ll)l~AIJirf }-\ SOClAl_.,IS"fE E INrI`ERESSI ~AZlONALI

Transcript

ll)l~AIJirf }-\ SOClAl_.,IS"fE E INrI`ERESSI ~AZlONALI
ANTO='JIO (iRAZIADEl
DEPUTATO
AL
PARLAMENTCJ
:: :: - --------ll)l~AIJirf }-\ SOClAl_.,IS"fE
- ----- .. -~--
E INrI'ERESSI ~AZlONALI
ATHENAEUM
ROMA - MCMXV
ANTONIO GRAZIADEI
D E PU T AT O
A L
PA R L A
~!
E N T O
IDEALITÀ SOCIALISTE
E INrfERESSI NAZION.ALI
NEL CONFLITTO EUROPEO
f\TIIENAEUM
ROMA - i\101XV
l N 1)
C'E
Pag.
PRMI \ZIONK
H1~1rnvATA L.\ PIWPIUWl'À LET'r1mARI/\
7.5t;
111 LPma tli neutralità italiana
o!l- 7'2
Lft gu<'rra e gli aspetti della neutralità.
78-~J:J
La co11flngrazio11P e11ropea e gli ;uteressi clel!)j. }(10
1' Italin nei Ha lcan i
L e tlottrine socialisL<' e la gnerrn Europea
101.108
Il conflitto europeo, l'atteggiamento dei socia·
listi e gli illtcrrssi reali dell'Italia.
(~nestio11i
cli misura e di tempo
Il Libro \'enle e le Lrat taliYe
gheria .
-------- --ARPINO, 1915 -
SOCIETÀ T1POORAFICA ARPINATE.
colL~ustria-""G11-
lU!J-llG
117-122
PREFAZIONE.
I.
f,a gl'lu:ità del c·onf!Uto eu1·opeo e degli inte1·essi
italiani che esso incvlge - specialmente da quando il
Govel'no del J>aese ha deciso di ]Ja?'tecipm·vi direttamente - irnponera ed impone anche ai più modesti
uomini politici il dovae morale di esprime1·e il proprio
pensiero e di influire sulla opinione dei rispettivi f>w·titi e del pulihlico, a/finchè prei;alesse1·0 e prevalgano
le co1Tenti e le soluzioni 1'itenute migliori.
Ou rnnte il matu m1 ..-;i del! a aisi che cl allo scoppia}'(~ della yuerm eu»opea ai pl'imi cl' agosto del J.<) /..J
condusse gradata mente l' Italia al conflitto armato
coll 'A usfi'ia, l'autore ha ce1·cato in va1·ie occasioni di
assolve1·e ad nn tale obbligo. Ed orn che, coll'ingre::;so
dell'Italia nella lotta, si è chiii::;o pe1' il nosfi'o Paese
un pl'imo pe1·iodo e se ne è ape1·to un iiecondo, egli
1·itiene opp01·tuno di 1·accogli e1·e - iienza a'rti(i.cioiie
omissioni, P COJ'1'Pggenclo i soli er1·01·i, o salti, tipoy1·a(ici - le manifestazioni del prnp1·io pensie1·0 1·ela-
!J
8
tive a q1tel primo pe1·iodo, c:osì come compa1·ve1·0 successivamente su va?·ii r1iomali; solo aggiimgendo in
fine uno stztdio sinora inedito, che anche cronologicamente non poteva non i;enire pe1· ultimo, e che 1·ig1tm·da il Libro Vei·de pl'esentato dal GoveJ'no al
Pal'la111ento il 20 mafjgio del co1Tente anno.
lI.
Data la mobilità delle situazioni politiche e psicologiche, gli scritti !'accolti, pul' costituendo un tutto
coorclinato, si 1·ife1·iscono a momenti diveJ'.'ii e nsentono qnincli degli scopi pl'evalenti che si proponevano
nell'istante in cui com pal'ce1·0.
Gli articoli e le confe>"enze da pag. 5.9 a pag. 100
mfraranlJ specialmente ad influire pachè gli ambienti socialisti 1·iconoscesse1·0 che - se dal punto di
'Uista dei supe1·iori ideali della civiltà e del socialismo,
sarebbe stato desidei·abile che il confiitto eu1·opeo non si
fosse allm·gato alle nazioni ancoi·a nentrnli, compi·esa
l'Italia - pe1· colo1·0 che avevano la 1'esponsabilità del
governo nelle pi'esenti condizioni del nosti·o Paese e
clell' Eu1'0pa, la neufJ'Cllità poteva esse1·e ben più un
punto di pm·tenza, che un punto di a1'1'ivo. Poichè
l'Italia d'oggi aveva clete1·minati inte1·essi m01·ali e mate1·iali, sia dil'etti, in 1·elazione specialmente alle
tene ir1·ede11te, ali' Adi·iatico ed ai Balcani, sia in-
clirett i, in 1·ela zio ne pi·incipalmente alla OjJ)JOJ'tu nità
cli impedire che trion (asse l'egemonia politico-militare
clella Ge1·111a11ilt e che questa, imponendo ad una
Pmncia schiacciata la cessione del Jl;[a1·occo o dell' Al.geJ'ia si insediasse nel Med ital'aneo; ua natul'ale
aspettal'si che gli uomini del Govel'no, dopo una oppoi·tnna pl'epa)'(lziune milita1·e, ai;esse1'o cel'cato di
tl'arre pl'o/ifto da 111w situazione intunazionale che 1·imetteva in llisc11.ssione 1110Tti tra i p1·incipali p1'oblemi
politici del/' Europa. F1·a essi e}'(( quello appn11to rl i decidere se /'osse uppol'f111w clu, l' i111pe1·0 austro-unf.Jlll'ico,
non solo conserwsse l'ibi·ida organizzazi011e politica che
arew lill'iniziu del cun(htto, nw la rafforzasse idterioi·mente 11 danno nosfru 1 della <)e1·bia e di altl'i Stati
Balcanici, e s<' le 1wzfoni (/pfl ' Ew·opa continentale
doi;essNu dicentate rassalle dPlla Uel'mania e subire iT
critel'io sern11do il quale un ]Jaes<', solo pachè 111iraùil mente orya11iz.:.ato, auebbe il diritto di annullm·e, in
danno specialu1e11te deyli .:)fati minol'i ed a p1·opi·io
esclusivo ingrw1dime1do, il pl'incipio cli nazionalità.
Donde la cu11re11ie11za per il Padito Socialista cli p1·eventivltl'e l' eventllalità di un passaggio dell'azione
govemativa dallo sfato lli neittl'alità a quello di una
partecipazione diretta al confiitto: di 1·iconoscel'e che
qitesta eventuale pai·tecipazione am·ebbe avuto tm siynificato ben div1 1.,,o, secondo si fosse vel'i/icata a fa}
1
11
li J
vore degli Impe1·i centrali ocl a (a core della Intesa j
considuazione. J>er esem 1iio, le arnminisfrazioni socia-
cli ammettere che, nell'ultima ipotelii, la <·ritirn so-
liste -
cialista -
gna, a quelle di modestissimi cent1·i -
pu1· non rinunziando a qtielle a/f'er111azioni
da quelle di y]'((ndi città come
~Milano
o Bolo-
amministmzioni
di principio che vanno olfi'e le attuali clfrettive del
molte delle quali, fino dall'agosto e dal settemb1·e del
1SÙ;tema politico europeo -
1914 avevllno cominciato coll'addottare una politica
avrebbe dovuto avere ben
gnrnatia ben più pre1:idente di quella del Goi;emo,
alti-e moticazioni e tonalità che nel p1·imo caso.
non solo hanno dimostrato di non essere seconde a
nes8uno nell'azione cil;i/e 1·ichiesta dallo stato di gue1'1'a,
***
ma hanno cont1·ibuito a far tl'ionfm·e il p»incipio che
Ho 1Sempre creduto e credo che tma tale propa-
le p1·ori:ide11ze connesse con tale azione dovesse1·0 con-
ganda avl'ebbe più di oyni altra sen:ito ad orientare
sicleml'si, 11011 <:0111e episodi di carità, ma corne obbli-
il Pal'fito :;ocialista e le 111asse che lo seguono.
gato1·ia (trnzione sociale.
)111·-
Ora, a questo atteggiamento, se ha coope1·ato il
tito Socialista italiano ha dato una dignitosa e nohile
Cl'iterio ]Jl'ldico fondamentale che, in un paese impe-
prova di disciplina nazionale. Dopo acel'e sino ali' ul
,qnato in guel'l'll, anche le cla;;si ope1·aie che vi appa1·-
timo momento -
sin pnre con considerazioni non tutte
tengono sal'ebhero moralmente e mate1·ialmente danneg-
dello stesso valore - 1·ia/f'ennati quei .rnperiori pnn-
giate da una sconfitta, ha coope1·ato anche un in-
cipii morali che lo inducevano a p1·e(erire la conser-
8ieme di idee e di impulsi che, per quanto in una
vazione, da parte del!' Italia, della neutralità, e, come
fol'lna j'ol'se un po' incli:>tinta, ha fatto meglio sen-
conseguenza degli 1Stes:si principii, di una neutralità
tire ai socialisti co111e -
non me1'CCmteggiata; le /'o1·ze socia! iste, di ('ronte al
stione di oppo1·tunità nel tempo -
fatto compiuto, hanno data subito opera pel'chè i lllali
nenfralità italiana conti-o l' Aust1·ia aveslie un rnlo1·e
inevitabili della gue1·1·a venissero leniti da una con-
morale e politico ben dil:el'so da quello che au1·ebbe
corde azione di as&isienza, e penhè gli inte1·essi im-
p1·esentato una rotturn della neutralità a /'avo1'e degli
In i·ectltà, appena clichial'f1ta la guen·a,
m6diati e genemli della nazione -
il I
i quali ormai non
av1·ebbero potuto frova1·e la p1·op1·ia esplicazione se
non in una vittoria -
p1·eralessero sopra oyni alti-a
a parte ogni ei:entuale quela 1·ottiwa della
Impe1·i centmli.
Pei· esempio, ni 1n-imi di giugno del cor1·ente anno
sni muri di Regyio E111ilia è stato affisso un mani-
13
festa del romitato I'l'ovinciale pe1· l'ol'ganizzazione dei
tito socialista e le masse che lo seguono ad una
se1·vizi civili, che po1·tava le (frme onche dei pl'incipuli
più completa p1'epa1·azione e giustificazione di quello
capi delle Amminisfl'azioni pubbliche -
che oggi si sente e si fa da tutti, ed aVl'ebbe evi-
dei socialisti -
tutte in mano
e dei dfretto1·i dei giomali locali, {l'a
cui l'on. Zibol'di, il benemerito sCì'itto1·e della
tcdi
non già sul te1·1·eno dei p1·incipii genemli,
Giu-
ma su quello delle p1·esenti 1'ealtà st01'iche -- taluni
Ebbene in tale manifesto, oltl'e ai consueti
non lievi er1·01·i di appl'ezzamento. P1·evede1·e a tempo
incitamenti pei· le ope1·e di assistenza e p er la con-
lo si:olgi111ento più p1·obabile degli avveni111enti, in-
tinuità della vita normale, .<.i potevano legge1·e esp1·es-
dica1·e la da che sola potrà essue in co1Ti.r.;pon-
1llenfl'e i .<:olclati il' Italia com.-
clenza battida, e diseyna1·ne il tmcciato in modo da
battono le itltime battaglie della indipendenza e della
e'l:ita i·e alle masse pe1'icolose illusioni ed ÌITitazioni
unità della Patl'ia
L ' Italia 1·0111pe in yitel'ra
stei·ili: non è /'orse questo uno dPi principali do-
pe1· la liberazione dei prop1·i figli, e si schiem con le
vai pe1· colol'o il cui mandato i1nplica le maggio1·i
nazioni combattenti conh'o un
1·esponsabilità ~
stizia
».
sioni come queste:
«
>> •••
«
«
nemico che ùloleggia
la foi·za e fa sfrazio del dii·itto e della giustizia
».
L' auto1·ità dei socialisti che hanno (il'mato un si(fatto manifesto non ('Osfituisce la miglio1· pi·ovo, che
il Partito socialista italiano avl'ebbe potuto anche
p1·ima, e semp1·e -
pw· non rinunziando in alcun
modo ai propl'i pl'incipii gene)'(lli -
ammettere in linea
sub01·dinata, con rantaggio della re1·ità e prop1·io, l' esistenza di alcuni legittimi zn·oblemi nazionali e quindi
la grande dive1.,r.;ifà fra un inte1·vento italiano a fianco,
o contl'o, gli Impe1·i cenfl'((li, e spPcialmente p1·0, o
contro l'Austria ?
Un più tempestivo e piu conco1·de 1·iconoscimento
delle conside1·azioni che anche l' auto1·e aveva semp1·e
e.<;poste, am·ebbe dunque semplicemente poi·tato il Pai·-
***
Le 'r agioni pe1· le quali wn Pa1·tito come il socialista deve saper semp1'e coo1·dina1·e le condizioni
dell'oggi alle speranze del domani, e 1·ende1·si conto
della 1·ealtà sto1·ica che pa.r;sa, senza che questo significhi 1·inunzia1·e ai suoi massimi principii, sono, in
quanto inte1·essa il pubblico socialista, esposte specialmente negli sc?'itti da pag. 59 a pag. 100.
Quello che mi semb1'a 01·a utile è di considemre
la questione, non più in 1·appo1·to alZ'e preoccupaziont
del pubblico socialista, ma in 1·appo1·to alle obbiezioni
degli avve1·sa1·1i di buona fede.
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14
Se
mzioni Comunali e P1·ovinciali che si sostituiscano, in
ammettete che in una dete1·111inata situazione i vostri
moltP funzioni, all'opera della odierna 01·ganizzazione
Statale.
In sostanza così ci si dice dall' alt1·a ?'iva:
«
avversari e specialmente colo1·0 che hanno la ?'esponsabilità del pote1·e, debbano agire in un detet111inato
modo, anche voi allom do-cete fa1' 1..-ostra senza ì'ise1·ve la stessa linea di azione. Riconosce1·e certe pl'emesse e ?'ifiuta1·si di accettarne volontal'iamente le conseguenze, non è leale. E quando per legittimare w1
tale rifiuto, voi vi fì'intf!l'ate diefro considerazioni di
principio, 1·icorrete ad uno sdoppiamento che è illogico e che appare mo1·al mente 1·epugnante ,, .
Ma gli avve1·sa1·i dimenticano che la doth·ina so
cialista, pe1· sua stessa natu1·a, se gucwda al p1·esente,
mira sopratutto all' avvenfre. Pe1· ogni ordine di p1·0blemi essa agita e deve agita1·e un prog?'Ctmma - a
così dire - minimo, ed uno massimo. Nelle questioni
fra capitale e lavo1·0 - ad esempio - essa si p1·eoccupa
dei miglioramenti anche più modesti che la classe
ope1·aia può immediatamente ottene1·e in regime di
salariato) ma nel medesimo tempo si p1·opone la c1itica di un tale 'regime, e la prog1·essiva sostituzione
ad esso di un sistema di rapporti economici p1·0 fonda m ente dive1·so. Nei p1·oblemi dell'amministrazione
inte1·na - pe1· dare un alt1·0 esempio - la dott1·ina
socialista si p1·eoccupa anche di tutte le conquiste più
vicine, ma ha pe1· fine 1·emoto la completa autonomia
dei Comuni e delle P1·ovincie, ed un insieme di Fede-
• I>
01·bene. La stessa duplicità di intenti
{~
cm·atte1·i-
stiw della dott?'ina socialista anche in merito ai p1·0ble111i nazionali ed i11te1·nazionali.
Il Partito Socialista può e dei;e 1·endersi conto, in
ognuno dei l'aesi in cui rice, dei singoli problemi nazionali; della necessità di completw·e, ove occo1·1·a, la
unificazione e l'indipendenza di fronte allo sfranie1·0;
degli obblighi e delle f'unzioni che spettano alle l'ispetthe classi dii'iuenti pel' la difesa degli inte1·essi nazionali, quali oggi si toncepiscono; del dove1·e che anche
ad esso si impone di lasciare il passo allo svolgimento
di date necessità sto1·iche.
Ma, accanto e sopra a queste singole consiclemzioni
nazionali) i vm·ii Partiti socialisti hanno anche un
prog1·amma internazionale, pel' il quale vagheggiano
che nei 1·ctpporti f'ra le i;a1·ie nazioni, ~i instaul'ino i
aite1·i morali che nei paesi civili ?'egolano già le relazioni fl'a p1·ivati; agli espe1·imenti della fo1·za b1·utale che disfl'ugge il capitale uomo ed il capitale cosa,
si sostituiscano gli a?·bitrati; al cieco giuoco dell' inc1·emento conte111po1·aneo, e però vano, delle spese niilitcwi)
succeda una intesa pe1· la ?'iduzione simultanea degli
armamenti; il sistema dei g1·andi agg1·uppamenti 1·ivali di potenze ew·opee - sistema che rapp1·esenta
17
16
un p1·og1·esso 1·ù1petto al pcu~sato, ma che può a nelle
por ta1·e, come nel caso attuale, al peggio1· allm·gamento
dei confiitti, e che può quindi, oltre tutto) inclebolil'e
l'inte1·0 nostro Continente, ad esclusivo vantaygio del·
l'Ame1·ica del Nord e del Oiappone - si ll'as/01·111i nel
sistema degli Stati Uniti di Ew·opa.
Uno clei pimti più ca1·attei-istici in quest' 01·dine di
p1·oblerni - punto al quale si è accennato poco f'a)
ma che è bene pùi'l'e in più, preciso 1·ilie?;o - è quello
della guerm.
Nessnn socialista se1·io può a meno cli distingue1·e
tra fini e fini dell'una, o dell'altra gue1nt. Le guen·e
p e1· le quali un popola si p1·oponga cli mggiitnge1·e o
completa1·e la p1·op1·ia indipendenza nazionale) o di
resiste1·e a qualche Stato finitimo e più f01·te che tenti
asso1·bi1·lo violentemente, t?'Ovano senza dubbio una spiegazione che è anche una giustificazione. Del p1·ùno tipo
sono le gue1'1'e dei nost1·i pacfri nel 48-4 9) nel 69 e nel
66j le guei'l'e balcanich<> contro la dominazione tu1·ca)
ed anche) se limitata a dati scopi) la nostra p1·esente
gue1·1·a contro l'Austl'ia. Del secondo tipo è la 1·esistenza del Belgio cont1·0 l'iniquo tentotiuo di annessione
da pa'rte del milita1·isrno e dell'impe1·iali.'fmo ge1·manici.
Tuttavia - pu1· non negando i casi in cui l'assoluta
necessità si associ a mocenti nw1·almente 1·ispettabili il Pa1·tito socialista non può non essere in linea p1·evalente di p1·incipio cont1·m·io alla guerm, almeno fm
1
i pnpoli <'h<' ahhiuno n1ggiunto un certo {Jl'ado mini1110
..,
e comune di th:iltcì. R questo, non solo pel' le 1 agioni
ili suzie1·iol'e mol'ltle infel'?ia:àonale, cui si <) accennato
più sopl'a, ma anche 11e1· considerazioni più sli'effa·
111ente connesse colla speci(irn natura delle /01·ze sociali
su cui l'azione sotialista si fonda.
f'll JnOl:ÌJJWnfO JIU' il f[lWle /"a.:iOlle de/le dassi OjJ<>
1·c1ie den' esfl'i11sec<11""i con uno s('orzv cool'llinato e si
nw lta neo - cio1) i nfel' nazionale - e la toope1·a.. io11<'
,{i tutte le classi sociali di llìl Paese de1;e l'Ollsidercll'si
pitlttosto conu' ui; /r'110111eno fl'ansitol'ÌO - proprio dei
momenti in rni I/ l'wwe intero sia in Jlel'icolo - che
cnme n11 /r'norneuo normale, non JlllÙ essere, in linea tli
2n·incipio, f'aro1·ewle a situazioni the :;i l'Ìsolcono nel
resfifuil'e ogni das:·w opel'aia esclusii.:amente alla prop1·ia nazione per scaylial'la contro le <'lassi opemie
del!<' alfi'e nazioni. e nel cleterminal'e in ogni singolo
J>aese) non solo la 111a05;iore coopel'azione j'l'a le clr1ssi 1
ina una COOJlel'<tzione alla quale la classe 01u:raia,
in rar;ionr• sfe<.:sa del suo nat11 <>1·0, poi·ta il 111assi1110
cm1tributo.
Tldti gli alt1·i J>a l'fiti - se CO[tl iono esse1·r· sincel'i
subiscono a 11ch'essi, nel .r;iudiccll'e della uuer/'a , <' ' caso
per rnso, nel j'al)o1·i1·l<t o 11el dep1·ecal'la, l' ineritabi!I'
influsso andie delle loro idealità) pe1· così dfre, in
fan, J1 lnghi!te1'1'(1 le t-Ù'<>nlle pa rlamental'i sro!tesi
di'/ lo s< 01111w r1 d. 1 1irese11ft conflilto ad oygi ne sunu
,'}
la p1·oi:a piz't illustre. Anche da noi, pe1· e8empio, i
nazionalisti dicono apel'tamente che essi sono fauo1·ei;of i
come tale, fa1· p1·opria completamente, è una guerrn
tendenzialmente al j(ttto, in yenae, della gue1·1·a, JH'O
prio anche pe1· quelle 1·agioni inteme che cont1·ibui1;;cono a fat· ll[JÌl'P. il l'w·tito sociali.~ta in senso di-
nuta dall'eroico Belgio cont1·0 la Gm·mania. Una volta
1·iconosciuto che la nazione è una premessa dell' intel'-
verso.
Con yual<' autm·dù domani potrebbe il Pm·tito
80cialista propu ~·nm·e gli a 1·bitrnti 1 la l'iduzione degli
annamenti., la pace, se poi in ogni Paese, lasciandosi
asso1·bii·e da una risionP troppo strettamente nazio;iale
e da situazioni pe1· 101·0 stessa natura fransitoriP, .'li
facesi:Je senz·a l '1·0 111·opa r;anrl ista ufficiale del! a guum,
e, pei' logirn e si1w1·a inel'itahilP con.c;eguen za, dell' aitinento delle spf'se 111ilitru·i !
Il Pm·tito soci al isto 11ot1·ù e dovrà adottare toni
e modi hen cliz:r-1.,-:i sN'o11do la natzwa della gue1·1·a
che si .•·ta1·fì p1·e1w1·ando nell'uno o nell'altro J>aese;
dovl'à, ad e.;empio, pl'O/'ondamente distingue1·e fra una
guerra di inrasione dfl f3p/gio ed una gue1·1·a pe1· il
completamento dr,!!' unità nazionale; i suoi componenti
d ot1·aruo, u ,w ro1ta d idiim·ata la g11e1·1·a, ed anche
quando 11u. sfo pcn·exst' 11M1w gùudificata, soddisfa1·e con
animo fenn•J e 1ea1(J ai p1·op1 i obblighi militari, ma
non potrà mai sci11gersi tanto olfre da cadere, JJe1·
a ,,1ore del!' oggi, in aperta ecl msa'mtbile cont1·acldizione
r:o/ 1e aspi1'Ctzioni del do11:((ni.
L'unica g1.eri·a !'Ùe i1 71adito socialista può, anche
di pura ed evidente difesa nazionale, come qiiello. soste-
naziona/e e che il 1·i.petto alla indipendenza dei singoli 1wpoli è l'unico principio la cui accettazione possa
rendere più degni i rappo1·ti /rn i va1·ii Stati di
Europa ed age1.:olare il mantenimento della pace, una
guerNt di tale tipo risolte in sè ogni conti·addizione.
.•d nche per il [>adito socia! ù;ta del Paese così 111 inacciato, una sinlit'e guer1·a costituisce una necessità. che,
pei· quanto dolorosa, /'a coincidere, con una chiarezza
ben maggio1·e che in <1ualsiasi altro caso, 7' interesse
ed il dfritto nazionale dell'oggi coll' intaesse ed il di1·itto i.ntemr1zionale del domani.
