I cimiteri: monumenti della memoria civica Conoscenza e

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I cimiteri: monumenti della memoria civica Conoscenza e
I cimiteri: monumenti della memoria civica
Conoscenza e divulgazione per la conservazione dell’architettura e la
riqualificazione urbana
La morte costituisce un fatto di grande importanza nella vita sociale dell’individuo e si carica di
significati allegorici e simbolici in tutte le culture umane, che sulla base delle rispettive credenze
religiose hanno sviluppato riti di passaggio legati a luoghi fisici particolari.
L’importanza del rapporto tra l’individuo e la morte è sottolineata dall’attenzione che tutte le
tradizioni riservano al defunto ed al suo accompagnamento nel viaggio di trapasso simbolico
costituito dal funerale, tanto che gli antropologi identificano le culture sulla base del trattamento
riservato alla salma, oggetto di cure rivolte alla conservazione del corpo, spesso accompagnato da
manufatti funerari e corredi funebri. Il ruolo sacrale del mistero della vita e della morte caratterizza
così la creazione di luoghi specifici, che riproducono in un modello ridotto, “traslato” su un piano
trascendentale, la città dei vivi.
Se il trattamento del corpo, i riti e i siti sono specifici, comune è la solennità attribuita alla
celebrazione del passaggio dalla vita alla morte, da cui deriva la cura riversata agli oggetti
simbolici del trapasso.
Con l’eccezione dei mausolei isolati di personaggi eccezionali, i monumenti del ricordo sono
riuniti in luoghi specifici: le necropoli, città dei morti, o cimiteri, luogo del riposo.
Queste strutture hanno sempre assolto sia un ruolo cultuale che igienico-funzionale,
garantendo attraverso il rispetto dei morti, la salute dei vivi con l’applicazione di normative con un
riflesso sull’architettura, caratterizzando i cimiteri in senso tecnico e per l’accumulo di oggetti di
pregio, ricchi di riferimenti simbolici, che ancora oggi li caratterizzano come una sorta di museo
all’aperto.
L’elevata qualità formale è infatti un aspetto peculiare dell’architettura funeraria, per la sua
concezione implicita di monumento distintivo realizzato in memoria del defunto: l’attenzione nella
costruzione del sepolcro, materializzazione dell’abitare ultraterreno al quale è demandato il
compito del ricordo oltre la morte, è una conseguenza della finalità stessa del monumento funebre.
Per questo il cimitero costituisce un patrimonio collettivo di grande valore artistico-architettonico,
oltre ad essere per eccellenza il luogo di culto della memoria civica, che associa i valori laici e
religiosi di riferimento della comunità come dei singoli, presentando un concentrato della storia
locale.
Come per gli altri edifici del passato essi presentano un campionario architettonico variato e di
grande interesse, con esempi più o meno estesi, più o meno significativi, più o meno importanti per
le arti, più o meno amati e frequentati dalla gente, ma essi sono sempre l’espressione del rispetto
di una comunità urbana per i suoi defunti e il ricordo concreto della sua storia.
In questo senso tutti i cimiteri rappresentano l’elemento di riconoscimento comune di una
società e quindi sono monumenti unici, che dovrebbero essere conservati e rispettati come
documenti storici privilegiati. Essi dovrebbero essere tutelati, cosa che non sempre avviene, anche
a scapito dell’ambiente urbano che nell’espansione della periferia ha inglobato molte strutture
funebri. Il cimitero è anche il monumento che più facilmente mantiene inalterato l’uso, nonostante il
cambiamento delle normative, che in Europa sono il risultato dell’evoluzione del pensiero
illuminista all’origine dell’espulsione delle sepolture dalle città.
Se il cimitero costituisce un modello ridotto di città, riproducendo i processi di crescita e
saturazione della città murata e presentando gli stessi problemi di gestione della città dei vivi,
analoghi sono gli strumenti di conservazione e valorizzazione del loro patrimonio storico-artistico:
la conoscenza che si esplica nel rilievo e una pianificazione finalizzata in primis al mantenimento
della funzione, per la quale l’adeguamento normativo può contrastare con la conservazione delle
strutture.
Ma le modalità del rilievo sono ambigue ed indefinite a causa della complessità degli
insediamenti, dove convivono costruzioni molto diverse nelle dimensioni, dalla scala urbana del
recinto cimiteriale alla microarchitettura della singola tomba. Questa complessità ne rende
difficoltosa la gestione, con un’inevitabile ricaduta sulla manutenzione generale del monumento.
Per fortuna, negli ultimi tempi si assiste ad un risveglio di interesse nei confronti di queste strutture,
la cui riqualificazione architettonica e urbana avrà un riflesso importante anche sulle periferie
circostanti.
