insegnamento di diritto amministrativo

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insegnamento di diritto amministrativo
INSEGNAMENTO DI
DIRITTO AMMINISTRATIVO
LEZIONE V
“GLI ORGANI ATTIVI DELL’AMMINISTAZIONE STATALE”
PROF.SSA IVANA MUSIO
Diritto Amministrativo
Lezione V
Indice
1 Organizzazione Interna Dei Ministeri. I Dipartimenti ------------------------------------------------------------------ 3 2 Le Direzioni Generali. Il Segretario Generale ---------------------------------------------------------------------------- 6 3 Gli Uffici Di Diretta Collaborazione Con Il Vertice Politico ----------------------------------------------------------- 7 4 I Ministri ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 9 5 Ministri Senza Portafoglio E Sottosegretari Di Stato------------------------------------------------------------------- 11 6 I Comitati Interministeriali -------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 7 Le Agenzie ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Organizzazione interna dei Ministeri. I
dipartimenti
I Ministeri sono la ripartizione fondamentale dell’amministrazione centrale italiana. Ogni
Ministero è competente per un ramo di attività e per determinate materie ed affari.
Il d.lgs. 300/1999, emanato in attuazione della delega al Governo disposta dalla legge n. 59
del 1997 (c.d. legge Bassanini) ha dettato regole uniformi per l’organizzazione dei Ministeri,
determinandone il numero ridotto, le attribuzioni e la struttura interna per grandi aree di funzioni.
In ogni caso, il numero dei Ministeri può variare in base ai programmi del Governo, pertanto i
dicasteri possono essere scorporati o accorpati alla luce degli obiettivi che la politica del
Governo intende perseguire.
Sotto il profilo funzionale, i Ministeri vengono ora a configurare un ordinamento ben più
compatto rispetto al passato, grazie ad una migliore distribuzione delle competenze, che ha
riferimento ad aree organiche, piuttosto che ad interessi settoriali, sotto quello organizzativo,
invece, essi sono regolati da una disciplina comune che configura l’insieme delle strutture delle
amministrazioni centrali come una apparato sostanzialmente unitario, ancorchè non uniforme, in
attuazione di un modello flessibile a geometria variabile che prevede, salvo che per gli uffici di
stretta collaborazione del ministro, la possibilità di scelte diversificate, pur nel rispetto di
tipologie predeterminate1.
Il d.lgs. 300/1999, con il dichiarato obiettivo di superare i limiti determinati dalla tradizionale
organizzazione amministrativa dei Ministeri, disegna, per la prima volta, dopo la legge Cavour
del 1853, una nuova struttura organizzativa valevole per tutti i Ministeri, accorpandone gli uffici
in pochi centri decisionali competenti per grandi aree di funzioni e semplificandone
l’articolazione interna2.
1
Per una ricognizione degli aspetti concernenti le fonti sull’organizzazione dei ministeri, si rinvia a C. Di Andrea,
Introduzione, in Il nuovo ordinamento del Governo. Introduzione e testi, a cura di C. Di Andrea, Roma, Istituto
poligrafico e zecca dello Stato, 2002, p. 15 e ss.; O. Forlenza, Ministeri: regolamenti di delegificazione a rischio di
legittimità costituzionale, in Guida alle leggi Bassanini. Norme e commenti sul decentramento e sulla semplificazione
amministrativa, Milano, 1997, p. 132 e ss.; A Natalini, Le semplificazioni amministrative, Bologna, 2002, p. 88 e ss.
2
Si veda V. Mortara, L’apparato ministeriale: il nucleo centrale della pubblica amministrazione, in Scienza
dell’amministrazione e politiche pubbliche, a cura di G. Freddi, Rimini, 1991.
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Viene, così, creato un modello di organizzazione comune3 sia pur distinto in due categorie:
-
la prima, per lo più maggioritaria, è quella dei ministeri internamente articolati in
dipartimenti (senza segretario generale),
-
la seconda, minoritaria, è quella dei ministeri, che per speciali esigenze
organizzative, sono articolati in direzioni generali (con segretario generale).
