Leonardo da Vinci “sotto inchiesta”: le tracce lasciate sulle sue

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Leonardo da Vinci “sotto inchiesta”: le tracce lasciate sulle sue
[MISTERI]
DI STEFANIA DI PIETRO
쎲 Nel quadro, La Madone
de Laroque e il particolare
dell’impronta rinvenuta
sul collo della Vergine
Chieti, in collaborazione con il Museo Ideale
di Vinci, diretto da Alessandro Vezzosi. Già
da otto anni, le ricerche biologiche sui celebri
dermatoglifi – termine tecnico per indicare le
impronte umane – avevano svelato alcune importanti curiosità sulla vita di Leonardo. Proprio durante una mostra allestita nel Museo
Ideale, fu smascherata su un disegno per il Cenacolo la prima traccia digitale corrispondente al pollice sinistro. Quel foglio è tuttora al
centro di un dibattito, tra chi è certo che appartenga al Genio e chi invece pensa che sia
solamente una perfetta imitazione moderna.
Leonardo, descritto, in alcuni documenti inediti, quale figlio della schiava araba Caterina.
Gli esami sono stati eseguiti con la partecipazione del Nucleo investigativo Racis dei Carabinieri di Roma, guidato dal colonnello Gian
Franco De Fulvio. Le impronte digitali sui
quadri sono state evidenziate dalle applicazioni macrofotografiche e all’infrarosso, come
quelle utilizzate per la rilevazione di tracce
ematiche sulla scena di un crimine.
Una nuova esaltante conferma per storia e
scienza, in continuità con i risultati del 2002,
che avevano mostrato come l’ombra della collana della Dama con
l’ermellino fosse riuscita a nascondere
per secoli un’altra impronta digitale del
maestro. La traccia
fu scoperta dalla stessa équipe che ne osservò la tipica forma
a “Y”, presente nei
dermatoglifi del 60
per cento dei popoli
mediorientali.
«Quando abbia-
L’IMPRONTA DEL GENIO
Leonardo da Vinci “sotto inchiesta”: le tracce lasciate
S
tudiava l’anatomia umana, effettuando complicate autopsie. Annotava
qualsiasi fenomeno lo attraesse, prendendo appunti su taccuini da viaggio. Poi
qualcosa ne stimolava la vena artistica, trascinandolo alle tele ancora incomplete sulle quali
dipingeva persino con le sue dita. Leonardo
da Vinci lasciava così distrattamente le im-
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pronte sui fogli puliti, senza sapere che un
giorno qualcuno avrebbe cercato in ogni modo di leggervi oltre, materializzando da quelle
tracce il suo genio creativo.
Oggi, il maestro del Rinascimento è sotto la lente degli investigatori. Le indagini
scientifiche spettano a Luigi Capasso, professore di Scienze biomediche dell’Università di
A sinistra: un
carabiniere durante
le indagini.
Sotto: l’autoritratto
di Leonardo da Vinci
Dermatoglifi
Termine tecnico
per indicare le
impronte umane.
Quelle di Leonardo
stanno svelando
alcuni retroscena
sulla sua vita
Una traccia
Fu scoperta dalla
stessa équipe
che ne osservò
la tipica forma
a “Y”, presente
nei dermatoglifi
del 60 per cento
dei popoli
mediorientali
sulle sue opere tradiscono la sua origine mediorientale
Ma sono proprio quei segni ad aver emozionato per primi gli scienziati, incitandoli a continuare le ricerche, nella speranza di scoprire
qualcosa di più sulla complessità dell’artista.
Le ultime analisi su due dipinti di bottega,
Il martirio di santa Caterina e La Madone
de Laroque, hanno riaperto un caso storico,
collegato alle intricate vicende familiari di
mo isolato la prima impronta digitale attribuita da noi a Leonardo da Vinci, il risultato sembrava avere solo valore di curiosità
scientifica, senza alcuna implicazione applicativa. Al contrario, a distanza d’anni, una ricerca condotta dal professor Alessandro Vezzosi e dai suoi collaboratori ha dimostrato importanti addentellati e possibili connessioni
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Le indagini sul grande genio rinascimentale sono
svolte dal Nucleo investigativo Racis dei Carabinieri
Il martirio
di santa Caterina
ESEMPI DI IMPRONTE:
1 - nello sfondo
2 - nell’incarnato
3 - nella veste
2
1
2
1
1452
Leonardo nasce
il 15 aprile
ad Anchiano
di Vinci, non
lontano da Firenze.
È figlio naturale
di un notaio,
ser Piero
1519
Muore il 2 maggio
a Cloux e per
sua volontà viene
seppellito nel
chiostro della
chiesa di Saint
Valentin ad
Amboise. Nel suo
testamento, steso
il 23 aprile, lascia
in eredità i suoi
manoscritti, disegni
e strumenti al suo
discepolo favorito,
Francesco Melzi
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fra l’aspetto “arabo” dell’impronta digitale da noi
attribuita a Leonardo da
Vinci e l’interpretazione
di documenti d’archivio
che avevano individuato
in una schiava d’origine
orientale la madre di Leonardo stesso», racconta
Luigi Capasso, che dirige
anche il Centro museale
d’ateneo Gabriele D’Annunzio di Chieti.
