Don Cecilio Sosa è uno dei 93 piccoli coltivatori che

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Don Cecilio Sosa è uno dei 93 piccoli coltivatori che
Cacao bio
cucina
Hot
Chocolate
La finca idilliaca
della famiglia Sosa.
Don Cecilio Sosa:
fiero di essere un piccolo coltivatore di cacao.
Aree montane
di difficile accesso.
I frutti che crescono attaccati al fusto
sono la particolarità della pianta di cacao.
Don Cecilio Sosa è uno dei 93 piccoli coltivatori che producono
cacao bio per un progetto pilota di Chocolats Halba ed Helvetas.
Un viaggio nell’Honduras nord orientale.
Testo
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Foto
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cucina Cacao bio
L
o schiamazzo dei polli, il rauco cinguettare dei pappagalli e
fragorose risate in sottofondo preannunciano un’esplosione
di vita tropicale. In casa Sosa non c’è un attimo di silenzio.
Di tanto in tanto passano pure i vicini per quattro chiac­
chiere. Per le visite speciali mamma Florinda serve una
tazza di cacao, un rito laborioso qui in Honduras, perché i
chicchi di cacao seccati al sole vanno prima tostati a legna
con un po’ di mais, poi macinati a mano e quindi mescolati
con acqua calda e zucchero. Il tutto viene poi passato al
Per le visite speciali
Mamma Florinda serve una
tazza di cacao.
setaccio. «La ricetta è ancora quella di una volta», spiega la
signora. Gli ospiti si accomodano sulle seggiole in plastica
blu di fronte alla capanna in legno e sorseggiano la bevanda.
L’aroma è straordinario! Tutto attorno alla casa è un para­
diso lussureggiante di piante tropicali: alberi di avocado
e di rambutan, palme da cocco, legni pregiati certificati
e banani. E tra loro cresce rigoglioso anche lo zenzero.
Q
uella che all’occhio occidentale appare una caotica
giun­g la è in realtà la finca di Don Cecilio Sosa e famiglia.
La piccola fattoria nel villaggio di San Marco de Mahaine,
nell’Honduras nord orientale, ha un’estensione di ca. 1,4
ha. Al centro di questa lussureggiante vegetazione saltano
subito all’occhio gli alberi di cacao. I frutti pendono come
lampioncini direttamente dal tronco, i colori spaziano dal
verde al giallo fino al rosso scuro. Con le sue piante di
cacao Don Cecilio ha un rapporto interiore. «Sono un toc­
ca­sana per il terreno», precisa Don Cecilio Sosa, «lo ren­
dono fertile e resistente.» Il 54enne sa che i suoi antenati
utilizzavano le fave come denaro. Don Cecilio apprezza
molto anche la polpa agrodolce delle fave, che ama gustare
come spuntino. Afferra un frutto maturo e lo apre sca­
gliandolo contro una pietra, porta la polpa bianca in bocca
con la cabossa e la succhia con compiacimento.
Cacao bio
cucina
Don Cecilio è uno dei 93 piccoli contadini della
cooperativa APACH, che fornisce le proprie fave di cacao a
Chocolats Halba, un’affiliata di Coop. Così come la vicina
cooperativa San Fernando con i suoi 55 soci. Entrambe le
cooperative appartengono ad un progetto pilota che pre­
vede una stretta collaborazione tra Chocolats Halba ed
Helvetas. Si tratta di una collaborazione esemplare poiché
Halba è uno dei primi produttori svizzeri di cioccolato ad
occuparsi della produzione di cacao direttamente in loco.
P
erché proprio l’Honduras? La scelta è ricaduta su questo
piccolo paese del Centroamerica in quanto è considerato
una delle patrie del cacao, possiede un ottimo patrimonio
genetico degli alberi e un clima ideale. Tuttavia, i numerosi
coltivatori di cacao dispongono di un know-how molto
limitato, pur essendo molto motivati ad imparare nuovi
metodi. «Eliminando gli intermediari siamo in grado di
pagare ai contadini prezzi onesti e dare loro una garanzia
di acquisto a lungo termine», spiega Christoph Inauen,
project manager di Halba.
