incontro nella bufera
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INCONTRO NELLA BUFERA Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura - Ente Formatore per Docenti Istituzione Promotrice della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola in Italia e all’Estero Partendo dall’incipit di Marco Tomatis e con il coordinamento dei propri docenti, hanno scritto il racconto gli studenti delle scuole e delle classi appresso indicate: Istituto Comprensivo “D. Alighieri” di Roccapiemonte – Classi II A/E Istituto Comprensivo “Pescara 6” di Pescara – Classe I B Istituto Comprensivo “Santa Croce” di Sapri Scuola Secondaria di I grado “C. Colombo” di Genova – Classe I F Istituto Comprensivo “Vicinanza” di Salerno - Classi I E/G Istituto Comprensivo di Pescara - Classe III L Istituto Comprensivo di La Loggia - Scuola Secondaria di I grado “Leonardo da Vinci” - Classe I C Istituto Comprensivo - “G. Gozzano” di Rivarolo Canavese - Classe II A – Indirizzo Musicale Istituto Comprensivo “Via Santi Savarino” – Scuola Secondaria di I grado “O. Respighi” di Roma - Classe I M Scuola Secondaria di I grado “Fresa-Pascoli” di Nocera Superiore - Classe II H Editing a cura di: Marco Tomatis Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Associazione di Enti Locali Ente Formatore per docenti accreditato MIUR Il racconto è pubblicato in seno alla Collana dei Raccontiadiecimilamani Staffetta Bimed/Exposcuola 2014 Istituzione Promotrice della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola in Italia e all’Estero Direzione e progetto scientifico Andrea Iovino Monitoraggio dell’azione e ottimizzazione delle procedure Ermelinda Garofano Segreteria di Redazione e responsabili delle procedure Valentina Landolfi Margherita Pasquale Staff di Direzione e gestione delle procedure Angelo Di Maso Adele Spagnuolo Responsabile per l’impianto editoriale Marisa Coraggio Grafica di copertina: l’Istituto Europeo di Design, Torino Docente: Sandra Raffini Impaginazione Tullio Rinaldi Ermanno Villari Relazioni Istituzionali Nicoletta Antoniello Piattaforma BIMEDESCRIBA Gennaro Coppola Angelo De Martino Amministrazione Rosanna Crupi Annarita Cuozzo Franco Giugliano I libretti della Staffetta non possono essere in alcun modo posti in distribuzione Commerciale RINGRAZIAMENTI I racconti pubblicati nella Collana della Staffetta di Scrittura Bimed/ExpoScuola 2014 si realizzano anche grazie al contributo erogato in favore dell’azione dalle istituzioni e dai Comuni che la finanziano perché ritenuta esercizio di rilevante qualità per la formazione delle nuove generazioni. Tra gli Enti che contribuiscono alla pubblicazione della Collana Staffetta 2014 citiamo: Siano, Bellosguardo, Pisciotta, Pinerolo, Moncalieri, Castellamonte, Torre Pellice, Forno Canavese, Ivrea, Chivasso, Cuorgnè, Santena, Agliè, Favignana, Lanzo Torinese, Sicignano degli Alburni, Petina, Piaggine, San Giorgio a Cremano, l’Associazione in Saint Vincent e l’Associazione Turistica Pro Loco di Castelletto Monferrato. La Staffetta di Scrittura riceve un rilevante contributo per l’organizzazione degli Eventi di presentazione dei Racconti 2014 dai Comuni di Moncalieri, Salerno, Pinerolo e dal Parco Nazionale del Gargano/Riserva Naturale Marina Isole Tremiti. Si coglie l’occasione per ringraziare i tantissimi uomini e donne che hanno operato per il buon esito della Staffetta 2014 e che nella Scuola, nelle istituzioni e nel mondo delle associazioni promuovono l’interazione con i format che Bimed annualmente pone in essere in favore delle nuove generazioni. Ringraziamenti e tanta gratitudine per gli scrittori che annualmente redigono il proprio incipit per la Staffetta e lo donano a questa straordinaria azione qualificando lo start up dell’iniziativa. Un ringraziamento particolare alle Direzioni Regionali Scolastiche e agli Uffici Scolastici Provinciali che si sono prodigati in favore dell’iniziativa. Infine, ringraziamenti ossequiosi vanno a S. E. l’On. Giorgio Napolitano che ha insignito la Staffetta 2014 con uno dei premi più ambiti per le istituzioni che operano in ambito alla cultura e al fare cultura, la Medaglia di Rappresentanza della Repubblica Italiana giusto dispositivo SGPR 01/10/2013 0102715P del PROT SCA/GN/1047-1 Partner Tecnico Staffetta 2014 Si ringraziano per l’impagabile apporto fornito alla Staffetta 2014: i Partner tecnici UNISA – Salerno, Dip. di Informatica; Istituto Europeo di Design - Torino; Cartesar Spa e Sabox Eco Friendly Company; il partner Must Certipass, Ente Internazionale Erogatore delle Certificazioni Informatiche EIPASS By Bimed Edizioni Dipartimento tematico della Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo (Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura) Via della Quercia, 64 – 84080 Capezzano (SA), ITALY Tel. 089/2964302-3 fax 089/2751719 e-mail: [email protected] La Collana dei Raccontiadiecimilamani 2014 viene stampata in parte su carta riciclata. È questa una scelta importante cui giungiamo grazie al contributo di autorevoli partner (Sabox e Cartesar) che con noi condividono il rispetto della tutela ambientale come vision culturale imprescindibile per chi intende contribuire alla qualificazione e allo sviluppo della società contemporanea anche attraverso la preservazione delle risorse naturali. E gli alberi sono risorse ineludibili per il futuro di ognuno di noi… Parte della carta utilizzata per stampare i racconti proviene da station di recupero e riciclo di materiali di scarto. La Pubblicazione è inserita nella collana della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola 2013/2014 Riservati tutti i diritti, anche di traduzione, in Italia e all’estero. Nessuna parte può essere riprodotta (fotocopia, microfilm o altro mezzo) senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. La pubblicazione non è immessa nei circuiti di distribuzione e commercializzazione e rientra tra i prodotti formativi di Bimed destinati unicamente alle scuole partecipanti l’annuale Staffetta di Scrittura Bimed/ExpoScuola. La Staffetta 2013/14 riceve: Medaglia di Rappresentanza della Presidenza della Repubblica Italiana Patrocini: Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Ministero della Giustizia, Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Ministero dell’Ambiente PRESENTAZIONE Quante attenzioni, quanta positiva tensione e quanto straordinario e felice impegno nella Staffetta di quest’anno. L’emozione che abbiamo provato quando il Presidente della Repubblica ha conferito alla Staffetta la Medaglia di Rappresentanza è stata grande ma ancora e di gran lunga maggiore è stata, l’emozione, nel vedere gli occhi dei nostri ragazzi in visita al Quirinale. Ho avvertito in quegli occhi l’orgoglio di chi sentiva di essersi impegnato in un’attività che le istituzioni gli stavano riconoscendo … È quello che vorrei vedere negli occhi di quei tanti giovani che dopo la scuola, a conclusione del proprio ciclo d’istruzione, invece, in questo tempo sentono l’apprensione di un contesto che, probabilmente, dovrebbe sancire la Staffetta come buona prassi da adottare in funzione del divenire comune. Cos’è, in fondo la Staffetta? E’ un format educativo, un esercizio imperdibile per l’acquisizione gli strumenti necessari a affrontare LA VITA sentendo lo straordinario dono della vita. La Staffetta è una sfida in cui tutti si mettono insieme stando dalla stessa parte, sentendo anche le entità lontane come i compagni di un cammino comune … L’altro che diventa te stesso … Questo è la Staffetta un momento che dura un intero anno e che alla fine ti mette nella condizione di sentirti più forte e orgoglioso per quello che è stato fatto, insieme a tanti altri che hanno concorso a realizzare un prodotto che alla fine è la testimonianza di un impegno che ci ha visti UNITI (!) in funzione di un obiettivo … Si tratta di quello di cui ha bisogno il Paese e di quello che appare indispensabile per qualificare il tempo e lo spazio che stiamo attraversando. Andrea Iovino L’innovazione e la Staffetta: una opportunità per la Scuola italiana. Questo è il secondo anno che operiamo in partnership con Bimed per la realizzazione della “Staffetta di scrittura Creativa e di Legalità”. Siamo orgogliosi di essere protagonisti di questa importante avventura che, peraltro, ci consente di raggiungere e sensibilizzare un così grande numero di persone sull’attualissimo, quanto per molti ancora poco conosciuto, tema che attiene la cultura digitale. Sentiamo spesso parlare di innovazione, di tecnologia e di internet: tutti elementi che hanno rivoluzionato il mondo, dalle amicizie, al tempo libero,lo studio, il lavoro e soprattutto il modo di reperire informazioni. L’innovazione ha travolto il mondo della produzione, dei servizi e dell’educazione, ma non dobbiamo dimenticare che “innovare” significa, prima di tutto, porre la dovuta attenzione alla cultura. Da un punto di vista tecnico, siamo tutti più o meno esperti, ma quanti di noi comprendono realmente l’essenza, le motivazioni, le opportunità e i rischi che ne derivano? La Società è cambiata e la Scuola, che è preposta alla formazione di nuovi individui e nuove coscienze, non può restare ferma di fronte al cambiamento che l’introduzione delle nuove tecnologie e internet hanno portato anche nella didattica: oggi gli studenti apprendono in modo diverso e questo implica necessariamente un metodo di insegnamento diverso. Con il concetto di “diffusione della cultura digitale” intendiamo lo sviluppo del pensiero critico e delle competenze digitali che, insieme all’alfabetizzazione, aiutano i docenti e i nostri ragazzi a districarsi nella giungla tecnologica che viviamo quotidianamente. L’informatica entra a Scuola in modo interdisciplinare e trasversale: entra perché i ragazzi di oggi sono i “nativi digitali”, sono nati e cresciuti con tecnologie di cui non è più possibile ignorarne i vantaggi e le opportunità e che porta inevitabilmente la Scuola a ridisegnare il proprio ruolo nel nostro tempo. Certipass promuove la diffusione della cultura