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Recensioni
Convegni
Il genere epistolare: fonte rilevante per la ricostruzione
della storia del pensiero
Università degli Studi di Genova, Genova – 4 maggio 2016
Mercoledì 4 maggio 2016 ha avuto luogo presso l’Università degli Studi di Genova il Convegno intitolato Il genere epistolare: fonte rilevante per la ricostruzione
della storia del pensiero, organizzato in collaborazione con la Scuola di Scienze
Umanistiche, con il Dipartimento di Antichità, Filosofia, Storia, Geografia (DAFIST) e con la Sezione Ligure della Società Filosofica Italiana (AFL). Come si
potrebbe desumere dal titolo esso ha rappresentato l’occasione di presentare il
primo volume (volume n. 61) delle Lettere di Antonio Rosmini-Serbati nell’ambito
dell’Edizione Nazionale e Critica delle opere edite ed inedite (ENC) del filosofo di
Rovereto, curato da Luciano Malusa e Stefania Zanardi.
Ai saluti introduttivi del Preside della Scuola di Scienze Umanistiche, Michele
Marsonet, di Franco Montanari, Direttore del DAFIST, sono seguiti quelli di Letterio Mauro, Vice-Direttore del DAFIST, il quale ha messo in luce come il genere
epistolare si configuri quale fonte imprescindibile a cui abbeverarsi per comprendere in tutte le sue sfumature più profonde la personalità di un autore: ne sono un
esempio le lettere di Sant’Agostino.
Ha aperto i lavori del Convegno Pier Paolo Ottonello (Università di Genova),
il quale si è efficacemente soffermato sulla rilevanza e sull’esigenza non più preteribile di una nuova edizione dell’epistolario rosminiano, in grado di sostituire
quella Ottocentesca in 13 volumi (1887-1894). Quest’ultima, infatti, ha precisato
Ottonello, se pur per parecchi anni strumento prezioso e di riferimento per gli
studiosi rosminiani, risulta ormai inadeguata e superata sia per la sua incompletezza sia per l’assenza di un apparato critico e filologico. Dopo una serie di tentativi
non conclusi, a partire dal luglio 2010 si è costituito presso l’Ateneo genovese un
gruppo di lavoro diretto dallo stesso Ottonello (Direttore generale dell’Edizione),
Luciano Malusa (Direttore scientifico) e Paolo De Lucia (Coordinatore dell’apparato storico-testuale), sostenuto dalla Cura Generalizia dell’Istituto della Carità,
co-finanziato per due bienni (2010-2014) dalla Fondazione Cassa di Risparmio
di Trento e Rovereto (CARITRO), in collaborazione con le Università di Verona,
di Trento, con la Biblioteca di Casa Rosmini di Rovereto e con il Centro Internazionale di Studi Rosminiani di Stresa (CISR). I risultati del lavoro di pubblicare
con specifici criteri ad hoc l’epistolario del grande Roveretano si sono concretati
con il volume 61 dell’ENC (lettere comprendenti l’arco temporale che va dal 2
maggio 1813 al 19 novembre 1816, cioè fino alla vigilia dell’entrata di Rosmini alla
Facoltà di Teologia presso l’Ateneo patavino) e si concretizzeranno con il volume
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62 (lettere del 1816-1819), la cui uscita è prevista per la fine di agosto 2016. La
pubblicazione del volume 63 (lettere del 1820-1824), sempre per le cure di Malusa
e Zanardi, è attesa per l’anno 2017.
Dopo l’introduzione di Ottonello è intervenuto Stefano Verdino (Università di
Genova) che si è cimentato in un suggestivo raffronto tra le lettere di Rosmini e
quelle del coetaneo Giacomo Leopardi, lettere di due personalità diverse tra loro.
Se da un lato il lettore può rimanere affascinato dall’erudizione alquanto precoce
del giovane Leopardi, dall’altro egli può restare esterrefatto dall’ambiente familiare leopardiano poco equilibrato rispetto al clima tranquillo e lieto di casa Rosmini.
Non meno significativa e brillante è stata la presentazione di Paolo De Lucia
(Università di Genova) su un caso particolare di corrispondenza tra filosofi: il carteggio tra Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Pubblicato nel 2014 con il patrocinio di Natalino Irti e di Gennaro Sasso, per le cure di Cinzia Cassani e Cecilia
Castellani, esso copre il complesso e intenso quinquennio 1896-1900.
