C`è un`Europa fuori dal gregge

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C`è un`Europa fuori dal gregge
anno 22 | numero 03 | 27 gennaio 2016 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
C’è un’Europa
fuori dal gregge
Dalle famiglie alle femministe, dall’ovest all’est, si fa strada
un mondo che testimonia un altro “progresso” possibile
EDITORIALE
IL bALzO ALL’InDIETRO DEL MATRIMOnIO EGUALITARIO
Adesso finitela con la lagna dei paesi
“progrediti”. Siamo italiani, non scemi
S
tiamo mandando in stampa tempi e non abbiamo molti dubbi su cosa accadrà di qui al 30 gennaio, quando il popolo del Family Day invaderà pacificamente Roma dopo che il Quirinale ha ricordato al governo
Renzi che così com’è la legge Cirinnà è incostituzionale perché le “unioni
civili” sono il “matrimonio gay” camuffato con un altro nome, mentre già
nel 2010 la Corte costituzionale sentenziava che «i costituenti tennero presente la nozione di matrimonio che stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso».
Accadrà che Renzi e i suoi padroni seguiteranno a camuffare la legge Cirinnà con emendamenti patacca, le cancellerie euroatlantiche a garantire
sostegno al loro giovin cameriere e la grande stampa a costruire provocazioni e grancassa intorno alla retorica tiranna secondo cui il “matrimonio gay”
è un diritto umano fondamentale superiore a ogni costituzione. Bene, sappiano Renzi e il suo regime di grand commis che non siamo una colonia. Siamo italiani. Popolo che per quanto
sia stato vessato e impoverito in un OnORE ALLA ChIESA DEL CARDInAL
ventennio di sovranità limitata, con- bAGnASCO, ALLE SUE pAROLE
vIGOROSE E REALISTIChE, E AnCORA
serva nel suo Dna il gusto della liberUnA vOLTA OnORE ALLA LOMbARDIA
tà, pace, bellezza, originalità, che
DEI LAICI ALLA RObERTO MAROnI
tengono testa all’omologazione e alle correnti artiche nichiliste e belluine. Quell’italietta di professorini complessati nei confronti dei cosiddetti “paesi progrediti” se lo dovrebbe ricordare: l’Italia non ha nulla da invidiare alla tecnocrazia puritana e moralista
che impone al mondo la “religione” dei diritti riproduttivi e gay, e specialmente cerca di imporla ai popoli del terzo mondo col vile ricatto sugli aiuti
umanitari (vedi documento finale del Sinodo sulla famiglia).
Siamo italiani, siamo il popolo più tollerante del mondo, non ci interessa con chi una persona s’accoppia. Ma non siamo scemi. Sappiamo cos’è un
uomo e cos’è una donna. Ci fa schifo il commercio degli uteri e dei bambini.
Sappiamo bene che, per quanto essa sia un’istituzione sociale in crisi (grazie anche alla ostilità che le riservano i poteri ricchi e viziosi), la famiglia
è la cellula fondamentale di ogni società e l’istituzione matrimoniale una
conquista civile orientata a proteggere la procreazione e il diritto dei bambinini ad avere una mamma e un papà. Il matrimonio non è stato inventato per riconoscere l’“amore”. Giacché in “amore” ciascuno fa come gli pare.
E non è che siccome uno “ama” due donne e il vicino di casa, allora tu fai il
“matrimonio egualitario”. Oggi con due identici, domani con l’harem. Perché se fai così, non è vero che progredisci. Se fai così, regredisci alla schiavitù della donna e dei bambini.
Dunque, onore alla Chiesa del cardinal Bagnasco, alle sue parole vigorose e realistiche, e ancora una volta onore alla Lombardia dei laici alla Bobo Maroni. Tutti idealmente e appassionatamente insieme all’altra e
consitente Europa che rifiuta di stare nel gregge condotto dal commissario Ue e dall’inquilino (per fortuna uscente) della Casa Bianca.
L’ASCIA NEL CUORE
Giggino
’a manetta
E così, dopo diEci anni, è finita Why
Not. È terminata con le assoluzioni degli ultimi politici che ancora attendevano la sentenza. Abbiamo dovuto aspettare così tanto per scrivere che
quell’inchiesta era una bolla di sapone? No, almeno da queste parti, lo azzardammo dal principio, insospettiti dalla tracotanza di un magistrato
di Catanzaro cui piaceva molto fare
l’eroe, soprattutto mostrando il profilo migliore in favore di telecamera. Fu
grazie a quell’inchiesta che Luigi de
Magistris approdò alla politica, conseguendo anche risultati notevoli come
certificarono, prima, i 400 mila voti
alle Europee del 2009 e, poi, l’elezione a sindaco di Napoli nel 2011. Ricordarlo oggi fa venire il sangue amaro
a chi, in questi due lustri, ha dovuto
sputare sangue per difendersi da accuse campate in aria, pagare avvocati, reinventarsi un mestiere, una carriera e una reputazione. Intanto, de
Magistris la sua carriera l’ha fatta e i
più si sono ormai dimenticati che, col
suo sodale Gioacchino Genchi, Giggino
’a manetta mise sotto controllo mezza
Italia (da Prodi a Mastella, da Amato
a Minniti, fino a Benedetto XVI e alle
tre Memores Domini sue coinquiline). I
più si sono dimenticati che attorno al
fenomeno si sono costruite professionalità giornalistiche, mandate in onda trasmissioni tv, venduti libri (noi Il
caso Genchi, 2009, 984 pagine, prefazione di Travaglio, lo usiamo ancora
come fermaporta). Sono passati dieci
anni, e le agenzie battono la sua ultima dichiarazione: «De Magistris: con
me Napoli ha ricominciato a sognare».
Emanuele Boffi
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SOMMARIO
08 PRIMALINEA VADEMECUM SULLE UNIONI CIVILI | CERRELLI
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NUMERO
anno 22 | numero 03 | 27 gennaio 2016 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
C’è un’Europa
fuori dal gregge
Dalle famiglie alle femministe, dall’ovest all’est, si fa strada
un mondo che testimonia un altro “progresso” possibile
Dalle famiglie alle
femministe, dall’ovest
all’est, si fa strada un
mondo che testimonia un
altro “progresso” possibile
LA SETTIMANA
22 ESTERI L’EUROPA POLITICAMENTE SCORRETTA | CASADEI
16 ESTERI ELISABETH LÉVY
LA REAZIONARIA | ZANON
L’ascia nel cuore
Emanuele Boffi ............................3
Foglietto
Alfredo Mantovano...........7
Boris Godunov
Renato Farina............................ 15
Consequentia rerum
P. G. Ghirardini ...................... 26
Vostro onore mi oppongo
Maurizio Tortorella..... 27
Mamma Oca
Annalena Valenti ...............37
Sport über alles
Fred Perri.......................................... 40
Cartolina dal Paradiso
Pippo Corigliano ..................41
Lettere dalla fine
del mondo
Aldo Trento ................................... 43
Appunti
Marina Corradi ..................... 46
RUBRICHE
28 SOCIETÀ LA FRATTURA ANGLICANA | GROTTI
32 CULTURA DEI DIRITTI E DEL BENE | BUTTIGLIONE
Stili di vita .......................................... 36
Motorpedia ....................................... 38
Lettere al direttore ......... 40
Taz&Bao................................................44
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Da OlTRE CINQUaNT’aNNI
laVORIamO PER la TUa SICUREZZa
SUllE FERROVIE ITalIaNE
MAI ACQUIETARSI
Questa nuova festa
delle famiglie
sia solo un inizio
|
dI AlfREdo MAnTovAno
Foto: Ansa
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GRUPPO ROSSI (GCF & GEFER) V i a l e d e l l ’O c e a n O a t l a n t i c O n . 190, 00144 R O m a
T E l . +39.06.597831 - F a x +39.06.5922814 - E - m a I l g c f @ g c f . i t - g e f e R @ g e f e R . i t
er il governo e il parlamento sarà impossibile ignorare la festa di popolo
che sabato 30 vedrà riunite a Roma
le famiglie italiane. Perfino i media più
spinti nel sostegno al matrimonio fra persone dello stesso sesso, con annesse adozioni e utero in affitto, mettono in conto
che il primo probabile effetto del successo della manifestazione sarà lo slittamento del ddl Cirinnà a data da destinarsi. Se
finora per taluni rappresentanti delle istituzioni non hanno avuto peso le considerazioni di merito, prevarrà il timore di perdere
doPo RoMA SARà nECESSARIo PoRRE In
una fetta così significatiTERMInI dI PRIoRITà Il TEMA fAMIglIA A
va di elettorato, trascuralIvEllo PolITICo, EdUCATIvo, MEdIATICo
to perché non conosciuE gIUdIzIARIo, non Solo PER RISPondERE
to a sufficienza. È il caso
All’offEnSIvA MA gIoCAndo In ATTACCo
di avere piena consapevolezza che il 30 gennaio
non è – come non lo è stato il 20 giugno to negli orientamenti del Miur; non è però
2015 – un punto di arrivo, bensì un pun- scomparso il tentativo di inserire ovunque
to di partenza: entusiasmante, perché fon- possibile corsi, spesso sostenuti con fondi
dato su una partecipazione amplissima e comunitari e quindi appetibili, che col preperché darà un risultato concreto, inspe- testo di contrastare il bullismo diffondono
rato anche solo un anno fa, e quindi tale l’ideologia del gender, in partnership con
da dare la carica giusta. L’errore più gra- associazioni Lgbt. Genitori e docenti devove dopo il 30 sarebbe acquietarsi e pensa- no avere chiaro che dipende anche da loro se quella imposizione ideologica sarà
re che sia finita.
Non sarà finita in parlamento. Ci ri- tenuta fuori dalle aule italiane: interessanproveranno: non subito. Magari in modo dosi di più di quello che accade durante le
subdolo, inserendo disposizioni poco de- lezioni e nelle ore extracurricolari; parlancifrabili in qualche legge di ratifica di ac- dosi di più fra insegnanti, padri e madri;
cordo internazionale o di recepimento di candidandosi ai consigli di classe e di istiatti dell’Unione Europea, come è già avve- tuto; esigendo il consenso scritto per qualnuto per il gender. Per questo sarà neces- siasi novità da introdurre.
Non sarà finita sui media. Per i quasario mantenere vivo il raccordo con i parlamentari (inizialmente pochi, ora molto li vale una logica di consenso analoga a
più numerosi) che hanno mantenuto la quella della rappresentanza politica: continui sulla tua testata a fare propaganda
posizione, per bloccare colpi di mano.
Non sarà finita nelle scuole. Dopo il e a impedire un confronto civile fra diffe20 giugno qualcosa è cambiato, soprattut- renti posizioni? E io non ti seguo e non ti
acquisto più, magari dopo averti manifestato il dissenso. Poiché il clima di intolleranza antifamiglia proseguirà, conviene
moltiplicare conferenze e convegni che
in tutta Italia sono già tanti su questi temi: finora sono stati occasione di chiarimento e di consapevolezza.
Non si vive di porte blindate
Non sarà finita nelle aule giudiziarie, dalle quali sono spesso intervenute pronunce-battistrada di norme sbagliate. Stepchild adoption o utero in affitto sono
già una realtà non per legge ma per sentenza. Il terreno giurisdizionale merita
approfondimento culturale, dedizione e
coraggio da parte degli operatori del diritto. Molti di loro hanno, per la prima volta, sottoscritto in questi giorni un appello
critico verso il ddl Cirinnà promosso dal
Centro studi Livatino: è un buon segno e
indice di non rassegnazione, cui devono
seguire continuità e sistematicità.
Soprattutto, dopo il 30 sarà necessario che le famiglie italiane pongano in
termini di priorità il tema famiglia, a ciascuno dei livelli appena elencati, non solo
per rispondere a un’aggressione. Significa
uscire dalla logica dell’emergenza e giocare in attacco; nella vita di ogni comunità familiare c’è la cura per mettere in
sicurezza l’abitazione e proteggerla da intrusioni indesiderate. Ma poi non si vive
di porte blindate. Rendere meno difficile
la vita quotidiana delle famiglie passa da
una minore oppressività fiscale, da un favore reale per le nuove nascite, dalla scelta della scuola più coerente col proprio
indirizzo educativo. Dopo il 30 gennaio,
abbassata la saracinesca sul ddl Cirinnà,
si ricomincia da qui: non in pochi intimi,
ma con l’Italia di piazza San Giovanni.
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le ragioni Del 30 gennaio
Cosa sono e come si differenziano dal matrimonio? Davvero
“ce le chiedono Bruxelles e la Corte costituzionale”? La stepchild
adoption apre alla pratica dell’utero in affitto? Domande
e risposte per capire meglio il disegno di legge Cirinnà
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Il comitato “Difendiamo i nostri figli” ha organizzato per sabato
30 gennaio una nuova manifestazione per «difendere la famiglia
“società naturale fondata sul matrimonio” e il diritto dei bambini
di avere una mamma e un papà, e perché gli uomini che siedono in
Parlamento sono sempre più lontani e sordi rispetto al sentimento
della gente comune», ha spiegato il portavoce Gandolfini
DI GIanCarLo CerreLLI
La verità sulle unioni civili
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| Foto: Ansa
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le ragioni Del 30 gennaio PRIMALINEA
Nell’ultima settimana
di gennaio inizia in Senato
la discussione sulle
unioni civili a partire
dal testo proposto
da Monica Cirinnà (Pd)
È tRIstE costAtARE LA chIARA vIsIoNE AduLtocENtRIcA
dEL PRogEtto dI LEggE. ALLE coPPIE oMosEssuALI sI vuoLE
dARE L’AgIo, PER vIA LEgIsLAtIvA, dI PRocuRARsI uN fIgLIo
della discussione, presso
l’aula del Senato, del
disegno di legge sulle
unioni civili, è opportuno fare chiarezza su molti luoghi comuni, che, purtroppo, sono
accettati come veri da molti italiani.
Che cosa sono le unioni civili tra persone dello stesso sesso così come previste
dal disegno di legge che sarà discusso
dalla fine di gennaio presso il Senato?
Le unioni civili tra persone dello stesso sesso sono una costruzione giuridica
di dubbia costituzionalità e connotata da
una forte valenza ideologica, con la quale s’intenderebbe dare rilevanza giuridica
al rapporto affettivo tra due partner dello stesso sesso, con una disciplina simile a
quella prevista per il matrimonio.
Quali sono i punti salienti del disegno di
legge sulle unioni civili?
Per la costituzione di un’unione civile sarà necessaria la celebrazione di un
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rito davanti all’ufficiale di Stato civile,
alla presenza di due testimoni e si renderà una promessa di impegno, così come
nel matrimonio. Si darà, dunque, lettura degli articoli del codice civile da cui
deriverà l’obbligo reciproco alla fedeltà,
all’assistenza morale e materiale e alla
coabitazione, come nel matrimonio. I
“civiluniti”, altresì, potranno stabilire di
assumere un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi; avranno il diritto
alla pensione di reversibilità del partner,
godranno del medesimo regime patrimoniale e successorio che il codice civile riconosce ai coniugi e come se ciò non
bastasse il disegno di legge stabilisce che
tutte le disposizioni che si riferiscono al
matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi», in qualsiasi disposizione legislativa ricorrano, si
applicheranno anche a ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. L’equiparazione, però, tra unioni civili e matrimonio non solo è inop-
quella del matrimonio. Il testo che sarà
all’esame del Senato, pur non prevedendo formalmente l’adozione piena, prevede come detto l’adozione del figlio naturale o adottivo del partner omosessuale. Tale istituto è inaccettabile non solo
perché rafforza il business della fecondazione eterologa e apre la strada alla vergognosa pratica dell’utero in affitto, che
in alcuni paesi è, purtroppo, ammessa.
Ma soprattutto perché non tiene conto di
quei bambini che non potranno godere
della ricchezza che si è soliti ricevere dal
crescere in un rapporto di complementarietà e differenza di ruoli che la natura ha
voluto indicare in una famiglia costituita
da un padre e una madre.
portuna e ingiusta, ma è anche dannosa, poiché la creazione giuridica di nuovi
modelli “familiari” apre la strada a una
ridefinizione del concetto di famiglia che
depotenzia la vera famiglia: tante famiglie, nessuna famiglia. La norma, tuttavia, più controversa e inaccettabile del
disegno di legge è quella che prevede la
cosiddetta stepchild adoption, cioè l’adozione del figlio naturale o adottivo del
partner omosessuale.
Quali sono le differenze tra le unioni civili e il matrimonio?
Sostanzialmente nessuna. Il disegno
di legge, di fatto, fa continui rimandi alla
disciplina che il nostro ordinamento prevede per il matrimonio. Nel disegno di
legge, l’unione civile – con il pretesto di
differenziarla dal matrimonio – è definita come “specifica formazione sociale”;
tale definizione, però, è soltanto un elemento di facciata, perché nella sostanza la disciplina che il disegno di legge
prevede per le unioni civili è identica a
Quale scopo ha questo disegno di legge?