Lo studio del cimitero della Villetta a Parma costituisce un esempio interessante, non tanto per il
monumento in se’, bello, importante e caratterizzato da elementi e caratteristiche specifiche che lo
rendono unico come molti altri cimiteri, ma per il lavoro di indagine che è stato condotto su di esso,
che può essere ricondotto nell’ambito disciplinare del rilievo nella sua accezione più ampia, e per
gli strumenti usati per l’organizzazione del materiale raccolto e quindi per la restituzione del rilievo,
di un oggetto complesso per la molteplicità dei suoi elementi e per la diversità delle loro scale,
risolto con la compilazione di un sistema informativo.
La Villetta’ è il principale insediamento funebre della città di Parma e si rivela uno fra i
monumenti più importanti della città, caratterizzato da una notevole concentrazione di manufatti di
grande interesse storico e artistico, documentazione di grande valore storico-artistico della cultura
formale parmense dalla prima metà dell’Ottocento sino a tutto il Novecento.
La fondazione, come in molte altre città europee, è riconducibile al dibattito che si sviluppa in
ambito illuminista e che in periodo napoleonico conduce all’imposizione del divieto di sepoltura
all’interno delle mura urbane, per motivi di ordine igienico-sanitario i. La concezione generale e la
scelta della localizzazione riprendono un dibattito che risale alla metà del secolo precedente, del
quale restano disegni e una relazioneii.
Complessivamente, all’interno dell’Ottagono esistono otre 600 tombe e 400 edicole di famiglia,
alle quali si aggiungono le numerose cappelle esistenti nelle gallerie e nel portico, gli addossati, i
sotterranei… per un totale di 1.485 unità, molte delle quali di notevole pregio.
Nel suo complesso, il lavoro svolto può essere suddiviso in due parti: prima la raccolta dei dati,
ovvero l’esame comparato dei documenti e dell’architettura attraverso uno studio basato proprio
sul confronto del costruito con i documenti cartacei, poi la riorganizzazione del materiale in un
data-base georeferenziato, capace di integrare tra loro elaborati e documenti con formati
informatici diversi, riconducendoli direttamente, tramite un interfaccia grafico di facile
consultazione, alle architetture.
Negli archivi è conservata una grande quantità di documenti, tra i quali anche numerosi disegni
interessanti sia in riferimento al manufatto che all’attività di molti artisti locali. La documentazione
riguarda anche regolamenti, cessioni, stato giuridico della proprietà, che dall’origine si configura
come un bene condominiale dove coesistono porzioni private, concessioni a tempo e concessioni
perpetue.
Il cimitero, che prende il nome dal luogo scelto per la costruzione, dove preesisteva una villa
con tenuta recintata di proprietà dei Gesuiti, fu costruito per volontà della duchessa Maria Luigia
d’Austriaiii, già moglie di Napoleone, tra il 1819 e il 1823iv, secondo un progetto redatto
dall’ingegnere comunale G. Cocconcelli. Questo prevedeva la partecipazione diretta dei privati con
una organizzazione analoga anche nella suddivisione sociale, a quella adottata negli stessi anni
per la realizzazione del Teatro Regiov. Anche la partecipazione alle spese di riparazione veniva
ripartita tra il Comune e i privati.
L’impianto primitivo ha l’impronta neoclassica comune a molti degli edifici rappresentativi voluti
da Maria Luigia, e ad altre strutture cimiteriali italiane, con regole compositive fondate sulla
simmetria, che danno origine ad impianti geometricamente “ordinati”, in cui tutto è determinato. Il
complesso presenta aree ed oggetti ordinatamente definiti, con un sistema organizzato secondo le
gerarchie sociali o le comunità urbane, ed i loro valori: una città nella città dove le divisioni fisiche e
le caratterizzazioni tipologiche dell’architettura riflettono quelle della società dei vivi, e le sepolture
sono distinte in relazione al ceto, al credo e/o alle modalità della morte.
L’impianto è delimitato da un recinto a pianta quadrata all’esterno e ottagonale all’interno
(configurazione consueta nel linguaggio simbolico dell’architettura urbana), costituito da un
porticato perimetrale di 156 campate voltate a vela con cripte di sepoltura capaci di ospitare sino a
50 bare, destinato alle confraternite religiose e laiche, alle casate nobiliari e alla vendita in
perpetuo o a tempo di posti singoli. Le arcate, completate nel 1862, furono costruite direttamente
dai proprietari secondo uno schema architettonico comune, mentre la decorazione interna,
soggetta all’autorizzazione di un’apposita commissione, era libera con il vincolo di libero passaggio
lungo il porticato.
