News N.00 2014 Sindacato SUSO news N.00 2014 PDF

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News N.00 2014 Sindacato SUSO news N.00 2014 PDF
edizione speciale NUMERO zero zero
notiziArio d’informazione del sindacato
unitario specialità ortognatodonzia
“Rilancio in Suso”: per restituire
la P maiuscola alla nostra
professionalità
Qualcuno tra i tanti colleghi ed amici che con affetto ha espresso il loro
saluto per la nuova avventura da me intrapresa (“la presidenza Suso”) mi
ha anche detto “Fai bene a rilanciarlo”, credendo si trattasse solamente di
promuovere il sindacato. La nostra idea, invece (e quella di tutto il direttivo
nazionale) è rilanciare, attraverso il Suso, le idee che presiedono ed ispirano
la crescita professionale. In termini più immediati: l’operazione “Rilancio in
Suso” nasce dalla esigenza di rimodellare la nostra professione di odontoiatra e, ancor meglio, di occuparsi di ortodonzia e dei suoi operatori, lasciati
spesso da soli.
Non credo sia un’eresia affermare che la nostra bella professione vive
momenti di incertezza a 360°: giovani odontoiatri che faticano ad entrare nel
mondo del lavoro, le mille difficolta’ dell’apertura di uno studio ortodontico,
costi di esercizio da misurare, la guerra al ribasso delle prestazioni, l’apertura
di mille centri “low cost”, consulenze dalla vita breve, esercitate talvolta con
modalità da delirio, pazienti che non pagano, cadute di stile e di etica professionale, mancanza di fiducia nell’associazionismo di categoria.
L’operazione “Rilancio in Suso” ha tra i suoi obiettivi quello di creare posti di
lavoro, ripristinare condizioni lavorative nel rispetto della qualita’ professionale,
fare in modo che i giovani specialisti non perdano in dignità. Giovani che
per entrare nella filiera della professione devono cimentarsi sempre piu’ in
equilibrismi da consulenti, a confronto quotidiano con laboratori ortodontici
che danno una consulenza completa, competitiva e costi di esercizio decisamente interessanti, ma penalizzando in tal modo, la presenza dell’ortodontista. Nella sua storia sindacale il Suso, al fianco della Sido, ha fatto una
bandiera dell’ affermazione e divulgazione dell’Ortodonzia in Italia,. E vuole
continuare su questo cammino di promozione della figura del professionista
ortodontico, nel rispetto delle regole e del codice ed ancor di più a tutela
della salute del paziente.
Con tutti i componenti del nuovo direttivo Suso sta lavorando per dare
risposte concrete, suscettibili di diventare opportunita’ di lavoro per i colleghi,
facilmente spendibili sul territorio.Il successo di un sindacato del resto sta
anche e proprio nel saper interpretare le esigenze concrete degli appartenenti, sposarne gli obiettivi, condividere e semplificare le difficolta’, offrire
servizi esclusivi per migliorare la professione. Ma soprattutto, tutelare al
meglio la professione tra le mille difficoltà della materia giuridico amministrativa, una tutele senza la quale il professionista rischia, oggi, di avere una “p
LA LINGUA BATTE...
S’inaugura con questo numero una rubrica destinata alla riflessione sui problemi più incancreniti dell’Ortodonzia che in
molti casi si identificano poi in quelli dell’Odontoiatria in generale. Problemi su cui, come sui denti doloranti, …la lingua
batte, come dice il proverbio. Ma i denti sono tanti, numerosi sono anche i guai che affliggono l’Ortodonzia. Su uno, volta
per volta, si concentreranno riflessione e conseguente deplorazione per la cronicità e la costante virulenza. Cominciamo
questo numero con un nodo che più antico non si può (vanta addirittura un primato di longevità): l’abusivismo. Se ne
parla così tanto che ci auguriamo si risolva prima o poi come è avvenuto in altri Paesi civili, tra cui vorremmo essere
annoverati.
ABUSIVISMO: IN TRENT’ANNI NON È
CAMBIATO PROPRIO NIENTE?
UNA BATTAGLIA ANTICA CHE IL
SINDACATO NON VUOLE PERDERE
Cominciai a lavorare come ortodontista quasi trenta anni fa. Allora, ma
forse ancor oggi, i miei riferimenti clinici in ortodonzia erano Tweed,
Falconi, Mai, Gianni’ e pochi altri. Allora, erano due gli obiettivi da
raggiungere: poter trattare i pazienti ed avere un proprio studio. Poi altre
divennero le mie scuole di riferimento e di vita, spinto da una continua
ricerca del sapere e dal tentativo di migliorarmi nella nostra disciplina.
Da giovani si inizia pensando di essere necessario all’interno dello
studio, perche ‘ il dentista generico ha bisogno di avere un ortodontista come consulente. Che, poi per il paziente s’identifica in colui
che gli monta la macchinetta, figura che oggi appare irreale, quasi
un marziano. L’altro obiettivo era poter aprire uno studio ortodontico,
cosa quasi impossibile oggi da realizzare, visto gli alti costi di gestione
e la complessita’ di questa vera e propria azienda da gestire, che è lo
studio.
Allora, si viveva il confronto professionale con l’ortodontista di questo
o quello studio, spesso un odontotecnico che per storia e capacita’ di
costruire dispositivi, lavorava sui pazienti con la complicita’ del dentista,
portando avanti la terapia ortodontica mobile o fissa che fosse. Come
trent’anni fa’, anche oggi. per ragioni differenti, comunque di tipo
sociale e culturale, negli studi si osservano mille consulenze ortodontiche prive tuttavia di laurea. Non è cambiato nulla!
Grazie all’osservatorio privilegiato dato dalla finestra sindacale e medico
legale del Suso, veniamo a conoscenza tutti i giorni di situazioni
diffuse: ossia, odontotecnici titolari di laboratori che passano da uno
studio all’altro, lavorando sui pazienti con la complicita’ del dentista.
Da sempre anche il Suso ha intrapreso a livello nazionale una battaglia
porta a porta per difendere la professionalita’ dell’ ortodontista. Già nel
2013 il nuovo Direttivo sotto la mia presidenza ha deciso di inasprire la
battaglia portando alla luce forme di abusivismo ortodontico presenti un
po’ ovunque e denunciandole per mancato rispetto delle regole.
Nell’apprendere quindi dalla stampa l’incredibile notizia dell’aggressione
fisica subita dall’inviato di Striscia la Notizia, Luca Abete, da parte di un
dentista abusivo ripreso mentre “curava” dei pazienti, non possiamo
quindi non condividere la lettera che il presidente CAO Giuseppe Renzo
ha scritto alla Redazione: “Ritengo doveroso esprimere la solidarietà
della CAO, della Federazione e mia personale al vostro collaboratore
e a tutta la redazione – scrive Renzo – che da sempre si preoccupa,
con grande senso di responsabilità di denunciare all’opinione pubblica
il grave fenomeno dell’abusivismo... La vostra attività costituisce un
grande aiuto per i 60.000 odontoiatri iscritti ai nostri Albi che, a causa
di questi comportamenti criminosi, vedono ingiustamente macchiata
la reputazione di una professione che vuole costituire un esempio di
correttezza nell’esercizio professionale e di attenzione alla tutela della
salute.”
Pietro di Michele
Presidente Nazionale SUSO
minuscola”. E tutto questo può avvenire solo attraverso un mezzo di comunicazione come SusoNews, puntuale, autorevole. “Che c’è sulle notizie” che
ci stanno a cuore. Di qui la nuova veste e i nuovi contenuti, frutto di uno staff
redazionale operante con professionalità ed entusiasmo a cui vorremmo si
aggiungessero altri colleghi, consapevoli della forza della comunicazione.
“Rilancio in SUSO “è quindi la volonta’ di riprendersi la “P maiuscola”, ossia
la possibilta’ di usufruire, uniti, di mille opportunita’ nel mondo assicurativo,
legale, fiscale, promuovendo l’attuale immagine dell’Ortodontista. La formula
del “Rilancio “ significa semplicemente che lo sviluppo dell’immagine sta
nell’unione, nella battaglia contro la crisi, nel fronteggiare insieme la competizione delle strutture low cost. Perché con il Rilancio si riqualifica anche la
parcella, si giustifica il giusto prezzo (che non è affare del corporativismo di
categoria, ma semplicemente valutazione del giusto costo per una prestazione di qualita’ e in tranquillita’). E significa anche ricostruire un capitale
socio-professionale che altri stanno velocemente intaccando.
Vogliamo quindi che le idee, quelle giuste, viaggino velocemente sulla carta
e un domani sul web. In una battuta, basta pensare al “pit stop” di Formula 1
della Ferrari, dove tutto si consuma intorno ad una manciata di secondi, tutto
deve essere perfetto. Ma dietro quanto lavoro c’è!
Con il Suso dobbiamo tornare ad esprimere idee, col rigore e l’ amor di
verità che ci sono sempre appartenuti. Le idee ”viaggiano” però con le
gambe degli uomini. Basta col silenzio, lasciando sempre ad altri la volonta’
di decidere per noi, nel bene e nel male. Dobbiamo partecipare alla ricostruzione del capitale sociale della professione, pretendere dal sindacato di
categoria di occuparsi dei temi piu’ scottanti della professione, imparando a
condividere i risultati mediante una partecipazione attiva, quella sola che dà
titolo di parlare con cognizione di causa.
Rilancio in Suso: uniti si puo’.
Nell’interno
»Assicurazione:
un abito su misura
pg. 09
»La morte di
un gigante
dell’ortodonzia
pg. 10
RUBRICHE
»Rilancio in SUSO
pg.02
»Legge e professione
pg.04
»Speciale
assicurazione
pg.08
»ortodonzia Top
pag.10
»in vetrina
pg.13
RILANCIO IN SUSO
L’ortodonzia vista dall’alto
Intervista allo Speaker dell’FDI, Gerhard Seeberger
A metà settembre Gerhard Konrad Seeberger, 58 anni, bavarese, è stato
eletto Speaker dell’FDI, la Federazione di 130 stati rappresentante di oltre
un milione di dentisti iscritti a Sindacati e Ordini odontoiatrici, la cui “mission”
è sviluppare comuni azioni politiche e formazione. Past president AIO (ha
guidato l’Associazione nel triennio 2005/ 07) dove ricopre tuttora l’incarico
di addetto ai rapporti internazionali, Seeberger resterà in carica per tre anni.
Di passaggio a Torino per un corso di chirurgia organizzato dall’Aio nella
sua sede, ha aderito volentieri all’invito di Suso News di esprimere alcune
considerazioni sull’Ortodonzia e sull’Odontoiatria in generale.
Dentista cresciuto professionalmente in Italia (in particolare in Sardegna,
dove esercita, dividendosi tra gli studi di Cagliari e Ghilarza), Seeberger
sembra a tutta prima che sia piuttosto refrattario alla parola stessa di
specialità. L’Ortodonzia, dice infatti, e con essa tutte le altre specificità
odontoiatriche, non emerge certo dalla qualifica riportata sulla carta, ma da
un profondo interesse per lo sviluppo dei tessuti costituenti il cavo orale e
dei denti in essi.Questo fa parte del curriculum di ogni studente in odontoiatria in tutto il mondo. La necessità della specialità – una delle prime in
odontoiatria – nasce dalla necessità del trattamento di casi complessi che
sono ca. il 10% del totale. L’esistenza dell’ortodonzia non deve portare né al
disinteresse per la materia da parte dell’odontoiatra né all’isolamento dello
specialista fino a sembrare uno “ che studia sempre di più su sempre di
meno fin quando sa tutto di niente”.
E sempre a proposito di specialità gli viene in mente quel che dice il grande
Lang, parlando di un’altra materia che oggi va per la maggiore, l’implantologia: “Abbiamo veramente bisogno di una scienza da svilupparsi attorno ad
una lama o ad una vite in titanio?” o ancora, tanto per citare un altro mostro
sacro (W. Becker) “l’implantologia è qualcosa di molto semplice: “Piazza
quella cosa in quel buco!” il che non suona proprio come un giudizio qualificante. “Non esiste una ragione per la specialità se non tutti gli odontoiatri
conoscono la materia pur di non praticarla e se non c’è il profondo spirito di
collaborazione” così Seeberger.“La preparazione di un dentista speciale si
vede dal maestro che ha avuto – dice - dal concetto che ha della professione e dall’impegno e dal talento che mette nell’esercizio della sua attività”.
Affermazioni che non vogliono affatto significare una critica all’Ortodonzia in
sé, materia per la quale, peraltro, Seeberger ha una alta considerazione, ma
costituiscono in realtà un richiamo alla visione “olistica” dell’uomo/paziente,
confermata dalla frase che egli pronuncia, quasi con un sospiro: “Io sogno il
riconoscimento dell’odontoiatra come medico del cavo orale di fatto”.
Rifacendosi alla sua origine sottolinea che la storia della disciplina odontoiatrica ha 140 anni. La Scuola di Würzburg esiste dal 1878 e negli anni ‘70
il Prof. Emil Witt approfondì il concetto di “funzionalità” ossia l’utilizzo delle
forze di sviluppo dello scheletro per ottenerla in massima misura tramite
apparecchi ortodontici come l’attivatore e il bionator. E pur ammettendo
la sua ignoranza sugli aspetti socio economici dell’ortodonzia, Seeberger
pone l’accento sul peso che riveste (o dovrebbe rivestire) la materia fin dalla
programmazione familiare.
“Quando si mette su famiglia – dice - ci si attrezza per prevedere e stornare
attraverso una certa programmazione quelle patologie che potrebbero
diventare un peso per la famiglia stessa e per la collettività.” La prevenzione delle cheilo-labio-palatoschisi tramite un corretta assimilazione di
folati è una. Stando al suo pensiero, gli interventi ortodontici rientrerebbero pertanto in quelle attività programmatico/preventive che ogni
buon padre di famiglia deve impostare per evitare guai peggiori: un po’
come far vaccinare i figli, ad esempio, nella consapevolezza che da
una bocca mal impostata derivano conseguenze impensabili quando
gravi. ”Dietro le malformazioni dello scheletro vi sono le premesse
per una vita peggiore o migliore – dice – E se uno non conosce
bene l’ortodonzia, non può definirsi un vero dentista”.
Dato il suo alto incarico in seno alla FDI, appare quasi scontata la domanda a Seeberger in qual conto l’ortodonzia sia
tenuta in ambito internazionale, a fronte di una comprensibile
priorità assegnabile alla cura della carie in particolare (e più in
generale, alla salute della bocca) inserita di diritto nella lista
delle malattie non trasmissibili più diffuse e temibili, a livello
mondiale, dati i legami ormai pacificamente acquisiti con
altre gravi patologie: “La FDI ha in effetti compilato una lista
di argomenti prioritari ed i problemi ortodontici fra gli altri
sono da sempre in agenda”
by Suso News
Seeberger (a sinistra) “complimentato” per la sua elezione a Speaker FDI
IL BENVENUTO DI
LANTERI ALLA NUOVA
RIVISTA: “UN MODO
SIMPATICO
E CREATIVO PER FARCI
AMARE ANCOR PIÙ LA
NOSTRA PROFESSIONE”
Saluto con molto piacere l’ennesimo prodotto dell’inesauribile energia creativa dell’amico Pietro
Di Michele. Si tratta questa volta della rinascita di SUSO News, una testata storica nello scenario
dell’Ortodonzia italiana, che ricompare in vesti completamente nuove non solo nell’aspetto ma
anche nella sostanza. Secondo il progetto, nella rivista convivono due anime. Insieme al classico
bollettino sindacale dedicato all’attività istituzionale SUSO, ricco di preziose informazioni per la
professione, avremo il piacere di apprezzare la componente innovativa, che potremmo definire
letteraria. Vi leggeremo aneddoti, episodi inediti, storie personali di illustri colleghi ma anche le
esperienze e gli stati d’animo di chi frequenta i nostri ambulatori dall’altra parte della barricata;
un modo simpatico e creativo per farci amare ancor più la nostra professione anche attraverso
quell’inesauribile miniera di risvolti umani che porta con se! Alla rinata rivista e al suo creatore
auguro di realizzare compiutamente i suoi ambiziosi obiettivi di una informazione chiara ed oggettiva e di un gradevole momento intellettuale e rilassante al tempo stesso, per i suoi lettori.
Claudio Lanteri
Presidente Nazionale S.I.D.O.