Foto: Ansa
ansa
A
pochi giorni dall’inizio
I promotori del disegno di legge sulle
unioni civili affermano che il loro scopo è
di far riconoscere alle coppie omosessuali gli stessi diritti di cui godono le coppie
eterosessuali coniugate, così da rimuovere un’inaccettabile disparità di tratta-
mento. Tale rivendicazione può apparire
a molti, anche ad alcuni cattolici, innocua e persino giusta; invero tale pretesa,
che non è una priorità, è profondamente
iniqua e nasconde, altresì, un fine ideologico e simbolico. Infatti, essa tutela esclusivamente i desideri degli adulti, senza
tener conto dei diritti dei bambini, cui
è negato il diritto più naturale di questo
mondo: quello di avere per genitori un
padre e una madre. È triste costatare la
chiara visione adultocentrica del progetto di legge. Alle coppie omosessuali si vuole dare l’agio, per via legislativa, di procurarsi un figlio. È qui chiara ed evidente la
pretesa simbolica e ideologica di tali unioni. D’altra parte, chi promuove le unioni
civili rifiuta categoricamente un’attribuzione ai conviventi omosessuali di meri
diritti individuali – diritto all’assistenza del convivente in ospedale, in carcere
e così via, già ampiamente riconosciuti
dall’ordinamento giuridico – mentre esige che siano riconosciuti i medesimi diritti propri del matrimonio alle coppie omosessuali, in quanto coppie.
Che cosa cela tale pretesa simbolica e
ideologica di uguaglianza?
Dietro a tale richiesta di uguaglianza si cela l’intento di voler decostruire le
basi antropologiche, finora fondamento
della società, per ricostruirle su basi che
intendono un diritto non più orientato
alla lettura del reale, ma come strumento per trasformare la realtà; che giunge
a considerare diritti dei meri desideri. Il
disegno di legge sulle unioni civili omosessuali risponde a un desiderio emulativo nei confronti delle coppie eterosessuali. I rapporti omosessuali ed eterosessuali,
però, sono antropologicamente diversi e
il diritto dovrebbe tenerne conto. Il diritto, infatti, tutela interessi sociali, non rapporti affettivi, altrimenti tutti i legami
di amicizia dovrebbero essere legittimamente tutelati dall’ordinamento giuridico. Il vincolo matrimoniale è storicamen-
te tutelato perché funzionale all’ordine
delle generazioni. La vera ragione per cui
il nostro ordinamento giuridico dà rilevanza al matrimonio, non è per il fatto che due persone provino affetto l’una
per l’altra, ma perché un’unione matrimoniale è potenzialmente feconda e crea
un sistema di educazione e inserimento
sociale delle nuove generazioni. La tutela
giuridica di cui godono le coppie coniugate a differenza delle unioni omosessuali non può essere considerata una discriminazione, in quanto le due fattispecie
rispondono a due situazioni differenti,
che non possono essere trattate in egual
modo, pena il commettere una profonda
ingiustizia nei confronti dell’unica famiglia riconosciuta dal nostro ordinamento giuridico.
Un’approvazione del disegno di legge
sulle unioni civili senza l’art. 5 che prevede la stepchild adoption sarebbe accettabile?
Un’approvazione del disegno di legge con lo stralcio della stepchild adoption o con la previsione dell’affido rafforzato non sarebbe accettabile, perché
non muterebbe il carattere ideologico del
provvedimento, che, peraltro, manterrebbe la struttura di un simil-matrimonio. Infatti: a) Saremmo di fronte a una
vera e propria ingiustizia di dubbia costituzionalità, perché due fattispecie strutturalmente differenti come unioni civili
e matrimonio, sarebbero disciplinate in
egual modo pur essendo ontologicamente diverse. b) L’adozione, anche nel caso
in cui non dovesse essere inserita in prima battuta nel disegno di legge, tuttavia non tarderebbe a essere riconosciuta
legittima dalle corti di giustizia, com’è
avvenuto anche in altri Stati. Due fattispecie analoghe, aventi la medesima disciplina, come il matrimonio e il disegno
di legge sulle unioni civili, non potrebbero, a giudizio delle corti, essere trattate in
modo differente e dunque in poco tem|
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PRIMALINEA le ragioni Del 30 gennaio
po le unioni omosessuali verrebbero in
tutto a essere equiparate al matrimonio,
anche riguardo all’adozione piena. Differente sarebbe il caso in cui il Parlamento approvasse un testo unico ricognitivo
di tutti i diritti che il nostro ordinamento già riconosce ai conviventi, compresi
quelli omosessuali.
Perché si teme che la stepchild adoption
possa aprire la strada all’abominevole
pratica dell’utero in affitto?
Perché ne è un’immediata conseguenza. In Italia l’utero in affitto è vietato dalla legge 40, ma non lo è in altri paesi.
Com’è accaduto più di una volta in Italia,
sono stati proprio i giudici a non punire
chi è tornato dall’estero con il bimbo in
braccio, frutto di un utero in affitto. Nel
momento in cui ci si trova di fronte a casi
di utero in affitto, il reato contestato dalle
procure è solitamente l’alterazione di stato civile del minore, cioè l’aver dichiarato falsamente di essere genitori del piccolo; tuttavia i giudici prevalentemente hanno più volte ritenuto che non fosse configurabile il reato di alterazione di stato
civile quando i coniugi avessero sottoscritto l’atto di nascita ottenuto nel paese estero, in qualità di genitori. Come ho detto
sopra, infatti, saranno proprio le corti di
giustizia ad ammettere ciò che il legislatore non avrà ritenuto di prevedere. Basti
pensare ad alcuni orientamenti giudiziari di apertura verso la pratica dell’utero
in affitto, che auspicano – vedi Tribunale di Napoli del 17 luglio 2015 – che siano
ammessi in Italia «progetti di genitorialità
privi di legami biologici con il nato» diversi dall’adozione; ovvero la sentenza del
tribunale di Varese del 7 novembre 2014
che sostiene che è divenuto irrilevante il
metodo di concepimento e che dunque
le false dichiarazioni rese dai falsi genitori a un pubblico ufficiale siano da ritenersi un danno innocuo e quindi non punibile. Tutto ciò consentirà a due partner
omosessuali di “procurarsi” facilmente
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un figlio. Vediamo come: uno dei partner
omosessuali di un’unione civile si “procurerà” un figlio all’estero, comprando l’utero di una donna, poi una volta giunto in
Italia con il bimbo, tramite la stepchild
adoption, consentirà al proprio partner di
diventare genitore adottivo. Certamente
interverrà il controllo dei giudici, ma tale
controllo invece di tranquillizzare preoccupa, perché se già ora che non vi è una
legge che prevede la stepchild adoption
alcuni tribunali (vedi ad esempio quello dei minori di Roma e Corte d’Appel-
usandolo come strumento, non per leggere il reale ma per cambiare la realtà e il
corso della natura; il diritto diventa, pertanto, il mezzo per propiziare una società finta e artificiale. Un elemento di viva
preoccupazione desta costatare la posizione di molti giudici schierati a favore
della vergognosa pratica della stepchild
adoption.
Una regolamentazione delle unioni omosessuali ce la chiede L’Europa?
No. Non è per niente vero. Non esistono, infatti, disposizioni che trasferisca-
ALcuNI gIudIcI usANo IL dIRItto coME stRuMENto NoN
PER LEggERE IL REALE MA PER cAMbIARLo; IL dIRItto
dIvENtA IL MEzzo PER PRoPIzIARE uNA socIEtà fINtA
lo di Roma) hanno ammesso l’adozione
del figlio del partner omosessuale, figuriamoci cosa accadrà nel momento in cui
vi sarà una base normativa di riferimento, che ammetterà la stepchild adoption.
Il criterio ermeneutico “the best interest
of the child”, ossia il superiore interesse del minore, che è alla base dell’istituto
dell’adozione, sarà gravemente disatteso.
La stepchild adoption sarà una scorciatoia legislativa per far giungere velocemente all’adozione i “civiluniti” aggirando la
disciplina prevista dalla legge 184/1983.
Che peso hanno le corti di giustizia in
tutto questo?
Hanno un peso notevole. Molte sentenze stanno riscrivendo il diritto di famiglia con lo scopo di privatizzare e rendere sempre più fluidi i rapporti familiari,
così da favorire l’avvento di una “famiglia on demand” in cui si potrà scegliere
di entrare e uscire a piacimento quante
volte si vorrà da un tipo di famiglia che si
potrà scegliere tra una varietà di modelli,
in base ai propri desideri e ai propri gusti
sessuali. Alcuni giudici si sentono artefici
del cambiamento sociale facendo un uso
tecnocratico e ideologico del diritto, cioè
no all’Unione Europea le competenze in
materia di diritto di famiglia nazionale. Il
diritto di famiglia sostanziale è di competenza esclusiva degli Stati membri. Tuttavia, l’Unione Europea ha una competenza
concorrente con quella degli Stati membri nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, dove Bruxelles ha ricevuto dai trattati l’incarico di sviluppare la cooperazione giudiziaria in materia civile (compresa la famiglia) con implicazioni transfrontaliere. Ciò, però, non significa assolutamente che l’Europa ci imponga le unioni
gay. Non esiste un consenso tra i vari Stati nazionali sul tema delle unioni omosessuali, la Corte europea dei diritti umani
di Strasburgo – sul presupposto del margine di apprezzamento conseguentemente loro riconosciuto – afferma che sono
riservate alla discrezionalità del legislatore nazionale le eventuali forme di tutela per le coppie di soggetti appartenenti al medesimo sesso. La stessa sentenza
Schalk and Kopf contro Austria, infatti,
pur ritenendo possibile un’interpretazione estensiva dell’art. 12 della Corte europea dei diritti umani, che prevede il diritto di contrarre matrimonio anche alle
coppie omosessuali, chiarisce come non
derivi da una siffatta interpretazione una
norma impositiva per gli Stati membri.
È vero che l’Italia è stata condannata
dalla Corte europea dei diritti umani
perché non ha nel suo ordinamento
una disciplina che regolamenti le unioni
omosessuali?
È vero. La Corte europea dei diritti
umani, con decisione del 21 luglio 2015
Oliari e altri contro Italia, ha condannato l’Italia, ma è anche vero che il governo italiano non ha presentato appello
contro la sentenza che condanna l’Italia
per il mancato riconoscimento delle convivenze omosessuali. Il termine per l’appello è scaduto il 21 ottobre 2015 e la sentenza è ora diventata definitiva. Non aver
appellato la sentenza è stata una decisione incomprensibile, che tra l’altro ha
come conseguenza l’obbligo per l’Italia di
pagare immediatamente la multa inflitta
dalla Corte, a danno dei contribuenti. Gli
Stati appellano quasi sempre le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e quella del governo Renzi è una scelta ideologica che mostra chiaramente da
che parte sta. Peraltro, a fronte di interpretazioni aberranti della sentenza Oliari, occorre sempre ricordare che questa
Corte non ha affatto ingiunto all’Italia di
approvare leggi come la Cirinnà, che parificano le unioni omosessuali ai matrimoni. La Corte afferma che gli Stati europei
sono tenuti a riconoscere i “diritti fondamentali” dei conviventi omosessuali,
ma sulle forme di questo riconoscimento
lascia piena libertà a ciascuno Stato. E la
sentenza afferma esplicitamente che non
c’è alcun obbligo d’includere in questo
riconoscimento l’adozione. È utile rilevare, inoltre, che nell’attuazione del loro
obbligo positivo ai sensi dell’articolo 8
della Convenzione, gli Stati godono di un
certo margine di discrezionalità. Qualora non vi sia accordo tra gli Stati membri
del Consiglio d’Europa, com’è il caso del
matrimonio tra coppie omosessuali, in
particolare quando la causa solleva delicate questioni morali o etiche, il margine
sarà più ampio (si vedano X, Y e Z contro
Regno Unito, 22 aprile 1997, § 44, Reports
1997-II; Fretté c. Francia, n. 36515/97, §
41, CEDU 2002-I; e Christine Goodwin,
sopra citata, § 85). Il margine sarà usualmente ampio anche quando si richiede allo Stato di garantire l’equilibrio tra
opposti interessi privati e pubblici o tra
diritti della Convenzione (si vedano Fretté, sopra citata, § 42; Odièvre c. Francia
[GC], n. 42326/98, §§ 44 49, CEDU 2003
III; Evans c. Regno Unito [GC], n. 6339/05,
§ 77,CEDU 2007 I; Dickson c. Regno Unito [GC], n. 44362/04, § 78, CEDU 2007 V; e
S.H.e altri, sopra citata, § 94). Concludendo, si può pertanto ribadire che l’Italia
è sovrana nel decidere come regolamentare le coppie di conviventi omosessuali.
La Corte costituzionale italiana con le
sentenze numero 138/2010 e 170/2014
ha obbligato il Parlamento a dare regolamentazione giuridica alle unioni di
persone dello stesso sesso?
No. La Corte costituzionale non pone
alcun obbligo al Parlamento a disciplinare le unioni di persone dello stesso sesso.
Come afferma la stessa Corte «spetta al
Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, nei tempi, nei modi
e nei limiti stabiliti dalla legge, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette». Il Parlamento è libero, pertanto, di regolamentare o meno tali unioni, senza alcun limite di tempo. La sentenza della Corte costituzionale n. 138/2010 ha, peraltro, ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 93, 96, 98,
107, 108, 143, 143-bis, 156-bis del codice
civile in riferimento agli articoli 2, 3, 29 e
117 primo comma della Costituzione, nella «parte in cui, sistematicamente interpretati, tali articoli non consentono che
le persone di orientamento omosessuale
possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso».
La nozione di matrimonio
Con buona pace di alcuni giuristi, che
vorrebbero reinterpretare il dettato costituzionale sulla famiglia, è bene precisare
che durante i lavori preparatori della Carta costituzionale la questione delle unioni omosessuali rimase del tutto estranea
al dibattito, benché la condizione omosessuale non fosse certo sconosciuta. I
costituenti, elaborando l’articolo 29 della
Costituzione, tennero conto di un istituto che aveva una precisa conformazione e
un’articolata disciplina nell’ordinamento civile. Essi ebbero presente, infatti, la
nozione di matrimonio definita dal codice civile entrato in vigore nel 1942, che
stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi
dovessero essere persone di sesso diverso.
Ciò è stato ribadito sia dalle sentenze della Corte costituzionale numeri 138/2010 e
170/2014 e anche dalla recente sentenza
del Consiglio di Stato del 26 ottobre 2015
n. 4.897, in cui si afferma che il matrimonio omosessuale deve intendersi incapace, nel vigente sistema di regole, di costituire tra le parti lo status giuridico proprio delle persone coniugate (con i diritti
e gli obblighi connessi) proprio in quanto privo dell’indefettibile condizione della diversità di sesso dei nubendi, che il
nostro ordinamento configura quale connotazione ontologica essenziale dell’atto
di matrimonio. Prova di ciò è che anche
il secondo comma dell’articolo 29 della Costituzione, che afferma il principio
dell’eguaglianza morale e giuridica dei
coniugi, ebbe riguardo proprio alla posizione della donna cui intendeva attribuire pari dignità e diritti nel rapporto
coniugale. Si deve ribadire, dunque, che
la norma non prese in considerazione le
unioni omosessuali, bensì intese riferirsi
al matrimonio nel significato tradizionale di detto istituto.
n
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13
boris
godunov
iL vEro sCAndALo dEL CAso QuArTo
Tocca compatire quei balordi
di grillini, inforcati dalla libera
informazione unica renziana
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di rEnATo fArinA
g
scoperti con le mutande sporche, suscitano desiderio di cospargerli di pece e metterci le piume, onde coprirli di vergogna e riderne. Ma bisogna resistere al moralismo dell’antimoralismo, e guardare le
cose con un certo distacco e un po’ di compassione, specie per la
signor Rosa Capuozzo.
Boris così ha stabilito che nella vicenda del Movimento 5
Stelle e dei suoi presunti servizi alla camorra il pericolo viene
soprattutto dalla maggioranza scandalizzata. A cui non importa di camorra e di morale, ma solo di sopraffare gli avversari per
imporre la propria banda e la propria musica.
In apparenza è logico. Fa più notizia la storia della verginità
perduta di una madonnina infilzata che la scoperta di una nuova liaison di una cortigiana. Per cui si capisce il gusto morboso
con cui i telegiornali e i giornaloni sbattono in prima pagina la
vicenda di Quarto come un quarto di un bue grasso nella vetrina della macelleria. Certo lo sfizio e l’occhio goloso sono assicurati: perché coinvolge i Cinque Stelle che dovrebbero essere gli
intemerati custodi della purezza amministrativa rivoluzionaria,
e invece si sono seduti in una pozzanghera. Ma qui si sta esagerando in modo inverecondo e manipolatorio nelle accuse. E così questa vicenda dimostra una volta di più che il vero padrone
dell’informazione italiana è il Partito democratico in generale e
Renzi in particolare.