Non privo di difficoltà, il rapporto diretto di colla­
borazione tra Svizzera e Honduras ha una sua ragion d’essere
e si rivela avveniristico nel suo genere: le conoscenze acqui­
site in Honduras dovranno presto essere implementate su
scala internazionale e concorrere a soddisfare la richiesta
attualmente molto elevata di cacao bio. Christoph Inauen
non si stanca mai di ripetere che questo progetto vuol essere
molto di più di un progetto bio. «Vogliamo consolidare
una coltivazione di cacao», spiega Inauen, «che si integri
Le conoscenze acquisite in
Honduras dovranno presto essere
implementate a livello mondiale.
armonicamente nel patrimonio forestale esistente», orien­
tata cioè a promuovere la diversità della specie. Assieme a
banani e legni pregiati certificati, l’albero di cacao è parti­
colarmente indicato alla coltivazione sostenibile. La colti­
vazione di cacao, prosegue Inauen, è per i contadini la base
del sostentamento alimentare e li rende indipendenti dalle
fluttuazioni dei prezzi del mercato mondiale. In più, questa
combinazione di agricoltura e foresta offre ricchi habitat
Grande quanto
un palmo della mano.
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Cacao bio
per gli animali. Senza contare che è anche uno dei migliori
sistemi per contrastare il riscaldamento climatico.
ll piccolo contadino Don Cecilio Sosa ha un rap­
porto pragmatico con l’ecologia: «Ecologia significa per me
rinunciare alla chimica, non uccidere animali e fare in modo
di non inquinare le falde acquifere». Ma mettere in pratica
tutto questo non è affatto semplice. Occorre infatti prevenire i devastanti effetti del fungo monilia senza pesticidi.
Per questo, ogni otto giorni Don Cecilio Sosa passa in
rassegna i 900 alberi di cacao e, ad uno ad uno, rimuove a
mano i frutti colpiti dal fungo, potando anche tutti i rami
che crescono al sole.
A
L’estrazione della
polpa e dei semi.
L’inizio della fermentazione controllata nelle cassette.
ltrettanto laboriosa è la raccolta. Dal momento che fioritura
e fruttificazione avvengono simultaneamente, la raccolta
deve essere effettuata una volta ogni due settimane, anch’essa
sempre a mano. Don Cecilio esamina ogni frutto più grosso.
Recide attentamente le cabosse più mature con la pinza
lasciandole cadere nella rete sottostante. Il giorno della
raccolta è il momento clou di tutta la filiera di pro­duzione
in quanto sarà decisivo per la qualità del futuro cioccolato.
È importante che nella cooperativa la fermen­tazione inizi
La resa giornaliera
del raccolto di Don Cecilio
è di circa 55 kg.
subito e in maniera controllata, il tutto in grandi quantità.
Per questo la raccolta avviene simul­taneamente per tutti i
contadini. Ogni 14 giorni tutti i membri della famiglia Sosa
prelevano il contenuto di ogni cabossa matura. La massa
bianca di polpa e chicchi, chia­mata in gergo «baba», deve
raggiungere il prima possibile la cooperativa prima che inizi
a fermentare spontaneamente. Da ogni parte arrivano frotte
di contadini con cavalli dalle cui selle pendono i sacchi
contenenti il raccolto del giorno. Per Don Cecilio la resa
di una giornata lavorativa è di circa 55 kg. Per i contadini
la giornata volge al termine. Si ripo­sano dedicandosi alla
loro attività preferita: riunirsi in gruppo e chiacchierare.
Un momento di relax
dopo la faticosa raccolta.
Cucina
Nel frat­tempo i collaboratori della cooperativa svuotano
i sacchi di baba in casse di legno e li mescolano per bene.
La fer­men­tazione controllata ha inizio.
C
hocolats Halba ed Helvetas stanno al momento cercando di
analizzare e ottimizzare alla base questi complessi processi.
Solo attraverso una fermentazione controllata con estrema
precisione, le fave di cacao sviluppano quel delicato aroma
che rappresenta la base per un raffinato cioccolato Grand
Cru. Gli acidi della polpa e le sostanze amare delle fave si
compenetrano a vicenda e sviluppano in una settimana un
complesso corredo aromatico. Le fave così fermentate ven­
gono essiccate in un edificio separato.
C
on le navi mercantili il delicato carico raggiunge la Svizzera.