::: * *
In general1 rlunque, e se si prenda come te1·nii11e
di riferimento la maggiore o mi no re lun,qhezza del
tempo consiclemto, si 1mù dfre che il Pm·tito socialista
deve p1·0.peffm·e tuffi i problemi, tanto in rnpporto
ad un breve pel'ioclo, quanto ad ww lun,qo. Pe1· 1·estarre ai p1·oblemi inteJ"nazionali, non può trnscumre il pe1·iodo lwe1,1e, cioè il pn<iente, pe1·chè, i:ivendo anchP nell'oggi e l'oggi essendo condizione del
domani, non può ('Ompletaniente softra1·si ud una si
1
,
20
21
tuazione pel' la quale l' Eui'opa è anco1·a p1·ofonda-
Del resto, gli arve1·sm·i sentono tardo bene queste
mente divisa /?·a nazioni che intendono 1·egol<t1·e i
necessità p1·op1'ie del Partito socialista e le riconoscono
lo1·0 1·appo1·ti specialmente coll'w;o della (01·za brutale.
fonto 1·ispettabili quando si tmtti di casa d'altri, che,
llla tanto meno deve t?·ascu1·m·e il pe>iodo lungo, e
pe1· esempio, tutta la stctmpa italiana ha 1·imp1·ovemto
eioè il futu1·0, pe?'Chè è anche, e ca1·atieristica niPnf<',
ai socialisti della Ge1·mania cli non ave1· /'atto il
un Partito avvenfrista, e mim alla co::;tituzione cli
JWOpl'io do1:e1·e in occasione del confiitto eiwopeo.
una Eu1·opa, le cui rn1·ie nazioni siano coo1'dinate da
Quale e1'a l'obbligo ed il potere dei socialisti di
Ge1·111ania? Si ilfodono sf?'anamente sulla loro forza
inte1·essi e da crite1·i mol'ali d'ordine iiupe1·iore.
Non misconoscm·e il p1·esente ed i doi:eri, o nche
1·eale e su quella di uno Stato mode1·no in genere, e
dolol'osi, che esso può creai'e, rna non piegw·visi icleal
mente olt1·e quel punto al di là del quale stm·ebbe il
che i socialisti tedeschi am·ebbe1·0 potuto impedire la
rinnegamento delle spe/'(/nze di domani; inchhw1·si
gueNa. Una cosa potevano e dovevano
con dignità e lealtà alle esigenze anche più fl'agiche
listi
dell'odie1·1w sistema della politica eur·opea, ma denun-
lita1·i ed i pieni potni, e condanna1·e la invasione
del Belgio. Pe1· quanto lo ..,pau1·acchio del pe1·icolo
zia1·e, fino al momento in ciii ciò sia nazionalmente
possibile, le assu1·dità cli questo sistema che si ruol
appunto p1·ofondamente tl'Clsfo1·ma1·e: ecco il delicato
e difficilissimo compito di un Pa1·tito vern111ente so
cialista.
Ce1·to, i Partiti che vivono soltanto nell'oggi non
soffrono queste p1·eoccupazioni e non incontrano queste
difficoltà. Ma non hanno pe1· ciò solo il cli1·itto di accusa?'e i socialisti di sdoppiamento .e di slealtà. (l1tel!o
che può sembrnre sdoppiamento è semplicemente la
dello Stato gumanico in ispecie, coloro che pensano
f a1·e
i socia
tedeschi: non votm·e i c1·editi sfrao1·dinm·t mi-
Russo dovesse sul principio 1·ende1·e popola1·issima
la gue1Ta in Ge1·mania, e c1·ea1·e - specie in itn
popolo come il tedesco -
uno stato di animo che
molte cose può spiega1·e, è da 1·itenersi che i socialisti
tedeschi am·ebbero almeno dovuto, nella sto1·ica seduta
del Reichstag, sepamre la p1'0p1·ia ?'esponsabilità da
quella degli altri Pm·titi, salvo a compie1·e dopo - si
intende - il lo1·0 dove1·e come singoli cittadini.
n
tempo, e di considel'cwla così entro una b1·ece unità
/'atto che i socialisti d'Italia e cli tante alt1·e
nazioni si trovano d' acc01·do cogli avve1·sa1·ii nel muove1·e una tale c1·itica ai socialisti della Ge1·mania -
cli tempo come enfro ww somma di unità.
e che anzi devono tempe1·cwe le p1·etese degli avve1·-
necessità di tollocm·e ogni situazione nel fiusso del
22
sa?'ii stessi - costituisce ad ogni ?nodo la pl'o/ja più
squisita. che questi ultimi .... sempre quando si tmtta di
casa d' alt1·i, ?'iconoscono implicitamente che in nn nessun Paese i socialù;ti devono tanto sposai·e i11 linea
ideale il p1·esente, da rinunziare di (atto ai lol'o p1·incipii nws.c;imalistici.
***
Si dfrà: « 111a .~e roi i·iconoscete nece..,sm·ia in un
dato momento sto1·ico e da pm·te di colo1'0 che sono al
Governo, una azione dete1·minata, come potete assume1·e la i·esponsabilità di att1·ave1'.<;arle la stmda con
una opposizione basata su c1·ite1·ii che 1·igua1·dano soltanto, o p1'incipalmente, il domani? »
La 1·isposta è in pal'te implicita in quanto si è
già osse1·wto. Abbiamo visto che il Pa1·tito socialista,
nel giudica're dell'opern delle classi dirigenti, deve distinguere f1·a decisioni ve1·amente necessm·ie e decisioni che non lo siano, tm fini sto1·icamente 1·agionevoli, e fini frmgionevoli, etc. Uno dei motivi fondamentali degli sc1·itti 1·accolti nel pi·esente volumetto è
quello, ad esempio, con cui si 'i'ileva la enornie differenza che .-;arebbe esistita t?·a un intervento dell ' Italia
a favo1·e degli lmpe1·i cent1·ali) ed un inte1·vento
cont'ro.
X<' seyue - <' gia risulta dcl Nsto dalle ossenw
zio11i es1ioste pitì sop1·a - C'he l'opposizione riel ]Jartito
socialista non 1mr) e non dece assume1·e le sfr:sse to
nalità, ed 11sa1·e - o tP;dor di usal'e - yli stes:.'Ì
mezzi) secondo si ll'oci di f'ronte agli uni od agli aliti
casi. Quando si tratti di risoluzioni storic(l Jiiel1te ne·
«es:mrie e spiegabili, /'upf}IN;tzioae del J>artifo socialista
doi;1·à esse1·e più rhe altro di principio. Nell'altra ipotesi la sua op11osizione don·à inrece aequistare un caratte1·e ben 11iù. rlflciso <' C'Ucw·e rli i 11tpedire nettamente que/10 «he se111hri un e1TOI'<~ anthr:, dal punto
di vista delle l'f'ltltù 1rn1 ;e(liute. (J/Jùedemlu a tale uitei·io gli se l'ifti che JJiù o!tn' si riproducono hanno
sem;n·e insistito nel 1·ilnw·e che, se si giudicava sto
ricamente e moralmente dit:ersissÌ///O u,n inten:ento
dell'Italia a f'ai:o1·r n <·ontro gl1 l111pe/'f ('(mf/-ali, dive1·sù;sime do1:erww anche e.<;.<;ere, nel!' una o nel!' altl'a
ipotesi - illclipe11de11te111eate da considerazioni subo1·dinate snlla scelta dr 1 1110111ento e sulla mis111a dello
sforzo - le 111oticazio111 ed i mezzi d17l' a~ione socialista.
Certo il giudi.zio ,.,e un dato 01·ienta r11ento delle
classi dirigenti e del Gove1·no in itn dete»mi nato Paese
ed in un deterniinato momento sia, o non sia, sto1·icarnente necessal'io ed iitile, non è facile. Sbaglierà
qualche volta ne77a sua c1·itirn il Pa1·tito socialista;
sbaglieranno qualche a!tm nella !ol'o azione -poichè nes1
•
1
1
surw è infallibile - colol'o che sono al Goi:e;-no. L'unica dift'e1·enza p1·atica, ma sostanziale sadt questa: che
- le decisioni dipendendo prei:alentemente da ('(}/o1·0
che hanno nelle 701·0 mani lo Stato - un ei:entualf'
e1Tore delle classi dirigenti ac1·ù pe1· lo nazione conseguenze ben più gl'ari di un erentuale en·o1·e dt'/
Partito .'>oci al i sta.
Xon si dei1e in/(lffi cli11wnticw·r> un altro punto
essenziale: e ciot~ cht' il J>artitv socia/i.i;fa. in tanto J>lllÌ
e deve esio1e1·si dal .i;;o/idalizzare completame11te - sul
tureno ideale - col 1110111enlv rhe passa, in 1111m1tv,
appunto pel' consen;w·e a11rht> la p1·op1·ia f'unzione
avveniristica, sia, ed i ntmda 1·estw·e, un J>a l'fito di
minoranza.
Può una mino1·anza t1·ascin<n·e seco una 11ia!J9io1·anza, quando la p1·ima 1·iassuma in sè stessa u11a
coscienza più precisa e più l Mga di quelli che siano
in 1·ealtà ,qli interessi della seconda. Poii'à anche una
mi11oi·anza politicamente ol'ganizzata - pe1' il rnlore
specifico di ogni f'atto di organizzazione - pnwlere
sop1·a una maygiomnza che organizzata non sia. Afa
non può Cel'to darsi il caso che una minoranza la
quale, come il Partito soc:ial ista, combatte pe1· interessi
ed ideali cos't dive1·si da quelli oggi prevalenti, possa
impo1·si alla 111ag,qi01·anza o!'ganizzata degli alt1·i f>a?·titi, sino al punto cla diventan esso stesso il Pal'tito
dominante, e cla clorer wssume1·e come tale l" dirette
l'esponsabilitù del potere nel puiodo sf01·ico che attmrersiamo.
f )1·etismnente pel'chè ;, un J>a1·tito cli m.1no1·anza e
non ha quindi lr~ 1·espo11sabilitù accPnnate, il Partilo
socialista sa henP che, malgrado la sua opposizione.
la 111aygioranza <) se111pl'e in grndo di p1·endere le decisioni ehe quella data situazione richiegga.
Oon che 11011 si ciwl !Jià dil'e che il J>artito sodai i;:;fa r!PblHl /tU'f' 1111a 1>ropaga nda e suolye1·P un'azione
senza aifeJ'io. Si <) i:isto anzi più :-;op1·a che il l'w·tito i'°J'ocialista d<,u re11c/p1·si esatto conto delle 1·ealtà
1>toriche e delle soluzioni <-lte importano, e gmduaJ'P
secondo lli es1>e il tono dPlla p1·op1·ia opposizione. Se
quelle 1·ealtà e quelle soluzioni non spiegasse ai prnp1·i
sequal'i, o se, peggio ancora, dipingesse con colo1·i confl'ari al cuo, esso /tlrebbe opera, non di educazione,
ma di diseduca:done. Si vuol dire solo che il J>a?·tito
socialista può di regola non sacrifica1·e completamente
il do111ani all'oggi, il p1·og}'(lmma massimo al 'minimo,
le aspi J'({Zioni sanamente internazionali alle necessità
nazionali del 1110111ento, in quanto, da una pm·te ha la
certezza che la maggiomnza è semp1·e in gmdo di fcw
p?'evalel'e la ptop1·ia rolontù, e dall'alti'a intende esso
stesso -- nel caso in cui 1·iconosca che tale volontà co1·1·isponde veramente alle esigenze sto1·iche - rnotiva1·e e
lim·ita1·e la _p1·op1·ia opposizione con conside1·azioni e
('/'iterii che 1·ispondano a questa sua coscienza.
27
26
Un esempio Clli'attaistico può esse1·e offel'to dalla
tativo -
la conc·o1Tenza politica f1·a i vari Stati im-
condotta che, a mio costante giudizio, il Pa?'tito socia
pedisce che uno solo di essi, indipendentemente dal
lista dovrebbe di regola adotta1·e in tutti i Paesi 1·igual'do alle spese milital'i.
fatto che gli alt1·i accn'icono le spese milita1·i, le diminuisca. E come solo la costituzione di un sindacato
È una questione alla quale si è già accennato, ma
può pe1·n1ette1·e nel p1·imo caso agli indust1·iali ('m
sil cui è bene in:oiste1·e con qualche maggio1· dettaglio.
loro coordinatisi un contemporaneo 1·ialzo del prezzo
n
Partito .<;OCialista fa1·ebbe una p1'Dpagand a C'Oiltmria alla verità e qtlindi dannosa alla educazione
di vendita, così solo la /'o1·mazione di un acco1'do in-
delle masse, se credesse, e facesse CJ'ede1·e, che nelle
zione simultanea degli a7·marnenti.
Questo a niio Cl'edei·e è il modo ve1·itiuo col quale
attuali condizioni cli Eu1·opa una nazione può diminufre le spese militari cm('/1e se le alfre le aiimentano.
In ogni Paese si possono ce1·to eleva1'e que1>tioni sul
modo e sul mppoi·to della spesa: e clinwstm1·e, per·
esempio, che quelle date somme vengono male impie-
ternazionale può consentire ai 'ca1·ii Stati una 1·idu-
il Pal'tito socialista dei;e pol're dinanzi alle masse la
n
questione fondamentale delle spese milita1·i.
fatto
che in un dato Paese i socialisti siano in un nume1·0
anche infinitesimo, e che quindi la lo1·0 p1·opaganda,
gate a causa di una cattiva an1minist1·azione, oppure
che in mppo1·to alla 'ricchezza ed alla popolazione
comparata l'one1·e comple:,"fJivo è maggiore ('he in alfri
comunque condotta, non ese1·cite'rebbe alcuna sensibile
Paesi, etc. Ma, a pnscinde1·e da tutti questi p1·oblemi
luzione.
!Ila il Partito socialista -
- del 1·e8to importantissimi - ed anclie ammettendo
l'amrninistmzione più peifetta e la p1'oporzionalità più
esatta, resta semp;·e il (atto fondamentale che nessun
Paese può da solo 1'id111·1·e l'ammontare assoluto delle
spese militw·i.
Come la conco1'1'enza economica impedisce al singolo
indusfriale di vende1·e la p1·op1·ia mei·ce ad un p1·ezzo
supe1·i01·e a quello cui la vendono gli altri, cos't pe1· quanto opposto sia nei due casi lo effetto quanti-
infiuenza nazionale, non li autorizzenbbe ce1·to a desc1·ive1·e il p1·oblema come di dive1·sa e più farile so-
tito cli mino1·anza -
semp1·e finchè ?'esti Pm·-
non deve nemmeno cade1·e nel-
l' eccesso cont1'a1·io di votai·e, nei singoli Paesi in cui
vive, le sempre nuove spese militari, per la sola considerazione che il lo1·0 accnscimento è necessa1·io, dato
che manca ancom un accordo inte?·nazionale il quale ne
consenta, senza pe1·icoli, la diminuzione. In ogni Paese
ed in ogni Pa1·lamento esiste una maggioranza politica
che vive dell' oggi e che ha oggi i suoi 1·app1·esentanti al
28
29
potere. Essa deve accettare tutte le conseguenze di un
sistema di cui non vede, o non condanna abbastanza,
gli effetti. Mai si è dato il caso nei Paesi pm·lamen-
riodo 01·dùw 1·io, o, ad o,qni modo, più lungo: il pe1·iodo della pace.
tari che un Gove1·no si sia visto 1·espingel'e dalla mag-
Quando scoppia la guen·a, la resistenza ideale,
(/r/che da parte dei so('ialisti, cont1·0 le nuove situa-
gi01·anza i c1·editi pe1· nuove spese militari.
zioni diventa pitì difficile. Se i sociali8ti -
Perchè dunque -
se il passaggio di queste nuove
come è
avvenuto in Francia sotto la minaccia tedesca -
ac-
anche i socialisti dom·ebbe1·0 votal'le?
cettano di anda1·e al pofe1'e, rinunziano pe1· ciò solo
Non è ovvio che, così agendo, essi, p e1· salva1·e un p1·esente che non cor1·e alcun pericolo, indebolirebbero inu-
alle /'unzioni di Partito di min01·anza; dh:entano pw·te
integrante d<,lla maggiomnza, e devono allora votare
naturalmente anchr> le spese militari.
spese è ce1·to -
tilmente -
sul te1·1·eno ideale e logico -
la lo1·0 po-
sizione nella lotta contro l'aumento degli a1·ma111enti ed
a favo1·e di una intesa inte1·nazionale pe1· la lo1·0 1·iduzione?
In un solo caso -
che è p1·aticamente Ù'1'ealizza-
bile, ma che va contemplato pe1· maggi01·e chia?·ezza
della tesi gene1·ale - i socialisti pofrebbe1·0 t?·ova1·si al
bivio di vota1·e, o meno, le spese milita?·i; e sa1·ebbe
il caso in cui p1·op rio dal l01·0 voto ne dipendesse la
app1·ovazione od il 1ifiuto. Non esito a dichia1·a1·e che
1
in tale ipotesi le necessità e le 1·esponsabilità del p1·esente p1·eva1·1·ebbe1·0 f01·zatamente sulle aspi1·azioni del
domani; e che essi - bene inteso colle dovute motivazioni··- dov1·ebbe1·0 piega1·si a votarle. In 1·ealtà non
si fratta pe1·ò che di un caso assolutamente lontano
da ogni no'rmale e p1·atica possibilità.
La linea di condotta cui si è accennato a p1·oposito delle spese militm·i 1·igua rda specialmente il pe1
Jli guardet<'i benr> dal giudicare con frettolo':Ji
apl'iol'ismi la situazione e la condotta dei socialisti
f'mncesi. Mi li111it<'1·iJ a dii-e che sm·à di 1·egola tanto
più /acile ai socialisti dei singoli Paesi non assume1·e
certe ,qmvi co1·1·r>.c.;ponsabilità politiche, pw· facendo ii' intende tutto il 701·0 dove1·e come cittadini, quanto
più la 701·0 p1·opagan.da in tempo di pace sia stata
men tal mente sPrùt P mo1·alme11te onesta. Fo1·se i socialisti f'mncesi non sm·ebbe1·0 stati cost1·etti a pm·tecipai·e al potere, se p1·ima non avessero avuto co1·so le
mostruosità delt' flerveismo . Vemmente si affe1·11w da
taluno che in Francia il signo1· He1·vè è oggi molto
con..,idemto, per la sua nuova ed opposta edizione. Sa1·ebbe un esempio t1·oppo in cont1·asto coi molti e magnifici che ogr;i la Prn,ncia ci offi·e.
Anche qui il caso meno dubbio, in cui, una volta
s«oppiltta la guen·a, i socialisti possono 1inunziare
:31
30
alle funzioni di Pm·tito di mino1w1za, e i;ofm·e le
doveva e deve conside1·a1·si come nobile ed utilissima.
spese milital'i) è il caso del Belgio. Pe1· le stesse
~1
l'<l
mio costante ,r;iudizio, i socialisti che pe1· la loro
gioni pe1· le quali si è visto più sopra che la u1ie1·ra
stessa dott1·ina sono massimamente inte1·essati allo sta-
dei Belgi 1·isolve in sè stessa ogni confJ'addizione f'l'a
bili1·si di pii'1 giusti mppo1·ti inte'rnazionali, e quindi
il p 1·esente e l'avvenire, i socialisti Belgi possono e
al rispetto di tutte le nazionalità, e pm·ticolarmente
debbono appoggia1·e anche le spese militw·i.
delle più deboli, non potevano e non possono non essei·e
in p1·inw linea in questa 1·ivolta morale. Guai pe1·
l' Ew·opa, pa la cil:iltà) e pe1· lo stesso socialismo)
III.
se i Ci'iteri del militm·ismo pntssiano a?;esse1·0 potuto
esplicw·si con tanto sph·ito di sistema, senza la 1·ibelr
Le confe1·enze e le inte1·vùste da pag. 101 in poi
lione della coscienza pubblica internazionale.
1·ibadiscono in sostanza i punti fondamentali già espo-
11Ia da queste yiuste affennazioni agli eccessi di
sti negli sc1·itti ante1·io1·i. Soltanto ne pongono in mau-
giudizio in cui si cominciava a cade1·e in Italia co1·1·e
gio1·e evidenza ce1·ti aspetti, pe1·1·hè in quel momento
una gmnde di(/e1·enza.
all' auto1·e è pa1·so che quegli aspetti svecialmente st
L'elemento più camtte1·istico pe1· il giudizio della
dovesse1·0 rnette1·e in luce.
Ad un pe1·iodo di eccessiva ammi?'azione ve1·so la
civiltà di un popolo sta a mio c1·ede1·e ne' suoi senti-
cultu1·a e la disciplina della Ge1·mania stava suben-
sapiens è, sotto tale aspetto, essenziale. Pe1· quanto la
civiltà - 11Pl senso moderno della parola - sia il
1·isultato anche di molti alll'i coefficienti, e quello cui
si è accennato non ba.-.:ti da solo, esso ne è pm· sernpi·e
uno dei fondamentali.
I popoli latini poJ'fano senza dubbio, nei lo1·0 1·appo1·ti interni e 11ei lo1·0 mppoi·ti cogli altri popoli,
un senso di bontà erl equità) che costituisce uno dei
lo1·0 legittimi vanti. Anche gli Anglo-sassoni si distin.quono in questo. A 111io c1·ede1·e anzi e.~si) nelle
tmndo da noi un pe1·iodo in <·ui si cadew. nell'eccesso
opposto.
La 1'eazione nwmle cont1·0 dott1·ine come quella
del pange1·manesimo; cont?·o atti come la dolazione
della neutmlità belga, e la mancanza di ?'ispetto alla
vita dei te1·zi negli attacchi dei sottomarinij conh'o
tutta una linea di condotta di?'etta a fa1· valei·e la
fo1·za ed a sfruttm·e il te1·1·01·e della forza al cli sop1·a
di ogni rw1·ma di di?'itto e cli ogni fe1·mine di equità,
menti. La distinzione (ra l'homo humanus e l'homo
32
manifestazioni pi 1ì f'attire di tali sentimenti, s1111r 1·a110
1
notevolmente i [,atini.
I Tede:>chi invece,
ker della Prw;sict. Il p1·irno è molto rnigliore dei secondi. E1;so non ha avido anco1·a la f'o;·za di sott1·w·si
<'
Jlarticolal'mente i J»·11ssiani,
nei lol'o rnppol'ti intel'lli ed anco1· pilÌ nei
101·0
mp
porti cogli ((/tri popoli, non s((n/lo tenei· lu 111is11 ra.
Essi sono disposti a tmttare con ineso/'ahil ità e
1·011
un gmdo cli sistematica riolenza tmche supe1 ÌOJ'e r<
quello che pei lOJ'o stessi ft11i sarebbe strdtamr'nff' 11e-
al ferreo dominio lllf(J)'no di colo1'0 che a 1n·op1·io favore potevano vantare i successi colossali del 186U e
del 1870. Ma si deve ave;·e fenna speranza che)
dopo la pace, e dopo che l'espe1'ienza am·à dirnostmto
tutti gli er1·01·i de' suoi dfrigenti, il popolo tedesco
saprà democmtizz(l)·e la propria costituzione politica
e sotttarre l' lmpe1·0 alla f'atale p1·ewlenza dei cn·-
cessa1·io, i popoli che /'esistano alla loro 1.:olo11f<Ì.
Qite..,ta è o,qgi a miv c1·e<hre la cera i11/i riol'lftÌ
1
coli Pru.c;siani.
m01·ale de-i Tede:-;chi. J>er ciò hanno condotta la gue1·1·a
Comunque c'e1·a da temere che 1n·esso un certo nu-
con metodi che li !tanno isolati nel 111011do. Per cir)
me'ro di Italiani -- per fo1·tima piccola minomnza
il loro dominio 1·iesce tanto meno tollei-abile che il
-
la reazione confJ·o la Germania si 1·icollega8se, non
solo ad una giusta
dominio inglese.
avve1'.~ione
pe1· i t?·isti eccessi già
deplorati, ma anche ad una sca1'Sa attitudine a valutare le grandi ed innegabili qualità che i Tedeschi
hanno in altri campi, e che a noi interessano solo in
Se ci si troi;a d'acco)'(lO sii 9uesfi p1111ti, i11 f!lffo
qiwnto noi stessi non le abbiamo anco1·a nella mede-
il ;·esto è dannoso e conli'additol'io che anche noi 1u1s-
sima misu1·a. V'erano ad esempio persone che tende-
.namo la mism·a.
vcmo a de1·ide1·e lo studim·e tedesco quasi come una
Intanto
<~
da spernre -
nell' intaesse dell 'w ;re
p1·ova di sca1·so ing<'gno, o la disciplina tedesca quasi
dei
come una p1·ova di mancanza assoluta di individualità.
Tedeschi dipenda dal f'atto che essi hanno una ciriltù
Pe?'Sonalmente io ho p1·eferito e pref'e1·i1·ò semp1·e
nÌ?'e dell' Eui·opa -
che questa mino1·e
umanit~t
più l'ecente, e costituisca pacù) ima caratteristiw che
tipo di disciplina e di ordine inglese -
il tempo tenda a cancellm·e.
