copione cosenza regale
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copione cosenza regale
Laboratorio sperimentale di ricerca e sperimentazione didattica “Un clic…nel passato: il contributo della nostra città alla storia del Paese” (Cosenza Regale tra quattrocento e cinquecento) Realizzato all’interno delle misure di accompagnamento per l'attuazione delle Indicazioni Nazionali per il curricolo e per il rafforzamento delle conoscenze e delle competenze degli alunni - Prosecuzione e avvio di nuove iniziative formative Anno scolastico 2014-2015. Copione della rievocazione storica Luogo: Piazza S. Giovanni Gerosolimitano Scena: 1) Tavola per banchetto nuziale. Allestimento della tavola alla maniera medievale con suppellettili, elementi decorativi inneggianti alla fertilità degli sposi e con le pietanze già posizionate sulla tavola. Vessilli e scudi con l'emblema araldico di Luigi III d'Angiò. n° 12 figuranti impegnati nella scenografia, che impersonano: Luigi d'Angiò, Margherita di Savoia (in posizione centrale della tavolata), due dame, due cavalieri (posizionati sul lato destro e sinistro della tavolata), quattro paggi che reggono il paliotto (posizionati in posizione centrale alle spalle degli sposi) e due armigeri con casacca lunga rosso e blu, corpetto di finto cuoio, scudi e alabarde (in piedi e in posizione avanzata a chiudere i lati della tavolata). N° 10 bambini con casacche e vessilli con colori araldici degli Angiò e dei Savoia issati su picche e disposti a cornice della piazza (5 alunni con casacche rosso/blu reggono vessilli bianco/rossi; 5 alunni con casacche bianco/rosse reggono vessilli rosso/blu). A questi figuranti sono da aggiungere un numero variabile di nobili e popolani che assistono al banchetto e al torneo e che fanno da cornice all'evento. Torneo basato su 4 giochi. n° 20 bambini partecipanti, divisi in due squadre, con casacche da cavalieri con i colori riproposti in fogge diverse. Altri figuranti impegnati: 1 Giullare narrante; 1 cicerone; 4 relatori. SEQUENZA: Entra il giullare. 1 GIULLARE: "Signore e Signori, lasciamo che i sussurri del tempo irretiscano i nostri sensi, lasciamo che le presenze umane che hanno intriso la storia di queste pietre possano proiettarci in un tempo ormai lontano ma che non deve essere mai dimenticato, e che noi per questo vogliamo oggi far rivivere. Orsù, chiudiamo gli occhi e apriamo il cuore al nostro illustre passato, viaggiamo nel tempo ma ben ancorati alle pagine vive e puntuali della storia. Sfumiamo i rumori della frenesia dei nostri giorni e ridiamo corpo alle atmosfere del fatidico tardo medioevo. Lasciamo che le nuvole del tempo sospendano il nastro della storia e ci proiettino come in un vortice nella Cosenza che fù, lasciamoci avvolgere dalle memorie che integre alitano nel cuore antico di questi luoghi". Una fumata avvolge il giullare (a simboleggiare il viaggio nel tempo) mentre lo squillo delle trombe e il rullare dei tamburi dà inizio alla rappresentazione vera e propria. (Musica di sottofondo a sottolineare l'inizio del momento medievale) "Dame e cavalieri, nobili e popolane, uomini e donne della magnifica città di Cosenza, benvenuti nella Cosenza Regale dell'anno del Signore 1433. Qui, dove già da due secoli lo rintocco delle campane de la somma cattedrale voluta da Federico II scandisce la vita de lo popolo che abita queste strade e queste contrade. In questa parte di Calabria fondata da li popoli Bruzi che crebbe sotto le insegne e lo buon governo de li nobili romani e che soffocò nello sangue le pretese de li principi saraceni, oggi è festa. Celebriamo le nozze di Luigi III D'Angiò, duca di Calabria ed erede al trono della illustre casata, con la nobile Margherita, figlia de lo duca di Savoia. Lasciatevi trasportare, ampliate li vostri sensi, alimentate la immaginazione, gustate li sapori de le migliori pietanze e fatevi inebriare da la "maraviglia" di questo illustre banchetto allestito qui nella piazza che prende lo nome de lo santo che nello 1200 ispirò l’agire de li cavalieri cristiani alla conquista e difesa de lo Santo Sepolcro di Gerusalemme". Prende la parola il primo cicerone in costume da cavaliere crociato: CAVALIERE CROCIATO: "Salute a voi nobile stirpe di Cosenza e salute a la sua eccellentissima e munificentissima maestà Luigi, sullo cui nobile blasone campeggia la croce de li Cavalieri che con l'onore e lo sangue hanno difeso lo Santo Sepolcro de lo nostro Signore Gesù Cristo. Anch'io appartengo allo lignaggio de li nobili cavalieri crociati e vi porgo lo