02
Per difendersi dalle angherie, ci vorrebbe un Siosd
(Sindacato Italiano Operatori Settore Odontoiatrico)
La professione odontoiatrica è ormai da troppi anni oggetto di attenzione
assolutamente trasversale da parte dei Governanti, con continui attacchi che
ci rendono bersaglio come medici e odontoiatri e come liberi professionisti
e imprenditori. La “storia infinita” ha inizio nel 1979, quando l’allora Ministro
delle Finanze, il repubblicano Bruno Visentini elimina l’imposta sul valore
aggiunto (IVA) dalle fatture emesse per le prestazioni mediche. Nel 1994
arriva la “626”, legge talmente assurda che i dentisti tedeschi, pur facendo
parte dell’UE, l’hanno rifiutata perché non riguarda il settore odontoiatrico.
Con l’avvento dell’era berlusconiana, nel 1995 il Ministro Tremonti decide
di inserire i dentisti tra le categorie “estratte” per accertamenti a tappeto
da parte della Guardia di Finanza con metodi da “Santa Inquisizione”. Nello
stesso anno compare la figura dell’Esperto qualificato per il controllo degli
apparecchi radiologici. Il ‘97 è un anno particolarmente prolifico di buone
notizie: il Decreto Bindi, di cui tutti conoscono gli effetti a distanza, l’Irap,
considerata assolutamente anticostituzionale da legali e costituzionalisti e
la folle normativa sui Rifiuti Speciali. Nel ‘99 arriva l’Ecm, di per sé lecita
e apprezzabile dal punto di vista concettuale ma per i liberi professionisti,
regolamentata e gestita in modo scandaloso, fino a diventare un ulteriore
impegno e un costo inutile ai fini dell’ aggiornamento professionale. Nel
2000, “ci becchiamo” i corsi di Radioprotezione, a dir poco inspiegabili, del
tutto privi di utilità, mentre nel 2003 le normative sulla Privacy, appesantiscono ulteriormente la già complicata gestione degli studi.
Ma il colpo quasi mortale al futuro della categoria viene inferto nel terribile
2007 quando il “giustiziere” Pier Luigi Bersani, Ministro dello Sviluppo
Economico, liberalizza ogni forma di pubblicità in campo sanitario medico e
odontoiatrico, abolendo i minimi tariffari con le conseguenze che si stanno
ancora pagando.
Da quel momento la strada è tutta in discesa: numero chiuso puntualmente
disatteso, direttiva 93/42 sui dispositivi medici, riscossione centralizzata e
controllata. Società di capitali, apertura di Università italiane all’estero, riconoscimento di Università straniere, tracciabilità dei pagamenti, limite d’uso dei
contanti, progressiva riduzione delle detrazioni relative ai costi dell’automobile, aumento dell’IVA e infine addirittura l’obbligo di rendere palese ai propri
clienti le caratteristiche della propria RC Professionale, massimali compresi.
Ritengo a questo punto necessario un cambiamento di rotta da parte delle
Associazioni sindacali per contrastare energicamente le assurde normative
che “piovono dall’ alto” e, se necessario, rifiutarle. Non so voi, ma io voglio
dire “No” a leggi, norme e imposizioni prive di senso e vessatorie
per una categoria che combatte quotidianamente con crisi, costi
al rialzo, convenzioni al ribasso, pubblicità indecorosa, se non
vergognosa, low cost, franchising, turismo dentale, abusivismo,
disinformazione e chi più ne ha più ne metta.
Alla miriade di sigle e siglette, nate a salvaguardia di gruppi
e gruppuscoli indici di una categoria odontoiatrica frammentata, guardata come lobby di privilegiati e evasori da
colpire, snobbata di fatto da politici e amministratori,
dobbiamo contrapporre una grande forza sindacale
compatta, che rappresenti l’unione di “tutti” gli operatori del settore: odontoiatri, odontotecnici, igieniste,
personale ausiliario, venditori, aziende e depositi:
il Siosd ( Sindacato Italiano Operatori Settore
Odontoiatrico), forza politica che conta quasi
un milione di persone, in grado di prevenire o
modificare pericolosi iter legislativi, proporre
testi di legge, firmare contratti di assunzione, esser unico gestore responsabile
dell’aggiornamento professionale e
partecipare allo studio di programmi
universitari per inquadrare nuove
figure professionali.
Un’ unica grande Sede superaccessoriata dove possono lavorare
le più importanti sigle oggi
esistenti per rispondere alle
esigenze dell’intera categoria,
senza dimenticare le eventuali
incidenze positive e negative che coinvolgono i singoli sottogruppi.Ci
potremmo avvalere di consulenti e rappresentanti sindacali, stipendiati e in
continuo contatto con Roma, per presidiare i vari ministeri e intervenire nelle
discussioni programmatiche di legge, seguendo scrupolosamente le direttive
del Consiglio eletto in rappresentanza di tutto il “dentale”.
Fino a quando a rappresentarci avremo realtà sindacali, seppur valide ma più
o meno “micro”, come Andi, Aio, SUSO, Aimo, Asio, Sio,Geoi, Siocmf,
Adi, Coi, Aiao, Aipao, Aiog, Aiso, Ortec, Ato, Antlo, Unidi, Sido, ecc.
non possiamo fare altro che continuare ad aspettarci vessazioni sempre più
castranti, con crescente preoccupazione per il futuro della nostra professione, se di futuro si può ancora parlare!
William Manuzzi Tesoriere Nazionale SUSO
IL “LIFTING” DEL SUSO, SINDACATO DALLE TEMPIE GRIGIE
RINGIOVANITO
DALLA NUOVA PRESIDENZA DI MICHELE E DA OBIETTIVI AMBIZIOSI
Che cos’è il Suso? Lo chiediamo al neo Presidente, Pietro Di Michele, medico
chirurgo, ortodontista.
È il Sindacato Unitario Specialità Ortodonzia. Parola apparentemente difficile quest’ultima, che indica semplicemente
la specialità deputata all’allineamento dei denti in cui si riconoscono gli odontoiatri che raddrizzano i denti ai bambini,
agli adulti (e ormai anche agli anziani). Sindacato “antico” perché nasce quarant’anni fa sulla scia dei primi maestri
e docenti che, oltre ad essere dentisti, ritenevano opportuno occuparsi di una disciplina più rigorosa, oltre l’aspetto
tecnico del “raddrizzare i denti” al fine di dare un bel sorriso con denti dritti.
Si può dire che l’Ortognatodonzia è una branca superspecialistica dell’Odontoiatria e quindi il Suso la rappresenta?
Certo, parliamo di orto-gnato-donzia, cioè allineamento dei denti, occupandoci anche delle strutture scheletriche e
delle articolazioni temporo-mandibolari. Una branca che, oltre agli anni di specialità post laurea, richiede una formazione graduale e completa, ad ampio indirizzo specialistico, oltre l’informazione sull’elemento dentale e con ampia
attenzione all’occlusione, profilo ed estetica, in un’armonia perfetta tra bocca e viso.
L’Ortognatodonzia può essere esercitata dallo specialista o dal semplice
laureato?
Anche da un punto di vista legislativo, l’odontoiatria si è evoluta, passando dal chirurgo, specialista e non, all’odontoiatra con la laurea magistrale di 6 anni, abilitato ad esercitare anche l’Ortognatodonzia. Spesso però non basta. Per
una più attenta formazione ci si indirizza verso una Scuola di specializzazione (molte e valide) istituite negli Atenei
italiani. Si possono così mettere in campo esperienza e professionalità per raggiungere, nel sorriso e nell’occlusione,
quell’armonia facciale che costituisce l’obiettivo fondamentale specie quando si operano pazienti in età evolutiva, vale
a dire i bambini.
L’attività sindacale del SUSO è quindi di antica data. Cosa cambierà con la sua
Presidenza?
Sebbene mi sia insediato nel Direttivo solo pochi mesi fa (la presidenza mi venne conferita a Roma, nel 2013, al
Collegio Docenti) ho la fortuna di avere con me un gruppo vivace di colleghi più o meno giovani. È vero: il Suso
esiste da 40 anni, ma oggi conta di più avere un sindacato forte e aggressivo, che di antica data, per via dell’obbligo
morale di garantire il paziente e tutelare il professionista. Per raggiungere il primo obiettivo tuttavia bisogna realizzare
il secondo, cosa ancor più necessaria, oggi, rispetto a trenta o quarant’anni fa, per via dell’aggressività quotidiana
che tende a svilire le professionalità a ritmo tanto veloce che difficilmente ne scaturirà una guerra ad armi pari: Una
guerra dove il business si contrappone all’etica professionale. Professionalità tuttavia non è solo il bollino blu di una
Scuola di specializzazione che fa un professionista più o meno preparato o bravo rispetto ad un altro: ma è il conser-
vare l’etica e la comunicazione col paziente, valori di cui si fa un gran parlare, ma puntualmente disattesi. Di qui allora
un sindacato forte, che dica le cose con chiarezza, mettendo in guardia la gente dai tranelli celati nella pubblicità
commerciale, nei quali l’odontoiatria, senza distinzione tra professionalità e mercificazione, è caduta,. Le aziende
commerciali stanno prevaricando il professionista. Ma qui si tratta di atti medici, di prestazioni sanitarie specialistiche
che richiedono riflessione, un sistema di comunicazione e la compliance del paziente. Di qui l’assoluta importanza
che il sindacato traduca una modalità nuova di lavorare con i propri associati.
Ai giovani odontoiatri è stata riservata particolare attenzione?
Assolutamente sì. Grazie alla forza che l’attuale direttivo ci sta portando dentro, vorrei, con il nostro sindacato, dar loro
grande attenzione. I giovani non possono essere solo manovalanza da inserire nelle Aziende dedite al business, ma
devono essere “accompagnati” nella professione e non cadere in tranelli di cui spesso sono vittime.
Un giovane che voglia iscriversi al Suso viene agevolato? Le quote sono uguali?
Una grande campagna di apertura, attualmente in corso, prevede quote annuali di iscrizione ridotte per neolaureati
o specializzandi: si parla di 20-30 euro, l’equivalente di una pizza. Vogliamo anche dare un accompagnamento
scolarizzante alle prime difficoltà incontrate, allorchè, aperta la Partita Iva, il giovane ortodontista comincia a lavorare
(di solito come consulente) in studi dentistici da considerare, sempre più spesso, come aziende.
Il Suso utilizza avanzati mezzi di comunicazione (tipo, social network e altro)?
Il sito internet, costantemente aggiornato, che si trova facilmente su Google digitando la parola Suso oppure all’indirizzo www.suso.it, è collegato a Facebook, Twitter, Google Plus e Youtube. La storica rivista sindacale Susonews sarà
completamente rinnovata in contenuti e grafica, con una distribuzione cartacea di almeno 1.500 copie, mentre quella
online utilizzerà un database di 25 mila indirizzi mail. Una segreteria nazionale e vari consulenti sono a disposizione
via telefono, via fax, via email.
Un’ultima considerazione sui legami fra sindacati odontoiatrici, tra cui il Suso
sembra rappresenti una parte piuttosto limitata. Ritiene auspicabile un’unione o
almeno una comunità di intenti?
Il Direttivo è aperto alla massima disponibilità e collaborazione coi sindacati di categoria. L’obiettivo della attuale presidenza è interagire non solo con ANDI e AIO, ma con gli attori principali del mondo odontoiatrico. L’unione di intenti e
la convergenza sui macrotemi sono fondamentali per fare breccia tra le mille difficoltà che la professione incontra e
l’Ortodonzia, branca specialistica dell’odontoiatria, non è da meno: quel che si diceva ieri sull’ortodontista che lavora
sui bambini “quindi, il lavoro non gli manca” sta diventando una criticità.
By SUSO News
03
legge e professione
Liberi professionisti o aziende? Dipende da quando
fa comodo
(ma certamente non a noi)
Lo Stato ci considera sempre meno liberi professionisti e sempre più aziende,
Vedi tariffe concorrenziali, libero mercato, pubblicità consentita in ogni forma
e misura, ma non a poter accedere a finanziamenti per l’attività, detrazioni su
immobili e auto, assunzioni agevolate per i dipendenti. Ora il Ministero del Lavoro
esclude i dipendenti degli studi professionali dalla Cassa Integrazione, perché
ritiene che i titolari di studio siano datori di lavoro, non imprese: una goccia nel
mare rispetto agli altri comparti produttivi, rappresentando poco più dello 0,3%
del totale delle ore autorizzate, una intollerabile discriminazione per professionisti
e loro dipendenti: niente misure di sostegno al reddito (cassa integrazione e
mobilità) e, in caso di licenziamento, niente incentivi in caso di riassunzione.
Si tratta di una scelta irresponsabile perché il settore degli studi professionali
attraversa una fase di crisi profonda che si riflette in un sensibile calo dei fatturati.
Mi viene da pensare, oltre ad assistenti e segretarie dei nostri studi, ai colleghi
che lavorano presso le strutture low-cost, veri e propri dipendenti camuffati da
consulenti a prestazione, che in alcuni casi arrivano ad assumersi l’onere della
Direzione Sanitaria. È tempo di dire le cose come stanno, smascherare questi
veri e propri rapporti professionali di dipendenza e tutelarne i diritti, anche in
caso di perdita del lavoro, come spesso accade in queste strutture che aprono e
chiudono dalla notte al giorno.
Torniamo invece ad essere imprese quando dobbiamo accettare i pagamenti oltre
i 30 euro (quindi tutti) con il POS. Fra canone e commissioni, con ogni strisciata
lasciamo il 2% del valore di un lavoro sudato, quale regalo alle banche. Il Governo
ha annunciato tavoli di confronto con le organizzazioni di imprese e gli istituti di
credito per ridurre le commissioni e rivedere le soglie di fatturato. Ma perché non
farlo prima di emanare il decreto? Intanto noi paghiamo: in un anno uno studio
professionale medio potrà arrivare a lasciare un cadeau di 4-5.000 euro.
Questi gli ultimi problemi in ordine di apparizione, per non parlare sempre di
responsabilità professionale, copertura assicurativa, abusivismo, turismo odontoiatrico e pubblicità sanitaria. A questo proposito qualche soddisfazione il SUSO
se l’è tolta. Il nostro Consiglio Nazionale si è preso l’impegno di rivoltare come un
calzino le bozze del nuovo Codice Deontologico (un grazie particolare ai colleghi
Manuzzi, Biancucci, Valle, Leoncavallo). Abbiamo messo sul tavolo le criticità più
attuali della professione, proponendo emendamenti su rapporti di lavoro, copertura assicurativa, diagnosi preventiva alla terapia.
Diciamo grazie ad Amedeo Bianco per aver capito le nostre motivazioni e
aver emendato all’ultimo momento l’articolo 3 che definisce la diagnosi come
elemento fondamentale dell’atto medico. Una banalità? Niente affatto, considerando che su Internet si può comprare (a prezzi naturalmente stracciati) un’estrazione dentaria e magari regalarla ad un amico (vedi articolo all’interno).
Per questo le Commissioni degli Ordini che si sono occupate del problema ci
dicono grazie. Una motivazione in più per recarsi alle urne (le elezioni sono vicine)
e premiare i colleghi che si sono distinti in questa battaglia, difficile anche per le
sanzioni minacciate dall’Antitrust. Aiutiamo le CAO provinciali, proponendoci in
prima persona. Il Consiglio Nazionale SUSO, eletto da un anno., chiede a tutti di
dare fiducia al Sindacato, far prevalere il senso di squadra ed appartenenza alla
categoria di ortodontisti.
Vogliamo impegnarci ad affrontare i nostri problemi, sempre più numerosi,
aumentare il nostro peso specifico nei rapporti con gli altri sindacati e nelle
trattative con le Istituzioni.
Gianvito Chiarello
Segretario Nazionale Suso
NUOVE PESANTI PENE PER IL REATO DI ABUSIVO
ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE, MA A PAGARLE SARANNO
SOLO GLI ODONTOiATRI
Giovedì 3 aprile 2014 l’Assemblea del Senato nella seduta 223 ha approvato all’unanimità la modifica dell’articolo
348 del codice penale che punisce l’esercizio abusivo della professione contenuta nel disegno di legge n. 471.
