondersi, sembra non riguardare anche alcuni rilevanti particolari della trama originale. Secondo le dichiarazioni rilasciate dal compositore Marco Tutino in un'intervista a “La Repubblica”, l'innovazione “più rilevante è l'introduzione di un personaggio che incarna il male”, ottenuta ampliando “un carattere che nel film era minimo: il carbonaio Giovanni, con cui Cesira aveva avuto un fugace rapporto”. E non è finita qui: nell'opera Giovanni, per gelosia, denuncia ai tedeschi Michele, l'intellettuale di cui Cesira si è innamorata, che viene fucilato contemporaneamente allo stupro della protagonista e di sua figlia. Lo sceneggiatore “Luca Rossi – ha detto Tutino al “Corriere della Sera” - ha fatto un ottimo lavoro di drammatizzazione, aiutandomi molto nel compito di scrivere un'opera all'italiana. Ha accentuato alcune U ciò che ho scritto. A quei giovani bisognerà indicare un altro nemico, quello che innalza “ovunque pali per la fucilazione dando al mondo stupefatto l’immagine di una Francia che non cerca la riconciliazione dei suoi figli”. Colpevole quindi. Reo di aver espresso opinioni polemiche che alcuni giudicarono “crimini contro l'umanità”. Posizioni non conformi alla logica dei vincitori, come quelle dei molti che, a destra, ne hanno fatto un'icona di libertà. Come Giorgio Almirante, che – ricorda Annalisa Terranova – è l'autore di una biografia del letterato francese descritto come “vittima dell’intolleranza contro la libertà degli ideali, in nome del quale invocare una riconciliazione nazionale difficile negli odi del dopoguerra”. CdG tinte della storia di Cesira e Rosetta e ha introdotto dei colpi di scena adatti al genere operistico. La nostra riduzione della Ciociara – ha aggiunto il compositore – è piaciuta molto alle eredi di Moravia, che hanno dato il loro assenso”. Ciò che lascia un po' perplessi, come sottolinea giustamente Annamaria Gravino nel suo articolo su “Il Secolo d'Italia”, è il fatto che “il male, che tanto serve all’opera, nel romanzo di Moravia e poi nel film di De Sica c’è già: è la guerra con le sue conseguenze, fra le quali stupro di gruppo subito da madre e figlia, che rappresenta insieme apice e punto di non ritorno. Tutta la nuova costruzione narrativa, almeno stando a quanto si intuisce dalle parole del suo autore, finisce così per stravolgere il senso della storia originale”. Al centro dell'attenzione infatti, non ci sono più “soltanto” gli orrori subiti dai più deboli e il tradimento delle loro speranze di pace: nella nuova “Ciociara” la violenza su Cesira e sua figlia, con tutte le sue drammatiche conseguenze, diventa infatti una parte del dramma, al quale è affiancato, con pari rilievo, l'omicidio per delazione di Michele. L'introduzione di questa novità però implica il “creare un bilanciamento artificioso alla 'marocchinata' che Moravia non aveva previsto” conclude la Gravino. E che, tra l'altro, non ha inficiato fama e riconoscimenti per un lavoro che, in versione originale, resta un grande capolavoro letterario e CdG cinematografico. 11 Venerdì 11 aprile 2014 Poltronissima IL FILM È INTERPRETATO DALL’ATTORE E DOPPIATORE FRANCESCO PANNOFINO “Il Pretore”: il ritorno di Giulio Base Si tratta di una buona trasposizione di un libro di Piero Chiara,“Il pretore di Cuvio”, del 1973 di Luciana Caprara ratto dal romanzo di Piero Chiara, “Il Pretore” porta sullo schermo i vizi dell’Italia post-guerra mondiale dove corruzione, abuso di potere, ricatti, sesso, menzogne e tradimenti fanno da cornice ad un tessuto sociale ormai decadente. Giulio Base firma la regia di un film descrivendo un protagonista pretore di una piccola provincia lombarda sul Lago Maggiore, donnaiolo e faccendiere, sempre più distratto nei confronti dei suoi impegni coniugali e del suo lavoro in pretura, a causa della sua passione per le donne e delle sue velleità. Il filo della trama corre diritto tra dramma, e commedia, su un equilibrio precario tra inquadrature ammiccanti che permeano lo schermo con piani sequenza in cui l’alternanza campo controcampo esalta i paesaggi del Lago Maggiore di un’Italia fascista. Base si mette alla prova sostenendo un