mio riverente saluto in nome di San Giovanni Gerosolimitano, di cui questo luogo porta lo nome. E di questo luogo, de li suoi trascorsi, de le umane vicende racchiuse nello ricordo delle sue pietre, son desideroso de raccontarvi la storia e le bellezze". Segue relazione: Caratteristiche architettoniche e storiche di Piazza S. Giovanni Gerosolimitano (sottofondo musicale) La parola viene presa dal 1° relatore in costume da nobile: 1° RELATORE: "Giunga allo vostro magnanimo core lo mio garbato e sommesso saluto, sono lo nobile Antonetto Hermenterii di Marsiglia, Gran Giustiziere di Calabria, e in questo giorno di giubilo e gaudio per le nozze de lo magnifico mio re Luigi III, son delegato a rendere edotti li illustri convenuti su li usi e li costumi de la vita nelle corti che segnarono la storia de l'Europa e de l'Italia nello medioevo". Segue relazione: La vita di corte nel Medioevo (sottofondo musicale) La parola passa poi al 2° relatore in costume da nobile: 2 2° RELATORE: "A me lo gradito compito de introdurre lo torneo in onore della eccellentissima regale coppia. Mi presento: sono Giacomo Tirelli, cavaliere di compagnia di Sua Eccellenza insieme alli altri grandi cavalieri: Francesco Spiriti, Aurelio Vena e Vincardino Beccuti. Le gesta mia risuonano ne li campi di battaglia e lo nome mio primeggia ne li tornei e nelle giostre che animano e rendono nobili le nostre corti. E di quanto sia importante lo valore de lo joco nello periodo medievale voglio a voi novellare". Segue relazione: Il gioco nella cultura medievale (musica di sottofondo) Riprende la parola il giullare narrante: GIULLARE: "E per invocare gioia, felicità e prosperità su lo magnanimo duca D'Angiò e sulla leggiadra duchessa Margherita che oggi si uniscono in matrimonio, e per allietare le ore de li nobili qui convenuti, come lo sindaco de la città Antonio Carolei, lo castellano Guidone de la Bossaye, lo segretario de lo regno Giovanni Castiglione e li consiglieri regi Antonio Telesio e Ruggiero Quattromani, la gloriosa Cosenza offre le epiche gesta de li valorosi cavalieri impegnati, come in singolar tenzone, ne lo torneo augurale che vedrà contrapposte la squadra dello "Lupo" e la squadra dell' "Aquila". Chiamo a disputar lo primo joco, quello nomato de la raccolta de le noci. Si contenderanno la vittoria quattro giovani e valorosi cavalieri, due per ogni squadra che si alterneranno nella raccolta delle noci. Le noci devono scorrere su li manubri e cadere nella cesta. Vincerà la squadra che negli otto tiri (quattro per ogni cavaliere) effettuati dai due cavalieri avrà centrato più volte la cesta". Disputa del primo gioco con 4 bambini impegnati (2 per squadra) (musica di sottofondo). Alla fine del primo gioco. GIULLARE: "Dichiaro vincitore de lo primo joco la squadra de l........e chiamo a disputar lo secondo joco, quello de lo labirinto appeso. Si contenderanno la vittoria quattro giovani e valorosi cavalieri che dovranno portare allo traguardo quante più palline potranno. Li cavalieri della stessa squadra si alterneranno nello joco ad ogni pallina imbucata. Vincerà la squadra che alla fine de lo tempo segnato dal rullar de lo tamburo avrà portato in buca più palline". Disputa del secondo gioco con 4 bambini impegnati (2 per squadra),(musica di sottofondo) Alla fine del secondo gioco. GIULLARE: "Dichiaro vincitore de lo secondo joco la squadra de l......... e chiamo a disputar lo terzo joco, quello de la piramide pericolante. Si contenderanno la vittoria quattro giovani e temprati cavalieri che dovranno costruire una piramide a scalare la più alta possibile. Vincerà la squadra che allo suono de lo tamburo, che annuncerà la fine de lo tempo, avrà costruito la piramide più alta. Disputa del terzo gioco con 4 bambini impegnati (2 per squadra), (musica di sottofondo); il gioco si svolge in contemporanea. Alla fine del terzo gioco. 