digitale e opera in linea con le Raccomandazioni Comunitarie in materia, che indicano nell’innovazione e nell’acquisizione delle competenze digitali la vera possibilità evolutiva del contesto sociale contemporaneo. Poter anche soltanto raccontare a una comunità così vasta com’è quella di Bimed delle grandi opportunità che derivano dalla cultura digitale e dalla capacità di gestire in sicurezza la relazione con i contesti informatici, è di per sé una occasione imperdibile. Premesso che vi sono indagini internazionali da cui si evince l’esigenza di organizzare una forte strategia di ripresa culturale per il nostro Paese e considerato anche che è acclarato il dato che vuole l’Italia in una condizione di regressione economica proprio a causa del basso livello di alfabetizzazione (n.d.r. Attilio Stajano, Research, Quality, Competitiveness. European Union Technology Policy for Information Society IISpringer 2012) non soltanto di carattere digitale, ci è apparso doveroso partecipare con slancio a questo format che opera proprio verso la finalità di determinare una cultura in grado di collegare la creatività e i saperi tradizionali alle moderne tecnologie e a un’idea di digitale in grado di determinare confronto, contaminazione, incontro, partecipazione e condivisione. Promuoviamo, insieme, la cultura digitale e la certificazione delle I-Competence per garantire competenze indispensabili per acquisire a pieno il ruolo di cittadino attivo nella società della comunicazione e dell’ informazione. Partecipiamo attivamente alla diffusione della cultura digitale, perché essa diventi patrimonio di tutti e di ciascuno, accettando la sfida imposta dalle nuove professioni che nascono e dai vecchi mestieri che si trasformano, in modo profondo e radicale. Tutti noi abbiamo bisogno di rigenerare il pensiero accettando nuove sfide e mettendo in gioco tutto quanto imparato fino adesso, predisponendoci al cambiamento per poter andare sempre più avanti e un po’ oltre. Il libro che hai tra le mani è la prova tangibile di un lavoro unico nel suo genere, dai tantissimi valori aggiunti che racchiude in sé lo slancio nel liberare futuro collegando la nostra storia, le nostre tradizioni e la nostra civiltà all’innovazione tecnologica e alla cultura digitale. Certipass è ben lieta di essere parte integrante di questo percorso, perché l’innovazione è cultura, prima che evoluzione tecnologica! Il presidente Domenico PONTRANDOLFO INCIPIT MARCO TOMATIS Gita in montagna Quel giorno mia madre decise che l’ultimo giorno delle sue ferie l’avrebbe dedicato a una gita in montagna con me, Chiara, tredici anni, in attesa di frequentare la terza media. Era stata molto netta in proposito. «Dai! Da domani dovrò nuovamente lavorare in ospedale fino alla prossima estate. Ho visto le previsioni del tempo. Sono buone. Parlano solo di rischio di temporali isolati nel tardo pomeriggio. Ma noi a quell’ora saremo già a casa. Una bella doccia e poi magari andiamo a mangiare una pizza». Mia madre è una persona decisa e pratica anche per il lavoro che fa. È infermiera, caposala al Pronto Soccorso. A me camminare in montagna piace e, a metà settembre, ormai anche io stavo consumando gli ultimi giorni di vacanza prima di tornare a scuola. Così partii volentieri con lei. Ma le cose cominciarono ad andare storte da subito. 16 Prima bucammo una gomma e dovemmo cambiarla e farla riparare. Poi sbagliammo strada un paio di volte prima di arrivare al punto di partenza. Cosa strana perché, secondo me, mia madre deve avere un GPS piantato nel cervello, anche se forse quel giorno non funzionava. Infine, durante l’escursione, appena partite per il ritorno, ci sorprese una nebbia fittissima, costringendoci a continue fermate per capire dove ci trovavamo e soprattutto se eravamo sul sentiero giusto. Insomma, a farla breve, accumulammo un tale ritardo sui tempi previsti che, all’ora in cui avremmo dovuto essere almeno sotto la doccia pregustando la pizza, stavamo ancora camminando in montagna con la prospettiva di doverlo fare ancora per un paio d’ore, prima di poter arrivare al punto in cui avevamo parcheggiato l’auto. Ma non era finita. Quando cominciavamo a rallegrarci perché la nebbia si stava diradando, si alzò un vento gelido. Poi iniziarono tuoni e lampi e in breve si scatenò… no, non un temporale estivo purtroppo, ma una vera e propria bufera di neve. Ovviamente non prevista. Si vede che quel giorno il servizio meteorologico aveva preso un po’ di vacanza. Mia madre è ottimista per natura e non si mostrò preoccupata. 17 «Beh, a metà settembre, una cosa del genere in montagna non è strana e di solito dura poco. Infiliamoci giacca a vento, berretto e guanti e acceleriamo il passo. Il pericolo di perderci non c’è. Il sentiero d’ora in avanti è ben tracciato e poi siamo attrezzate». Vero. Il sentiero che dovevamo percorrere era visibilissimo, anche se in una mezz’oretta era stato ricoperto da una decina di centimetri di neve. Vero anche che eravamo attrezzate. Mamma è una fanatica della sicurezza e nello zaino avevamo maglione, giacca a vento, berretto di lana, guanti, pile frontali, una coperta termica a testa, che è una specie di foglio di alluminio leggerissimo, ma efficiente in caso di emergenza, e un kit con il necessario per un primo soccorso. Senza contare gli indumenti di ricambio in auto. Però avrei voluto dirle che in fin dei conti queste sono considerazioni che ti confortano poco, se devi camminare in mezzo a una tormenta, con il vento gelido che ti entra dappertutto e ti frusta il viso con fiocchi di neve ancora più gelida. Comunque, mentre ero immersa nei miei pensieri, a un certo punto mi sembrò di sentire una voce. Mi fermai. No. Non era stata la mia immaginazione. Anche mamma si era fermata. Veramente una voce flebile si sentiva oltre il sibilo del vento. «Help! Aiuto!» 18 Mamma chiese immediatamente: «Dove siete?» Le fece eco una serie di parole incomprensibili, pronunciate in qualche lingua straniera. Lei rispose chiedendo in inglese di continuare a parlare ad alta voce in modo da poterli trovare e, infine, aggiunse anche lei una serie di parole per me incomprensibili. Non mi stupii. L’esperienza al Pronto Soccorso le aveva insegnato qualche parola nelle lingue più strane e forse aveva anche capito qualcosa di ciò che le persone, che stavano chiedendo aiuto, avevano detto. Non ci mettemmo molto a trovarle. Erano accoccolate sotto una sporgenza di roccia poco a monte del sentiero. Tre persone di colore. Un uomo, una donna e un ragazzo. No! Quattro! La donna aveva in braccio un fagottino che si rivelò essere, a una occhiata più attenta, un bambino. Mamma sbottò in una serie di imprecazioni contro chi si faceva i soldi sulla pelle dei poveracci. Io capii subito quello che stava succedendo. D’altronde non ci voleva molto, avevo letto di casi analoghi sul giornale. La zona in cui ci trovavamo è di confine e in certi periodi dell’anno sul sentiero che stavamo percorrendo, come su molti altri, c’è un certo movimento di immigrati clandestini che cercano in qualche modo di andarsene dall’Italia, per raggiungere altri Paesi europei dove, forse, hanno parenti e amici. 19 Mamma offrì immediatamente una prova della sua efficienza. Diede un’occhiata ai piedi dei tre e scrollò il capo. Io mi chiesi come avevano fatto ad arrivare fin lì. Calzavano delle Sneakers, o qualcosa che comunque ci assomigliava che, a contatto con le pietre del sentiero prima e della neve poi, si erano letteralmente disintegrate. I piedi erano graffiati, tagliati, sanguinanti, violacei per il freddo. Quando parlò, rivolta a me, ma la sua era una specie di riflessione ad alta voce, fu chiara: «Qui non possiamo lasciarli. Non hanno viveri, indossano abiti estivi e sulle scarpe è meglio stendere un velo pietoso. Stanotte, che nevichi o no, la temperatura sarà sottozero e loro rischiano di morire prima di domattina. Per arrivare alla nostra auto però occorrono almeno un paio d’ore. Nelle loro condizioni ne impiegherebbero di più. Non ce la farebbero. Sono esausti e il bambino ha la febbre. Abbiamo bisogno di aiuto». Afferrò il cellulare e compose un numero. Quasi lo scagliò a terra con altre imprecazioni dopo qualche secondo. Riprovò con il mio. Poi riprese il suo. Niente da fare. Si arrese dopo una decina di minuti. Non c’era campo. Impossibile chiedere soccorsi. Ripeto, mia madre è abituata a prendere decisioni e non si smentì nemmeno in quella occasione. 20 Rifletté un paio di minuti, evidentemente valutando la situazione, poi mi comunicò la sua scelta: «Se li lasciamo qui per scendere a valle e chiamare il Soccorso Alpino, rischiano ugualmente l’assideramento. Con questo tempo l’elicottero non può volare e a piedi i soccorritori ci metterebbero troppo tempo. A un quarto d’ora di qui però c’è il bivacco Melissa. È piccolo, non c’è nessuno ma è sempre aperto. Ci rifugeremo lì, almeno saremo al riparo. Domattina decideremo cosa fare». Spiegò all’uomo che avrebbero dovuto muoversi e lui lo spiegò agli altri. Poi avvolse il bambino nella sua coperta di emergenza, lo prese in braccio, mi disse di chiudere la fila perché nessuno rimanesse indietro e partimmo nella bufera. Ci volle più di mezz’ora per arrivare. Quando entrammo il bivacco, con i suoi pochi letti a castello, qualche coperta non troppo pulita, la stufetta in un angolo con una piccola provvista di legna e il fornello a gas con un paio di pentole sopra, dovette sembrare loro un albergo a cinque stelle. Fuori stava ormai diventando buio. 21 CAPITOLO PRIMO Incontro inaspettato Il vento era forte e gelido e ogni sua folata penetrava all’interno del rifugio attraverso le fessure della porta. Faceva rabbrividire. Guardai fuori dalla piccola finestra. Ero affascinata e allo stesso tempo spaventata dal panorama avvolto da una bianca e soffice neve. Che strana situazione! Fino a qualche ora fa, io e la mamma stavamo tranquillamente passeggiando lungo un sentiero di montagna per trascorrere l’ultimo giorno delle vacanze estive, prima che io iniziassi a frequentare la terza