buon uso della macchina da presa. Fotografia graffiante, scenografie fedeli all'Italia degli anni '30, rendono credibile il contesto. I personaggi sono ben caratterizzati mostrando fragilità e frivolezza. Il protagonista Pannofino sembra, in questo film, essere dotato di grande fisicità con un ruolo al di un sopra le righe, che pur si diletta nell'esercizio intellettuale come perfetta rappresentazione dell'abuso di potere. T La struttura romanzesca di Chiara regge anche bene i contraccolpi della resa filmica. Nato nel 1913 sul Lago Maggiore, Chiara fu uno di quei casi commerciali e critici che animò il panorama della letteratura italiana tra gli anni sessanta e ottanta. Astuto osservatore del mondo della provincia settentrionale, scrisse decine tra romanzi e racconti brevi, iniziando ad avere un successo di pubblico fuori dall’ordinario attorno ai 50 anni. Molte furono le trasposizioni cinetelevisive dei suoi romanzi come ad esempio: Venga a prendere il caffè da noi (1971), tratto da La spartizione, La stanza del vescovo (1976) e Il cappotto di Astrakan (1979). “L’unica soddisfazione è di carattere economico”, dichiarò lo scrittore luinese a metà anni ottanta, “Apprezzo quei registi come Lattuada o Risi che riescono a rispettare abbastanza lo spirito del libro, ma inevitabilmente ci sono cadute nell’erotismo che nelle mie opere non si trovano. Quando un uomo e una donna vanno a letto, io mi fermo fuori della stanza: lascio lì i miei personaggi. Il cinema invece entra nella camera, piazza la macchina da presa e ritrae tutto. Proprio tutto”. Al centro di ogni racconto di Chiara sono sempre emersi, richiamando un modello alla Balzac, atmosfere esistenziali in superficie ma segretamente devastate da passioni tumultuose. Così il regista Giulio Base ha saputo scegliere un romanzo che si districa su una trama a triangolo lui-lei-l’altro, l’abuso di potere, il perbenismo di provincia, la giustizia che non arriva mai e quando arriva non rappresenta mai la scelta più giusta, tutte tematiche più che attuali. Eppure arrivare a dirigere un film con queste caratteristiche diventa per Giulio Base quasi una sfida: “Curo la regia di Don Matteo da 10 anni”, spiega Base, “e ricevo un trattamento snobistico che trovo un po’ stupido dal cinema sedicente intellettuale un po’ come Chiara subì all’apice della sua carriera”. Ma alla fine, il risultato sembra aver confermato il gusto e lo stile del regista che con questo film, supera una prova abbastanza difficile. TRATTO DALL'OMONIMO LIBRO DI NICK HORNBY Comunque vada “Non buttiamoci giù” L’opera è prodotta da Amanda Posey (moglie dell’autore del best-seller) oco ritmato e stentato nella descrizione di storie e personaggi spesso incoerenti che si muovono in situazioni anomale, Non buttiamoci giù non solo non chiarisce il suo intento, ma cade spesso nelle trappole più rischiose tese da un argomento delicato quale quello che riguarda l'istinto suicida che poco si mescola ai toni della commedia. I quattro protagonisti sono uniti più che da un legame d’amicizia, da una comune volontà di farla finita in una notte di capodanno, paradossalmente felici e spensierati nell’interpretare i propri drammi o storie d'amore e tradimenti ricordando solo a tratti, di essere degli ex-suicidi. In effetti, il libro pubblicato nel 2005 è una sorta di diario, con protagonisti che narrano la propria esperienza in prima persona quindi, la strategia dello P sceneggiatore Thorne nell'adattamento, è stata quella di suddividere ogni storia in quattro capitoli differenti. Questa suddivisione, infatti, sembra essere solo un espediente per reggere il ritmo procedendo su una riflessione esilarante, come se si trattasse di una frammentazione voluta per agevolare soluzioni narrative che ben si sposino nonostante siano costruite su registri differenti. Ma in questo caso, il regista Pascal Chaumeil proprio non riesce a dosare i toni sfociando in un'esagerata esibizione di gioia di vivere, giustapposta a discorsi sul desiderio di morte. E come spesso avviene quando un film sbaglia totalmente tono, lentamente ogni sua singola componente sembra cedere artisticamente