Dopo anni di attesa e di insistenza delle varie professioni per arginare un fenomeno dilagato oltre ogni misura nel
nostro Paese, il legislatore ha messo mano alla materia inasprendo duramente le pene per coloro che si rendono
responsabili di questo reato. Mettere le mani in bocca ad un paziente senza essere odontoiatri molto presto potrà
costare carissimo perché, se anche l’Assemblea della Camera darà il suo voto favorevole, gli abusivi rischiano una
condanna fino a due anni di reclusione oltre ad una multa da 10.000 a 50.000 €. La condanna comporterà inoltre
la pubblicazione della sentenza in modo da rendere nota la sanzione, ma soprattutto la confisca delle attrezzature
e degli strumenti utilizzati per commettere il reato. A ben vedere è questa la sanzione più incisiva e maggiormente
deterrente, considerato che i concreti effetti della pena detentiva altra saranno mitigati dalla concessione della
condizionale che difficilmente si nega se non si è condannati a più di tre anni di reclusione. La categoria degli
odontoiatri ha osannato al pugno di ferro del legislatore. Ha sbandierato l’inasprimento di pena come un traguardo
risolutivo di questa triste piaga. Ha iniziato a sperare che i 600 milioni di euro drenati illegalmente da questo mercato
possano essere recuperati a quello regolare degli odontoiatri abilitati. Ha sciorinato con rabbia i numeri di un
fenomeno che impressionano: nella relazione accompagnatoria del disegno di legge e negli interventi d’aula si legge
che il NAS dal 2006 al 2012 ha effettuato 7.745 controlli, ha inoltrato 3.601 denunce, ha sequestrato 877 studi.
La logica che ne deriva fa dunque sperare che ben presto i 5.000/10.000 odontoiatri abusivi saranno estirpati dal
mercato.
L’osservatorio privilegiato dal quale da moltissimi anni osservo la professione odontoiatrica ha suscitato in me una
attenta riflessione, distaccata dalle populistiche impressioni della stampa di categoria, sul novitario disegno di legge,
calandone una proiezione degli effetti nella realtà del quotidiano. I repertori della giurisprudenza dell’ultimo lustro
fanno infatti emergere che la maggior parte dei sequestri di studi o di attrezzature odontoiatriche non sono stati
operati in danno dell’impavido odontotecnico o del praticone che esercitava abusivamente nel sottoscala del condominio, bensì di titolati professionisti in conseguenza di condotte marginali come ad esempio quella di aver consentito
alla propria assistente alla poltrona qualche banale operazione di igiene. Se poi analizziamo le denunce riscontriamo
che la più parte riguardano odontoiatri che hanno lasciato sostituire un bracket alla loro assistente o le hanno chiesto
di rimuovere del cemento dalla bocca del paziente siccome impediti nella preparazione della protesi da installare
in via definitiva. Altre volte per avere consentito ad odontotecnici di aiutarli nel rilevare un’impronta o nel controllare
con loro un’occlusione protesica incongrua o un apparecchio necessitante di sistemazione. Condotte certamente
sbagliate, indiscutibilmente biasimevoli e, per questo, non meno meritevoli di essere perseguite che le altre. Ciò che
la categoria non sembra però aver adeguatamente colto è che queste condanne oggi sono la più parte di quelle
pronunciate in materia di abusivismo odontoiatrico. È infatti indiscutibilmente più facile colpire questo abusivismo
marginale che non quello di chi, privo di qualunque titolo, improvvidamente esercita l’odontoiatria senza insegne,
né campanelli, nascosto dietro una parete mobile di un negozio dove anche per il NAS non è facile scovarlo e da
dove è possibile dileguarsi senza che nessuno veda. Nelle aule di giustizia questi casi sono molto pochi rispetto
agli altri. C’è allora da riflettere se l’inasprimento delle pene dell’articolo 348 del codice penale sia stato condiviso in un intento di moralizzazione della categoria, ritenendo che il prezzo che essa dovrà pagare è il necessario
scotto per arginare il fenomeno perché a questo prezzo si accompagnerà una nuova strategia di lotta per stanare i
5000/10.000 abusivi, tanti sono secondo la categoria quelli che infestano l’odontoiatria, e consegnarli alla giustizia
o si tratti invece di una banale mancanza di riflessione sulle conseguenze pratiche della modificazione legislativa. Se
fosse così, a pagare il nuovo salatissimo conto saranno ancora una volta solo gli odontoiatri che piangeranno quello
che non tarderà a rivelarsi un autogoal al quale ha contribuito non poco la categoria, considerata l’irrisorietà dei
costi delle attrezzature delle altre professioni, come quella di ingegnere, avvocato, infermiere, erborista, etc. ai quali
parimenti si riferisce la norma.
Merita forse che la categoria torni ad interrogarsi prima che il provvedimento che è attualmente all’esame della
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Camera dei Deputati, sia licenziato in via definitiva, valutando se non sia il caso di chiederne la correzione della sua
portata. Il reato di esercizio abusivo della professione è infatti punito da una norma penale in bianco configurata in
modo identico per qualunque professione ed essa necessita quindi di essere riempita, guardando alle leggi che
regolamentano le singole professioni. Quella di odontoiatra per molti anni ha mutuato la sua disciplina da quella
medico chirurgica, ma dal 1985 è regolata dalla legge 409 in modo autonomo con chiara specificazione di quali
siano gli atti che la connotano. Anche la professione di igienista dentale è una professione regolamentata dall’art. 2
del D.M. 15 marzo 1999 n. 137. Eppure la fattispecie incriminatrice continua ad essere pesantemente improntata
sull’art. 11 del R.D. 31 maggio 1928 n. 1334 (utilizzato per riempiere la norma), che vieta all’odontotecnico alcuna
manovra, cruenta o incruenta, nella bocca sana o ammalata del paziente anche alla presenza dell’odontoiatra.
Esso infatti rende molto semplice l’accertamento del fatto-reato, consentendo di ricomprendervi anche la semplice
sostituzione di un bracket o il tenere fermo il rilevatore di un impronta da parte dell’assistente alla poltrona ancorché
posizionato in bocca dall’odontoiatra, come qualunque altro atto estemporaneo di emergenza collaborativa privo di
qualunque significato di diagnosi o di cura. Tutte queste insignificanti attività interessano necessariamente l’interno
della bocca e per ciò stesso sono ex se reato quando non siano compiute da un soggetto abilitato. Chiunque ne
coglie però la differenza con la struttura e la ratio dell’art. 348 del codice penale che è quella di impedire attività di
“diagnosi e cura” a soggetti che, in quanto privi di abilitazione, non possono essere garanti dell’obbligo di sicurezza nei confronti del paziente. La modificazione dell’art 348 del codice penale meritava forse per quanto attiene
alla professione odontoiatrica la contestuale abrogazione, la revisione o il semplice riesame dell’art. 11del R.D.
1334/1928 o magari qualche altro accorgimento per armonizzare la fattispecie incriminatrice in modo unitario con le
altre professioni, ma soprattutto una maggior attenzione della categoria alle sue conseguenze per non dover essere
l’unica a pagare un prezzo spropositato giustificandolo con l’esigenza anche della moralizzazione della professione
odontoiatrica.
Avv. Roberto Longhin
Consulente legale SUSO
Il ravvedimento operoso allunga
la mano agli omessi versamenti
In linea teorica, i diversi versamenti delle imposte collegate alla dichiarazione dei redditi per il 2013 sono stati tutti
effettuati (tranne quello del secondo acconto di novembre), ovvero sono in corso di rateazione. Ma può essere accaduto, o potrebbe accadere, che quale scadenza non sia stata rispettata: è il caso pertanto di fare un rapido punto
della situazione per conoscere le possibilità che la legge offre per rimediare ad eventuali errori od omissioni.
L’omesso versamento delle imposte
Rinviando a dopo l’analisi del meccanismo di calcolo delle sanzioni dovute, si rende necessaria una prima riflessione
per chi non ha effettuato il versamento del saldo e del primo acconto. In caso di omissione, piuttosto che ravvedere
l’intero importo non versato alla scadenza prevista, e dunque corrispondere sul predetto intero importo le relative
sanzioni, conviene optare per il versamento rateale. In questo modo il ravvedimento e il pagamento in ritardo e le
relative sanzioni riguarderà solo le rate non versate alle singole scadenze, mentre sarà possibile rispettare quelle
ordinarie delle rate ancora da pagare. Ad esempio, se si ravvede l’omissione prima della quarta rata, non è conveniente sanare tutto l’omesso versamento, ma piuttosto “riprendere” gli adempimenti rateizzati dalla quarta rata in poi e
provvedere al ravvedimento delle prime tre.
L’errato versamento del 20 agosto
Altro aspetto preliminare riguarda l’eventuale errato calcolo dell’importo da corrispondere il 20 agosto. Per fruire di
tale data di versamento della prima rata del saldo e del primo acconto, era necessario maggiorare gli importi dovuti
dello 0,40%. Tradotto in termini pratici, se l’importo dovuto era di 1.000,00 euro, chi ha versato al 20 agosto ha
maggiorato a 1.004,00 euro il versamento. Nel passato, in caso di eventuali dimenticanze, con versamento privo
della maggiorazione, l’amministrazione finanziaria riteneva di poter irrogare la sanzione del 30% (dovuta per gli
omessi versamenti), sull’intero importo di 1.000,00 euro (300 euro) inverosimile e spropositata. La circolare n. 27
del 2013 dell’Agenzia delle Entrate ha risolto l’equivoco, precisando che è sanzionabile solo l’importo non versato
(nell’esempio 4 euro). Non occorre nemmeno che il versamento effettuato copra l’intero importo delle imposte
dovute. Il contribuente può di fatto aver errato anche versando di meno in termini di imposte (ad esempio, 960,00
euro). In questo caso, la circolare n. 27 del 2013 “salva” comunque l’importo versato e solo la differenza ancora
dovuta sarà eventualmente esposta a sanzione, fermo restando che il contribuente può operare il ravvedimento
operoso, riducendo le sanzioni sull’importo pagato in ritardo.
Il ravvedimento operoso
Il termine “ravvedimento operoso” individua le situazioni in cui il contribuente, resosi conto di aver omesso o errato
un versamento, nel rispetto di una precisa tempistica vi pone rimedio. Viene premiato con la riduzione delle sanzioni
applicabili, ferma restando la necessità di corrispondere anche gli interessi dovuti per legge. La sanzione riferita agli
omessi o errati versamenti è stabilita nella misura del 30%. Senza entrare in tecnicismi basta sapere che la sanzione
è irrogata nei casi in cui le imposte evidenziate nella dichiarazione dei redditi (o anche i relativi acconti), sono del
tutto omesse o versate parzialmente. Importante altresì sottolineare il concetto che stiamo parlando di imposte
evidenziate in dichiarazione dei redditi e, dunque,liquidate spontaneamente dal contribuente. Se invece le imposte
cambiano per correzione di un errore (ad esempio, un ammortamento calcolato in misura eccedente), allora è la
liquidazione dell’imposta ad essere cambiata, quindi le sanzioni sono irrogate nella misura del 100% dell’imposta.
Esempio: dichiarazione dei redditi con ammortamenti di 1.000,00 e imposte da versare calcolate pari a 100,00.
L’omesso versamento di 100,00 espone alla sanzione del 30%; Dichiarazione dei redditi con ammortamento di
1.000,00 e imposte calcolate pari a 100,00, correttamente versate alle scadenze. Il contribuente si accorge di
aver erratoper eccesso gli ammortamenti, in realtà pari a 500,00 e che le imposte dovute sono dunque pari a
150,00. In tal caso si tratta di un errore sostanziale e il versamento delle imposte in più (50,00), ha una sanzione
di riferimento del 100%. Fissata la distinzione di fondo, la norma che riduce la sanzione in caso di ravvedimento
è univoca. La sanzione è infatti ridotta nella misura di: 1/10 del minimo edittale (3%), in presenza di un omesso o
tardivo versamento d’imposta corretto nei 30 giorni successivi al termine di legge ordinario; 1/8 del minimo edittale
(3,75%), se il ravvedimento avviene nel termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui l’infrazione
è stata commessa. Anche in tal caso, un esempio è di aiuto. Si immagini di omettere il prossimo versamento del
secondo acconto previsto per il 30 novembre 2014. Trattasi di un importo liquidato nella dichiarazione è dunque
esposto alla sanzione del 30%. In caso di ravvedimento, possono registrarsi le seguenti riduzioni: 1/10, pari al 3%,
in caso di pagamento delle somme dovute entro trenta giorni dalla relativa scadenza; 1/8, pari al 3,75%, nel caso di
ravvedimento entro il 30 settembre 2015. Infine, è bene rammentare che il ravvedimento operoso con la riduzione
delle sanzioni non è applicabile qualora la violazione sia già stata autonomamente rilevata dall’Agenzia delle Entrate
(anche con il c.d. avviso bonario) oppure siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di
accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza.
Il ravvedimento “sprint”
Nei primi quindici giorni di ritardo nell’esecuzione di un versamento è possibile fruire di un’ulteriore riduzione. Infatti è
normativamente previsto che la sanzione del 30% è in realtà calcolata in misura di 1/15 per ogni giorno di ritardo.
Di fatto si tratta di una sanzione del 2% giornaliera, che solo al quindicesimo giorno diviene del 30%. Ovviamente,
poiché il contribuente “ravvede” il versamento, si può fruire della riduzione della sanzione nella misura di 1/10.
Pertanto, in caso di omesso versamento dell’importo di 1.000,00 euro, il ravvedimento determina il seguente calcolo
delle sanzioni: Ritardo di 1 giorno: sanzione di 2 euro (0,2%); Ritardo di 4 giorni: sanzione di 8 euro (0,8%); Ritardo
di 10 giorni: sanzione di 20 euro (2%); Ritardo di 14 giorni: sanzione di 28 euro (2,8%); Ritardo di 15 giorni:
sanzione di 30 euro (3%, ossia ordinaria riduzione della sanzione nei 30 giorni successivi alla scadenza).
Il ravvedimento frazionato
Uno dei principali problemi riferiti al pagamento delle imposte è, guarda caso, la necessaria risorsa finanziaria. Come
fare? Non viene detto ad alta voce per evidenti ragioni di opportunità, ma con un documento del 2011, la risoluzione
n. 67, l’Agenzia delle Entrate ha ammesso la possibilità di frazionare il ravvedimento. Di cosa si parla? Meglio ipotizzare un caso concreto. Il contribuente deve versare 8 mila euro tra saldo e primo acconto. Poi deve versare 4 mila
euro di secondo acconto. Non ha a disposizione tali importi, prevedendo però di averli a gennaio 2015. Ebbene,
è possibile programmare il versamento in maniera scaglionata, magari in quattro cadenze mensili da gennaio ad
aprile 2015 per un importo di 3 mila euro ciascuno. Cosa deve essere fatto? È necessario che siano corrisposti
interessi e soprattutto le sanzioni commisurati alla frazione del debito d’imposta versato tardivamente. In pratica,
ad ogni scadenza programmata (31 gennaio, 28 febbraio, 31 marzo e 30 aprile), oltre ai 3 mila euro d’imposte e
acconti, dovrà essere corrisposto il relativo importo di interessi e sanzioni. Il limite all’effettuazione di tali ravvedimenti
scaglionati è rappresentato da un sopravvenuto controllo fiscale nei confronti del contribuente ovvero dallo scadere
del termine per il ravvedimento. In tali circostanze, l’omesso versamento della parte di debito che residua non può
beneficiare delle riduzioni delle sanzioni che andranno irrogate dagli Uffici secondo le regole ordinarie.
In caso di errore del ravvedimento?
Nel parlare di ravvedimenti di vario genere, al contribuente residua sempre un dubbio: se poi anche il ravvedimento
è errato? Fortuna vuole che la citata circolare n. 27 del 2013 ha “alleggerito” tale problematica, statuendo che deve
essere premiata la volontà del contribuente di adempiere, a prescindere dagli errori commessi. Dal che la correttezza
del comportamento “virtuoso” di ravvedersi deve essere riconosciuta anche in presenza di un versamento complessivo insufficiente in termini di imposte, sanzioni e interessi con (addirittura) sanzioni e interessi non correttamente
commisurati alle imposte versate. La circolare, infatti, afferma chiaramente che il ravvedimento deve considerarsi
comunque perfezionato seppure solo con riferimento alla quota parte dell’imposta proporzionata al quantum
complessivamente corrisposto a vario titolo. La sola necessità richiesta è che a titolo di sanzioni qualcosa sia stato
versato con l’apposito codice tributo, dopo di che non serve null’altro, se non una grande pazienza per gestire la
correzione degli importi, che dovrà essere effettuato dal proprio consulente di fiducia in collaborazione con l’Ufficio
competente dell’Agenzia delle Entrate.
Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi
(Fonte Confprofessioni)
INDENNITÀ DI FINE RAPPORTO ENPAM: IL RIMBORSO
PER I MEDICI CONVENZIONATI
DEVE SOGGIACERE A TASSAZIONE SOSTITUTIVA
Le vicissitudini che vedono coinvolto l’ente pensionistico di categoria sono ormai note a livello nazionale.Con la
chiusura delle indagini da parte dei pubblici ministeri Nello Rossi e Corrado Fasanelli è arrivata ad una svolta la vicenda
dell’Enpam che ha coinvolto, direttamente o indirettamente, tutti i camici bianchi.
A decorrere dal 2006 quasi tre miliardi di euro, circa i tre quarti del patrimonio mobiliare dell’ente, sono risultati infatti
investiti in derivati tossici.I risultati di questa gestione, quanto meno discutibile, hanno cagionato una perdita di oltre 250
milioni di euro mettendo in predicato l’assistenza pensionistica garantita dall’ente.
A fronte di queste premesse, assume particolare rilievo la sentenza pronunciata dalla Suprema Corte lo scorso giugno
(Cass. civ. - Sez. V; Sent. N. 13461 del 13.06.2014) che di fatto – ed in un momento di incertezze – pone punti fermi
sulla definizione di uno degli aspetti principali che caratterizza il rapporto tra l’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza
dei Medici ed i suoi assistiti: il trattamento della somma corrisposta all’atto della cessazione del rapporto di lavoro a titolo
di indennità di fine rapporto.
Quale l’oggetto del contendere? Il trattamento fiscale e previdenziale dei medici generici convenzionati con il Servizio
Sanitario Nazionale. Notoriamente la battaglia che vede su distinte posizioni medici, pubbliche amministrazioni e casse
di previdenza si trascina da anni, e con fortune alterne.La qualificazione di un rapporto di lavoro implica, spesso, un
notevole sforzo interpretativo ed è indubbio come quello del medico convenzionato sia un lavoro riconducibile a quella
“zona d’ombra” compresa tra autonomia e subordinazione.
Se consideriamo la natura parasubordinata di questa particolare categoria medica, va contestualmente obbiettata la
mancanza delle più naturali tutele che caratterizzano tale figura lavorativa oltre a non spiegarsi il perché venga loro
riservato un trattamento fiscale tipicamente autonomo con conseguente pregiudizio dell’ammontare finale dei compensi
in sede di dichiarazione dei redditi.
Un risvolto positivo in realtà potrebbe esistere poiché al termine della collaborazione lavorativa, il trattamento fiscale
riservato a talune categorie di reddito non subordinato prevede l’adozione di un imposta sostitutiva ad aliquota unica
generalmente più favorevole della tassazione ordinaria prevista per il personale subordinato. Tassazione, quest’ultima, che
implica peraltro il conguaglio con gli altri redditi personali del medico.
Ma il condizionale è d’uopo. Di diverso avviso si è infatti dimostrata l’Enpam, la quale – non avendo dubbi sulla natura
parasubordinata del rapporto di lavoro - tende a valutare secondo i dettati dall’art. 17 del Testo Unico sulle imposte dei
Redditi. (ora 19 nuovo TUIR.) le indennità di fine rapporto in sede
di cessazione dei rapporti.
Dal carattere di parasubordinazione del rapporto di lavoro in
questione l’Enpam desume, quindi, ai fini della disciplina fiscale,
la riconducibilità di quest’ultimo,, ai rapporti di lavoro assimilati
a quelli dipendenti. La conseguenza palese sarebbe quindi un
trattamento incongruente della figura professionale del medico
convenzionato il quale sarebbe tassato in forma autonoma
durante l’intera vita professionale per poi soggiacere ad un
trattamento fiscale di tipo subordinato in sede di cessazione
del rapporto.
Orbene, secondo la nuova pronuncia giurisprudenziale, tale
applicazione normativa è erronea, dovendo più correttamente
applicarsi gli accorgimenti prescritti dal successivo art. 18
(ora 21 nuovo TUIR) e che riguardano gli “altri redditi” per
i quali “‘l’imposta è determinata applicando all’ammontare
percepito, l’aliquota corrispondente alla meta’ del reddito
complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore
all’anno in cui è sorto il diritto alla loro percezione ovvero,
per i redditi e le somme indicati, rispettivamente, nelle
lettere b), c-bis) e n-bis) del comma 1 dell’articolo 17, all’anno in cui sono percepiti.”
Non possiamo che accogliere positivamente questa pronuncia esortando i professionisti a farla valere nelle sedi indicate.
Alfredo Piccaluga
Commercialista in Torino - [email protected]
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Caro dipendente... quanto mi costi?
La retribuzione del lavoratore subordinato
e relativo costo del lavoro
Con il termine di retribuzione si intende il corrispettivo che il lavoratore dipendente deve ricevere dal datore di lavoro per l’attività effettuata, sia in termini
di durata temporale che di capacità professionale. Nel contratto di lavoro
subordinato, rappresenta l’elemento fondamentale per determinare i limiti
della convenienza economica per entrambe le parti stipulanti.Il lavoratore,
per principio costituzionale, ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla
quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente a garantire al lui
ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. (art. 36 della Costituzione
Italiana).
Sulla base del dettato costituzionale, la retribuzione deve rispettare:
• la proporzionalità: la quantità dell’ammontare non è relazionata soltanto al
tempo del lavoro svolto, ma anche alla qualità della prestazione in termini
di difficoltà, importanza e complessità, nonché di responsabilità.
• la sufficienza: al lavoratore deve essere garantita una retribuzione che
possa attuare il programma sociale individuato dall’art. 3 della Costituzione, proporzionata anche alle sue concrete esigenze e della propria
famiglia.
La definizione di retribuzione e le modalità per determinare la sua quantificazione sono contenute nell’art. 2099 del Codice Civile.
La retribuzione, in via generale, è rimessa alla libera determinazione delle
parti stipulanti il contratto di lavoro, nel rispetto però di un limite minimo - che
la giurisprudenza ha individuato nei valori di paga base fissati dai contratti
collettivi nazionali di categoria - determinato in applicazione del principio
costituzionale sueesposto.
La retribuzione è caratterizzata da alcuni principi :
• Obbligatorietà: la retribuzione è un elemento obbligatorio del contratto di
lavoro ed il lavoratore ne ha diritto in conformità a quanto previsto dalle
leggi e dai contratti collettivi nazionali di categoria, anche per le assenze
dovute a malattia, gravidanza, infortunio, ecc.
• Corrispettività: rappresenta il corrispettivo della prestazione svolta dal
lavoratore subordinato a favore del datore di lavoro;
• Equità e sufficienza :non può essere inferiore a quella stabilita dai contratti
collettivi nazionali di lavoro vigenti applicati per il settore di appartenenza;
• Continuità: deve essere corrisposta con periodicità e continuità, con le
modalità e nei termini stabiliti nel contratto collettivo e/o aziendale;
• Determinatezza: gli elementi che la compongono devono essere determinabili sulla base del contratto di lavoro stipulato tra le parti.
È vietato adottare sistemi retributivi discriminatori in relazione al sesso ed
all’età dei lavoratori quando le prestazioni siano uguali o di pari valore.
La retribuzione complessiva del lavoratore si compone di un insieme di
elementi stabiliti dalla legge, dai contratti collettivi, dagli accordi individuali
fra datore di lavoro e lavoratore e anche dagli eventuali compensi erogati
unilateralmente dal datore.
I principali elementi che la compongono e che ritroviamo analizzando le
buste paga sono:
• Minimi tabellari o contrattuali (retribuzione base);
• Superminimo individuale assorbibile;
• Superminimo individuale non assorbibile;
• Scatti di anzianità.
A.i minimi tabellari o contrattuali stabiliscono le retribuzioni minime relative
ad ogni singolo livello di inquadramento contrattuale e rappresentano
la valutazione che le parti sociali esprimono sulla qualità e quantità del
lavoro prestato. Esse seguono l’andamento della contrattazione collettiva
nazionale e quindi variano nel tempo.
B.il superminimo individuale assorbibile rappresenta un riconoscimento
economico aggiuntivo, erogato individualmente, rispetto ai minimi stabiliti
dalla contrattazione collettiva nazionale. La sua erogazione è prevista
da patti individuali specifici risultanti da atto scritto tra il datore di lavoro
ed il lavoratore. I superminimi individuali c.d. assorbibili possono essere
assorbiti da successivi aumenti contrattuali disposti in sede di rinnovo del
medesimo contratto collettivo.
C.il superminimo individuale non assorbibile rappresenta un riconoscimento
economico aggiuntivo rispetto ai minimi stabiliti dalla contrattazione
collettiva nazionale. La sua erogazione è prevista da patti individuali tra il
datore di lavoro ed il lavoratore subordinato ed è erogato individualmente
Anno XII n. 00
2014
SUSO news
Notiziario d’informazione del Sindacato
Unitario Specialità Ortognatodonzia
SUSO
L.go Re Umberto 104 – 10128 Torino
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ai dipendenti ritenuti meritevoli di tale trattamento, in considerazione di
specifiche qualità personali (capacità professionale, operosità, ecc.) ovvero
di particolari situazioni di mercato (carenza di lavoratori aventi determinate caratteristiche professionali). Tale voce retributiva - contrariamente
a quanto previsto per il “superminimo individuale assorbibile” - non può
essere assorbita dai c.d. futuri aumenti contrattuali.
D.gli scatti (o aumenti periodici) di anzianità consistono in una attribuzione
patrimoniale di natura retributiva stabiliti in via autonoma dalla contrattazione collettiva sul presupposto di una maggiore proficuità del lavoro
prestato con il progredire della sua anzianità di servizio. La disciplina degli
aumenti periodici di anzianità è pertanto dettata dai contratti collettivi
di categoria. Il CCNL attualmente in vigore per i dipendenti da studi
professionali, prevede che il lavoratore ha diritto ad otto scatti con
cadenza triennale, per l’anzianità di servizio maturata presso lo
stesso datore di lavoro. Gli importi sono determinati in cifra fissa e
per ciascun livello di inquadramento.
La determinazione del “costo del lavoro” è un’operazione contabile
importante e particolarmente delicata da effettuare perché
comporta una serie di considerazioni e di collegamenti che
richiedono specifica competenza ed attenzione.
Per organizzare e pianificare lo sviluppo di una qualsivoglia
realtà produttiva è fondamentale determinare, esaminare e
valutare tutte le componenti del costo del lavoro attraverso l’utilizzo adeguato di metodi e tecniche di calcolo.
Mancando un metodo univoco, specifico e accreditato
in via generale di calcolo del costo del lavoro, qualsiasi
ragionamento contabile prospettato in tale ambito è
personalizzabile ed è suscettibile di margini di discussione. Il costo del lavoro
rientra fra i quelli di produzione e rappresenta, per tutti i bilanci degli studi
professionali ed in generale di tutte le realtà produttive, una delle voci di
spesa più rilevanti. Il suo calcolo è determinato tenendo presenti gli oneri
(normativi, contrattuali ed economici) derivanti dall’applicazione delle disposizioni di legge, degli accordi interconfederali, dei contratti collettivi nazionali e
degli accordi stipulati a livello aziendale e individuale.
Ai fini del conteggio del costo, i singoli elementi possono essere ricondotti a
due macro raggruppamenti :
a) costi diretti;
b) indiretti e differiti.
Il raggruppamento dei costi diretti racchiude gli elementi ricorrenti della
retribuzione, corrisposti con carattere di continuità ed è in stretto rapporto
con il tempo-lavoro.
Vi sono ricompresi i seguenti elementi :
• paga base;
• indennità di contingenza;
• superminimi;
• elemento distinto della retribuzione;
• scatti di anzianità;
• premi di produzione;
• indennità ed incentivi;
• fringe benefits ;
• integrazioni conto datore di lavoro per malattie o infortuni;
• eventuali altri elementi retributivi diretti presenti in ogni singola realtà
produttiva.
Il raggruppamento dei costi indiretti e differiti è caratterizzato dall’assenza di
attività lavorativa e dall’erogazione differita nel tempo. Essi sono determinati
con riferimento al numero di ore di effettiva prestazione nell’anno considerato e detraendo dalle ore annue lavorabili quelle “non lavorate” a causa di
ferie, festività, malattie, infortuni, riduzioni di orario, permessi, ecc.
In tale raggruppamento, sono compresi i seguenti elementi :
• tredicesima mensilità;
• quattordicesima mensilità;
• ferie;
• festività e permessi retribuiti vari;
• premi di risultato;
• trattamento di fine rapporto, accantonamento annuo e rivalutazione;
COMITATO DI REDAZIONE
Direttore Responsabile
Pietro di Michele
Vicepresidente SUSO
Umberto Garagiola
Segretario SUSO
Gianvito Chiarello
Tesoriere SUSO
William Manuzzi
•
•
•
•
•
oneri contributivi (Inps);
oneri assicurativi (Inail e polizze assicurative relative ai lavoratori);
oneri destinati a fondi di assistenza e/o previdenza complementare;
oneri Irap (imposta regionale sulle attività produttive);
eventuali altri elementi retributivi indiretti presenti in ogni singola realtà
produttiva.
L’analisi del costo del lavoro è un’attività che deve essere effettuata ed
esaminata periodicamente e a maggior ragione in contesti economici e
produttivi aziendali non positivi e/o in periodi di crisi economica generale,
come quelli attuali. Il costo è legato anche alle oscillazioni causate dalle
variazioni delle disposizioni legislative e/o della contrattazione collettiva
nazionale, che possono influire in maniera significativa sui conti economici e
di bilancio aziendali.
L’imprenditore, una volta rilevato il costo del lavoro relativo alla propria realtà
produttiva, potrà:
• controllare i costi delle risorse umane (collettivamente o individualmente);
• elaborare le azioni di politica retributiva aziendale e di gestione del
personale;
• progettare e migliorare e le future strategie imprenditoriali.
Dallo studio degli indici del costo del lavoro medio italiano, emerge un dato
chiaro, sintetico ed indiscutibile: il rapporto tra retribuzione netta percepita dal
lavoratore dipendente e costo del lavoro presenta un parametro proporzionale medio di circa il 2,20 %. Questo significa che rispetto alla retribuzione
netta percepita dai lavoratori subordinati, il costo per i datori di lavoro italiani,
è più del doppio !
L’Ocse, come ogni anno, ha pubblicato nel mese di aprile il consueto
Rapporto annuale Taxing Wagers (2014 relativo al 2013), attraverso il quale
viene valutata la pressione fiscale e contributiva nei paesi membri, analizzando il costo del lavoro sostenuto dal datore e il reddito effettivo percepito
dal prestatore d’opera. In pratica, l’Ocse esamina la differenza tra quanto
pagato dal datore e quanto percepito effettivamente dal lavoratore, essendo
il restante importo versato al fisco e agli enti previdenziali e assicurativi.
Da tale documento, emerge che, anche nel 2013, la hit parade relativa al
maggior costo del lavoro nei 34 paesi membri Ocse vede l’Italia in sesta
posizione con una pressione fiscale sul lavoro del 47,8% ; inferiore solo a
quella del Belgio con il 55,8%, della Germania con il 49,3%, dell’Austria
con il 49,1%,dell’Ungheria con il 49%, della Francia con il 48,9%.Si consideri che, mentre nell’area Ocse la media è del 35,9%, in Gran Bretagna è
del 31,5%, in Irlanda del 26,6%, in Svizzera del 22%.
COORDINAMENTO REDAZIONALE
Patrizia Biancucci
IN REDAZIONE
Pietro Bracco
Gabriella Ceretti
Alessandra Leone
Federico Picchioni
Claudia Tosi
Pasquale Venneri
SEGRETERIA DI REDAZIONE
Angela Rosso
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Chiuso in tipografia il 06/10/2014
L’ODONTOIATRA, quali REGOLE FISCALI?
L’attività odontoiatrica può essere esercitata sotto forma di
professione o di impresa. La regola è l’esercizio dell’attività
odontoiatrica sotto forma professionale, ma svariate motivazioni possono indurre all’apertura di centri odontoiatrici
sotto forma imprenditoriale.