media. «Chiara, mi aiuti?» Il richiamo di mia madre mi strappò dalle mie riflessioni. Mi girai di scatto. L’interno del rifugio era illuminato da un paio di candele trovate in un cassetto e dal riverbero della piccola fiamma della stufetta che stava riscaldando lentamente l’ambiente. «Arrivo, mamma!» Le serviva aiuto per sistemare le coperte, non tanto pulite, da mettere sui letti a castello del bivacco. Mentre mi davo da fare guardai più attentamente le quattro persone che avevamo trovato 22 Incontro inaspettato quasi assiderate poco meno di un’ora prima, in mezzo alla tormenta. Immigrati clandestini molto probabilmente. Fissai soprattutto il ragazzo. Appariva alto quasi quanto me e magrolino. I capelli erano ricci, corti e neri e sembravano risplendere al bagliore della fiamma della stufetta. Era l’unico di cui conoscessi il nome, Karin. Avevo sentito sua madre che lo chiamava così. Leggevo nei suoi occhi sofferenza e dolore. Sembrava timido e serio, forse perché non capiva quello che io e mamma stavamo dicendo. Eppure mi sembrava di cogliere nella sua espressione anche il sollievo per essere stato salvato insieme alla sua famiglia. Finito il lavoro guardai preoccupata mamma e le posi la domanda che mi girava per la testa già da un po’: «Adesso che facciamo?» Lei allargò le braccia. «Non lo so. Adesso proverò a parlare con il padre, visto che conosce un po’ l’italiano». Aiutandosi con i gesti finì di sistemare la donna e il bambino sotto le coperte, poi si rivolse all’uomo, a cui Karin volle stare vicino. «Perché siete qui? E dove volete andare?» «Io… Alì. Venuto da Tunisia… Andare in Francia… Lì amici e parenti che aiutare… Noi sbarcati a Pantelleria, con nostri compagni… Viaggio lungo e faticoso… Impiegato molto tempo… Troppi Capitolo primo 23 su barcone piccolo… Tutti stretti… Paura di affondare… Onde alte… Lamenti di bambini… Pianti di persone che cadere in mare. Pagato per venire qua… Per guida per andare in Francia… Dove essere mio fratello… Ma guida lasciato noi sulla montagna quando nevicare». La voce si interruppe e una lacrima gli bagnò il viso. Per non far vedere che anche io avevo gli occhi lucidi aprii la porta. La tormenta continuava a infuriare e nel frattempo era scesa la notte. Mamma divise con loro il poco cibo che avevamo ancora nello zaino e riuscì anche a cucinare un po’ di pasta, condendola con un filo d’olio. Tutte provviste trovate in un pensile appeso alla parete. Beh, almeno per un paio di giorni non saremmo morti di fame. Poi anche noi ci sdraiammo sulle brande cercando di dormire e sperando che il mattino dopo portasse il bel tempo, in modo che i soccorsi potessero cominciare a cercarci. Papà sapeva dove eravamo andate e sicuramente avrebbe dato l’allarme. Alì però cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza con le mani premute sulle tempie articolando parole incomprensibili, alternate alle preoccupazioni per la sorte sua e della famiglia, espresse invece nel suo italiano stentato. La donna invece, sembrava un tutt’uno con il figlio neonato al quale la febbre era ca- 24 Incontro inaspettato lata, ma piangeva comunque perché era subentrata la fame in quanto il latte materno non era sufficiente. Karin invece se ne stava silenzioso e rannicchiato di fronte alla stufetta con lo sguardo fisso nelle fiamme. Aveva i piedi lacerati e gonfi. Mi avvicinai timidamente a lui e gli sistemai i piedi su uno sgabello per dargli sollievo. Lui mi tese la mano e tentò di dire qualcosa. Ne uscì un flebile sussurro: «Graz… ie». Capitolo primo 25 CAPITOLO SECONDO Una notte movimentata Quando però incrociai il suo sguardo, vidi stanchezza, disagio e soprattutto profonda malinconia. Non doveva essere stato facile per lui lasciare la sua casa, i suoi amici e ritrovarsi scaraventato in una situazione così difficile, apparentemente senza via di uscita, come quella che stava vivendo. Avrei voluto rassicurarlo, ma non avevo idea di cosa volesse sentirsi dire e, soprattutto, non conoscevo la sua lingua. Restammo così a lungo in silenzio, immobili, a osservare la fiamma nella stufetta e ad ascoltare il pianto del piccolo sempre più flebile. La mamma continuava a cantargli una nenia struggente, mentre lo teneva attaccato al seno nella speranza che qualche goccia di latte potesse ancora uscire e calmare la sua fame. Pian piano però la stanchezza ebbe il sopravvento su tutti. Quando aprii nuovamente gli occhi, fuori la tormenta sembrava cessata, era buio fondo e tutti riposavano. Solo io non riuscivo a placare la mia inquietudine. Mi strinsi forte a mamma che dormiva nel mio stesso lettino, ma neanche il suo calore poté rassicurarmi. 26 Una notte movimentata Avevo paura. Era questa la verità. Mi alzai senza un motivo preciso e, tremando dal freddo, passai accanto al letto di Karin. Sembrava così sereno in quel momento! Gli rimboccai le coperte e, spostandole, i suoi piedi si scoprirono. Alla flebile luce delle braci della stufetta, mi resi subito conto che c’era qualcosa che non andava. Sono pur sempre figlia di un’infermiera! Il piede sinistro di Karin continuava ad avere uno strano colore violaceo ed era molto gonfio. Non volevo svegliarlo senza motivo, quindi decisi di chiamare mia madre. Quando vide il piede, sussultò. Accese la pila che portava sempre nello zaino, lo esaminò meglio e io capii che la cosa era più seria del previsto. «Chiara, sveglialo! Il piede purtroppo è messo male, dobbiamo subito fare qualcosa». Fu interrotta dal debole tocco della mano di Karin. Dal suo sguardo profondo e serio intuimmo che aveva compreso la situazione. Mia madre gli accarezzò i capelli e sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi professionali. Una brava infermiera sa come rassicurare, sa che un suo sorriso può donare serenità anche nei momenti peggiori. E questo lo era! Riscaldò l’acqua sulla stufa, utilizzando parte della poca legna che rimaneva, e, dopo aver frizionato l’arto, preparò con degli Capitolo secondo 27 stracci trovati lì un impacco di acqua calda da porre sul piede. Infine lo fasciò utilizzando le bende che aveva nel kit di primo soccorso e gli diede un antibiotico. In quel momento mi pentii di tutte le volte che l’avevo presa in giro per la sua eccessiva scrupolosità. Poi lo guardò con la sua più severa aria professionale. «Karin, ora riposa. Tutti noi riposiamo». Il sole stava ormai sorgendo, i primi bagliori dell’alba iniziavano a farsi strada tra le nuvole, ancora presenti nel cielo. La giornata sembrava iniziare al meglio. Pensai che avrei dovuto essere ottimista, anche se avrei voluto tanto piangere. La mamma di Karin si era svegliata, guardava il piede fasciato del figlio con aria perplessa, ma il pianto disperato del neonato non le permise di occuparsene oltre. Solo in quel momento mi resi conto che Alì, il padre di Karin, non era nella stanza. «Mamma, Alì non c’è!» esclamai. Lei si guardò attorno mentre controllava il piede del ragazzo, poi scrollò le spalle. «Sarà uscito a fare i suoi bisogni! Comunque il piede sta un po’ meglio anche se ha bisogno di cure». 28 Una notte movimentata Si alzò di scatto e si diresse verso la giacca, prese il cellulare, un gesto che aveva fatto innumerevoli volte nelle ultime ore, ma in questa occasione colsi sorpresa nel suo sguardo. Seguì un’esclamazione: «C’è campo! Anche se il segnale è debole. Forse riesco a chiamare un numero d’emergenza, i soccorsi, la guardia forestale, la polizia». Fu interrotta da una voce terrorizzata: «No! No! Polizia no!! Cattiva! Police, NO! Libertè… libertè!» Era Karin. La mamma lo guardò. «Ma… ma noi dobbiamo chiedere aiuto! Aiuto, H-E-L-P! Capito?» Karin rispose ripetendo solo una parola: «Libertè…» Poi i suoi occhi si riempirono di lacrime e zoppicando andò ad accovacciarsi vicino alla madre. La donna interruppe la cantilena e accarezzò il figlio. «Mamma, se chiami i soccorsi Karin e la sua famiglia finiranno in centro d’accoglienza e poi verranno rimpatriati. Sono clandestini, non è giusto. Invece di chiamare i soccorsi, chiama… chiama papà! Lui ha sempre idee geniali! Ci starà già cercando, è un esperto escursionista e ha tanti amici nel Soccorso Alpino. Inoltre sapeva dove eravamo diretti. Magari è già in…» Capitolo secondo 29 Mia madre mi interruppe: «Zitta, Chiara! Non è il momento di chiacchiere! La situazione è già abbastanza complicata. Guarda fuori. Siamo sommersi dalla neve. Il piccolo continua a piangere per la fame, Karin deve essere visitato da un medico. E tu mi dici di chiamare papà e non i soccorsi!?!» Replicai decisa: «No! Dico solo di telefonare prima a papà… sempre se c’è ancora campo! Ecco! Solo questo!» Lei sospirò e si girò verso la finestra. Per la prima volta la vidi incerta sul da farsi. Alla fine si decise e si rivolse a Karin: «Ok! Io N-O-N chiamo polizia… io chiamare papà!» Io e Karin ci scambiammo uno sguardo d’intesa. Improvvisamente udimmo un latrato provenire di fuori. Sobbalzammo tutti. Mia madre corse subito verso la finestra. «È un cane… è un cane! Non ci posso credere. Ci hanno trovato! Stanno arrivando i soccorsi!» Cercai subito lo sguardo di Karin. Sia lui che la madre avevano gli occhi bassi e anche il piccolo aveva smesso di piangere. Avrei dovuto essere felice, gridare di gioia. L’incubo era finito. Per me. Non per Karin e la sua famiglia. 