Articolo - 01 Nell`arco del temponovità!
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Articolo - 01 Nell`arco del temponovità!
Nell’Arco del tempo… Non è facile illustrare in poche righe quanto la storia dell’Arco e quella dei popoli del nostro mondo camminino di pari passo fin da quando l’Uomo inventò questo strumento. L’arco fu inventato circa ventimila anni fa. Da allora e fino a cinquecento anni fa l’arco è stato in tutte le civiltà e in tutti i tempi uno strumento necessario per la sopravvivenza personale e del proprio gruppo, vuoi perché utilizzato per la caccia che per la guerra. Solo negli ultimi cinque secoli nella civiltà evoluta è diventato uno strumento ricreativo e sportivo, seppure ancora si pratichi la caccia e la pesca con l’arco e, in molte parti del mondo, anche la guerra. Le origini L’invenzione dell’arco risale ai tempi della fine dell’ ultima era glaciale. L’uomo che allora si era rifugiato nelle più calde terre africane, al ritirarsi dei ghiacci nel vecchio continente, torna a popolare queste terre. Dove prima c’era il ghiaccio ancora non si e’ formata la vegetazione boschiva, quindi per colpire una preda e portare il cibo alla propria tribù non era possibile preparare un agguato come in un bosco. La preda ti vede sempre. Occorre inventare un’arma nuova. L’uomo già utilizzava armi da lancio come lance e propulsori. L’invenzione dell’arco gli permise però di lanciare le proprie armi verso le prede a distanze e con forze d’impatto mai realizzate prima. Poteva quindi colpire fuori dalla cosiddetta “zona di allerta” della preda, riuscendo a nutrirsi e quindi a sopravvivere nelle terre nuove appena scoperte dalla glaciazione. Testimonianze dell’uso dell’arco nel paleolitico superiore e nel neolitico si trovano nelle pitture rupestri delle grotte di Altamira in Spagna e di Lascaux in Francia. Egizi, Assiri, Parti, Mongoli Nell’Asia e in Egitto ci sono numerose testimonianze dell’uso dell’Arco fin da epoche arcaiche. Bassorilievi Assiri che ritraggono scene di caccia e di guerra con l’Arco sono presenti al Pergamon Museum di Berlino. Il tipo di arco (ricurvo) e la postura dell’arciere dimostrano un notevole progresso tecnologico e una tecnica efficace di tiro. L’arco veniva usato sia in guerra che per la caccia. Nella caccia il leone era preda esclusiva del re. Nelle tombe egizie sono stati ritrovati archi corti di metallo. Anche qui le pitture ci raccontano dell’utilizzo in caccia e in guerra. Parti, Mongoli e Persiani erano veri maestri nella costruzione e nell’uso di archi e frecce. L’Arco era parte integrante della loro cultura come il cavallo. Questi popoli si procacciavano il cibo per le steppe e i deserti con l’unica arma che gli permettesse di colpire a distanza le prede. E in guerra erano così temuti e ammirati che ci sono arrivate testimonianze del loro valore prevalentemente dai popoli che hanno combattuto e sconfitto. L’impero cinese, per salvaguardarsi dalle invasioni mongole di Gengis Kahn, fu costretto a costruire la più imponente struttura mai creata dall’uomo: la Grande Muraglia. Nonostante ciò furono invasi e conquistati grazie soprattutto all’utilizzo in velocità dell’arco a cavallo di cui i Mongoli erano veri maestri. Nella storia greca gli spartani riuscirono a fermare le truppe persiane di Serse alle Termopili, ma la minaccia dei persiani era di “oscurare il cielo di giorno con le loro frecce”. Anche i Romani hanno subito gravi sconfitte da questi popoli. La battaglia di Carre (53 a.c.), raccontata da Cassio Dione (storico romano dell’epoca), documenta la disfatta dei romani di Crasso (40.000 unità) da parte dei Parti (10.000 arcieri a cavallo e 1.000 cavalieri corazzati). La tattica di guerra conosciuta come “La freccia del Parto” consisteva nel fingere la fuga a cavallo facendo scompaginare le linee all’inseguimento per poi voltarsi dal cavallo al galoppo e scagliare frecce facendo trovare così il nemico inerme sotto una pioggia di frecce. La pioggia di frecce La pioggia di frecce è stata, dai tempi documentati storicamente fino al 1500, l’artiglieria degli eserciti. Una bellissima descrizione di Cassio Dione proprio per la battaglia di Carre fa comprendere l’impatto anche psicologico che una pioggia di frecce aveva sugli schieramenti nemici: “I dardi, piombando in massa sui romani da ogni parte, ne ferivano mortalmente parecchi, e parecchi impossibilitavano a combattere. E nessuno poteva trovar pace. Infatti i dardi sfrecciavano sugli occhi, sulle mani e su tutto il resto del corpo; trapassavano le armature, li lasciavano senza protezione e, continuando a ferirli, li costringevano ad esporsi: se qualcuno si difendeva