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PANATHLON INTERNATIONAL LUDIS IUNGIT VILLA PORTICCIOLO V.LE G. MAGGIO, 6 16035 - RAPALLO Maurizio Monego I Vice-Président PER UN TIFO RESPONSABILE (di Maurizio Monego) 8 Novembre 2005 “Un giornalista chiese alla teologa tedesca Dorothee Sölle: ‘Come spiegherebbe a un bambino che cosa è la felicità?’ ‘Non glielo spiegherei’, rispose, ‘gli darei un pallone per farlo giocare’. Il calcio professionistico fa tutto il possibile per castrare questa energia di felicità, ma lei sopravvive malgrado tutto. E forse per questo capita che il calcio non riesca a smettere di essere meraviglioso’. La cosa più bella che ha il calcio è ‘la sua inesauribile capacità di sorprendere. Per quanto i tecnocrati lo programmino nei minimi dettagli, per quanto i potenti lo manipolino, il calcio continua a voler essere l’arte dell’imprevisto. Dove meno te l’aspetti salta fuori l’impossibile, il nano impartisce una lezione al gigante, un nero allampanato e sbilenco fa diventare scemo l’atleta scolpito in Grecia”. Così la quarta di copertina presenta il libro di Eduardo Galeano “Splendori e miserie del gioco del calcio”1 . E aggiungerei: “il calcio dipende in tal modo da un’abilità insolita, che il miglior attaccante è stato un poliomielitico: Garrincha, l’angelo dalle gambe storte, come lo definì Vinicius de Moraes”2. Per scoprire volto e anima del gioco col pallone consiglierei, a chi lo può fare, di visitare la mostra “Il calcio, una lingua universale”, che in questo periodo è presente a Roma e lo sarà presto in altre città italiane. Cartier-Bresson, Abbas, Koudelca sono alcuni degli autori, che la mitica agenzia ‘Magnum Photo Paris’3 ha raccolto nel suo libro Magnum Football4 che ci fa scoprire “la grazia del calcio”, che “è nella propria esclusività rispetto a qualsiasi altra cosa: alla guerra, alla distruzione, al tempo”.5 Tutto questo ha a che fare con il gioco, con l’essenza del calcio, in quanto sport, nel suo significato radicale e profondo di attività che si compie per diletto, liberamente. Nel calcio professionistico il gioco è spettacolo e questo ha diversi protagonisti. In particolare vi è un protagonista che non calca il tappeto erboso, ma fa parte integrante del gioco: il pubblico. Nel Novembre 1985, allo stadio Comunale di Torino, la partita Juventus-Verona fu giocata, per motivi disciplinari, senza pubblico. 1 Eduardo Galeano “Splendori e miserie del gioco del calcio”, 1995 . Sperling & Kupfer Editori, V ediz., MI 1998. Juan Villoro, “Gli undici della Tribù”, sta in MICROMEGA 3/98 – Il calcio nel pallone – Gruppo Editoriale L’Espresso, Roma 1998 3 Vedi il libro “Magnum Football”, Phaidon Press 2002. Per notizie e commenti sulla mostra itinerante, che il Göthe Institut sta portando in 80 paesi all’interno del programma di arte e cultura dei Mondiali di calcio dell’estate prossima. La mostra sarà presente a Roma, Como, Olbia, Pordenone, Avellino, Guastalla. 4 vedi l’articolo di Niccolò Nisivoccia nel quotidiano il manifesto di mercoledì 9 novembre 2005, pg.18. 5 vedi il Cap. 5 del libro di Guido Panico, ” Sport, Cultura, Società” – Dallo svago al professionismo – Paravia TO, 1999. 2 La ripresa televisiva evidenziò come mancasse visivamente una componente importante dello spettacolo e come i rumori provenienti dal campo fossero completamente diversi da quelli che siamo soliti sentire: si percepivano distintamente le urla di giocatori, i richiami degli allenatori, il rumore stesso della palla colpita rimbombava con un tono diverso, si poteva sentire addirittura il rumore sordo prodotto da un calcio contro i parastinchi dell’avversario. Si coglieva il clima irreale in cui la partita si svolgeva. Negli spalti, desolatamente vuoti, mancavano i colori; mancava soprattutto la colonna sonora della partita, quella dei cori, degli incitamenti, delle proteste. Da allora molte altre volte si è vissuta quell’atmosfera surreale, conseguenza di provvedimenti disciplinari contro le società per la “responsabilità oggettiva” delle intemperanze dei suoi tifosi. Basti pensare alle recenti partite di Champons League dell’Inter o a quelle di campionato dell’Ascoli, per il razzo tirato da un giovane sconsiderato che per poco non ammazzava una sostenitrice sampdoriana, a partita finita, mentre i giocatori uscivano dal campo. La storia dello sport e del calcio è anche storia della passione dei suoi pubblici. Il pubblico e i giocatori in campo, sono entrambi “parte costitutiva della storia di uno stesso fenomeno culturale e sentimentale”. 