E questo è assai peggio, dato che riguarda la vita dell’intera
nazione, di un casino comunale di provincia.
li igienisti del culo altrui
Un gioco che fa schifo sempre
Questo gioco a dimostrare chi è più sporco fa in realtà schifo,
chiunque lo faccia. Era una pratica da farisei quando era condotta dai grillini; è una esibizione di sfacciata prepotenza mediatica, un moralismo peloso, adesso che è impugnata dal Partito democratico. Il quale – ripeto – si mostra potentissimo nella classe
giornalistica e nelle direzioni di tutti i media.
D’accordo. I Cinque Stelle sono una banda di dilettanti, deputati e senatori e sindaci pentastellati sono riusciti a farsi eleggere perché avevano più tempo da passare al computer per raccogliere amici su Facebook che per sudare e guadagnarsi il pane.
su QuArTo si EsAgErAno LE ACCusE
in modo invErECondo. Così QuEsTA
viCEndA dimosTrA unA voLTA di
più ChE iL vEro pAdronE dEi mEdiA
in iTALiA è iL pd in gEnErALE
E iL suo LEAdEr in pArTiCoLArE
Sono in buona parte una banda di balordi. Ma se sono cresciuti a
dismisura è proprio grazie a chi ora li denigra per fatti in fondo
minori in una cittadina di quarantamila abitanti.
Li ricorda bene Boris, gli stregoni dell’opinione pubblica, in
combinato disposto con potere finanziario e giudiziario, che assediarono con computer-forconi la cosiddetta casta preparando
il terreno ai sanculotti grillini. Oggi il vento è cambiato, e i medesimi preparano i lampioni per impiccarvi i seguaci di Casaleggio
come in Messico facevano con i peones di Pancho Villa.
Sprovveduti e giacobini, giannizzeri e cicisbei
In sostanza a Quarto la camorra ha cercato di corrompere e ricattare (una mansardina abusiva!) senza riuscirci la sindachessa
grillina per mezzo di un infiltrato. Lei non ha denunciato le minacce in attesa di ordini del direttorio, che ora la scomunica. La
faccenda criminale è grossa come una nocciolina. Essa al massimo rivela l’inconsistenza, l’impreparazione, il servilismo verso i
capi dei grillini, la capacità pervasiva della camorra in terre dove domina da decenni. Ma questo già lo sapevamo. Quello su cui
vorremmo oggi puntare l’attenzione è il regime dell’informazione normalizzata, che ha il suo caposaldo nelle televisioni Rai, e
si sparge per ogni dove in salsa renziana.
Bisogna assolutamente evitare che una banda di sprovveduti, presuntuosi, dei Robespierre da strapazzo arrivino al governo.
Ma sarà il caso che piuttosto che preoccuparci di un più o meno lontano futuro regime di puritani con la coda impiastricciata di fango, cerchiamo di combattere quello che c’è adesso, e che
ha l’apparenza della libera informazione, e invece è fatta in gran
parte da giannizzeri e cicisbei del Sultano di Firenze.
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ESTERI
Un’inFreqUentAbile reAzionAriA
La fatica
della libertà
Uno sforzo di lealtà e di schiettezza per salvare un paese
schiacciato tra l’estremismo islamico nemico del pluralismo
e il conformismo spaventato dalla verità. Conversazione con
Elisabeth Lévy, intellettuale francese ultralaica pronta a farsi
dare di “fascista” pur di chiamare le cose con il loro nome
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| Foto: Ansa
DI MAURO ZANON
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ESTERI Un’inFreqUentAbile reAzionAriA
La polizia davanti
alla stazione centrale
di Colonia, dove nella
notte di Capodanno
un migliaio di stranieri
hanno molestato decine
di donne tedesche
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sabeth Lévy è quella che Marc Cohen, editorialista di Causeur e storico fondatore
dell’Idiot international, ha recentemente utilizzato per qualificare un’altra figura importante del femminismo francese
come Elisabeth Badinter: «laica punk». Sì,
una laica spettinata, intimamente contraria, ma anche una femminista ilare, gioiosa, che alla stregua della maggior parte dei collaboratori del suo magazine guastafeste non accetta di farsi tappare la
bocca dai nuovi gendarmi del pensiero
che affollano i salotti televisivi e le pagine di opinione dei giornali progressisti.
Tempi l’ha incontrata per un lungo
colloquio, durante il quale si sono affrontati i grandi temi del dibattito politico-
mediatico, Europa, immigrazione, islam,
integrazione, laicità, a partire dall’annus
horribilis appena trascorso dalla Francia.
«Dopo gli attentati terroristici di gennaio 2015 nella redazione di Charlie Hebdo
e nel supermercato kosher Hyper Cacher,
per qualche giorno sembrava che ci fosse
una vera e propria presa di coscienza da
parte della classe politica e di tutti i francesi a proposito del pericolo islamista. Ma
dopo solo due settimane la parentesi della République determinata a combattere
contro quella minaccia si era già chiusa.
Il 20 gennaio, durante il suo messaggio di
auguri alla stampa, il premier socialista,
Manuel Valls, ha parlato di “apartheid
territoriale, sociale ed etnico” in Francia,
dicendo sostanzialmente che i colpevoli
eravamo noi francesi, noi occidentali, che
i responsabili del male che ci avevano fatto eravamo noi», dice a Tempi Lévy.
Foto: Ansa
P
«DOPO GLI ATTENTATI DI GENNAIO SI ERA DETTO CHE
I COLPEVOLI DI CIò CHE ERA SUCCESSO ERAVAMO NOI.
DOPO LE STRAGI DI NOVEMBRE PER LA PRIMA VOLTA CI SI
è DETTI CHE OCCORREVA DARE UNA RISPOSTA CONCRETA»
er i salotti della sinistra chic
parigina, è un’infrequentabile reazionaria. Il Nouvel
Obs l’ha recentemente sbattuta in prima pagina sotto il
titolo “Néo-fachos”, i nuovi
fascisti, accanto alle altre mosche bianche
del dibattito intellettuale francese, Alain
Finkielkraut, Éric Zemmour, Renaud
Camus, Ivan Rioufol, Robert Ménard, tutti
“accomunati”, secondo il settimanale della gauche benpensante, «dall’ossessione
di un’identità bianca e cristiana». Eppure lei, Elisabeth Lévy, intellettuale ebrea e
ultralaica nata e cresciuta a Marsiglia da
padre e madre di origini algerine prima
di salire nella capitale, è una figlia prediletta della gauche. Negli anni Ottanta era
una mitterrandiana convinta. Lo votò a
occhi chiusi, François Mitterrand, quando
si presentò e vinse nel 1981 dinanzi al cristiano-liberale Valéry Giscard d’Estaing, e
le sue prime esperienze nella carta stampata coincidono con la nascita della rivista Globe, il «tempio dell’antirazzismo e
del mitterrandismo militante», diretta
da Bernard-Henri Lévy. Ma l’amore con la
sinistra si è incrinato bruscamente quando ha capito che la «pretesa della gauche
di detenere il monopolio della morale»
era incompatibile con le sue idee e la sua
visione del mondo.
Da giornalista ha condotto le sue crociate politicamente scorrette prima sulle
pagine del settimanale Marianne, poi scrivendo un pamphlet incandescente contro
i Maîtres censeurs di Saint-Germain-dèsPrés, e infine nel mensile che ha fondato nel 2007, Causeur, oggi tribuna degli
insubordinati al pensiero unico. Nel 2012
ha pubblicato La gauche contre le réel,
saggio al vetriolo contro i suoi ex compagni di battaglie divenuti «insopportabilmente puritani» e «conformisti», e da
quel momento è considerata l’intellettuale réac più impertinente di Francia. Ma
forse la formula che meglio si addice a Eli-
«Tutti sulla stessa barca»
«Dopo le stragi del 13 novembre, invece, le cose sono andate diversamente. Al
Bataclan e nei bar dell’est parigino, i terroristi non hanno colpito dei disegnatori “colpevoli” di aver pubblicato alcune
vignette satiriche su Maometto e l’islam,
o degli ebrei “colpevoli” di essere ebrei,
ma dei francesi “innocenti”. Abbiamo
così capito di essere tutti nella stessa barca e che non si poteva più “noyer le poisson”, e cioè eludere i grandi problemi che
si nascondevano dietro quegli attentati»,
spiega Lévy. Mentre a gennaio, in uno stato di intontimento emotivo, la Francia e
i francesi sembravano essere convinti di
poter cancellare tutto dietro i movimenti
di solidarietà e i “Je suis Charlie”, dopo il
13 novembre ci si è resi conto che era arrivato il momento di passare all’azione, di
agire concretamente, con perquisizioni e
arresti, e non soltanto con l’unanimismo
e nuovi slogan, che era arrivato il tempo
della riflessione. «Per la prima volta, tra i
rappresentanti del culto musulmano in
Francia, ci si è detti che la situazione era
veramente grave, che andava data una
risposta concreta al più presto. Per la prima volta ci si è chiesti apertamente: perché questi giovani non amano la Francia,
la République e i valori occidentali? Perché questi giovani si definiscono anzitutto come musulmani contro il resto del
mondo? Ci si è resi conto che un’intera
generazione era oramai perduta e questo era diventato impossibile da ignorare», spiega Lévy.
«I ghetti, le banlieue svantaggiate, le
discriminazioni, l’idea che la Francia era
colpevole di tutto, sono passati in secondo piano dopo le stragi di novembre.
Sempre più persone, anche a sinistra,
hanno preso atto del fallimento del multiculturalismo, dell’impostura che si cela
dietro frasi come “l’immigrazione è una
fortuna, un arricchimento”, e del problema di un islam che non riesce ancora a integrarsi alla Francia. Dopo le stragi
di novembre c’è stata una reazione, una
scossa. Ora, però, bisogna fare attenzione
a non annegare tutto nella solita ondata emotiva, in un’overdose di bandiere,
marsigliesi, selfie patriottici e discorsi
solenni che certamente aiutano a rafforzare il sentimento di appartenenza alla
nazione, ma non servono da soli a risolvere i problemi concreti».
L’esempio della comunità ebraica
Marianne e Maometto sono compatibili? «Ribadisco forte e chiaro ciò che ho
scritto lo scorso anno nel numero di Causeur uscito dopo gli attentati di gennaio:
la Francia può essere una soluzione per
l’islam, un’opportunità, come lo è stato
per gli ebrei. Tra la Francia e gli ebrei c’è
stato un accordo, sono state fissate delle
regole. Da più di duecento anni la comunità ebraica è organizzata attorno al Concistoro, gli ebrei si sono integrati alla
Francia, la amano e non passano il loro
tempo a recriminare e a dire che è brutta e cattiva, nonostante il crescente clima di antisemitismo», afferma Lévy prima di aggiungere: «È necessario un patto, ma non solo un patto scritto. La massa silenziosa dei musulmani deve rompere questo silenzio e accettare le regole del
gioco, e cioè realizzare la sintesi tra pubblico e privato, laico e religioso, individuo
e comunità, che molti altri hanno fatto
prima di loro. Per integrarsi in un paese pluralista come la Francia, la comunità musulmana deve accettare quello che
Finkielkraut ha chiamato il “dolore della libertà”, deve accettare che il suo Dio o
il suo profeta possano essere insultati da
dei vignettisti, deve accettare che aprendo un giornale possa essere ferita da
quanto vi è scritto o disegnato. In Francia
è la laicità che deve essere difesa innanzitutto. Bisogna iniziare a definirsi prima come francesi che come musulmani».
Il capodanno da incubo trascorso
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ESTERI Un’infreqUentabile reazionaria
a Colonia da centinaia di donne, vittime di violenze sessuali commesse da un
gruppo di uomini di cultura arabo-musulmana, ha fatto emergere prepotentemente alcune scomode verità per i paladini del
vivre-ensemble e per i buonisti di ogni latitudine. «Mi dispiace per i grandi apologeti
del multiculturalismo e per i cantori della mixité, ma gli abusi di Colonia sono un
affaire etnico. La realtà è che centinaia di
uomini di cultura arabo-musulmana hanno stuprato delle donne occidentali perché erano occidentali, dunque libere, dunque delle puttane. Punto», dice Lévy.
Abolire l’utero in affitto
«Bisogna ovviamente fare dei distinguo,
sarebbe devastante criminalizzare tutte
le popolazioni implicate. Ma ciò che possiamo dire è che c’è una differenza profonda tra la visione della donna che è stata appresa da quegli uomini che hanno
palpeggiato, molestato, strappato gonne
e abusato di un gruppo di ragazze vestite all’occidentale, e la visione della donna in Occidente. La polizia ha cercato di
nascondere i fatti, i media tedeschi pure.
In Francia si è cercato di minimizzare, ma
era impossibile negare, perché è stato toccato qualcosa di profondo. È la guerra di
Troia, è la donna preda e bottino di guerra, è il “touche pas à ma soeur”, il “touche
pas à ma femme”, non toccare mia sorella, non toccare la mia donna. È qualcosa
di arcaico. I fatti di Colonia hanno portato sotto i riflettori lo scontro tra due culture antagoniste: da un lato una cultura repressiva nei confronti delle donne,
dall’altra una cultura dove per le donne
è normale scegliere liberamente il proprio partner». Dall’afasia delle suffragette
occidentali, dal silenzio assordante delle
senonoraquandiste di ogni lido, Elisabeth
Lévy si dice «sconcertata»: «La maggior
parte delle femministe cerca di cancellare quanto successo a Colonia e anzi trova il coraggio di dire che è colpa dell’uo20
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mo bianco perché non è intervenuto. È
uno scontro antropologico quello che si
sta verificando».
In Francia, così come in tutti paesi
dell’Europa occidentale, non passa giorno senza che un giornale dedichi un
articolo demonizzante all’“altra Europa”,
al blocco dell’Est formato da Ungheria,
Polonia, Slovacchia, Slovenia, a quei paesi che respingono i dogmi del politicamente corretto su immigrazione e islam.
«In realtà tutti li invidiano perché hanno carattere. Hanno ragione a difendere i loro interessi. Il premier ungherese
Orban ha certamente esagerato in alcune
dichiarazioni sugli immigrati, ma quan-
l’abolizione universale dell’utero in affitto organizzato da Sylviane Agacinski,
étoile del femminismo francese, nata e
cresciuta nella gauche, nonché moglie
dell’ex premier socialista Lionel Jospin.
Alla Agacinski, così come a due femministe controcorrente come Marie-Jo Bonnet ed Eliette Abécassis, Causeur ha dedicato poco tempo fa un encomio, per l’appello contro la maternità surrogata che
assieme ad altre centocinquanta personalità hanno pubblicato su Libération.
«Sono assolutamente contro l’utero in
affitto, non mi piace quando viene toccato il concepimento dei bambini. È il
cuore del sistema simbolico. Vorrei che
«con I mETodI conTRAccETTIvI SI è dISconnESSA
lA SESSuAlITà dAllA RIpRoduzIonE. oRA è Il conTRARIo:
vIEnE dISconnESSA lA RIpRoduzIonE dAllA SESSuAlITà»
do dice che non ha voglia che l’Ungheria diventi un “grande campo rifugiati”
come Marsiglia lo capisco. Lo capisco molto bene». Anche il Front national in Francia sostiene da tempo la necessità di regolare i flussi migratori e anche Florian Philippot, il braccio destro di Marine Le Pen
e vicepresidente del partito frontista, ha
recentemente dichiarato che nel 2025,
se non si cambierà verso, la Francia sarà
una «grande Marsiglia». «La crescita del
Fn durante le ultime scadenze elettorali
– continua Lévy – non può essere trascurata. È il segno dell’aspirazione di sempre
più cittadini a voler difendere la Francia,
che a loro avviso è fortemente minacciata. C’è tuttavia un grande scarto ideologico tra la giovane Marion-Maréchal Le Pen,
cattolica, identitaria e liberale, e Florian
Philippot, colbertista, progressista e dialogante sui cosiddetti “nuovi diritti”, che
nel futuro prossimo metterà a dura prova
la salute del Front national».
Il prossimo 2 febbraio, il Parlamento francese ospiterà un convegno per
si smettesse di nascondere che per fare
un bambino ci vogliono un uomo e una
donna», afferma convintamente Lévy. «Il
problema più grande è che si toccano le
coordinate antropologiche, stiamo cambiando l’essere umano del terzo millennio. L’idea mi procura molto dispiacere.
Ci sono state delle rivoluzioni con i metodi contraccettivi: si è disconnessa la sessualità dalla riproduzione. Ora, però, sta
succedendo il contrario: viene disconnessa la riproduzione dalla sessualità, ora
si possono fare dei bambini in laboratorio, rapidamente e da soli. Non so a cosa
potrà portare tutto ciò fra qualche anno,
ma faccio molta fatica a pensare che avrà
degli effetti positivi sul futuro dell’essere
umano. Un’umanità dove gli uomini possono fare dei figli da soli senza che ci sia
un incontro con l’alterità che è l’altro sesso è inquietante. Se non si cambia verso,
ci dirigiamo verso un’indifferenziazione
dei sessi. Sono reazionaria anche per questo, mi piace il mondo di prima, quando
si facevano i bambini a letto».
n
ESTERI QUALE UNIONE?