Sui dipinti di bottega
sono impressi anche gli insegnamenti del maestro.
A novembre del 2007,
le indagini cambiano però
direzione, passando dalle
analisi sui dipinti autografi a quelli dell’atelier dei
Leonardeschi con la partecipazione del Museo Ideale, che aveva già classificato la folta schiera degli studenti di bottega, identificando oltre 90
artisti, conosciuti soprattutto dal solo pseudonimo. Su quelle opere doveva per forza di cose nascondersi anche il genio di Leonardo. Le
ricerche da poco concluse hanno offerto finalmente ottimi risultati di conferma. È stato un
faticoso lavoro d’équipe che ha mostrato in-
stono, infatti, pochissimi dipinti autografi del
maestro, La Gioconda, la Vergine delle Rocce, Sant’Anna e San Giovanni, unite a quelle
probabili e ad altre, come il Battesimo del
Verrocchio, alle quali Leonardo ha soltanto
partecipato. Numerose sono invece le opere
di bottega, eseguite dai suoi allievi, che naturalmente presentano anche il “tocco” del
grande artista.
Dai risultati emerge che buona parte dei
Leonardeschi, seguiva diligentemente le direttive impartite dal maestro, dipingendo
proprio alla sua maniera, con mani e dita, per
“sentire” con il tatto il tessuto grezzo del foglio, quasi a dialogare con la materia, che
avrebbe assorbito l’immagine.
«Le ricerche scientifiche sulle opere di Leonardo da Vinci incrociate con quelle relative
alla bottega e alla sua scuola sono d’importanza straordinaria, poiché consentono di far luce sui confini di lavoro – ovviamente incerti,
in molti casi – tra il maestro e i seguaci che collaboravano con lui e ne diffondevano lo stile,
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Caterina è stato attribuito con certezza al
Giampietrino, Giovan Pietro Rizzoli, soprattutto in conformità a criteri d’evidenza stilistica. «Egli si creò una bottega in cui lavorarono,
col passare degli anni, diversi assistenti, ma la
sua presenza con Leonardo è documentata
dal 1495 al 1498», afferma Vezzosi. Il giovane
studente impregnava la tela proprio come gli
aveva insegnato il suo maestro, attenuando la
tinta con il palmo della mano. «Lo sfumato di
Leonardo si applicava con velature di colore e
con tecnica digitale», continua Vezzosi «i collaboratori diffusero così i temi leonardeschi in
diverse regioni d’Italia, dalla Lombardia alla
Sicilia, dalla Spagna ai Paesi Bassi».
Le fotografie analogiche, in bianco e nero, hanno potuto evidenziare anche la notevole presenza di tracce digitali di Leonardo, che toccava le tele di bottega, come ogni
insegnante durante le lezioni. La forma delle
tracce ha rivelato nuovamente la sua origine
mediorientale.
Lo stato precario della Madone de Laroque, tela proveniente dalla
Francia, ha invece, creato maggiori problemi di valutazione,
permettendo di portare alla luce soltanto pochi frammenti
d’impronte. Il dipinto, sul quale gli storici dell’arte attendevano con ansia i risultati scientifici, è rimasto anonimo, impedendone un’attribuzione
certa allo stesso Leonardo.
Ci si chiede allora se questi
esami non invasivi siano
l’input per una ricerca più approfondita, vale a dire l’esame
genetico sull’illustre personaggio, con la riesumazione delle
sue spoglie dal castello d’Amboise. D’altra parte, soltanto
l’esame del Dna potrebbe accertare l’origine mediorientale di Leonardo, nonostante nessuno sappia
con sicurezza se i resti conservati in Francia
siano proprio i suoi. A causa delle solite lungaggini burocratiche, anche i segreti custoditi nella cappella di Saint-Blaise rimarranno
tali ancora per molto tempo, ma questo è un
altro misterioso capitolo della storia del genio toscano.
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nanzi tutto l’uso della tecnica digitale, una
pratica molto amata da Leonardo, che sostituiva spesso il pennello con le sue dita, applicando il colore diluito alla saliva, per aumentarne così l’effetto sfumato. Le impronte
segrete sono invece emerse dai rilevamenti all’infrarosso e considerate determinanti per testare eventuali falsi in giro per il mondo. Esi-
la tecnica e i temi iconografici», spiega ancora
Alessandro Vezzosi.
Secondo l’esperto di museologia creativa, le impronte digitali possono costituire
una tipologia d’indizi utilissimi per delineare e approfondire l’identità di Leonardo.
Dai rilevamenti macrofotografici, il dipinto su tavola raffigurante Il martirio di santa
Luigi Capasso, professore
di Scienze biomediche
dell’Università di Chieti
“
”
Lo sfumato di Leonardo
si applicava con
velature di colore
e con tecnica digitale
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