6 Il ruolo degli spettatori è ormai attivo, gli spettatori sono co-protagonisti dell’evento. Pensiamo anche ad un concerto rock. Avete osservato come viene ripreso dalla televisione? Le inquadrature rimbalzano continuamente dal palco agli spettatori. Le luci, le scenografie, i suoni, non avrebbero senso se non vi fissero migliaia di persone che cantano insieme, che agitano le braccia, che ballano, che applaudono. Lo sportivo e il tifoso. Nello sport – vale per il calcio, ma anche per il basket o la pallavolo, la pallanuoto e qualsiasi sport, specialmente quelli di squadra - il pubblico e i protagonisti in campo, sono entrambi “parte costitutiva della storia di uno stesso fenomeno culturale e sentimentale”. In italiano la parola sportivo indica, fin dalla sua formulazione ottocentesca, chi pratica e chi si interessa di sport. Così avviene per lo spagnolo deportista, per il francese sportif. Fa eccezione la sola lingua tedesca che distingue fra Sportler (quello che pratica lo sport) e Sportfreund (quello che lo segue). “In inglese lo sportsman è chi pratica gli sport e, per metafora, chi nutre sentimenti di lealtà, ma anche chi li segue da spettatore distaccato, insomma da sportivo”.7 Diversamente gli appassionati estremi, quelli che trasferiscono sui propri beniamini fortissime emozioni sono i fans, parola che deriva dalla contrazione di fanatic, originaria del baseball americano. I fans si sono poi chiamati tifosi in Italia, mordu in Francia, aficionado e hincha nelle lingue ispaniche, sono i forofos che fanno straboccare le gradinate del Santiago Bernabeu di Barcellona, la barra brava del Boca, la torcida brasiliana. Per il tifoso, sotto ogni cielo, il calcio si svolge prima e dopo la partita. Un’azione contraria, come un calcio di rigore mancato o una decisione arbitrale clamorosamente ingiusta, o la sconfitta in una finale importante, “lo sconvolge per tutta la vita” 8. Vi sono errori o presunti tali, da parte di giocatori, che possono rovinare loro la vita. E’ il caso del portiere della Selecao, la Nazionale brasiliana, reo di essersi fatto sorprendere da un tiro sporco di ………. che fruttò il gol del 2 a 1 per l’Uruguay, nella finale dei mondiali del 1950 e sovvertì ogni pronostico per la conquista della Coppa Rimet. Il portiere si chiamava Moaycin Barbosa e la sua vita finì quel 6 76 Guido Panico, op. cit. Juan Villoro, op.cit. 87 2 giorno. Metaforicamente, ma non poi tanto metaforicamente. Darwin Pastorin gli ha dedicato recentemente un libro riparatore9. In nessuna lingua come in quella italiana, la parola tifo illustra meglio la natura della passione sportiva nei suoi tratti estremi. La derivazione dal nome di una malattia contagiosa e capace di procurare delirio è significativa di per sé. Il termine tifo comparve intorno al 1920 in alcune cronache calcistiche, ma non ebbe all’inizio un significato negativo: “Massimo Bontempelli nel 1934 definì il tifo addirittura come ‘un atto collettivo di abbandono e di generosità’”.10 Lo sport può e deve essere cultura. Molti poeti e scrittori si sono ispirati alla passione sportiva. Umberto Saba, che era solito tuonare contro l’entusiasmo e la disperazione causati da una palla, dopo aver ceduto a un amico, che insistette per portarlo ad una partita fra Triestina e Ambrosiana, finita 0 a 0, compose cinque notevoli poesie sul calcio. Dato l’ambiente a cui ci rivolgiamo, citerei, fra queste: Fanciulli allo stadio Galletto è alla voce il fanciullo; estrosi amori con quella, e crucci, acutamente incide. Ai confini del campo una bandiera sventola solitaria su un muretto. Su quello alzati, nei riposi, a gara cari nomi lanciavano i fanciulli, ad uno ad uno, come frecce. Vive in me l’immagine lieta; a un ricordo si sposa – a sera – dei miei giorni imberbi. Odiosi di tanto eran superbi passavano là sotto i calciatori. Tutto vedevano, e non quegli acerbi. La