3 GIULLARE: " Dichiaro vincitore de lo terzo joco la squadra de l.......... e chiamo a disputar l'ultimo joco, quello de la palla dentro a lo canestro. Si contenderanno la vittoria quattro giovani e valenti cavalieri che dovranno mandare nella cesta otto palle. Vincerà la squadra che avrà centrato ne lo canestro per prima le otto palle. Lo joco se svolge come segue: li cavalieri si dispongono uno davanti all'altro, quindi quello in coda passa la palla a quello posizionato davanti a lui e così via fino al cavaliere più avanzato che tira la palla nello canestro e si va a posizionare in fondo alla fila mentre gli altri avanzano di una posizione. Quindi si ripete il passaggio della palla". Disputa del quarto gioco con 8 bambini impegnati (4 per squadra), (musica di sottofondo); il gioco si svolge in contemporanea. Alla fine del quarto gioco GIULLARE: "Dichiaro vincitore de lo quarto joco la squadra de l.............. e chiedo a li nobili presenti lo giusto plauso per li nostri baldi e coraggiosi cavalieri". Applauso per tutti i bambini impegnati che si inchinano verso il tavolo del Re GIULLARE: "E dopo aver a tutti tributato lo nostro plauso lo nostro sommo Re consegna lo scudo d'oro a imperitura memoria de l'ardire e dello valore da li cavalieri dimostrato, allo Capitano della squadra vincitrice quella de l'....................". Premiazione Il bambino che impersona il Capitano si posiziona al centro della piazza (gli altri bambini arretrano e fanno da cornice) dove verrà raggiunto dal Sovrano che, accompagnato da un armigero,gli si posizionerà di fronte. Il bambino che impersona il Capitano della Squadra vincitrice si inginocchia e riceve da Luigi III lo scudo della vittoria. (La scena è introdotta dal suono delle trombe mentre l'intera durata della scena è accompagnata dal rullo dei tamburi). Prende la parola il terzo relatore nei panni del Maestro di casa degli Angiò (vestito elegante ma non pomposo) 3° RELATORE: "E alla fine di queste disfide, che hanno allietato lo spirito de li Signori qui presenti e reso grato allo nostro Re l'amore de li sudditi suoi e della Calabria tutta, è giunto lo momento di soddisfare li sensi de li convenuti allo regale banchetto. Ma prima di deliziare li nostri palati un pò d'attenzione ancor vi chiedo. Mi presento, son lo Maestro di Casa della nobile Casata degli Angiò, e per lo mio ruolo son lo responsabile della riuscita di uno de li momenti più importanti della vita delle corti nello medioevo. Lo momento dello banchetto per l'appunto. E sull'importanza de lo cibo nello periodo medievale vado a parlarvi". Segue relazione sul cibo e le bevande nel periodo medievale (sottofondo musicale) Prende la parola il quarto relatore nei panni di un addetto al servizio (popolano dignitoso) 4° RELATORE: "E infine è giunto lo momento de lo giusto banchettare. E li cibi che trovate sulla tavola regale voglio a ognun di lor Signori io presentare. Son cibi de lo vero medioevo e oggi e solo oggi potrete degustar e con grande voluttà, se poi vorrete, potrete incamerar. Tra questi voi trovate li cibi dolci e anche li salati. Alcuni han nomi strani che non sentimmo mai, ma li sapori son tutti buoni assai": 4 "Ci sono li crostini vegetali e anco l'insalata con le cipolle arrosto e un pizzico di sale. C'è sopra lo desco la minestra con li ceci e la torta di scalogni appena colti. Non manca poi la torta con la zucca e per finire gustatevi di fagiuli la buon zuppa. E dopo lo salato c'è spazio per lo dolce, e andiamo ad iniziar con li calisson e subito insistiam con lo pane dolce medievale con dentro la cannella e la mandorla regale, c'è anco lo dolce di ricotta medievale e non mancano li fritti e a voi doniamo frittelle con lo miele all'ubaldine e frittelle con le mele appena colte. E non contenti, infine, noi chiudiamo con un assaggio di vero marzapane" GIULLARE: "E ora bando alli discorsi, alli giochi e alle battute, lo Re e la sua sposa dichiarano ormai giunta l'ora dello banchetto cominciare". Segue Degustazione (sottofondo musicale accompagna la degustazione) (la distribuzione dei cibi, eventuale, ad opera dei ragazzi dell'alberghiero) Alla fine della Degustazione GIULLARE: "Nobile Cosenza, è giunta l'ora di lasciare questo tempo, di salutar Luigi e la sua sposa, di dire addio alli nobili signori e alle umili persone che han diviso con loro quest'ora lieta. Lasciamo che le nuvole de lo tempo ci rapiscano e ci portino leggeri in un altro momento de lo nostro illustre passato. Che l'alito immortale de la storia nostra permetta allo nostro spirito di affrancarsi dalle umane catene de lo presente e ci spinga leggeri nell'anno del Signore 1535" (Fumo avvolge il Giullare e il rullo dei tamburi segna il passaggio nel periodo della venuta di Carlo V a Cosenza) GIULLARE: "Sentite li tamburi, le trombe e lo frastuono che alita nel vento, sta arrivando il magnificentissimo Carlo V d'Asburgo, figlio di Giovanna e di Filippo il Bello, per grazia di Dio Imperatore Augusto dei Romani e re di Germania, delle Spagne, delle Due Sicilie, di Gerusalemme, Ungheria, Dalmazia e Croazia, delle isole Baleari, di Sardegna, delle Fortunate e delle Indie, della terraferma, del mare Oceano, Arciduca d’Austria, duca di