C’
I non allineati
Qual è il prezzo da pagare per avere la “protezione”
economico-sociale dell’Europa? Rinunciare alla
propria identità. Così il fronte scettico dell’Est
si allarga e alza la voce: «Una volta eravamo sotto
la supervisione di Mosca. Oggi cos’è cambiato?»
DI RODOLFO CASADEI
Foto: Ansa
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nei manifesti ideologici dei
partiti e chi cerca di
prendere la temperatura della xenofobia, chi dà un’occhiata alle statistiche della disoccupazione e
chi ipotizza manipolazioni russe e/o americane. Ma per capire le radici profonde
dell’ondata di disincanto e di scontento
che ha portato al governo partiti e leader
euroscettici in una bella fetta di Europa
orientale e che ha materializzato un fronte del rifiuto che va da Tallinn a Budapest
contro la proposta di redistribuire in tutta
l’Unione Europea i profughi arrivati l’anno scorso, basta riprendere in mano un
articolo scritto nel lontano 1969 da Milan
Kundera, lo scrittore cecoslovacco insospettabile di sciovinismo.
«Una grande nazione – scriveva l’autore de L’insostenibile leggerezza dell’essere all’indomani dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia – non si tormenta con l’interrogativo di trovare un motivo
e una giustificazione alla propria esistenza, ma semplicemente esiste e continua a
farlo con evidenza schiacciante. Una grande nazione si fonda sulla propria grandezza, lasciandosi spesso inebriare come fosse essa stessa un valore (…). Una piccola
nazione, invece, se ha una certa importanza nel mondo, deve ricrearla di giorno in
giorno, senza mai fermarsi. Nel momento in cui cesserà di creare dei valori, perderà la sua motivazione di esistenza e alla
fine forse cesserà pure di esistere perché è
fragile e distruttibile. (…) Credo nella grande missione storica delle piccole nazioni
nel mondo attuale, lasciato in balìa delle
superpotenze che desiderano adeguarlo e
livellarlo alla loro misura. Le piccole nazioni, nel loro costante tentativo di cercare e
creare la propria fisionomia, e nella lotta
per la propria individualità, diventano al
contempo protettrici di quel globo minacciato da terribili spinte uniformatrici, consentendo così di brillare a tutta una lunga
serie di diversità di tradizioni e di stili di
vita, permettendo così che individualità,
prodigiosità e peculiarità umana siano di
casa entro i propri confini».
I paesi dell’Est, anche quando sono
paesi di media grandezza come la Polonia
coi suoi 38 milioni di abitanti, sono piccole nazioni nel senso che la loro esistenza come stati è da sempre precaria, sono
stati cancellati dalle carte geografiche e
sono riapparsi più volte. Nei quarant’anni seguiti alla Seconda Guerra mondiale
hanno vissuto come fantasmi incorporati
nell’Unione Sovietica (i tre paesi baltici) o
sotto la cappa della dottrina Breznev del|
è chi scruta
| 27 gennaio 2016 |
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ESTERI QUALE UNIONE?
Dalla Polonia all’Ungheria
Allora si capisce che cosa hanno oggi in
comune un primo ministro socialdemocratico post-comunista come lo slovacco
Robert Fico e un ultraconservatore anticomunista che governa di fatto il suo paese pur non ricoprendo alcuna carica pubblica come il polacco Jaroslaw Kaczynski
per parlare la stessa lingua in materia di
profughi, cioè per rigettare la possibilità di accogliere nei loro paesi profughi
di religione musulmana. Se la fisionomia
nazionale diventa indeterminata, a causa
dell’ingresso di immigrati di cultura diversa da quella che ha preso forma nel corso di una storia secolare, l’esistenza stessa
dei loro popoli come entità distinte rischia
di collassare. La cessione parziale di sovranità all’Unione Europea diventa rinuncia all’indipendenza se si lascia decidere
a Bruxelles chi ha il diritto di entrare nel
proprio territorio. Undici anni fa, quando
otto paesi ex comunisti entravano in un
colpo solo a far parte dell’Unione Europea,
c’era un solo personaggio pubblico euroorientale che osava paragonare quell’Unione all’Unione Sovietica: il russo Vladimir
Bukovski. Quattro anni fa Viktor Orban,
primo ministro ungherese, fece scandalo
quando si appropriò del paragone. Adesso è diventato moneta corrente in molti
ambienti politici dell’Est. Concetti simili si possono ascoltare da un parlamentare ceco la cui formazione è affiliata al Partito popolare europeo (Ppe): «Una volta ci
trovavamo sotto la supervisione di Mosca»,
ha dichiarato il presidente della Commissione per gli affari europei del parlamento ceco, il democristiano Ondrej Benesik.
«Ora molta gente ha l’impressione che la
stessa cosa stia accadendo con Bruxelles».
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tico postnazionale definito soltanto dai
diritti umani individuali e dalla solidarietà universale. Anche stavolta si tratta di
coperture ideologiche di grandi interessi economico-finanziari: la cancellazione
delle comunità nazionali e la loro sostituzione coi diritti/desideri degli individui
è funzionale alla logica del consumismo
e del profitto, l’apertura totale delle frontiere alle masse di migranti è funzionale
alla globalizzazione dei mercati e al contenimento dei costi della manodopera. Per
gli europei dell’Est tutto ciò non ha senso: loro non hanno preso parte alle epopee
colonialiste e imperialiste e quindi la loro
autocoscienza non è afflitta dai sensi di
colpa degli occidentali, né capiscono perché debbano rinunciare all’identità nazionale e alla sovranità senza averne fatto prima esperienza come hanno potuto farla
i paesi dell’Europa occidentale. Non hanno vissuto le disillusioni degli occidenta-
La polizia ungherese ha bloccato gli immigrati
provenienti dalla vicina Serbia
A Ovest i giudizi negativi e sommari
sui fratelli orientali sono una cascata: li
si accusa di essere egoisti, razzisti, xenofobi, ritardatari della storia, ma soprattutto
ingrati. Fra il 2007 e il 2013 l’Unione Europea ha messo a bilancio 176 miliardi di
euro (di cui effettivamente erogati 131 al
2014) di fondi europei destinati allo sviluppo di dieci paesi dell’Est. La Polonia è stata la destinataria di 67 miliardi di aiuti. Il
vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel è
stato sferzante: «Ci sono paesi dell’Unione che vedono l’Europa come una comunità di benefici alla quale si partecipa solo
quando ci sono soldi da spartire», ha commentato. I pochi osservatori benevoli propongono l’attenuante degli effetti depressivi prodotti dalla crisi finanziaria del
2008 sulle economie dei paesi membri. Ma
se guardiamo le statistiche, il Fondo monetario nazionale (Fmi) ha da poco comunicato che l’area economicamente più dinamica dell’Unione Europea nel 2016 sarà
quella che comprende i tre paesi baltici
(Estonia, Lettonia e Lituania) e i quattro
del cosiddetto Gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria). Con un aumento medio del Pil del 2,9
per cento, questa che è l’Europa sul banco
degli imputati per le frizioni con Bruxelles
sarà anche quella con la crescita economica maggiore. Tendenza che dovrebbe proseguire nel periodo 2017-2020.
I sensi di colpa occidentali
No, i problemi economici non c’entrano.
Con i migliori tassi di crescita del Pil a
livello europeo e con tassi di disoccupazione che sono simili a quelli dell’Italia nei
peggiori dei casi (10,8 per cento in Slovacchia e 10 in Lettonia) e che sono la metà
dei nostri nei migliori dei casi (4,6 per cento nella Repubblica Ceca e 6,4 in Ungheria), l’unica questione socio-economica che
i paesi dell’Est possono invocare per tenere chiuse le frontiere ai migranti è la presenza sul loro territorio di minoranze etniche svantaggiate di antica data che rappresentano un problema niente affatto risolto
e che hanno per natura la precedenza: par-
Foto: Ansa/AP Exchange
la sovranità limitata (paesi del Patto di
Varsavia). Caduto il muro di Berlino hanno creduto di poter vivere un’insperata primavera della libertà e dell’indipendenza,
e che la Nato e l’Unione Europea sarebbero state scudo e spada per garantire la loro
sicurezza e gettare le basi di un benessere
crescente. Hanno avuto la loro luna di miele con Bruxelles, fatta di fondi di coesione
e di sviluppo regionale, fino a quando hanno capito qual è il prezzo per poter andare in giro ben nutriti e ben vestiti: l’Unione Europea non vuole limitare la sovranità
degli stati nazione dell’Est, come facevano
i sovietici, vuole proprio sciogliere l’individualità culturale e storica di queste nazioni nel grande calderone dei diritti individuali, del multiculturalismo, del mercato e della finanza mondializzati. L’Unione
Europea non è europea: è globale, è un’incarnazione del mondialismo.
liamo dei rom, particolarmente numerosi
in Ungheria (6 per cento degli abitanti) e
in Slovacchia (10 per cento). La vera ragione delle incomprensioni fra Est e Ovest e
della crescente volontà di allentamento
dei legami da parte dei paesi del Gruppo
di Visegrad sta nel décalage storico e culturale fra Est e Ovest e nel giudizio che l’Est
sta dando di quello che succede a Ovest.
L’apertura dell’Europa occidentale al
multiculturalismo e all’immigrazione di
massa nasce dal suo senso di colpa per
l’imperialismo e il colonialismo del passato, quando i popoli extraeuropei sono
stati sottomessi con la giustificazione della missione civilizzatrice europea, ideologia di copertura degli interessi economici
e finanziari delle grandi compagnie e della volontà di potenza degli stati. Oggi l’Europa occidentale espia le sue colpe relativizzando il valore della sua civiltà (accettazione del multiculturalismo al suo interno e del relativismo morale) e abiurando la realtà degli stati nazione storici per
sostituirla con quella di uno spazio poli-
Le politiche che i governi del Gruppo
di Visegrad assumono per difendere e promuovere l’identità nazionale contro i tentativi di omologazione di Bruxelles cominciano ad assomigliarsi e a convergere: rivalutazione del ruolo dello Stato nell’economia; stretto controllo del governo sulla banca centrale, sui media pubblici e sulla corte costituzionale; aumento dell’imposizione fiscale sui profitti delle banche
e diminuzione di quella sui privati; precedenza alle imprese nazionali su quelle straniere anche europee; aumento della spesa
sociale. A monte di questo ci sta l’idea che
lo Stato è lo strumento organizzativo di
una comunità nazionale, non di una somma di individui che rivendicano diritti.
La proposta di Orban
La formulazione più chiara della visione
del mondo da cui emanano le suddette
politiche l’ha data Orban, nel suo discorso di Baile Tusnad del luglio
2014, quello in cui propoLa cessione, anche soLo
se il modello politico delparziaLe, di sovranità
la «democrazia illiberale» e
dello «Stato del workfare» in
aLL’Unione eUropea diventa
opposizione allo Stato del
welfare. «Quello che stiamo
rinUncia aLLa propria
facendo in Ungheria – disse
indipendenza se si Lascia
in terra rumena davanti ai
rappresentanti della minodecidere a BrUxeLLes
ranza magiara – può essere
chi ha iL diritto e chi
interpretato come un tendella leadership di
non ha iL diritto di entrare tativo
armonizzare il rapporto fra
gli interessi e le conquiste
neL proprio territorio
degli individui – che devoli e quindi non accettano ricette che non no essere riconosciuti – e gli interessi e le
fanno al caso loro. Esprimono il loro dis- conquiste della comunità, cioè della naziosenso con toni e argomenti diversi a secon- ne. Questo significa che la nazione ungheda del loro orientamento politico e della rese non è una semplice somma di indiviloro biografia. «Pensano il mondo secon- dui, ma una comunità che ha bisogno di
do un modello marxista e credono che si essere organizzata, rafforzata e sviluppata,
debba sviluppare automaticamente in una e in questo senso il nuovo stato che stiamo
sola direzione», dichiara il nuovo mini- costruendo è uno stato illiberale, uno stastro degli Esteri polacco, l’ultraconservato- to non liberale. Esso non nega i valori fonre Witold Waszczykowski. «Quella di una dativi del liberalismo, come la libertà e tutnuova mescolanza di culture e di razze, to il resto. Ma non fa di questa ideologia
un mondo fatto di ciclisti e di vegetariani, un elemento centrale dell’organizzazione
che usano solo energie rinnovabili e com- dello stato, bensì applica al suo posto uno
battono tutte le forme di religione». Inve- specifico, particolare approccio nazionace il primo ministro slovacco Robert Fico, le». Sul Financial Times queste posizioni,
non dimentico del suo passato comunista come quelle del nuovo governo polacco del
e anti-imperialista, chiede retoricamente: PiS, vengono demonizzate come “autocra«Abbiamo bombardato noi la Libia? Chi ha tiche” e snobbate come “nativiste”, menliquidato il regime in Iraq? Abbiamo desta- tre si dà notizia che la Commissione eurobilizzato noi la Siria? Che rapporto abbia- pea ha messo sotto osservazione la Polonia
mo noi con quei territori? Noi non abbia- per sospetta violazione dello Stato di diritmo nessuna responsabilità per l’attuale to. Ma parecchi lettori non gradiscono: «La
situazione in quei paesi. Perciò non pos- Commissione europea ha aperto un’indasiamo accettare che qualcuno ci obblighi a gine su di un governo “autoritario”? Queprenderci cura di quelle persone».
sta sì che è satira!».
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| 27 gennaio 2016 |
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VOSTRO ONORE
MI OPPONGO
CONSEQUENTIA
RERUM
ATTENzIONE: SpOIlER
CONTRO IL BUSINESS DELL’ANTIMAFIA
Il 2016 della politica
internazionale
(in anteprima da
House of Cards)
Perché «i beni sequestrati
a Cosa Nostra si dovrebbero
vendere, vendere, vendere»
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S
| 27 gennaio 2016 |
DI MAURIZIO TORTORELLA
dI pIER gIACOMO gHIRARdINI
econdo un calembour in voga nella russia sovietica, v Pravde net izve-
stij, a v Izvestijakh net pravdy, ossia sulla Pravda (che in russo significa “Verità”) non ci sono notizie, e nelle Izvestija (“Notizie”)
non c’è verità. Per i più giovani, ricordiamo che i quotidiani Pravda ed
Izvestija assolvevano, nell’Urss, più o meno, alla stessa funzione che Corriere della Sera e Repubblica assolvono nell’Italia commissariata dalla
Troika. Di bello c’è che qui non ti mandano alle Solovki. Naturalmente si
scherza solo un po’ per intrattenere i 3 milioni 71 mila disoccupati che si
ostinano a non voler agganciare la ripresa. In realtà sul Corriere l’abbiamo letta, l’altro giorno, una notizia. Aldo Cazzullo ha scritto, puntuale
e temerario: «È vero: la gestione tedesca della grande crisi non è stata né
generosa, né lungimirante. L’America ha investito 900 miliardi di dollari; in Europa non si è visto ancora un euro dei 300 miliardi annunciati da
Juncker». Cose da niente. Ma ha poi prudentemente aggiunto: «Isolare ulteriormente la Merkel non ci conviene». Sì, giusto, non isoliamola – non
si sa mai di cosa sono capaci i tedeschi se restano isolati, visti i precedenti, da noi, sulla linea gotica. E non facciamo arrabbiare quella pasta d’uomo di Juncker, che non se l’è presa neanche quando han detto che faceva
colazione col cognac. Allora che fare? Proviamo a fare il punto.
L’anno 2016 si preannuncia bisesto ed elettorale.
A NOvEMbRE vINCERà Punto uno: ho controllato di persona sul lunario e il 29 febbraio c’è e cade
lE ElEzIONI USA di lunedì – e a scanso di sfighe varie consiglierei di darsi malati. Punto due:
m’ha detto l’uccellino che, martedì 8 novembre, vince le elezioni presidenHIllARy ClINTON. ziali Hillary Clinton. Se no, in aggiunta a Merkel e Juncker, si arrabbiano Cia
SE NO SI ARRAbbIA e produttori di House of Cards che, per la quarta stagione, vorrebbero farlA pROdUzIONE dI ci l’improvvisata di eleggere presidentessa la bella stangona pro-Lgbt Claire
HOUSE Of CARdS CHE, Underwood – con una Robin Wright precisa alla Hillary, che tutti andranno fuori di cocomero. Che così mettono il matrimonio gay obbligatorio anpER lA 4A STAgIONE, che da noi e la piantiamo di essere terzo mondo. Capisco di avervi spoileravORREbbE fARCI to di brutto il serial, ma la fonte è certa e c’ho il dovere dell’informazione.
Morale: fino all’8 novembre l’agenda della politica mondiale sarà votata
l’IMpROvvISATA
al
fancazzismo
globale. Poi vogliamo metterci di buono i classici primi cento
dI ElEggERE
giorni? E arriviamo già al carnevale dell’anno venturo: per cui ti saluto 2016!
pRESIdENTE lA bEllA Che poi anche in Italia si voterà – però non la contano come valida.