Di seguito vengono analizzate le principiali regole fiscali
che interessano l’attività professionale, applicando il regime
contabile ordinario. Oltre a tale regime contabile possono
essere adottati, se vengono rispettati determinati requisiti,
nei primi tre anni di esercizio dell’attività professionale il
regime delle nuove iniziative produttive ai sensi dell’articolo
13 della L. 23/12/2000, n. 388 e nei primi cinque anni
di esercizio dell’attività professionale e comunque dai
giovani sino al trentacinquesimo anno di età il regime dei
contribuenti minimi disciplinato dall’articolo 1 commi da
96 a 117 della L. 24/12/2007, n. 244 e dall’articolo 27
del D.L. 06/07/2011 n. 98.
Nell’attività professionale il reddito viene determinato applicando il c.d. principio di cassa; ossia il reddito deriva, salvo
alcune deroghe, dalla differenza tra i compensi incassati e
le spese effettivamente sostenute nel periodo di imposta.
Rileva quindi unicamente, nella determinazione del reddito,
l’incassato ed il pagato. Concorrono inoltre nella determinazione del reddito le plusvalenze e minusvalenze derivanti
dalla cessione di beni strumentali ammortizzabili acquistati
dopo il 4 luglio 2006.
L’acquisto di beni strumentali per l’attività professionale
di importo superiore a 516,46 euro non può essere
integralmente dedotto nell’esercizio di acquisizione, ma
è deducibile una quota annua di ammortamento non
superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei
beni delle aliquote stabilite dall’Agenzia delle Entrate nel
datato D.M. 31 dicembre 1988.
Nel caso nello studio professionale ci siano in forza dei
dipendenti, risulta deducibile, secondo il principio di
competenza, la quota annuale di accantonamento al
Trattamento di fine rapporto.
Altra deroga all’applicazione del principio di cassa è
relativa alla deducibilità dei canoni leasing. I canoni leasing
sono deducibili in base al principio di competenza,
ovvero sono deducibili nel periodo in cui maturano e non
assume più alcuna rilevanza il pagamento. A prescindere
dalla durata contrattuale, la deduzione dei canoni leasing
è ammessa per un periodo non inferiore alla metà del
periodo di ammortamento corrispondente all’applicazione
sul costo del bene del coefficiente stabilito nel D.M.
31/12/1988. Occorre evidenziare che dal 2014 la deduzione dei canoni leasing relativi a beni immobili strumentali
è ammessa per un periodo non inferiore a dodici anni.
Oltre a queste regole generali sono poi previste delle
limitazioni alla deducibilità dei costi sostenuti nell’esercizio
dell’attività professionale.
La quota di ammortamento, i canoni leasing e le spese
relative ad autovetture utilizzate per l’esercizio dell’attività
professionale sono deducibili nella misura del 20 per
cento. Questa limitazione risulta sicuramente molto penalizzante per il consulente ortodontista, che ha nell’autovettura un indispensabile strumento di lavoro.
Inoltre, nel caso di acquisizione delle autovetture, non
possono comunque essere dedotti i costi che eccedono
euro 18.075,99. Nei contratti di leasing non sono deducibili i canoni leasing proporzionalmente corrispondenti
al costo che eccede il predetto limite e la deducibilità dei
canoni è consentita per un periodo non inferiore a 48
mesi.
La deducibilità dei costi relativi alle autovetture è limitata
ad un solo veicolo nel caso di attività svolta in forma
individuale; nel caso di attività svolta in forma associata ad
un veicolo per ogni socio o associato.
Le spese telefoniche sono deducibili nella misura dell’80
per cento.
Le spese per alberghi e ristoranti sono deducibili nella
misura del 75 per cento ed, in ogni caso, per un importo
non superiore al 2 per cento dei compensi percepiti.
Le spese di rappresentanza sono deducibili nel limite
dell’1 per cento dei compensi percepiti.
Le spese di partecipazione a convegni, congressi o a
corsi di aggiornamento, incluse quelle di vitto e soggiorno,
sono deducibili nella misura del 50 per cento del loro
ammontare.
Quindi i costi per alberghi e ristoranti sostenuti per la
partecipazione a convegni sono deducibili in misura pari al
37,50 per cento (50% del 75% del costo sostenuto).
Non risultano infine deducibili i compensi pagati al
coniuge, ai figli minori di età o permanentemente inabili
al lavoro, nonché agli ascendenti del professionista, a
meno che gli stessi non svolgano una autonoma attività
professionale.
Nella determinazione del reddito occorre, altresì, tenere in
considerazione che i compensi percepiti per prestazioni
sanitarie sono esenti da IVA e di conseguenza, ai sensi
dell’articolo 19 comma 2 del D.P.R. 633/1972, non è
possibile detrarre l’IVA pagata per l’acquisto di beni e
servizi, che diventa quindi un costo per l’odontoiatra. Ogni
variazione legislativa, che comporta un aumento dell’aliquota IVA da applicare, comporta per l’odontoiatra un
aumento dei costi, che deve essere tenuto in considerazione nella gestione della propria attività professionale.
La definizione del reddito professionale, sulla base
delle predette regole, diventa la base di partenza per la
determinazione delle imposte dovute da ogni singolo
professionista.
In conclusione appare anche opportuno richiamare la
normativa sulla riscossione accentrata dei compensi da
parte delle strutture sanitarie private, disciplinata dall’articolo 1 commi da 38 a 42 della L. 27/12/2006, N. 296.
Con circolare n. 13/E del 15/03/2007 l’Agenzia delle
Entrate ha chiarito che per strutture sanitarie devono
intendersi le società, gli istituti, le associazioni, i centri
medici e diagnostici e ogni altro ente o soggetto privato,
in qualsiasi forma organizzati, che operano nel settore dei
servizi sanitari. Rientrano quindi tra i soggetti obbligati tutti
gli studi odontoiatrici.
Sono soggette alla normativa le strutture sanitarie nelle
quali l’odontoiatra, non titolare della struttura, che ha
effettuato la prestazione sanitaria, fattura direttamente al
paziente.
Non risultano invece interessati alla normativa in questione
gli studi, i centri odontoiatrici, che ricevono le fatture dal
professionista che ha effettuato la prestazione sanitaria, e
poi procedono alla fatturazione ai pazienti.
Maurizio Tonini
Consulente Fiscale SUSO
07
speciale assicurazione
IN TEMPI DI CRISI, MEGLIO INVESTIRE NELL’ORTO
(MA NON È UN INVITO A DARSI ALL’AGRICOLTURA)
Se non fosse per la O maiuscola “investo nell’Orto” potrebbe essere
scambiato per l’invito a ritornare alle sane abitudini agricole, alla campagna
promozionale di qualche Comune attento ai bisogni della Terza Età, nel
concedere un appezzamento di terreno ai pensionati della città, affinchè vi
trasfondano le loro energie e tempo libero, come del resto già avviene nelle
periferie di molte città italiane.
Invece quell’“Orto” in cui investire e che sta ovviamente per “Ortodonzia” è la
felice denominazione di una iniziativa congiunta, la prima in Italia, che tiene
insieme una florida Compagnia Assicuratrice, la Reale Mutua (per la cronaca
la più antica in Italia), un Sindacato di specialisti (il Suso, ovviamente) e i
capifamiglia, quelli che in termine giuridico vengono definiti i “buoni padri di
famiglia”: prudenti, risparmiosi e soprattutto attenti al futuro della loro prole,
ai quali, nella fattispecie possono essere tranquillamente essere equiparati i
nonni, affezionati, come sanno esserlo solo loro, ai loro nipoti.
Questa triade e la novità intrinseca della formula spiega perché per varare
l’accordo tra Suso e Reale c’è voluto tanto tempo. “Si è trattato soprattutto di un problema tecnico nostro, data l’architettura assicurativa insolita – spiega Paolo Garbaccio, della Reale, che insieme a Willy Manuzzi,
ordodontista in Torino e tesoriere Suso, può essere considerato il “padre”
della polizza – E così è passato un po’ di tempo prima che ci dessero il
via” continua Garbaccio con l’aria soddisfatta che deve avere un ciclista al
termine di una dura salita.
La polizza, come tutte le polizze, guarda al futuro e prevede che a due
età (7 e 14 anni) l’andamento della bocca di un bambino e poi ragazzo
vengano controllati perché tutto funzioni. Se è tutto OK, no problem: la
sommetta che il papa (o il nonno) destinava ogni mese per “parare” le
sorprese che sarebbero scaturite dalla bocca del figlio ( o nipote), gli verrà
messa a disposizione dalla Reale a 18 anni, alla maggiore età.
Se invece vi sarà bisogno di un intervento ortodontico, ecco scattare la
copertura della polizza per far fronte alle spese ortodontiche Per invogliare il
genitore o il nonno a stipulare un polizza in favore del figlio o nipote (specie
in tempi di “latitanza” di pazientela odontoiatrica) gli ortodontisti Suso si
impegnano a praticare uno sconto di favore ai pazienti che si assicureranno. Risultato? Nei casi migliori la fidelizzazione è assicurata: tra medico
e paziente, tra paziente e Assicurazione, tra medico e Assicurazione. Niente
male per un solo contratto.
INVESTO NELL’ORTO PERCHé GUARDO OLTRE LA PUNTA..
DEL MIO NASO
Finalmente, dopo un periodo piuttosto lungo di gestazione per problemi burocratico-legali, si concretizza la proposta
di convenzione tra SUSO e REALE MUTUA ASSICURAZIONI di cui abbiamo già parlato nel numero precedente di
Susonews e in varie manifestazioni (Modena. Bologna, Firenze). Ricordiamo i termini fondamentali dell’accordo.
Titolare della Convenzione SUSO – Reale Mutua Assicurazioni
Come si può facilmente intuire, le varianti cliniche (età di inizio terapia, tipologia e gravità della malocclusione, scelta dell’apparecchio) come pure quelle legate al contratto assicurativo (età del piccolo paziente alla stipula del contratto assicurativo,
regolarità e durata dei versamenti…) possono essere molteplici, modificando quindi, in modo assolutamente individuale, il
rapporto costi/copertura assicurativa.
Dei vantaggi per i famigliari dei pazienti abbiamo già parlato ma anche il professionista può trarre, a fronte di prezzi calmierati,
notevole beneficio da tale accordo, fidelizzare i suoi pazienti e godere della tranquillità nei pagamenti delle prestazioni. Con
tale iniziativa, SUSO continua nella sua politica di tutela nei confronti degli associati, cercando di contrastare lo squallido
mercato fatto di venditori, ciarlatani ed abusivi e salvaguardando la dignità e la professionalità dell’Ortodontista.
William Manuzzi
Tesoriere Nazionale SUSO
Contraente Il genitore del giovane paziente
Assicurato Il giovane paziente
Oggetto Terapia ortodontica (no cure dentistiche)
Durata Da età di ingresso fino ai 18 anni
Copertura Rimborso spese
documentate (tariffa convenzione) con un primo tetto massimale di € 2000 nella fascia di età compresa tra i 4/8 anni ed
un secondo di € 4000 (comprensivo eventualmente del tetto precedente) nella fascia di età compresa tra gli 8/12 anni.
Una terza fascia di età ( dai 12 ai 18 anni) prevede una copertura di € 7000 (comprensiva dei tetti precedentemente
eventualmente usufruiti)
Operatività Tra iscritti SUSO - Reale - Blue Assistance
Liquidazione Dal Contraente al Professionista
Al termine: Nel caso in cui il paziente abbia usufruito delle prestazioni, gli verrà liquidato il capitale residuo + interessi.
Nel caso di non utilizzo, l’assicurato riceverà, alla scadenza, tutto il capitale maturato + gli interessi composti.
In caso di contenzioso, il giudizio è demandato ad una Commissione arbitrale nominata
dall’Assicurato, dalla Compagnia e dal Sindacato che ne nomina il Presidente.
“INVESTO NELL’ORTO…” offre ai genitori dei giovani pazienti, al di sotto dei 18 anni, che si sottopongano ad una terapia
ortodontica, l’opportunità di beneficiare di condizioni esclusive presso i validi professionisti associati al Sindacato.
Un esempio: il sig.Rossi diventa papà e decide, alla nascita del figlio, di aderire all’iniziativa per accantonare, mese dopo
mese e anno dopo anno, una somma utile, in caso di necessità, per sostenere i costi di cure ortodontiche e, in caso di
ridotta o assente necessità, per sostenere economicamente alcuni progetti futuri del ragazzo.
08
PER L’ASSICURAZIONE CONTRO LA RESPONSABILITÀ
PROFESSIONALE CI VUOLE UN “ABITO SU
MISURA”
La responsabilità professionale in ambito civile costituisce un tema d’ attualità per la professione, risentendo della
grande considerazione sociale dedicata alla tutela del diritto contenuto nell’art. 32 della Costituzione, il DIRITTO ALLA
SALUTE. Il progresso scientifico se da un lato ha aumentato richieste ed aspettative dei cittadini verso la Medicina,
dall’altro ha modificato il rapporto medico-paziente, rendendolo più consapevole delle sue scelte ma anche più
severo nei confronti dell’operato del medico. L’idea di una medicina “infallibile” ha determinato una crescita esponenziale di contenziosi poiché il mancato conseguimento del risultato sperato, nell’immaginario collettivo, si accompagna
sovente all’idea dell’errore.
Per accertare e riconoscere una responsabilità del sanitario devono essere presenti tre elementi intimamente collegati:
• Condotta professionale colposa (commissiva o omissiva)
• Danno alla sfera giuridica del paziente obiettivamente dimostrabile
• Rapporto di causalità fra azione od omissione ed il danno
A seconda della fonte del danno, la responsabilità civile è tradizionalmente suddivisa in due fattispecie, contrattuale
ed extracontrattuale: nel primo caso all’origine del danno c’è il mancato adempimento o l’inesatta esecuzione di
un’obbligazione, nel secondo qualunque fatto illecito, doloso o colposo, che abbia cagionato ad altri un danno
ingiusto.
Il progressivo aumento del contenzioso tra medico e paziente è avvenuto sia nella sanità pubblica, intesa come
Sistema Sanitario Nazionale, sia in quella privata, coinvolgendo tutte le categorie in ambito medico-chirurgico,
seppur in modo diverso. Il picco del fenomeno si è registrato a cavallo degli anni 2000, passando ad esempio da
circa 9.500 sinistri denunciati nel 1994 a circa 33.400 negli anni 2000. In seguito la tendenza sembrava essersi
stabilizzata, fino ad arrivare dopo il 2000 addirittura ad una diminuzione dei sinistri denunciati per tutto il comparto
medico-chirurgico; il trend al ribasso si è poi bruscamente interrotto nel 2008-2009, con un aumento del 10% dei
contenziosi come confermato dai dati dell’Associazione Nazionale Imprese Assicuratrici.
Per salvaguardare professionalità e patrimonio, nella “ruota d’ingranaggio” dell’orologio di ogni specialista occorre una
condotta medica basata su competenze, etica e deontologia, una raccolta di idonea documentazione clinica sull’inizio
trattamento e quella relativa ai vari steps diagnostico-terapeutici sino a fine trattamento, e la stipula di una polizza
Responsabilità Civile, il più esaustiva possibile.
Si assiste ad un incremento esponenziale delle polizze perché oltrechè strumento indispensabile per la salvaguardia
della professione odontoiatrica, oggi è obbligo. Il Legislatore che con il DPR 130/69 già nel 1969 aveva introdotto
per le amministrazioni ospedaliere l’obbligo di assicurare la responsabilità civile della struttura e dei dipendenti, nel
2011 ha introdotto l’obbligo assicurativo per tutti i professionisti che esercitano la loro attività liberamente e in via
autonoma.
Dice infatti l’art.3, comma 5. L.148/2011: “Il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi
contenuto, salvo poi trovarsi con amare sorprese. Prendiamo pure
la “lente d’ingrandimento” e facciamo le nostre scelte considerando: il tipo di organizzazione professionale; le discipline
esercitate; i sinistri coperti dalla polizza; eventuali garanzie
aggiuntive e le clausole per le quali la compagnia non è
tenuta a rispondere.
Il testo e il costo della polizza dovranno essere legati
all’organizzazione ed al tipo di attività professionale che si vuole tutelare: poliambulatorio, società
professionale,studio privato singolo, studio associato,
attività di sola consulenza, S.S.N.