30 Una notte movimentata CAPITOLO TERZO L’arrivo di Whisky Aperta la porta, la mamma fu letteralmente assalita, con uno scatto fulmineo e deciso, da un grande meticcio di husky. Per un attimo credetti di avere le allucinazioni. Poi capii che era vero. Sì! Era proprio Whisky! Il mio tenero e inseparabile Whisky. Si aggrappò buffamente addosso a mamma, leccandola e bagnandola tutta e agitando la coda irrigidita per il peso della neve mentre lei, con gli occhi sgranati e increduli, lo fissava, paralizzata dalla gioia trattenuta a stento per l’inatteso e insperato arrivo. Riuscì a malapena a sussurrare poche parole: «Whisky, che ci fai qui?» Lui per tutta risposta mi prese di mira e corse incontro. Io lo accarezzai e lo strinsi forte forte a me. «Whisky! Quanto mi sei mancato! Più di Anna ed Elisa!» Anna ed Elisa, le mie amiche più care! Non avevo più pensato a loro e adesso mi stavo rendendo conto che sarebbero state sicuramente in pena per me e per la mia scomparsa. Non ero riuscita nemmeno ad avvisarle che non avrei potuto andare agli 32 L’arrivo di Whisky allenamenti di ginnastica artistica. E, in questa situazione, non ero stata in grado di messaggiare o chattare con loro, cosa che faccio abitualmente. E nemmeno riuscire a vedere le chiamate perse sul cellulare. Non avevo detto loro della gita in montagna perché, a detta di mia madre, l’escursione, che avevo accettato volentieri di fare, doveva essere breve, l’ultima occasione estiva per goderci la montagna. Intanto continuavo distrattamente, rapita dalle mie nostalgiche divagazioni, ad accarezzare Whisky che si rotolava nella neve e reclamava le mie coccole. Il mio dolcissimo, affezionato e fedele compagno che, nonostante le sue enormi dimensioni, pesava 25 kg ed era alto 65 cm, per me rimaneva sempre il tenero e spaurito batuffolino bianco, con chiazze beige e occhi eterocromi azzurro e verde, trovato tre anni prima abbandonato in mezzo al bosco. Fui riportata alla realtà, volutamente rimossa perché non avevo alcuna idea sul come affrontarla, dal pianto del fratellino di Karin che reclamava la sua razione di pappa. Karin e sua madre mi osservavano. Chissà cosa pensavano del mio rapporto con Whisky. Avranno avuto anche loro un cane che erano stati costretti ad abbandonare, impossibilitati a portarlo dietro? Capitolo terzo 33 Mi rivolsi a Karin: «Accarezzalo, se vuoi. È socievole, non morde!» Karin si avvicinò e lasciò scorrere la sua scarna mano sul pelo bagnato di Whisky. Poi, rassicurato disse: «Buono, bello tuo cane. Anche Hain, mio cane, buono. Rimasto con nonni villaggio Béja». I suoi occhi esprimevano tenerezza e complicità, rincuorato dal clima disteso che si era creato e dal dolore fisico e morale che stava allentando la presa. Così proseguì «Mamma si chiama Corinne, fratello piccolo Marcel. Io andare scuola. Imparato anche tante cose. Persone buone in Italia offrire aiuto. Tu buona, très jolie. Aiutare mia famiglia. Police cattiva. Pan! Pan! Fucili sparare noi che cacciare Ben Alì». Sentendo questo nome, mi ricordai chiaramente che qualche tempo prima i giornali avevano riportato notizie sulla dittatura del presidente Ben Alì in Tunisia e che le manifestazioni di protesta erano state stroncate duramente dagli squadristi simpatizzanti del dittatore. Di conseguenza era iniziata la massiccia fuga dal Nord Africa con sbarchi di clandestini sulle coste italiane, nelle isole Pelagie e a Pantelleria, alla ricerca di un modo per entrare in Europa e cominciare una nuova vita. Le autorità italiane avevano tentato di bloccare gli arrivi promuovendo un accordo internazionale che 34 L’arrivo di Whisky garantisse la risoluzione del problema della grave emergenza umanitaria, ma nel frattempo i clandestini venivano accolti nei centri di accoglienza. Per questo Karin aveva paura. Quanto doveva aver sofferto e quanto ancora avrebbe dovuto soffrire prima di realizzare il suo sogno, un diritto inviolabile della persona: vivere libero in un paese democratico. Mia madre nel frattempo armeggiava con i cellulari, alternando il mio al suo e componendo il numero di casa nel vano tentativo di comunicare con mio padre. Inutilmente. «Non c’è campo! Nessun servizio! Accidenti! Questi aggeggi, quando servono sul serio fanno i preziosi e i permalosi. Si vendicano per le tante volte che li rimproveriamo di stare troppo tempo nelle mani dei ragazzi e di essere colpevoli della loro deconcentrazione. Accidenti! Accidenti! Cento volte accidenti!» Imbronciata e amareggiata, incrociò le braccia al petto. Era la tipica posizione che assumeva quando avvertiva di essere impotente e sconfitta. Lei che aveva un carattere deciso, perseverante e oserei dire prepotente. In quel momento le frullava per la mente certamente qualche imprecazione contro mio padre, eppure in più occasioni lo aveva sempre apprezzato per i risultati ottenuti. Capitolo terzo 35 Captai frasi spezzate:«Se la prende comoda il flemmatico! Ma no, è solo la mia disperazione che mi fa pensare male… Sarà più preoccupato di noi…. Magari si è smarrito tra i sentieri innevati… No, non può accadere…. È un esperto escursionista… Sa che se fosse capitato qualche imprevisto il punto di riferimento in questa zona è il rifugio Melissa… E come ha fatto Whisky ad arrivare qui da solo?... Non ci sono alpinisti in giro… Non si vede anima viva… E Alì? Dove è finito… Perché è uscito?» La speranza sembrava averci ormai abbandonato. Improvvisamente però, ricomparve Alì a risollevarci il morale. Era sorridente, camminava lentamente, sembrava appoggiare con delicatezza i piedi sulla neve come se avesse rispetto per quel bianco manto che, forse, non aveva mai visto prima. Teneva della legna sul braccio sinistro e con la mano destra reggeva delle bacche di mirtilli e lamponi, poggiate su foglie di olmi che aveva intrecciato, dando loro la forma di un cestino. Il suo sorriso tranquillizzò tutti noi. Karin, con gli occhi lucidi di lacrime, saltellando sul piede sano gli andò incontro abbracciandolo e baciandolo. Alì poggiò la legna davanti alla stufa, i frutti sul tavolo, baciò Corinne e Marcel, si sedette sulla panca e si predispose a fornire spiegazioni ai nostri sguardi interrogativi. 36 L’arrivo di Whisky CAPITOLO QUARTO La storia di Alì Alì ci spiegò di essere uscito per prendere una boccata d’aria. Tutti lo stavamo fissando con aria interrogativa, fino a quando la mamma ruppe il silenzio e domandò dove avesse trovato i frutti di bosco. Lui rispose subito, nel suo italiano stentato: «Io seguito impronte di coniglio e andato verso boschetto. Vedere bacche dove neve cadere poco». Il viso di Alì era raggiante per aver raccolto quel piccolo tesoro. Tutti, guardandoci senza parlare, capimmo subito che era giusto rinunciare alla nostra porzione di cibo a favore di Corinne, che allattava il piccolo. Corinne accettò volentieri e, mentre assaggiava incuriosita il primo lampone, il cane iniziò a scodinzolare, abbaiare e graffiare la porta. In quel momento un’ombra passò davanti alla finestra. Aprii la porta scricchiolante e subito Whisky si precipitò fuori. Dopo qualche minuto lo vidi tornare insieme a mio padre. Gli corsi incontro con le lacrime agli occhi per la felicità e sentii le mie parole risuonare nel silenzio immobile del bosco: «Mamma! 38 La storia di Alì Mamma! C’è papà!» La mamma lo raggiunse e si abbracciarono, mentre Alì e Corinne si scambiavano sguardi interrogativi. Poi papà cominciò a chiedere spiegazioni: «Tesoro! Chiara! Ero preoccupatissimo per voi! Perché non mi avete chiamato?» La mamma rispose subito: «Ci abbiamo provato, ma non c’era campo. A proposito, come mai Whisky è arrivato qui per primo?» «È riuscito a seguire le vostre tracce grazie al suo fiuto, mentre io cercavo di seguire il sentiero segnato». Poi gli raccontai la nostra avventura, come ci aveva sorpreso la bufera sulla via del ritorno, l’incontro con i tunisini che chiedevano aiuto e il percorso accidentato per metterci in salvo. Lui rimase molto sorpreso nel vedere un neonato, sopravvissuto in quelle condizioni. Poi si rivolse ad Alì: «Parlez-vous français?» Alì rispose immediatamente: «Oui! Comment vous-vous appellez?» «Je m’appelle Marco, et toi?» «Je m’appelle Alì». Indicò poi la moglie. «Elle est Corinne». E poi i due figli, partendo dal più piccolo: «Et il s’appelle Marcel». Capitolo quarto 39 Karin però stavolta lo precedette nelle presentazioni: «E io essere Karin» disse con un bellissimo sorriso. Mio padre veramente è un uomo dalle mille risorse, perché oltre a lavorare in ospedale ed essere un alpinista esperto, parla anche bene il francese. Alì allora volle raccontarci la sua storia, pregandolo di tradurre per noi. Con naturalezza papà incominciò a parlare: «Eravamo a Beja in Tunisia, ma dopo la cacciata di Ben Alì, fummo costretti a scappare. Non era più possibile vivere, né lavorare. Il paese era in preda alla violenza delle bande armate e la mia bancarella al mercato era stata distrutta, insieme a tutta la merce. Sì, io facevo l’artigiano, costruivo ceramiche e mia moglie lavorava come tessitrice». Fece una pausa, forse ripensando a tutto quello che aveva perso. Poi continuò: «Racimolammo lentamente i soldi necessari per imbarcarci. Poi, una notte di luglio, salimmo sulla barca. Mia moglie era incinta. Partimmo grazie a un passaggio in camion verso Kelibia, dove gli scafisti fanno il loro sporco lavoro. Ci imbarcammo una notte di luna piena su un peschereccio malandato, diretti a Pantelleria. Dopo vari giorni di mare grosso, sbarcammo sfiniti e 40 La storia di Alì ghiacciati sull’isola. Ci tirarono sulla banchina i pescatori e i giovani volontari». Dall’espressione del viso si capiva quanto raccontare le sue vicende dovesse essere doloroso per lui. Ma, dopo una breve esitazione, continuò: «Ci presero in consegna portandoci al centro di accoglienza dove ci offrirono cibo e bevande. Eravamo talmente stanchi da non riuscire nemmeno a camminare. Molte persone ci interrogavano, ci ascoltavano interessate e ci fotografavano. Riuscimmo a fare una doccia, ci diedero abiti puliti, frutta, dolci. «Dopo ci trasferirono a Porto Empedocle, vicino ad Agrigento. Là, in un altro campo profughi Corinne partorì Marcel. Fu in quei mesi che iniziammo a pensare di andare in Francia, a Lione, dove abbiamo dei parenti. Ne parlammo con altri tunisini del centro di accoglienza. Anche loro avevano parenti o amici che li aspettavano. Certo, scappare dal centro non fu facile, ma questa è un’altra storia». A quel punto, mio padre, interruppe il racconto di Alì per chiedere con che mezzi fossero arrivati in montagna. Fu Karin a spiegare in italiano: «Noi, imbarcati in grande nave con stemma di balena blu. Nostra destinazione Genova. Arrivati lì, proCapitolo quarto 41 seguito con furgone fino a montagne. Poi iniziato cammino su monte, dove guida abbandonare noi». Durante tutto il racconto, mamma era rimasta in silenzio, pensierosa. Alla fine esordì esprimendo un pensiero che era anche il mio: «Il confine con la Francia è davvero molto vicino...» Il lungo racconto ci aveva messo appetito e per fortuna papà tirò fuori dallo zaino cibo, acqua, tè e caffè caldi. Ci dividemmo le provviste, rendendoci conto che era giunto il momento di lasciare il rifugio. Le previsioni del tempo riferite da papà annunciavano un peggioramento delle condizioni meteorologiche sul nostro versante alpino. Ci incamminammo così lungo il sentiero per raggiungere le nostre auto. Whisky fiero ci precedeva. Karin zoppicava. Mamma aveva cercato di proteggere il suo piede con una fasciatura protetta da diversi strati di strisce di plastica, ricavate da alcune borse trovate nel rifugio. Mentre percorrevamo il sentiero innevato, mio padre cercò il telefono satellitare nello zaino e fece per telefonare, ma Karin, spaventato, pensando che papà stesse chiamando la polizia, glielo strappò di mano e lo buttò per terra. 