STANgONA pRO-lgbT
Eh sì, ha ragione Aldo Cazzullo: restiamo a letto tutto il 2016. Tanto i diClAIRE UNdERwOOd soccupati non scappano e non vogliono mica sposarsi fra di loro.
26
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C
he troppo spesso istituzioni e norme dell’antimafia girino desolatamente a vuoto,
e non solo per la difficoltà della materia, è vecchia storia. È anche una vecchia
polemica, accesa 29 anni fa da Leonardo Sciascia con un articolo pubblicato
sul Corriere della Sera. Era il 10 gennaio 1987 e l’articolo s’intitolava “I professiozione tra l’1 e il 2 per cento annuo del vanisti dell’antimafia”: Sciascia scriveva che ormai in Italia il modo migliore per fare
lore. Questo permette loro di raggiungecarriera in politica e in magistratura era dichiararsi antimafioso, e usare l’«antimare retribuzioni elevatissime, con evidenti,
fia come strumento di potere», come mezzo per essere potenti e intoccabili.
potenziali distorsioni che alimentano faDa allora è passata molta acqua sotto i ponti. E molte leggi sono passate in Parlavori e illeciti di ogni tipo.
mento, ma purtroppo i risultati sono deludenti. Lo hanno mostrato con drammatiE cosa fa la politica per rimediare ai
ca evidenza molti recenti casi di cattivissima gestione dei beni confiscati a Cosa nosuoi errori? La Camera ha varato nel 2015
stra (un valore stimato in 30 miliardi di euro), a partire dallo scandalo di Palermo
un nuovo Codice antimafia, ora all’esache da settembre vede indagati per corruzione e altri reati alcuni giudici di quel Trime del Senato. I grillini gridano al succesbunale, accusati di avere favorito sempre gli stessi custodi giudiziari cui sono stati
so perché sono riusciti a
attribuiti lucrosissimi incarichi.
inserire un emendamenIn una clamorosa intervista a PanoHA DETTO CORAGGIOSAMENTE CATELLO
to apparentemente giacorama il sostituto procuratore napoletaMARESCA, MAGISTRATO ANTICAMORRA:
bino, che vieta al giudice
no Catello Maresca (43 anni, 11 dei qua«MI CHIEDO CHE FINI SOCIALI POSSA
che gestisce i beni confili trascorsi come magistrato anticamorra)
lancia serie accuse contro «gli estremiAVERE UN CAPANNONE INDUSTRIALE. OGGI scati di affidarlo a un amministratore che sia stato
sti dell’antimafia, le false cooperative, le
IL TABù DELL’ANTIMAFIA è LA PAROLA
suo «abituale commensamultinazionali del bene sequestrato». Ma“VENDITA”. DOVE POSSIBILE SI POSSONO
le», oltre che (ovviamenresca se la prende perfino con Libera, l’asCOSTRUIRE CASERME, PER ESEMPIO.
te) a propri parenti. La
sociazione di don Luigi Ciotti, sostenendo
MA TUTTO IL RESTO è DA ALIENARE»
norma, però, dimentica
che «gestisce i beni sequestrati alle mafie
di escludere che un giuin regime di monopolio e in maniera anticoncorrenziale». Don Ciotti ha annunno costruire caserme, per esempio. Ma tut- dice possa assegnare il bene al parente di
un altro magistrato. Così gli “scambi di faciato querele, si vedrà. Resta il fatto che il
to il resto è da alienare».
magistrato ha confermato quel che pare
Certo, poi c’è il rischio che ad acquista- vori” sono sempre possibili… Fino al prosun fatto incontrovertibile: «Le imprese sere siano gli stessi mafiosi. Ma è vero che simo scandalo, che arriverà dopo infinite
questrate ai mafiosi si dovrebbero vendel’attuale gestione dei beni confiscati è a dir intimidazioni e censure verso chi avrà prore, vendere, vendere», ha detto. «Mi chiedo
poco lacunosa. Basti pensare ai compensi vato a sollevarlo. Perché chi osa sfiorare i
che fini sociali possa avere un capannone
attribuiti ai custodi giudiziari. La legge potentati dell’antimafia è sempre un «deindustriale. Oggi il tabù dell’antimafia è
140 del 2012 stabilisce che, quando il va- legittimatore», come fu considerato Sciala parola “vendita”. Una volta sequestrati i
lore del bene sequestrato supera i 50 mila scia ai suoi tempi (e probabilmente il pm
beni, bisogna individuare quelli riutilizzaeuro (quasi sempre), agli amministratori Maresca da domani). E rischia grosso.
bili per fini sociali: dove possibile si possonominati dal tribunale spetta una retribuTwitter @mautortorella
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27
SOCIETÀ
O DIO O MAMMONA
Consacrarsi
a sua maestà
il mondo?
Così la capitolazione delle province occidentali
davanti alle pretese più “liberal” dell’opinione
pubblica sta provocando fratture devastanti nella
Chiesa anglicana. Che in quasi mezzo millennio di
esistenza non è mai stata tanto vicina allo scisma
|
DI LEOnE GrOTTI
Una manifestazione di
attivisti Lgbt davanti alla
cattedrale di Canterbury
per denunciare l’“omofobia”
della Chiesa anglicana
durante il recente Incontro
dei primati a Londra
SOCIETà O DIO O MAMMONA
ni di appartenenti alla
Comunione anglicana parlano di “scisma”, “disintegrazione”, “eresia”. Ma la
Chiesa nata nel XVI secolo
dal capriccio di un re, Enrico VIII, non ci è
mai andata così vicino come la settimana
scorsa. Dall’11 al 16 gennaio si sono riuniti
a Canterbury 38 arcivescovi, detti primati,
a capo delle altrettante province in cui è
divisa la Comunione anglicana nel mondo. I leader religiosi non dovevano solamente prendere una decisione che riguarda la sfera della sessualità, se cioè accettare il matrimonio tra persone con tendenze
omosessuali, e una che tocca la struttura
della Chiesa, cioè se mantenere in un’unica Comunione coloro che già celebrano i
matrimoni gay nel nome dell’“amore” e
coloro che li rigettano come «deviazione
dall’insegnamento della Bibbia». Il tema
al cuore del raduno più spinoso mai organizzato dagli anglicani nei loro quasi 500
anni di vita era un altro: le decisioni dottrinali devono ancora essere prese a partire dalla Bibbia e dall’insegnamento che
Gesù ha dato con la sua vita e le sue parole? E ancora: i Vangeli hanno qualcosa da
dire oggi al mondo secolarizzato?
L’unità non è mai stata il punto forte
degli anglicani, che nei fatti sono divisi su
tutto, soprattutto da quando la Comunione si è diffusa nel mondo: c’è chi permette
alle donne di diventare sacerdoti e vescovi
e chi no, chi crede nei sacramenti e chi no,
chi crede nella Bibbia e chi no. Non avendo un’autorità ultima come il Papa – l’arcivescovo di Canterbury infatti è solo un
primus inter pares – gli anglicani hanno
faticato a mantenere un’identità precisa.
Alcune delle attuali 38 province ritengono
che i 39 articoli in cui è racchiusa la Confessione di fede anglicana siano fondamentali, ma c’è anche chi pensa che «bisogna
rinchiuderli in un bel palazzo signorile e
fargli visita solo di tanto in tanto». Alcune
comunità hanno abbandonato la liturgia
del Book of Common Prayer per sostituirla
con una più femminista o più multiculturale o più multireligiosa. Ad esempio, un
gruppo di pressione femminista chiamato
Watch (Women and the Church), formato
da sacerdoti donne, ha chiesto che la Chiesa anglicana smetta di utilizzare un «linguaggio sessista» e si rivolga a Dio «al femminile per non dare l’idea che gli uomini siano più simili a Dio delle donne». Un
teologo studioso dell’anglicanesimo come
James Innell Packer ha sintetizzato così i
problemi della Comunione: «Relativismo
in teologia, sincretismo nella religione,
naturalismo nella liturgia, approccio fem-
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minista al ministero femminile, valutazione positiva del comportamento omosessuale e visione socio-politica della missione della Chiesa».
Un sondaggio condotto nel 2003 da
Christian Research ha ben evidenziato queste divisioni: solo il 58 per cento dei sacerdoti di sesso maschile e appena il 33 per
cento dei preti donne crede che Gesù sia
nato da Maria Vergine; solo il 68 per cento dei sacerdoti maschi e il 53 per cento
dei preti donne crede che Gesù sia risorto;
solo il 53 per cento dei sacerdoti maschi
e il 39 dei preti donne crede che la fede
in Gesù possa salvare l’uomo. Per tenere insieme queste diverse posizioni, senza
squalificarne nessuna, la Comunione ha
imparato a «descrivere in modo retorico
il caos come ordine, l’ambiguità come ricchezza di comprensione, la patente diversità come speciale tipo di unità», ha spiegato l’ex sacerdote anglicano e studioso
Edward Robert Norman, accolto nel 2012
nella fede cattolica. Ecco perché la Chiesa
anglicana, con la sua teoria della «autorità
dispersa», è stata definita dall’ex vescovo
di Leicester come «una casa costruita sulla
sabbia di dottrine cangianti».
a sorpresa, sabato 16 gennaio l’incontro
dei primati a londra si è concluso con una
sanzione per la Chiesa episcopale usa per
via del suo «allontanamento dalla fede»
in materia di matrimonio. nella foto,
Justin Welby, arcivescovo di Canterbury
Il colpo di grazia
Il risultato di questa confusione, almeno
in Inghilterra, è dato da un recente sondaggio di NatCen Social Research: se nel
1983 gli anglicani erano il
40 per cento della popolaprima dell’inizio dei lavori,
zione, nel 2014 costituiva105 importanti membri
no appena il 17 per cento. Se
nel 2004 c’erano 13 milioni
della Comunione, tra Cui
di anglicani in Inghilterra,
oggi sono meno di 8,5 miliovesCovi, hanno sCritto
ni. Secondo l’ex arcivescovo
a Welby Chiedendogli
di Canterbury, Lord Carey,
«se non facciamo niente, la
Che la «Chiesa riConosCa
Chiesa di Inghilterra tra una
di non essersi presa Cura
generazione sarà estinta».
Il colpo di grazia alla già
dei membri lgbti del Corpo
fragile unità degli anglicani
è stato dato nel 2003 da tre
di Cristo in tutto il mondo»
diverse chiese di tre diversi paesi: in Inghilterra è stato nomina- rici attriti con gli inglesi) non si è fermato vescovo di Reading Jeffrey John, gran- ta e nel 2015 ha cambiato la definizione
de sostenitore delle unioni omosessua- del matrimonio e adottato due riti speciali, in Canada una coppia gay di Vancou- li per benedire le unioni omosessuali. La
ver è stata benedetta dal vescovo di New Chiesa canadese ha seguito l’esempio. In
Westminster e negli Stati Uniti è stato risposta a queste mosse progressiste, nel
ordinato vescovo di New Hampshire Gene 2008 è nata Gafcon, la Rete mondiale delle
Robinson, divorziato dalla moglie e impe- Chiese anglicane rimaste ancorate alla tragnato in una unione omosessuale. Nono- dizione e al Vangelo. Rappresentando la
stante le proteste della maggior parte dei maggioranza nella Comunione anglicana,
fedeli anglicani, guidati soprattutto dal- i vescovi aderenti hanno deciso di disertale province africane, la Chiesa episcopale re l’ultima Conferenza di Lambeth e l’ultiamericana (nome assunto dagli anglicani mo Incontro dei primati (due dei quattro
negli Stati Uniti per motivi legati agli sto- organi decisionali della Chiesa anglicana
Per evitare una rottura
definitiva, l’arcivescovo
di canterbury Welby ha
addirittura PredisPosto
due caPPelle diverse Per
l’incontro dei Primati
2016 a londra: i vescovi
africani non volevano
Pregare insieme ai
Progressisti americani
ti inaspettato: nessuno scisma ma condanna della Chiesa episcopale, sospesa per tre
anni dal rappresentare la Comunione negli
organismi ecumenici e interreligiosi. Nel
comunicato finale si legge che «i recenti sviluppi nella Chiesa episcopale rispetto a un cambiamento nel loro canone sul matrimonio rappresentano un fondamentale allontanamento dalla fede e dall’insegnamento seguito dalla maggioranza delle nostre Province sulla dottrina del matrimonio». Che è e resta «una unione fedele
per tutta la vita tra un uomo e una donna».
insieme all’arcivescovo di Canterbury e al
Consiglio consultivo), per non essere associati a vescovi che hanno «deliberatamente sovvertito l’ordine divino senza dimostrare pentimento alcuno».
Foto: LaPresse
Ansa
S
ono decenni che gli 85 milio-
«Non possiamo cambiare la Bibbia»
Ha spiegato Peter Jensen, ex arcivescovo
di Sydney e segretario generale di Gafcon:
«La Chiesa episcopale americana e quella canadese sono andate troppo oltre nel
loro tentativo di raggiungere un compromesso con il mondo e hanno perso la capacità di parlare con forza nel nome del Vangelo e di Gesù». Per cercare di evitare uno
scisma definitivo, l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby ha convocato l’Incontro
dei primati 2016 a Londra, predisponendo addirittura due cappelle diverse perché i vescovi africani non volevano pregare
insieme ai progressisti americani. Fiutando la possibile capitolazione degli anglicani allo “spirito del mondo”, prima dell’inizio dei lavori, 105 importanti membri della Comunione, tra cui alcuni vescovi, hanno inviato una lettera a Welby chiedendogli che la «Chiesa anglicana riconosca di
non essersi presa cura dei membri Lgbti
del Corpo di Cristo in tutto il mondo». La
Chiesa dovrebbe «pentirsi di aver accettato e promosso la discriminazione in tema
di sessualità, causando dolore ai fratelli e
alle sorelle Lgbti», e dovrebbe approvare i
matrimoni gay una volta per tutte. Mentre i primati erano riuniti, all’esterno della cattedrale di Canterbury decine di attivisti protestavano contro «l’omofobia della Chiesa». In questo clima, molti hanno
invocato un compromesso per evitare lo
scisma, ma Michael Nazir-Ali, influente
vescovo e teologo anglicano, ammiratore
di Benedetto XVI, ha chiarito: «Su un tema
fondamentale come questo non si possono fare compromessi. Gli omosessuali vanno sempre accolti e amati, come la Comunione anglicana ha già detto in una famosa risoluzione. Se poi abbiamo compiuto
qualche torto, dobbiamo pentirci perché
siamo una comunità di peccatori. Ma l’insegnamento della Bibbia e della Chiesa è
sempre stato che il matrimonio è tra un
uomo e una donna. La pratica omosessuale è incompatibile con la Sacra Scrittura.
Questo può non piacere alla comunità Lgbti, ma sta a loro decidere: noi non abbiamo
il diritto di cambiare la Bibbia».
Dopo un confronto serrato, i primati hanno raggiunto un risultato per mol-
«Milioni di anime in pericolo»
Molti hanno protestato ugualmente perché alla Chiesa episcopale non è stato
chiesto di «pentirsi», anche se è stata
nominata una commissione per provare
ad appianare le divergenze, visto il «comune desiderio di camminare insieme». Probabilmente le divergenze rimarranno, se
si dà credito alle dichiarazioni del leader
della Chiesa sanzionata, Michael Curry: «I
fedeli gay o lesbiche che seguono Gesù nella nostra Chiesa saranno ancora più addolorati ora. Noi non cambieremo la nostra
posizione, avevo già detto agli altri primati che non sarebbe mai successo».
Le differenze per ora restano, così
come le difficoltà della Comunione anglicana. Ma le province più numerose, cioè
quelle africane, che da anni hanno superato in numero di fedeli le province inglese, americana e canadese, affette da una
emorragia di cristiani sempre più grave,
sono riuscite a riaffermare «l’insegnamento della Bibbia». Questo movimento partito dal sud del mondo, secondo Nazir-Ali,
non si è certo fermato in Africa: «La Chiesa episcopale americana mette in pericolo
le anime di milioni di persone, permettendo cose condannate da Dio. Non bisogna
pensare che solo gli africani siano contrari a queste nuove dottrine: la stragrande
maggioranza dei cristiani, anche cattolici
e protestanti, non vuole capitolare davanti al fascino modernista come hanno fatto
pochi occidentali. Questa è la realtà».
n
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| 27 gennaio 2016 |
31
cultura
L’IO SENZA NOI
Rembrandt
Harmenszoon
van Rijn,
Il sacrificio
di Isacco
(part.), 1655
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so una gerarchizzazione dei desideri e viene unificata da un principio di responsabilità. Dio chiama Abramo e Abramo gli
risponde. Il desiderio di rispondere alla
chiamata e di essere fedele all’alleanza
con Dio diventa il principio organizzatore della vita di Abramo. Ogni avvenimento e ogni desiderio verranno giudicati dal
punto di vista della conformità o difformità con questo desiderio fondamentale.