Lungo il perimetro si collocano i servizi: la camera mortuaria e l’oratorio, in asse con l’ingresso.
L’interno, diviso in quattro campi, era destinato alle inumazioni popolari e ai monumenti
individuali, eretti ai lati del viale principale. Nei quattro spazi triangolari di risulta furono inserite
funzioni separate: l’ossario, i cimiteri acattolici, i condannati a morte e i suicidi vicino alla zona
riservata al boia e la sua famiglia, infine, i bambini nati morti o prima di essere battezzati. I quattro
settori angolari furono completati nel 1856 ma nel 1864 fu necessario ampliare il settore degli
israelitivi.
Nell’ultimo quarto del XIX secolo inizia la crescita con l’aggiunta di due gallerie gemelle per
tumulazione in avelli, con pianta a croce latina, accessibili dal recinto mediante due aperture negli
archi centrali dei rispettivi porticati. La Galleria Sudvii, realizzata tra il 1876 e il 1884 ha disegno
neoclassico, con volte a botte ribassate, mentre la Galleria Nordviii, oggetto di nuovi progetti nel
1880 e ancora nel 1893, fu realizzata da Sante Bergamaschi solo tra il 1898ix e il 1905, con volte a
tutto sesto ed elementi stilistici eclettici. Nelle intenzioni doveva ospitare il famedio dei cittadini
illustri.
All’inizio del ‘900x inizia la sepoltura nei campi intorno alle due gallerie principali, e nel 1921 fu
deciso l’ampliamento del cimitero sull’alveo del Cinghio e la costruzione della Galleria Sud-est. Tra
il 1931 e il 1935 fu realizzato il nuovo portico della Galleria Perimetrale, dove ai due lati
dell’ingresso si trova il sacrario dei caduti delle due guerre.
Le tombe e più antiche visibili ancora oggi nel campo centrale risalgono al terzo decennio
dell’ottocento, ma agli inizi del Novecento divenne usuale la costruzione di edicole di famiglia. Il
periodo di maggior intensità costruttiva da parte dei privati fu l’arco temporale tra il 1925 e il 1940,
quando la concessione del terreno ai privati ha finanziato la costruzione del portico settentrionale.
Nel 1947, nell’angolo già destinato ai carcerati e suicidi, fu realizzato il Chiostro Padre Linoxi,
dedicato ad un francescano che fu cappellano delle carceri.
La schedatura e il sistema informativo sono stati organizzati per settori omogenei e unità
fisicamente distinguibili, catalogate con parametri comuni relativi alla individuazione fisica e
giuridica, alla documentazione, allo stile, alla tipologia e forma, a materiali e tecnologia di
costruzione, alla qualità e stato conservativo, ecc. Alcuni di questi parametri, che cambiano a
seconda della tipologia delle unità, sono stati qualificati in modo quantitativo.
Il sistema informativo, curato da Cecilia Tedeschi, raccoglie e riorganizzate tutte le informazioni
reperite e i rilievi architettonici disponibili. Esso risulta complessivamente quantificabile in oltre
1500 schede, 3.462 files allegati, tra fotografie ed elenchi di riferimenti documentari, senza contare
i rilievi architettonici dei singoli settori principali e di molte unità minori, con scale diverse in
relazione alla dimensione delle singole unità. Il sistema quindi costituisce l’elaborato di restituzione
di un lungo lavoro di rilievo, inteso nella più ampia accezione di documento di conoscenza del
bene, che per definizione non è mai esaustiva ma è destinata a ricevere nel tempo successive
integrazioni ed aggiornamenti.
I software GIS, come il programma Arcview utilizzato per questo lavoro, al momento
costituiscono il migliore strumento per la restituzione di rilievi resi complessi dalla compresenza di
oggetti caratterizzati da scale diverse, come in generale sono i cimiteri, che costituiscono
sostanzialmente modelli ridotti di città, e come tale devono essere studiati e governati.
L’adozione di un sistema informativo nella restituzione del rilievo presenta un grande vantaggio
nella possibilità che questo lascia aperta alla modifica successiva e soprattutto all’inserimento di
nuovi dati, o ancora i dati mancanti relativi alle intestazioni giuridiche e altro, sino al
completamento di un vero e proprio catasto cimiteriale informatizzato, cosa che oggi si rende
necessaria per garantire l’ottimizzazione della programmazione e della gestione.
Conclusioni
La semplice conoscenza però non è sufficiente a garantire la conservazione dei beni culturali.
Da questo lavoro emerge l’importanza della divulgazione dell’importanza dell’oggetto in se e dei
documenti ad esso correlati, in funzione di una più alta sensibilizzazione alla sua riqualificazione e
valorizzazione civica.