Ha terminato i lavori della mattina la pedagogista e psicologa Olga Rossi Cassottana (Università di Genova) con un intervento incentrato sui precoci ma spiccati
interessi del giovane Rosmini nei confronti delle tematiche pedagogiche che traspaiono nelle lettere del periodo ginnasial-liceale.
La sessione pomeridiana dell’incontro di studi, coordinata da Luciano Malusa, è iniziata con la relazione di Umberto Muratore (Direttore del CISR), che ha
sottolineato la complessità di un’impresa ambiziosa e faticosa quale quella della
prosecuzione della pubblicazione completa del patrimonio epistolare rosminiano
costituito approssimativamente da 11.000 lettere.
Le modalità attraverso le quali il confronto epistolare ha contribuito alla formazione della personalità di Rosmini sono state oggetto di una sottile indagine
da parte di Fulvio De Giorgi (Università di Modena e Reggio Emilia), Direttore
del Centro “Antonio Rosmini” dell’Università di Trento. Il rapporto epistolare, in
particolare quello con gli amici e compagni di studio, ha permesso al Roveretano di
organizzare ed enucleare i suoi pensieri, attribuendo così una forma coerente alla
molteplicità di idee, che in quegli anni di intensa formazione, occupavano quasi in
maniera caotica la sua mente. Le lettere di questo periodo testimoniano anche un
graduale affinarsi del pensiero filosofico rosminiano che, partito da basi contigue
a quelle lockiane, rielaborate in maniera personale in chiave di una più moderna
apologetica, conosceva poi Kant, attraverso il manuale di Karpe adottato dal suo
professore di filosofia e materie scientifiche Pietro Orsi, con il quale il giovane
Rovertano aveva instaurato un rapporto di stima e affetto reciproci. Non meno
rilevanti le influenze sul giovane Antonio di Agostino, di Bonaventura, nonché dei
Padri della Chiesa in generale, senza dimenticare la tradizione greca.
In sintonia con De Giorgi sull’ambiente culturale di Rovereto e sull’esordio di
Rosmini nella corrispondenza epistolare si è incentrato l’intervento di Stefania Zanardi (Università di Genova). Nel periodo della formazione liceale si rinvengono negli atteggiamenti di Rosmini elementi rilevanti della tradizione roveretana
settecentesca, caratterizzata dal gusto-letterario filologico di Girolamo Tratarotti e dall’Accademia degli Agiati dove hanno operato il suo fondatore Giuseppe
Valeriano Vannetti e il figlio fondatore Clementino. Il lavoro dello studioso delle
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lettere rosminiane d’esordio appare quindi piuttosto complesso per le tipologie di
lettere che vengono scambiate e l’intreccio dei giovani tra di loro. Frequenti sono
gli accenni e le citazioni di carattere letterario e filosofico-teologico, nello spirito
“vannettiano”. Le lettere riflettono solo in parte lo sviluppo del pensiero del nostro
aspirante-filosofo. Agli esordi (1813-1816) si presentano come rilevanti per la formazione del giovane Antonio soprattutto gli interessi letterari. Lettere dedicate a
questioni letterarie ed erudite si intrecciano con lettere che scambiano notizie sulle
diverse situazioni personali e sulle situazioni generali delle famiglie: né mancano
ragguagli sulle situazioni generali del Trentino. Quel che prevale nelle lettere del
periodo liceale è comunque lo sforzo del giovane Antonio per offrire di se stesso
un’immagine rassicurante. La consapevolezza di avere intrapreso una strada rilevante culturalmente traspare comunque sempre ed indica anche la sicurezza di
orientamenti. Non si trovano quasi mai nelle lettere espressioni di incertezza, di
scoramento e neppure affermazioni di carattere intellettualmente scettico. Rosmini
guida gli amici e insieme chiede loro consiglio ed aiuto avendo ben presente i suoi
scopi. Le lettere rosminiane sono quindi scritte e divulgate in un contesto insieme di purismo letterario, di fede cristiana convinta e non ostentata, di riflessione
filosofico-scientifica crescente.
Il Direttore della Cattedra “Antonio Rosmini” della Facoltà di Teologia di
Lugano, Markus Krienke, ha, invece, operato un singolare, pregevole e raffinato raffronto tra l’epistolario rosminiano e quello di due grandi pensatori tedeschi
dell’Ottocento: Hegel e Fichte.