Non bisogna inoltre confondP1'e tutto il popolo tedesco con i ..,uoi
clirigf~11ti, e
il tipo della mentalità inglese a quella tedesca, ed il
special nterde coyl i
.i nn-
senza dubbio più individualità -
in cui e' è
al tipo della disci-
plina e dell'o1·dine tedesco.
3
B5
.i.lla ci-") eI1 • pre111e ,,' e: J!r' 111 11
l·11g1·os~i
la tendenza
pe1·0 gene1·ale a ripetizione, alla " cassa cuota »
;
sp,·egia1·u p1·up1·io lfllelle 111wlif<Ì t he do 1101 - vei· la 11 osfi'(t piìt J'fl'f·/ltl' ritu nazio11aìe - sono
~neno co1nun1, o 111e11n l'ltdiuite. li raraffel'<' 1 lu disci
hanno sempl'e concepito il socialismo come un figlio
del mil'llcolo, wv:ic/u) co111e il lento e metodico p1·0clotto di una sostanziale trasfo1·mazione; hanno sein1J1·e
lo spii ito d'or -gunizzu :ionr': /11 p1·11bit1ì llH' 1dt1l<- l'li<' pn!'fa 11 1 ij'aygi1·e clall<' ;111111·uu1st1 ··i1. 11i acnnlfate; sono doti di
disp~·egiato
a
µZina, il sf n ·< del dor<'I'<',
1ll c r1.-;f{(:1U1 1
pl'imo onliiie 111410 srnlgi111r•11fo ilellu i:itu 11111de1 JW <'
· l 111µ11 te - 11011 l u .~1· 1r,·11•'1 111111 t1i.l1c1 ....•f{( nz11. specza
pei· !<1 f'onna::ioni di <f .. m11cr11 .ii 1 m1 <frr;e11ui e non
l'ila 8 1;at1 ici. (ili lnyl<'.~t ed I Tedes1 lii - sia 111u·e r.:011
molto dit:f'l'sifù di 111orli
so11u i f)OJ)()li l'Ùe piÌl pos
;;eggono 1111esf!' doti. fJl'I' esse I' l11ghilte1·1·a goa/'JW
da tanto tl'lllj)O buon{( parte riel 111ondo e la Germania
il lato tecnico delle questioni, sino a considerare il sasso <·0111P una a l'ma decisamente « l'ivoluzionw·ia » co11t1·0 i fu('ili ultimo modello.
Ci sono, in sosta 11za. due mocli di amare il propl'io
Pae.se. L' uno f- quello di accm·ezzarne i difetti, o
perchè si scambino pe1· drtù, o perchè si desidai specula1·ci sopl'Cl. L'alt1·0 <) quello di combattel'li, non per
il tristo compiacimento della loro esistenza, ma pe1· il
cleside1·io che i-enya no supe1·ati al più p1·esto e pe1· la
È significatiro a questo p1·011osito il fatto che {l'll
inc1·ollabile convinzione della lo1'0 supe1·abilità. Riconosce1·e le qiwlitù 1:e1·e anche degli alt1·i popoli, ed
additai·le al pr·op1·io pui·chè le innesti sul t?·o1ico delle
sue uÌl'tù originarie1 è una f1·a le manifestazioni più
do1:e1·ose del secondo tipo di patriottismo . .1..Yon sono
da inuidial'si qw'i refol'i o quei fw·bi, che giudicano
la pl'ima 111a11iem più utile al jJ1·ogresso del loro
Paese. Essi tonfondono la fortuna della loro pel'..,ona
colle f'ol'fttne della J>atl'ia.
gli « interrentisti » dei pm·tifl più ai:a nzati - <1ueol i
interventisti che 71 hanno nssai JIÌIÌ colla Germania
che coll' Ausfria - sono ptoptio coloro i quali hanno
semp1·e pì·edicata l' indù;ciplina sociule ~ sindacalP
nelle sue (orine piì1 puerili e 1 omantithe, dallo scio-
La pw·te eccessiva della 1·eazione cont1·c la Ge1'niania p1·esentava 1 a mio Cl'ede1·e, un' alt?-o pe1·icolo,
cli ncttui·a più, strettamente politico e più immediato.
ha /'atti t11 1111 sel'olo 1iass1 giganteschi.
Gli ital11 111 rlei·onu t1<·1·1•,,sce1·e 111 /orn stess1 q1testo
gruppo di r1ii1tlità sriluj>pandolo sa/la !ol'u indolP natu
rale 1 an:dclz•) copianrlolv 1wdis.-;e.111un11eniP dal/'e.«tero.
Jfa 1l modo 1111ql1ore pe1
cw 111e11to i'•' in un popolo
certe dori, è quello d1 i nd1ca rgl i«ne ogni 111omentn
tutto il ll(t101·1,., ,,on quello clz farne la ca1·irntura.
***
37
36
Pur facendo il dowto posto a idealità supel'iol'i;
pur ricono1>cemlo che il recente sistema cli {j}'(llldi ag
gl'Uppamenti di J>ote11.-;e tende a c1·ea re 1111a nwggiol'e
1>olidai·ietà f'ra i vw·ii St<1ti appal'tenenti (((/ uno
stesso agg1·uppa111ento; nelle attuali r·ondizioni di R11
ropa resta sempre i;ao che ogni nazione costituisce
i1,na indii;idualità sua jJl'Opri<1 1 la (JUale deve salraguardare i suoi specifici e legitt1111i interessi nei 1·a1>·
porti con tutte le alt1·e nazioni.
Una speciale applicazione di questa i:uitù genemle è che le nazioni dotate di una popolazione 111eno
numuosa, cli una costituzione po! itica ed eco no m irn
meno robusta, etc., hanno - entro CeJ'ti limiti - tutto
da guadagna1·e dalla 1·ivalità fra gli Stati nwggio1·i,
specialmente 1>e 1>uoi confinanti.
Finchè una tale l'ii;alità esista) le nazioni minori,
appoggianclo8i di i;olta in volta all'uno od all'altro
degli Stati piz( forti, oppure 1·estando 1 secondo i casi,
neutmli, ed acc1·escendo le p1·oprie risoi·se jJeJ' il solo
fatto dell1 indebolimento che la gue;ora ha p1·odotto
negli altl'i, possono tmrn1'Vi una delle condizioni esterne
più favo1·evoli al mantenimento della p1·op1·ici indi
pendenza ed allo sviluppo sicu1·0 delle pl'op1'ie energie.
Dai tempi più antichi la sto1·ia è piena di eo<Jmpi
che suffi·agano questa tesi. Pe1· limita1'ci all' l talirt,
il piccolo Piemonte si ingrandì e si ?·affo1·zò ati?'a·ve1·so
alle lotte f'1·a Spagna, Fmncia ed Auot?'ia; nè la
i11dipe11rlenza italiana a1Tehbe potuto mai realizzm·.c;i,
senza la 111·ofimda riwlità p1'ima tra la l?mncia e
l'.Ausfi'ia, poi fi'a l'ilusll'ia e la Prussia.
lnre1·sa111e1ite se la fja?'a (m i gl'andi Stati cess1,
o pen-!1<~ si 111ettano d'acco1·do ('ra loro, o penhè Puno
Jli'emtlga definitira111e11te sull'altro, le nazioni minori
- ciascuna p1·esa da sol a - possono fl'ONll'si in
balìa di <1uello Stato che abbia acquistata una prepoadera nza assolida.
le due direl'se sitnazioni ..:;ono cco·atteristfra111ente
1·i(les.c;e dalla slo1'ia moduna del Belgio : st01-ia nella
quale la Francia apparisce con atteggiamenti opposti,
mentre!' lnghilte1·ra-memvigl iosamente continua nella
sua politica secolal'e - si dùnost1·a semp1·e eoe1·ente.
Nel 17.92 il p1·epote1·e della Pl'ancia aveva trns('o1·mato il BPlyio - appai·tenente allorn agli Stati
Genemli d'Olanda
in ww p1·ovincia fmncese. Fu
p1·op1·io pe1· Pff'etto dell'annessione del Belgio alla
F)'(lncia che l' Inghilten·a decise le ostilità conti-o la
repubblica i . Colla caduta di >?apoleone, ~olla scom-
i
J) Asq11itl1 , allualr prrsidc11te del Consiglio dei Mini·
!Sll'i i11 lngliillr1Ta, e<l
1101110
poli:ico cli allissima statura ,
in 1111 mirabiir clisco1·so pronunzialo ad Edinburgo it 18 set-
t<'mbrr 191.J ha <lichirw((fO fl.'8t1wlmente : • .... Jt J>itt, 71e1·
ire anni, dal 1789 al 1792, 1·i(i11tò rrcisamente di immi-
schiarsi 1u•yli aNe11iinr11fi ... e/et/a Fl'ancia, o nelle guel'I'<'
38
parsa clell'assoluto pl'edoJ11inio della F1·anc·ia nel Con-
C'ontinentale e cli
tinente e col 1·istabifil'si cieli' equi! iln·io europeo j'ra i due
ghilte1·ra. La l'iMlità j'ra l' Inghilten·a <' la F,·11ncta
salcò il 11elgio 01· <' un secolo. Lo salvi O{](/l la
l'ivalità /'rei l'lnyhilterra e la Get"mrmia I
J>er la sua storia e per la 1;aa popolazione l' Italia è dù.:e1·sa rial Belgio. ~'Ila: 11u1· possPdendo ano
nwggio1·i contendenti di allora (lnghilten·a e Vi·ancia),
il Belgio 1·inipera la p1·opria indipendenza, che num·
tiene sino al fitta/e ago.o.;fo del 1.914. Tn quel 111Pse
ed in quell'anno gi:mge li maturitlÌ il processo sto
rico pel' cui l'equilib1 io europeo docew ro111p<-rsi, e
pe1· cui la (;enna11ia - se111pre pii'1 forte e snnp1·<
più 01·yogliosa cl< lla sua /'orza - docew fentw· di
1
111Ì1
are al cuore dellr1 stessa
!11
notevole potenzialità rii stiluppo, es.c;a è semp1·e uno
Stato mino1·e di f'1·onte alla Gei manùt. ali' fllglitl-
1
1·insaldate la sua 1·1·escente egemonia sul!' E111·01u1
ghiltPrra dnm111e i: u,c;fJÌ 1·ontru la Uer11ta1ria c·<I rie.'< ,udo u/!11
Frwu·ia, pe1· le stesse l'll!Ji1111i per c11i 11ì1 sel'11lu
che ne derivarono ... ('hf' cosa mstri11se questo paci/Ì<'o mi-
la F1·a11cia e r1ccu11to alla F1·ussia.
Certo l' J11ylliftr1·rr1 lia lii .r;1·a,1de (l/J11iP J!Olitic<l di fin
nistro . .. alla gu<'rrn !' /,a riola.~ione fcla parte della "'1·011cia} clei diritti /){tlt ui/ i
per i quali c11;e1Y1mo ]Jl'('s/alu
?11((/-
fi· ,.,.,. 1·n11t;·o
coincidere i 111·011rì interessi cun quelti dr'//!' u/f, ,
ll"'iu;1i,
cli 11n piccolo Stato <l'Europa. q11f'llo cllf' altura si
colte quali abbia 1·a11tay11io, momenfane((?ne11te, ad atlecu:;i.
chiamaw degli Stati U1'll<'ra li d'Olanda•. Cih 111alg1·wfo, i11
Essa non dice che ouol !lif'encle1·e laprop1·ia egemonia mondiale
11101/ i
contro it nuo1:0 Stafu che so1·ga a contendergliela, ma dice agli
gior1iali italiani p11bbli('(lro110 w·ti<·oli, sf'cowlo i 111111ti il fui/o
altri e minori ,C.,'tati r•.<;1w/1ncnte in pe1·icolo, che vuol dif'endel'e
che l'esercito ingles" O.<J!Ji è colla F1·w1cia contro la (,'('/·mania,
l'esistenza delle nazio11ali11"i più piccole. Hssa 11011
levrria -
octaf;io11e del ccn te1wrio della l)(ll/aglia di
ll'af erloo
dic<~
che 'Vuole
mentre a lYaterluo combatfet'a ('IJllfro la Francia i11sif'ln" coll<'
impedil'e al nuovo Stato Il i rninacciarla dalle spu111.lf' del Bcl,qio.
forze pntssiane, rap/)l'f'senterebbP 1;uasi una con/r(l(ldizione
rna dice che l'llol rispettm·e la santità cli quri trattuti di cui
storica da parte rletla stessa fllghilterra.
J~; in 1·ece ecide11fr
che non esiste alt111w cunfrwhlizio11f'. r1uan<lo - colla diversitcì dri me~zi, e, f'ra <1uesti 11lti111i, delle alleanze, rhe le mutale condizio11i Sll[J{f<'risco110
-
per la ne11h'alità <lel Uelgio, ed a cagione del motirn !JÌtÌ
esposto -
es.~a è
stata se?n])l'e la madrina.
Sapienza meravigliosa, che coincide di mila in coitu colla
si pf'rseyua im medf'simo /inr.
necessità del le antonomie politiche più deboli, f' qui11cli rol rri 11-
Allora, come oggi, l'lnghilferra mira all'identico scopo: im·
cipio rn01·ale del rispetto elette nazionalità, ma elle sempre .~i
pedire chP nP/l'JiJ1wo11a ro11fi11e11lale uno Sinio dirPnli Pfj{"
propone, in linea J!rincipale -
monito, e, pe1· assic·vrarsi 1111i l'ey('moniu ?111111di<1le, 111 mi
-- la <lifc'sa degli interl!ssi inglesi. Solo l'altr11 i 1i1,· ,, U1ì ;,1,ù cl;.
nacci nella sua sir-11rr zzet dal!,, 011posle 1·ivl" lfrl IJ1-lgio. J,'i11-
pi11ge1·e quasi come politica da nubili Donchisciotte IJlll'lla eh<'
1
come suo cli1·itto e suo do1•f'J'f'
1•
40
41
te1·1·a, alla Russia, all'Anstria-Ungheria sino all'agosto del 1914 Poichè ogni
fJaes~
quale em
ed alla F1·ancia.
sente più qiiei problemi la cui
tellettuali, non devono rnere soltanto alla giornata.
Opemre nel1'oggi gum·dando al domani: ecco uno
soluzione lo preme più da i-icino e pe1· i quali ao-
dei segreti di una politica este1·a p1·ecidente e contitinuativa.
?;el'te cli arae più mat1i1·e le forze e più faooretol i
Risolta, attmrel'so un più giusto equilibi·io, la
le ('ircostanze, l'Italia si preoccupa oggi, ed a m-
questione J1cll'iatica, l'Italia si fro'l/e1 ·à di fronte a
gione) del p1·oble111a Adriatico e Balcanico. l'er la r1
quelli che dicerranno poi i suoi maggio1·i p1·oblemi di
soluzione di questo pl'oblema il Gouerno ltalia110 ha
poi itica estera: i problemi del JJ1editeNaneo. L'Italia
decisa la gue1·1·a col!' A ust?·ia.
si pl'olu11ga come un gmnde p1·omontorio sul Medi-
llfa una .Nazione, e special mente le sue classi in-
ten'al1eo : cioè in un nuu·e in cui l' fnr;hilte1·1·a ha
una delle sue più formidabili basi naw)i e di cui
La politica realistica di un ,r;rnn<le l'aesf', mirantf' a di/'endue
te proprie posizioni secondo ta leggf' df'L minimo sforzo.
Nè è più fondata l' al/ ra contraddfaione che la citala
stampa ha c1·ednto di trovai·e fra i principii • legiltimist i » dl'f ·
l'Inghilterra combattente a Waterloo, ed i principi i democral i<"i
dell'Inghilterm <"he si balte oggi ad Ypres. Se da noi l'ed11cazionementale di troppi 11on si ff'rmassf' ai 11rincipii detta grande
rirofo'Zione francese, non si docrebbe di11ie11ticarf', a 7wo110sito di ... legittimismo inglese, che la condanna di Lui.r;i xi·1
a Parigi era stata preceduta di ben 11../ anni dalla condanna di Carlo J a f,ondm. Inoltre - ecl è quello che più
conta - l' Inghiltf'rra è un paese troppo serio per avere mai
fatto in politica estei·a questioni - diremo cosi - di gusti
pad1·oneggia gli sbocchi ve1·so l'Oceano Atlantico e
vei·so l'Oceano Indiano; e nel quale anche la Fumcia,
col possesso clelte opposte rive occidentali; ha una situazione pi·epondemnte 1·ispetto alla nosfra. Il p1·0blema politico del Jlledite1 i·aneo si 'risolve dunque
nel p1'oble111a dei nost1·i 1·appo1'ti colla Francia e
col!' Inghiltura.
Tralasciando per b1·evità la Francia) 1·ipete1·ò ancom una volta che l'Italia, se pi·oprio doi;esse sottostarn ete1·namente ad una egemonia, dorrebbe p1·efe1·ire l'inglese piuttosto che la tedesca.
La p1·ima 1-iesce più tolle1·abile pel' il cal'atte1·e
interni. Essa ha combatt1ito e combatterà sempre to Stato
che vo1-rà stabilire la propria egemonia in Eu1·opa1 abbia esso
inglese, che è meno invadente, meno violento, più edu-
a capo un cattolico reazionm·io come Filippo JJ, wi 1·ivoluzionario misc1·edPnfe come Napoleone I, od vn protestante
feuclale ·indusfriale come Gttglielrno II.
tollm·anzii dei gusti e dei costumi alfrui, anche e so-
cato; pe1· le t1·adizioni politiche inglesi, ehe significano
pmtutto, se giudicati assu1·di) e più, in gene1·ale, 1·i-
43
42
spetto della altrni autonomia; e specialme11te pe;·du~
della Ge1·11w11ia, 1·iusci1·Pbbe dannosissimo anc-lze l'in-
l'Inghilte1'm, essendo un'ù:;ola ed un'isola a noi nori
rei·so.
Chin11qne ad r1sempio ;·icordi con onestà mentale
vicina, e non auendo -
almeno (ino1·a -
la co-
scrizione obbl igato1-ic1, non pot1'ebbe tentare di in rn
le inevitabili yr,losie della Pmncia ve1·so di noi dopo
derci con
esercito sitfficie11teme11te nunu 1·os(l. La
il 1870, ed i 11eritoli che le sue correnti cl€'1·icali,
potenza mondiale di un Paese si of!ende o di f'e11dP
allOl'(l /ortissi me, potevano l'(tppresenta1·e pei 1·appo1·ti
sul mare; la sua libel'tò intema sioffendr odi/'endP
specialmente peì' te;'l'a.
j'ra Io Stato italiano ed il Papato, deue riconosce1·e
che la Gei'luania ci fu, pu un certo periodo di tempo,
Ma poichè ogni nazione dere tenclae alla lì/ag-
e si intende, pe1· il suo interesse, innegabilmente utile.
gi01·e indipendenza, e poichc~ le nazioni mino1-i non
Di una Oer111ania liberatasi dalla ubbl'iacatu1·a che
possono 'ì 'aggiunge1·e questo scopo se non giovandosi
!'ha condotta alla p1·e:;ente conflag1·azione, e da' suoi
della 1·ivalità fra ,qli Stati maggiori, 1·iesce intuith-o
atfoali dil'iqenti si dom·ebbe da noi cli1·e che, se non
che noi - menfre sm·emmo stati indil·ettamente dan-
ci fosse, bisognei·ebbe · in un ce?·to senso - inuen-
neggiatissimi se la Gennania ai.:esse potlbto impo1·1·e la
tai·la. Essa rnpp1·esenta pe1· noi l'unico g?'ande con-
sua egemonia all' Eurnpa continentale ed insediarsi nel
tmppeso di cui possiamo sei·vini pe1· non cacle1·e
Mediterraneo -
am·emo pe1·ò molto da guaclar;nan
senzci ?'imedio sotto l'egemonia della P1·ancia e sopm-
dalla conservazione di una Gennania 1·insavita sotto
tutto dell' Inghilte1·1·a. Quanto più vo1·1·enw annodcl1'e
la sei.:era lezione delle cose, e guidata da alt1·i ao1,iini
e da alt;·i p1·incipii.
mpp01·ti positivi coll' Jnghiltei·m, ed otténe1·ne ,qiusti
itn
1
1
P;·estani colla Germania allo
«
schiacciamento
»
.
'
compensi, tanto più ci gioverà l'esistenza cli una Ge1·mania 1·inscwita, ma non sriiernb1·ata. Il pe1·siste1·e
della Prnncia sa1·ebbe stato un delitto, olti-e che contro la
-
1·azza alla quale appm·tenia1110 e cont;·o clot;e1·ose ;·a-
1·enza anglo-ge1·manica : ecco quella che sarebbe una
gioni di gratitudine, confi'O noi stessi. Jìia nl'tifrci
i;e1·a fo1·tuna pe1· una nazione come la nostl'a.
L' alt1·ui passionalità, o l'altrui legge1·ezzri pot?'à
d'odio confro la Ge1·nwnia sino a deside1·a1·ne- dato
pu1·e che fosse possibile -
Lo .c;;némb?'Ctrnento, sarebbe
all'opposto un' al fra u1·ancle follia . Se 1·i11sci i·e/,be 11e1·
noi fatale lo schiacciamento dell' Inghilte1Ta da /ilt rf<'
•
con mutat i e più onesti mezzi -
di una conco1·-
battezza1·e un tale ordine di idee col nome cli
«
ge1·-
11iano(i li a». A mio giudizio, esso è soltanto una obbiettiva e pi·evidente
«
italofilia
».
L'ho p1·ofessata
45
44
e continue1·ò a professarla, sebbene tutte le nue personali prefei·enze, in 111ateJ'ia politirn ed eeonol//irn,
siano sempre state pa l' Inghilte1·1·a. Perchè guai se
in politica este1·a ci si dovesse l ascim·e guida 1·e sol
tanto dalla sirnpatia ! Essa è già una sugg<'1·ifl'ite abbastanza paicolosa anche pe1· iw semplice a/fal'e p1·ivato, sebbene impol'fantissi1110: la scelta di una mou/il'.
Fo?'tunatamente, anche l'on . .'-!alanclrn desidera pe1·
amo1·e d'Italia una Gei· mania alt1·eftanto ritornata i11
senno, quanto ?'elathamente i'Obusta ..Nel suo discorso
dal Campidoglio - disco1·so in molte pm·ti bello, spe
cialmente per la di!Jnità e l'equilib1·io - egli ha detto
testual1nente «.,. Della Germania non intendo pa»lare
senza ammfrazione e senzct 1·ispetto..... 1lla con tutto
il 'rispetto dovuto alla dotta, alla potente) alla grnnde
Gennania, mii-abile esempio di 01·ganizzazione e di
1·e8istenza, in nome del mio Paese debbo dfre: vasutllaggio no, verso nessuno (Benissimo! grido aneh' io) ...
La pace e la civiltù .... devono fondarsi sul ?'i.o;petto
delle compiute autonomie nazionaU, f1·a le quali la
g?·ande Ge1·mania dovrà vivere pa1·i alle alt1·e) ma
non padrona » .
Quegli interventisti a idee fisse) che volevano la
gue1'1'a non tanto cont»o l'Aust1·ia quanto contro la GeJ'mania; che desc1·ivevano imminente lo « smemb!'amento » della Germania etc., sono avvisati.
Quando si decide1·anno essi ad accusa1·e apntamente anche l'on. Saland1·a di « ge1·manofilia »Ì
:j:
**
Il non co111111·emle1·e tutto questo po1·tai;a ad un al-
fl'o peri('()/o se111pl'e di camtte1·e politico, ma anco1· più
i111111ed iato.
Che la
dell'Italia contl'o l' Aw1fria contenga
111 potenza anche la gue1·1·a di>'etta f1·a Italia e Germania ,~ cosa troppo intuitii:a, perchè debba essere
{JllPl'i'a
cl i mostmta.
1lla un conto
<)
un f'atto potenziale, ed un C'onto
(atto già reale.
Colo1·v che, fJ'(lscinati dal1a pcl?'te eccessiva della
reazione contro la Oennania, cle:;icle1·avano assai più
la clichiamzione di giterra contro di essa che conf?·o
I' Anstria, tradivano inconsciamente gli intel'e:>si del
1111
Paese.
/)a/ punto di rista stl'ettamente nazionale vede1·e
la sifita.:ione italiana con un occhio t?'oppo francese,
o fi'oppo ingle.':1<', e}'(( ed è poco meno pe1·icoloso che
i:ede1·la con w1 occhio t1·oppo ge1·1nanico. E se oggi
l'adesione del Governo clell' Italia all'Intesa (a coincide1·e - in linea gene1·ale - i nost1·i inte?'essi con
quelli dei nuovi alleati, ciò non significa che anche
f"ra socii non si debbano discute1·e e scieglie1·e gli s(01·zi
a ciascuno pii't convenienti e la via più oppo1·tuna.