letteratura è piena di esempi di applicazione sul tema del gioco del pallone. Per restare solo a quella italiana e limitatamente alla folla degli spettatori, possiamo citare11: Vittorio Sereni: Domenica sportiva Il verde è sommerso di nerazzurri. Ma le zebre venute di Piemonte sormontano riscosse a un hallalì squillato dietro barriere di folla. Ne fanno un reame bianconero. La passione fiorisce fazzoletti di colore sui petti delle donne. Giro di meriggio canoro, ti spezza un trillo estremo. A porte chiuse sei silenzio d’echi nella pioggia che tutto cancella. o ancora Umberto Saba: Tredicesima partita 98 Darvin Pastorin …………. Muaycin Barbosa …. Citazione in Guido Panico, op. cit. 1110 vedi Giuseppe Brunamontini, “Antologia della letteratura sportiva italiana”, Società Stampa Sportiva, Roma 1984. 109 3 Sui gradini un manipolo sparuto si riscaldava di se stesso. E quando - smisurata raggiera – il sole spense dietro una casa il suo barbaglio, il campo schiarì il presentimento della notte. Correvano su e giù le maglie rosse, le maglie bianche, in una luce d’una strana iridata trasparenza. Il vento deviava il pallone, la Fortuna si rimetteva agli occhi la benda. Piaceva essere così pochi intirizziti uniti, come ultimi uomini su un monte, a guardare di là l’ultima gara. Poeti; uomini che sapevano inquadrare la passione e trarne ispirazione. La passione vissuta con umanità. Da quando i tifosi genovesi leggevano nel 1905 nel loro giornale “Caffaro” l’invito “a non eccitare i giocatori per evitare di assistere a un gioco scorretto”, il tifo si è molto trasformato. Negli anni Venti in Inghilterra volavano botte da orbi fra gli spettatori; nel Trenta, alla finale dei mondiali in Uruguay, l’arbitro designato pretese una cospicua assicurazione sulla vita. Nell’immediato dopoguerra, in Italia, la violenza si esprimeva in invasioni di campo – ben sette nella serie A del ’47. I bersagli delle violenze erano quasi sempre gli arbitri o più raramente i giocatori. Più spesso l’arbitro perché è il “cattivo legittimo”12, “l’abominevole tiranno”, come lo descrive Eduardo Galeano13. “Alibi per tutti gli errori, spiegazione per tutte le disgrazie i tifosi dovrebbero inventarlo se non esistesse. Quanto più lo odiano, tanto più hanno bisogno di lui. Per più di un secolo l’arbitro ha portato il lutto. Per chi? Per se stesso. E ora lo nasconde coi colori”. La sana irrazionalità del calcio è stata messa in discussione con l’avvento degli hooligans. Il loro fanatismo è opposto a quello degli hinchas ispanici, perché non ammette sconfitta. L’hooligan andava allo stadio come se si trattasse delle Malvinas, credeva nell’utilità della coltellata, cercava la vendetta. Uso il passato perché molte cose sono cambiate in Gran Bretagna ed il fenomeno hooligan si è in parte ridimensionato. L’intervento deciso delle autorità britanniche, ma anche delle società calcistiche ha prodotto benefici effetti, anche perché innestato su una cultura, che per molti versi è decisamente più avanzata della nostra, in questo campo. Il vero tifoso accetta la fatalità, soffre nella sua viva carne ma continua ad essere convinto che la sua sia la migliore squadra del mondo. E’ il delinquente che trova nella sconfitta e perfino nella vittoria la motivazione alla violenza sulle cose e sulle persone. Addirittura capita che la violenza sia rivolta ai propri beniamini, quando vengono percepiti come “traditori”. L’importanza dell’educazione. 1211 Juan Villoro, “Gli undici della Tribù”, sta in MICROMEGA 3/98 – Il calcio nel pallone – Gruppo Editoriale L’Espresso, Roma 1998. 