Ha concluso i lavori del Convegno Luciano Malusa (Università di Genova) interrogandosi sulla durata temporale del lavoro degli storici della filosofia per fornire al grande pubblico le lettere di Rosmini nella sua completezza e totalità, laddove
l’edizione delle lettere rosminiane viene a configurarsi come un cantiere appena
aperto. Ad avviso di Malusa si potrebbe paragonare il lavoro intrapreso alla grande realizzazione architettonica di Anton Gaudì in Barcellona. Iniziato nel 1883, il
“tempio espiatorio”, dedicato alla Sagrada Familia, non è ancora concluso. Dopo
la scomparsa dell’artista sembrava che non fosse possibile proseguire la costruzione dell’edificio. Invece nel 2010 Papa Benedetto XVI consacrò la nuova chiesa con
il suo nome originario di Sagrada Familia. Di qui il paragone della Sagrada Familia
con l’edizione delle Lettere di Rosmini: un edificio maestoso, le cui strutture sono
le lettere, che racchiudono uno spazio di pensiero veramente grande.
Stefania Zanardi
Università degli Studi di Genova
[email protected]
Epistemology and Theology. International Conference
Bydgoszcz – 1-2 June 2016
On 1 and 2 June 2016 took place in Bydgoszcz (Poland) Conference on
“Epistemology and Theology”. It was the fourth conference organized jointly
by Dariusz Łukasiewicz (The Department of Philosophy of Casimir the Great
University in Bydgoszcz) and Roger Pouivet (The Laboratoire d’Histoire des
Sciences et de Philosophie-Poincaré Archives – Université de Lorraine / CNRS,
Nancy, France). The participants of the Conference tried to find answers to
questions about the epistemological value of Theology and of the usefulness
of theological research for solving epistemological problems. In the history of
philosophy interactions between Epistemology and Theology were very deep
and strong. At least since the time of Hume these areas have drawn away from
each other, but in our time, again come close to one another. The Conference in
Bydgoszcz was to find a way of mutual impacts, that will be both creative and safe
for Epistemology and Theology.
Some papers, that common theme can be summed up as “Epistemology of
Theology”, were dedicated to the release of theological consequences of the
discussions turned in the area of Epistemology and the possibility of epistemological
justification of theological claims. Stanisław Judycki (How Do We Recognize God)
argued that philosophical knowledge of God, as well as biblical revelation and
mystical experience, are possible by the manifestation of Gestaltqualität (“founded
content”). Jacek Wojtysiak (An Epistemological Argument for the Existence of
God) suggested, based on the schema of the Kantian moral argument, reasoning
designed to show that our commitment to knowledge is rational only if there exists
a being with perfect knowledge. Theological issues were also shown against the
background of the discussions around the “Virtue ethics” (Paul O’Grady, Virtue
and Wellbeing) and cognition of values (Gabriele de Anna, Knowledge of God
and Knowledge of the Good).
There were also indicated epistemological problems that arise within the area
of theology. Ireneusz Ziemiński (Philosophy of Religion as a Way to Skepticism)
defended the idea that Philosophy of Religion (of every kind) inevitably leads
to scepticism and can be grown only as a philosophy of a particular religious
tradition. Roger Pouivet (Against Theistic Personalism) suggested that thinking
about God as a person is the result of the impact of epistemology, understood as
a prime philosophy. Meanwhile, in his opinion, a more adequate formulation is
the treatment of God in concept of a supreme being, which is incompatible with
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the personal view. Sébastien Réhault (Personalistic Theism, Calssical Theism, And
Rational Belief) presented weaknesses of the personalistic version of monotheism
as well as its classic (nonpersonal) version. Marek Pepliński (Disagreement and the
Epistemology of Religious Belief) reflected on the significance of contemporary
discussions around the problem of the rational dissagreement for the epistemology
of religion. Elisa Grimi (The Epistemology of the Realistic Phenomenology, The Bet
of Dietrich Hildebrand) and Ewa Odoj (Theological Knowledge Without Natural
Reason? A Critical Study of Alvin Plantinga Position) discussed critically the views
of philosophers who explored the borders of Epistemology and Theology.
The second group of papers was dedicated to the problem, which can be defined
as “Theology of Epistemology”. Paul Clavier (God as Supreme Truthmaker)
discussed God’s relationship to the laws of logic. Miłosz Hołda (The Embodied
Mind of God) proposed ontology of Jesus Christ’s mind using the concepts of
“Mind of God” and the “Embodied Mind” and pointed the ability to reuse these
concepts in epistemology. Dariusz Łukasiewicz (Epistemic Deism and Probabilistic
Theism) discussed the model of God’s action in the world that would be able to
avoid the pitfalls of “epistemic deism”, and at the same time would allow to treat
the chance as being governed by God.