Borgogna, Lorena, Brabante, Limburgo, Lussemburgo, Gheldria, Vertemberg, conte d’Asburgo, Fiandra, Tirolo, Olanda, Zelanda, Ferreti, Riburgo, Namur e Zupthen, langravio d’Alsazia, marchese di Bulgaria e del Sacro Romani Impero, principe di Svevia, signore di Frisia, di Molnia e delle Salnie. Egli viene qui di ritorno dalla trionfante guerra di Tunisi contro li Turchi de lo Barbarossa. Uniamoci anche noi allo imperiale corteo che volge marziale e fastoso verso l'austera Cattedrale, accompagnato dal prode generale Ferdinando Alarcon, marchese di Rende e della Valle Siciliana, e da Pietro Antonio Sanseverino, principe di Bisignano e cavaliere del Toson d’oro, da Luigi Ferrari d’Epaminonda sindaco di Cosenza e dagli illustri patrizi dello sedile della nobiltà cittadina. Composizione e organizzazione del Corteo: 2 trombettieri in testa, a seguire 2 portatori di stendardi giallorossi (vestiti con casacche giallorosse corte), quindi due armigeri con lance, 2 tamburini, quindi Carlo V sotto il paliotto portato da 4 nobili, a seguire altri 2 tamburini, quindi i 5 monaci seguiti dai nobili e infine i popolani. (Il Corteo parte da Piazza S. Giovanni Gerosolimitano e raggiunge Piazza Duomo). Segue corteo lungo corso Telesio Luogo: Piazza Duomo Scena: Arcivescovo e rettore della cattedrale sul sagrato in attesa; poco discosti i Cantastorie con il cavalletto d'artista per sostegno dei quadri dell'apparato iconografico dell'arrivo di Carlo V in città, le muse e le allegorie dei fiumi a far da sfondo ai cantastorie. (I due cantastorie si alternano nel racconto e nel posizionamento dei quadri in base al racconto). Affiancati ai cantastorie i musici che fanno il sottofondo alla narrazione e il popolano (o la popolana) che introduce il racconto dei cantastorie (relatore) Bambini impegnati: 1 giullare narrante; 1 figurante nei panni dell'Arcivescovo del tempo; 1cicerone (nei panni del rettore della Cattedrale); 1 relatore (nei panni di un popolano); 2 cantastorie; 2 figuranti per allegorie fiumi; 4 figuranti per allegorie ninfe, 2 o più musici. Sequenza: All'arrivo del Corteo il solo Carlo V e i reggitori del paliotto salgono la gradinata e si posizionano di fronte al Vescovo e al chierico, il resto del corteo resta ordinato lungo il corso. Prende la parola l'Arcivescovo ARCIVESCOVO: "Noi Taddeo Gaddi Arcivescovo di Cosenza salutiamo e rendiamo omaggio a Sua Maestà l’imperatore Carlo V, lo cui nome è reso ancora più illustre dalla vittoria appena conquistata su li predoni turchi che hanno funestato le nostre coste e tormentato le nostre cristiane genti. Sua Maestà, prima di fare ritorno nello core de lo suo regno, si è degnato di far visita alli suoi fedeli sudditi di questa città. La gaudente Cosenza e lo suo pastore sono riconoscenti e onorati di ricevere cotanta magnificenza proprio in questo luogo, tempio sacro innalzato da Federico II nello 1222 a gloria de lo Nostro Signore in nome dello quale Sua Maestà Carlo V conduce e orienta lo suo regno e li suoi destini". Prende la parola il secondo cicerone nei panni del Rettore della Cattedrale RETTORE DELLA CATTEDRALE: " In questa fausta e imperitura giornata la città di Cosenza devota e palpitante rende omaggio alla sua eccellentissima e sublime magnificenza Carlo V, e accoglie la illustrissima Signoria Vostra dallo Sagrato della sua nobilissima e Santissima Cattedrale della cui Storia e delle ammirevoli opere d'arte in essa custodite vado a voi ora a narrare: Segue relazione: Caratteristiche architettoniche e storiche della Cattedrale di Cosenza (sottofondo musicale) Prende la parola il quinto relatore nei panni di un popolano 6 5° RELATORE: " Prima di lasciare la parola alli cantastorie e alli musici, permetta sua Altezza che possa io relazionar sullo ruolo che lo racconto orale de la storia ha avuto nello corso de lo tempo: Segue relazione: Il racconto orale nel corso della storia (sottofondo musicale) Riprende la parola il Giullare GIULLARE: " E or lasciamo ai cantastorie il compito di narrarci delle gesta dello nostro imperatore e dell'accoglienza che la nobile Cosenza a lui tributò nel fatidico giorno del 7 Novembre 1535". Il Cantastorie con sottofondo musicale inizia il suo racconto (mentre il 1° cantastorie inizia la narrazione dei primi 4 quadri, il 2° cantastorie posiziona, al momento giusto, i quadri sul cavalletto; dal 5° quadro i ruoli dei cantastorie si invertono) CANTASTORIE: (1° quadro) "L'infedele saraceno terrorizzava le nostre coste. Lo ribaldo e infido Barbarossa guidava le sue masnade a violentare la serenità