1312 Eduardo Galeano, op. cit. 4 Dopo i gravi fatti del 2001, che richiesero un primo giro di vite per prevenire la violenza negli stadi e fuori degli stadi, Franco Arturi così concludeva il fondo della Gazzetta dello Sport del 2 febbraio 2001: “Tifosi non si nasce, si diventa: da tempo siamo convinti che questo modo di relazionarsi con gli altri debba diventare materia scolastica, nell’ambito dell’educazione civica. Perché nel modo di seguire lo sport si può crescere, nel rispetto dell’altro e del diverso, oppure regredire a uno stadio quasi subumano”. Su questo terreno, da almeno 50 anni, il Panathlon si impegna con scritti, con interventi nelle scuole, con convegni e con progetti mirati verso le tifoserie, con progetti quali quello che si sta avviando a Verona, per merito dell’Hellas Verona F.C., del Comune di Verona – Assessorato allo sport – e del locale Panathlon Club. Paradossalmente non si è mai parlato tanto di Fair play come in questi anni di accresciuta barbarie dei fanatici delinquenti: razzismo, politicizzazione demenziale delle tifoserie militanti, sfide alle forze dell’ordine e al buon senso, militarizzazione dei tifosi che si autodefiniscono ultras e che, diversamente da come l’intendono, significa tenere sostanzialmente comportamenti che spesso vanno oltre la ragione, per sfociare nella follia criminale. La carta dei diritti del Fair play, che organismi internazionali e federazioni sportive hanno adottato, come il Panathlon promuove è un invito alla civiltà: Carta del Fair Play Qualunque sia il mio ruolo nello sport, anche quello di spettatore, mi impegno a: -Fare di ogni incontro sportivo, poco importa la posta in palio e la rilevanza dell’avvenimento, un momento privilegiato, una sorta di festa. -Conformarmi alle regole ed allo spirito dello sport praticato. -Rispettare i miei avversari come me stesso. -Accettare le decisioni degli arbitri e dei giudici sportivi, sapendo che come me, hanno diritto all’errore, ma fanno di tutto per non commetterlo. - Evitare la cattiveria e le aggressioni nei miei atti, parole o scritti. - Non usare artifici o inganni per ottenere il successo. - Essere degno nella vittoria, come nella sconfitta. - Aiutare ognuno, con la mia presenza, la mia esperienza e la mia comprensione. - Soccorrere ogni sportivo ferito o la cui vita è in pericolo. - Essere realmente un ambasciatore dello sport, aiutando a far rispettare intorno a me i principi qui affermati. Onorando questo impegno, sarò un vero sportivo. Si può essere tifosi, o meglio sostenitori della propria squadra, senza dimenticarsi di essere persone. Mai si dovrebbe scindere lo spettacolo dallo sport e trasformare le competizioni in battaglie. Lo spettacolo non può essere puramente gladiatorio: deve contemplare il rispetto degli attori, impegnati ad offrire con la loro professionalità uno svago a chi vi assiste; deve prevedere il rispetto di tutti gli spettatori, anche di quelli che non la pensano come me. Lo sport, da cui lo spettacolo calcistico trae motivazione, ha le sue regole e soprattutto i suoi valori. Lealtà, rispetto per l’altro in quanto persona, amicizia e solidarietà con i compagni ma anche con gli avversari, in quanto necessari per potersi confrontare e gareggiare, impegno, etica della 5 responsabilità, altro non sono che aspetti di un unico valore universale: quello del rispetto della persona umana. Chi si abbandona all’odio, all’insulto lacerante, alla violenza, prima che i “nemici”, umilia se stesso, come uomo e come essere pensante. Contro il fanatismo sportivo, così si esprimeva Senofane: Chiunque invero sia vincitore con il veloce piede o nel pentathlon, dentro il recinto di Zeus, là dove le correnti di Pisa irrìgano l’olimpica città, o nella lotta, nel pugilato che ammacca o la terribile sfida del pancrazio, e presso i cittadini famosissimo ottenga nei giochi un posto egregio, ed a pubbliche spese mantenuto riceva dalla città cimeli in donazione, primo anche coi cavalli, coronato di successive vittorie, quanto me non è degno. La sapienza supera la forza Bruta e gli uomini e i cavalli. Ma ciò è considerato troppo a caso, ed anteporre la forza alla sapienza buona è ingiusto. Infatti non tra il popolo chi è bravo pugile o lottatore nel pentathlon, o bravo corridore, sopra tutti il più degno di lode negli agoni tra le umane esibizioni della forza, accresce della città la stima. Quale misera gioia arrecherebbe a una città la tua vittoria combattuta sulle sponde di Pisa! Certo, con questa non ingrasseresti i suoi quartieri. Non è solo adesione all’ideale platonico di superiorità della mente; è anche presupposto necessario per vivere con gioia lo sport, lo spettacolo, i rapporti sociali. In spirito di amicizia e di pace. Secrétariat général: Tél. +39.0185.65295-65296 fax +39.0185.230513 [email protected] port. 3381023455 6