The Conference in Bydgoszcz follows several requests. First: a serious
epistemological reflection is necessary to anyone who wants to responsibly defend
theistic beliefs. Secondly: Theology is able to demonstrate its cognitive value in
the face of today’s epistemological discussions. What’s more – theology may shed
new light on the epistemological problems. Thirdly: to build a correct relationship
between Epistemology and Theology requires, on the one hand, being very careful
and, on the other hand, being brave in crossing the boundaries that divide them.
It is important to avoid irresponsible “theologization” of Epistemology. However,
disregard of theological ideas, which could be useful in Epistemology, is also
intellectually inappropriate. The Conference in Bydgoszcz was a great opportunity
to learn how to wisely combine Epistemology and Theology and to take advantage
of the occasion that gives their encounter.
Miłosz Hołda
The Pontifical University of John Paul II in Cracow
[email protected]
“Identidad y diferencia. Un pensamiento del mestizaje”.
Seminario internazionale
Universidad de Avellaneda, Buenos Aires – 11 giugno 2016
Cos’è il meticciato? In che senso condiziona lo scenario antropologico-filosofico, nonché politico, contemporaneo? Per lungo tempo, la questione è rimasta
“intrappolata” nelle maglie categoriali dell’antropologia culturale, cosa che ha
impedito al valore filosofico di venire alla luce mostrando tutto il suo rilievo dal
punto di vista della teoria della cultura e dell’assiologia. La categoria del meticciato fa chiaramente riferimento al realizzarsi di un “incrocio”, di una commistione
generatrice di una nuova, e inedita, condizione. Ciò che sembrava riservato solo
ad un’attenzione di carattere biologico mostra, nel suo dipanarsi dal punto di vista
sociale, di implicare una nuova strutturazione dell’ambito valoriale, indi culturale.
Ciò comporta la necessità di una riconsiderazione della categoria a partire dal suo
attraversare tutte le sfere dell’articolarsi della vita. Si tratta, fondamentalmente,
di comprendere come la questione del meticciato rimandi alla stessa costituzione
dell’ambiente in cui si sviluppano le relazioni che costituiscono il nostro ambito
socio-politico. Di qui, il profondo interesse, da parte degli studi di carattere culturale. Basta, infatti, solo “affacciarsi” un attimo sull’ampia, e prolifica, produzione
relativa a tale tema per rendersi conto di come la questione dell’ibridazione culturale sia divenuta baluardo di ogni forma di riflessione di carattere sociale e politico.
Non v’è dubbio in relazione al fatto che, a causa di una necessaria componente
costitutiva, la cultura latinoamericana costituisca il primo scenario in cui è stata
messa in opera un’analisi di carattere concettuale. La problematica socio-politica,
a partire dal momento di costituzione della colonia, assume già quelle forme particolari che ben si prestano alla chirurgica disamina operata dall’attuale riflessione
relativa ai processi di trasformazione interculturale. Ciò non significa che lo sviluppo della cultura europea sorge da una monolitica costruzione concettuale, tutt’altro. Semplicemente, non si può non riconoscere che la problematica innescata dal
riconoscimento dei diritti dell’Indio ratificati nella Junta de Valladolid, a metà del
sedicesimo secolo, impose una riconsiderazione della forma di ragione capace di
destabilizzare la concezione antropologica fino ad allora comunemente accettata.
Questi i temi e i problemi riguardo ai quali si sono confrontati gli studiosi Pio
Colonnello, Fortunato Cacciatore e Stefano Santasilia, nella cornice fornita dal centro
storico di Buenos Aires. L’incontro avvenuto l’11 giugno 2016 presso l’Universidad
de Avellaneda, ha avuto come tema proprio il discutere, attraverso le tre relazioni
sostenute e il relativo dibattito, la possibilità di un pensiero del meticciato. Pensare
il meticciato, dunque, non più solo come categoria antropologica o, addirittura,
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etnografica, mero risultato di un incontro biologico e culturale, bensì come forma
del pensare, ossia come pensiero sempre in dialogo.
La prima relazione, tenuta dal prof. Colonnello, ha avuto il merito di mostrare
il lato prettamente teoretico della categoria di meticciato, partendo dalle riflessioni
sviluppate nell’ambito della filosofia contemporanea a proposito della soggettività.