Quanto alle attività professionale esercitate, specificare se si tratta di odontoiatria generale, con o
senza implantologia, con o senza ortodonzia
(alcune clausole prevedono una parte quota per
coprire i danni da uso delle miniviti ortodontiche)
o se si tratta di una direzione sanitaria. Valutare anche l’estensione territoriale soprattutto se si opera anche all’estero
perché alcune polizze escludono paesi extra UE, USA e Canada.
Il consiglio è specificare l’oggetto dell’assicurazione, elencando le attività coperte dalla polizza da personalizzare sulla
base delle competenze svolte, senza tralasciare, ad esempio, i danni di natura estetica. I massimali devono inoltre
essere congrui rispetto al tipo di attività svolta. Prendere in considerazione anche la durata della polizza: alcune di
durata pluriennale, prevedono penali per il recesso; valutare la clausola della retroattività, richiesta spesso non nota
all’assicurato e controllare il periodo di copertura spesso limitata nel tempo; valutare le garanzie postume, capitolo
importante alla cessazione dell’esercizio o di decesso del contraente, evitando spiacevoli sorprese anche a distanza
dalla cessazione dell’attività o agli aventi diritto. Valutare eventuale franchigia obbligatoria in alcune polizze discrezionale in altre. Permette di abbassare il costo di polizza, quindi più adatta a professionisti esperti che ai più giovani che
hanno più probabilità di errori nell’esercizio dell’attività.
Quanto ai danni di tipo estetico la copertura dovrebbe prevedere quelli conseguenti ad interventi chirurgici di altro
tipo e che non costituiscono la mera finalità dell’intervento odontoiatrico. L’intento è indennizzare l’eventuale danno
estetico conseguenza di un intervento odontoiatrico ma non l’intervento di chirurgia estetica assicurato da un
prodotto specifico.
Da indicare nella polizza vi sono le garanzie aggiuntive. Esempio: atti dolosi commessi da collaboratori o dipendenti;
prestazioni straordinarie di medicina d’urgenza; danni da raggi X; attività di formazione, docenza, perizia; incidenti
legati ad impianti o attrezzature pertinenti alla professione. Clausola aggiuntiva e a pagamento è anche la tutela
legale.
Il tema dell’assicurazione professionale rientra quindi nell’ambito di un discorso complesso in quanto, pur volendo
riconoscere che esistono molti prodotti validi, non è altrettanto scontato che tutti siano idonei a soddisfare le richieste
specifiche dell’odontoiatra e dell’ortodontista. Alla luce del numero inimmaginabile di contenziosi in ambito medico, il
primo passo per una buona tutela della dignità e del patrimonio, è designare un “sarto” di fiducia per confezionare un
“abito su misura”.
Alessandra Leone
Consigliere Nazionale SUSO
Reale Mutua: una
lunga vita (176 anni)
all’insegna
della mutualità, per un
rapporto più personale
derivanti dall’esercizio della attività professionale”, confermato dall’art.9 D.L. 24.01.2012, n.1 in segno di prioritaria
protezione del terzo danneggiato, prima ancora che dell’assicurato medesimo. Successivamente dopo la proroga al
13 Agosto 2013, il 13 Agosto del ‘14 è diventata obbligo assoluto. L’obbligatorietà della polizza è prevista anche per
le società di professionisti, da indicare nello statuto all’atto della costituzione, nonché l’obbligo di comunicare i dati
della polizza R.C. ai clienti. L’inottemperanza costituisce illecito disciplinare.
Avere una copertura assicurativa adeguata e completa significa dunque per l’odontoiatra dotarsi di una polizza
adeguata, potenzialmente completa, possibilmente chiara, senza clausole e codicilli che possano limitarne gli effetti
al momento del risarcimento. Non è dunque sufficiente stipulare una qualsivoglia polizza, ma occorre scegliere nella
moltitudine delle proposte quella più confacente alla propria organizzazione lavorativa. Operazione “difficile” dato che
sul mercato circola di tutto e di più, con intermediatori che poco conoscono il settore dell’odontoiatria e dell’ortodonzia, e nel quale un prodotto sembra valere quanto l’altro. Sullo sfondo, l’imperativo categorico del non spendere
molto.
Acquistare un prodotto “ad hoc” è infatti complesso. Il consiglio è valutare con accuratezza i requisiti minimi essenziali del contratto per salvaguardarsi da possibili eventi sfavorevoli nell’esercizio della professione. Molto spesso i
contratti hanno molte pagine e scritte con caratteri minuscoli. la firma viene apposta senza conoscere esattamente il
La storia della Reale comincia il 31 dicembre 1828, quando a Torino, capitale del Regno di Sardegna, viene
costituita la “Società Reale d’Assicurazione Generale e Mutua Contro gl’Incendj”. Nel 1829 Re Carlo Felice firma
le Regie Patenti, e in seguito sottoscrive la polizza n. 1 per assicurare la sua residenza di Palazzo Chiablese. La
Società comincia il suo cammino e, già nel 1844, affianca al ramo incendi il ramo grandine. Con l’espansione
del Regno di Sardegna e l’avvicinarsi della realizzazione del sogno dell’unità d’Italia, Reale comincia a operare
in tutta la Penisola, tramite le proprie Agenzie sul territorio: nel 1859 apre la rappresentanza di Milano e, poco
dopo, numerose altre agenzie nel Nord.
La Società Reale Mutua di Assicurazioni, Capogruppo del Gruppo Reale Mutua, ha per oggetto l’esercizio, in
forma di mutua, dell’assicurazione in tutti i rami Danni e Vita; è presente sull’intero territorio nazionale e offre i
suoi servizi alla collettività: persone, famiglie, imprese. La forma societaria di Reale Mutua dà un’impronta ai suoi
valori e a quelli del Gruppo: il concetto di mutualità si fonda su principi che possono dare una risposta all’esigenza, sempre più sentita negli ultimi tempi, di recuperare, in una visione complessiva di responsabilità sociale,
un rapporto più personale tra imprese e cittadini.
Infatti quando si contrae una polizza, si diviene Socio/assicurato, qualità che si perde con l’estinguersi dell’assicurazione. L’adesione a una mutua si attua con il pagamento di un corrispettivo, sotto forma di premio, che
costituisce il presupposto per fruire della prestazione assicurativa e garantisce al Socio/assicurato non l’acquisto
di una quota del capitale sociale, e quindi prerogative patrimoniali e reddituali, bensì la fornitura di un servizio.
Il legame che si crea tra la mutua assicuratrice e i Soci/assicurati è dunque improntato a una forte vicinanza
tra di loro, poiché la società, non dovendo utilizzare parte dei suoi profitti per la remunerazione del capitale, si
concentra nel destinare le sue risorse al consolidamento, allo sviluppo e al miglioramento dei servizi offerti.
I principi generali comuni alle mutue assicuratrici sono i seguenti:
assenza di azionisti;
autonomia di gestione;
fine istituzionale incentrato sull’erogazione di servizi a favore dei Soci/assicurati;
patrimonio indiviso e destinato a copertura delle obbligazioni sociali e degli oneri gestionali.
La missione della Società deriva dalla sua natura mutualistica ed è quella di garantire ai Soci/assicurati qualità e
certezza delle prestazioni promesse e continuità e indipendenza del Gruppo.
09
ortodonzia top
MUORE GIUSEPPE COZZANI, GIGANTE DELL’ORTODONZIA
ITALIANA ED INTERNAZIONALE
Il 22 agosto è mancato a La Spezia Giuseppe Cozzani,
uno dei Maestri dell’Ortodonzia italiana. Tra i primi
specialisti in Ortognatodonzia nella neonata scuola di
Cagliari, è l’ ideatore e fondatore nel 1967 del GISO
(Gruppo Italiano di Studio di Ortodonzia) che, con
Magni,Tenti, Peduzzi, Poggio, Garino, Giorgetti, Falconi,
Di Gioia, Ragazzoni, Genone (co-fondatore del SUSO)
e Luzi, dà vita alla SIDO. Vivace di temperamento,
amante della dialettica ed animato da costante curiosità
scientifica, nell’aprile del ‘68 Cozzani porta in Italia
Antony Giannelly per il primo corso a La Spezia. Il suo
valore internazionale riceve un riconoscimento ufficiale,
quando, nel ’75, come presidente SIDO, prende parte a
San Francisco alla fondazione della WFO (World Federation of Orthodontics), cui aderiscono 68 Società scientifiche di 5 continenti. Nello stesso anno apre il “Centro Studi di Ortodonzia”
di La Spezia, scuola privata divenuta punto di riferimento nella preparazione
di giovani studiosi. Amico di Mario Martignoni, è fra i primi a “scoprire” la
Gnatologia negli anni ’60, essendosi dedicato per lunghi anni allo studio dei
problemi dell’articolazione temporo-mandibolare. Collabora alla creazione
della SIdP e degli Amici di Brugg e nel ’95 fonda anche l’IBO, Italian Board
of Orthodontics, partecipando nel contempo alla creazione del CIC, Comitato
Intersocietario di Coordinamento. Autore di 50 lavori scientifici, relatore a
livello internazionale, scrive oltre 10 libri di Ortodonzia, alcuni come “Il Giardino dell’Ortodonzia e “La terapia della triade denti muscoli articolazione” tradotti in varie lingue. Ricordando i momenti salienti della sua ricerca,
l’Università di Ferrara gli ha dedicato una tesi di specializzazione, mentre
l’Accademia italiana di ortodonzia gli ha conferito il premio alla carriera e la
qualifica di socio onorario. Cozzani lascia un grande vuoto, ma anche una
cospicua eredità didattico scientifica, culturale e umana.
by SUSOnews
LANTERI: “GRAZIE
PER AVER CONDIVISO
CON NOI
LA TUA AMICIZIA, IL LAVORO E
IL SAPERE”
CAPRIOGLIO: “PER I GIOVANI
UN MODELLO DI ENTUSIASMO
VOGLIA DI CONOSCERE
E DI SUPERARE LE
DIFFICOLTA’
L’allievo Claudio Lanteri, attuale presidente SIDO:
“Con Cozzani scompare una pietra miliare del lungo
percorso che ha condotto l’Ortodonzia italiana
ad occupare un posto di rilievo nello scenario
internazionale in cui “Giuse”, precursore ante
litteram, è stato sempre in prima fila, pieno di
vedute innovative, energia ed entusiasmo. Mi
piace ricordare anche la sua figura di
Maestro di una schiera innumerevole di
allievi, contagiati dalla sua passione ed
impareggiabile senso clinico. Grazie,
Giuseppe, di tutto ciò che hai donato alla
nostra amata Ortodonzia e per la tua
generosità nel condividere con noi la
tua amicizia, il lavoro e il tuo sapere”.
L’ amico e compagno di viaggio, Damaso Caprioglio: “Mi hanno
sempre meravigliato la sua schiettezza e onestà intellettuale nella
presentazione dei suoi casi. Aveva una visione eclettica dell’
Ortodonzia, vedendola con un aspetto olistico del paziente
in un rapporto Inter e multidisciplinare. Amava la ricerca
della verità, la schiettezza dei rapporti, la franchezza della
discussione anche se a volte un po’ accesa. Lo contraddistinguevano la semplicità, l’amabilità, l’essere vicino ad
ognuno nello studio ed umanamente ad allievi bisognosi
di particolare aiuto. Per me un amico, tra i più cari,
sinceri, profondi, con cui ho condiviso momenti
gioiosi e difficili. Spero che i giovani sappiano
copiarne l’entusiasmo, il desiderio di conoscere e
di superare le difficoltà per tendere alla verità”.
Claudio Lanteri
Il COMMOSSO RICORDO DI UNO DEI PRIMI “AMICI DI BRUGG”
Non possiamo non dare spazio al ricordo degli Amici di Brugg ( di cui fu Cozzani uno dei primi) contenuto nella loro newsletter in cui “con grande dispiacere” si dà la notizia della morte ai
colleghi “che per oltre 50 anni hanno avuto il privilegio di apprezzarne le grandi doti di professionista e di formatore”.
“Pioniere dell’Odontoiatria italiana e Amico di Brugg tra i primi Cozzani, Premio Biaggi 2001, ed amico da sempre – continua la newsletter - è stato ideatore dell’emblema degli
Amici di Brugg, membro del Consiglio Direttivo per lungo tempo, partecipando attivamente fin dalla fondazione alla vita dell’Associazione e contribuendo in modo significativo
alla diffusione della moderna ortodonzia nel nostro paese anche con un Centro Corsi caratterizzato dallo sviluppo di metodologie didattiche all’avanguardia, in cui riusciva a
mutuare la rigorosità e il meccanicismo del mondo scientifico americano con la multidisciplinarietà dell’impostazione terapeutica e del pensiero funzionale europeo.
Odontoiatra a tutto tondo, ha partecipato alla nascita ed allo sviluppo di diversi gruppi di Studio da cui sarebbero in seguito nate diverse società scientifiche italiane.
Attento, interessato e curioso, possedeva una verve ed un entusiasmo straordinario e contagioso che lo hanno accompagnato per tutta la sua lunghissima vita professionale e lo hanno portato a scrivere, oltre ad un gran numero di pubblicazioni scientifiche, anche tre diversi volumi, tradotti in diverse lingue. L’ultimo, risalente solo al
2009 ed intitolato “Terapia della triade: denti - muscoli - articolazioni” rappresenta una sorta di lascito culturale per le nuove generazioni, sintesi di oltre 50 anni di
esperienza clinica.
Con una vena di commozione ci piace ricordare la prima pubblicazione nel 1959 degli allora giovanissimi Amici di Brugg, dal titolo “Appunti e note di Conservativa e Protesi”: un libro-dispensa scritto da un ancor più giovane Giuseppe Cozzani studente ed allievo ai corsi di Augusto Biaggi e Luigi Castagnola. Grazie,
Giuseppe, per la grande eredità culturale ed umana che hai saputo lasciare dietro di te e per la disponibilità con cui l’hai sempre condivisa con tutti quelli che ti
hanno seguito in questi anni.”
Nicola Perrini - Presidente degli “amici “
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SPECIALITÀ E DENTAL SCHOOL DUE TEMI “FORTI”
NE PARLA IL DIRETTORE DELLA SCUOLA DI ORTODONZIA
DI TORINO, CESARE DEBERNARDI
Cesare Debernardi
Patrizia Biancucci
Cesare Debernardi, professore ordinario e direttore
di una delle più prestigiose Scuole di specializzazione
in ortognatodonzia è l’ erede di Pietro Bracco. Quale è
stata l’evoluzione dagli anni ‘80?
Bracco, che ha portato a Torino l’ortodonzia funzionalizzante, acquisita
attraverso Cervera di Madrid e Giannì di Milano, è molto conosciuto per
questo aspetto anche in Sud America, dove sono presenti due Scuole di
Specializzazione secondo due impostazioni di pensiero: da una scuola che
vedeva nella malocclusione un disallineamento dentario con alterati rapporti
mascellari si è passati ad un’impostazione più globale con il coinvolgimento
di altri sistemi. Innanzitutto quello posturale, poi il sistema cocleo-vestibolare,
visivo ed i rapporti con crescita scheletrica del paziente in età evolutiva.
La correzione della malocclusione, specie nella crescita, deve passare
mette a disposizione nuove macchine, non invasive. Non bisogna dimenticare che trattiamo prevalentemente pazienti in età evolutiva, potendo quindi
studiare con maggior dettaglio il fenomeno. Abbiamo avuto la possibilità di
studiare pazienti molto giovani. La postura del soggetto, la relazione con la
malocclusione, la correzione determinata con l’uso di un’apparecchiatura
funzionalizzante, viene studiata attraverso la spinometria ( vedi fig. 1).
A tal proposito stiamo facendo uno studio con fisiatri e ortopedici ed una
macchina (il Formetric ® della Hakomed) che studia la postura della
colonna con una foto ad alta definizione, senza uso di radiazioni e con ricostruzione attendibile della colonna stessa (metodica, quindi, non invasiva).
Se darà i risultati sperati, la ricerca potrebbe cambiare il modo di affrontare
le malocclusioni. Essendo già iniziata, speriamo che dia risultati definitivi
entro 4 anni.