Jndil'ettamente la Ge1·mania aiute1·à subito - deve
aiuta1·e - con molti ·mezzi l'Austria cont1·0 di noi.
47
46
JYia sulla eventitalità chi' essa le p're8ti anche aiuti
dfretti -- e, in caso affe1·mativo, siil momento in cui
glie li presterà -
si possono (01·mula1·e le pi ù di-
verse ipotesi. Può darsi che essa attenda semplicemente il momento che le paia militannente più opportuno j oppu1·e che voglia astenei·.<;i. finchè il teaf1'0
ammettue di aiie1· bisogno pe1· 01·a anche conti·o di
noi del diretto sussidio gamanico al quale dovette
1·1co1Te1·e co11t1·0 la R118sia. In tale ipotesi essa pel
momento ci <·0111hatterù da sola con tutte le f01·ze che
la collabomzio11e yernwnica conti-o la Russia le consentil'à di llisti'ar1·e dal f'1·onte 01·ientale.
Quanto a noi, e per 111othi che sono implicita-
della nosb·a gue1Ta 1·esti relatiw111ente eccentrico, o
finchè calcoli di non cla1·ci così moth:o a po1·ta1·e la
111ente contenuti a11che 11elle considel'(lzioni testè svolte,
mano j ov&ero che non possa più distrm'l'e altl'e fo1·ze,
è ben chicu·o che, sul feri'eno nazionale il nost1·0 confiitto di inten.,s1 r·o1!'A11sf1·ia non è pw·agonabile a
o che, anche potendolo, non lo de«·icleri allo scopo
quello colla Germania, nè nel p>'esente, nè tanto meno
di non c1·ectrsi altri nemici di?-etti pel gi01·no delle
dal giorno in mi comiru·eranno le tntttative di pace.
nost1·a azione militm·e su altl'i teat1·i che più le p1·e-
}; dunque intniti1:0 che l'Italia -
t1·attative di pace. L' a'l:veni1·e d darà la ?'isposta at-
se nel decide1·e
la p1·op1-ici via non doi:eva lascia?"Si piega1·e nè dalle
tendibile.
Una sola cosa è ce1·ta. Ecl è che la Ge1·mania -
lusinghe nè dalle minaccie della Ge1·mania
j
se nel
tolto il punto di T 1·ieste, e guardando olt1·e l' attua! e
pe1·co1'?'ere questa ria non dovrà t1·ema1·e, e non t?·e-
confiitto -
me1·à, qualo}'(l ad un ce1·to punto vedesse compa'ri1·e,
sente benissimo di non ave1·e contro di noi
un pe1·manente conflitto di inte1·e.c;s1 anche lonta na-
accanto ai "pentolini :. , gli autetdici "elmi a chiodo
mente pa1·agonabile con quello che può ave1·e cont1·0
-
l' lnghilte1Ta, la Russ·ia e la P1·ancia. Alla coscien za
la Ge1·mania le stesse iniziatii;e che 1:e1·so l'Austria.
dei suoi più se1·i uomini politici la Triplice Alleanza
»
non poteva, per quanto stava in lei, assumel'e ve1·so
J>e1· /01·tuna -
e del 1·esto io non ne avevo mai
si presentò sempre come un cont1·atto nel quale i 1·ap-
dubi tato -
il Gove1·no italiano ha seguita una via
p01·ti fra l'Austria e l'Italia erano naturalmente ben
nettamente confl'a1·ia alle esagerazioni ed alle confu-
dive1·si così da quelli fra essa e l'Italia come e spe-
sioni da rne c:ombattute. Basti 1'ic01·dare la conven-
cialmente da quelli fra essa e l'Aust1·ia.
zione pe1· la tutela della p1·op'rietà degli i taliani in
Non è infine impossibile che l' alte1·igia invetemta
Ge1·niania e dei ge1·manici in ltalia j la dichiamzione
dei circoli dfrigenti dell'impero ausfriaco 8i 1·ifiuti ad
di guerm l im data, almeno pe1· ora, a ll' Austl'ia; il sin-
·1!J
48
tornatico proclam(l del Re alle trnppe; tutto il tono
cioè la IJUestione del/(( mtsw·a nello s(ol'ZO e della op-
del disco1·so deWon. Salandrn in Campidoglio.
p01·tunità nel tempo.
finchè possibile - tra
J'Vfan mano in((itti che la prepamzione militan
distinzione da me semp1·e
p1·ocedeva, che si arcù:inava la stagione (av01·evole ad
dichiarata) nei nosfri 1·iguai·di, oppo1·tuna) e che i so-
una azione bellica attiva sulle Alpi, e che le passioni
liti fatui de1·idevano -
Ri accendevano, una tale questione dù:eniva sempre più
Jnsom ma, la distinzione Germania ed Aust1·ia -
risulta essere p1·oprio nelle
intenzioni del Goi.:erno.
Anche qui dunque io resto -
attuale. Anzi pel' chi
coll'awllo ufficiale
a pl'escindel'e dagli ideali
massim(llistici del p1·opl'io Pal'tito -
1·iconosceva in
in tema di pe1'f'etta ita-
linea di fatto che il Uocemo d, If(llia dorei.:a, date le
lofilia . ... :sempre fino al gio1·no in cui non sarà
respo11sabil ità che gli incombecano nel!' attua! e pe1·iodo
iniziato piu·e conti'o l' on. Salandra
p1'0cesso per
sto1·ico, dichiw·are la yuerra all' Ausfria pl'iurn che si
1Wi trover6 cillom in buona
fosse chiusa la c:on(lagrnzione Europea, l'unica que-
del Goi.:erno del mio Paese -
reato di
«
ge1·mano(ilismo
».
itn
stione che sull'in11necliato te1·1·eno p1·at ico 1·esta w, e?·a
compagnia.
p1·op1·io la questione clel 1nornento.
Nella quale in so1Stanza, e pu h1·euità, si rias-
IV.
sumevcmo tutti i p1·!Jble111i relativi al rapporto tl'Cl i
nostri fini e lo s('o1·zo col'l'ispondente. In u11a gue1Ta
Infine le conferenze e le inteJ'riste da pag. 101 in
moderna e di lunga d 1trata, le pe1·dite dii'ette in uo-
poi) e specialmente l,interi.:ista da pag. 117 a pag. 122,
mini ed in capitali e tutte le pel'clite indàette ehe
mfra,·ano a rnrdfae in maggioi· luce una questione che
meno si vedono, si possono considual'e -
l'autore aceca rrneralmente po.<;ta .<;in dall'inizio i: e
limiti -
entro cel'ti
come funzioni del tempo. A pai·ità delle altre
condizioni, più lunga è la durata della gueint, mag·
1
Sel( orfiNJlfJ . ull' Avanti! dr,l 1 sellembre 1911 era
rl11flo 'hir1.romr,nfo (po9. GJ-65 : •Quanto al momento, sa·
reJJbe spw;enfr>,1,r1lrM11fo ferJf/U(J r·he i 9overnanti italiani giuocassero l'avi:enit'e rfol f'o1-,f1r~ .. . senza avere prima lasciato
che le tragiche <'~pnienze del primo periodo della guerra
avessero chiarita la situazione •. J!J nella lettera sulla Lotta
clel 4 ottobre 191;1 è 1·ipetnto (pag. 90) : • il meno peggio
sarebbe che il Gol)erno . . . allorchè la. sitnazi.011P fossC' più
chiarita . . . si ponesse contro l'Austria .. : ,
51
50
giol'i sono le pe1·dite dii·ette ed inclù·ette. La questione
sul mm·e; dal Belgio che, pe1· la p1·epotenza spe1'-
del tempo costituisce dunque un assorbente Cl'ite1·io di
giu1·a del militai·isnw ge1·manico era stato cosfretto a
mistlra per decide1·e sulla pl'opoi·zionalità tra gli scopi
scegliel'e fi·a l'onol'e e l'invasione, su su, fino alla Ge1·-
ecl i sac1·ifici.
Mentl'e nulla aidol'i:~za a priori a 1·itenae che il
rnania e l' Inghilte1·m lottanti, nella più grnnde <·ontesa che abbia risto la sto1·ia, pe1· l'egemonia nel
GoveJ·no italiano non si sia posto il quesito) nessun
mondo e pe1· la padl'onanza degli oceani.
privato poti·ebbe
111a i
pl'esu 111el'e cli possedue anche
una pa1·te sola degli elementi di cui un Gore1·110
L'Italia non ei-a in queste condizioni. Essa doveva
111
cogliel'e l'occasione del confiitto eu1·opPo che l'Austria-
genere può dispol'l'e in questioni così complesse e 1·i-
Unghe1·ict, cl' acco1·do colla Ge1·mania, avew voluto
se1·vate.
Tenuto conto di questo, ed anche della delicatezza
p1·01:oca1·e confro gli inte1'essi ed i leali avi;e1'timenti
del momento, il pi·oblenw -
con p1·ovincie le quali) se pe1· ogni buon italiano
-
pih che discusso a fondo
non può i;enire) pe1· 01·a, se non aclomb1·ato; più
della te1·za alleata. pe1· completm·e la p1·opl'ia unità
ebbe1·0 semp1'e un p1·ezzo
d' affezione inestimabile,
che tmttato con rnorli a(fennativi, non può essei·e che
e se p1·esentano un notevolissimo
tracciato pe1· quesiti. A tali dorP1'i m'i attenni nPgli
costituiscono pu1· semp1·e un aumento te1·1·ito1·iale 1110-
scl'itti e nelle inteniste qui raccolti. Non vi manche1·ù
desto. Essa inoltre doveva app1·ofittm·e dal fratta-
<'erto oggi.
mento usatole, anche nella questione della Se1·bia,
dagli alleati di ie1·i, e dalla situazione mìlitm·mente
valo1·e
militm·e,
non facile e moralmente insostenibile che avevano
***
c1·eata a sè stessi, pe1· libem1·si -
Tutti i Paesi che pl'ima del nostro intervento si
acl alt1·e Potenze -
Cl]Jpoggiandosi
da una alleanza la quale aveva
così
senza dubbio avute le sue funzioni e le sue uti-
avevano ed hanno
in giuoco intenc;si materiali e mo1·ali sup1·emi: dalla
lità) ma il cui wrntte1·e, che e?·a me1·amente difensivo e che astmeva dalla eventualità di un confiitto
Se?·bia che, dopo l' iniquo ultimatum clell' Aust1·ia, do-
con l' Inghilte1·1·a, e?·a stato p1'0g1·essivarnente snatu1·ato
veva decide1·e se scompa1·i1·e come Stato autonomo, op-
dalle c1·escenti ambizioni del socio più forte) dfrette
piw rnddoppia1'.'li e mg,qiungere finalmente lo sbocco
01·111ai contro l' lnghilte1·1·a medesima. Da ultimo l' I-
b·ovauino impegnati nel gigantesco confiitto i più piccoli, come i più grandi -
fi2
5:..l
talia -
pu1· doiiendo erita1·e la fatale illusione che
basti il fatto potitico del possesso lJer tras('onnal'e un
Paese non 1·icco di capitali in un Pae1:Je mode1·namente colonizzato1·e - non potera non p1·eoccupa1'si cli
eventuali canibiamenti lungo il Mediter1·aneo 01·ientale.
Se i fini nazionali che l'Italia si proponei:a di
1·aggiunge1·e colla sua entrata nel conflitto 1·isultarano
dunque, pe1' la natura stessa delle cose, 1·elativamente
moiesti, quali erano p1·esurnibilmente le difficoltà e la
du1·ata ulte1'io1·e della gue1·1·a eul'Opea, e quale il momento più. favorei;ole pu il nosfi'o inte1·vento?
Il cco·atte1'e stesso di questa domanda dimostra
che non si intende qui sollew1·e dubbi sull'esito della
gue1·1·a eitl'opea. Attori noi stessi del d1·amma, dobbiamo ave1·e ormai piena fidiwia nella sconfitta degli
Impe1·i centrali e special1nente dell' Aitst?'ia-UngheTia.
Si t?·atta soltanto - in pieno atcoi·do col presupposto
da cui pm·tivano colo1·0 stessi di cui ci occitpiamo
- di esamina1·e taluni aspetti di una gue1·1·a eu1·opea
il cui 1·isultato deve appa1·ini sicurn.
Uno degli e?·1·01·i di molti inte1·ventisti è stato quello
di pm·la1·e e di sc1·ive1·e, p1·escindendo semp1·e da ogni
considerazione positiva sulle condizioni, la du1·ata ed
i ca1·citte1·i genemli della gue1·1·a eu1·opea, o, peggio
ancom, esponendo al p1·oposito opinioni che la più modesta disciplina mentale av1·ebbe domdo dimost1·a1·e insostenibili, e che la espe1·ienza ha ad ogni modo ine-
sorabilmente smentite. Pe1· limitci1'Ci agli esempi più
recenti, molti. interventisti, dopo ave1· predicato l' inte1·vento dell'Italia anche pe1· un pe1·iodo in cui la
nost1·a p1·epa1·azione mil'Ìta're e?·a ben lontana dall'esse1·
completa, a comincia1·e dal marzo inizim·ono una attidssi ma agitazione pe I' sostenel'e che l'Italia non doveva tarda1·e più olt?'e a t1rnoversi) pena il suo immediato di.-;astl'o politico.
Essi che avevano i;isto i Cosacchi a Berlino nello
ottob?'e del 1914 e la Gel' mania p1·esa pet fa me enti'o
i primi sei mesi della gue1·1·a)
dipingevano i Russi
già quasi alle porte di Buda-Pe8t nel mm·zo-aprile del
1915. Ne cleducevano che l' Aust1·ia scwebbe stata senza
dubbio costl'eita ad una pace sepamta; e, libe1·atasi dalla
Russia, avrebbe potuto subito, o poco dopo, buttani contro di noi isolati in Eu1·opa. Inversamente essi assicuravano che al!' intervento dell'Italia sarebbe seguito immediatamente l' inten;ento della Rumenia; che l 'ent1'Clta
nostra e dei R 11 meni, coincidendo colla azione a fondo,
non solo della Russia, ma anche della Fi·ancia e della
lnghilte1·ra -
ormai JH'Onte -
sarebbe stata clecisha,
e che la gue1·1·a eu1·opea sa1'ebbe così finita ent1·0 lo
atdunno dell'anno co1·1·ente.
l!'1·a queste affe1"11iazioni, iiulle quali si insistette fino
a tutto il 20 maggio 1915- sebbene dalla p1·ima quindicina clell' api-ile 1915 i Russi fossero stati de(initivarnente
fermati lungo i Ccwpazi e col successivo 3 111agyio doves-
55
54
se1·0 ace1·e già sfondato il f1·onte nella Galizia Occidentale - una sola cosa em ast1·attamente ve1·a: e cioè
che se l'Ausfria avesse voluto, o potuto, conclitdae una
pace separata colla Russia e coll'Intesa, l'Italia am·ebbe
perduta la su,a occasione, si sarebbe trouata dimimtita
diplomaticamente, ed avl'ebbe col'so} pl'ima o poi} un
grnvissimo pe1·icolo militare.
1vla special 1J1ente a pa1·til'e dai primi di api'ile ima
tale ipotesi apparfoa così fondata, da legittimare senza
altl'o il consiglio per una decisione im mediata! Anche
a p1·ebcindue dalla rolontà della Russia} non ern
evidente che per la Ge1·mania - la quale 01·mai controllava non solo la poWica, ma l'esercito austriaco una tale soluzione, se poteva p1·esentan notevoli vantaggi contro noi ed i Balcani, ed in fcwore della Tu1·chia, nascondeva anche g?·avissimi pericoli?
Nè più, attendibili appariwno le altre p1·evisioni
colle quali sino clal marzo si sosteneva da tanti la
necel5sità dell' inten;ento immediato. Non em lecito p1·evede1'e imminente l' intervento della Rumenia} non solo
perchè gli animi e gli inte1·es15i vi e1·ano ancora divisi j
ma anche e sop1·atlttto perchè la 15ituazione militm·e
che 15i andava già delineando sul tectt1·0 01·ientale le
am·ebbe 1·esa più aleato1·ia l' entmta allo1'Ct in cam1>agna. Non em lecito 1·itene1·e la F1·ancia e l' Inghilte1·1·a
già p1·onte pe1· una va15ta azione a fondo, pe1'Chè sino
dalla battaglia di Neuve Ghapelle (10 11wrzo 1915) le
autorità 111i/itari e 1wlitiche inglesi avevano sollevato
pubhlica111ente il problema delle munizioni e dichito·ato
non cons·igliabile una o//'ensirn decisa senza arer 111·ima
p1·odotto ecl atJ1massato enormi quantità di obici: cioè
senza (ffe1· atteso anco1·a p a1·ecchi mesi. 1Von era lecito
J'itenel'e cel'ta, o quasi, la fine della guerra ew·opea prima clell' i111-e1·1w quando - a prescindere anche
dal ripie!Ja1111·11to già iniziato dai Rw>si in Galizia l'ipieyrt 111Pnfo che' bastarn a 1·imanda1·e per mesi ogni
wsfo attacco simultaneo sui due principali teatri la g11e/'1'a si p1·esPntlll;a semp1·e più come una ,que1·ra
di lento logo1·io. 11 meno che in Gamania non sorgano
g1'((i;i moti intemi - ai quali pe'""onalinente non credo
- o non si determinino improvcisamente insupel'abili
cli/ficoltà, eco11omico-fi11anziariej oppure a meno che, pe1·
u ('01·za111ento dei D ({/·da.nelli. pw·troppo non cosi (acile
co111e si dipingern, o pe1· alt1·a causa, non .,,i abbia un
mpido interrento dei più !Ji'Ossi Stati Balcanici} la
iJJotesi piiì, probabile ...:embra cla i:arii 1nesi questa : che
la r;ue1·1·a e11 ropea non lJossa finire al111eno pi'ima
dell' anno p1·ossinw.
* :;:
:~:
fmp1·essionato da tali e1To1·i di rnlutazione e dalle
conseguenze che poteva.no cwe1·e sulla pubbliclt opinione}
credetti dunqu e - come italiano e come uomo politico
- mio obbligo accennw·e più a111piame11te - pe1· quanto
57
5()
sempre colle fol'me ?'ise1·vate che la delicafezza della
qtiestione in 1·apporto a quanto si dice-i:a tn molte con
oiateria imponeva -
versazioni e su molti giornali.
il problema della misw·a del
nostro sfo1·zo e qiiindi della opportunità del momento
in cui inte1·veni1·e.
n significato delle infel'ri.<?te da pagina 10.9 a
pag. 12 2 non () d11 nque equicocabile.
Pe1· gli espliciti richiami alle opinioni
da me
espresse anche sul/' Avanti! del 1° settembre 1914 e
per tutto il lo1·oco11tenuto) tali intuviste riconoscevano in
linea di (atto la necessità che - non l'iuscendo, come era
ti·oppo probabile) le t1·cdtatii:e c·oll' Austria -
il Go-
verno italiano àecùle.-;se l' intuvento accanto all'Intesa.
Soltanto cont1·0 i froppi che temevano ad ogni momento che l'Italia stesse pe1· pe1·de1·e l'ultimo t1·eno, 8i
chiede wno se essa invece non avesse potuto eventualmente prendae) nella medesima dh·ezione e con mag·
giol'e co11ce:iien.u1. alti·i e successiò freni.
badi bene -
escludei:ano
111ai -
Nl)
-
si
dato il rigo1·oso 1·i-
sr:,rbo in cui si el'a chiuso, e do-i:era poi 1·estm·e chiuso,
il Goi:e1·no -
Ci si chiede1·à : Volevate dunque che l'Italia legittimasse il detto ingiu1·ioso, secondo il quale essa si
.<Jm·ebbe p1'epm·ata a co1'?'e?'e
«
in socc01·so del vinci-
to1·e »?
1lla la 1·isposta è ben facile, quando si J'ifletta che
il ctite1·io mo1·ale ed il crite1·io del minimo mezzo non
si escludono l'un l' alt1·0.
Ben al cont1·a1·io, essi devono semp1·e coesiste1·e in
dete1"minate p1·opo1·zioni.Se anche nell'uomo che disponga
libemmente cli sè stesso il coraggio degene1·e1·ebbe in teme1·ità staile quando non fosse ternpemto dalla p1·uclenza, a ben maggio1· ?'agione, allo1·chè si t1·atta delle
so1·ti di un Paese e della vita di te1·zi, le considemzioni
che potessel'o esistere motivi meno di-
scussi innanzi al pubblico, pe1· i
quali il Gove1·no
stesso, all' inftw1·i di ogni eventiiale e?·1·01·e di valutazione, potesse giustainente decide1·e l'intervento anche
in quel tomo di tempo 1 • Si limitavano a solleva1·e la
1
***
J~' do1:e1·oso p ensal'e elle sul Governo abbiano infliiilo
tra t'ali re d11e c011si<fr>mzio11i: l'una che, dovendo attemwi
cotta Intesa, fosse meglio aiutarla p1·inw che ta Uennania
l'avesse troppo iurlebolita con una vittoria clecisiva su qualche
teatro; l'altra che, la stagione per ima offensii:a sulle Alpi essendo limitata a pochissimi mesi, convenisse av1n·ofittare subito
dei mesi f'cworevoli. Sono - queste - ragioni, cli cui si potrà
disc1dere wi gio1·no, ma che certo presentano ben altra serietà
clegli a·r gomenti ai qnali l'autore intendeva speciatrnen te riferirsi.
l
~
RO r.,,..
,.,
58
m01·ali e l'esatta valutazione del }'(lpporto fl'a mezzo e
fine devono com;ergae ve1'SO il miglio/' J'isultato. Tm
gli estremi, entrambi biasimewli, di Sh.lJlock e di
Don Chisciotte della ltfoncia c' è posto) così pe1· i singoli individui, come pe1· le collettiuità, a tutta una
In tema di neutralità italiana. 1
serie intermedia di combinazioni 1w1·mali, in cui il
calcolo non è più ciltà ed il coraggio non è ancom
allucinazione.
Non ho mai pensato di contepii'e dfre1.,-;amr>11te
moi;enti essenziali della politica estem. Non condiridevo le p1·eoccupazioni mo ml i di coloro ai qual i mi
1·ifàiw, solo in qna nto mi pa1·eca che la situazione
generale non anto1-izzasse in alcun modo il sospetto
Q,nando scoppiò la guerra italo-turca il nostro
Partito - pa~::mta la prima e più violenta irritazione - sentì il bisogno di associare alla pr0testa
tenace, la ric:erca delle cause più profonde dell' impre:-1a. D icu : « assoeicu·e », perc11 è, malgrado le preoccupaz1om degli uomini di poca fede, i due atteg-
ingiU?·ioso.
Anche pa questo, ho la coscienza di rwe1· es(')'citato un dfritto e compiuto un dorere.
Roma, 20 giu_g110 191.5.
1
Lo scritto che qui :si riproduce comparve, in forma di
lettera aperta e col lo stesso titolo, sull 'A'Uanti ! clell 0 sett,embre
ml!. Era stato preceduto da una conferenza che l'autore
flnfonio Graziadei.
aveva tenuta in Imola e di cui un riassunto fu pubblicato
sull'Avanti! dell' 11 agosto 1914. Si accenna a questa confereuza per dovere <li lealtà: ma non la si riproduce nella
presente raccolta, perchè, a parte che il riassunto non ne
fu molto frlice, essa n0n t,rattava direttamente questioni
sulle quali fosse, o fra socialisti, o fra altri, un vero e pro·
prio dissenso. Essa si limitava ad esaminare le principali
cause del co nflitto europeo, a l odare il Governo per la dichiarata neut,ralità, ed a far rilevare che il primo Partito
politico italiano che aveRsc sostenuta la tesi della neutralità
del!' ltalia con motivazioni, alcune delle quali suonavano re·
(il
60
giamenti non erano e non sono m alcun modo incompatibili. Il nostro Partito - non credendo che
la storia sia il prodotto della volontà capricciosa di
pochi despoti - deve in ogni occasione indagare
cisa condanna agli Imperi centrali, era stato proprio il Par·
tito socialista.