In queste settimane dai chicchi di cacao prodotti da Don
Cecilio e dai suoi amici nascono alla Chocolats Halba di
Winterthur i primi campioni di cioccolato. Sapere che sono
frutto della natura e che la loro produzione ha contribuito
a rendere soddisfatte tante persone li rende ancora più
gustosi. _
CACAO BIO DA COOP:
Chocolats Halba
lavora in stretta collaborazione con l’organizzazione per gli aiuti
allo sviluppo Helvetas . Forte del vasto bagaglio di esperienze
nella produzione e nello sviluppo di articoli biologici ed
equo-solidali , Helvetas si occupa della formazione dei con­
tadini. Halba assicura prodotti di Qualità e retribuzioni oneste
ai lavoratori. Oltre al progetto descritto in questo articolo ne esiste
un altro nell’ Honduras nord occidentale: in una zona della
foresta pluviale devastata dal disboscamento
si procede, di concerto con i contadini, alla riforestazione a cam­
pione di interi sistemi boschivi attraverso la coltivazione integrata di cacao . Naturalmente in entrambe le località la colti­
­vazione è conforme alle direttive di Bio Suisse .
La pesatura del raccolto.
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Cucina Cacao bio
Rubrica
INTERVISTA
Cosa spinge Helvetas a portare avanti
il progetto del cacao in Honduras?
Il cacao vanta una lunga tradizione in Honduras. Dal
punto di vista naturale le condizioni qui non potrebbero essere più ideali. L’importante per noi è che si tratti
di sistemi di coltivazioni tipici e locali, piccole realtà
famigliari situate su pendii montuosi paragonabili a
quelle dei nostri contadini di montagna svizzeri.
Cosa fa concretamente Helvetas con i suoi
progetti bio e di commercio equo e solidale?
Seguiamo un approccio pragmatico. Gettiamo un ponte tra i contadini locali
e un’azienda che trasforma la materia prima in un prodotto pronto per
il mercato. I contadini in loco non sanno nulla sulla certificazione biologica
e sugli standard di qualità internazionali. E per di più non dispongono di
nessuna struttura organizzativa. Cerchiamo di formarli e di rafforzare le loro
competenze amministrative per renderli partner commerciali di pari valore.
Cosa ha spinto invece Helvetas a scegliere
Coop e Chocolats Halba come partner?
Volevamo stringere un’alleanza con un azienda innovativa pronta a assumersi
una responsabilità sociale e a pensare con lungimiranza. Halba corrispondeva
al nostro profilo. Il progetto del cacao fornisce a tutto il settore validi input dei
quali potranno presto trarre beneficio anche altre aziende. Halba si posiziona
così in prima linea in fatto di cioccolato biologico e commercio equo e solidale.
Le arance di Ali.
CIOCCOLATO AL LATTE
Cacao, latte
e zucchero
CIOCCOLATO CON AGGIUNTE
Ad esempio nocciole,
mandorle, frutta e nougat
CIOCCOLATO FONDENTE
Cacao e zucchero
Come avviene la collaborazione?
Si tratta di un’operazione per nulla semplice. I nostri obiettivi sono in parte
differenti: mentre le priorità di Halba a fine esercizio sono gli utili, le nostre
sono i processi di apprendimento a lungo termine. Per questo dall’inizio
della collaborazione nel giugno 2008 intratteniamo un dialogo continuo. La
disponibilità alla comunicazione e al compromesso è essenziale.
Negli ultimi tempi la coltivazione di cacao ha visto emergere
fenomeni di lavoro minorile e di sfruttamento. Qual è la sua
posizione in merito?
La situazione cambia da paese a paese. Il fenomeno è più diffuso nelle grandi
piantagioni come in Costa d’Avorio, ma molto meno frequente in piccole
aziende famigliari. La coltivazione di cacao in Honduras è completamente
estranea al fenomeno dello sfruttamento minorile. Più del 95 per cento dei
bambini hanno accesso alla scuola elementare, i bambini più poveri ricevono
i pasti per motivare i genitori a mandarli a scuola e proteggerli dalla corvée.
L’istruzione è un valore culturale promosso dallo stato.
Georg Weber dottore in agronomia, rappresentante per Helvetas in Honduras,
più di 20 anni di esperienza in Africa, Asia e America Latina.