Attraverso la differenziazione tra le contrapposte modalità di costituzione della
soggettività, diacronica e sincronica, l’autore ha lasciato venire alla luce come l’ultima riflessione di carattere filosofico-politico, soprattutto italiana e francese, facesse
leva sull’idea di un soggetto la cui esistenza rimanda ad un’essenza dialogica e sempre in divenire, ovvero meticcia. La seconda relazione, svolta dal prof. Cacciatore,
ha mostrato, attraverso i riferimenti ad alcuni tra i più importanti esponenti della
filosofia politica contemporanea elaborata in America Latina, come la categoria
di meticciato fosse alla base della problematica, e complessa, considerazione della
stessa idea di migrazione. Lo status del migrante, infatti, rimanda ad una costitutiva struttura nomadica dell’identità che implica la continua ricostituzione della
costellazione di valori di riferimento o, per lo meno, la continua individuazione di
quelle istanze sociali in cui tali valori trovano la loro incarnazione. L’ultima relazione, tenuta dal prof. Santasilia, è stata incentrata sulla possibilità di interpretare il
meticciato come categoria critica, ovvero di considerare la condizione ibrida come
il momento critico di ogni teoria della cultura. In tal modo, più che incarnarsi in
un risultato, l’idea stessa di meticciato assume la forma di discriminante al fine di
indicare la validità interculturale, o meno, di ogni processo di ibridazione.
Nonostante la fecondità degli spunti, e il vivo dibattito che a partire da essi si
è generato, risulta chiaro che la complessità della questione, oramai pienamente
attuale, richiede uno studio approfondito di cui i tre interventi costituiscono, però,
un’imprescindibile introduzione. L’incontro, dunque, si è delineato come un’importante occasione di confronto e dibattito, necessario più che mai per affrontare
un tema che oggi si impone in maniera evidente sia dal punto di vista politico
quanto meramente concettuale.
Stefano Santasilia
Università della Calabria
[email protected]
Symposium Thomisticum
Centre Culturel Irlandais, Paris – 23-25 June 2016
From 23-25 June, the Institutum Thomisticum held what it hopes to be the first
of many conferences on Aquinas and his legacy. Appropriately, this was held in
Paris at the Centre Culturel Irlandais, a stone’s throw from the Panthéon and other
notable attractions. Organised by Fran O’Rourke, the theme of the conference
was specifically ‘Aquinas and Modern Philosophies,’ a topic which invited a wellrounded and dynamic spectrum of participants, especially from Europe and North
America. Notable speakers included Alice Ramos, John Haldane, Candice Vogler,
Carlos Steel, Markus Wörner, and Rudi te Velde.
Comprised of roughly 60-70 participants, this conference facilitated conversation due to its relatively small size and minimal number of parallel sessions. A
sense of collegiality prevailed as figures from various levels of academic seniority
mingled and mused on Aquinas and his enduring influence. The prior circulation
of the communications also fostered conversation, as speakers would summarise
their respective papers in about fifteen minutes, and would follow that with another fifteen minutes of discussion and questions.
The topics of the papers admitted of a rich spectrum in terms of content and
method, with some speakers focusing on influences on Aquinas (not least of all
Plato and Aristotle); questions ad intra, that is, interrogating and evaluating Aquinas’ own sources; and applications of Thomistic thought in the present day or the
reception thereof (e.g., in Gadamer).
One of the implicit tasks of the conference was to situate Aquinas and his reception in its proper context. A notable example of this was found in the contribution
by Rémi Brague. In his thought-provoking keynote address, Brague argued that
the current dispensation is profoundly if subtly indebted to its mediaeval past;
rather than leaving the middle ages behind, Brague suggests that we are still operating within the same conceptual system, with the key shift being that the prior synthesis in which the concepts were meaningful has disintegrated if not disappeared.
The conference programme was ambitious, but proceeded at a reasonable pace
so as to allow for colleagues to meet with one another and discuss their work
further, whether during a coffee break or luncheon. The conference included an
entire programme of activities, such as a closing dinner for all involved, as well as
a recital of traditional Irish music.
The initial success of this endeavour by the Institute has not decreased its ambition. Based on the communications given in Paris, there are already plans to
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publish a volume of proceedings with Cambridge University Press. In addition,
during the conference, further details were discussed concerning the increasingly
bright future of the Institutum Thomisticum. In June 2017, the Institute will host
its second conference in Porto on ‘Aquinas and Modern Thinkers,’ followed by
its third symposium in 2018 in Athens on Aquinas and the Greeks. The call for
papers is already available for the former, which hopes to reproduce and enhance
the quality scholarship undertaken by this nascent Institute.
Matthew W. Knotts
Leuven and FWO Flanders
[email protected]