Ecco ad ogni modo, come risulta dal riassunto sull'Avanti!,
il passo della conferenza in cui, })arlando della neutralità,
si preludeva ai concetti esposti poi più ampiamente nella
lettera riportata : • Dal punto cli rista rlr>i go1·ernanti, <li cui
i socialisti non si p1·eoccupano, ma che lo shidioso obbiettivo
deve tidtavia p1·ospettarsi, la neufralità p11ò dfrentare peri·
colosa. Essa piiò condiirre, ad eventi trascorsi, alla generale
misconoscenza. Se la Germania e l'Austria-Ungheria cloves·
sero vrevalere, ci farebbero pagm·e in ogni mollo il nostro
attiiale non intervento. Gli altri Stati, se vincitori alla lo1·0
volta, ZJOtrebbero clirr> ChP- la 1/P,U/ralitrì non {11 proclamata
che per nostro comodo .... Comunque, <'per oru merito del Partito socialista, dell'organizzazione operaia, dell'Avanti! e del
Gruppo parlamentare 8ocialista, di avere per i pl'imi affermato il concetto della nwtralilà, e questo merito potrà avei·e
un grande peso per l'avvenire del nosti·o Partìto. Jfa non
facciamoci illusioni. Nelle attuali condizioni clell' Ruropa la
neiitralità intanto non p1iò essere • disarmata •. J,o ha im·
plicitamente ammesso anche la Direzione del Partito qnanclo
ha dichiarato di clisinteressa1·si della chiamata delle clite classi.
Sono forse inevitabili da parte dell' Italia altre azioni net·
l'avvenire, per poter infl1iire siilla con(igitrazionr> eletta nuorn
Europa politica •.
i moventi più riposti delle classi che oggi detengono il potere, non già per subirli supinamente, o,
peggio ancora, per farli propri, ma per meglio conoscere così i fenomeni dell'oggi, come le probabilità del domani; per identificare esattamente i nuovi
ostacoli da combattere, e le nuove situazioni da
fronteggiare; per contrapporre, anche m materia cli
politica estera, i nostri concreti punti di vista a
quelli dei nostri avversari.
Orbene, io credo che un atteggiamento analogo
debba essere da noi adottato nel giudicare la situazione dell' Italia nell' odierno conflitto, e nel prevedere le future decisioni del Governo.
Compete itl nostro Partito il merito grandissimo di avere, per primo e sin dall' inizio della immane crisi, proclamata la assoluta necessità per il
nostro Paese di dichiararsi neutrale. Come socialisti
noi dobbiamo restar fedeli a questa tesi, e non prestarci, nè per sentimentalismi sia pur generosi, nè
per inconscia eredità di antichi servilismi, al giuoco
di chi ci vorrebbe trascinare, inconsideratamente e
sin d' 01·a, dall' una o dall' altra parte. Del resto un
tale giuoco. oltre ad essere contrario ai nostri principi, rivela in chi lo accetta una concezione puerile
tanto dei nostri interessi nazionali, quanto di tutta
l'attuale politica estera. Quando si prescinda - come
fa la maggioranza dei nostri avversari - da ogni
62
preferenza per il carattere democratico della Francia
e dell' Inghilterra, è assurdo per il resto illudersi
che le classi dirigenti di qnei due grandi Paesi, gelosi entrambi della loro superiorità, possano considerare l'Italia come qualcosa di diverso da un mero
strumento della loro politica secolare. Sul terreno
strettamente nazionale si deve anzi riconoscere che
anche un troppo grande rafforzamento della Francia
avrebbe per l'Italia i suoi pericoli.
Ma poichè siamo nel Paese una minoranza, 1101
- pur resistenòo con misurata fermezza a tutti i
venti - dobbiamo prepararci a guardare ad tm fnturo forse non lontano, e preventivare anche la possibilità di quelle soluzioni, contro le quali avremmo
meno forza e minori interessi.
La nostra tesi della neutralità ha incontrato tanto
favore, anche perchè rispondeva all'intento della
grande maggioranza del Paese - inclusi moltissimi
capi dell'esercito e della marina - e perchè serviva
al Governo per meglio resistere alle pressioni degli
Imperi centrali.
Senonchè, mentre come socialisti dovremmo concepire la neutralità quale un fatto assoluto, che ameremmo durasse sino alla conclusione della pace,
tranne naturalmente nella ipotesi in cui ci si volesse da chiunque assalire in casa nostra - donde
la necessità, dal nostro stesso punto di vista, che la
63
neutrali la' ,,~·1a a1·111ata - co me uomnn
· · ch e s1· vog l'10no
render conto rrnche cli quelle situazioni che non saprebbero padrc111eggiare, dobbiamo pur domandarci
se coloro i quali hanno la respon1-;abilità del Governo nel present e momento storico potrebbero intendere la neutralità dell'Italia nello stesso modo.
ì\Iet tendoci per un momento - allo scopo, non
di accetta,rla, bensì cli spiegarla - nella situazione
di tali nomini, la neutralità può es~ere slata per
loro una stazione di partenza, ma potrebbe non restare, in certe evenienze, una stazione di arrivo.
Sarebbe inverosimile sperare che il Governo i tafomo, per non essere ancora passato senz'altro alla
rrriplice Intesa, si sia assicnrati seri vantaggi presso
gli Imperi ce11Lrali nel caso che essi vincessero. Per
la Germania e per l' A mitria la nostra neutralità meriterebbe una pnnizione, non certo un premio.
È anche molto difficile - per quanto meno assurdo -- ritenere che il Governo, per il semplice
fatto che la nostra neutralità giova più alla Triplice
Intesa che alla Germania ed all'Austria, abbia potuto garantirsi da parte della Intesa, nel caso di una
sua vittoria, compensi territoriali che fossero consoni al principio di nazionalità (ricupero del Trentino, di Trieste, dell'Istria) ed aiuti :finanziari rispondenti alla nostra situazione (per esempio, un
forte prestito a buone condizioni). La mentalità e
Go
64
la moralità di coloro che dirigono oggi la politira
estera dei varii Stati non conferiscono l'abitudine
di considerare una neutrali.tà., anche se favorevole,
come un titolo sufficiente per raggiungere premi
notevoli. Per concedere compensi a terzi, i vincitori sogliono esigere che essi abbiano recato aiuti
e sopportati sacrifici ben maggiori di quelli che
sono inseparabili anche <la un atteggiamento di semplice neutralità.
Si comprende dunque <'he i governanti italiani
- di fronte ad m1 conflitto i cui risultati modificheranno in ogni caso profondamente la carta politica di almeno tre continenti - possano, dal punto
di vista delle loro responsabilità, preoccuparsi che
una neutralità indefinita, facendoci odiare dagli Imperi centrali e non obbligandoci abbastanza la Triplice Intesa, ci impedisca di trarre dalla futura
sistemazione qualsiasi, anche onesto, profitto.
Sotto la spinta di una tale preoccupazione, quale
potrebbe essere il momento e quale la direzione di
una uscita dell'Italia ufficiale dalla neutralità?
Quanto al momento, sarebbe spaventevolmente
leggero che i governanti italiani giuocassero l'avvenire del Paese - specie nelle cattiYe condizioni finanziarie e militari in cui è stato per ora posto,
principalmente dalla impresa libica - senza avere
prima lasciato che le tragiche esperienze del primo
~eriodo
della guerra avessero chiarita la situazione.
~ ques.to .un prudente cinismo che 11011
può 11011
imporsi ai meno forti, e che ad ogni modo non è
certo peggiore di quello con cui i forti, nel cannibalismo ehe anche oggi caratterizza la pol itiea europea, trattano i deboli.
Quanto alla direzione, se il GoYernu - lesi ciel
resto molto improbaLile - volesse Cl.cl uu certo mo
me~to useire dalla, neutralità per appoggiare gli Imperi. e.entrali, noi soeialisti avremmo i piÌl graYi
motivi per opporci strenuamente.
Sotto l'aspetto degli interessi na.zionali. qual i wngono oggi considerati, il vnntaggio cli nit evt·nhrnle riacquisto di Nizza, della :::>avuia e della Corsica, e di tma
annessione evcnlualo della 'l'unisia, non Yarrebbe il rafforzamenlo dell'Austria nei Balcani e sull'Adriatico
e lo installarsi della Germania nel ì\Ied"t
i erraneo per'
mezzo della confisca delle altre colonie francesi nel1'Africa Settentrionale. Dal punto di vista della Hana
democrazia e del socialismo, la vittoria clell' ~l.nstria­
Un~heria. significherebbe il rinvio di una logica solmi:1one di quegli angosciosi ed urgenti problemi cli
razza e di nazionalità, che si agitano entro l'impero ed
oltre i suoi confini: soluzione senza la quale l'assetto
dei Balcani non sarebbe mai stabile , e lo svi
· ·1 uppo
del nostro movimento nel :md-est dell'Europa continuerebbe ad incouLrare gravissimi ostacoli. Il trionfo
67
66
della Germania vorrebbe poi dire il consolidamento
delle classi conservatrici e delle caste militari che
se ha molto indeboliti i nostri rapporti cogli Im-
democratizzazione politica della Germania, che co-
peri centrali, non significa ancora, per sè stessa, la
rottura definitiva della Triplice alleanza da parte
clell'Il ali a. Ho però la convinzione che l'Italia uffi-
stituisce la più urgente neces:sità per la causa dello
libertà politiche in Europa. Vorrebbe anche dire una
nuo·rn corsa verso l' a,nmento delle spese militari :
alla quale i Yinti sarebbero costretti per la vittoria
ciale potreb bo, se il momento venisse, giudicare decaduto il contratto, per il modo stesso con cui è
stato inteso ed applicato dagli altri due contraenti,
alla vigilia, della guerra.
stessa della. Germania, e che solo que:sta ultima po-
La Triplice - a parte le critiche che noi socialisti possiamo muoverle dai nostri punti di vista ha costituito per molti anni uno strumento utile alla
la goYernano, e (1uindi un ulteriore ritardo cli quella
trebbe sopportare, serveuclosi delln, enorme inclPnni tà
di guerra che imporrebbe alla Francia.
Scartata una ipotesi, resta l'altra: che il Governo
italiano, nel caso in cui le sorti della guerra cominciassero a volgere contrariP agli Imperi centrali, decidesse di scendere in lotta contro l'Austria, per
ottenere alla resa dei conti il Trentino, Trieste,
l'Istria, nonchè, a suo tempo, larghe facilitazioni di
credito.
Dico subito che noi socialisti -
pur senza fare
nostra una tale solazione, e senza nemmeno incoraggiarla come Partito - non potremmo, nella critica
delle responsabilità altrui, giudicarla cogli stessi
criteri con cui giudicheremmo l'altra.
Non credo intanto che coloro i quali hanno la
responsabilità del Governo, e che sono gli stessi ohe
hanno rinnovata la Triplice, pot.rebbero essere accusati di malafede. Probabilmente la nostra neutralità,
pace europea ed alla nostra, sbarrando il passo alla
vecchia 1·eva11che francese, e garantendoci da una
guerra coll'Austria. Ma, col crescere della propria
forza, la Germania ha finito per porta.re, nell'interpretazione di un trattato per sè stesso puramente
difensivo, uno spirito che veniva a snaturare questo
suo carattere essenziale. Inoltre, ed indipendentemente da molte altre considerazioni, la Triplice doveva garantire all'Italia, nei Balcani e sull'Adriatico
interessi che l'Austria - in pieno e segreto accordo
colla Germani~ - ha cercato invece di violare. Vi
ha dunque assai pil.1 di quello che moralmente basterebbe, per rescindere, se del caso, il contratto.
D'altronde una tale soluzione) mentre sarebbe
consona ai più sani interessi nazionali, e rappresenterebbe anzi una ulteriore applicazione, a nostro le)
68
68
gittimo benefizio, del prinmp10 di nazionalità, non
urterebbe contro le ragioni ehe obbligherebbero noi
socialisti a combattere strenuamente un appoggio
armato agli Imperi <.:entrali. Contro di es8a noi dovremmo ri\·olgere 80ltanto quella opposizione di
principio, che riguarda la gnerra e tutto l'attuale
sistema della politica. europea.
~ella ipotesi noi potremmo co::;Ì re::;tare fedeli,
pur ::;enza pre8unzione e ::;enza cecità, ai no::>tri principii generali, e sostenere anche, subordinatamente,
la tesi di quelle parziali internazionalizzazioni che
costituiscono, oltrechè mi::;ure di onestà e di prudenza, vere anticipazioni e conferme delle nostro
massime tesi. Così, se fos::;e necessario per i futuri
e migliori rapporti colle genti slave e tedesche, noi
dovremmo eventualmente caldeggiare l'internazionalizzazione di Trieste> porto anche ad esse così necessario 1 •
i
Parecchi . non socialisti ·
:;1
scanùalizzarono allora di
questa idea.
È bene anzitutto ricordare che la proposta cli neutralizzare -
cioè, in ultima analisi, internazionalizzare -
città di Trieste ed il suo territorio veniva -
la
secondo ri-
sulta dal ùocumento N. 61 del Libro Verde - presentata
ufficialmente dal Governo Italiano a quel1o Austriaco l' 8
aprile 1915. Eccoue la tcstnale formulazione: • La città. di
Trieste col suo tenitorio .... saranno costituiti in uno Stato
AltreLLanto, e pit1, 81 dovrebbe evenLualmente
dire per Vallona., nel caso molto probabile che lo
autonomo ed indipendente nei riguardi politici internazionali, militari, legislativi, finanziari ed amministrativi, ri.
nunziando l'Austria-Ungheria ad ogni sovranità su di esso.
Dovrà restare porto franco etc. » .
Inoltre, a meno di non ammettere che la divisione delle
funzioni fra i varii l'artiti politici non abbia alcuna ragione
<li essere, è utile e doveroso che ogni Partito rechi i suoi
propri criterii anche nelle questioni di politica estera. Nulla
di pil'.1 ragionevole che chi milita in un Partito animato da
alti fini internazionali sostenga sin da oggi l'opportunità
delle soluzioni più larghe rispetto a quei problemi ad a quei
punti geografici pei quali - varie e concorrenti essendo le
nazioni e le razze interessate - il solo modo di impedire
che l'una sopraffacesse l'altra, sarebbe proprio quello <li coor·
dinare gli interessi di tutti sotto una forma che tutti li
contemperasse, e cioè sotto una forma internazionale. In
pratica l' unica obbiezione seria che si può muovere - nel le
attuali condizioni d'Europa - a soluzioni di tale tipo, é
che esse s ono instabili, in quanto ognuna delle parti iute·
ressate tende ad accettarla colla riserva mentale di contravvenirvi alla prima occasione. Con parole più chiare, la loro
instabilità è data dalla malafede, o dall'orgoglio, o dal puntiglio degli eventuali partecipanti.
Del resto anche il giorno - da tutti augurato col più
profondo del cuore - in cui Trieste sarà divenuta territo·
rialmente italiana, non per questo spariranno gli Slavi che
vi stanno dentro e, più, d' intorno, o cesseranno le ragioni
71
70
Stato artificiale di Albania s1
mente 1 •
disgrega~se
de fini tiYa-
geografiche che funno di Trieste lo scalo del commercio fra
l'Oriente e le genti tedesche . Per rispondere dunque - c:o11
una politica degna di un popolo civile e <legna delle nostre
tradizioni -
alla enorme preRsione che su Trieste contimw-
ranno a fare i Tedeschi e gli Slavi, occorrerà sempre dare
a Trieste ed al suo porto una organizzazione amministratiYa
e doganale che implicherà il riconoscimento della internazionalità dei problemi cui anit dovuto i:;pirarsi.
t A questa lettera l'Aranti!, diretto allora dal ?IIussolini,
faceva seguire nel numP.ro del 2 settembre 1914, col titolo:
La •subordinata • .. ., il commento editoriale che qm si lrascr ive :
• La lettera dett'on. Graziadei, che abbiamo pubblicato
ieri, non corrisponde che parzialmente al nostro punto cli vista.
È bene che tutte te voci si facciano sentire poiché si fratta
di problemi complessi e f.1rmidabili; e per ciò noi abbiamo
ospitato l'articolo ondeggiante del Graziadei. It quale, senza
averne l'idea, anzi riaffermando la neutralità, offre invece un
alibi elalJorato... ed esauriente al Governo qualom si decidesse ad intervenire. Un alibi, quindi, in ce1·to senso, wi
incoraggiamento. Una speciP di assoluzione prima clel delitto.
Già. Delitto. Perché la violazione della neutralità sarebbe un
disastro doloso. L'on. Graziadei va più innanzi e presenta al
Governo il p1·etesto per la rescissione definitiva del patto triplicista e, col pretesto, la giustificazione. No. Jl compito dei socialisti
non è questo. Dell'art icolo delt'on. Graziadei noi approviamo
la prim,a parte, quella in cui si prospetta la « tesi ,qPnera te •,
la tesi • nosi?'a •, la tesi delta neutratità assoluta; ma non
ci srnliarno affatto rii segnire l'on. Graziadei net suo• exposé •
eletta tesi subcJ1·di11ata •, 1]1tella cioè della " neutralità ?'elativa•, da • violarsi• al rnornento opportimo e contro l'Austria. Le ragioni te abbiamo dette e le ripete1·erno.
Evidentemente lo scrittore del commento non aveva inleso che la lettera da lui combattuta, nello svolgere la "sul1orùinata •, si era posta con esplicita dichiarazione, non già
sotto l'angolo visuale dei massimi principi i del socialismo,
ma sotto l'angolo visuale delle realtà storiche immetliale e
delle pii\ probabili decisioni degli uomini oggi al Governo. Non
si potevano dunque attaccare le considerazioni svolle in quella
lettera, in nomi di principii che erano stati messi fuori di
questione. Per oppugnarle ei:licacemente, bi:;ognava provare
che quelle previ:;ioni non avevano fondamento e che gli interessi immediati dell'Italia di oggi non erano contro l'Austria; oppure dimostrare che per m: Partito politico - sia
pure preoccupato, come il Partito socialista, da un programma
massimo, al quale del resto nessuno proponeva di rinunziare
- la previsione del futuro immediato non era opportuna, e
:;i presentavano come ugualmente indifferenti le pii\ diverse
tra le soluzioni che potevano verificarsi nelle presenti condizioni storiche. Data l'insostenibilità di tesi cli tal genere, il
commento comparso sul!' Avanti! mentre finiva col restare
senza presa, si risolveva in un errore storico e politico.
La guerra e gli aspetti della neutralità. 1
Taluni amici, a proposito del mio telegramma
da Oastrocaro al nostro Gruppo parlamentare, mi
hanno chiesto cor tesemente informazioni e chiarimentj, Ne a.rgui:-;co che debba persistere nell'animo
di p arecchi un parziale stato di incertezza.
1
Lo scritto che segue fu pubblicato in forma di lettera
aperta su l numero 4 ottobre 1914 della J,ofta, l'organo e.lei
socialisti del Collegio di Imola.
Il telegramma cui si allude nello scritto venne spedito
dall'autore - allora i11 cura a Castrocaro - in occasione
dell'adunanza nella quale il Gruppo parlamentare socialista
doveva riesaminare il proprio a.tteggiamento rispetto alla
situazione italiana ed al confiitto europeo. Eccone il testo,
quale ven ne pubblicato su varii giornali, e tra l'altro sul
• Giornale del Mattino » di Bologna del 23 Settembre 1914 :
• On. Jl1orgari - Roma
Pregati scusare mia assenza clomda ragioni cura. Confermo mie opinioni ,già espresse Avanti! Sono certo vostra
deliberazione, riafTe1·mando nostre aspirazioni civiltà supe1·iore, non ne,qhedt in modo assoluto realtà presenti e loro
ronnessione nostro stesso niovimento. Gompletaniento rarie uni-
74
75
Ho avnto occasione di esporre il m10 qnalnnc1ne
A quest'ultima
1111
sono espressa.mente riferito nel
pensiero in una conferenza pnbblica in Imola, rias-
mio telegrnnuua al Gruppo. Ilo la coscienza di es-
sunta su vari giornali, ed in una lettera snll' Avanti!
sere rimasto fo<lole alle opinioni allora manifestate.
tà nazionali, sconfitta militarismo prussiano, _r7i<J1•erebhem
ricostitztzione lnte1·nazionale opuaia ed eventuale rirluzio11e
armamenti •.
Da quella adunanza del Gruppo parlamentare socialista
uscì il manifesto pubblicato sull'.drn11ti.' del '2:2 sett. l!ll l.
Mi è poi grato ricordare che, due settimane dopo quella
lettera, e piL1 precisamente nel suo numero del 18 ottobre
1914, la stessa Lotta pubblicava un articolo di foutlo e<litoriale, in cui era posto questo quesito : « Che cosa farebbe il
Partito socialista se le classi dominanti, sotto la loro responsabilità e di loro iniziativa, a momento opportuno, risoluessero di pa1·tecipare alln guerra allo scopo di ottenere, in
vista del nuovo assetto europeo, wi assetto nazio11alme11/e
miglio1·e ? •
Al quale quesito così rispondeva dopo varie altre considerazioni: «In alfri termini, il Partito socialista subirà la
guerra come una .... necPSSilà storica .. .. Tutto sta du 11q11e
nell'intenderci sulla ralutazionf' di questo ve1·bo « subire • ·
Subire significa non opporsi praticamente alla mobili/azione,
come dovrebbe avvenire net caso di ima guerra .... che si discostasse dallo stretto terreno di interessi nazionali giustificati da ragioni etniche, sto1·iche, ecc ..... • .
Così, a parte ogni critica secondaria, l' organo dei socialisti imolesi, tempestivamente e con chiarezza e lealLà,
poneva e risolveva per conto suo il problema politicamente
fondamentale.
La duplice funzione del Partito Socialista.
A mio credere, il disagio di molti socialisti di
fronte ai complessi aspetti degli attuali avvenimenti
dipende dalle difficoltà. che essi provano a coordinare quelli che sono i nostri massimi principi di
partito d'avvenire, con quelle che appaiono le realtà
presenti.
In q nanto abbiamo un nostro patrimonio ideale
ed una nostra funzione specifica, ed in quanto ci
riteniamo nello stesso tempo un partito d'avvenire,
noi dobbiamo mantenere le affermazioni che trascendono dal presente, perchè mirano a preparare
una educazione e situazioni profondamente diverse
dalle attuali.
Ma, accanto a questo compito, ne esiste per 1101
un altro, forse intellettualmente meno facile, ma
certo non meno necessario. Si deve, cioè, tener
conto anche della realtà presente; indagare a fondo
il vero modo di pensare e di agire delle classi che
hanno oggi la responsabilità del potere; esaminare
77
76
quali sono i problemi che, dal punto di vista dei
loro interessi e dei loro doveri, si impongono loro ;
stabilire per ogni problema quale, fra le varie soluzioni possibili, porterebbe ad un risultato indiretta-
Il precedente dell'agitazione antilibica.
mente meno dannoso alla classe operaia ed ai nostri
fini; contribuire anche, pur senza assumere dirette
:\Ii sia consentito un r icordo ed una anal ogia.
corresponsabilità, affinchè tale soluzione prevalga,
Quando :;;coppiò la guerra Italo-Turca, la grande
così per il vantaggio generale, come per il nostro.
Nessuno osa dire apertamente che il nostro Par-
maggioranza dei socialisti si trovò giustamente d'ac-
tito non debba esercitare anche questa seconda funzione. Troppi sentono che non c'è problema dell'oggi,
la cui esistenza e la cui soluzione non interes::;i
principì di moralità superior e, per cui in sostanza,
ed a maggior ragione, noi siamo contrari anche al-
anche le forze sociali su cui il nostro Partito si appoggia. Troppi comprendono che, agendo diversamente, cesseremmo addirittura di essere un Partito
politico, per diventare semplicemente un circolo di
puri evangelizzatori.
Tuttavia all'atto pratico molti, per varie ragioni,
repugnano dall'esercitare una tale funzione; si illudono di liberarsi dal fastidio di tanti problemi, o
negandoli in blocco, o dicendo che è « roba » che
non ci riguarda; elevano aprioristicamente il sospetto
contro chiunque, pur restando socialista, anzi per
meglio 1·estm·e socialista, non si contenti di esercitare
rispetto al presente un'opera soltanto negativa, perchè sa che anche il presente è condizione per l'avvenire.
cordo nel condannarla, in base anzitutto a quei
1' attuale guerra Europea. In tal modo il nostro Partito fece il proprio dovere e compì la prima delle
due funzioni di cui abbiamo parlato.