La Scuola di Torino è impegnata inoltre su un’altra ricerca, sempre all’insegna dell’interdisciplinarietà. Ancora in corso essendo iniziata 2 anni fa, si
propone di stabilire le correlazioni tra sviluppo del sistema stomatognatico
e dell’apparato visivo. Partiti da un campione di giovani soggetti che si
recavano in ospedale per una visita di controllo ortottico-oculistica presso un
Centro pediatrico della Regione Emilia-Romagna, venne data una valutazione dell’apparato visivo e dell’apparato stomatognatico nella stessa giornata al paziente (soggetti tra i 3 ed i 7 anni, quindi bimbi piccoli in precoce
stadio evolutivo). In letteratura le conclusioni dei rapporti tra malocclusione e
postura sono legate a studi su campione di soggetti più avanti nello sviluppo
oppure adulti. Noi invece ci siamo accorti dell’importanza dell’eruzione dei
attraverso la correzione con tecnica funzionalizzante, per coordinare tutte le
funzioni a livello stomatognatico, posturale e muscolo-scheletrico.
Per chi si occupa di altre specialità tale terapia corrisponde ad un trattamento ortodontico con apparecchiatura rimovibile che fa svincolare
l’occlusione tra le arcate dentali, controllare il piano occlusale, la posizione
mandibolare, determinata dall’assetto muscolare e dalla crescita ossea,
lavorando quindi per ricreare una corretta funzione intorno alle arcate dentali.
Vanno rieducati i muscoli, es. quelli della lingua, organo importantissimo nel
determinare la posizione dei denti ma anche nel riequilibrare l’assetto posturale e vertebrale, attraverso le fasce ed i muscoli sovra e sottoioidei. Moltissimi muscoli mimici intorno al cavo orale condizionano inoltre la posizione di
denti collegati altri sistemi, attraverso il corpo dell’individuo trattato. Occorre
quindi comprendere che adulti e bambini presentano una interconnessione
del sistema stomatognatico con tutto il corpo.
Questo sfuggiva alla Scuola torinese, prima della ricerca scientifica e
didattica svolta da Bracco. Antesignano nel comprendere la problematica e
nello sviluppo della terapia, raccontava spesso con entusiasmo del periodo
di studio passato a Madrid, presso Cervera, di cui comprese la filosofia
ampliandola in senso gnatologico.
primi molari quando entrano in occlusione. Dapprima abbiamo malocclusioni
e difetti visivi poco associati, poi la correlazione tra i difetti visivi funzionali,
strabismi e malocclusioni aumenta. Nei soggetti che non hanno questi difetti
sembra siano più presenti le malocclusioni rispetto a coloro che ne hanno
più conclamati.
Un’ipotesi di lavoro possibile potrebbe essere, che, dove possibile, l’organismo preferisce salvaguardare il sistema oculare anche a prezzo di una
crescita disarmonica nel sistema stomatognatico: lo sviluppo dell’apparato
visivo prevarrebbe su quello di altri apparati. Del resto, filogeneticamente,
l’animale si salva in primo luogo se ci vede bene, poi se è ben nutrito.
Questo spiega perché gli allievi di Bracco e i suoi
collaboratori facevano ricerche sui rapporti tra
malocclusione e postura già 25-30 anni fa. E la
trasformazione di una parte dell’ortodonzia moderna
che spinge l’Ortodontista “evoluto” a lavorare con il
fisiatra, il posturologo, l’oculista, l’igienista, il parodontologo e con altre figure professionali?
Il rapporto tra postura ed occlusione venne studiato nei primi anni con
metodiche empiriche con risultati soprattutto qualitativi; oggi la tecnologia
Il Master di Ortodonzia è impostato in questo senso o
è più tecnico?
Negli ultimi tre anni la Scuola ha proposto diversi tipi di Master di 12 mesi.
Ogni anno si è scelto di cambiare un po’l’impostazione. Nel 2013 abbiamo
fornito un panorama delle Scuole italiane con docenti relatori utenti di varie
tecniche ortodontiche: dalla funzionalizzante alla segmentata, dall’Edgewise a
tecniche linguali, al meaw. Quest’anno abbiamo utilizzato le prime lezioni per
un corso di tecnica MBT di base ed integrato nella seconda metà del Master
la didattica con relatori esponenti di diverse scuole di pensiero, tra cui Birte
La scuola fa parte della Dental School di Torino:
quanti casi avete in cura?
Circa 800. La parte clinica nasce dalla collaborazione tra l’Università di
Torino e l’AO Città della Salute e della Scienza. La Scuola ha 30 specializzandi con formazione pratica, oltrechè teorica, poiché, sotto la supervisione
di operatori esperti, trattano un certo numero di pazienti affetti da vari tipi di
malocclusione. Con una punta di orgoglio, posso dire che i nostri specializzandi si formano sul campo, non solo sui libri.
Melsen e Marco Rosa, esperto di livello mondiale dell’Early Treatment.
Il prossimo anno ne svilupperemo uno biennale di Biomeccanica, con
incontri distribuiti nel tempo, un contenuto molto tecnico ed una parte pratica
importante da svolgere su pazienti portatori di malocclusioni dal difficile trattamento. I masteristi saranno tenuti a trattare un certo numero di pazienti con
la supervisione dei docenti. Non ultimo, infine, nell’inverno 2015, avrà inizio
un Master di Ortodonzia digitale,principalmente sull’uso di allineatori.
Con quale bagaglio teorico-pratico questi neolaureati
escono in media? La Scuola di Torino si contraddistingue per gettarli in trincea, nella fossa dei leoni.
Non è bello fare confronti con altre Scuole però...
Direi che è sostanzialmente corretto, aggiungendo che ci sono anche
direttori che mettono le mani in bocca ai pazienti, per insegnare agli allievi il
comportamento terapeutico pratico da tenere. Chi esce da questa scuola ha
sicuramente acquisito una buona preparazione. Mio intento è formare coloro
che hanno la…. sfortuna di venire a Torino.
Sfortuna che tuttavia si trasforma in fortuna...
Un messaggio che vedo spesso recepito dagli studenti, affezionati talmente
alla Scuola da continuare a frequentarla dopo la Specializzazione e che
una volta formati, iniziano a formare a loro volta i nuovi ortodontisti, un
fatto – confesso - che mi dà molto piacere. La maggiore soddisfazione
per un docente infatti è formare allievi che superano il maestro in abilità e
conoscenza.
Se dovesse rinascere, lo rifarebbe?
Si, perchè amo molto l’odontoiatria e la manualità.
Intervista a cura di
Patrizia Biancucci
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CAPRIOGLIO, PANTALEONI E ZAMPETTI
SULLA STRADA TRACCIATA DAI GRANDI MAESTRI
e che, nel tentativo di americanizzarci abbiamo trascurato o addirittura
dimenticato. Felix qui potuit rerum cognoscere causas (Virgilio, Georgiche 2,
4). Le cause, i fondamenti quindi, di una qualsiasi disciplina, vanno indagati
tenendo presente le origini.
Tempo fa ci siamo ritrovati assieme e abbiamo parlato di tutto questo;
da qui l’idea di impegnarci nel produrre l’opera sopra citata. Lo stimolo è
venuto particolarmente dalla lettura dell’introduzione del “Trattato Analitico
di Ortodontia” di Beniamino De Vecchis (1886-1972) edito nel 1934,
primo trattato italiano della materia, dove è scritto: “L’origine del libro (…) si
deve alla viva fede di diffondere l’ortodontia universa, di far comprendere le
titaniche opere dei genii della nostra disciplina e di mettere dinanzi ai migliori
intelletti quanto esiste di grande, di originale, di imperituro nella storia, nello
sviluppo biologico e nella pratica dell’ortodontia”.
All’epoca il De Vecchis con questo volume contribuì certamente allo sviluppo
della disciplina nel nostro Paese; basti pensare ai successivi contributi di
Muzj di Maj, di Hoffer, Palazzi e tanti altri che resero grande l’Ortodonzia
italiana. Non possiamo però dimenticare colui che è da considerare il primo
specialista in Ortodonzia italiano: Corrado D’Alise, allievo di Edward Angle,
il fondatore della moderna concezione ortognatodontica, il quale andò in
America negli anni Venti del XX secolo ad imparare la disciplina dal grande
Maestro.
Ecco quanto D’Alise scriveva in occasione del primo congresso SIDO,
organizzato a Roma nel 1946 da Edmondo Muzj : “Concludendo queste
brevi considerazioni sul significato della Fondazione della Società Italiana di
Ortopedia Facciale, vi dirò che, quando, nell’accomiatarmi dal mio Maestro,
io gli espressi la mia riconoscenza per l’insegnamento e l’ospitalità da lui
ricevuti, egli mi rispose: Pass it over (tramanda agli altri). Per la cronaca in
occasione del congresso D’Alise ricevette da Muzj una targa d’argento con
la dedica “Al decano dell’ortodonzia italiana”
Memori di questo ci proponiamo quindi di ripercorrere, con quest’opera, la
strada tracciata in tanti anni dai grandi Maestri, ai quali si deve lo stato di
eccellenza odierno, non dimenticando che quanto ottenuto sinora è frutto di
applicazione, sacrificio, passione, successi (ed anche di insuccessi).
Damaso Caprioglio, Nerio Pantaleoni, Paolo Zampetti di cui in questa pagina
riportiamo brevi cenni biografici, sono immersi in un’opera piuttosto impegnativa: scrivere insieme la storia dell’Ortodonzia italiana in un volume che
prossimamente vedrà la luce. Ai tre Autori abbiamo chiesto un “anticipo” di
quel che sarà la loro meritoria opera..
L’idea di scrivere un libro sull’evoluzione storica dell’Ortognatodonzia italiana
è nata da diverse circostanze. Innanzitutto da un concetto molto forte: “Se
vuoi imparare una scienza ne devi conoscere il passato”. Questa frase di
Aguste Compte (1798-1857) ci ha sempre guidato nello studio, nella
pratica professionale, nello stile di vita. Abbiamo sempre pensato (e lo si
vede quotidianamente) che una Società che non riconosce o che peggio
ha tagliato le proprie radici sia destinata a scomparire; solo tenendo ben
presente gli Uomini che ci precedettero e la Storia da essi compiuta si
possono individuare le nuove frontiere per accrescere e migliorare la vita
dell’individuo.
È tempo infatti di reinterpretare la Scienza innestando il valori fondamentali
e fondanti dell’uomo, riaffermando i valori dell’essere e della persona, riscoprendone i principi già cari agli antichi autori greci e latini, dai quali deriviamo
Damaso
Caprioglio
Nerio
Pantaleoni
PAOLO
ZAMPETTI
Nato a Rosignano Monferrato nel 1934, laureato con lode in Medicina a
Torino nel ‘58, ha percorso tutta la carriera accademica, frequentando le
Università di Pavia, Modena, Cagliari e Parma. Nel 1972 con Paolo Falconi
istituisce la prima scuola Italiana di specializzazione in Ortognatodonzia
all’Università di Cagliari. Straordinario d Odontoiatria Infantile (1990-1993),
ordinario di Ortodonzia presso l’Università di Parma (1993-2004), è stato
docente di Etica alla Facoltà di Medicina di Parma e Direttore del Centro
Ricerche della Dental Children di Milano dal 1959 ad oggi. Ha compiuto
studi di perfezionamento presso varie università straniere ( Berlino – Londra
– Boston – Zurigo – Parigi) ed è autore di 15 libri ( di cui alcuni in lingua
Inglese e francese) e di oltre 200 pubblicazioni su riviste Internazionali,
soprattutto sui traumi dentali, odontoiatria infantile e ortodonzia. Coautore di
vari libri e numerosi articoli di Storia della Odontoiatria e Ortodonzia, dirige la
Collana di Ortodonzia (già 34 volumi pubblicati). In passato è stato Presidente della S.I.O.I. e della Società italiana di Traumatologia Dentale.e Past
President Mondiale della I.A.D.T. (International Association of Dental Traumatology). Socio delle principali Società scientifiche Internazionali, tra i premi
ed onorificenze ricevute (San Marino, Oscar del Successo- Cittadinanza
Onoraria, alla Carriera della Accademia Italiana di Ortodonzia e dal Liceo
“Balbo” di Casale M.), è impegnato da oltre 20 anni nella solidarietà con
una propria Onlus S.O.S. Giovani in collaborazione con l’opera Don Calabria.
Caprioglio è anche giornalista pubblicista iscritto all’ordine di Milano per il
settore medico scientifico. Iscritto al Rotary Milano Sud dal 1978, è Socio
Onorario del Collegio dei Docenti di Odontoiatria e del SUSO
Nerio Pantaleoni, nato ad Argenta (Fe) nel 41, risiede a Poggio Grande di
Castel San Pietro Terme e svolge attività libero professionale nel suo studio
di Bologna. Diplomato odontotecnico all’Istituto di Arti Sanitarie Ausiliarie
di quella città, si laurea in Medicina a Pavia con una tesi sull’ “Influenza dei
muscoli delle labbra e delle guance sull’insorgenza di alcune malocclusioni
dentali” specializzandosi poi in Ortognatodonzia a Cagliari con una tesi sulla
“Previsione antropometrica del profilo della faccia nei trattamenti ortognatodontici”. Perfezionatosi anche in Antropometria in Ortognatodonzia, nel 1963
apre il primo laboratorio italiano di ortodonzia, frequentando in contemporanea il reparto di Ortognatodonzia dell’ Istituto Clinico per le malattie della
bocca “Beretta” di Bologna, diretto da G. Maj. Oltre ad articoli scientifici su
riviste specializzate italiane ed estere, è autore di testi specifici ortognatodontici sia tecnici che storici e si è dedicato agli studi antropometrici in ortopedia
oro‑facciale iniziati in Italia da E. Muzj. Nel 1993/1994 coordina il I° Corso di Perfezionamento di Antropometria in Ortognatodonzia all’Università di Cagliari, nel 1994/95 consegue il perfezionamento in Ortodonzia
pre e post‑chirurgica a Parma. Eletto Segretario della Sisos nell’aprile ’95,
ne è l’attuale Vice-Presidente e Presidente dal ‘97 dell’Accademia di Antropometria Oro-Facciale E. Muzj (A.N.T.O.R.). Nel 2000-2001 è Professore a
contratto di Ortognatodonzia III – ufficiale nella Scuola di Specializzazione a
Ferrara, nel 2002/2003 è Professore a Contratto di tutorato all’Università di
Bologna, Facoltà di Medicina, Scuola di Odontoiatria.
Nato a Mortara (Pavia) nel 64, si è formato scientificamente e culturalmente
presso l’Università di Pavia, dove si è laureato in Medicina e successivamente specializzato in Chirurgia Generale, perfezionandosi in Chirurgia
Implantoprotesica. Professore titolare del corso fondamentale di Storia
dell’Odontoiatria presso il Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e
Protesi Dentaria (CLMOPD) di Pavia, è titolare del medesimo insegnamento
al corso di Laurea in Igiene Dentale (CLID) dell’Università “Vita e Salute” San
Raffaele di Milano. È autore di 190 pubblicazioni scientifiche a stampa, fra le
quali sette libri, numerosi saggi, tre voci sul Dizionario degli Italiani Treccani
e vari capitoli di trattati odontoiatrici: È stato relatore a congressi nazionali ed
internazionali prevalentemente in campo storico odontoiatrico. Attualmente
presiede la SISOS (Società Italiana di Storia della Odontostomatologia) ed è
membro del Comitato editoriale della Rivista Dental Tribune
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Damaso Caprioglio
Nerio Pantaleoni
Paolo Zampetti
IN VETRINA
il disallineamento diventa fashion
NEL fascino discreto dei “denti da coniglio”
Alcune star hanno trasformato i loro difetti del sorriso quale firma
distintiva, trasformandoli in forza espressiva ed esibiscono con vanto
un disallineamento, un diastema o un affollamento dentale. La
modella inglese Georgia May Jagger, figlia del leader dei Rolling
Stones, Mick e della famosa top model Jerry Hall testimonial della
fragranza Just Cavalli, sfodera con orgoglio sui muri delle città
del mondo e su tante riviste fashion, il suo sorriso con diastema
interincisivo e sventagliamento. La sua particolare dentatura ha
catturato l’attenzione di celebrità del mondo della fotografia quali
Mario Testino, Mario Sorrenti e Terry Richardson, mostri sacri
del mondo della moda internazionale. “Modella dell’anno” al
British Fashion Award, ha sfilato in occasione della cerimonia
di chiusura ai Giochi Olimpici di Londra, con top model quali
Kate Moss e Naomi Campbell. Un tempo un sorriso così
lo avremmo definito “denti da coniglio”. La prima star ad
esibire il suo diastema con fierezza è stata però Madonna,
oggi passato ad altra moda stravagante per il sorriso,
il grizzly.