Responsabilità deriva dal latino respondeo, rispondo. La responsabilità è una
risposta a una chiamata. Più esattamente il verbo re/spondeo è un iterativo del
verbo spondeo che significa prometto. La
responsabilità è una promessa che risponde a una promessa, cioè un’alleanza.
di rocco buttiglione
Dei diritti
e del bene
Così la tirannia del «desiderio unilaterale» uccide
la nostra «personalità comunionale» e con essa
la democrazia. Indizi da una indagine sulle cause
di una crisi antropologica e culturale che comincia
nella famiglia e travolge tutto. Fino alla politica
Pubblichiamo ampi stralci della relazione
tenuta da Rocco Buttiglione il 25 novembre scorso al convegno dell’Università Lateranense su “Bene comune, dignità e libertà
tra ragioni e regole”, organizzato dall’area
di ricerca “Caritas in Veritate” e dalla cattedra Giovanni Paolo II istituita dalla Fondazione Fede e Scienza.
L
della mia generazione sono cresciuti nel mito del progresso lineare. La storia progredisce
sempre verso il bene e, naturalmente, l’Europa (e gli Stati Uniti) marcia alla testa del
cammino della storia. Il movimento della
storia culmina con le democrazie occidentali. Per una fase si è pensato che una nuova tappa ulteriore del progresso storico si
delineasse all’orizzonte: il comunismo. Poi
il comunismo è fallito e si è affacciata la
convinzione che la storia fosse finita.
Oggi questo mito si è molto indebolito
ed è difficile trovare qualcuno che ci creda
davvero fra gli storici e i filosofi. Esso tuttavia persiste come una specie di substrato inconfessato nelle valutazioni dei giornali e della cultura di massa. Il motivo di
questa permanenza è probabilmente il
fatto che ancora non abbiamo trovato un
principio ordinatore alternativo che ci serva da criterio per comprendere il mondo e
per orientarci in esso. In questo contribu-
32
e donne e gli uomini
| 27 gennaio 2016 |
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to voglio proporre alcune tesi sulla cultura della crisi per cercare di ritrovare alcuni punti di riferimento.
1. Dobbiamo cercare di comprendere il
mondo a partire dal primato non dell’economia, ma dell’autocoscienza umana. L’uomo è guidato nell’azione dalla idea che ha
di se stesso e della propria dignità. Nel definire cosa è un bene economico noi siamo
naturalmente condizionati dalla nostra
struttura biologica (sistema dei bisogni)
6. La religione è la forma dell’autocoscienza umana. La religione è insieme
l’appello dell’assoluto e la risposta della
creatura attraverso cui si costituisce l’autocoscienza. Essa unifica la persona e,
insieme, la società.
desideriamo godere della bellezza. Il sistema dei desideri, tuttavia, è in larga misura
plasmato storicamente. Perfino il riconoscimento di ciò che è alimento adeguato
per saziare la fame può variare da una cultura all’altra. La maggior parte delle culture pone un tabù alimentare sulla carne
umana, alcune invece no. Gli occidentali
non mangiano la carne dei cani, i cinesi sì.
3. Il sistema dei desideri di ciascuno si
forma fondamentalmente nei primi anni
neanche il successo economico dei più basta
a rendere giusto un ordine in cui alcuni (al
limite uno solo) siano violati nella dignità
ma la struttura biologica è assunta dal soggetto sulla base di una visione ideale di sé
che egli si sforza di realizzare (sistema dei
desideri). Nelle nostre società avanzate la
gran parte del tempo e dello sforzo lavorativo sono orientati dal sistema dei desideri piuttosto che dal sistema dei bisogni.
di vita all’interno della famiglia. Ogni
generazione consegna a quella successiva
la propria esperienza non solo delle tecniche del lavoro e quindi del modo di assoggettare la natura, ma anche di ciò che vale
la pena di desiderare e quindi del modo di
ordinare e soddisfare i propri desideri.
2. Il sistema dei desideri ha una struttura oggettiva (come il sistema dei bisogni). Desideriamo comprendere la realtà (desiderio di verità), desideriamo essere
riconosciuti e amati (desiderio del bene),
4. Le forme storiche di organizzazione della famiglia costituiscono dunque le
strutture fondamentali della personalità.
5. La personalità si costituisce attraver-
7. L’idealismo ha pensato il soggetto
come se esso fosse una realtà originaria,
assoluta, indipendente. Per fare questo ha
oscurato il processo di formazione del soggetto, la sua genesi storica e psicologica.
8. Marx, Nietzsche e Freud hanno invece messo in luce il carattere derivato della
soggettività umana. Essi vedono che il soggetto è una realtà mobile, precaria, che si
forma storicamente sotto la pressione della società, della necessità di soddisfare gli
istinti, del desiderio del riconoscimento.
Il decostruzionismo moderno denuncerà
il soggetto come un inganno e uno strumento del potere; identificherà la verità
dell’uomo non con il soggetto ma con il
magma degli istinti che il soggetto soggioga per affermare sé. Esso non vede però
che la repressione dell’istinto e la formazione dell’io sono necessarie per permettere la sopravvivenza dell’individuo. Solo
attraverso il compimento del dovere (lavoro) l’uomo può dominare l’ambiente e
trarre da esso il necessario per la vita.
9. Freud ha espresso meglio di altri
l’antinomia della soggettività: solo attraverso la repressione dell’istinto è possibile assicurare la sopravvivenza dell’individuo. L’energia degli istinti deve essere
distolta dal piacere e canalizzata verso
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CULTURA L’IO SENZA NOI
il dovere. Se il processo va troppo oltre,
però, il soggetto perde la voglia di vivere
o si trova a dover fronteggiare la ribellione dell’inconscio. Per esistere è necessario
agire secondo la legge ma l’azione secondo la legge comprime il desiderio, lo condanna e lo spegne. È interessante osservare che ciò che Freud dice sulla legge incrocia ciò che sulla legge ci dice un altro
grande ebreo, Paolo di Tarso.
ti (per esempio in cosmologia), essa è esattamente verificata nel processo costitutivo
dell’autocoscienza umana.
12. La prima voce che ci chiama per
nome è quella della madre. La famiglia si
costituisce attorno alla relazione madre/
bambino per contenerla e proteggerla. La
donna lega a sé l’uomo per condividere
l’impegno di nutrire ed educare il figlio.
Educare significa prima di tutto comunicare le ragioni per le quali il bambino è
stato accolto e fatto vivere. In queste ragioni è contenuta sia la vocazione del bambino sia il principio genetico della cultura
di un gruppo umano.
monogamico convergono verso la formazione di una personalità dotata di una
forza particolare. Nelle religioni politeiste l’uomo tende ad essere posseduto in
momenti diversi dalla presenza di divinità diverse. Ogni passione dell’anima ha il
suo dio e l’unità della persona è magmatica e provvisoria. Il Dio di Abramo e di
Mosè è uno e non ne esiste alcuno simile a Lui, non esiste alcuna istanza che possa esonerare l’uomo dalla responsabilità
verso di Lui. Nel rapporto con il padre e
la madre il bambino interiorizza la legge
della vita, il dovere di rendere conto delle
proprie azioni, l’esperienza fondamentale
di essere membro di una comunità insieme con i suoi fratelli, eccetera. Nella famiglia “tradizionale” si forma l’io che unisce
in sé l’universale e il particolare, la cura
per se stesso con la responsabilità verso il
bene di tutti. Si forma cioè la persona che
è contemporaneamente individuo e comunità.
10. All’interno del post-strutturalismo
contemporaneo Julia Kristeva è forse quella che nel modo più deciso ha riscoperto
la funzione dello spazio religioso. Non possiamo comprendere la costituzione dell’io
come un semplice effetto della pressione
13. Religione e famiglia sono connesdi conformità dell’ambiente e dell’istinto di autoconservazione o della domanda se strettamente nella genesi dell’autocodi riconoscimento. Tutti questi elementi scienza umana. La ragione adeguata per
entrano nella costituzione dell’io. Il prin- allevare un bambino invece di lasciarlo
cipio formale della costituzione
dell’io è però l’appello dell’assoQuando è arrivata la crisi
luto e la risposta a tale appello.
La repressione del desiderio troeconomica, e invece di
va la sua giustificazione adeguabenefici ci si è trovati a
ta in un desiderio più grande e
nella speranza del compimento
ripartire sacrifici, ci si è resi
di un desiderio più grande. Un
conto di Quanto la base
teologo direbbe: la giustificazione ultima della legge è nella spesolidaristica delle nostre
ranza della redenzione.
15. Le strutture della rappresentanza politica democratica
sono dipendenti anche esse dalla costellazione di fattori che
abbiamo brevemente descritto.
La rappresentanza democratica
presuppone l’esistenza di comunità i cui membri si sentono parte gli uni degli altri, sono vitalsocietà si fosse indebolita
11. Le diverse culture organizmente interessati gli uni al destizano in modo diverso la struttura dei desi- morire è la percezione in lui dell’appel- no degli altri e proprio per questo partecideri e quindi anche quella della soddisfa- lo dell’Assoluto. È la storia di Isacco. Natu- pano del medesimo bene comune.
zione dei bisogni. Il modo in cui esse lo ralmente è possibile accogliere e allevare
fanno dipende ultimamente dalla conce- un bambino per altre ragioni, come stru16. Il bene comune non è la somma
zione che hanno dell’assoluto, dell’appel- mento per un fine umano, anche nobile. delle utilità individuali. Oggi spesso il
lo ultimo davanti al quale, per risponder- Abramo voleva offrire il figlio in sacrificio bene comune viene confuso con la somgli, si costituisce il soggetto. Ci ricordia- a Dio. Dio rifiuta perché il bambino non ma delle utilità individuali o è fatto coinmo infatti di esistere quando qualcuno ci è un mezzo per la realizzazione del desi- cidere con il Pil. I redditi prodotti possono
chiama per nome. Chi chiama per nome derio del padre ma un fine in se stesso. La essere sommati fra loro, ma nel concetto
ultimamente è Dio. La chiamata di Dio, gloria di Dio è che l’uomo viva, il deside- di bene comune non entra solo la produperò, è filtrata esistenzialmente attraverso rio giusto del padre è che il figlio viva per zione del reddito. Esso ha piuttosto a che
molte voci umane. La voce umana davan- il suo destino.
fare con la vita buona, con la possibilità
ti alla quale la mia soggettività scopre se
per ciascuno dei membri della comunità
14. Nell’ordine simbolico del cristia- di camminare verso la realizzazione delstessa è quella di un altro soggetto umano
già costituito. Dice esattissimamente san nesimo, che ha influenzato potentemen- la propria piena verità e maturità umana.
Tommaso: «Nihil potest de potentia dedu- te anche la civilizzazione occidentale, una Non solo una grande ricchezza concentraci in actum nisi per aliquod ens in actum». forma della religione e una forma del- ta nelle mani di pochi mentre i più sofQualunque sia il giudizio che vogliamo la famiglia sono connesse strettamente frono il freddo e la fame non costituisce il
dare di questa tesi metafisica in altri ambi- fra loro. Il monoteismo e il matrimonio bene comune, ma nemmeno il buon suc-
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cesso economico della maggioranza basta
a rendere giusto un ordine politico in cui
alcuni (al limite uno solo) fossero violati
nella loro dignità umana.
17. La crisi della rappresentanza democratica che noi oggi viviamo è legata strettamente con la crisi dei meccanismi che
producono la personalità comunionale.
ta. La crisi della religione fa in modo che
non si ascolti l’appello ad essere se stessi.
Non lo si ascolta nella forma radicale della
voce di Dio e non lo si ascolta nelle forme
mediate con cui la voce di Dio entra nella
quotidianità. Si ha paura di innamorarsi e
soprattutto di scommettere sulla possibilità che un innamoramento si consolidi in
un amore che dura e costituisce una base
solida per generare ed educare dei figli.
va il consenso distribuendo fra diversi ceti
sociali e gruppi di pressione i benefici dello sviluppo. Sommando le diverse richieste dei diversi gruppi si costruiva un simulacro di bene comune. Quando è arrivata
la crisi economica, e invece di distribuire
benefici ci si è trovati a ripartire sacrifici,
ci si è resi conto di quanto la base solidaristica delle nostre società si fosse indebolita.
23. Adesso ci sforziamo di fare rifor18. Hegel vede con grande realismo il
21. L’uomo che non è educato a padro- me costituzionali che mimino la democraprocesso attraverso cui si costituisce storicamente questo tipo di personalità e il neggiare il proprio desiderio non è in gra- zia e consentano di governare con meno
ruolo che hanno in questo processo la do di riconoscere e accettare il desiderio consenso privilegiando il momento delfamiglia e la religione. Una volta formato- dell’altro e il diritto dell’altro a deside- la decisione su quello della rappresentansi il soggetto si rende però indipendente rare. Ancora meno è in grado di accetta- za. Per aggirare la fatica di rappresentadai suoi presupposti. Essi vengono “supe- re l’eguaglianza fra il proprio desiderio e re il popolo si inventano strumenti istiturati” (aufgehoben). Cosa questo significhi il desiderio dell’altro. Uomini che non si zionali sempre più complessi per ottenere
esattamente non è chiaro e sul significa- riconoscono come membra gli uni degli che il potere di decidere sia delegato a un
to esatto della Aufhebung la scuola hege- altri non possono essere rappresentati gruppo di “saggi”. Altra alternativa semliana si è spaccata fra destra e sinistra. Di politicamente. La rappresentanza politi- bra non esserci perché il popolo non c’è
più e la massa non può essere
fatto è prevalsa l’interpretaziorappresentata.
ne secondo la quale famiglia e
Per aggirare la fatica di
religione appartengono alla sto24. Se un’alternativa c’è, essa
ria dell’umanità ma il soggetto
raPPresentare il PoPolo si
non nasce dall’interno della polimoderno, una volta costituitosi,
inventano strumenti affinchÉ tica, anche se certo la politica
non ne ha più bisogno.
ha un ruolo importante per peril Potere sia delegato a un
metterle di crescere e di gene19. La mentalità dominangruPPo di “saggi”. sembra
ralizzarsi. Se la crisi della cultute si è dunque rivolta contro la
ra nasce dalla religione e dalla
famiglia e contro la religione, ha
non esserci alternativa
famiglia, la ripresa può ricominritenuto di non averne bisogno.
ciare solo lì da dove è iniziata la
Le ha criticate perché non demoPerchÉ il PoPolo non c’è Più
crisi. Ogni qual volta due giovani
cratiche, perché strutturate attorno a un principio di differenza e non di ca suppone sempre la mediazione fra desi- si innamorano, si sposano e fondano una
eguaglianza, con ruoli precisamente deter- deri e domande che si riconoscono di pari nuova famiglia, insieme con loro rinasce
minati e non interscambiabili. Le è sfuggi- dignità. Se i soggetti sono estranei total- la speranza dell’uomo. Ogni qual volta un
to che il soggetto responsabile e libero, per mente l’uno all’altro nessuna mediazione uomo sente la voce di Dio che chiama e si
costituirsi, ha bisogno di uno spazio e un è possibile. Il desiderio unilaterale si affer- mette in gioco per seguirla, lì la salvezza
insieme di relazioni che non sono gover- ma come diritto. Esso tenta di imporsi e, diventa di nuovo possibile. La salvezza è
nate da una astratta regola di eguaglianza. se non vi riesce, si rivolta contro la comu- possibile quando l’uomo riconosce la granità, afferma la propria non appartenen- zia e si affida alla grazia.
Nel tempo della crisi dell’uomo, nel
20. Il risultato è che si sono bloccati i za. Di qui la crisi delle democrazie occimeccanismi di formazione della soggetti- dentali che non riescono più a trovare una tempo della crisi antropologica, è bene
vità responsabile e libera e della comuni- definizione di bene comune. Il bene comu- ripetere le parole del Re Davide:
tà solidale, oltre che della rappresentanza ne presuppone una personalità comunio«Io volgo il mio sguardo ai monti
democratica. La crisi della famiglia ci con- nale. Se essa viene meno il bene comune
Da dove può venire l’aiuto?
segna un numero crescente di soggetti in non può essere definito. Il bene comune è
L’aiuto ci viene dal Signore
cui le due polarità dell’esistenza (l’essere infatti il bene di una comunità.
Creatore del cielo e della terra».
per se stesso e l’essere con gli altri) non si
22. Per un certo tempo storico la fine
integrano più armoniosamente. Si oscilDall’invocazione dell’aiuto di Dio ricola fra una solitudine assoluta e lo smar- del bene comune è stata mascherata dalrimento di sé in una massa indifferenzia- la crescita economica. La politica compra- mincia il cammino della speranza.
n
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STILI DI VITA
Piatti ghiotti a prezzi bassissimi
IN BOCCA ALL’ESPERTO
di Tommaso Farina
P
IL PARERE DI GRAMSCI
CINEMA
A Le PATrIe DAL FrIuL, CAmPoFormIDo (uDIne)
uò capitare, a volte: puntate un ristorante che conoscevate,
vi sedete e vi accorgete che la gestione è cambiata, rimanendone delusi. Però potrebbe anche capitarvi il contrario: una piacevole sorpresa. È quello che è successo
a noi, quando lo scorso dicembre ci siamo seduti ai tavoli dell’osteria A le Patrie dal Friul, a Campoformido (Udine), la città del funesto trattato napoleonico.
