Addio al Messico sotto la solita pioggia l`impatto con la povertà

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Addio al Messico sotto la solita pioggia l`impatto con la povertà
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ANNO II
N° 12
LUNEDI 16 GENNAIO 2012
9
DIARIO DI UN MOTOCICLISTA
IL RACCONTO. Diciannovesima puntata del viaggio di Riccardo Aldegheri da New York alla Terra del fuoco
Addio al Messico sotto la solita pioggia
l’impatto con la povertà guatemalteca
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...
... RICCARDO ALDEGHERI
... [email protected]
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u Dopo due notti a S. Cristòbal
comunque decido di partire,
inutile stare a sentire le mille
voci che girano su strade, tempo e confini, si va avanti e vediamo cosa succede ma soprattutto cosa troveremo.
Inutile dire che la mattina
quando parto sta piovendo, il
colore del cielo passa dal grigio al grigio approfittando di
tutte le sfumature del grigio e
il colore del sole, ma soprattutto il calore del sole sono un
lontano ricordo. Nemmeno
dopo due giorni l'attrezzatura
da moto si è asciugata e anche
tutti i vestiti sono umidi, le valigie dovrebbero essere stagne ma mi viene suggerita
un'ottima definizione secondo
la quale si definisce "stagno" un qualsiasi contenitore che riesce a trattenere al
suo interno tutto il liquido che
è riuscito a entrare.
COMITÀN. La strada sale
subito fino a duemila metri
poi ci sono 150 km di altipiano, jungla e conifere si alternano a comporre un paesaggio
dove è facile intuire con
quante difficoltà l'uomo possa ricavare qualcosa. Mi fermo a bere un caffè a Comitàn,
ultima città messicana nello
stato del Chiapas prima del
confine, tre ragazzotti gironzolano intorno alla moto incuriositi dagli adesivi sulle valigie ma spicca l'assenza della
bandiera messicana, si fanno
quattro chiacchere sulle strade. Pare, sempre pare..., che la
frontiera oggi sia aperta, fino a
Huehuetenango si arriva, poi
non si sa, inutile allungare di
duecento km verso ovest fino
all'altra frontiera sul Pacifico
perché la situazione in Guatemala non cambia, si parla
di trenta morti per l'alluvione,
ma il bilancio è provvisorio. Paco, Luis ed Enrique mi
dicono di aspettare nel parcheggio, partono a bordo di
un'improbabile mezzo meccanico che solo con grande fiducia e ottimismo si potrebbe
definire automobile e dopo
dieci minuti ritornano con l'adesivo della bandiera messicana, l'orgoglio con cui lo attaccano sulla valigia laterale della
moto è emozionante, inutile
stiti. L'immigrazione la sbrigo
in un paio di minuti, anche il
solito permesso di importazione è questione di una mezzoretta ma per completarlo va pagata la pratica, l'uomo della
dogana mi fornisce di modulo
e mi indica la porta di una filialina di banca lì a fianco, busso perché la porta è chiusa, nello spiraglio che si apre appare
Rambo con giubbotto antiproiettile, appesi alla cintura
pistolone da caccia grossa,
sfilza di caricatori, manganello tipo III° Reparto Celere
di Padova versione anni di
piombo e in mano fucile a
pompa con calcio segato, senza farmi entrare e senza dire
una parola mi prende di mano
modulo e soldi e riappare dopo
un paio di minuti con il pagamento effettuato. Gran bella
presentazione!
MERCATINO. Salutando i colori del Messico, Riccardo è ripartito sotto un cielo plumbeo
dire che è un omaggio, un caloroso addio e riparto.
LE FRONTIERE. Dimentichiamo la rigida atmosfera
controllata, quasi asettica delle ex frontiere europee, qui è
una bolgia infernale dove gli
uffici doganali scompaiono inghiottiti dalle bancarelle
e dai banchetti dei venditori
ambulanti, centinaia di persone si muovono in continuazione in tutte le direzioni mescolandosi ai cambisti e alle guide
che si propongono, devo dire
con molto rispetto e discrezione, per seguirti nel labirinto
dei vari uffici doganali, ca-
mioncini e microtaxi si incrociano come su una pista di autoscontro. La linea di confine è
indistinguibile, prima di uscire
dal Messico devo far timbrare
il visto di uscita dall'immigrazione e soprattutto devo restituire il Permesso Temporaneo
di Importazione della moto,
conditio sine qua non per riavere indietro la caparra di duecento dollari che entrando mi
hanno addebitato sulla carta di
credito. Arrivando manco in
pieno gli uffici, per dire la verità avevo avuto un sospetto su
una palazzina intravista lungo
la strada, mi ero fermato a
chiedere ma una specie di di-
IL MEZZO. L’eroica moto supera anche le disinfestazioni
visa mi aveva fatto proseguire
di tre km fino alla frontiera, arrivandoci rischio di finire lungo entrando in Guatemala,
chiedo ad un'altra divisa che
ovviamente mi fa tornare indietro alla palazzina, il che dimostra quanto valgano, spesso, le proprie intuizioni..., dove trovo l'omino giusto che mi
fotografa la moto e mi annulla
il permesso certificando l'uscita dallo Stato. Altro passaggio
all'immigrazione per annullare anche il visto e riparto per i
soliti tre km che per tre volte
sono già diventati nove!
DISINFESTAZIONE. Stavolta attraverso a pieno diritto
la linea invisibile del confine,
un metro dopo sono bloccato
con la moto avvolta da una nuvola di nonvogliosaperecosasia. Scientificamente dovrebbe trattarsi di zooprofilassi,
meno scientificamente l'operazione, chiamarla disinfestazione mi pare troppo generoso,
dovrebbe fare in modo che
ognuno si tenga le proprie bestie con le proprie malattie, nella pratica, oltre a dovergli dare un paio di dollari
per la fumigazione devo anche cercare di convincere l'addetto a non insistere troppo
con l'erogatore sulle valigie
"stagne" con dentro i miei ve-
POVERTÀ. La strada segue
per una cinquantina di km una
lunga valle stretta e alta, quando non è sprofondata nel fiume
sottostante è più una gimcana
fra le frane, gli smottamenti e
le pietre cadute sulla carreggiata. Il paesaggio si incupisce, forse la valle stretta o forse il territorio vulcanico più
scuro rendono il cielo ancora
più grigio, ogni quindiciventi
km una sciacquata di pioggia
dà un tocco di allegria alla festa ma l'impatto forte lo dà il
senso di povertà che si respira
da subito. Gli stracci indossati dai bambini che giocano
nelle pozze di fango ai lati della strada, le baracche di fango e
lamiera dei villaggi, l'immondizia abbandonata ai lati della
strada, le carcasse di auto
spolpate e abbandonate ovunque insieme alle puzzolenti
nuvole di fumo nero dei vecchi
"chicken bus" che oscurano e
avvelenano l'aria sono tutti indicatori di un livello economico e sociale ben più basso di
quello che ho appena lasciato
in Messico, e non è che si navigasse sempre nell'oro nemmeno là....
Nel tardo pomeriggio raggiungo e pernotto a Huehuetenango, solo una tappa sulla strada
per Chichicastenango, per il
lago Atitlan, per Antigua, per
i veri gioielli del Guatemala!
©