42 La storia di Alì Papà è davvero una persona calma e paziente. Gli spiegò che non era sua intenzione chiamare la polizia ma un amico, che avrebbe potuto aiutarli. Karin arrossì e chiese scusa, raccolse il telefono e glielo restituì, scrollando via un po’ di neve. Tuttavia mio padre decise di chiamare più tardi, perché al termine del sentiero ci apparvero, avvolte dalla nebbia, l’automobile di papà e quella di mamma. Ci dirigemmo velocemente in quella direzione, mentre i primi fiocchi di neve cominciavano a cadere. Per nostra fortuna il bagagliaio conteneva vestiti di ricambio. Papà era stato previdente. Così finalmente potemmo toglierci gli abiti sporchi e bagnati. Entrammo nelle due auto. Alì con la moglie e il bambino salì con papà. Karin venne invece con me e mamma. Partimmo, senza che papà ci dicesse dove si stava dirigendo. Capitolo quarto 43 CAPITOLO QUINTO Incontro alla locanda Fiocco di neve La nevicata aumentò di intensità e la nebbia divenne sempre più fitta mentre procedevamo lentamente in auto. A un certo punto fummo anche costretti a fermarci perché operai e volontari stavano sgombrando la strada da rami e alberi caduti a causa della neve. Comunque, in un paio d’ore giungemmo finalmente a valle, dove non nevicava e soprattutto i cellulari funzionavano perfettamente. Mio padre, appena sceso dall’auto, chiamò immediatamente Léon, il suo amico poliziotto, cercando contemporaneamente di tranquillizzare Alì, dicendogli che si trattava di una persona di cui ci si poteva fidare. Lo aveva conosciuto a un corso di alpinismo e la loro amicizia era nata durante una ascensione. Léon, che precedeva da primo di cordata, aveva perso un appiglio ed era caduto. La corda l’aveva trattenuto, impedendogli di sfracellarsi trecento metri più in basso, ma era rimasto seriamente ferito a un braccio e non più in grado né di salire né di scendere da solo. Mio padre, nonostante le difficoltà, era riuscito a soccorrerlo e a portarlo al sicuro e Léon non lo aveva mai dimenticato. 44 Incontro alla locanda Fiocco di neve Purtroppo ci accorgemmo ben presto di non riuscire a contattarlo. Mentre i miei genitori cercavano di risolvere il problema, incrociai lo sguardo di Karin che mi apparve piuttosto preoccupato. Nonostante le difficoltà dovute alle nostre diverse lingue, cercai di comunicare con lui invitandolo a sedersi con me su una panca vicino a un’area sportiva per tranquillizzarlo e cercare di cancellare la malinconia dal suo sguardo. Tentai di rompere il ghiaccio chiedendogli come stesse il suo piede, mentre Whisky scodinzolava felice sul prato. Lui non rispondeva se non a monosillabi e allora, per evitare che il silenzio cadesse su di noi, cominciai a raccontargli della mia grande passione per la pallavolo, sport che praticavo già da tre anni e che mi aveva permesso addirittura di vincere gare a livello provinciale e regionale. A questo punto Karin iniziò a parlare in un italiano molto stentato. «Anche io giocare… mio paese… pallavolo… prima di guerra… ora essere triste… non giocare più». Sentendo queste parole ricordai di avere il mio pallone in macchina e andai a prenderlo. Karin, appena lo vide, sorrise e il suo volto si illuminò. Iniziammo a passarci la palla e subito dimostrò di essere molto bravo. Ero fiera Capitolo quinto 45 di me perché ero riuscita a fargli dimenticare, almeno per un po’, la terribile situazione in cui si trovava. Nel frattempo, fummo richiamati da mio padre che era finalmente riuscito a contattare il suo amico Léon. Ci condusse così a una vicina locanda, che si chiamava Fiocco di neve, per incontrarlo. Alì appariva agitato al pensiero di trovarsi al cospetto di un rappresentante della legge, ma ben presto si tranquillizzò alla vista dell’affettuoso e commovente abbraccio tra i due amici. Entrammo e, vista la fame, fummo subito attratti dal profumo della carne arrostita sulla brace e dal tepore dell’ambiente. Papà e Léon si appartarono per discutere, mentre noi fummo invitati a sederci al tavolo dal cameriere di turno, al quale fu chiesto se in quel locale fossero ammessi i cani. Io sedetti vicino a Karin, mia madre si mise ad aiutare sua mamma, Corinne, ad accudire il neonato. Alì seguiva con lo sguardo la conversazione tra Léon e papà mentre Whisky, che aveva potuto entrare, era particolarmente attratto dallo spiedo scoppiettante. Infatti, dopo qualche minuto, lo vedemmo arrivare stringendo tra i denti un pezzo di carne che aveva sottratto con l’inganno al cuoco e ci fece scoppiare tutti in una fragorosa risata. 46 Incontro alla locanda Fiocco di neve CAPITOLO SESTO Il giorno decisivo Quando finimmo di ridere vidi la faccia di Alì rilassarsi e l’uomo rivolse uno sguardo carico d’amore verso la moglie che teneva il piccolo Marcel addormentato serenamente fra le sue braccia. Mentre osservavo incantata quel quadretto familiare, vidi mia madre avvicinarsi a lei e proporle di andare a chiedere del latte per il piccolo. Si diressero quindi ambedue verso la cucina e io rivolsi il mio sguardo a Karin che sedeva accanto a me. Aveva l’espressione di chi, trovandosi in pericolo e avendo paura, era riuscito, comunque, a provare un po’ di felicità. La tranquillità però durò poco perché fu interrotta dalle parole di Léon, il poliziotto. «Certamente la situazione non è semplice, ma conosco una persona che lavora per l’Ambasciata Francese a cui possiamo provare a chiedere aiuto per ottenere asilo politico per tutti voi». Nel frattempo mia madre e Corinne avevano fatto ritorno al tavolo, con il latte per il piccolo Marcel che, ormai sveglio, sfoggiava uno dei suoi sorrisi più accattivanti. 48 Il giorno decisivo La sua gioia fu interpretata da quasi tutti come segno di una imminente e positiva svolta nella vicenda per lui e tutta la sua famiglia. Alì però rimase chiuso nei suoi pensieri, tutto preso a rimuginare su quanto aveva detto il poliziotto. Io, Karin e Whisky andammo fuori a giocare a palla. Parlammo dei nostri hobby, dei nostri sogni, dei nostri desideri e in particolare di quello di Karin di tornare nel suo paese d’origine. Dopo un paio d’ore trascorse tra i ricordi di un passato tragico e doloroso e i progetti e le speranze per un futuro migliore, rientrammo nella grande sala del ristorante per raggiungere gli altri. Lì trovammo Léon intento a parlare con Alì: «Domani chiamerò il mio amico e m’informerò su come procedere per ottenere l’asilo politico». Alì, molto preoccupato, gli chiese se la sua famiglia avrebbe potuto rimanere unita. Léon sorridendo annuì: «Certo! Vi do la mia parola». Poi gli strinse la mano come se volesse ufficializzare l’accordo appena concluso. Era ormai scesa la notte e decidemmo di andare a dormire. Mamma andò con papà, Alì con Corinne e il piccolo Marcel e io Capitolo sesto 49 con Karin. Ci augurammo la buonanotte e cademmo in un sonno profondo e ristoratore. Il risveglio fu, però, alquanto traumatico, perché di buon’ora sentimmo dei forti colpi alla porta della nostra camera. Karin s’alzò di scatto dal letto tutto tremante ed emise un grido. Sulla soglia della porta comparve invece mia madre che capì subito d’essere stata lei la causa di tanto spavento e, chiedendo scusa a Karin, l’abbracciò affettuosamente. Lui si calmò e ricambiò l’abbraccio. Oramai eravamo tutti svegli e ci preparammo per andare a colazione. Pochi minuti dopo arrivò Léon euforico e ci comunicò che il suo amico gli aveva riferito per telefono che era possibile ottenere il visto come rifugiati politici. Alì e la sua famiglia avrebbero potuto coronare il loro sogno, ma soprattutto, restare uniti e ricominciare a vivere, liberi e senza timori per la propria incolumità. In quel preciso momento Karin capì che la polizia poteva davvero aiutare i cittadini e che non era sempre a servizio di un potere politico totalitario e nemico d’ogni desiderio di democrazia e libertà. Léon, nel suo perfetto francese, si affrettò a delineare tutti i particolari dell’operazione. Occorreva presentarsi all’Ambasciata e 50 Il giorno decisivo farsi identificare. Il resto sarebbe stata normale routine burocratica. Far comprendere tutto questo ad Alì e convincerlo della mancanza di rischi fu alquanto difficile perché lui temeva per sé e la sua famiglia. Pian piano, rassicurati anche da mio padre, salirono in macchina dopo aver salutato me e mia madre. Il viso di Karin fu segnato da una lacrima. Mi abbracciò per consolidare un’amicizia appena sbocciata. Capitolo sesto 51 CAPITOLO SETTIMO Un’infinità di emozioni Ero in cameretta assorta nei miei pensieri e mi sentivo triste all’idea di non rivedere più Karin. Mi sentivo impotente e in testa mi frullavano mille domande. Cosa sarebbe accaduto al mio amico che avevo da poco conosciuto e che già avevo perso? E se fosse rimasto con noi, ospite in famiglia per un po’, sarebbe stato felice? Pensai di leggere, per distrarmi, un altro capitolo del libro consigliatomi dalla professoressa di Italiano, Odore di guai di Marco Tomatis. Lessi e rilessi quelle parole che rimbalzavano da una riga all’altra, immedesimandomi