Ce l’avevano segnalata in molti, ma non sapevamo che al timone le mani erano
cambiate da qualche tempo. Poco male: ci abbiamo mangiato benissimo, spendendo un’inezia e divertendoci.
L’ambiente, come sempre in Friuli, comprende anche un bar, rifugio di compagnie di amici di tutte le età. La saletta propriamente detta è caratterizzata dagli stemmi dipinti di ciascun comune friulano, una parata davvero interessante.
La cucina, a prezzo concorrenziale, sviscera i prodotti e le ricette locali con
acume casalingo. D’antipasto, formaggi e salumi friulani come la famosa Pitina;
flan di porro con trucioli di speck e crema al Formadi Frant (un formaggio antichissimo, nato dal “recupero” di altri formaggi malriusciti); polenta abbrustolita
col medesimo Frant, davvero ghiotta.
Stesso discorso, tra i primi piatti, per i ricchi blecs (maltagliati) con ragù di
Pitina, salume tipico della montagna pordenonese. In alternativa, orzotto con
speck e porro; tagliatelle con lumache, radicchio e speck; risotto al radicchio rosa di Gorizia e crema di Formadi Frant; gnocchi di zucca alla ricotta affumicata.
Ma che buone, di secondo, le semplicissime salsicce di maiale al latte con la loro polenta! Un piatto di una sapienza elementare e grande. Avrete comunque anche il frico; il musetto “in caramella” con la brovada; il salame all’aceto; il gulash.
Concludete con un assaggio di Gubana o la torta di ricotta e cioccolato. I vini
sono curati con una certa passione dal proprietario. E la spesa finale, miracolo, si
contiene sotto i 30 euro, anzi sotto i 25 con scelte opportune. In questo periodo,
non ha giorni di chiusura, ma la situazione potrebbe cambiare.
Creed –
Nato per combattere,
di Ryan Coogler
Il ritorno (bello)
del grande Rocky
Il figlio di Apollo Creed
vuole come allenatore il
mitico Rocky.
Grande film, classico nell’impostazione ma carico di no-
stalgia e affezione per una
saga che ha segnato la storia del cinema e le storie
personali di tanti di noi. A
metà tra lo spin-off e il reboot, ha tanti pregi. Diretto da un regista giovane che
sa intrattenere e commuovere, dando spazio al cuore
dei personaggi. Cast azzeccato in cui brillano Michael
B. Jordan da un lato, ragaz-
zo rabbioso in lotta contro
la solitudine, e Stallone, che
si ritaglia un ruolo di secondo piano. Acciaccato, segnato dalla vita, il suo Rocky è
il migliore di tutti eccezion
fatta per il primo film. Solo,
ripiegato su un passato glorioso ma lontano, Rocky è
l’alter ego di Stallone. Attore così così ma capace di interpretazioni di gran cuore,
sa che la sua carriera deve
tutto al suo pugile. È il valore aggiunto di un film che è
un grande omaggio al cinema anni Settanta e un regalo
agli spettatori affezionati agli
eroi ammaccati.
visti da Simone Fortunato
Holmes contro
padre Brown
MAMMA OCA
Il regista
Ryan Coogler
di Annalena Valenti
S
iamo nella settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani. Per rimanere nella banalità dei contrasti
di parte: la tv inglese ha prestato al cinema con l’ennesima trasposizione di
Sherlock Holmes e ci piacerebbe si prestasse anche con Padre Brown. Per sottolineare il contrasto tra i due detective, e il motivo per cui probabilmente
Holmes “tira” più del pretino, ricordo
quel che scrisse Antonio Gramsci, che
leggeva in carcere le «interessanti novelline» di Chesterton, stupito e invidioso
del piacere ingenuo e meravigliato che
provava la cognata Tania nel leggere
quelle storie. «Il padre Brown è un cattolico che prende in giro il modo di pensare meccanico dei protestanti e il libro
è fondamentalmente un’apologia della
Chiesa romana contro la Chiesa anglicana. Sherlock Holmes è il poliziotto “protestante” che trova il bandolo di una
matassa criminale partendo dall’esterno, basandosi sulla scienza, sul metodo sperimentale, sull’induzione. Padre
Brown è il prete cattolico che attraverso le raffinate esperienze psicologiche
date dalla confessione e dal lavorio di
casistica morale dei padri, pur senza
trascurare la scienza e l’esperienza ma
basandosi specialmente sulla deduzione e sull’introspezione, batte Sherlock
Holmes in pieno, lo fa apparire un ragazzetto pretenzioso, ne mostra l’angustia e la meschinità. D’altra parte Chesterton è grande artista, mentre Conan
Doyle era un mediocre scrittore…».
mammaoca.com
HOME VIDEO
Everest,
di Baltasar Kormákur
Scenari mozzafiato e
rispetto per la storia
La rievocazione di una tragica
scalata sull’Everest.
Buon film di montagna: c’è un
bel cast, una regia attenta e soprattutto scenari mozzafiato.
C’è di meglio per quanto riguarda il genere (uno per tutti: il
grande La morte sospesa)
ma è un film che cerca di mettere insieme un certo rispetto
per il dato storico, peraltro controverso, e lo spettacolo tipicamente hollywoodiano.
Per informazioni
A le Patrie dal Friul
Largo Municipio, 24
Campoformido
(Udine)
Tel. 0432632116
Non chiude mai
(provvisoriamente)
AMICI MIEI
L’AnnIVerSArIo
La Sorbona di Parigi
studia Eugenio Corti
Il 29 e 30 gennaio, presso
l’università Sorbona di Parigi, si terrà un convegno dal titolo “Racconto per immagini. Colloquio su Eugenio Corti”.
A soli due anni dalla scomparsa del grande scrittore brianzolo – autore, tra i tanti romanzi scritti, de Il cavallo rosso e I
più non ritornano –, la Sorbona
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di Parigi ha deciso di organizzare una due giorni fatta di incontri e testimonianze sull’autore italiano. Un bel modo per
festeggiare il 95esimo anniversario della nascita di Corti
(21 gennaio 1921 - 4 febbraio
2014). Un evento che mostra
la grande attenzione del mondo accademico francese per lo
scrittore di Besana Brianza che
ha raccontato a tutto il mondo
la ritirata dell’esercito italiano
dal territorio russo durante la
Seconda Guerra Mondiale. In
attesa che anche l’Italia renda
omaggio al suo grande autore,
la Francia si è portata avanti.
LIbrI/1
Dodici racconti
che vi faranno volare
Le avventure di Lenin, Stalin,
Marx, Molotov e Kruscev. Non
proprio quelle dei leader sovietici, ma quelle di un gruppo
di piloti protagonisti di dodici
racconti ambientati in una base aerea negli anni precedenti la caduta del muro di Berlino. Dopo Buon volo, Maggiore,
Flavio Babini si rimette le vesti dello scrittore per dare alle
librerie In bocca al lupo, Maggiore (Itaca, 15 eruo). Protagonisti dei racconti sono i pilo-
ti del mitico 101° Gruppo, che
con le ali della fantasia porteranno i lettori a bordo dei loro
G 91Y, gli agili e veloci Yankee.
In un mondo fatto di severa disciplina, duro addestramento
ed ebrezza per il volo, i racconti risultano accattivanti, ricchi
di suspance, talvolta esilaranti. L’autore riesce a far rivivere
uno spirito goliardico e le rivalità, in terra e in volo, tra i vari reparti dell’Aeronautica militare di allora. Personaggi ed
episodi avvicinano il lettore e
lo rendono partecipe delle scenografiche e appassionanti imprese dei vari piloti.
LIBRI/2
Il vero segreto
di Medjugorje
Quando si parla delle apparizioni di Medjugorje – in corso
da oltre trent’anni nel villaggio
della Bosnia-Erzegovina e meta ogni anno di milioni di pellegrini da ogni parte del mondo – non si può fare a meno di
trattare dei dieci segreti che la
Regina della Pace ha affidato ai
veggenti. Ma il rischio, come si
può intuire, è quello di farne oggetto di semplice e banale curiosità o speculazione, senza
coglierne, invece, il reale valo-
re all’interno del piano di Maria che – da Fatima a Medjugorje – va ormai realizzandosi.
Padre Livio Fanzaga con Diego
Manetti affrontano la questione ne Il segreto di Medjugorje.
Per affrontare gli ultimi tempi (Piemme, 214 pagine, 16 euro). Nel tempo dei dieci segreti
l’umanità sarà messa alla prova come mai prima e dovrà attraversare eventi difficili, situazioni drammatiche. Come vivere
la prospettiva di questo tempo
di prova senza lasciarsi prendere dallo scoraggiamento, dalla paura o dalla disperazione?
Bisogna ricorrere ai messag-
gi della Regina della Pace che,
nel corso degli anni, ci ha svelato i mezzi per affrontare questo tempo di dolore. In ciò sta il
“segreto” di Medjugorje che fa
da sfondo alle apparizioni che
non cessano di stupire i credenti e i non credenti.
LIBRI/3
Contro la Croce
In Medio Oriente è in atto una
guerra interna all’islam per la
supremazia politica sulla regione mediorientale. Le minoranze cristiane che vivono in quella parte di mondo da duemila
anni rappresentano un intralcio
per ogni progetto egemonico e
totalitario. È questa la tesi del
senatore Mario Mauro e del
consigliere comunale Matteo
Forte che insieme hanno scritto Contro la croce. Il martirio
dei cristiani in Medio Oriente
(Itaca, 12,50 euro). La presenza di queste comunità cristiane, con parole e fatti, testimonia che pace e convivenza sono
possibili. Per questo è urgente un intervento della Comunità internazionale a favore di
tale presenza. Ne va del futuro
del Medio Oriente. E dell’intero
Occidente.
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motorpedia
WWW.red-LiVe.it
WWW.RED-LIVE.IT
PER La MERcEDES Un DEbUTTo In gRanDE STILE chE
VUoLE InTIMoRIRE La SToRIca RIVaLE, bMW SERIE 5
a CUra di
Classe E, l’unica auto
che può guidare da sola
M
dUe rUote iN meNo
Ducati Scrambler Sixty Two
La Scrambler raddoppia e viene offerta anche nella cilindrata 400 cc, più vicina forse a quella che è l’essenza stessa della Scrambler Originale. Stesso look
accattivante, ma nuovo motore omologato Euro4, che mantiene tutte le prerogative tipiche del marchio di Borgo Panigale come la distribuzione desmodromica e il raffreddamento ad aria. La Scrambler Sixty Two ha una potenza
di 41 cavalli a 8.750 giri con una coppia massima di 34 Nm a 7.750 giri. La ciclistica prevede lo stesso telaio della 800 ma la forcella sulla Sixty Two è di tipo tradizionale, con steli da 41 millimetri di diametro e il freno anteriore adotta una pinza assiale con disco da 320 invece della pinza radiale con disco da
330 della Scrambler 800. Non cambia invece l’estetica, capace di convincere
migliaia di motociclisti nel mondo.
Stefano Cordara
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ette il sale sulla coda persino all’ammiraglia Classe S. Clas-
se E, del resto, non era mai stata tanto raffinata. Un salto
in alto sia sotto il profilo delle finiture sia quanto a ricercatezza tecnologica, tanto da divenire la prima auto al mondo autorizzata a guidare da sola. Un debutto in grande stile che mira a intimorire la rivale di sempre, BMW Serie 5, la cui nuova generazione
è attesa entro la fine dell’anno.
La berlina di Stoccarda di medio/grandi dimensioni giunge alla
decima serie e assume il codice identificativo W213. Esteticamente
perde parte della propria originalità, mutuando gran parte degli stilemi delle “sorelle” Classe C ed S, ma in compenso si fregia del titolo
di prima vettura al mondo autorizzata alla guida autonoma in autostrada/colonna (sino a 210 km/h). Confermando i rumors trapelati di
recente, oltre a seguire l’andamento del traffico cambia corsia e sorpassa senza che il guidatore faccia nulla. Merito del sistema Drive Pilot, forte dell’Active Lane Change Assist, attivo qualora il conducente azioni l’indicatore di direzione per più di due secondi e in grado
di spostare la vettura nella corsia di sorpasso riportandola successivamente in quella di marcia grazie all’interazione tra radar, sensori, telecamera e navigatore, nonché dello Steering Pilot, il dispositivo
che gestisce autonomamente lo sterzo tra gli 80 e 130 km/h. Soluzioni hi-tech al pari della tecnologia Car-to-X che sfrutta lo scambio d’informazioni con altri veicoli per anticipare i pericoli celati alla vista.
Lunga 4,92 metri, vede aumentare il passo di 6,5 centimetri, a tutto vantaggio dell’abitabilità posteriore, mentre l’abitacolo – ispirato
a Classe S – vive una vera e propria rivoluzione: un “tablet panoramico” da 12,3 pollici a cristallo unico (optional) domina la plancia e permette di visualizzare sia le informazioni affidate alla strumentazione
sia le opzioni del sistema d’infotainment.
La grafica, ampiamente personalizzabile,
PUò PRocEDERE In
può essere gestita anche mediante i nuovi
MoDo aUTonoMo
comandi touch lungo le razze del volante
SIno a 210 kM/h:
– una prima assoluta – simili nell’utilizzo
SEgUE IL TRaffIco,
a uno smartphone.
caMbIa coRSIa E
Sotto il profilo delle motorizzazioni,
SoRPaSSa SEnza
L’aIUTo DI chI gUIDa
al lancio la nuova Classe E è disponibile
in abbinamento al noto 4 cilindri 2.0 turbo a iniezione diretta di benzina da 184 cavalli e 300 Nm di coppia
(E200) e all’inedito quadricilindrico td di 2,0 litri da 195 cavalli e 400
Nm (E200d), accreditato di uno scatto da 0 a 100 km/h in 7,7 secondi a fronte di una percorrenza media di 25,6 km/l. Unità in entrambi
i casi abbinate alla trasmissione automatica a 9 rapporti del tipo mediante convertitore di coppia. La gamma è destinata ad ampliarsi in
un secondo momento.
La berlina tedesca promette un vero e proprio salto di qualità anche nella scelta dei materiali e nella cura delle finiture. I comandi
secondari sono realizzati in metallo, debuttano inediti abbinamenti cromatici e particolari in legno marino. Il design dei sedili cambia
in base alle versioni Avantgarde, AMG Line o Exclusive, esaltando ora
l’aspetto, ora il contenimento, ora i rivestimenti in pelle delle sedute.
Altrettanto raffinati l’illuminazione ambientale a Led con 64 tonalità
e l’impianto audio 3D Burmester forte di 23 altoparlanti.
Sebastiano Salvetti
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LETTERE
AL DIRETTORE
[email protected]
La fine di un mondo
vista dal canile che
sta meglio della scuola
H
Radio24 e letto in un articolo sul sito dell’Unità (Michele Anzaldi, “Ma chi si occupa
dell’emergenza randagismo?”, 13 gennaio) che i costi per l’emergenza randagismo (ma sarebbe più corretto
chiamarli costi per il mantenimento dei canili comunali) sono stimati intorno a 5 miliardi di euro l’anno, che corrisponderebbero a 7.000 euro a cane. Nota bene: un cane di razza
costa circa 1.000 euro e il cibo per cani non più di 500 euro all’anno. Se la realtà fosse effettivamente questa, occorrerebbe chiedersi se non sia giusto che
scompaia una civiltà di questo tipo,
che spende per un cane quanto investe
in un anno per l’istruzione di un ragazzo della scuola pubblica: 7.000 euro.
Io ho i figli alle scuole pubbliche non
statali e mi sveno per permettere loro
l’accesso a un’educazione libera e non
all’omologazione statale, pago attraverso le mie tasse anche per i figli degli altri per i quali questo Stato incapace spende circa 7.000 euro l’anno,
non essendo capace di gestire niente. Io pago 3000 euro a figlio quindi lo Stato per ogni ragazzo butta nel
cesso 4000 euro ogni anno. Significa che lo Stato butta nel cesso 4.000
x 7.800.000 = 31 miliardi di euro per i
ragazzi e 5 miliardi per mantenere cani randagi e soprattutto associazioni
compiacenti e parassiti vari comunali.
Con questa lettera, se fossimo un paese di uomini e non di capre, potremmo
già risparmiare una quarantina di miliardi, quanto il governo fa con la manovra di stabilità. Mi vergogno di essere italiano e che i miei soldi siano spesi
do ci governerà l’islam. Penso che
andrà meglio e ci tratteranno meglio di 50 anni di governi italiani.
2
Il 1° febbraio 2016 saranno 30 anni dalla bella intervista del Sabato a Madre Teresa di Calcutta citata in “Riconoscere Cristo” (lezione di
don Luigi Giussani agli universitari di
Cl durante gli esercizi spirituali del
1994): «E infatti, come per Josif, la
più grande sorpresa per me cristiano
è sperimentare ora, è trovare la corrispondenza col cuore che Egli è, ora.