14 - coop verde 1/10 Illustrazioni: Valérie Losa
CIOCCOLATO BIANCO
Burro di cacao,
latte e zucchero
TRUFFES
Croccanti palline di cioccolato
con un morbido ripieno
Cucina
Testo
«Se non fosse per gli arabi, la vostra cucina oggi sa- le arance in Europa dall’Asia», ribatte Isabelle con una punta
rebbe vuota e insignificante. Noi vi abbiamo fatto conoscere di malcelato orgoglio. «In tutto il Portogallo esistono ancora
tanti nuovi prodotti, vi abbiamo insegnato ad allevare gli diverse piante ottenute dai più antichi alberi di arance, che
animali e a distillare l’alcool», mi rimproverò Ali qualche già nel XIV secolo i nostri marinai portarono a Lisbona.»
tempo fa ai fornelli. A scatenare il suo sfogo fu una mia uscita.
Dissi che oggi nel panorama gastronomico locale, la cucina
I Mori, infatti, introdussero in Europa le arance
araba ha ben poco da offrire, fatta eccezione per qualche amare, o melangole, passando per la Sici­lia. Un agrume che
stuzzichino libanese o un oc­
troviamo ancora nell’aranciaca­­sionale cous-cous. Ali mi
ta. Ma fu solo grazie ai ma­ri­
obiettò di aver tralasciato un
nai portoghesi che l’aran­cia
piccolo particolare: la cucina
dolce, nata molto pro­babil­
araba è un ricco mosaico gamen­te in Cina attorno al 3000
stronomico che include una
a. C. dall’incrocio tra un pomiriade di specialità persiane,
melo e un mandarino, giunse
egiziane o yemenite ormai da
sino a noi in Europa. Né i
tempo accreditate nei templi
Greci né i Romani cono­sce­va­
della ristorazione di Londra e
no prima questo dolce frut­to.
di Parigi. Ali, che è di nazio­na­
Ipotesi suffragata anche dallità libanese ed è sposato con
l’assonanza del termine greco
Souad, cittadina marocchina,
«portokali», che si­gni­­­fi­ca aran­
si è sentito personalmente atcia, con la parola «portoghetaccato. A casa sua, infatti, la
se». Persino nel dialetto napocena è di soli due piatti: le Mezletano, il popolare frutto si
ze, una specie di tapas orien­
chiama «portogallo». «D’ac­
tale, e il cous-cous. Un menu
cor­do», ribatte Ali, «voi por­
eccellente, be­nin­te­so, ma che
to­­ghe­si sarete stati anche i
a lungo an­dare non brilla cerprimi a conquista­re l’Europa
to per varietà.
con
le vostre arance, ma noi
Arance, datteri, melagrana e menta
arabi le conoscevamo già da
«Senza di noi non sapreste nemmeno cosa sono le una vita, quando in Europa voi raccoglievate ancora mele
arance», prosegue Ali nel suo sfogo, agitando qua e là il col- selvatiche e frutti di bosco.»
tello con il quale filettava gli agrumi. «E nemmeno la melagrana, i datteri o la grappa all’anice.» Tutti ingredienti con i
Stavamo sbucciando le ultime arance quando Ali,
quali Ali prepara la sua leggendaria insalata di arance, dat­ indicando a testa alta la carta colorata che avvolge gli agruteri e melagrana che lascia marinare con un sughetto di can- mi, puntualizza. «Persino queste arance biologiche vengono
nella e grappa all’anice e che poi cosparge di foglioline di dall’Egitto, c’è scritto pure sopra!» Ma quando Isabelle gli
menta marocchina fresca. Una prelibatezza orientale che su- chiede come si dice arancia in arabo, Ali fa per abbassare lo
pera ampiamente qualsiasi altra macedonia di frutta che io sguardo e farfuglia tra sé e sé una sequenza incomprensibiabbia mai assaggiato.
le di parole. Insistiamo e gli chiediamo di ripeterle. Solo
allora il giovane alza il tono ­della voce e dalle sue labbra
Sulla melagrana e sui datteri Ali non ha tutti i torti, esce un suono simile a «al burtuqal». _
come del resto sulla grappa all’anice. A onor del vero sono
stati proprio gli arabi ad insegnarci la distillazione e a por- La ricetta della macedonia di arance, datteri e melagrana
tare i semi di anice dal Medio Oriente sino in Europa. Ma è di­sponibile al sito www.coop.ch/verde
sulle arance, Isabelle, la nostra fatina portoghese dei fornelli, Per domande potete scrivere direttamente al nostro columnist:
non transige. «Siamo stati noi portoghesi i primi a portare [email protected]
Illustrazione: Eduardo Recife 1/10 coop verde - 15