e così anche gli attori più navigati e le scene di sicuro impatto. Dalle musiche, alle battute fino anche allo stile di recitazione dei singoli attori, il film segue ampiamente i toni da commedia a fronte di una trama che invece imporrebbe una contaminazione più raffinata e meno urlata, sicuramente più riflessiva che non lasci troppo il posto ad una grossolana comicità. “Ho amato i libri di Nick, uno davvero importante nella mia vita è stato Alta Fedeltà, sia perché è un libro molto godibile e inoltre perché l’ho letto in un momento della mia vita in cui stavo vivendo una brutta storia d’amore”, afferma Chaumeil. “Ero disperato e, in quel momento, è stato un libro che mi ha davvero dato speranza”. Chaumeil aveva letto Non buttiamoci giù ma, ammirandone i forti sentimenti di speranza, di amicizia seppur in assenza di sentimentalismi scontati “Questo sarebbe un libro difficile da adattare … Ma quello che mi è piaciuto è l’impostazione così forte, il modo in cui questi quattro personaggi si conoscono a vicenda”. “L’approccio generale è stato quello di essere il più naturale possibile per cercare di mantenere le cose semplici, senza strafare”, aggiunge Chaumeil. “Biso- gnava ottenere uno spettacolo vero lasciando che la commedia o l’emozione scaturissero dalle situazioni senza mai spingere troppo. Ho cercato di trovare una buona energia tra i diversi personaggi e siamo stati fortunati perché i nostri attori sono stati fantastici”. Eppure, nonostante queste premesse il film sembra non essere proprio riuscito a soddisfare l’obiettivo del regista tanto da risultare obsoleto a causa di un registro narrativo tanto difficile da interpretare per il pubblico quanto per la critica. L.C. 12 Venerdì 11 aprile 2014 Sport IL CAPOLAVORO TATTICO DEL CHOLO E LA FINE DI UN’EPOCA TARGATA BARCELLONA. ADESSO MOU E GUARDIOLA TREMANO Immenso Simeone: un“gigante”alla guida dell’Atletico Idolo da giocatore, leggenda da allenatore, il tecnico dei “colchoneros” riscrive la storia - Oggi i sorteggi delle semifinali di Champions League, con Chelsea e Bayern che sperano di pescare il Real di Federico Colosimo na vittoria senza mezzi termini. Forte, voluta, decisa, meritata e caparbia. Un successo frutto di un gruppo eccezionale che lavora, suda e esprime un gioco fantastico. Un capolavoro di un tecnico che maniacalmente prepara e studia tutte le partite nel minimo dettaglio. Un’impresa targata Diego Pablo Simeone. Con cuore, orgoglio, organizzazione e merito, i colchoneros sono riusciti ad eliminare la corazzata del Barcellona di Messi, Neymar, Iniesta e Xavi. Che non mancava le semifinali di Champions League dal 2006-2007. Per i blaugrana è la fine di un ciclo meraviglioso. Certo, pensare di recitare il “de profundis” ad una formazione stellare, al comando della Liga spagnola, è forse un po’ azzardato. Ma la verità è una soltanto. L’ex squadra stellare di Guardiola, capace di dominare e “passeggiare” in tutti campi d’Europa, non c’è più. Quello che è certo, allo stesso tempo, è che il “Cholo” ha dimostrato a tutti come si può battere il Barcellona. Non soccombendo e neanche difendendosi. Ma attaccando, a testa alta, con un pressing asfissiante anche contro quella compagine stellare che per anni ha insegnato calcio a tutto il mondo, imponendo il proprio modello alla Nazionale spagnola, campione di tutto. Simeone non ha imitato nessuno, se non il suo modello. Con il suo staff non ha studiato come fare per giocare U contro il Barca, ma come fare per batterlo. Sul piano tattico, e non solo, l’idolo dei tifosi biancocelesti s’è mostrato un gigante in petto al “Tata” Martino. Riproponendo, dopo la sfida d’andata, la disposizione cortissima delle linee difensive. Mandando all’aria tutte le tattiche blaugrana. Con un pressing altissimo capace di far retrocedere una squadra nata per attaccare e im- porre il suo gioco. Il “tiki taka”. Forse per la prima volta nella storia degli ultimi anni, Messi e compagni sono stati costretti a giocare con retropassaggi, lanci lunghi e sbagliati. E ancora: cross a centro area velleitari, inutili. Ed è stata solo per pura sfortuna che la partita s’è conclusa