Quando il giornalista accostò la suora
di madre Teresa di Calcutta in India,
una suora giovanissima, non ancora ventenne, e le fece qualche domanda, tra l’altro lei disse: “Ricordo di
aver raccolto un uomo dalla strada e
di averlo portato nella nostra casa”.
“E cosa disse quell’uomo?”. “Non biascicò, non bestemmiò, disse soltanto: ‘Ho vissuto sulla strada come un
animale e sto per morire come un angelo, amato e curato. (…) Sorella, sto
per tornare alla casa di Dio’, e morì. Non ho mai visto un sorriso come
quello sulla faccia di quest’uomo”. Il
giornalista replicò: “Perché anche nei
più grandi sacrifici sembra che non
ci sia sforzo in voi, che non ci sia fatica?”. Allora intervenne Madre Teresa: “È Gesù quello a cui facciamo tutto. Noi amiamo e riconosciamo Gesù,
oggi”.Oggi: ieri non c’è più. Quel che
c’era ieri o è oggi o non c’è più».
Matteo Rigamonti
o sentito su
in questo modo e che poi tutti piangano miseria e noi non si possa aiutare i
migranti (che ci sono costati a esagerare 3 miliardi nel 2015) per mantenere questi centri di potere inefficienti e
clientelari (scuole e canili uniti nel nome della trascuratezza).
Riccardo Castagna via internet
Anche questa settimana saremo in
Regione Lombardia per presentare
lo studio di Anna Monia Alfieri & C.
(a cui Tempi ha dato ampio risalto)
dove si documenta come lo Stato risparmierebbe 17 miliardi se adottasse il “costo standard” applicato
al sistema di istruzione. Ma sa qual
è il massimo della presa per i fondelli? Che il ministro di questo governo, Stefania Giannini, approva,
sottoscrive e addirittura scrive una
introduzione a questo studio. Poi,
tutto finisce lì. Un’infamia. Vuol dire
che tratteremo con il governo quan-
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«Sottraendo la vita a Dio la vita scompare nella sua obiettività, nella sua
ORAZIONE, ESPIAZIONE, AZIONE
In piazza non perché “semo forti”
ma perché è giunta “l’ora di guardia”
CARTOLINA DAL PARADISO
di Pippo Corigliano
F
ra le varie iniziative per dissuadere il Parlamento dall’approvare il ddl Cirinnà
vorrei rilevare “l’ora di guardia” (così sul web). È promossa da alcuni laici che
prendono sul serio le parole di san Paolo agli Efesini: «La nostra battaglia non è
contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i
dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male». Perché di questo
si tratta. Il demonio tenta l’uomo promettendogli di diventare come Dio e di decidere lui cos’è bene e cos’è male. Non è demoniaca la cultura che deride la fedeltà d’amore nel matrimonio, che acconsente alla donna di sopprimere la vita che palpita sotto
il suo cuore, di manipolare la vita umana, di far morire i vecchi improduttivi, di corrompere i bambini? Conclude san Paolo: «Pregate inoltre incessantemente con ogni
sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi, e anche per me». Quando è che nel Vangelo Gesù loda qualcuno? Quando trova la fede, come per il centurione romano, l’emorroissa, il paralitico con i suoi amici spericolati. Ha scritto un santo dei nostri giorni: «In
primo luogo, orazione; poi, espiazione; in terzo luogo, molto “in terzo luogo”, azione» (Cammino n.82). Andrò in piazza il 30 gennaio ma non per dimostrare che “semo
forti”. Non semo forti, sennò non saremmo arrivati a questo punto. Siamo piccoli e
servi inutili però siamo cittadini italiani e quando ci vuole ci vuole.
umanità, nella sua sostanziale personalità, ovvero nella sua unicità e irripetibilità. Esiste la massa, che non ha né
verità, né consistenza, né dignità, né libertà. Una massa di individui sottoposta alla più terribile manipolazione che
esista: la perdita della libertà di coscienza ottenuta attraverso l’uso indiscriminato e violento dei mezzi di comunicazione sociale. L’olocausto che
minaccia l’umanità non è innanzitutto di tipo nucleare, ma è un olocausto
delle coscienze degli individui, attraverso i mezzi della comunicazione sociale». Queste parole di monsignor Luigi Negri (Lo stupore di una vita che si
rinnova, Cantagalli) mi sono sembrate
di una lucidità impressionante nel descrivere la situazione che ci troviamo
a vivere in questi tempi.
Alessandro Pacini via internet
È così. Il vescovo Negri è un Solzenicyn. Grazie che esisti, Eccellenza.
SPORT ÜBER ALLES
di Fred Perri
UN CASo di eUGeNeTiCA
N
dell’umana vita moderna italiana che usi l’eugenetica come il calcio.
Quando intravede un pericolo che possa danneggiare la sua intrinseca rozzezza, la sua genetica meschinità, lo taglia, lo elimina. Che ne è di Fabio Quagliarella passato in un amen da eroe destinato al Walhalla
granata a persona non gradita? È stato cancellato per
quello che è successo a Napoli. Quagliarella, nato a Castellammare di Stabia, ha segnato un rigore alla squa-
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on c’è nessun settore
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dra dove ha giocato un campionato, 2009-2010, e poi si
è scusato con i suoi ex tifosi. Il gesto ha fatto infuriare
il Torino (dai dirigenti ai tifosi) e Quagliarella è stato tenuto in panchina la partita dopo e si è dovuto scusare
pure con gli ultrà granata. La faccenda è stata occultata, come è stato occultato il fatto che la famiglia di Quagliarella viva praticamente blindata a Napoli perché il
giocatore è considerato un traditore della patria.
Ci sono tante storie come questa, ci sono tante pic-
Foto: Ansa
L’assurda obliterazione di Fabio Quagliarella
cole miserie che, però, vengono cancellate non solo dai
diretti interessati, ma anche da tutti noi al grido: the
show must go on. Lo spettacolo va avanti, ma al prezzo dell’eugenetica. Tagliamo tutto quello che può danneggiare la perfezione, o almeno l’idea che ne abbiamo, del calcio. Possiamo sopportare qualche inutile
scandalo sulle scommesse, sul doping, possiamo addirittura ricominciare dopo tutto quello che è successo
nel 2006. L’abbiamo potuto fare perché l’approccio al
calcio è sempre fazioso. Sulla faccenda Quagliarella, infatti, noi siamo d’accordo con i tifosi di Napoli e Torino perché noi, prima di tutto siamo tifosi, e quindi ci
saremmo comportati come loro. E fanculo la ragione.
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LETTERE DALLA
FINE DEL MONDO
In questa mia “non libertà”
ecco cosa significa essere
libero
AvERE bIsOgNO DI TuTTO
Ora che non decido più
nemmeno come muovere
le gambe, so cos’è la libertà
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DI ALDO TRENTO
Q
uattro anni fa l’ex presidente della repubblica mi invitò a partecipare a un pellegrinaggio
al santuario della Madonna di Caacupè. Cinque chilometri di cammino. Tutto bene per circa 3 chilometri, poi la gamba sinistra ha iniziato a perdere colpi, distanziandomi dal presidente. Lui, quando si è accorto che ero rimasto indietro, mi ha aspettato. «Presidente, faccio fatica
a camminare». Sono arrivato al santuario in camionetta e lì ho celebrato Messa. Quella è stata la
prima occasione in cui la mia libertà si è rivelata impotente. La mia volontà era decisa, ma la mia
gamba no… È stata una sensazione dolorosa. Mentre celebravo Messa non riuscivo a darmi ragione di ciò che stava succedendo e che successivamente, dopo visite mediche in Brasile e in Italia,
gli specialisti hanno sentenziato: spondilite anchilosante dismetabolica. Parole rare e difficili.
Sono passati quasi quattro anni da quella diagnosi e la malattia piano piano sta facendo il suo
cammino, rendendo sempre più difficile e fastidioso il mio. Nell’ultimo viaggio in Italia, un anno
fa, quando mio fratello mi è venuto a prendere a Malpensa per portarmi a casa sua guardando le
montagne, le mie montagne, mi sono venute le lacrime agli occhi. E così anche quando stavo andando in aeroporto per tornare in Paraguay. E come non pensare ad Abramo, e a quella voce misteriosa che gli chiedeva di lasciare tutto? Non gli sarà stato facile obbedire; ma la sua relazione
con il Mistero era così intima, così profonda, così carica di certezza, che non ha dubitato e si è posto in cammino verso una terra che il Mistero
gli aveva promesso.
di 18 anni ricoveraNON pOssO pIù cONFONDERE LA MIA ragazza
Quando Dio chiama è perché vuole tutto, ma
ta nella nostra clinica. VittiLIbERTà cON uNA DEcIsIONE MIA.
un “tutto” lasciato nelle mani della tua libertà.
ma di un incidente stradale
Motivo per cui dentro la nostalgia per ciò che
che le ha frantumato tutte
NON è sTATO FAcILE RIcONOscERE,
lasciavo ho ridetto per l’ennesima volta «sì, ece due le gambe. Un calvario
AccETTARE QuEsTA REALTà, QuEsTO di dolore. C’erano momenti
comi». Sapevo che la salute, se non fosse intervenuto don Giussani con un miracolo, lentain cui nemmeno la morfina
MODO chE DIO hA DI vOLERMI bENE
mente sarebbe peggiorata fino a impedirmi di
riusciva ad alleviare la sua
camminare. Ancora riesco a fare la processiosofferenza. I tre infermieri che la assistevano
mentando che la libertà consiste nel riconoscene quotidiana nella clinica o a muovermi fino a
sudavano freddo quando dovevano muoverla.
re la presenza del Mistero. Non si tratta più di
giungere alla “Casetta di Betlemme”. Non mi è
Ogni volta che le porto la comunione sorride.
decidere, ma di riconoscere. In questa mia non
facile riconoscere istante dopo istante la volon- libertà sto apprendendo cosa significa essere
Vedo in lei una grande voglia di vivere anche
tà di Dio in questa progressiva impotenza; pelibero. Se non fosse così sarei vittima della rab- se di fatto la famiglia l’ha abbandonata e querò non mi sono mai ribellato a questa modalità
sto è un dolore ancora più grande dello stesso
bia, della bestemmia contro il Mistero che mi
con la quale il Mistero mi chiede tutto, e in par- ha tolto la possibilità di decidere.
male fisico. Ha bisogno di tutto. Una dipendenticolare la mia libertà. Così sto sperimentando
za totale, eppure anche per lei la libertà è nel
L’esempio quotidiano di Alba
cosa significa veramente “libertà”, cosa signifiriconoscere di essere relazione con il Mistero.
Solo nel riconoscimento che io sono relazione
ca essere liberi. Un tempo, quando le mie gamNon c’è impotenza fisica che impedisca il ricocon il Mistero mi è donata la letizia di riconobe si muovevano bene, mi sentivo libero di denoscimento di questa verità. Quante volte ho
scere in ogni istante, anche nelle peggiori concidere se camminare o no. Adesso non posso
sentito dire e ridire che l’uomo è relazione con
dizioni fisiche, che la mia consistenza non sta
più confondere la mia libertà con una decisione
il Mistero. Ma solo ora che vedo in me e nei
in ciò che posso fare, ma in ciò che sono. È solo miei figli questa impotenza a decidere o scemia. Non mi è stato facile riconoscere e accetin questo sguardo a ciò che sono, a ciò che ontare questa realtà, riconoscere in tutto questo
gliere, faccio l’esperienza di cosa significa che
tologicamente sono, la ragionevolezza del vive- la libertà è dire «Tu, o Cristo mio».
l’amore di Dio per me. Con l’aiuto della [email protected]
re quotidiano. Me lo sta insegnando Alba, una
na e dei miei ammalati, piano piano sto speri|
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taz&bao
«Allora ti vengo a prendere domani,
arrivi con l’aereo delle velate».
Mi scusi, onorevole Sbai, ma chi sono le velate?
«Le italiane, mia sorella le chiama così. Quando vado a
trovarla a Casablanca mi vede scendere dall’aereo che
arriva da Roma circondata da marocchine immigrate.
Sono tutte velate, vestite di nero, con gli occhi bassi».
E non è normale?
«Per niente. Sono arrivata in Italia a 19 anni,
per amore, e prendo quell’aereo dagli anni ’80.
Era un tripudio di voci e colori. Sbarcavano sorrisi,
donne felici, vestite di arancione, giallo, azzurro.
Ora sembrano tutte vedove, solo che il marito è
vivo e il lutto che portano è per la loro vita. La cosa
terribile è che sono partite dal Marocco libere.
Sono diventate schiave in Italia».
Mi spiega più nel dettaglio questo processo di
schiavizzazione?
«L’islamico arriva in Italia per lavorare e ha tutte
le difficoltà dell’immigrato: è solo, disorientato,
debole. Ma noi non lo integriamo, non gli diamo
i nostri valori, le regole, i costumi,
ce ne disinteressiamo con la scusa di rispettarlo.
Così l’unico riferimento che gli resta è la moschea
fai da te. Lì predica un imam che risponde
direttamente a Riad, quando non a Raqqa,
e su cui lo Stato non esercita alcun controllo e
l’immigrato impara l’islam estremista. Quando
torna a casa lo impone alla famiglia. Quando
poi in un palazzo la prima donna porta il velo,
il gioco è fatto, gli altri mariti per dimostrare di
essere loro a comandare in casa, lo impongono alle
loro mogli. E, quando compiono 11 anni, alle figlie».
Souad Sbai giornalista ed ex deputata italiana
di origini marocchine, intervistata da Pietro Senaldi
per Libero, 18 gennaio 2016
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| Foto: Ansa
Made in
Italy
APPUNTI
NELLA NECROPOLI VATICANA
Su questa
pietra
R
oma, gennaio. Non ero mai stata nella Necropoli vaticana, sotto a San Pietro. Si passa per una piccola porta nelle mura possenti della Basilica, spesse sette
metri, e poi si scende per scalette e cunicoli,
nelle viscere della terra. Fa caldo qui sotto, e
una luce rossastra illumina gli scavi che negli anni Quaranta, sotto il pontificato di Pio
XII, portarono al ritrovamento della tomba
di Pietro.
Si cammina fra le urne e i sarcofagi lussuosi dei potenti che ai tempi dell’Impero si
fecero seppellire in riva al Tevere: tombe pagane e poi, passando i decenni, cristiane. Ma
su tutte indistintamente, nel terzo secolo dopo Cristo, si sovrappongono le fondamenta della Basilica costantiniana, di cui ancora
vedi le mura regolari, e l’ordine perfetto dei
mattoni. (Meraviglia il visitatore il fatto che
l’imperatore ordinasse di erigere la prima Basilica proprio sopra le tombe di famiglie ricche e influenti. Non avrebbe, ti chiedi, potuto scegliere un altro luogo?)
Si cammina per anditi angusti, chinando
il capo, si procede dietro alla guida come in
un labirinto in cui pare di avvertire il fiato
umido del vicino Tevere. E finalmente si arriva a scorgere una parte della nicchia in cui
l’archeologa Margherita Guarducci decifrò,
incisa sul marmo, la frase in greco: «Pietro è
qui». Pietro è qui, il suo corpo fu, in un remoto giorno, dopo il martirio, sepolto qui. Qui
venivano a pregare i primi cristiani.
Ai tempi di Costantino questa memoria
doveva essere ben viva, perché l’imperatore
facesse sbancare una collina per costruire lì,
e non altrove. Poi, il tempo e i saccheggi bar-
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| 27 gennaio 2016 |
|
di Marina Corradi
barici e il decadimento dell’Impero oscurarono la memoria, mentre alla Basilica costantiniana si sovrappose quella rinascimentale.
Quella piccola lapide fu una contrastata, ma
straordinaria scoperta. Non su parole, non
su leggende sta fondata San Pietro, ma sulla
tomba dell’apostolo.
«Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam», sta inciso all’interno
della cupola, e quante volte lo hai letto; ma,
mentre sbuchi in Basilica dal sottosuolo, la
perfetta corrispondenza in verticale dell’altare del Bernini con quella scritta, laggiù
nel buio, ti colpisce il cuore. «Pietro è qui», e
nemmeno un tempo per gli uomini immenso lo ha potuto cancellare. Dopo l’oblio, la
tomba è stata ritrovata. Su quella lapide sta
l’altare di Pietro, sulla stessa verticale si leva
la sommità del Cupolone.
«Su questa pietra edificherò la mia Chiesa»: risalendo dalle viscere della terra in San
Pietro avverti tutta la carnalità tenace della
Chiesa, come inchiodata alla tomba del primo apostolo. Non altrove, non a un’utopia,
a un non-luogo, ma qui, esattamente qui, a
questa pietra siamo ancorati noi, due millenni dopo.
FINO AL 16 MARZO
ARRIVANO I ROLLINZ DI
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PROMOZIONE RISERVATA AI POSSESSORI DI CARTE FÌDATY - REGOLAMENTO NEI NEGOZI E SU ESSELUNGA.IT
ARMANDO TESTA
COLLEZIONARLI TUTTI,
VOI POTETE !