in Nicoletta detta Nico, che si trova catapultata su Catorcia, pianeta distante anni luce dalla Terra, dove finiscono tutti gli oggetti che non servono più agli Umani e dove potrà solamente contare sull’aiuto degli amici per sconfiggere i suoi temibili nemici. “Sì” pensai “con l’aiuto degli amici si possono affrontare i temibili nemici, cioè le avversità della vita!” 52 Un’infinità di emozioni Smisi di leggere e di fantasticare e immaginai, invece, come mi sarei sentita al posto di Karin, se avessi dovuto scappare con la mia famiglia dall’Italia. Avrei perso tutto. La casa, i parenti, gli amici e la speranza di tornare. Avrei perso le mie certezze. Mi sarei sentita avvolta dalla solitudine, confusa e intimorita, i sogni sarebbero rimasti irrealizzati e avrei cercato nello sguardo di chi mi avrebbe osservato diffidente, un aiuto, quell’aiuto che tutti dovremmo dare e ricevere quando si è stranieri per sentirsi accolti e non emarginati. Mi sentii invasa da un grande senso di malinconia. Avevo il cuore in gola. Mi aggrappai all’idea di essere fortunata. Le mie riflessioni vennero all’improvviso interrotte dall’abbaiare di Whisky e per un momento mi illusi che Karin fosse ritornato. Andai in giardino e vidi dei ragazzi giocare a pallavolo, proprio come me e Karin sulla neve. Pensai che il gioco avvicina gli amici e che un amico non si cerca, si trova e, se anche si dicono poche parole, bastano per provare una infinità di emozioni. Chiesi a mia madre se sarebbe stato opportuno telefonare a Karin in Ambasciata per avere notizie, ma lei me lo sconsigliò, perché avrebbe sentito di più la mia mancanza. Capitolo settimo 53 Pensai che forse anche Karin era inquieto e aveva cambiato idea su dove avrebbe preferito vivere. Non più in Tunisia e neanche in Francia, ma forse avrebbe voluto rimanere in Italia e venire a scuola con me, la sua amica. Dopo cena quella stessa notte mi affacciai alla finestra della mia camera e vidi una stella cadente. Espressi il desiderio che Karin fosse felice in qualunque posto andasse a vivere. Mi misi a letto e non riuscii a dormire. Iniziai allora a inviare messaggi alla mia amica Rebecca, fino a quando non caddi in un sonno profondo. Sognai Karin lungo il corridoio della scuola; corsi per andargli incontro, ma quando mi trovai accanto a lui, appena lo abbracciai, sentii un brivido. Mi svegliai, faceva freddo. La finestra era aperta! La chiusi e ritornai a letto a dormire. La mattina venni svegliata dal suono del campanello di casa. 54 Un’infinità di emozioni CAPITOLO OTTAVO Complicazioni Corsi ad aprire la porta di casa. Sulla soglia c’era un uomo che si presentò come un funzionario dell’Ambasciata e dietro di lui… Karin! Non me lo aspettavo e rimasi a bocca aperta per qualche secondo, indecisa se preoccuparmi o rallegrarmi. Karin aveva la testa bassa e, incrociando il suo sguardo, capii che doveva aver pianto. Cominciai ad allarmarmi. L’uomo mi chiese se poteva parlare con un adulto e io chiamai mamma e papà, che rimasero sorpresi vedendo Karin e mi invitarono ad allontanarmi. Questo mi preoccupò ancora di più. Se i miei genitori non mi volevano con loro, doveva trattarsi di una cosa seria. Cercai di origliare ma non sentii niente, a parte Karin che piangeva. Cominciai a mangiarmi le unghie per l’agitazione, una cosa che non avevo mai fatto. Dopo circa un quarto d’ora di angosciosa attesa, la porta si aprì. Cercai di carpire qualche informazione da Karin, interrogandolo con lo sguardo, ma vi trovai solo tristezza e sconforto. Poi guar- 56 Complicazioni dai mamma e papà, ma ugualmente non cavai un ragno dal buco. Rimasi immobile guardandolo uscire con l’uomo e poi domandai alla mamma cos’era successo. Lei non rispose e mi mandò in camera. Non sapendo cosa fare, rilessi i messaggi che avevo mandato a Rebecca la sera prima. Le avevo raccontato della nostra avventura in montagna e della situazione della famiglia di Karin. Avevamo deciso che sarebbe venuta da me nel pomeriggio a farmi compagnia. Mentre l’aspettavo, mi rimisi a leggere il libro. Verso le quattordici Rebecca arrivò e mi salutò con calore. Le raccontai di quella mattina e della mia preoccupazione per Karin. Cercammo di formulare delle ipotesi su quello che era successo e cercammo su Internet delle informazioni su eventuali complicazioni. Poi facemmo una pausa bevendo un buon tè alla menta e mangiando le meringhe comprate dalla mamma quella mattina. Rebecca andò via che erano quasi le diciotto. La sua visita mi aveva risollevato il morale e mi sentivo più battagliera. Avrei aiutato Karin e la sua famiglia a tutti i costi! A cena, attorno al tavolo, però regnò il silenzio assoluto e dopo andai subito a dormire. Ero già sotto le coperte quando la porta si aprì ed entrò mamma. Si sedette sul letto e mi sorrise. Capitolo ottavo 57 «Chiara, ti devo dire una cosa importante». Annuii. «Sai che Alì, Corinne, il piccolo Marcel e Karin erano scappati dal Centro di accoglienza dove erano stati accolti e schedati, vero?» Annuii di nuovo. «Ora, questo ha complicato le cose. Inoltre alcuni tunisini, sbarcati con loro a Lampedusa, hanno accusato Alì di un reato gravissimo! Sembra che non ci fosse più posto sul barcone e che, approfittando del caos creatosi al porto tra tutta la gente in partenza, lui abbia ucciso qualcuno per garantire a se stesso e alla sua famiglia una sistemazione a bordo. Ovviamente anche per questo lo vogliono rimpatriare. Corinne e Marcel lo seguiranno. Il bambino è troppo piccolo per essere separato dalla mamma». Fece una pausa e io ne approfittai. «E Karin?» «Alì vuole offrire a Karin la possibilità di un futuro migliore e ha chiesto a Léon di parlare con noi per cercare insieme una soluzione. Potremmo prenderlo in affidamento, almeno per un po’. Tu cosa ne pensi?» Risposi immediatamente: «Sarebbe fantastico, ma non si potrebbe far rimanere tutti in Italia con noi? Alì non ha commesso nessun 58 Complicazioni reato, ne sono certa! Non è giusto! Non si può dividere una famiglia in questo modo!» Ero indignata e mamma, rispondendo, mi accarezzò la testa. «Lo so, ma non tutti la pensano come te». Poi si alzò e uscì spegnendo la luce. Mi rannicchiai sotto le coperte e mi misi a piangere. Tutti i soldi spesi da Alì per il viaggio non erano serviti a niente, ma soprattutto quale destino avrebbe avuto la sua famiglia in Tunisia? E Karin? Provai a mettermi nei suoi panni e pensai che doveva sentirsi come una sacco vuoto, privato della sua felicità e della sua famiglia. Io non sarei riuscita a sostenere un peso del genere. Molto probabilmente sarei crollata, nonostante il mio ottimismo. L’unica cosa positiva era che Karin sarebbe venuto a vivere con me. In quel momento, venuta da chissà dove, arrivò l’idea. Nella nostra città, si tiene tutti gli anni una festa multietnica, alla quale partecipano persone di decine di nazionalità diverse. Avremmo potuto organizzare una raccolta fondi per Karin e la sua famiglia. Cominciai a pensare a come fare. Avrei dovuto contattare Silvia, l’organizzatrice dell’evento, per chiederle dei dettagli e dei consigli. Mille idee cominciarono a frullarmi in testa. Capitolo ottavo 59 La mattina dopo entrai in cucina e salutai raggiante i miei genitori che stavano facendo colazione. Lessi nello sguardo di mia madre molta curiosità per il mio umore allegro e spiegai loro le mie intenzioni. Mamma posò la fetta di pane e marmellata che stava mangiando e mi abbracciò. Immediatamente dopo afferrò il cellulare, compose il numero di Silvia, parlò brevemente, chiuse la comunicazione e mi guardò. «Ho fissato un appuntamento per oggi alle 16 per discutere dell’iniziativa. Karin non lo avvertiremo. Così non soffrirà nel caso non riuscissimo a fare qualcosa». Risposi immediatamente: «E, se tutto andrà bene, per lui sarà una bellissima sorpresa!» 60 Complicazioni CAPITOLO NONO Di nuovo vicini La festa multietnica si svolgeva all’estrema periferia della città, là dove i palazzi e le strade lasciano il posto alla campagna. Alle nostre spalle si estendeva un campo di girasoli che ondeggiava al vento come uno specchio di mare al tramonto. Notai che Karin diventava sempre più allegro man mano che gli stand si riempivano di una folla allegra e colorata. Le donne africane, con i loro abiti tradizionali dai colori vivaci, giallo-oro, arancione, rosso e verde menta, erano le più appariscenti. C’erano anche tanti ragazzi e ragazze, alcuni con la pelle scura e i capelli corvini, altri con la pelle diafana quasi trasparente e i capelli biondissimi, ma tutti vestiti nello stesso modo, con jeans, scarpe da ginnastica e t-shirts variopinte. Raggiungemmo lo spazio della musica dove un trio di musicisti si esibiva percuotendo strumenti costruiti con conchiglie, zucche, lattine di metallo, tappi di bottiglie e bidoni. Il ritmo era travolgente e così Karin e io ci lanciammo nelle danze. Quando volsi lo sguardo, vidi mia madre che ci osservava e bisbigliava qualcosa 62 Di nuovo vicini all’orecchio della sua amica Silvia. Non sapevo precisamente cosa ma potevo immaginarlo benissimo. Intanto, nell’aria tiepida si diffondevano odori nuovi, intensi e speziati. Tra questi quello tipico del kebab che Karin riconobbe subito. Ci avvicinamo così allo stand tunisino con l’intenzione di farne una scorpacciata, magari con qualche falafel. Mentre ero in fila alla cassa, mi accorsi che Karin, rimasto un po’ indietro, stava abbracciando un ragazzo poco più grande di lui. L’abbraccio fu lunghissimo e intenso, notai che Karin piangeva. Quando finalmente si sciolsero cominciarono a conversare fitto fitto. Dapprima fu Karin a parlare senza prendere fiato, mentre sul volto dell’altro si dipingevano le espressioni più strane, dalla preoccupazione allo stupore, dalla curiosità al divertimento, fino a uno sgomento, così profondo e così penetrante che per un momento ebbi paura. Quando Karin tacque, fu l’altro a continuare, con foga e passione, accompagnando le sue parole con gesti espressivi. Infine fu il silenzio, intenso e assoluto. Poi i due si riscossero e Karin si ricordò di me che, nel frattempo, lo avevo raggiunto con un vassoio colmo di prelibatezze arabe. Mi presentò il suo amico. Si chimava Mohammed ed era stato suo Capitolo nono 63 compagno di viaggio sul barcone che li aveva portati fino a Lampedusa. Dopo la fuga dal Centro di accoglienza si erano persi di vista e ora il caso li aveva fatti incontrare di nuovo. Ci sedemmo aa un tavolo e Karin cominciò a spiegare. In sostanza Mohammed aveva detto che Alì, il padre di Karin, non aveva ucciso proprio nessuno. Il colpevole del delitto, di cui era stato incolpato, era stato invece uno degli scafisti. Era in grado di provarlo perché aveva ripreso con il cellulare proprio il momento in cui la vittima era stata gettata in mare. Ci spiegò anche che gli altri migranti accusavano Alì solo per paura. Erano stati costretti a mentire sotto la minaccia di una possibile vendetta contro i parenti rimasti in patria. Subito dissi a Karin che dovevamo raccontare tutto a mia madre. La raggiungemmo veloci come il vento e la investimmo con un fiume di parole. In un primo momento rimase sbigottita e guardò Mohammed con diffidenza, pensando che il racconto fosse il frutto della sua fantasia, ma dopo aver visto il filmato sul cellulare gli credette. Decise immediatamente di chiamare Léon e lui ci invitò a non perdere un minuto di tempo per raggiungerlo. Vidi il volto di Karin animarsi di una grande speranza. Poi mi afferrò la mano e la strinse forte. 