A mio credere però esso, specialmente nei primi
tempi, riuscì inferiore alle esigenze della seconda
funzione. I pochi socialisti i quali, pur essendo rimasti fedeli al Partito ed avendo condannata quella
guerra anche dal punto di vista delle nostre superiori idealità, vollero indagare i precedenti storici
dell'impresa libica; ne cercarono spiegazioni un
poco più profonde elle non fossero quelle, assolutamente secondarie e casuali, del Banco di R oma e
dei fornitori dell'esercito ; non negar ono , per meglio
intendere il punto di vista di coloro che sono oggi
al potere, l'esistenza di un problema politico della
Libia, ma tentarono di dimostrare che ad ogm
78
79
modo tale problema avrebbe potuto impostarsi e
•
risolversi con ben altri criteri : veni vano accusati
di « Tripolinismo » e messi quasi al bando. Pareva
a molti che lo spiegare l'impresa libica significasse
La neutralità e la duplice funzione
del Partito Socialista.
accettarla anche dal punto di vista socialista, o, per
lo meno, indebolire la nostra opposizione. Quasichè
una opposizione basata sopra una realtà più solida
valesse meno di un'altra basata sopra una conoscenza
incompleta delle cose, ed insufficiente q uiudi nella
Criteri perfei tamente analoghi, perchè rispondenti alle due diverse funzioni di cui abbiamo parlato più sopra, si devono a mio giudizio adottare
rispetto alla presente guerra Europea ed all'atteg-
polemica cogli avven;ari.
Solo il tempo rese giustizia a chi la meritava e
persuase la maggioranza che la tesi secondo la quale
bisognava spiegare l'impresa libica, non già per accettarla dal punto di vista socialista, ma per combatterne il modo della impostazione e della condotta
anche dal punto di vista degli avversari, era, fra le
varie tesi socialiste, la più completa e la più utile 1..
i
Sia consentito all'autore di ricordare che a tali critPri
.
direttivi furono appunto ispirati le sue conferenze ed i suoi
scritti sulla impresa libica, ed in ispecie i suoi discorsi parlamentari nelle tornate del 21 decembrc 1913 e del 14 febbraio 1914.
giamento cli fronte ad essa dei vari paesi ancora
neutrali, fra cui l' Italia.
In rapporto alla nostra specifica funzione di
Partito d'avvenire, noi dobbiamo essere contro la
guerra ed augurarei, se è possibile, che l'incendio
si limiti. Un partito socialista che si facesse iniziatore esso stesso di una guerra la quale non fosse
strettamente di difesa nazionale, verrebbe meno, a
mio credere, ad uno dei suoi doveri fondamentali.
Oltre tutto, se anche il partito socialista volesse la
guerra, chi resterebbe a fare almeno da freno?
Non è dunque questo il punto, tuttavia essenziale,
su cui potrebbero sorgere equivoci. L e differenze
parziali possono sorgere soltanto nel modo di intendere la seconda fra le due funzioni che competono
al nostro Partito, e cioè, la coordinazione fra le nostre
massime tesi e la concreta, e pur troppo ancor diTersa, realtà.
Hl
80
Del primo genere è la guerra che eombatte rer~ic~ ~elgio, ecl anche, entro certi limiti e co11 mag-
Oli aspetti della guerra.
Pel fatto che la guerra è un male, specialmente
dal punto di vista socialista, non bisogna coRcluderne, nè che sia un male evitabile in ogni caso,
nè che non si diano estremi i quali ne giustifichino
l'uso. Tutti i socialisti per eserripio accetterebbero
la guerra, se si imponesse alla loro coscienza come
il solo mezzo per difendere il suolo nazionale realmente minacciato.
Dato dunque che il fine può giustificare la guerra,
le guerre per le varie indipendenze nazionali beneficiano di queste considerazioni. morali. Pisacane è
stato il primo ed il più grande fra i sociali~ti Italiani. Eppure egli avrebbe dispregiato chi lo avesse
dissuaso dal combattere contro gli oppressori d' Italia, dato che era qnosto l'unico mezzo di uui gli
fosse lasciata la scelta, per tentar di emancipare la
patria.
Ora, alcune delle guerre che si combatLono oggi
in Europa non sono già guerre capitalistiche, come
con vacua generalizzazione è stato affermato da
taluni, ma guerre per la difesa del territorio nazionale, o per il trionfo clel principio <li nazionalità.
giori rn:1erve, quella che combatte la Fra11cia. Sulle
classi dirigenti .IfraneeHi pesa senza dubbio la responsabilità della alleanza colla Rnssia dello Czar.
1\Ia non si deve dimenticare che (1uesh1. a,lleauza, che
costituisce c;on i snoi pericoli per la Germania la più
plausibile fra le spiegazioni della condotta dei socialisti 'l'ecleschi, non sarebbe stata pos:-;ibilc, se questi
ultimi avessero avuto la forza di impedire l' insopportabile si:-;temèL di eo11 ti11ue intimidazioni n::;ate dalla
Germania uffic;iall' uontro la Francia.
Del primo e secondo genere insieme i..· la guerra
che la Serl>ia ba dovuto subire, sia, per difendere la
propria individualita nazionale, sia per non abbandonare la <.:ansa di altri 8lavi che si Yolevano congiungere ad os:-;a, e ehe ne erano in tutti i mocli im
pediti dall'Austria-Ungheria. La situazione della
Serbia presenta, nei rapporti politiei esterni, molte
affinità con quella del Piemonte fra il 1848 e il
1866. Qual socialista oserebbe affermare che, per
amore della pace, il Piemonte avrebbe dovuto allora
rinunziare a farsi eentro delle rivendieazioni Lombardo Venete contro l'Austria (
Quando dm1gue si ha una convenzionale parola
di compassione per il Belgio, ma si tace cl ella Serbia;
quando si afferma che le guerre attuali hanno tutte
ti
83
82
un carattere esclusiYamente capitalistico, mentre
C8l'<O
carattere è nettamente proprio della sola. guerra fra
l' Inghilterra e la Germania; quando si c;ondamrn
implicitamente, e senza riserve, la condotta di socialisti antichi e provati come il Vaillant ed il Gnesde
in Francia; non solo si cli.cono cose che non ~ono
necessarie per la tesi della neutralità, ma si V<t contro
la realtà più evidente e contro le più sane dottriue
socialiste. Le quali ~empre hanno ricono::;ciuto Pssere
il trionfo ed il rispetto del principio di nazionalità
e di patria prPmes~e indispenc.;abili al normale ~vi­
luppo del nostro stesso m0Yime11to.
La prevalente responsabilità ed i risultati della
guerra non possono lasciarci indifferenti.
Tende oggi a prevalere fra i nostri un altro errore: quello di credere che, per dichiarare come socialisti la uostra avversione di principio contro la
guerra, e per riaffermare il nostro voto a favore della.
neutralità, si d( liba prescindere quasi da ogni giudizio morale sulle concrete origini delPattuale conflitto, c ritenere indifferente a.Ile sorti della civiltà, il
trionfo dell'uno o dell'altro aggruppamento cli Potenze.
Le due questioni sono invece, a mio credere, connesse ecl importantissime. Connesse: perchè i paesi
che non hanno temuto cli provocare il conflitto, ma
lo hanno anzi preparato di lunga mano, sono certo
i paesi in cui preponderano il militarismo e l' imperialismo piu brutali, e sono quindi quelli di cui non
possiamo clesiderare l'ulteriore rafforzamento. Importantissime: perchè, fra l'altro, la classe operaia ed il
moYimento socialista, anche nei paesi neutrali, e
finchè dovranno vivere e svolgersi in un periodo di
civiltà in cui le guerre non sono ancora evitabili,
possouo venire più o meno indirettamente danneggiate, secondo che la guerra attuale si risolva in un
senso, o nell'altro.
Personalmente io non sono mai stato affetto dtt
quella francofilia sistematica e talvolta eccessiva, che
è una delle meno felici tradizioni della democrazia
Italiana; ho sempre ammirato le grandi benemerenze
della cultura e della organizzazione Germaniche; ho
riconosciuto, contro inveterati pregiudizi, che la Triplice alleanza, sino e che lo spirito non ne venne
completamente alterato dalle crescenti ambizioni del
militarismo Prussiano, costituì uno strumento diabolicamente utile, così per la pace Europea, come per
la pace fra noi e l'Austria.
Ciò malgrado, l'esame più obbiettivo mi ha condotto alla conclusione che senza dubbio il conflitto
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è stato prevalentemente provocato dalle sfen· dirigenti della Germania e dell'Austria-Ungheria colla
famosa nota alla Serbia, tenuta nascosta anehe al
terzo alleato, e r esa. premeditatamente inaccettabile
per qualsiasi popolo; cogl i ultimati alla Rni-;sia ed
alla Francia; eolla violazimie della neutralità Belga.
P er quanto la Germania sostenga, non senza forse
qualche fondatezza, ehe la Russia mirava ad una pr eparazione militare che le consentisse contro di lei
una guerra in migliore situazione per i l 1917, nessuno può ammettere che un pericolo allo stato COilÌ
p otenziale gim;tifichi senz'altro una dichiarazione di
guerra da parte di chi si affermi minacciato in tali
condizioni.
Poichè la guerra oggi purtroppo esiilte, si deve
riconoscere che, non g ià l'umiliazione dell'autentico
popolo Germanico e tanto meno lo smembramento
delle regioni veramente tedesche della Germania, ma
la sconfitta del militarismo P russiano ed Austriaco
e del pangermanismo feudalizzante, gioverebbero innegabilmente tanto al progresso Europeo ed allo sviluppo politico interno della stessa Germania, quanto
alla più eccelerata ricostituzione della internazionale
opflraia socialista.
Si è affermato da taluni che il militarismo Inglese
e Francese non è inferiore a quello Tedesco. Si sono
così confusi due termini diversissimi: spese militari
85
~militarismo
politico. Le crescenti spese militari sono,
nelle presenti condizioni di Europa e finchè non si
sarà otte1mta una intesa ii1tcrnazjonale per una riduzione simultanea degli armamenti, una dolorosa
necessità che si impone anche ai popoli ch e hanno
raggiunto un tipo cli civiltà più industriale. ìYia in
Francia, speei~ilmenLe dopo la liquidazione dell'affare Dreyfnf-. ed in Inghilterra cla grandissimo tempo,
non esiste una casta militare e feudale che domini
la vita pubolic:a. Invece in Austria Ungheria, dove
l'esercito è uno dei pochi strumenti di coesione interna, ed ancor più in Germania, e specialmente in
Prussia, esù;tono vere caste militari e feudali che
hanno sullo Stato una prevalenza assoluta.
QuanLo all'imperialismo, esiste certo anche un
imperialismo inglese, che ha anche per noi i suoi gravi
pericoli. Ma è un imperialismo i cui caratteri diversificano profondamente da quelli dell'imperialismo
tedesco. L'appoggio che le colonie Inglesi, fra cui
l'Australia, il paese delle massime riforme sociali ed
operaie, danno oggi alla minacciata Inghilterra, costituisce la migliore dimostrazione a favore di questa
affermazione.
Se, colla sconfitta dPll' Austria Ungheria, le nazionalità che sono oggi oppresse da qnell' ibrid o impero
potessero riconquistare la loro indipendenza, si otterrebbe in tutto il sud est dell'Europa un a!"seLto
87
&6
politico più stabile, e quindi più favorevo le al mnntenimen1 o di una pace duratura. N elio stesso tempo,
resterebbe agevolato lo svi luppo cola del nostro stesso
movim ento, alla cui netta e sicura estrinr-ie{'azione (,
premessa indispensabile - non lo si ripeterà mai
abba8tanza -
la preventi-rn soluzione dei problemi
il miglior morlo p1;r preparare nn buon vic;i1rnto. Q1rni
:·meialisti i quali ;wche oggi a f'ermano l'he ali' lt<1,lia
giov;~
eontro gli Slavi nn baluard o oppressivo come
quell o clell' impero anstro ungarico, non solo bestemmiano clnel prim:ipio cli na,zioualità, nel c:ni nome
anche noi siamo risort.i, ma cadono in nn pat011te
d" indipendenza nazionale. Q.nanto alla Gerrnan ia, b
sconfitta del militarismo Prnssiano e del pangerma.nismo senza scrupoli :-mrebbe probabilmente la vit-
anclcronismo,
toria del vero popolo tedesco, la cui clemocratizr,azione politica verrebbe dalle inevitabili riper<'nssioni interne grandemente accelerata.
tna.zione rispetto all1· ~pese mili Lari.
Se la Frall(·in. e l'Inghilterra fo:-;sero vinto, la
( h·rmania, colla. enorme indennità cli gnerra ehe da
ta11ti anni co11fossatn,monte si propone di imporre
alla F'rnncia., rnfforzerchbe gratnitètmente i proprii
armam<>.nti. Il che obbligherebbe gli Stati sconfitti
ad ulteriori e pc~nosissimi sforzi per ristal>ilire l'eqnilihrio milita.re, e determinerebbe contro Lt uuova
ecl aggnwalèl egemo11ia tedes<:a una nuo,·a coalizione
Europea ecl n na uuoYa guerra a breve scadenza.
Invece la sconfitta dell 0 sfere militari Prussiane ed
Austriache permetterebbe forse alle Potenze vincitrici
di porre di nuovo :-ml tappeto il probblema della limita,r,ionc dPgli arma.menti. Non si deve dimenticare
che tal0 problenrn. fn affacciato varie volte proprio
da.11' Tnghil terra e perfino dalla Ru::;sia. Chi respinse
ogni proposta fn sempre la Germania ufficiale, e le
rag10m ne appaiono oggi abbastri.nza chiaro.
Nella nuova situazione che si amlrehhe così
creando, si delineerebbe senza dubbio più chiaro il
pericolo Russo. Ma, a parte ch e esso è oggi, f> ::mrebbe anche allora, nn pericolo più lontano, si dovri1
impedire, e gli interessi della stessa Inghilterra sono
in questo senso, che la Rm;sia - in caso di vit
toria - si annetta nell 1 Europa centrale alt re provincie che 11011 siano le parti della Polonia, oggi
ancora sotto gli Imperi alleati.
Rispetto agli Slavi, una preoccupazione strettamente nazionale esiste anche per l'Italia. Ma poichè
l'affacciarsi degli Slavi sopra una parte dell'Adriatico è diventato probabilmente un fatto Rtorico ormai
maturo, l'Italia nulla deve fare per impedire che,
nelle debite misu1·e, il grande evento RÌ c:ompia. Sarà
<'
commet.tono nn colossale errore po-
litico.
Non meno favorevole potrebbe preseutarsi la si-
88
8!J
Nessun rapporto necessario esiHte dunq ne frn, iI
principio della neutralità ed il tentativo cli nascondere, o, peggio, eh negare dinanzi alle masse tali
problemi, e le loro inevitabili ripercussioni sui loro
stessi interessi materiali e morali . Chi proeede in
La nostra neutralità e quella degli altri.
tal modo eontribuisce veramente a creare nelle masse
Pronunziarsi, in linea di principio e come socia-
una t=>dnca;1,ione piatta e ristretta 1 ed alleva davvero.
senza renclrrsenc conto, il peggiore degli « opera1sm1 ».
listi, contro la guerra, non significa nè credere che
noi siamo maggioranza e possiamo far trionfare sicuramente la nostra opinione, nè illuderci che il nostro
speciale punto di vista debba essere quello delle
classi e degli uomini che hanno la responsabilità del
Esiste del re:-;to t1n·,t mnega
·
b'l
i e eontraddizione
fi~a il. simpatico tono con cui l' Ai:anti ! nei primi
g10rm sostenne la neutralità, ed il tono di sueceHsivi documenti . I primi articoli erano per la neutr alità in baHe
· l eraz10111,
· · non soltanto di prin· · a cons1c
c1p10
· ·ficavano un pronun. ' ma anche cli f'at t,o,. R1gm
ciamento indiretto contro gli Imperi centrali ed a
favore
della Francia e d e ll'Ingh'l
1 terra. Oggi in vece
.
s1 vorrebbe dare alla nostra neutralità un tono di
assoluto agnosticismo, peggio, di pilatesca indifferenza. Come socialista, come Italiano come uomo
f,
.
)
'
pre ensco di gran lunga il primo modo al secondo.
potere nelle condizioni attuali della vita Europea ed
Italiana. A meno <lnnqne di non voler lasciare le
nostre ma.sse disorientate di fronte ad avvenimenti
probabili, abbiamo il dovere di prepararle anche per
il caso in cui i1 principio da noi proclamato non
riesca a prevalerE>. A meno di non Yoler rinunziare
ad esercitare in tempo una qualsiasi azione, anche
solo indiretta, affinchè, non trionfando il nostro principio, si abbia, ne11' interesse stesso della classe operaia o del nostro moYimento, la meno peggiore delle
soluzioni ad esso principio non conformi, abbiamo
il dovere, in via subordinata, di agire preventivamente, affinchè tale soluzione sia compresa dai nostri.
Tali i motivi per cui, nel mio articolo sull' Avanti!, pur dichiara.nèlo pr eventivamente che prospettavo la (1tteHtione, non dal punto di vista dei
90
I
prineipì superiori clel socia,lismo, ma dal pnnto rii vista
delle concrete probabilità, dell'oggi, ho esnminctfo
anche il ùttso in cni il governo si incl ll<.;esi:;e ad usci rn
dalla neutmlità. Ho cercato cli dimostra.re c.;l1e, in
tale ipotesi, non solo per il complPto trionfo cl(·l
principio di nazionalità rispetto alla -:t es"a lilli t ù
Italiana, ma anche per le più larghe rngio11i riassunte pii\ sopra. il nieno peggio sarebbe d1e il (1 overno, sotto la sua responsabilità. 1lllorGhè la situazione fosse più ùlliarita e cprnndo -:i ritP11t ssA
preparato, si poneRse contro l'Austria, pPr riacquistare la provincie Italiane aneora soggette a,l vicino
impero. Ho and1e> el':poste le ragioni per le quali, a
mio credere, L111a h1le condotta non sarebbe <.:ontrctria ai criteri della morale vigente, considerato che
lo spirito e la lettcn~ della Triplico 4\Jle<tnza, furono violati dai due Imperi ai nostri danni, e ("lw
ad ogni modo l'eventuale ar.centuarsi delle vitt 0rie
Russe contro l'eser<.:ito Aust ro-D11garico pol<'\'<WO
creare uno -;tato cli fatto completamente nuovo. Ho
tentato infine di provare che nelle Provincie l taliane ancor soggette all'Austria esistono punti rispetto ai <1uali la coesii;tenza di interessi Je>git t;imi
anche per altre razze dovrebbero <;onsigliaro umt
ooluzioue m n11 senso s<.:hiettamente socialista: la
soluzione dell a m
· t ernaz1011a
·
1izzazione.
·
Poichè altri soC"ialisti hanno anch'essi <.:011siden1te
Dl
1<' eventualità clel futuro, ed hanno creduto di affermare clw per il Uoverno Italiano il non andare
contro l1 Austria sarebbe stato sempre una guestione
d'onore, io mi domando quale rapporto necessario
posR<t esistere fra il principio della neutralità socialisl<t e la difesa della moralità .. .. borghese a tutto
vantaggio .... de11' lmpcro Austro-Ungarico.
Taluni sot:ialisti affermano anche che noi siamo
1 soli a volere la neutralità.. Purtroppo non è esatto.
La neutralitù, molto assoluta, la vogliono anche i
eleric<tli. Quando si ricordi come al tempo della
J_;i bùi essi for-iscro cristianamente guerrafondai, e
quando d'nlLra pnrle si rifletta ai loro intimi legami
politici colle sfere dirigenti dell1Austria, il fatto nou
potrf'bhe e8sere pit1 :·lignifi.cativo. La non desiderata
<.:oillcidenza fra gli attnaìi punti di vista dei due
Partiti dovreblw far sentire a tutti i socialisti, che
gli argomcnt i ed il tono per la nostra campagna, di
principio a favore della neutralità. non possono e
non devono <.:onfonclersi cogli argomenti e col tono
dei più a,vveclnti fra i nostri avversari.
Conduclenclo, noi socialisti dobbiamo essere anzitutto, con serena fermezza, contro l'estendersi clella
guerra, q nincl i per la neutralità. Ma se lei nostra
tendenza dovesse venire, contro nostra volonLa, soprafatta dagli avvenimenti, noi dovremmo trovarci
a.llora in qnest e co11dizioni : di poter dire onesta-
92
'
mente che la rottura della neutralità Italiana av
venne con una ponderazione che non si sar0bbL· ve
ri:ficata, al meno nella stessa misura, se11za il iiost ro
contrappeso, e che ad ogni modo tale rottura si determinò, per merito nostro, nel senso meno dannoso
ai principi di nazionalità e di libertà, ed alle sp(·ranze di una futura riduzione internazioualo degli
armamenti: questioni tutte di estrema importanza
anche per le classi operaie.
La conflagrazione europea
e gli interessi dell' Italia nei Balcani.
1
Se le vittorie della Russia contro l'Austria dovessero accentuarsi, le probabilità della caduta dell' Imp ero austro-ungarico aumenterebbero, indipendentemente da ogni eventuale azione dell' Italia e della
Rumenia. Il fatto che l'esercito del vicino impero
stia già sotto il controllo diretto delle autorità militari
germaniche costituisce, anche da solo, un colpo gravissimo.
Contro coloro che sono interessati a creare equivoci, bisogna però intendersi sul significato e sui
limiti di una eventuale caduta dell' impero austroungarico.
Il duplice impero umsce forzatamente e sotto-
Il tema fu svolto in una conferenza t enuta al Teat ro
cli Imola il 10 ottobre 1914. Il riassunto che qui si riproduce
apparve sul Gio1·nate del Mattino cli Bologna del l 3 ottobre 1914.
1
95
9-1
pone ai Tedeschi ed. agli Ungheresi altre popolazioni, quali principalmente Slavi, Rumeni ed It.aliani.
Il fatto che sarebbe desiderabile, il fa.Uo eh<· risponderebbe alle grandi leggi etniche, poli ti che 0
storiche, e che solo portc·rebbe nel snd-est curopt~o
ad un assetto più stabile e quindi più fasore\·ole
ad una pace duratura, sarebbe dunque questo: che
gli Slavi, i Rumem, gli Italiani. si liberassPro dal
giogo che li opprime, e si unissero agli aggregati
politici rispettivamente pi-l1 affini.
Nessuno che ha -parlato di scomparsa dell' AnstriaUngheria ha però mai -pem;ato che le pro\-incie di
essa, abitate in maggioranza da Tedeschi e da Ungheresi, o dovessero volatilizzarsi, o potessero alla. loro
volta diventare dominio altrui. Le provincie tedesche
seguirebbero probabilmente il loro desLino, che è
quello di gravitare sempre più strettamente verso la
Confederazione germanica. Le provinci<· ungheresi
continuerebbero probabilmente a formare come oggi
uno Stato a sè : ma tmo Stato pi-l1 completamente
libero d.a ogni resto di vincolo coattivo coll'Austria.
Non è stato osservato abbastanza che i dirigenti
austriaci, per meglio affezionarsi l'Ungheria, e per
crearle un compito che la distraesse dal perneguire
la realizzazione della sua più completa autonomia,
ne hanno fatta una loro compli0e nella oppressione
politica degli Slavi.
Invero unn. parte degli Slavi che aspirano alla
liberazion<~
da.11' impero austriaco sono sottoposti al clomin io diretto dell' Ungheria e devono
quindi lotlare 0ontro di essa. È questa una delle ragioni per le quali uno fra i principali ispiratori clel
famoso <~d illiqno ultimatum dell'impero austriae;o alla
Serbia - ultimatum che ha pro-vocata la guerra europea - è t;lato proprio il 0onte Tisza, che da tempo
dirige la politica ungherese. Il conte 'l'isza si era
già reso tris I.amen te celebre, facendo pii\ \'Olte entrare i gencla.rmi nel Parlamento ungherese, per
espellerne gli oppositori alla sua politica. La perdita cli gran parto dei Serbi danneggerebbe mater ialmente lo Stato ungherese, ma senza dubbio riconclurrebbo l' U11gheria alle sue più nobili tradizioni, e la riavvicinerebbe forse all'Italia. Non si
dimentichi che in quel periodo in cui le sfere dirigenti austriache credevano di stornare il pericolo
slavo cacciando gli Sla\'i contro gli Italiani della
1\lonarchia, anche l'Ungheria di Kossuth si trovò
impegnata nel triste giuoco, e per la prima volta fu
indotta ad una poli ti ca direttamente contraria a1 nostri interessi nazionali.