della vita delle calabre genti. Furti, stupri, e rapine macchiavano queste terre benedette da lo Signore e insanguinavano questi luoghi generosi. Famiglie distrutte dallo cieco furore turco che alla maniera dei barbari profanavano case e chiese, campi e templi. Una sete di ricchezza, una illegittima bramosia di potere che giammai sembrava arrestarsi. E lì dove rifulgevano le albe luminose e li suggestivi tramonti, lì dove le genti calabre crescevano e prosperavano nell'amore de Dio onnipotente, calò lo buio de la paura, de lo terrore, de la rassegnazione". (2° quadro) "Ma lo grido di aiuto, le lacrime de la disperazione, non rimasero inascoltate. Sua Maestà Carlo V, nella sua benevolenza e magnificenza, si mosse a compassione verso lo suo popolo funestato e insieme allo suo esercito mosse contro li pirati e corsari dell'Africa e coinvolse in questa santa guerra altri popoli sdegnati da cotanta barbarie. Si imbarcò a Barcellona con lo fiore della nobiltà spagnola, lo grande ammiraglio Andrea Doria condusse le migliori galee d'Europa, lo Papa Paolo III Farnese offrì l'occorrente a una impresa sì pia. Il 16 luglio 1535 la flotta partì da Cagliari e approdò a Tunisi. Con loro molti calabresi guidati dallo principe di Bisignano, Pietro Antonio Sanseverino, e dallo marchese di Rende Ferdinando Alarcon. La resa della fortezza della Goletta consegnò allo sovrano l'intera flotta de lo Barbarossa. Castigata l'insolenza de li corsari, l'imperatore si imbarcò di nuovo per l'Europa, approdò a Trapani e da qui raggiunse Messina e verso la fine di ottobre iniziò lo trionfale viaggio nella sua Calabria". (3° quadro) "Lo Sovrano bello e fiero nello jorno de lo 7 de novembre dello 1535, mosse da Rogliano verso la nobile Cosenza. Era domenica, lo juornu de lu nostro Signure, e seco lui a fargli da corona venivano molti gentiluomini de la città. Lo roboante corteo alzava nugoli di polvere e lo tempo parea essersi sospeso. Giunse lo corteo per la via de dietro lo castello e da lì giunse alla pianura de l'Annonziata, indove lo nobile don Francisco di Tarsia con diecimila fanti l'accolsero con una salva d'archibugi. E all'udir lo sparo ordinato e bello si beò Sua Maestà che disse: 'Certo io non me credeva che la mia Cosenza fosse sì armigera'. E cavalcando con lo suo leardo destriero, sotto lo sguardo ammirato e commosso de li suoi sudditi, l'impavido condottiero passò lo ponte". (4° quadro) "E lo ponte era adorno de panni gialli e di fronte allo regale sguardo si stagliò la porta della città. E sopra l'austero arco era effiggiata l'allegoria de Cosenza in forma di donna con sopra lo suo capo l'arme de la Sua Maestà. E alli lati de la porta erano state issate altre porte finte da cui 7 salutavano e inneggiavano lo sovrano le immagini de li fiumi Busento e Crati, l'uno coronato di Canne e l'altro di corona populea (si affiancano al cavalletto dei cantastorie i ragazzi raffiguranti i fiumi). E accanto alli fiumi stavano delle ninfe con dei cartigli in mano che esaltavano l'impresa e la figura de lo sommo Sovrano. Le leggiadre figure eran lo specchio de lo coraggio de lo Sovrano, la sua forza e la sua spada richiamano li miti de li antichi e gloriosi condottieri (al nominar le ninfe le figuranti possono con leggiadria muover qualche passo di danza con il solo accompagnamento dei musici)". (Mentre le ninfe danzano i cantastorie invertono i loro ruoli) (5° Quadro) "Superata che fù la porta, Sua Maestà Imperiale incontrò la processione di preti e di frati in numero infinito, e fu tanta la moltitudine che mai s'era veduta. Ondeggiò la fuolla rumorosa e la commozione e la gioia di viver la storia pervase lo core e lo spirito de li fortunati presenti. Con il fare suo regale smontò lo suo destriero lo nobile Sovrano e deferente baciò la croce d'oro che per le mani de lo Vescovo gli venne presentata. Entrò dunque lo imperatore sotto lo Paliotto che li nobili portavano. e li due Sindaci de la città gli portavano lo freno e lo mastroiurato gli andava alla staffa. E così procedendo con grandissima compagnia di signori e gentiluomini lo corteo se pigliò tumultuoso lo camino dritto verso la piazza. Ed al capo della strada de li mercanti sua Maestà trovò una porta ornata di trofei ed altre bellissime pitture. E poc'oltre, al capo della piazza, lo sovrano vide un arco nello quale era dipinta la presa della Goletta. E alla pittura s'accompagnavano li versi che a paragon d' Ercole che all'inferno domò lo Cerbero tricipite, ponevano Sua Maestà Cesarea che nella presa della fortezza turca domò