con il minimo scarto (1-0). Solo pali e traverse hanno impedito nei primissimi minuti di gioco che il match si chiudesse subito sul tre o quattro a zero. Con il suo immancabile rosario sotto la cravatta e il suo abito sportivo, Simeone ha incitato i suoi uomini dal primo all’ultimo minuto. Incendiando il Vicente Calderon, con i tifosi impazziti di gioia e gli occhi gonfi di lacrime. Sinonimo di emozione, felicità. Il Cholo si gode la sua vittoria, la sua impresa me- ravigliosa, unica. Sapendo bene che il suo Atletico umile - come la sua sapiente guida -, coraggioso e determinato, non sarà facile da battere per nessuno. Né per i rivali storici del Real Madrid di Ancelotti né per il Bayern Monaco di Pep Guardiola. Tantomeno per il Chelsea di quel fantastico, eccezionale Josè Mourinho. Tutte squadre tecnicamente superiori, probabilmente, ma certamente con meno fame e voglia di vincere della splendida compagine biancorossa. Quarant’anni dopo la squadra “colchonera” torna in semifinale nella massima competizione europea. Oggi, a Nyon, i sorteggi. Sarà derby spagnolo? Alla sorte, l’ardua sentenza. L’Atletico Madrid, dopo aver mandato a casa la formazione più temibile al mondo, non ha paura di nessuno. E adesso gli allenatori di tutte le nazionali che parteciperanno ai mondiali brasiliani non potranno più sottovalutare la bravura di Simeone. Ogni volta che la truppa Simeone scenderà in campo, i CT saranno costretti a prendere foglio e penna. Per scrivere appunti. Perché la lezione tattica di Simeone ha indicato già a tutte le nazionali favorite alla vittoria finale la strada da percorrere per battere le Furie Rosse. La Spagna di Del Bosque campione in carica, che gioca esattamente come il Barcellona. Il Cholo, predestinato dalla nascita, ce l’ha fatta. E’ nell’Olimpo. Ma probabilmente, il bello deve ancora arrivare. BASKET Infermeria piena per la Virtus Roma Out Moraschini, Jones e Mbakwe - Problemi muscolari per i tre giocatori dell’Acea. Anticipata al 26 aprile la gara contro Pistoia di Fabrizio Cicciarelli omento no per l’Acea Virtus Roma, che oltre ad aver raccolto due sconfitte nelle ultime due gare contro Siena e Reggio Emilia si trova a fare i conti con un’emergenza infortuni. Sono ben tre i giocatori messi k.o da problematiche muscolari: Moraschini, Jones e Mbakwe. L’esterno ferrarese, rimasto a riposo nella sfida di ieri contro Reggio Emilia, è stato sottoposto a esami strumentali che hanno evidenziato uno stiramento di secondo grado del muscolo ileopsoas sinistro, che lo ha costretto a rinunciare alla convocazione alla SettimanAzzurra di Ancona e all’All Star Game per svolgere le necessarie terapie a Roma. Ancora incerti i tempi di recupero: la speranza è quella di averlo a disposizione per la trasferta di Sassari del 19 aprile, ma ogni valutazione sarà fatta in base all’evoluzione dell’infortunio, per consentire al giocatore di recuperare la giusta condizione. L’altro assente contro Reggio era Bobby Jones, che la scorsa settimana si era procurato una lesione di secondo grado M al bicipite femorale della gamba sinistra. Anche lui, protagonista suo malgrado della circostanza più complicata, sta effettuando delle terapie mirate per tornare in campo nel più breve tempo possibile. Meno critica la situazione di Trevor Mbakwe, che contro i reggiani è sceso in campo per 17’, visibilmente condizionato da una noia muscolare manifestatasi durante il riscaldamento pregara. Gli esami effettuati dallo staff sanitario della Virtushanno evidenziato una sindrome retto-adduttoria in fase di riacutizzazione, già accusata dal centro nigeriano nei giorni precedenti dalla gara contro Siena. Anche per lui niente All Star Game, ma riposo e terapie per cercare di far passare l’infiammazione e provare ad essere in campo già nella sfida di Sabato Santo. Intanto la partita tra Acea Virtus Roma e Giorgio Tesi Group Pistoia, inizialmente prevista per domenica 27 aprile, è stata anticipata a sabato 26 aprile ore 18.30,per facilitare l’afflusso al Palazzetto ai tifosi data la contemporanea cerimonia di canonizzazione dei beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.