Il per icolo russo esiste, e col tempo s1 accentuerà, specialmente se 1' impero moscovita riuscirà ad
aprirsi, attraverso ai Dardanelli, una via libera sul
Mediterraneo. Ma esso è oggi di gran lunga meno
propria
!)7
urgente di quello del militarii:;mo prm;~nano e del
pangermanesimo feuchilizzante. EsRo poi viene esager ato ad art,e da eoloro che vogliono :-;ervirseue per
crearsi un alibi. Fra i motivi portati clai socialisLi
della Germani<1 e dai socialisti tedeschi dell'Austria
per giustific.:èn·e la loro condotta uno dei più :-;eri è
quello appunto del pericolo russo. ~Ia nessmto ha
mai pensa.to che la Russia - in caso di vittoria debba annettersi anche la minima parte delle provincie veramente tecle~;che della Germania e clel-
1' Austr ia. L'Inghilterra - che è interessata acl evitare nn rafforzamento eccessivo dl'lla Russia - sar ebbe la prima acl opporvisi.
Vincitrice, la Russia non dovrebbe dunque guadagnare a1 danni degli Imperi ce11trali, se non
le provinciE~ polae;che orn sottoposte all'Austria-Ungher ia ed alla Prussia. Il che sarebbe un meno male
per la stessa Polonia: la quale, se cadrebbe sotto
tm governo ampiamente capace di oppressioni non
infer iori a quelle già note ai polacchi della Germania e dell' Austria, apparterrebbe almeno tutta
quanta ad un aggregato -etnico ben più similare, e pot rebbe, colla raggiunta unità, presentare una maggior e forza di resistenza contro l' assolutismo accent r atore.
Accanto al pericolo russo-slavo nell' Europa cent rale, esiste un pericolo slavo-russo nei Balcani e
rispetto all'Adriatico. Esso è rappresentato àal fotto
che gli Slavi, nel loro movimento di emancipazione
dall' AusLria, tendono a costituirsi in una unillt politica sempre più importante ed a crearsi un brgo
sbocco su11' Aclrièilie;o.
Vi sono stati pur troppo alcuni socialisti -
per
fortuna pochissimi - i quali, nel c1ifenclere la neut ralità assoluta; 1-,;ono giunti a decantare l'utilità clel-
1' attuale impero austro-ungarico, quale nn baluardo
contro gli Slavi.
Non si vede quale rapporto necessn,rio possa esistere fra la propaganda soe;ialista, di prin<'ipio contro
la guerra, e le lodi ad un impero oppressivo come
quello austro ungarico, ed il rinnegamento, a dmrno
degli Slavi, di quel principio di nazionalità, il cui
trionfo è premcssti indispensabile per lo sviluppo
stesso del socialismo nei pa.esi europei politicamente
non ancora unificati.
Si noti poi che la storia dimostra come tutti gli
Stati che hanno ottenuto, per formarsi, l' aiuto di
altri, hanno sempre cercato di poi - per le necessità medesime che li hanno fatti sorgere -- di rendersene del tntto indipendenti. Basti pensare ai rapporti tra la F rancia e l'Italia e fra la Russia e la
'
Bulgaria. È dunque probabile che, se si costituirà,
la futura « più grande Serbia » finirà coll' ema1wiparsi dalla tutela della Russia. Il cosidetto pericolo
7
98
slavo nei Balcani, più che un pericolo dirottamente
dH• è cli vitale importanza per la difesa stessa della
russo, sarà. nn pericolo serbo.
nostra sponcla occiclenLale sull'Adriatico - non dovrebbero C'SsC'ro date all'Italia. Basterebbe che gli
Comunque, i fatti che vanno maturandosi antorizzano a ritenere che 1a concezione dell' ut iliL\ cl<· I
l' impero austro-ungarico e ome efficaee hal nardo c·ontro gli ShYi. sia destinata a costituire - 11lirc tnt.tn
- un anacronismo storico. Non è utile e
stenibile ciò che più non serYe.
11011
<" so
Poiuhè <lel resto la progressi\a unificazionf' degli
Sla\'i ed il loro affaeciarsi snl1' Aclriatico sPml>ralln
ormai eventi storiui maturi, ç;arebbe un enorml' errore politico, se l' Italia YÌ si opponeç;se. Così fa
cendo, tali eventi si verifiuherebhero contro ]' Ila,lia
'
e fin d'ora si creerebbe tra i futuri vicini uno stato
d'animo pericoloso. L' Ttalla piuttosto clev0 favorire
il movimento degli Slavi balcanici, anche per poter
meglio contribuire a contenerlo entro equi limiti, e
poter impedire che esso si svolga colla compressione
di altre popolazioni (albanesi ed if aliani), e a clarn10
della parte giusta delle nostre aspirazioni sull'Adriatico.
Certo nelle provincie sottoposte all' Austria ed
abitate da italiani, esistono regioni in cui gli italiani sono in grande minoranza come la Dalmazia,
e punti, comB Trieste, il cui uso è legittimamente
necessario a varie razze. Ebbene, le prime - salvo
qualche zona costiera dove gli italiani prevalgono, e
italiani vi ottenessero le necessarie garanzie per il
loro naturale ~vilupp o . Quanto a Trieste, compito
<lvi so0ialisti Jovrebhe essere quello di sostenerne la
ncnt ralizzazione o l'internazionalizzazione : una soluzione ques1 a che, mentre concilierebbe molti interessi e toglierebbe di mezzo molte cause di futuri
conflitti, starebbe a dimostrare, :fin d' ora, la bontà
pratica cl elle nostre massime tesi.
Si è vista quale sarebbe la miglior via per la
quale l'Italia dovrebbe contribuire alla vittoria, ma
anche alla disciplina., delle aspirazioni slave nel Balcani e sopra una certa parte delle coste Adriatiche.
Ma, poichè, malgrado tutto, ragioni di attriti - sempre meno pericolosi di quelli che ora abbiamo col1' Austr~a - potrebbero permanere, si apre all' Italia
la necessità di rapporti sempre più intimi cogli Stati
del sud est enropeo a noi più vicini per razza, e
per interessi; e cioè colla Rumenia, ed eventualmente anuhe coll'Ungheria, se per quest'ultima si
verificassero gli avvenimenti già accennati. Tali rapporti cosLituirebbero una forza politica, i cui effetti
potrebbero essere utilissimi in relazione così ai Tedeschi come agli Slavi.
Operando in tal modo, l' Italia si ncongmngc-
100
rebbe alle sue più sane tradizioni ed n,gli insegna.menti di Giuseppe l\Iazzini che, con intuizione mirabile, predisse la caduta dell' I mpl'ro turco pnma,
e po i di quello amit ro-ungarico, ed incl icò a,i venturi
l' orienta1110nto cla seguire dall'Italia di frontr• a lle
nuoYe Rii m1.zioni eh<: ne sareliliero derivale 11e1
Bakani.
Le dottrine socialiste e la guerra
Europea. 1
Il Partito socialista dovrebbe ispirarsi nella sua
opera ad una duplice funzione . Com.e Partito cl' avvenire, esso deve superare idealmente il presente, e
combatterlo in nome di diversi e superiori principii.
Come Par tito che vive nell'oggi, deve però tener
È questa una conferenza che l'autore tenne per invito delle Università Popolari di Milano. Bologna e Panna,
rispettivamente il 17 gennaio, il 23 gennaio ed il 10 febbraio 1915. Tra i vari riassunti, si è preferito riprodurre
quello pubblicato sul Resto del Carli110 di Bologna del 24
gennaio 1!115, per chè, sebbena brevissimo, è parso il più fedele
quanto ai concetti fondamentali . Per impeguo direttamente
preso dall'Università Popolare di Milano, il testo clella conferenza - cosi come venne stenografato - appartiene alla
casa editrice Rn.và e O., e dovrebbe apparire in un volume
destinato a raccogliere tutte le conferenze sni varii aspetti
della guerra europea, promosse da quella benemerita Istit•zione.
t
conto anche della roaltà immediata e delle
::;olm~io11i
che essa impone alle classi dirigenti.
Poichè le società e le nazioni si svilnppano 1wr
fasi inevitabili ed insopprimibili, e la maturità d<' 1
socialismo è collegata al fatto che certe fasi ::;inno
superate, i socialisti coscienti non po::;souo prete11
dere che l'Italia di oggi salti situazioni nazionali
ch e non ha ancora raggiunto, ed il eui otte11im011to
può essere storicamente necessario. I socialisti c:he
fanno addirittura proprio il programma delle estreme
rivendicazioni nazionali, e che a tale scopo pre
dican o essi stessi la guerra, si mettono fuori idea]
mente dal socialismo e dalle SUB massime tesi. All'opposto, i socialisti che negano l'esistenza dei problemi della nazionalità politica, solo perchè alla loro
soluzione potrebbe essere necessaria la guerra, vogliono far girare la ruota della Storia più rapidamente di quanto essa non giri.
Gli avversari parlano di bancarotta de>l socialismo. Ma come si poteva credere che un movimento
nato da pochi decenni e privo ancora di una sufiiciente coordinazione internazionale, riuscisse ad impedire quello che non hanno mai potuto impedire
nè il cristianesimo nè la chiesa cattolica? Il fallimento vero è da p arte della civiltà europea.
L e r agioni di principio per cui il Partito socialista è più di og ni altro contr ario in massima alla
guerra, s1 riccnmett onu a.Ile ::me idealita internazionali ed ètllo sue coneozioni politiche.
tlul terreno dell~t n·altà co11tingente non tutte lo
guerre sono però Liasimevoli allo stesso grado. Abbanrlonauclo altri e meno accettabili c·riterii di distinzione, le guerre si possono cla::>sificare 1-;econdo
il grado di roale necessità cui oùbediscono, e 1-;econdo
siano, o 11011 :-;ia110, me%zi indi::;pem;abili per raggiungere fini leciti.
Date le dottrine ::;loriche del marxismo, le gnerre
per il raggiungimento clel1e grandi unità nazionali
o per ht formazione conseguente dei grandi mercati i11Lerni e del capitalismo indigeno, sono fra
qnelle rispetto alle quali la ~ritica sociali::>ta llOn può
impostarsi come cli fronte ad altre. Lo stes1-;o si dica
per q_nel1e di vera e propria difesa nazio11alc. Le
nazioni sono un prodotto naturale come la loro divisione in classi. La loro difesa si impone a tutti
per sentimenti e necessità che nel momento del pericolo sovrastano ad ogni altro criterio. 001-;Ì il sindacali::>mo rivoluzionario francese ha rinunziato per
ora completamente alla sua erronea predicazione
contro il faLto delle patrie. L' internazionalismo è
integrazione, n on negazione delle nazionalità.
Nel giudizio sulla guerra attuale si esagera vedendo tutto il bene da una oarte e tutto il male
dall'altra. Se l'I nghilterra è politicamente ben più
104
105
progredita del la ({prmania, la H,m.;sia nffo:iale noll
tuzione politica della Germania, la causa della pace
~wrà fatto in Europa un passo decisivo .
è certo u11 faro di eivilb'1. Aci ogni modo trP faU i
essenziali son c·C'rti: che• lit (i(•rma11ia.
<·
l'Austria
Sostenonclo finora la neutralità dell'Italia, il Partito socialista ha compiuto in linea di principio il
hanno premcd i tn to ln i-: chi H(·c:i<rnwnt o de Ila 8Prhia e
delle sue lcgiLtinw nspira.;1,i011i 11nzio11ali,
l'
sono qnincli
proprio dovere, ha esercitata la propria funzione,
ed ha interpretai i gli. interessi nazionali quali smo
andate co11tro il priuc:ipio di nazinualità; cht' la Germania; i1wade11do il BPlgio. t• venuta mc·110 a.I rispetto cli nn trattato che ne gara111 fra la nentralità
e che portava <mchc la firma delh1 Prussia; che la
Germania mira ;.:nl cout inPntP pm·npeo ad una egemonia dw costilnisc<:' un iwricolo per le 11azio11i
minori. Anche l'Pgemo11ia inglese ha i suoi pericoli,
ma eRsi sono, s1wcialmontc per gli Stati europei minori, cli grau lnnga meno gravi. La riclu;1,i011e della
egemonia inglesp t> deRiderabilf solo se ottenuta attraverso a compC'Lizioui che costitui8cann nn progresRo, non un n•gresso.
La condotta internazionale degli Imperi centrali
merita una sanzione punitiva. Gnai se non l'avesse! La Serbia deve raggiungere la parte legittima
delle sue a8pirazioni nazionali; il Belgio deve essere
liberato. :Non per questo 8arebbe desiderabile lo
shiacciamento - del res.t o troppo difficile - della
Germania. Se gli insuccessi, anche sol o re]ativi, del
militarismo prussiano e rlelrimperatore determineranno l'evoluzione in senso democratico della costi-
'
ad ora si presentano.
Taluni socialisti hanno però indebolita la loro
causa con alcuni errori.
Anzitutto non hanno visto, nelle condizioni attuali d'Enropa, la necessità storica anche per l'Italia
dei prob lnmi di nazionalità. Infatti si deve riconoscere che, se certe evenienze Ri verificassero, le classi
dirigenti itali ane mancherebbero alla loro funzione
- cho non è la nostra -- se non cercassero di completare l'unità nazionale.
Inoltre taluni hanno parlato di neutralità assoluta, nel momento stesso in cui, dichiarando che
avrebbero difesa la patria se aggredita, hanno in
realtà riconosciuto di essere anch· essi - sebbene
con maggiore fermezza degli altri - per la neutralità relativa. Per vero la n eutralità in una Europa
ancora barbarica, può restare assoluta solo in linea
di principio.
L'ultimo errore è stato quello per cui, mentre da
prima la neutralità socialista fu proclamata anche
come sanzione contro la condotta degli Imper i cen-
107
106
trali, in seguito, per reazione co11tro gli tdlrni <'L'l'l'ssi
polemici, 8i (· finito dèL taluni per appa.rire qua~ 1
come i difensori di qnest i stessi Imperi.
Finora la nentralità ha gioYalo anclu· al Pncse.
Se l'Italia fosse entrata m guerra durant<' il 1!ll •l
come volevano gli interYentist i as:;uluLi _ 1•
'~
fosse entrata naturalmente contro gli Imperi
centrali, e8sa 8i sarebbe esposta ai maggiori rwricoli. La forza militare relatÌ\'amente moclPsla dl'!
nostro Paese potrà acquistare un valore (m•sc:Pnt e
specie in rapporlo affindeLolimento degli altri. Dichiar andosi allora neutrale, l'Italia ha dunque giovato indirettamente all'Intesa, senza rsporRi a pericoli che l'avrebber o resa troppo poco utile anche a
quest'ultima. Non si pnò d'altronde pretendere c..:hc
la grande maRsa sia eroica e si esponga per idealiUt
che non la tocchino tr oppo da Yicino. L'InghiltriTa
ha difeso il Belgio perchè dalle coste belghe ]a
Germania la minacciaYa direttamente.
Il problema politico per l'Italia d'oggi non
socialista, e purtroppo neppure veramente borgh•~se
- sta prevalentemente in questo. Noi non abbiamo
interessi diretti contro la Germania, tranne che per
la questione di Trieste. Dal punto di vista nazionale
l'egemonia della Germania costituisce un pericolo
grave, ma indiretto. Il conflitto diretto esiste invece
coll'Austria.
8coppi<tla ln cns1 europea, s1 vide subito che, se
l'An8lria. si f<JHse incleholita, l'occasione legittima si
sare1)bo pn·s<•ntn,ht per compiere l'unità nazionale.
Non ;_, impossibile dw ad un dato momento neppnrr ht Germania abliia più interesse, o forza, per
imperi ire nn 'a:t.ionc dell'Italia, <;ontenuta nei ben determinati limiti che soli preoccupano il Paese quale
t.~ oggi. Se il Governo e le classi dirigenti otter-
ram10 il fine solo per Yia diplomatica, tanto meglio.
In c..:aso contrario è spiegabile che essi ricorrano ad
altri mezzi.
PiPgandoci allora dinanzi alla Storia che passa,
noi sociali~ti dovremmo trovarci in queste condizioni:
di poLer dire onestamente che la rottura deJla neutralità italiana avvenne con una ponderazione che
non si sarebbe verificata, almeno nella stessa misura,
senza il nostro contrappeso; avvenne in un momento
e con fini pei quali lo sforzo ed i pericoli risultarono
ben minori: e si determinò anche per mer ito nostro,
nel senso meno dannoso ai principii di nazionalità di
libertà e di giustizia internazionali: questioni, tutte
di estrema importanza anche per le classi operaie.
All'infuori di questo atteggiamento non ci può
essere che l'insano tentativo di un'impossibile rivolta, o, peggio ancora, la commedia della rivolta,.
11 conflitto europeo, l'atteggiamento dei
1
socialisti e gl' interessi reali dell' ltalia.
In linea di. principio i socialisti italiani non possono - come Partito - associarsi ad alcuna iniziati.Ya per la guerra. Date le dottrine fondamentali
del socialismo, quei socialisti che predicano l'intervento nel conflitto anche delle nazioni non direttamente compromesse, escono dalle direttive più essenziali e pii'.1 costanti della concezione socialista.
Solo in un Paese in cui il carattere politico è una merce
rara, è possibile che molti avversari del Partito
socialista facciano una grottesc~ « réclame » a tutti
quei socialisti che vengono meno ai propri principì.
La contraddizione di tali avversarii è del resto evi·
dente. Essi lodano presso taluno dei socialisti italiani proprio ciò che biasimano presso i socialisti
tedeschi.
1
Le osservfl.zioni che qui si riportan o vennero svol lr, sotto
formR di in t.ervista, sn l Oiorna le d'Italia del l G aprile l\Jl 5.
lll
110
La coerenza, ai. prineipii sommi
11011
signifin1
però che la <tpplicazione di. questi ckbhit esst•r folta
senza criterio di gradualità e cli misura.
Anzitutto se, da un punto cli vista di n10rnlitit
superiore, tutte le guerre sono cleplure\'oli, S<'endendo a,l concrC\tO e lenendo conto clei diw·rsi fini
per cui vengono combattute, è innegabile· clil' lt>
guerre per la difesa clcl territorio nazionale in<rinn
stamente inva,so -
il caso attuale ch·l Beluin
t">
e per la formal:Ì.one ecl il completamento ch· I I'Llll it~t
nazionale - il caso della Serbia, il e;aso <'ventual<•
dell'Italia e della Romenia nei rapporti uoll' Anstria, ecc.
non possono essere considerai i cogli
stessi criterii con cui le guerre cli vera e propri.a
conquista.
La dottrina socialista concependo gli 8\at i
Uniti di EL1ropa e l'Internazionale: non già come la
negazione, ma uome l'integrazione delle singok· patrie - presuppone realizzato e rispettato il principio
di nazionalità. Anche dal punto di viRta strettamente
economico, l'affermarsi dell'industrialismo moderno
sarebbe stato in alcuni paesi, sarà negli altri, impossibile, senza il precostituirsi di quei va:-;ti mercati interni che derivano dal formami e dall'ingrandirsi degli Stati moderni sulla base delle affinità
nazionali.
Dal punto di vista del principio di nazionalita
si ckn~ qui11di nconoseere che, nei rapporti fra l'Italia e l' Anstri:i, esiste anche per il noHtro Paese un
legittimo prohlem~t nazionale. Il qualP, se in1 eressa il
movimento so<·ialista solo indirettamente, conserva
1wr<'> umi irnporhi11z<L la cui attività non pote,·a noll
c"-;sen' ria<'cesa da una conflagrazione europea che
dowva metten' fra, l'altro ~ml tappeto tutte le questioni connesse con la presente costituzione dell'im·
pero <mstro-nnwtri <'o . Il modo più efficace per comb.1tterP
le e>sugerazioni di coloro che negano il
cantt1erc" o internazionale>) o prevalentemente slaYo,
cli alcune parti cl.ella costa Adriatica orientale, non
è quello di trascura.re addirittura l'esistenza (li cPrti
})rohlcmi, solo perchè incomodi.
Infìno è un assurdo storico concepire gli in teressi dell'Italia <l'oggi, come se l'Italia e l'Europa
si trovassero alla vigilia del socialismo. Coloro sn
cui pesa oggi la responsè1bilità del potere in Italia
hanno, sì, l'obbligo di agire con la massima prndenza e cli non trascurare nessuna Yia per tentare
cli ottenere - se possibile - diplomaticamente soddisfazione agli immediati interessi nazionali; ma devono anche tener presente che, dal punto dei criteri
che cdtualmente presiedono alla politica estera dei
varii Stati, non potrebbero lasciar passare sterilmenLe
le favorevoli occasioni offerte dal conflitto europeo,
112
11<>
senza esporre ::>e' s·tes"t.
" al più "evero
~
. .giudizio della
storia, ed il Paese acl nna grave cnsl.
Quando, come diretLore dell'Avanti!, si diehiarava neutralista, il :i\lussolini, il quale fu sempre·,
oltrechè un romantico, un giacobino, inventò l'ctggettiYo neutralità
«
assoluta
».
Ma fn un aggetti\·~
diso-raziatissimo
e ehe ha clato luogo a inolti l'tpuo
voci verbali. In verità anche per i soeiafo;t i la neutralità non può essere concepita eome vera inenl<·
assoluta, 'le non in linea astratta di principio. 'l'a11to
è vero che i soeialisti sono unanimi nel riconnscerr
che in caso di minacciata i11\'asioue ciel territori o
'
nazionale, essi dovrebbero correre alla frontil'rn. In
concreto dunque la neuLralità dei socialisti è HemplicemenLe meno relatha che llnella degli altri Ptirtiti.
Concependo in tal modo la neutralità, il l)ètrlito
socialista avrebbe dovuto e doyreube: 1) contentar~i
di salvare onestamente le ragioni del domani: :2) po~r
dire, nella peggiore ipotesi, con verità, che l'Italia s~­
r ebbe forse useita dalla neutralità con minor consideratezza senza la sua resistenza.
Pretendere di ottenere di più, date le nostre forzr
reali e dato il contingente momento, significa non
rendersi conto che il passo della storia non può essere accelerato ar tificialmente.
In ogni easo, e eorne ho avuto occasione di dire
fin dall'agosto dell'anno passato, la mirnweia di sC'io·
pero generale nella eYemenza di una mobilitazionf·
rappreseuterebue un gr ave errore, la cm umca conseguenza sarebbe quella di allontanare molte simpaLie alla tesi d i un ragionevole neutralismo , e 1i
fare forse qualche inutile vittima. A parte ogni considerazione morale, il criterio di fare lo sciopero
generale quando gli eve11tuali scioperanti sono già
nelle caserme, o stanno per entrarvi sotto la sorveglianza di misure eccezionali, è m1a vera illfantilità.
Ed è inoltre un concetto anti-internazionalista. Appunto perchè la guerra è un fatto internazionale,
ogni azione contro di essa, per riuscire efficace, cleve
venire coordiuata internazionalmente. Se no, una tale
azione si risolve nel danneggiare un paese a vantaggio delle classi dominanti dell'altro.
Si ripeterebbe qui l'errore fatale per cui molti
socialisti in Italia ed in Francia credettero che i loro
paesi avrebbero potuto impunemente ridurre le spese
militari anche se le nazioni vicine avessero co ntinuato ad aumentarle. È invece vanto delle dottrin@
socialiste sanamente intese aver dimostrato che i
massimi problemi della civiltà socialista - tra cui
la progressiva riduzione degli armamenti non
possono esser risolti che internazionalmente.
Liberata, nel subordinato terren o della pratica,
da ogni car attere assoluto, la tesi della neuLralità
114
115
ha finol'a pienamente corrisposto agli intere:sHi del
i belligeranti cominciano oggi ad essere stanchi. ha
Paese.
Non bùiogna, intanto, dimenticare che, nello smar-
visto aumentare la sua forza tanto ir. senso assolnto,
rimento dei primi giorni, e quando non pochi pre-
lità italiana è dunque stata, almeno /inom, un atto
di buon senso e cl i onesta prudenza.
tendevano che l'Italia, interpretando in modo HUif'ida
quanto, ed ancor più, in senso relativo. La neutra-
Non so110 buoni italiani coloro che vogliono, o
il trattato d'alleanza, fosHe scesa in campo insieme
cogli Imperi centrali, il Partito che per primo espo~e
non vogliono, l' inlen·ento, secondo la loro antipatia,
ufficialmente la propria opinione a favore della neutralità. fu il Partito socialista. E la espoHe con mo-
o simpatia, pro o contro la Francia, o la G ermania.
Sono poi romantici - sia pur g enerosi - ttnelli
ti-rnzioni, alcune delle quali significavano apertot
che vorrebbero la guerra contro la Germania per
sconfessione dell'operato degli Imperi c1·n t rali.