Il dipartimento rappresenta l’unità fondamentale del nuovo modello ministeriale; non a
caso si parla di “dipartimentalizzazione” per indicare una delle caratteristiche nuove e peculiari
dell’organizzazione statale.
Già prima della riforma i dipartimenti erano presenti già in molti dicasteri e nella Presidenza
del Consiglio .
In un secondo momento, il modello dipartimentale si è esteso ben presto, tuttavia, ad intere
organizzazioni ministeriali; ed infatti, già nel 1988 con la legge n. 400, la Presidenza del
Consiglio è stata completamente articolata in dipartimenti, successivamente ciò è avvenuto con
riferimento a determinati singoli Ministeri. In questi casi il dipartimento si è caratterizzato per
riassumere in sé le attività attinenti ad una determinata funzione, sia finale che strumentale come
la gestione del personale, dei beni strumentali e l’amministrazione della dotazione finanziaria.
Così intesa, la struttura si poteva accostare alle divisioni del modello organizzativo c.d.
divisionale nelle organizzazioni private.
La dipartimentalizzazione nel d.lgs. 300/1999 assume appunto il significato di una
divisionalizzazione, cioè di una articolazione interna in strutture autonome. Si può, pertanto,
affermare che il dipartimento è una unità amministrativa che svolge tutte le attività ed i compiti,
sia finali che strumentali, finalizzati all’espletamento di una delle funzioni fondamentali di un
Ministero. L’art. 5 specifica meglio la nozione, identificando fra i compiti strumentali l’indirizzo
ed il coordinamento delle unità di gestione in cui si articola il dipartimento nonché
l’organizzazione e l’indirizzo delle risorse strumentali, finanziarie ed umane.
L’organizzazione per dipartimenti permette di mantenere lo schema organizzativo per
Ministeri e, pertanto, di far salvo il principio della corrispondenza fra struttura del Governo
(inteso come Consiglio dei Ministri) e struttura del potere esecutivo.
3
Sul punto si veda F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, tomo I, Milano, 2001, p. 854 e ss.
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Quanto all’organizzazione interna dei dipartimenti questa vede, in primo luogo, a capo di
ogni dipartimento un dirigente generale, nominato con decreto del Presidente della Repubblica
su deliberazione del Consiglio dei Ministri e proposta del ministro competente.
Il capo del dipartimento coordina, dirige e controlla gli uffici di livello dirigenziale generale
dipendenti, al fine di assicurare la continuità delle funzioni dell’amministrazione (art. 5 del d.lgs.
300/1999), alloca le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili tra gli uffici dipendenti;
promuove e mantiene relazioni con gli organi competenti dell’Unione europea per la trattazione
degli affari di competenza del proprio dipartimento.
Il capo del dipartimento opera a diretto contatto con il ministero, nonché in rapporto di
responsabilità con lo stesso poiché a lui risponde dei risultati raggiunti dagli uffici dipendenti
sulla base degli obiettivi assegnati.
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2 Le direzioni generali. Il segretario generale
I pochi Ministeri non articolati in dipartimenti sono divisi in direzioni generali, le quali fanno
capo ad un segretario generale, organo di vertice burocratico che ha le funzioni di collegamento
tra il Ministro e la struttura amministrativa sottostante. Nei Ministeri dipartimentalizzati nei quali
già esista il segretario generale questo viene soppresso ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 300/1999.
Il segretario generale opera alle dirette dipendenze del Ministro e provvede all’istruttoria per
l’elaborazione degli indirizzi e dei programmi di competenza del ministero4. Inoltre, il segretario
assicura il coordinamento dell’azione amministrativa, coordina gli uffici del dicastero e vigila
sulla loro efficienza, riferendone periodicamente al Ministro.