li tre capitani che essa difendevano. Arrivato Carlo in sul sagrato dell'ecclesia maggiore dismontò da lo suo destriero e volse li suoi nobili passi verso li artistici portali". (6 Quadro) "Entrò nella solenne Cattedrale e lo bacio de lo sole attraverso l'occhio de lo suo rosone si pose su lo bellissimo sedile di broccato che per l'Augusto Imperatore era adornato. Le robuste mura abbracciarono lo Sovrano sullo cui regno non tramontava mai lo sole. Lo spirito dello 'Stupor Mundi', Federico II, di certo dovette parlargli attraverso le arcate e le navate della veneranda Cattedrale. Le gesta de lo passato rimangono celate ma mai sopite per chi sa aprire lo core alla memoria. L’imperatore restò silente un pò a pregare, quindi lo Spirito di Dio gli donò benedicente lo pastore dell'austera Chiesa Madre. Con li canti e le suppliche elevate allo cielo si concluse lo Santo momento della Benedizione. Lo tempo era incalzante e la folla s'apprestava gioiosa e rumorosa allo popolare abbraccio allo suo Sovrano". (7° Quadro) "Riprese lo destriero lo nobile spagnolo e presto si compose il fastoso suo corteo. Altri archi accompagnarono li suoi passi, e saluti, omaggi, riverenze e gran frastuono lo accompagnarono fino allo palazzo de lo nobile don Gaspare Sersale indove erano state acconzate le meglio stanze ed erano ben ornate de tappezzerie e de tutte le altre cose necessarie allo suo nobile soggiorno. Pian piano si disperse lo tumulto de la folla. Lo capo de lo Munno trovavasi a Cosenza. La rocca de li Bruzi cresceva in nobiltà e possanza". (8° Quadro) "Lo sole splende alto lo martedì della partenza. Li sindaci de la città insieme a quelli de li casali donano a sua maestà un bacile d'argento con tremila ducati. Lo corteo si allontana alla volta de lo principato di Bisignano sotto l'occhio vigile de lo castellano della città. Lo Sovrano alla testa della sua corte galoppa giovane e bello. L'intero volto suo è pieno di maestà, la stessa che con forza si irradia dalla mole dello colle Pancrazio. Nelli cori e negli occhi de li cosentini rimane lo stupore di giorni gioiosi e straordinari. La grande storia ha regalato a questo popolo fiero un'altra 8 pagina d'oro. La Regale Cosenza continua a stupire, alli suoi figli migliori lo compito de custodire con gelosia li frutti de lo suo passato così ricco e fecondo". (Inchino al pubblico) GIULLARE: " E dopo lo storico racconto innanzi allo portale della nostra Santa Cattedrale lo imperiale corteo prosegue per lo Largo delle Vergini dove lo nobile don Gaspare Sersale attende lo supremo ospite, l'Imperatore Carlo V, nello suo Palazzo che dallo solenne momento viene consegnato immortale alla memoria de li posteri. Andiamo anche noi a seguir lo corso della Storia. Il corteo si ricompone e si avvia a Largo delle Vergini al rullo dei tamburi e con la stessa disposizione con la quale è arrivato a Piazza Duomo. Segue il suo itinerario lungo Corso Telesio fino al fianco del palazzo Arcivescovile. Da qui prende sulla destra lungo la scalinata detta della "Calata della corda" e seguendo la strada giunge a largo delle Vergini. Luogo: Largo delle Vergini Scena: Il nobile don Gaspare Sersale dinanzi al portale del suo palazzo. La madre superiora dinanzi all'entrata del Monastero, i cantastorie con il cavalletto d'artista per sostegno delle illustrazioni iconografiche del racconto popolare della "Calata della corda" tramandato da Coriolano Martirano sono posti in posizione intermedia lungo la facciata di Palazzo Sersale insieme ai musici che faranno il sottofondo musicale del racconto. Poco discosti i relatori. Ragazzi impegnati: giullare narrante; 1 figurante nei panni di Gaspare Sersale; 1 figurante che introduce il relatore dell'incastellamento (giovane del Liceo); 2 ciceroni (uno nei panni della madre superiora; l'altro nei panni del Castellano dell'epoca); 2 relatori [uno nei panni di una fanciulla del tempo che parla del ruolo della donna ieri e oggi e l'altro nei panni di una nobile che parla dell'incastellamento (giovane del Liceo)]; 2 cantastorie; 2 o più musici. Sequenza: All'arrivo del corteo il nobile don Gaspare Sersale si fa incontro all'imperatore Carlo V, si inginocchia di fronte a lui, gli bacia la mano e nel rialzarsi indicandogli il palazzo dice: Prende la parola Don Gaspare Sersale DON GASPARE SERSALE: "Lo cor mio non è capace d'esprimere la gratitudine, all'eccellentissima sua augusta persona, per l'onore che arreca alla mia casata e alla mia umile dimora. Li suoi umili e fedeli sudditi di Cosenza troveranno gloria nell'eternità per questo fausto momento. Possa lo gradito ospite e sommo padrone trovare, nello soggiorno nell'antica e nobile città de li Bruzi, lo bastevole per lo decoro della sua Augusta persona e della sua nobile corte. E possa l'omaggio deferente de li suoi sudditi legar la sua memoria a queste antiche mura custodi di storia illustre e di cultura. E voglia giust'appunto, prima di salutar questa immensa e plaudente folla, la sua graziosa maestà ascoltar la storia di questi luoghi e delle sue secolari tradizioni". 