Senonchè allora, se sarebbe stato pazzesco andare cogli Imperi alleati, non sarebbe stato orrore
sola reazione eontro la sua iniqua 1n·utalità verso
il Belgio. L'Inghilterra si è moi-;sa. per il Belgio.
meno falale muoversi a favore dell'Intesa. Non solo
l'Italia era al principio della guerra militarmente
impreparatissima, ma - data la scarsa preparazione
della ·F rancia e l'insnffieienza nurc.erica dell'A.sercito
inglese - 11011 avn·bbe potuto allora in alcun modo
significava per CHsa un pericolo morhtlo. Un paese
- tanto più He democratico - non può e non deve
esporsi agli immen8i sacrifizi di una guerra, se non
quando questa sia l'unico mezzo per realizzare i
legittimi interessi, non già degli altri, ma di s~
stesso. Il segreto sta nel saper coordinare gli interessi nazionali entro il quadro <li giusti principii
ristabilire l'equilibrio contro la preponderanza germa11ica. in quel momento schiacciante. Inoltre l'Italia,
mentre non può, per ragioni :finanziarie, sopportare
che una guena breve, si troverebbe oggi - se avesse
ascoltato i consigli degli interventisti impulsivi m una cond izione . lisastrostt anche economicamente.
Coll'aspettare, finora l'Italia non ha perduto
nulla. Anz::i, per il fatto che ha completata la sna
preparazione militare e che anchP i piì1 potenti tra
solo in quanto la Germania sulle coste del Belgio
generali. È t1uesta una delle grandi superiorità
politiche e morali dell'Inghilterra sulla Germania.
Solo il Governo ha gli elementi per giudicare
se le trattative avviate con gli Imperi centrali possano portare ad un risultato accettabile. Nel caso
che le trattati ve fallissero, è intuitivo che l'Italia:
ae clove intervenire prima di un eYentuale accordo
116
separato dell'Austria con la Intesa, n011 dev(' neppure intervenire troppo presto.
Inoltre, in tutta la sna azione presente e fut.ura,
l'Italia farà bene a non dimenticare che il conflitto
diretto e reale de' suoi interessi nazionali <'> assAi
più contro l'Austria che contro la Germania. Contro
la Germania, salYo il punto relativo a 'l'rie~t e,
l'Italia non aveva se non l'interesse indiretto chC'
essa non diventasse egemonica in Europa e non si
insediasse nel Mediterraneo, impaclronenclosi dellt>
colonie francesi del nord-Africa. Svaniti per fortuna.
questi sogni dell'imperialismo teutonico, la Germania
potrà, dopo la pace, esserci ancora ut,ile in clat e
contingenze.
Infine, poichè la Germania resterà molto forte
anche dopo il fallimento delle sue ingiuste aspirazioni: e poichè nessuno sa se e per qnanto tempo
potrà durare l' Intesa, e specialmente l' accordo
anglo-russo, l'Italia <loYrà agire in moclo che i suoi
interessi restin0 tutelati anche attraverso ai nuovi
sistemi di accordi internazionali che si determineranno dopo la presente conflagrazione.
Questioni di misura e di tempo. 1
Ho avuto occas10ne di esprimere le nue mo-
clost e opinioni fino dall' anno scorso snll' Avanti!
e con varii aHri mezzi. Ripeto anche oggi che uno
dei fondamentali errori del Partito socialista in Italia
è stato - a mio credere - quello cli limitarsi ad
una pura affermazione di principio. Data la divisione
del lavoro fra i
1
vari~Partiti,
date le funzioni spe-
Le considerazioni che seguono furono pubblicate, sotto
forma d' intervi,;ta, sulla Tribuna dell' 11 maggio 1915. I
fini che esse si proponevano sono anche pii1 ampiamente
esposti nella seconda parte della prefazione.
L'autore tiene poi a dichiarare che, non vivendo a contatto cogli uomini del Governo, ignorava in quel momento
che lo Stato italiano avesse da pochi giorni denunziata l'alleanza coll' Austria. Intuiva in genere che decisioni impe·
gnative potevano essere state prese, o potevano prendersi
Lia nu momento all'altro: e perciò colle ttltime parole del·
l'intervista
indic~wa
in tale ipotesi.
la sola linea di condotta dn. s€'guirsi
119
ll8
cifìche del Partito Socia.lista, quest'ultimo ha fatto
certamente il proprio <lo\Tere a dichiaran;i - in
linea di masi;ima - uotlLrario alla entrata in guerra
degli Stati neutrali. Non si è forse giustamente
criticalo i socia.listi tedeschi che non hanno tro\·atn,
ufficialmente una parola contro la inva:;ione del
Belgio'? :N"on ;;i può pretendere ch e in tutto il
monù.o i socialisti tradiscano i propri principi, solo
perchè in qualche Paese es::>i si sono lasciati tra\·ol
gere senza riserve.
Ma un P artito politico non può - senza disorientare la massa e senza rinunziare ad agire sui
fatti del presente - limitarsi a pure affermazioni
di prin~'.ipio. In via sL1bordinata deve esaminare ed
agitar e anche i problemi dell'oggi, influendo pmchè
essi si r isolvano nel modo meno contrario anc;he
ai propri principi generali.
Innegabilmente esiste oggi un problema internazionale. Si tratta di sapere se, per il progresso dei
rapporti fra i vari Stati di Europa, non sia pericolosa e biasimevole la voliti.ca degli I mperi cenLrali.
Esiste poi un problema nazionale: in quanLo
l'at tuale conflitto ha rimessi sul tappeto vitali interessi dell' ILalia, sia r ispcLto alle terre veramente
italiane che sono ancora sotto l' impero Austro-ungarico, sia rispetto a.i Balmtni, ed al 1\'foditerraueo
orientale.
Per garantirsi l'Italia doveva armarsi, e molto.
Ma la question e oggi si prospetta così: coloro che
hanno la reRponsabilità del potere, devono dichiarare la guerra, o, meglio, devono dichiararla sino
da oggi?
Mi mancano gli elementi per un giudizio completo. Mi limiterò quindi a formulare qualche interrugativo.
R 1spetLo al problema internazionale di cm sopra
l'Italia ha già fatto parecchio. dichiarando, non
senza pericoli, una neutralità che significaYa biasimo
per gli I mperi alleati . È proprio necessario che,
fin da 01·a) esRa affronti lo sforzo della partecipazione
alla guerra in sieme colla Iptesa?
Se fu deplorevole un certo cinismo pseudo-internazionalista, per il q L1ale a qualche socialisLa pareva
indifferente la sorte del B elgio e della Serbia, non
è esagerazione meno grave quella opposta, per cui
taluni - considerando i rapporti della politica estera
come lo statnto dei caYalieri del San Graal avrebbero la pretesa antidemocratica che tutto un
popolo si esp onesse ai maggiori sacrifizi per interessi troppo indiretti. Senza contare che, se oggi
la politica franco-inglese coincide colla difesa del
principio di nazionalità in Europa, il governo russo è
sempre il governo russo. Del resto, la stessa Inghilterra
121
LO
non si sarebbe mai mos~a. se la <iermanin non
Ma uiù
l'avesse minacciata direttamente dalla costa cld
Belgio e indirettamente sul 1\lediterraneo, colla pro-
strettanwnte naz;ionale un equilibrio nella concorrenza. anglo-germanica. ci sarebbe ben più utile che
lo schiacciamento della sola Inghilterra, o della sola
gettata conquista delle colonie nord-africane dellè~
Francia.
quando sia tale - (~ una
Il panciafichismo
viltà. Ma l' idea cli farsi ammazzare prevalentemente
per gli altri, è cosa da serYi: o da ingeHui.
X elle attuali condizioni di Europa, un PaPso
può fare anche la gnerra. ma solo per i p1'opri infr
1
-
1·essi dfretti ecl essenziali, specialmente se questi
coincidano con giusti principi generali. Siamo 1101
già completamente in questa condizione?
Sul terreno degli interessi nazionali molti sembrano oggi ritenere che, servire la Germa.nia, o
l'Austria sia poco patriottico, ma lo sia in vece serYir
la Francia, l'Inghilterra, o la Russia. Dal punto
di vista italiano, a me sembra invece che le due
cose si equivalgano, o quasi.
L' Italia ha l' interesse indi'retto che la Germania
non diventi egemonica e non si insedii nel Mediterraneo. Per fortuna questo pericolo è ormai scomparso. E perchè allora non riconoscere che nel
Mediterraneo noi siamo in una trappola le c.:ui
chiavi sono possedute dall'Inghilterra? Io foiono
,;;empri!:' stato un sincero ammiratore dell' Inghilterra.
11011
mi impedisce di vedere che sul terreno
Germania.
'l'ranne che per il punto di Trieste, i nostri diretti interessi nazionali di oggi sono, non tanto contro
la G-ermania, quanto contro l'Austria.
Domando: cosa cede l'Austria? quando ce lo
eede? Quali impegni ci si domandano per la pu1·a
e semplice conservazione della neutralità?
Be poi si dovesse definitivamente intervenire
irn;ieme colla Intesa, perchè dovremmo intervenire
in uu momento che, agli effetti dello sforzo da
compiere, potrebbe parere ancora prematuro?
Io mi sbaglierò: ma un Paese che conservi le
sue forze fresche non potrebbe, nella generale spos8atezza, farsi valere ancor più oggi che domani?
Nei riguardi internazionali, è sempre vero che il
premio è in ragione dello sforzo già fatto? O invece
11011 diventa anche vero, date certe condizioni, che
il premio può diventar proporzionale alla forza ... di
chi non è ancora stanco?
Infine lo sLato d'animo della grande maggioranza
del Paese ?'eale, quu.le e veramente oggi? e quale
potrebbe essere invece in altro momento?
122
Questi cd altri sono i qtwsiti che mi sembra
dovrebbero -
allo sblto delle cose -
prcoceupare
tutti col oro eho hanno conserYata la propria obbiet·
tività.
Solo di fronte all' irrevocabile essi potreLbero e
dovrebbero tacere completamente.
Il Libro Verde
e le trattative coli' Austria= Ungheria.
Il Libro Verde presentato dal Governo al Parlamento il 20 maggio 1915, e che riproduce documenti ufficiali dal 9 decembre 1914 al 4 maggio 1915,
è interesRantiRsimo così per quello che dice in sè
stesso, come per le considerazioni che indirettamente
autorizza.
Cominciamo dalla prima parte.
Mentre il Governo italiano, in occasione dell'avanzata dell'Austria in Serbia, e più precisamente
a partire dal 9 decembre Hl 14, chiedeva al Governo
Austriaco - in base al famoso articolo VII del Trattato di Alleanza - che riconoscesse all' Italia il di. ritto a compensi (documenti l e 2), e dichiarava
che i:;olo in tal modo la neutralità italiana avrebbe
potuto essere mantenuta, il Governo del duplice Impero, dopo aver negata in mille modi l'applicabilità
nella fattispecie del citato articolo (documenti 3-7)e quindi il punto stesso di partenza per ogni trat-
125
tativa. - si indnceva ~1.d anunetlerla solo il 20 ckccmbre
nomo ed i11di1wnclP11te della eiLtà di Trieste e del
l~lll
suo Lerriturio. Risultò subito chiaro (documenti 71,
7•1, 7G) uhc il Governo au:-;triaco, almeno sino a tutto
i.l •.l: maggio UH6 - termine al qua.lo si è visto arrestarsi il Libro Verde - non accettava tali proposte, e speeialmente quella relativa alla sistemazione di 'rrieste.
Infine, irnmtre il GoYerno italiano con dichiarazione 4 marzo 191G preavvertiYa che i territori ceduLi avrebbero dovuto essere occupati dall'Italia immediatamente, e 11011 già a guerra ultimata, e che
q nesta era nlla delle condizioni es8enziali pernhè si
potesse venire ad un ac0or<lo, il Governo austriaco,
almeno fino al 4 maggio 1915, non aveva mai a,derito ad un tale criterio.
(rlu{;nmento i).
AYendo il Go\'erno italiano, in cl ala 7 ge111miu I HL3
(documento 10), posta genericamente hi. l1 uesLio11e clit·
i compensi all'Italia cloveYano riflettere « la 0L'ss1011e
di territori giti. appartenenti all'Impero Aust ru-011garico » ( 0ioè di terre irreclent e) ed affermalo e he
il mantenimento della neu~ralità italiana. 11011 sart·l>bt·
stato possibile se i eompensi basati sull'art. VII non si
fossero concretati in tale direzione, il G-overno ansi riaeu, dopo una lung<1. ::;erie cl i tergiversazioni e· cl i c:011 troproposte, soltanto il D marzo 1915 (documenti i3\J--11)
consenti rn a discutere la q nestione clei compern;i
sulla base cli principio avanzata dall'Italia.
Dietro invito del Governo Aui:;triaco, il Governo
italiano l' 8 aprile H.J15 (documento 64) formulava
le sue propo8te :·mi compensi: proposte '·he si era
rifiutato di render note. prima che l'Austria a.vC'sse
accettate, almeno in parte, le accennate pregiudiziali.
Le domande erano chiare ed eque: e costituivano
un onesto componimento fra la necessità per l' Itnlia.
di risolvere organicamente dati problemi morali, po;
litici e militari, e l'opportunità di tener conto anche
di taluni interessi sostanziali dell'altra parte. Basti
ricordare che si chiedeva la cessione del Trentino,
ma coi confini che ebbe il Regn o italico nel 1811,
e che 8Ì proponeva la costituzione in uno Stato auto-
Quanto alla Germania, risulta dal Libro Verde
che essa, ben inteso nelr interesse della propria politica, ha influito grandemente:
"
l 0 ) affinchè il Governo austriaco accettasse il
principio di dover dare compensi all'Italia in base
all' a.rt. VII del Trattato (documenti 5 ed 8) ;
2°) affi11chè il Governo austriaco riconoscesse
che questi compensi dovevano riguardare terre irredente, e li concretasse nell'offerta del Trentino (documento 11).
Naturalmente il Libro Verde, fermandosi al
3-4 maggio 1915, momento della denunzia da parte
12G
dell'Italia del trattato di alleanza coll'Austria, non
ci può illuminare sugli avvenimenti ('he si sono svo1 ti
di poi. È però ormai nolo che, dopo la aeuennata clemmzia, gli Tmperi centrali fecero penenire eoucessioni più larghe - sulla, cui entità maneano tuttora,
notizie ufficiali ; ma che il Governo italiano non
potè prenderle in co11siderazio1w, una volta che nel
frattempo aveva assunti impegni eolla Intesa.
Oltre a precisare direttamente elementi cli fatto
importantissimi, il Libro Verde permetto indirei tamente considerazioni più generali, o, quanlo mt>110,
se queste erano già intuitive, le conforta di ulteriore autorità.
Le resistenze austriache a fare eonce::is10111, ::ie
erano andate man mano scemando per quel clH' riguarda il Trentino, erano rimaste ::;empre lenacissime per tutto quanto riguardava l'Adriatico, ed in
ispecie Trieste. Collateralmente le pressioni delht Germania, mentre erano state energiche per indurre
l'Austria a concessioni nel Trentino, non si erano
mai manifestate tempestivamente rispetto all'alLro
campo, e quando, troppo tardi, agirono anche in
rapporto a quest'ultimo, portarono sempr e a concessioni di carattere ben altrimenti dubbio.
Il che, se costituisce una nuova dimostrazione del
fatto notissimo che gli interessi dell'Austria erano più
forti rispetto all'Adriatico ed a Trieste che rispetto al
127
Trentino, indica anche come la stessa Germania considerasse in parLP suoi gli interessi austriaci sul primo
teatro. 8i hèl. così una ulteriore e caratteristica riprova del fatto ('be la German ia, attraverso all'Austria
che andava sempre più considerando come la sua
lnno·a
mano lwl sud-est d'Europa, mirava a Trieste,
b
e che :-:ul terreno nazionale la questione di Trieste
costituisce veramente il punto in rapporto al quale
gli interessi della Germania e quelli dell'Italia sia. pure dietro il paraYento dell'Austria - si trovano in conflitto diretto.
Inoltre le concessioni austriache registrate nel
Libro Vercle, non solo risultavano irnmfficienti acl
una sistemazione organica - per quanto nello stesso
tempo equitativa - degli interessi italiani, ma erano
subordinate sempre alla condizione di venir effettuate alla fine della guerra europea. Era dunque
chiaro che l' A mitria e la Germania diffidavano del1' Italia; temevano che, dopo aver realizzato quanto
desiderava, si fosse mossa egualmente; e intendevano quindi conservare contro di essa un pegno nelle
loro mani.
D'altra parte il Governo italiano, mentre doveva
sentire tutta l'offesa di un tale sospetto, e si rendeva
conto che la mancanza della esecuzione immediata
non s;~rehbc stata accetta a gran parte della opinione
pullhlicn, ~i sa.pc>va. di fronte ad un formiclaùilr bivio.
12!J
128
Se gli Imperi centrali -
o qnantn meno 1' Auslrin-
cla
Ull
orientanwnlo politico ad nn altro, senza un
periodo iuiennedio di naturale addattamento all'a,b-
Ungheria - avessero perduta la gnerrn, es8i non
si sarebbero trovati in condizione di mant,cnL·re gli
bandono clr->Jle consuetudini e relazioni antiche ecl
impegni assunti coll'Italia. 8e in ,·ece la guerra fosse
alla assunzione delle nuove, e
stata da essi vinta, allora essi acquisl anno la li-
sario per la preparazione militare?
sern~a
il tempo neces-
bertà di non mantenerP la parola, o cli mantenerla.
Comnnq ne, nna delle ragioni essenziali per cui
Nel primo caso, era per l'Italia la g;nerra iiella
diffic.:ilmente l'Austria-Ungheria poteva <lare all' I-
peggiore delle situazioni; nel secondo caso: data la
talia concessio11i sufficienti; risale alla sua sf essa
costituzione politica. Essa è un conglomerato m cui
crescente dipendenza dell'Austria dalla CiC>nna n in. e
data la natnra rlisputahile di taluna delle u]tilll!! P
più larghe concessioni, specie in riguardo allR- sit trnzione di Trieste, l'Italia avrebbe dovuto ric..:ouoscere
ad una delle alleate graclo e funzioni di giuclic-e snperiore, e, quel e;he peggio -
date le aspirazioni
della Germania su Trieste -
di giudiue nella, sna
stessa causa.
Questa situazione moralmente e politi<'amente
falsa si riconnetteva alla sua volta a due ordini più
generali di cause.
Tutti intuiscono le ragioni che possono aYerc· indotto il Governo italiano alle trattati ve coll' ..c\.ustri aUngheria. Fosse o non ±osse esso persuaso, sin clal1' inizio, che le trattative non avrebbero potuto condurre acl un risultato soddisfacente, chi si sarebbe
assunta la respomiabilità - di fronte al Paese
di chiudere a p1·io1·i la porta ad ogm speranza cli
componimc·nto pacifico? E come d'altronde passare
due soli gruppi godcYno pienezza, o quasi, di diritti
nazionali: i tedeschi, ed ormai anuhe i magiari.
Tntt i gli altri gruppi- quasi sempre brandelli di altre
nazionalità, le quali confinano coll'Impero dopo essen;eno emancipaLe per lo stesso moLo che anima
le parti ancora rimasLevi - sono poli Licamen te sottoposte in modo diretto all'uno, od all'alLro dei due
gruppi dominanti.
Come dunque potrehbe l'Impero restituire il
Trentino e l'Istria all' Itali.a, e rifiutarsi nello stesso
tempo cli consegnare, per esempio, la Transilvania
alla Rumania? L'impossibilità di cedere agli uni
od agli altri senza l'esperimento della guerra. clive11ta così por il dLtplice Impero una conseguenza
necessaria della sua stessa costituzion e. Ancora una
volta l'ingiustizia genera l'ingiustizia.
Per sfuggire all'atroce dilemma di
dere colle buone, o di cedere dopo la sconfitta, il
131
130
È umano ch e l a G ermania. e l'Austria, anzichè
aYrebbe aYnto che nn moclo:
riconoscere eh<" la loro i>tessa condotta aveva am-
trasformarsi in una vera e propria federazione, in
piamente legittimata la dichiarazione di neutra-
cui ogni nazionalità aves:-;e goduto compl<"la pariUi
lità dell' Jtalia nell'agosto del 1914, considerassero
di trattamento. Ma è proprio quello che i tl irigent i
della pohtica anstro-ungarica non hanno rncti voluto
un i ale atto, non solo come lesivo cl e i loro interessi '
ma come contrario agli impegni della Alleanza.
fare.
Certamente, una ,·olta che la politica au~t ro un-
Tuttavia, attraverso alle trattative, l'Austria avrebbe
dovuto darci un compenso proprio per la conser-
garica era ormai sotto il controllo di un altro Stato,
vazione di quella nostra neutralità, e la Germania
lo Stato germanico, e che entrambi gli. Imperi si
trovavano così a fondo impegnati nel tremendo
conflitto da essi stessi scatenato, tali consi<lernzioni
avrebbe doYuto influenzarla a tale scopo! Come
vanno modificate nel senso che la Germania a\ rPbbe
com:eguenza di un creduto ricatto <la parte nostra?
Alla sua volta il Governo italiano ed il Paese
duplice Impero
11011
potuto rappresentare la forza nuoYa atta ad indurre
dall'esterno la duplice Monarchia a concessioni ec-
nascondersi che l' A mitria, e mediatamente la Ger·
mania, avreùbero visto nelle promesse <'essioni la
dovevano bene avvertire che una neutralità la quale
cezionali limitatamente a c1nella nazionalità che era
comune interesse tener lontana dalla grande lotta
<:1.vesse avnt·o l'apparenza cli venir pagata, sia pure
con compensi informati al principio di nazionalità,
europea. Ma poichè nella questione di Trieste cinche
avrebbe acquistato un carattere moralmente offen-
lo Stato germanico aveva una opposizione cli inte-
sivo. Una neutralità che non ponga condizioni e
ressi coll'Italia, ciò spiega ulteriormente come mai
non chiegga compemii, potrà essne un atto politi-
l'Austria avesse potuto, almeno fino al 4 maggio
1915, essere indotta, contro tutte le sue tradizioni,
camente ingenuo per un Paese che non abbia an-
a cessioni nel Trentino, ma nè a cessioni ' e nemmeno e concessioni equitatiYe, rispetto a Trieste.
L'altra ragione essenziale per cui difficilment~
le trattative avreùbero potuto riuscire, è data dalla
situazione morale che esse implicavano per en\ ram he
le parti, e pitl specialmente per noi.
cora completamente raggiunto la propria unità ed
indipendenza, ma è sempre un atto irreprensibile
snl terreno morale. Invece, una neulralità che raggiunga anche i massimi vantaao-i
territoriali ' ma
::-00
che li raggiunga per mezzo <li nn mercato, e' un
atto che può prestarsi alle peggiori interpretazioni.
Il Partito socialista. italiano, sia pure attrawrso
ad incertezze, sentì sempre qnesto aspetto della
questione; e perciò fu sempre contrario al concetto
che la neutralità italiana venisse mercanteggiata.
Nella adozione della formula: neutralità « assolnta
questo sentimento ebbe un grandissimo peso.
»,
L'errore di molti sostenit.ori di tale formula fu
quello di creden~ che le aspirazioni massimaliste
di un Partito di aYvenire e quindi anche di minoranza, avessero potuto nel presente periodo storico
diventare realtà politica per un Paese che, prima
del chiudersi del conflitto europeo, doYeva risolvere
determinati problemi nazionali.
Le considerazioni di moralità. che contribuirono
alla adozione di quella formula sarebbero apparse
più evidenti a tutti, se . si foss6 affermato che indipendentemente da ogni diverso critnio sul carattere permanente, o meno, della neutralità- questa,
finchè avesse durato, mai avrebbe dovuto costituire
oggetto di preventiva contrattazione cogli Imperi
centrali .
I PROBLEMI DELLA GUERRA
Hltri volumi della collezione
CIPRIANO GIACHETTI:
CIVILTÀ FRANCESE E CIVILTÀ GERMANICA.
Vol mne in-U1° di pag. 310
.
.
.
L. 3,50
.
MARIO ALBERTI:
L'ECONOMIA DEL MONDO PRIMA
DURANTE E DOPO LA GUERRA EUROPEA.
Volume in-Hi di pag. f>lG
0
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L. 5.00
ARTURO LABRIOLA:
LA CONFLAGRAZIONE EUROPEA E
IL SOCIALISMO.
Volume in-16° di pag. vm-224 .
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. . L. 3,50
MARIO ALBERTI:
LE FINANZE DEL MONDO PRIMA
DURANTE E DOPO LA GUERRA EUROPEA.
Volume in-16° di circa pag. 300 di prossima pub-
blicazione
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L. 3,50
ATTILIO TAMARO:
ITALIANI E SLAVI NELL'ADRIATICO.
Volume in-16° di circa pag. 300 di prossima pub-
blicazione
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. . . . . . . L. 3,50