dal dardo o cercava di estrarlo, un altro lo colpiva e una ferita si aggiungeva all’altra. Che si muovessero o restassero impassibili, non avevano via di scampo, poiché entrambe le soluzioni erano insicure e portavano alla morte: infatti la prima cosa gli era impossibile, mentre la seconda li rendeva più vulnerabili.” (Cassio Dione, XL 22,2) I Greci: l’Arco nella mitologia Per i popoli Greci e Romani l’arco non fu considerato arma di rilevanza strategica, almeno fino alla battaglia di Carre. Tuttavia era considerato un ottimo attrezzo per la caccia e costituiva un simbolo che accompagnava tutta la mitologia antica. Vorrei ricordare i due “campioni” dell’Olimpo di tiro con l’arco: Apollo e Diana. Tanto bravi e tanto rivali tra loro. Si narra che Apollo sfidò Diana a prendere un puntino all’orizzonte del mare davanti a loro, Diana tirò la freccia e colpì il bersaglio, accorgendosi solo dopo di essere caduta nel tranello del rivale: quel puntino altro non era che il proprio amato Orione su una barca dalla vela nera che era venuto a cercarla. Orione morente fu trasformato dalla dea in costellazione. Lo possiamo osservare molto bene nelle nottate invernali sopra le nostre teste. Un altro mito greco narra che Apollo donò il suo arco ad Eracle. In punto di morte Eracle lo donò a Filottete, grande arciere e guerrieri greco. Filottete avrebbe dovuto partecipare alla guerra di Troia, ma durante il viaggio per unirsi alle truppe greche fu morso al tallone da un serpente e fu costretto a rimanere nell’isola di Lenno. Su promessa di guarigione dalla cancrena al tallone fattagli da Ulisse, Filottete regala il suo arco a quest’ultimo. L’arco di Apollo si ritrova quindi protagonista di uno dei più bei pezzi dell’Odissea di Omero: La strage dei Proci da parte di Ulisse. Romani e Sassoni: l’Alto Medioevo Durante il primo millennio D.C. nella civiltà occidentale l’Arco prende sempre più importanza come arma strategica e come strumento di caccia. Si sviluppano geometrie diverse dell’arco in popoli diversi a seconda della natura delle terre e delle tattiche di guerra. In epoca bizantina vengono scritti diversi trattati strategici sull’uso dell’Arco in battaglia e sulle tecniche di addestramento delle guarnigioni di arcieri. In questi trattati vengono descritti i quattro pilastri della preparazione bellica dell’arciere: precisione, forza, velocità e destrezza. Parti significative di questi trattati sono stati raccolti nel libro “Peri Toxeias” di Giovanni Amatuccio citato in bibliografia. Se i bizantini avevano ereditato dalle popolazioni barbare dell’Asia un arco composito corto (adatto per la caccia e la guerra da cavallo) i popoli del Nord Europa usavano da sempre archi lunghi molto più facili da costruire e da tendere e adatti per un uso a piedi e in formazione da guerra per la pioggia di frecce. Il Giappone: il Kyu e la sua cultura In Giappone la cultura della difesa dei villaggi da parte dei Samurai è millenaria. Guerrieri dediti esclusivamente ad apprendere la via delle armi (kyu-do significa “via dell’Arco”) tramite processi di apprendimento e allenamento che duravano anche decenni. In Giappone fu creato un arco (yumi) molto efficace sia a cavallo che a terra, che permetteva di colpire il bersaglio in tutte le condizioni di tiro ma che necessitava di una tecnica di tiro estremamente sofisticata. I Samurai e i loro archi difesero molto efficacemente il Giappone dai tentativi di invasione da parte delle popolazioni mongole e dell’impero cinese per molti secoli. Furono superati solo dall’utilizzo di armi da fuoco a ripetizione nel 18mo secolo. Il film “L’ultimo Samurai” (2003) fa percepire efficacemente la potenza e le capacità di questi guerrieri e come sono riusciti ad arrivare fino all’era moderna. Medioevo, Inglesi, Battaglie di Crécy,Poitiers, Agincourt Nel medioevo europeo l’arco riveste un’importanza fondamentale nella cultura e nella storia. L’Arco ha segnato la storia della guerra dei cent’anni tra Francia e Inghilterra, permettendo agli inglesi di vincere battaglie importanti come quella di Crecy (21.000 inglesi contro 38.000 Francesi e alla fine della battaglia francesi in rotta e solo 50 inglesi morti sul campo), Poiters e Agincourt. La tattica di guerra tipica del cavaliere medievale (corazza, spada, prevalenza del corpo a corpo) viene superata dalla meno “cavalleresca” ma molto più efficace tattica della pioggia di frecce. In questo periodo nasce il segno di vittoria normalmente utilizzato anche ai giorni nostri: il dito indice e il medio alzati. I Francesi durante la guerra dei cent’anni, quando riuscivano a catturare un inglese, gli amputavano i diti indice e