64 Di nuovo vicini Era felice. Io, forse, di più! Prima di andare via dalla festa, volsi lo sguardo in alto. Era calata la notte. Insieme al buio si diffondeva nell’aria anche un gradevole profumo di curcuma e cumino. Ma la cosa più bella erano le splendide stelle dell’ultima notte d’estate. Capitolo nono 65 CAPITOLO DECIMO Un’amicizia infinita 66 Il giorno dopo la festa mio padre si mise in contatto con Léon per informarlo dell’esistenza del video di Mohammed. Lui disse di portarlo al più presto all’Ambasciata tunisina a Roma. Così io, papà, mamma, Karin e Mohammed partimmo il giorno dopo. Il viaggio fu vissuto da tutti con molta ansia e quello più agitato era Karin, che non smetteva di chiedere quanto mancava per arrivare a destinazione. Finalmente dopo un tempo che ci parve interminabile, raggiungemmo l’Ambasciata tunisina. L’addetto all’immigrazione era stato già informato da Léon e attendeva il nostro arrivo. Ci fece accomodare in un salone riccamente decorato e chiese a Mohammed di fargli vedere il video. Finita la visione si alzò e cominciò a fare telefonate. Karin cercava di capire cosa stesse dicendo, ma eravamo troppo lontani per sentire distintamente le sue parole. Quando ebbe finito si rivolse a Karin parlandogli nella sua lingua. Dalla sua espressione capii che gli stava dando belle notizie. Poi informò anche noi che Alì, Corinne e Léon avrebbero potuto tornare in Italia nel giro di qualche giorno. Un’amicizia infinita Ritornammo a casa tutti contenti e il viaggio di ritorno ci sembrò brevissimo. Karin non smetteva di parlare, agitarsi e gesticolare. «Bello… vedere papà, mamma e Marcel… di nuovo insieme… tutta famiglia insieme… bello». Anche io ero felice per lui. Un dubbio però mi assalì all’ improvviso. «E adesso cosa succederà? Resteranno in Italia o si recheranno dai parenti in Francia?». Karin capì la mia preoccupazione e cercò di rincuorarmi. «Tranquilla Chiara… di sicuro io con te due giorni… ma poi… anche se lontani… noi sempre vicini». I due giorni passarono velocissimi e io cercai di assaporare ogni istante insieme al mio amico, mentre lo vedevo combattuto tra la tristezza del distacco e la voglia di rivedere la sua famiglia. Mamma, il giorno del loro arrivo, preparò un sontuoso banchetto. Alì e Corinne appena videro Karin lo abbracciarono e baciarono, piangendo e ridendo insieme. Marcel era ancora troppo piccolo per capire la situazione, ma era felice di rivedere il fratellino. Anche noi ci emozionammo. Mamma si strinse a papà, anche lui commosso, e mi prese la mano. Whisky nel frattempo scodinzolava contento tra noi e i genitori di Karin, annusandoli per rinnovare la loro conoscenza. Poi mamma invitò tutti a tavola e ci sedemmo a manCapitolo decimo 67 68 giare le sue leccornie. Alla fine del pranzo, papà pose la fatidica domanda: «Alì, adesso che vi siete riuniti, cosa pensate di fare? Rimarrete in Italia o proseguirete il viaggio per la Francia?» Io e Karin ci guardammo come per dirci “questo è il momento” e Alì rispose subito: «Noi grati Italia, trovato voi, persone buone e con cuore grande, ma in Francia più futuro per Karin e Marcel. Nostra nuova vita là. Parenti aspettano. Ambasciata dato biglietti treno». Guardai Karin e lui guardò me. Desideravo tanto che rimanesse in Italia. Avevo passato giornate fantastiche con lui, ormai lo consideravo come un fratello. Però quello scampolo di vacanza insieme mi aveva fatto capire tante cose e quindi, anche se a malincuore, accettavo la decisione di Alì. Guardando Karin capii che anche lui pensava la stessa cosa e me lo disse. «Noi sempre amici… Anche se lontano, porto te nel mio cuore… Sempre. Appena sistemati spedisco lettera… con indirizzo e telefono». Mio padre, vedendomi triste, mi abbracciò. «Chiara, ti prometto che appena conosceremo il loro indirizzo andremo a trovarli e Karin potrà trascorrere le sue vacanze con noi, se Alì e Corinne saranno d’accordo». Un’amicizia infinita Alì fece un cenno di assenso, io e Karin lanciammo un urlo di gioia e Whisky abbaiò contento. La sera andai a dormire felice grazie alla promessa fatta da papà. Il giorno dopo ci recammo alla stazione tutti insieme. Mia madre e Corinne avevano gli occhi lucidi e anche mio padre e Alì erano visibilmente commossi. Io invece tenevo Karin per mano e cercavo di sorridere, per non aggravare il senso di malinconia che sentivo pesarmi addosso come un macigno. A un certo punto Karin si tolse il braccialetto di cuoio con inciso il suo nome e me lo mise al polso. «Questo per te... così non dimenticare». Risposi subito: «Grazie. So quanto tieni a questo braccialetto. Ma sarà impossibile dimenticare la nostra amicizia. Fammi avere presto tue notizie». «Io sempre amico... anche lontano». «Sì, lo so e tu sai che lo stesso vale per me». Ci abbracciamo tutti e poi Karin e la sua famiglia salirono sul treno. Quando cominciò a muoversi una lacrima scese sulle mie guance, ma la asciugai subito. Sapevo che io e Karin saremmo rimasti sempre in contatto e la nostra amicizia sarebbe durata per sempre. Capitolo decimo 69 APPENDICE 1. Incontro inaspettato Istituto Comprensivo “D. Alighieri” di Roccapiemonte – Classi II A/E Dirigente Scolastico Roberta Masi Docente referente della Staffetta Angela Rescigno Docenti responsabili dell’Azione Formativa Luigia Danise, Angela Rescigno Gli studenti/scrittori delle classi II A - Gabriele Iuliano, Gianluca Ferrara, Ronnie Gentile, Miryam Adinolfi, Anna Polise, Andrea Fasolino, Luca Di Lieto II E - Anna Giordano, Assunta Della Morte, Azzurra Tenore, Alessandra Palumbo, Carlo Duca Il disegno è di Angela Muscarnera, Rosangela Picucci Hanno scritto dell’esperienza: “… L’esperienza della Scrittura Creativa è stata per noi alunni un’esperienza molto bella. Attraverso l’organizzazione in gruppi di lavoro,abbiamo approfondito la nostra amicizia confrontato le idee, imparato a rispettare le regole. E’ stato un modo per stare tutti insieme in maniera diversa, confermando l’importanza del costruire”. 70 APPENDICE 2. Una notte movimentata Istituto Comprensivo “Pescara 6” di Pescara – Classe I B Dirigente Scolastico Ada Grillantini Docente referente della Staffetta Francesca Cristini Docente responsabile dell’Azione Formativa Francesca Cristini Gli studenti/scrittori della classe I B Maria Luisa Balducci, Filippo Ciattoni, Claudia Cipollone, Camilla Corvacchioli, Francesco Di Gianvincenzo, Dario Di Giovanni, Iacopo Di Girolamo, Annalisa Di Rito, Lorenzo Di Tommaso, Davide Diodato, Manuel Dottore, Matteo Dottore, Ludovica Giampaolo, Daniel Ippoliti, Andrea Mariani, Claudio Menna, Lorenzo Palumbi, Sara Pellegrini, Francesca Polce, Aurora Ronca, Claudia Rovito, Antonio Luke Thorne, Leonardo Verna, Valentina Maria Villani Il disegno è di Valentina Maria Villani Hanno scritto dell’esperienza: “… Quando scrivo mi sento libera, felice, è come se andassi su un altro pianeta (Claudia). Ci vuole un grande spirito di squadra… si collabora con tutti i compagni e nessuno si è sentito escluso perché ognuno ha detto la sua (Maria Luisa, Sara, Lorenzo P.). Abbiamo montato e rimontato i pezzi della nostra storia come se fosse un puzzle… alla fine tutto combaciava (Lorenzo D.) Sono emozionata se penso che questa storia è nata e si è sviluppata grazie alla scrittura “condivisa” con altri ragazzi che non conosciamo, ma che condividono i nostri stessi interessi, i nostri stessi bisogni e, soprattutto, la stessa voglia di scrivere (Valentina)...” per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa 71 APPENDICE 3. L’arrivo di Whisky Istituto Comprensivo “Santa Croce” di Sapri - Gruppo Misto Dirigente Scolastico Raffaela Luciano Docente referente della Staffetta Umberto Del Duca Docenti responsabili dell’Azione Formativa Carmela Angela Lombardi, Maria Letizia Mariella Gli studenti/scrittori della classe Carla Bellotti, Alessandra Bianco, Marzia Di Giacomo, Giulia Di Nicuolo, Irene Lanera, Sara Lauria, Valentina Braga, Emanuele Chiacchio, Aurora Ciminelli, Helena Condemi, Giuseppe Dalia, Gianmarco Del Medico, Giovanni Mattera, Francesca Muscatello, Annarita Rizzo Schettino, Caterina Rizzo Schettino, Ilaria Carleo, Vincenzo Natoli, Sabrina Dalia Hanno scritto dell’esperienza: “… La tematica proposta quest’anno si è presentata più laboriosa e impegnativa perché tutti gli alunni partecipanti alla stesura del capitolo frequentano le classi 1e dell’Istituto. Nelle attività curricolari la tematica “Immigrazione” è stata oggetto di riflessione solo in occasione della tragedia di Lampedusa avvenuta lo scorso mese. Inoltre i luoghi della narrazione, lontano geograficamente e diversi climaticamente, hanno creato qualche difficoltà, per cui prima abbiamo dovuto documentarci e poi procedere alla elaborazione, non fluida, del testo. In compenso è stata data una opportunità formativa abbastanza positiva: acquisire nuovi saperi, stando insieme per riflettere sulla società contemporanea e recepire soprattutto il bello e il meraviglioso”. 