Vanessa Paradis, ex moglie di Johnny Depp, addirittura
con il suo importante diastema viene considerato tra i 10 sorrisi più belli del mondo. Per non parlare, dei “difetti”
legati al mal allineamento dei denti che caratterizzano la bellezza di Laetitia Casta, che ha rappresentato addirittura
la Francia, come in passato la mitica Brigitte Bardot. In un ultimo film di Giovanni Veronesi,”Una donna per amico”,
l’attrice ha ricoperto il difetto di malposizionamento con utilizzo di faccetta estetica, che ha tolto tempestivamente
dopo la realizzazione del film. Infatti in un intervista televisiva di Canale 5, ha ammesso di tenerci talmente al suo
sorriso imperfetto che non cambierebbe per nulla al mondo poiché secondo lei il difetto le rafforza la personalità e la
distingue da altre star.
Sono stati tanti altri, i personaggi dello spettacolo ad indossare l’apparecchio. Un esempio è il bel tenebroso
Tom Cruise, che a 40 anni, nel 2003, alla prima di “Minority Report» di Spielberg allo Ziegfeld Theater di New York,
si presentò con un apparecchio ortodontico fisso.
L’attore doveva indossare il dispositivo per alcuni problemi alla
mascella fuori asse e col passare degli anni si dovette sottoporre a cure ortodontiche per l’allineamento dei denti.
Chi invece ha fatto diventare l’apparecchio ortodontico fashion per gli adolescenti è la simpatica Ugly Betty (la
“brutta” Betty), all’anagrafe America Ferrera. Protagonista della serie tv di qualche anno fa appunto intitolata Ugly
Betty, ha fatto sì che il suo sorriso, ricoperto di piastrine, diventasse oggetto di desiderio per molte adolescenti, che
sono tornate a visitare il dentista senza troppi problemi.
Grazie a lei, sfoderare un apparecchio colorato è, quindi,
diventato un must per ogni ragazzino, con la sola differenza che il rosa e il fucsia sono i colori che più spopolano tra
le femmine, mentre i maschi prediligono i colori della squadra del cuore. Oggi è possibile migliorare il proprio sorriso,
ottenendo risultati ottimali con apparecchi anche meno visibili, in grado di venire incontro alle esigenze di ogni
paziente. Quindi,il mondo è bello perché è vario,ma l’aspetto della salute di un sorriso….è un’altra cosa.
Gianna Maria Nardi
per le nuove iscrizioni fatte presso il congresso nazionale s.i.d.o la quota
è da intendere per l’anno 2015
ISCRIZIONI SUSO ANNO 2015
(scadenza 31/01/2015)
Neolaureati e Specializzandi
La quota associativa è di € 20,00 per i neolaureati (nei tre anni dalla laurea) La quota associativa è di € 20,00 per gli specializzandi al 1° anno di Specialità La quota associativa è di € 50,00 per gli specializzandi al 2° anno di Specialità La quota associativa è di € 50,00 per gli specializzandi al 3° anno di Specialità Soci
La quota associativa è di € 130,00 per tutti i soci
che effettuano il pagamento tramite RID
(autorizzazione permanente di addebito) prelievo
automatico (richiedere modulo in Segreteria)
La quota associativa è di € 150,00 per tutti i
soci che effettuano il pagamento senza RID
(bonifico bancario, assegno, contanti)
Bonifico bancario IBAN: IT 38 M 03069 01026
100000007765
Banca Intesa Sanpaolo Ag. 26 Torino
Assegno bancario Barrato “non trasferibile”
intestato SUSO
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Quando un sorriso diventa una moneta di scambio
Questo è un mestiere in cui occorre quasi altrettanta psicologia, che abilità
nelle tecniche dell’ortodonzia. Non ci si pensa, di solito, ma l’interno della
bocca di una persona è una parte intima, molto intima: si può dire che un
ortodontista svolga un lavoro simile a un ginecologo o a un proctologo, per
quanto il paragone possa far storcere il naso a qualcuno. Di certo, non la farà
storcere a un medico.
Adagiarsi sulla poltrona-lettino, aprire per bene la bocca e lasciare che un
altro, in camice bianco, poi, si chini su di noi, dentro di noi, presuppone
esporsi totalmente. Se un medico ti palpeggia il fegato, se ti sonda i visceri
con un ecografo, persino se ti fotografa lo scheletro, le operazioni sembrano
al paziente “esterne”, non lo intaccano nella sua intimità. Provate a frugargli in
bocca, e vedrete un’ipersensibilità che apparentemente non si spiegherebbe,
se non con la violazione di quegli orifizi che ognuno pensa come proprio
dominio esclusivo o, al massimo, condivisibile con un partner sessuale.
Dico questo perché, appunto, si arriva a volte a una visita dall’ortodontista dopo
lunghi travagli interiori e, per complicare le cose, molti di questi travagli sono,
almeno in parte, inconsci. Da qui, la necessità di essere anche un po’ psicologi.
Un bel po’!
Vittorio G. venne la prima volta in studio a trentotto anni. Un uomo fatto. Anche
un bell’uomo. Ma incominciai a sospettare qualcosa, vedendo che l’accompagnava la moglie. Infatti parlò sempre lei:
«Vittorio vorrebbe il suo aiuto, dottore…»
«Mi dica». Guardavo deliberatamente lui, anche se il magnifico sorriso di lei
sarebbe stato più gradevole, piuttosto del volto corrucciato dell’uomo.
La moglie, Anna (seppi soltanto in seguito il suo nome), non gli diede il tempo
di mostrare di non avere nessuna intenzione di rispondere. Erano sposati da
dieci anni e doveva essere ormai automatico che fosse lei a condurre qualsiasi
conversazione. Avevano, mi disse, anche una figlia di sette anni.
«Vittorio è quanto di meglio una donna possa volere da un marito, mi creda…»
«Non ho motivo di dubitarne», risposi, tenendo per me i miei dubbi.
«Adora sua figlia. Ci vogliamo bene. Ha un ottimo lavoro…»
«Ne sono contento».
Con i bambini è più semplice: vengono con un genitore; si dice loro di
mostrare i denti. Loro non hanno pudori: spalancano la bocca e potresti esaminargli anche le tonsille. Certo, piagnucolano, se intervieni con fili o con ferretti,
ma, a loro modo, collaborano. Basta un po’ di delicatezza.
Con gli adulti, l’ho già detto, occorre psicologia. Essere bruschi significa non
rivederli più. Diciamocelo: un libero professionista, oltre alla fondamentale etica
medica, ha anche un occhio alle parcelle, perché no?
Insomma, Vittorio non parlava. Guardava insistentemente la vetrina della piccola
libreria alle mie spalle, dove stavano allineati in bell’ordine i vecchi volumi di
Anatomia Umana. Avrei giurato, però, che non li vedesse nemmeno.
«È sempre stato di poche parole», continuava intanto Anna, sempre con il suo
splendido sorriso, «anche quando eravamo più giovani. Abbiamo viaggiato
molto e credo di non avergli mai sentito fare un commento su quel che
vedevamo. Però mi ha sempre dato molta sicurezza averlo vicino. Mi spiego?
Io sono certa che, all’occorrenza, lui sa che cosa bisognerebbe fare…»
«Forse le dà quest’idea proprio perché parla poco». Tentare di provocarlo un
pochino? Magari qualche sillaba ne sarebbe uscita.
Niente. Vittorio aveva, sì, spostato il suo sguardo su di me e aveva mosso un
angolo della bocca (un sorriso?) ma, con mia sorpresa, la moglie si era nel
frattempo alzata in piedi, con l’atteggiamento di chi si congedi:
«Niente. Siamo venuti perche vi conosceste. Se lei non ha nulla in contrario, noi
ora andremmo. Paghiamo la visita alla sua segretaria, vero?» Accennava alla
porta, oltre la quale, nell’atrio, c’era la postazione di Michela, la segretaria dello
studio, appunto. «Possiamo, intanto, prenotare una seconda visita?»
Ero stupito? Certo, che ero stupito! Il mio onorario non è stellare, ma pagarlo
soltanto per “far conoscenza”, bè, quello non mi era mai capitato.
Anche Vittorio si era alzato. Mi guardava, in silenzio, come se la mia risposta
fosse in dubbio.
«Come vuole», risposi ad Anna. Mi corressi un attimo troppo tardi: «Come
volete. Capisco che occorra acquistare fiducia…» Che cosa significava la mia
frase? Non avrei saputo dirlo. Né se fosse incoraggiante o meno. Ormai era
stata detta.
Per assurdo che possa sembrare, la seconda visita non andò molto diversamente dalla prima: ritornò anche Anna e parlò per entrambi. Vittorio, però,
quando gli domandai direttamente se, la volta successiva, sarebbe stato
disposto a mostrarmi lo stato dei suoi denti, mosse le labbra e mormorò:
«Sì».
Fu imbarazzante vedere sua moglie, già così bella, illuminarsi.
Ritornò da solo e questo, lo ammetto, mi sorprese. Si sedette di fronte a me
e, trovando il modo di schermare la bocca con una mano e tuttavia parlare
distintamente, come di certo era uso fare sul lavoro, ebbe quello che per lui
doveva costituire una sorta di flusso di coscienza:
«Ho sempre avuto questo problema. Vengo da una famiglia modestissima e
nessuno, quand’ero piccolo, ha pensato che si potesse fare qualcosa alla mia
bocca».
Mi guardò, per capire se ciò gli facesse perdere prestigio. Gli risposi senza
sorridere:
«Anch’io vengo da una famiglia modesta».
Rassicurato, continuò dopo un silenzio che rispettai:
«Da ragazzo, non giocavo a calcio soltanto per paura di dover festeggiare
qualche vittoria. Capisce?»
Annuivo. Questo non era nuovo alla mia esperienza: le donne vengono da me
da adolescenti, al più tardi, tranne casi molto particolari, perché reagiscono
alle imperfezioni, vogliono piegare la Natura alle loro ambizioni; i maschi le
interiorizzano, finendo o per infischiarsene, oppure per nasconderle per tutta
la vita. Gli uomini sono complicati. Lo si dice delle donne, e naturalmente
è vero. Ma si bada assai meno a quanto può essere complicato un uomo,
abituato per una lunga tradizione a contare soltanto su se stesso, condannato
da quella stessa tradizione a non mostrare debolezze. Soltanto adesso, nella
civiltà dell’immagine in cui l’apparire è tutto, si decidono a porre rimedio alle
imperfezioni fisiche. Possiamo dire che sia un risultato positivo derivato da una
pulsione negativa.
Vittorio, intanto, continuava:
«Ho avuto qualche fidanzata. Mi lasciavano perché ero musone». Coprì del
tutto la bocca, quando evidentemente sorrise. «Sul lavoro, i miei giudizi divennero presto temuti perché, prima di darli, non sorrido mai. Anna è stata l’unica
ad accettarmi com’ero. Ne ero sbalordito e anche, sì, anche lusingato. Non
abbiamo mai parlato dei miei denti… fino a qualche settimana fa. E, allora, ho
temuto di perderla».
«È stato questo timore che l’ha deciso?»
«Sì». Poi un silenzio, per capire se avesse confessato una debolezza. Debolezza? Volersi tenere la donna che si ama? Andiamo!
Ma “denti”. La parola era stata detta! Dovevo battere la pista:
«Perché non li guardiamo, questi denti?»
Mi diede uno sguardo smarrito. La paura, negli occhi di un uomo nel fiore degli
anni, è una cosa molto pesante da vedere. Fui io, questa volta, a cercare un
diversivo. Indicai il gagliardetto appeso al muro, da quel fiero torinista che sono:
«Prendiamo, come si dice, il toro per le corna…»
Lui fece un sospiro, avvicinandosi alla poltrona reclinabile:
«E pensare che sono della Juventus!»
Un buon segnale. Non tanto per la Juventus in sé, si capisce, quanto per una
capacità di accennare a uno scherzo impensabile fino alla seduta precedente.
ancora sporgevano in avanti. Mi venne il paragone di una manciata di dadi da
gioco lanciata su un tappeto, a caso. Mi domandai come facesse a masticare,
e anche a digerire. Ma chiederglielo sarebbe stato troppo.
«Occorrerà eseguire un calco su cui studiare i rimedi», dissi, togliendo la
mascherina ed evitando accuratamente ogni commento.
«È un disastro, vero?», domandò lui, corrugando la fronte.
«È un caso complesso», ammisi, controllando con cura la mia mimica, «ma
niente affatto irrisolvibile».
«Possibile?», domandò, ma il mio orecchio esercitato aveva colto la differenza
di tono: c’era della speranza, in quel dubbio.
Sorrisi:
«Oggi, in Ortodonzia, quasi tutto è possibile!» Ma ritornai in fretta alla scrivania:
occorre spendere la sicurezza con parsimonia.
Il calco fece fare a Vittorio un passo indietro nelle proprie certezze: gli rivelò
quello che, allo specchio, non poteva certo vedere in tre dimensioni. Alzò su di
me uno sguardo desolato:
«Mi ha detto, l’altra volta, che è quasi tutto possibile, ma questo è impossibile!»
«Per niente». Ero sereno: in realtà, da giorni possedevo quel calco e avevo già
programmato gli interventi. «Se si fida, incominciamo subito…»
Mi guardò a lungo. Mi esaminò come, nel suo mestiere, doveva esaminare una
pratica particolarmente complessa o un fornitore a cui occorreva decidere se
affidare una commessa particolarmente delicata. Capii attraverso quali meccanismi mentali il suo giudizio silenzioso, sul lavoro, fosse diventato particolarmente temuto. Dovetti comunque superare la sua accurata radiografia, perché
si avviò alla poltrona, mormorando in quel suo modo soffocato:
«Va bene».
Fu un processo lungo, molto lungo. E molto complesso. Anna ritornò una volta
soltanto, accompagnandolo quando fu il giorno di applicare un apparecchio
particolare per i due denti che spingevano contro il labbro. Era radiosa e sorridente come sempre: il tipo di sorriso che, se fosse stato distribuito dal Padre
Eterno urbi et orbi, avrebbe ridotto alla fame tutti gli ortodontisti del mondo.
Vittorio non fece mai commenti. Ascoltava attento le mie spiegazioni. Non
poneva domande. Capivo che era quello il suo modo di affidarsi a me. La
discrezione funzionava da entrambe le parti.
Come ho detto, ci vollero molto tempo, molta pazienza, molta fiducia. Il risultato, però, sorprese anche me. La volta in cui togliemmo l’ultima parte di tutori,
era presente anche Anna. Vittorio le si voltò dalla poltrona a labbra serrate;
la guardò per un attimo, prima di provare a sorriderle. Lei fu all’altezza della
situazione: nessuna lacrima, nessuna esclamazione sopra le righe. Gli restituì
soltanto uno dei suoi sorrisi, uno dei mille che gli doveva avere già comunque
rivolto: era una donna ancora innamorata di un uomo che, finalmente, poteva
ricambiarla con la stessa, preziosa moneta.
Io mi sentivo il forgiatore di quella moneta, ma il mio compito era adesso di
restare in disparte.
Sergio Calzone
Non avevo mai visto una bocca ridotta a quel modo: i denti inferiori, non
contrastati dai superiori poiché non vi si opponevano, si erano allungati a
dismisura, esponendo interamente i colletti e persino una parte delle radici,
deformando l’osso. Ma ciò che più era insolito consisteva nella disposizione di
questi denti, cresciuti in un modo che sarebbe riduttivo definire “non allineato”:
sarebbe stato opportuno chiamarlo “casuale”. Alcuni erano inclinati verso
l’interno del cavo orale; altri di svariati millimetri arretrati, rispetto al normale; altri
Sergio Calzone
Nato a Torino, dove vive, nel 1951 Sergio Calzone ha scritto
testi e volumi critici, in particolare di argomento manzoniano e
libri d’arte. Collaboratore di varie case editrici (UTET, Garzanti,
Atlas, Petrini) e consulente per la Martini&Rossi, si occupa da
anni di narrativa per ragazzi e di editoria scolastica. Del 2008
è il suo primo romanzo, Con una grazia inutile (Premio Moncalieri 2009), del 2010 il secondo romanzo, Serpe bianca, serpe
nera, mentre del 2012 è la raccolta di racconti Panamericana
Norte, del 2013 un altro romanzo, Tutte le ore del giorno. È
fondatore, con Marco Ronco, della casa editrice Echos.
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