medio per impedire che questi potesse impugnare l’arco di nuovo contro di loro. Alla fine delle battaglie vittoriose gli inglesi, nell’atto di deridere e minacciare il nemico sconfitto, alzavano il dito indice e medio per far vedere che erano ancora in grado di tirare d’arco e colpire. Gli ultimi cinquecento anni Con l’avvento della polvere da sparo cambiano le strategie vincenti delle battaglie e l’arco viene abbandonato a favore del fucile (più lento nell’utilizzo ma con maggior gittata e precisione). L’arco viene relegato ad attività ricreativa. Tuttavia in Inghilterra viene scritto un importante trattato sull’arcieria (“Toxophilus” di Roger Ascham) e successivamente con le colonizzazioni ne viene riscoperto l’uso per caccia e guerra nelle tribù indigene delle americhe (Pellerossa, Amazzonia), dell’Africa e delle Indie Orientali. Dobbiamo aspettare il XIX secolo per una riscoperta dell’Arco come arma da caccia e l’inizio dell’uso come arma sportiva. Gran parte di questo ritorno è dovuto all’attività di caccia di Pope e Young (fine del XIX secolo) e dei loro studi largamente pubblicati sull’ultimo indigeno selvaggio trovato nei boschi della California, che si procacciava il cibo con il suo arco. Durante tutto il XX secolo l’uso dell’arco riprende vigore a partire dagli Stati Uniti, dove è regolarmente utilizzato anche per la caccia. In Asia, Africa, Oceania e nell’America del sud esistono ancora oggi popoli che usano l’Arco per la propria sopravvivenza sia nella caccia che nella guerra. In Europa l’arco viene utilizzato dal dopoguerra principalmente per scopi sportivi. La precisione è la sola caratteristica cercata. Tuttavia dagli anni ’60 comincia un crescendo dell’utilizzo dell’arco riprendendo gesti e filosofie di tiro vicine alla caccia e al “modo antico” di tirare. L’Arco nell’Italia contemporanea In Italia nel 1958 nasce il primo circuito di simulazione di caccia con l’Arco (Circuito Roving), precursore del tiro di campagna che culminerà con la scissione dalla FITARCO (Federazione Italiana Tiro con l’Arco) della FIARC (Federazione Italiana Arcieri di Campagna) nel 1983. Quello proposto dalla prima federazione era un tiro fatto generalmente in palestra o negli stadi, a distanze sempre conosciute e con tiri fatti dalla stessa posizione (ricerca della precisione e della purezza del gesto) La seconda federazione, a differenza della prima, praticava il tiro all’aperto (boschi e campagna), a distanze sempre sconosciute e con ciascuna freccia tirata in modo diverso dalle altre. Inoltre viene praticato il tiro al volo, il tiro a tempo e il tiro a bersagli mobili (ricerca dell’efficacia del gesto in qualunque situazione di tiro). Altre realtà nascono nel panorama arcieristico italiano: Lega arcieri medievali (tiro storico), ILA, URCA (tiro da caccia), ArcoUISP e altre realtà minori. Tuttavia la gran parte dei praticanti il tiro con l’Arco è presente nelle due federazioni. Negli ultimi due anni le due Federazioni hanno intrapreso un cammino di riavvicinamento importante, con l’obiettivo comune di associare lo spirito agonistico (con una scuola tra le migliori al mondo) e un’attività sportiva e ludica, legata all’aria aperta, alla cultura, alla storia e all’aspetto mentale. La crescita dei praticanti negli ultimi dieci anni ha subito un andamento esponenziale (nel solo Valdarno da una decina di praticanti nel 2000 siamo oggi a circa 240). Una delle ipotesi su questa crescita è la continua ricerca di attività all’aria aperta e dello sviluppo delle capacità ancestrali nascoste a cui lo stile di vita attuale spinge la maggior parte delle persone. Il Tiro con l’Arco indica una meravigliosa strada per condurre questa ricerca personale, grazie alla semplicità del suo gesto e alle numerose attività ad esso collegate: Sport, Cultura, Arte, Storia ma soprattutto la scoperta e il controllo delle nostre capacità ancestrali sopite. Federico Melucci Arciere e Istruttore Fiarc Arciere Fitarco Per info e contatti: http://www.09duck.it/ [email protected] Bibliografia Pignone-Verrelli: “L’arco, una macchina perfetta” Ed.Olimpia G.Amatuccio: “Peri Toxeias” ed.planetario R.Goeta: “La battaglia di Carre” (articolo) Rivista “Arco” n.3/2011 ed.Greentime R.Ascham: “Toxophilus” ed. Greentime Sitografia http://www.paleontologiaumana.it/paleosup.htm http://www.paleoworking.net/ http://www.corporazione.it/biblioteca/ArcostoriaII.pdf http://www.freewebs.com/iliade/wicca.htm http://www.outlab.it/ http://it.wikipedia.org/wiki/Filottete http://www.fiarc.it/ http://www.fitarco-italia.org/ http://www.urcasiena.com/wp-content/uploads/2010/04/volantino1.pdf http://www.cacciaconlarco.it/paginabase.htm