72 APPENDICE 4. La storia di Alì Scuola Secondaria di I grado “C. Colombo” di Genova – Classe I F Dirigente Scolastico Paolo Cortigiani Docente referente della Staffetta Maria Agostini Docente responsabile dell’Azione Formativa Ilaria Carta Gli studenti/scrittori della classe I F Matilde Bartocci, Margherita Bernabò, Martina Bersano, Giulia Bertei, Paul Bini, Michele Bondioli, Edoardo Cambiaso, Raffaele Caruso, Alessandro Cedeno, Francesco Cioffi, Chiara Dellepiane, Matteo Ferro, Elisa Francesca, Pietro Gomes, Jussy Lemba, Francesco Mauri, Andrea Mazza, Matteo Mazzari, Gabriele Moggia, Badr Ouahmane, Alessio Pastorino, Flavia Reinero, Sakhi Soukhaina Hanno scritto dell’esperienza: “… E' stata una bella esperienza, stimolante e gratificante; è stato utile imparare a confrontarsi e a convogliare le energie verso un obiettivo comune; importante è stato dare libero sfogo alla fantasia e alla creatività, rispettando però alcune regole e indicazioni. I ragazzi da subito si sono fatti coinvolgere dal progetto e avrebbero scritto volentieri anche più pagine rispetto a quelle che in realtà li riguardavano. Erano incuriositi e affascinati dell'incipit e ora attendono trepidanti di sapere come procederà la storia”. 73 APPENDICE 5. Incontro alla locanda Fiocco di neve Istituto Comprensivo “Vicinanza” di Salerno - Classi I E/G Dirigente Scolastico Mario Montenera Docente referente della Staffetta Antonia Guarino Docente responsabile dell’Azione Formativa Letizia Telesca Gli studenti/scrittori delle classi I E Francesco Belfiore, Armando Busillo, Michele Capobianco, Massimiliano Cinquanta, Francesco Citro, Claudia Maria De Angelis, Pietro Dell’Acqua, Giulia Gambardella, Enrico Garofalo, Roberta Giordano, Daniele Loubet, Marco Manzo, Marco Marotta, Stefano Mastroroberto, Vincenzo Nonatelli, Pietro Pantani, Giuseppe Paolella, Andrea Pastore, Francesca Romano, Roberta Severino I G - Mario Visconti, Vittorio Stabile, Andrea Contardi, Vincenzo Evangelista, Tullio D’Aragona, Pietro Pellegrino, Emanuele Bevilacqua, Ernesta Di Masi, Serena Provenzale, Roberto Calicchio, Antonio Campiglia, Pierfrancesco Ricco, Michele Martino Hanno scritto dell’esperienza: “… Gli alunni delle classi I E e I G si sono detti entusiasti per aver avuto la possibilità di partecipare, come protagonisti, ad un progetto che desse loro l’opportunità di esprimersi liberamente e di collaborare con discenti di diverse scuole italiane”. 74 APPENDICE 6. Il giorno decisivo Istituto Comprensivo di Pescara - Classe III L Dirigente Scolastico Mariagrazia Santilli Docente referente della Staffetta Roberta Leone Docente responsabile dell’Azione Formativa Erminia Anna Di Mattia Gli studenti/scrittori della classe III L Grabriele Berghella, Mattia Camplone, Sereenachen Canacci, Davide Chianello, Francesco Compagnoni, Valeria De Gregorio, Fulvia Di Profio, Margherita Di Sabatino, Roberta Gatta, Andrea Girinelli, Nausica Guerrieri, Francesca Hmich, Otman Ioana, Andrea Madalina Hanno scritto dell’esperienza: “… Gli alunni anche quest'anno hanno lavorato con entusiasmo alla realizzazione del capitolo. Avvincente la storia che ha catturato la fantasia dei ragazzi che si sono divisi in gruppi per realizzare al meglio la stesura del capitolo”. 75 APPENDICE 7. Un’infinità di emozioni Istituto Comprensivo di La Loggia - Scuola Secondaria di I Grado “Leonardo da Vinci” - Classe I C Dirigente Scolastico Marina Sibona Docente referente della Staffetta Eugenia Anastasio Docente responsabile dell’Azione Formativa Eugenia Anastasio Gli studenti/scrittori della classe I C Alice Amico, Gaia Andreetta, Aisha Battiston, Edoardo Caon, Loris Castellotto, Desiree D’Alto, Matteo Garbero, Alessia Giordano, Alyssa Gullo, Debora Lecco, Fabio Magarelli, Ivan Mampreso, Manuel Manfrin, Sara Marrazzo, Umberto Mazza, Alessandro Perlo, Gabriele Porceddu, Gianluca Putto, Nicolo’ Tasssone, Marta Testera, Lorenzo Zarbo Hanno scritto dell’esperienza: “… Questa è stata la nostra prima esperienza alla Staffetta: esperienza istruttiva che ci ha permesso di ampliare il nostro lessico e migliorare la nostra capacità di scrivere. Ci siamo sentiti piccoli scrittori e ci siamo divertiti. Abbiamo messo insieme le nostre idee ed è nato il Settimo Capitolo”. 76 APPENDICE 8. Complicazioni Istituto Comprensivo “G. Gozzano” di Rivarolo Canavese - Classe II A Indirizzo Musicale Dirigente Scolastico Maria Assunta Gruosso Docente referente della Staffetta Anna Grazia Rinaldi Docente responsabile dell’Azione Formativa Anna Grazia Rinaldi Gli studenti/scrittori della classe II A Indirizzo Musicale Costantino Armando Allera, Luca Canale, Rebecca Castagna, Martina Cattaneo, Sofia Cifarelli, Erika Dentis, Maria Dispenza, Letizia Feira, Greta Giorgi, Simone Mabrito, Raoul Marzolla, Alessandro Marius Micheli, Alice Mollo, Martina Palese, Elisa Piperno, Anna Prato, Valentina Ragno, Gioele Scafidi, Emanuele Domenico Serio, Sara Vessella, Andrea Vittone, Barbara Vittone, Francesca Zerbo Il disegno è di Sofia Cifarelli, Martina Palese, Elisa Piperno, Anna Prato Hanno scritto dell’esperienza: “… L’esperienza della staffetta letteraria ci è piaciuta molto. È stata una bella iniziativa: creativa e istruttiva. Ci è piaciuto leggere gli scritti di altri ragazzi, è stato un pò come averli conosciuti pur non avendoli mai visti. Per quanto ci riguarda, lo spirito di gruppo è stato fondamentale. Abbiamo contribuito tutti allo sviluppo e alla stesura del capitolo: chi ha fornito le idee, chi ha scritto, chi ha letto e commentato, chi ha disegnato. Purtroppo abbiamo avuto pochissimo tempo e non siamo riusciti a dare il meglio, ma ce l’abbiamo messa tutta. Speriamo di aver soddisfatto le scuole che hanno scritto prima di noi e anche quelle che scriveranno dopo”. 77 APPENDICE 9. Di nuovo vicini Istituto Comprensivo “Via Santi Savarino” – Scuola Secondaria di I grado “O. Respighi” di Roma - Classe I M Dirigente Scolastico Lina Rita Volpe Rinonapoli Docente referente della Staffetta Erminia Rosa Docente responsabile dell’Azione Formativa Erminia Rosa Gli studenti/scrittori della classe I M Martina Antonelli, Domiziana Bassetti, Umberto Bonfanti, Valerio Chichi, Simone Costa, Federico D’Angelo, Lorenzo Del Priore, Daniele Di Nicola, Giulia Gatto, Diana Golopco, Gianni Hamidovic, Francesco Lellis, Giorgia Leocci, Eleonora Masotti, Arnaldo Francesco Mele, Federica Mieli, Riccardo Palermo, Luigi Petruzziello, Daniela Roman, Simone Romiti, Laura Sammarco, Giulia Sestili 78 Hanno scritto dell’esperienza: “… I ragazzi hanno partecipato con entusiasmo sia alla fase preparatoria (la lettura degli altri capitoli), sia alla fase operativa: hanno discusso le scelte effettuate dalle altre scuole, hanno voluto approfondire alcuni temi che emergono nel racconto (la situazione in Algeria e in tutta l’Africa settentrionale, l’immigrazione clandestina, il diritto d’asilo etc.), si sono confrontati in maniera costruttiva per decidere la struttura del loro capitolo. Sono rimasti leggermente delusi dagli interventi del tutor che ne ha cancellato e/o ridotto alcune parti. In effetti, considerando che il tempo a disposizione per la scrittura è molto ridotto, l’insegnante si è vista costretta a farli lavorare anche a casa e a incollare, successivamente, le parti (spesso una sola frase) ritenute migliori, in modo che tutti (o quasi) potessero riconoscere nel testo la loro voce”. APPENDICE 10. Un’amicizia infinita Scuola Secondaria di I grado “Fresa-Pascoli” di Nocera Superiore - Classe II H Dirigente Scolastico Michele Cirino Docente referente della Staffetta Maria Pia Salzano Docente responsabile dell’Azione Formativa Sonia Santaniello Gli studenti/scrittori della classe II H Carmelapia Abate, Pierpaolo Agovino, Morgana Battipaglia, Silvana Battipaglia, Serena Capasso, Christian Cicalese, Raffaele Cioffi, Enrico De Bartolomeis, Daniele Della Porta, Alfonso Esposito, Melania Milite, Anna Pecoraro, Luigi Petti, Simone Pisapia, Giuseppe Russo, Miriam Scudellaro, Alfonso Senatore, Antonio Tramontano, Chiara Trezza, Francesco Volpicelli Il disegno è di Alfonso Esposito 79 INDICE Incipit di MARCO TOMATIS ............................................................................pag 16 Cap. 1 Incontro inaspettato ..................................................................................» 22 Cap. 2 Una notte movimentata ............................................................................» 26 Cap. 3 L’arrivo di Whisky..........................................................................................» 32 Cap. 4 La storia di Alì ..............................................................................................» 38 Cap. 5 Incontro alla locanda Fiocco di neve ..............................................» 44 Cap. 6 Il giorno decisivo ........................................................................................» 48 Cap. 7 Un’infinità di emozioni ................................................................................» 52 Cap. 8 Complicazioni ............................................................................................» 56 Cap. 9 Di nuovo vicini ............................................................................................» 62 Cap. 10 Un’amicizia infinita....................................................................................» 66 Appendici ..................................................................................................................» 70 Finito di stampare nel mese di aprile 2014 Incontro inaspettato Una notte movimentata L’arrivo di Whisky La storia di Alì Incontro alla locanda Fiocco di neve Un’infinità di emozioni Complicazioni Di nuovo vicini Un’amicizia infinita