9 (Il corteo si scioglie e diviene spettatore del prosieguo della rappresentazione) Prende la parola il terzo cicerone nei panni della Madre Superiore del Monastero MADRE SUPERIORE: "L'emozione è tanta, e tanto e l'onor che mi è stato conferito nel poter io relazionar su la storia e le bellezze di questo ameno scorcio della nostra vetustà città". segue relazione sulla storia e le caratteristiche storiche del Monastero delle Vergini (sottofondo musicale) Prende la parola il sesto relatore nei panni di una dama o di una popolana 6° RELATORE: "Tante son le storie custodite nella memoria di queste pietre, tanti li sospiri consumati in questi luoghi e tante le speranze, le gioie e li dolori di cui queste mute pietre son gelose custodi. E da tanta ricchezza attingo come a una fonte per raccontare alli gentili ospiti, che affollano oggi questi luoghi, una storia frutto della fantasia de la gente di queste contrade, una storia figlia della cultura popolare che è divenuta collo tempo assai famosa e ha dato lo suo nome a questi luoghi. E' la storia romantica e struggente della "Calata della corda". Ma prima di lasciar lo spazio all'estro de li Cantastorie e de li musici che li accompagnano, permettetemi un pensiero sullo ruolo delle donne tra lo passato e lo presente". Segue relazione: "Il ruolo della donna ieri e oggi" (sottofondo musicale) Alla fine della relazione i musici iniziano un'altro sottofondo musicale e i due cantastorie iniziano il racconto con il supporto delle immagini. I primi 4 quadri sono narrati da un cantastorie con l'altro che sostituisce le immagini e i seguenti quattro a parti invertite. CANTASTORIE: (1° Quadro): "Lo frastuono de lo corteo, che accompagnava lo novello augusto per le irte strade della città antica, squarciava lo velo de tranquillità che avvolgeva le chete mura della clausura. Da tempo li mormorii sussurravano de lo gran jorno che la città si apprestava a vivere. La giovine monaca fu vinta dall'umana curiosità e li belli occhi suoi, da dietro la spessa grata e de lo pesante panneggio de la sua cella, posò sullo gremito slargo di fronte allo convento". (2° Quadro): "Li passi cadenzati de li nobili soldati scotevano le mura, e li sguardi fieri e impavidi di quelli, facevano sognare le giovani donzelle. Alla testa dello reparto della guardia imperiale stava ritto e marziale lo capitano, con gli occhi suoi de lo color del cielo e li capelli come le messi de lo grano maturo. Lo sguardo sollevò lo bello giovine e gli occhi de li due si incrociarono e tosto incontro a lor scoccò la freccia di Cupido". (3° Quadro): "Svelta si ritrasse la bella monaca nello calmo dello suo eremo, ma presto cominciò lo strale de lo core. La notte la colse insonne in ginocchio di fronte allo santo crocifisso. Tentava la giovine di allontanar lo tremore dello suo core e la stretta dolce che la facea arrossire. Straziata la giovin combatteva tra lo dovere e l'amore che senza volere l'avea incontrata nello suo remoto rifugio." 10 (4° Quadro): "La stessa dolce insonnia accompagnava lo nobile capitano che presto rifuggì li cibi e lo dolce bere con li suoi compagni d'arme. E come sol gli amanti sanno far, s'adoprava per far giungere all'angelo, che in petto avea folgorato lo suo core, le più dolci parole che lo suo amore sapesse germinare. Convinse, chi lo messaggero poteva fare, a portare a quegli occhi di brace ardente li versi dello struggente amor suo che in core lo scoteva". (5° Quadro): "Giunse nello mezzo de la notte, alla monaca, lo foglio suo. Le ardenti sue parole, mischiate allo ricordo dello suo sguardo e dello suo cipiglio fiero, come uno lampo scotevano la donna nello più profondo dell'animo suo. Vincendo ogni timore e ritrosia presto ella s'affacciava a quello munno che avea rifuggito, e nello sguardo dell'amato suo, che nello buio della notte anelava di veder lo suo bel viso, tutto lo suo passato ella si perde. Son attimi di gioia misti a lo sconforto. Pesanti son le grate che li tengono distanti. Ma gli argini dello dover son rotti di