A spasso per Torino tra gastronomie e diete

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A spasso per Torino tra gastronomie e diete
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A spasso per Torino
tra gastronomie e diete
1 - Food.
Tutto è cominciato duemila anni fa nella saletta al secondo piano di una trattoria neppure tanto conosciuta. Oste era un vecchio amico che ha preparato per
loro una cenetta particolare. Dicono che la cucina sia un’arte, ma quel tipo di
cucina più che un’arte fu un miracolo, se ne parla ancora oggi. Si ricorda come
un pasto frugale fatto con prodotti della terra: pane e vino.
Pane ed un pezzo di formaggio era quello che si portava mio nonno quando,
con me piccolo di sette/otto anni, andavamo a prendere la legna sulla collina
tosco-romagnola. Non sapevo allora che era anche il pasto che Garibaldi soleva condividere con la truppa in giro per l’Italia. A Torino si trovano forme di pane
di ogni tipo e sapore. Nella panetteria di via San Tommaso, piccola bottega
colma di biscotti e piade, la proprietaria, antica come il locale, fa arrivare il martedì ed il venerdì il pane toscano senza sale da Altopascio.
I nostri eroi risorgimentali avevano caratteri diversi e gusti a tavola diversi. Di
Garibaldi si è detto; Cavour lo si può trovare al suo tavolo appartato in un salone del ristorante Cambio in piazza Carignano, tra stucchi e affreschi davanti ad
un risotto con tartufi che assapora lentamente, sorseggiando un calice di aristocratico Barolo o di mitico Barbaresco, magari delle sue tenute.
Nei primi anni ’50 le osterie e trattorie erano i punti di ritrovo dei nostri
intellettuali.
Quelli che Cazzullo chiama I ragazzi di via Po, scultori, pittori, scrittori, poeti,
filosofi, editori che hanno vissuto la loro giovinezza a Torino rendendola città
straordinariamente viva, prima di emigrare.
Così si trovavano a cena da Goffi in corso Casale, specialità pesce del Po,
Calvino, Eco, Antonicelli.
A Porta Palazzo, il ristorante del bollito San Giors era frequentato da
Sanguineti e Giorgio Bocca, perché lontani dalla zona ‘irreggimentata dalla
mentalità Fiat’.
Alla Trattoria dell’Amicizia in corso Casale, Arpino scriveva novelle e testi
umoristici con Felice Andreasi.
Al Caffè Elena di piazza Vittorio, Fruttero e Lucentini, ispirati dallo squarcio di
verde della collina torinese, integravano i loro manoscritti; e prima di loro
Nietzsche cercava ristoro alle sue ossessioni.
Mentre da Baratti, Guido Gozzano passava tra i tavoli delle belle signore ‘per
baciare le loro bocche intatte, di crema e cioccolatte’.
Nel confortevole clima delle osterie, davanti al bicchiere o al quartino di vino
sfuso, si ritrova gente che prova il gusto di buoni pensieri, la soddisfazione di
una partita a briscola, discussioni tribolate di sport e politica assaggiando un
tomino elettrico, fare e disfare l’Italia davanti a un’acciuga al verde o a una
cotoletta in carpione che si possono trovare nelle piole del Quadrilatero
Romano o intorno al Duomo, con l’oste come confessore in vece del Vescovo.
Le malelingue dicono che l’Alighieri, testimonial della Taverna Dantesca, dopo
una nottata di abbondanti libagioni ne sia uscito all’alba stornellando gli ultimi
versi del Purgatorio.
Io ritornai dalla santissima onda
rifatto si come piante novelle
rinnovellate di novella fronda,
puro e disposto a salire a le stelle.
2 - Il raddoppio.
All’uscita delle casse di Eataly c’è un cartello con scritta la filosofia della ditta:
‘La vita è troppo breve per mangiare e bere male’. Mi guardo, soprattutto
mi peso e dico che sono almeno quarant’anni che con il cibo ho un rapporto
sbagliato, chissà se mi rimane il tempo per rimediare.
Il cibo è il principale artefice di quel lento processo di aumento, non di altezza ma
della circonferenza con relativo peso che ci avvolge e ci tiene compagnia.
Ce lo portiamo a spasso dal mattino alla sera come un enorme sacco e, come
ci ha spiegato Newton, più un corpo è pesante più ci vuole energia per staccarlo
dal suolo. Il peso è fatica. Quelli nati durante o subito dopo l’ultima guerra hanno
la mancanza di cibo marchiata nello spirito, ed è rimasta in loro l’eredità di un rapporto onnivoro che non lascia spazio al ‘mi piace, non mi piace’.
In quegli anni ai bambini si dava il latte materno fino ai tre-quattro anni e in noi
maschi questo stupendo organo della natura femminile è rimasto il principale
oggetto del desiderio per tutta la vita. Poi siamo diventati ricchi, ci siamo abbuffati di tutto, dovevamo recuperare in fretta. Nei film del dopoguerra compaiono
personaggi tutti magri e allampanati. In cinquant’anni siamo raddoppiati di
peso, sarà il rapporto col cibo, sarà il lavoro sedentario; forse anche una esigenza inconscia, un desiderio di compagnia, crearci un nostro doppio che
sia sempre con noi alimentandolo ogni giorno con la sua razione di cibo.
Ascoltiamo con simpatia Charles Dickens quando dice:
Più uno ingrassa, più diventa saggio.
Pancia e saggezza crescono assieme
Non priviamoci dunque di una gioia assoluta della vita: mangiare quando si
ha fame.
sandrocenni&landomoglia
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