Il sistema informativo, per le sue caratteristiche generali e per le informazioni che esso
raccoglie, non costituisce infatti un prodotto destinato al largo pubblico, ma resta un patrimonio di
uso riservato per utenti tecnici e specialisti: gli uffici preposti alla gestione del cimitero, i
professionisti impegnati in opere di restauro o altri studiosi di vario genere.
Per il pubblico comune, che si vorrebbe coinvolgere maggiormente, occorre ricorrere ad altri
strumenti più finalizzati alle esigenze di un turismo cimiteriale, del quale si cominciano ad avvertire
le prime avvisaglie di risveglio dopo decenni di oblio.
Se però il cimitero costituisce, per ammissione generale, una sorta di museo all’aperto di storia,
arte e architettura, tra gli addetti è altrettanto condivisa l’opinione che sia sbagliato far prevalere
l’aspetto museografico su quello funerario. Esso non deve e non può essere trasformato in museo,
ma occorre aiutare chi lo visita a percorrere i percorsi della memoria che custodisce. Per questo
possono essere sufficienti una guida e una segnaletica molto discreta che consenta il riferimento
veloce tra oggetto e testo.
Infatti pannelli didascalici posti vicino ai monumenti, sarebbero resi poco visibili, e quindi meno
efficaci, dal grande numero di lapidi che sono arredo “istituzionale” del cimitero.
Ma se al cimitero si affianca un museo della memoria nel quale presentare documenti e oggetti
ad esso correlati, ma che non rientrano nell’oggettistica funeraria, si facilita la lettura della portata
storico-artistica del monumento. Concepito come museo virtuale perché simulazione dello spazio
mentale del ricordo in una raccolta virtuale di documenti reali, esso potrebbe offire una sintesi
critica del contenuto del sistema informativo, allo stesso modo della guida, con un ribaltamento del
rapporto tra iconografia e testo, come già sottolineato in precedenza. L’eventuale inserimento di
modelli tridimensionali dell’architettura a fianco dei rilievi parziali degli oggetti principali e delle loro
fotografie non dovrebbe ricondurre ad una simulazione virtuale dello spazio reale, ma rimanere un
riferimento descrittivo; infatti non si ritiene opportuna l’imitazione di una visita reale delle
architetture, che al contrario il museo vorrebbe incoraggiare.
Si prevede una consistenza iniziale tra 700 e 1000 immagini e circa 100.000 battute di testo,
con l’inserimento successivo di sezioni specifiche di approfondimento dedicate alla scultura e alle
arti applicate. Il contenitore deve quindi essere costruito in modo da permettere successive
integrazioni.
Per la realizzazione saranno usati programmi usati per la creazione di siti web, come
“Macromedia Dream-weaver”, e il materiale documentario già raccolto per il sistema informativo,
convertito in formati digitali idonei all’inserimento in una struttura HTML dinamico, connessa ad un
data-base di riferimento contenente schede/oggetto con immagini fotografiche, riproduzioni di
documenti e commenti critici.
Questo nuovo data-base di oggetti selezionati, conterrebbe solo materiale relativo agli oggetti di
maggiore pregio, rendendo più “leggero” il sistema informatico del museo virtuale e quindi più
snella e veloce la visita da parte del fruitore e costituendo di fatto la sua versione divulgativa.
i
Editto di St Cloud, 1804
Nel 1756 Fontanesi redige il progetto di un cimitero extraurbano, Archivio di Stato di Parma, Archivio Du Tillot, Edilità dello Stato,
busta 2 p.29 fascicolo 1, sottofascicolo X.
iii
Archivio Storico Comunale, 1817, busta 543, Governatorato di Parma.
iv
Archivio di stato di Parma, Mappe del patrimonio dello Stato, disegni di progetto dell’ingresso e della cappella (G. Cocconcelli, 1820).
v
Archivio di Stato di Parma, Registro delle proprietà delle arcate del costruendo cimitero, Casa e Corte di Maria Luigia (1810-1848).
vi
Archivio Storico Comunale, 1880, busta 550, Acque.
vii
Archivio Storico Comunale, 1876, busta 426, Culto.
viii
Archivio Storico Comunale, 1899, busta 1255, Culto I.
ix
Archivio Storico Comunale, 1817, busta 543, Governatorato di Parma, “disposizione sovrana sullo stabilimento di un cimitero per la
città di Parma” (lettera del Cocconcelli).
x
Archivio Storico Comunale, 1934, Culto/cimitero.
xi
Gonizzi, “I luoghi della storia”, Atlante topografico parmigiano, PPS editrice Parma 2001.
ii