fronte allo tumulto dell'amore. Solo la luna restò la testimone de le nobili parole, de l'emozioni, e dello desiderio che ormai li aveva avvinti. Si danno li due amanti appuntamento allo calar de la seguente luna". (6° Quadro): "E troppo lente passano le ore de lo jorno appresso. La mente e lo core agognano la fuga e si disperano nello trovar lo modo giusto. Ma la forza dell'amor non conosce freno o ostacolo, e da un piccolo pertugio, avvinto lo suo corpo ad una corda, si cala a notte fonda la monaca tremante. La ripida discesa è un sol tumulto per lo core de li due amanti. Ogni piccolo rumore arresta lo fiato e sembra precipitar li due nella più buia tomba". (7 Quadro): "Ma presto lo forte braccio de lo suo amato le fece da corazza e le labbra loro tremanti sol una diventarono. Come cavalli imbizzarriti battean li cori e tremanti nello petto a stento stavano. Lo tempo sembrava d'essersi arrestato e solo lo fiato ansante de li due dà corpo e sangue alle mute vie de lo nobile quartiere. Folli d'amore dimenticano, li due, li ruoli e lo passato e sol si sciolgono nell'altro amato. Lo trionfo de l'amore è cosa fatta, e li due stretti l'uno a l'altro adagio s'allontanano col core sempre in gola per lo tumulto d'emozioni che il petto squassa". (8° Quadro): "Galoppano veloci nella notte li due amanti. Li cavalli corrono liberi e selvaggi e sembrano dar corpo alle speranze de lo infinito domani, e li sguardi che si scambiano li due giovani son solo la promessa dello loro grande amore. Si guardano negli occhi li leggiadri amanti e pare che la luce de li stessi rischiari lo sentiero e diradi lo buio della notte che all'occhio dello vero li nasconde e li consegna al mito e alla leggenda. Quale sia lo vero in questa storia non posso io affermare, ma certo posso dire che lo vero amor del vero un sa che fare, e può vivere in eterno solo quando l'accompagna collo suo mantello lo sogno de li Dei e la fantasia de lo popolo sovrano". (Inchino al pubblico) Alla fine del racconto prende la parola il figurante (o la figurante ) del Liceo che nei panni di una nobile dice: NOBILE: " E dopo l'alto volo dello core e della fantasia torniamo allo racconto stringente de la Storia. Lo nobile Signor nostro, Carlo V Imperatore, trovò nello suo incedere regale, in su per la penisola, tantissimi segni d'omaggio e deferenza, e vide li signori aprirgli a festa le porte di torri e di castelli. Dalle austere mura garrivano allo vento li drappi e li vessilli che, dall'alto de li colli, facevano corona alli borghi e alle città dello grande impero. E della loro storia, dello come e dello perché si fecero le torri, i masti e le cortine, vogliamo or noi parlare e il giusto raccontare" 11 7° RELATORE (giovane del liceo nei panni di una nobile): Relazione sulla storia dell'incastellamento (sottofondo musicale) Alla fine riprende la parola il giullare GIULLARE: " E dopo lo racconto del perche li nostri colli trovaron la corona di un nobile maniero torniamo con la mente alli fausti giorni che videro lo Signore de lo munno sostare in mezzo a noi con nobiltà e prestigio. Lo epico momento si avvia ormai all'epilogo. Lo straordinario sovrano volge la sua cavalcatura verso le terre de lo Principe di Bisignano Pietro Antonio Sanseverino che lo avrà suo ospite nello suo casino di campagna di San Mauro e dove tanta sarà la magnificenza della sua ospitalità. La città di Cosenza vuol salutare lo illustrissimo ospite proprio dall'alto delle mura secolari dello suo maniero, della cui storia e delle cui gesta ci vuol ora parlare lo suo illustre custode, lo castellano". Prende la parola il quarto cicerone nei panni del castellano di Cosenza CASTELLANO: " Dall'alto dello luogo che con onore custodisco e preservo dalle minacce de lo tempo e de li uomini, saluto lo speciale momento che la Storia ci ha fatto attraversare. Alli nobili cavalieri che menano li loro destrieri verso nord voglio regalar lo ricordo de lo mio castello della cui storia e delle cui caratteristiche vado tosto a narrare": Segue relazione sulla storia e le caratteristiche del Castello della Città (sottofondo musicale) Prende la parola il Giullare narrante GIULLARE: "Dopo questo lungo peregrinar per lo corso de la Storia, dopo aver ripercorso li luoghi de la nostra memoria, dopo aver ridato carne e sangue alle genti de lo nostro illustre passato, doveroso è lo ringraziar voi tutti con un riverente inchino. Speranzosi di aver a voi regalato ore liete e interessanti un plauso ora vi chiedo e cedo la parola alle nostre Istituzioni. Seguono Saluti 12