Nei dicasteri articolati in direzioni generali, permane la tradizionale distinzione fra funzioni
finali e funzioni strumentali che, invece, è superata nei ministeri dipartimentalizzati.
4
Cfr., F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, cit., p. 857 e ss.
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3 Gli uffici di diretta collaborazione con il vertice
politico
Al di fuori dei dipartimenti (ovvero delle direzioni generali e del segretariato nei ministeri
non dipartimentalizzati), la nuova organizzazione ministeriale ammette soltanto l’esistenza di
pochi uffici di diretta collaborazione con i vertici politici5. Si tratta di uffici c.d. di staff, cioè di
strutture che non gestiscono direttamente affari amministrativi, che non sono inserite
nell’impalcatura gerarchica e che hanno il compito di fornire consulenza ed assistenza agli
organi politici o ad altri uffici.
Fra gli uffici in questione vi sono, in primo luogo i c.d. uffici di gabinetto, che costituiscono
la rete di servizi più vicina ai Ministri. Vi si sono, poi, affiancate le segreterie dei Ministri e dei
sottosegretari
a
causa
dell’assunzione
di
crescenti
compiti
di
ingerenza
diretta
nell’amministrazione da parte dei gabinetti i quali non sono stati più in grado di assolvere alle
originarie funzioni assistenziali.
L’elenco va, infine, completato con gli uffici studi e gli uffici legislativi, veri e propri staff di
esperti al servizio non solo dei vertici politici ma anche delle intere amministrazioni ministeriali
per l’esame di casi complessi e la formulazione di progetti di testi normativi.
Gli uffici appena elencati sono strutture dal rilievo cruciale, ma il cui ruolo, per una corretta
attuazione del principio della separazione tra politica ed amministrazione
, deve essere contenuto entro rigidi limiti. Troppo spesso, in passato, gli uffici di gabinetto
hanno assunto funzioni e compiti di spettanza di altri uffici, esautorandoli delle loro competenze
e privandoli del loro ruolo.
Al fine di risolvere i problemi segnalati e di assicurare agli uffici di diretta collaborazione il
riconoscimento delle opportune differenziazioni organizzative, la legge n. 59/1997 ha demandato
al legislatore delegato il compito di riformarne la struttura, nel solco di quanto già disposto dal
d.lgs. 29/1993 sul pubblico impiego. In particolare, l’art. 12 della l. n. 59/1997, ha previsto, in
via generale, che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell’organo di direzione
politica e di raccordo tra questo e l’amministrazione; è stata, quindi, ancora una volta, richiamata
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la necessità di porre fine al fenomeno della “invadenza” degli uffici di gabinetto negli affari
amministrativi.
Gli uffici di gabinetto e gli altri uffici di diretta collaborazione presentano alcune particolarità
nella gestione del personale, sia sotto il profilo della composizione che sotto quello della
retribuzione. Sotto il primo aspetto, il novellato art. 14 del d.lgs. n. 29/1993, istituzionalizzando
ed integrando una antica prassi, stabilisce che agli uffici in questione possono essere assegnati:
1) dipendenti pubblici, anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando;
2) collaboratori assunti con contratti a tempo determinato di diritto privato;
3) esperti e consulenti per particolari professionalità o specializzazioni, assunti con
incarichi di collaborazione.
I capi di gabinetto ed i responsabili degli altri uffici di diretta collaborazione, ai sensi dell’art.
6, comma 2, del d.lgs. 300/1999 devono essere nominati tra soggetti esperti e dotati di elevata
professionalità, scelti anche tra soggetti esterni all’amministrazione.
5
Tale aspetto è stato trattato, tra gli altri, anche da R. Galli e D. Galli, Corso di diritto amministrativo, vol. I, Milano,
2004, p. 245 e ss.
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4 I Ministri
I Ministri sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Presidente del Consiglio dei Ministri, e sono revocabili così come è revocabile il Presidente del
Consiglio ad opera del Presidente della Repubblica.
Sono organi costituzionali con funzioni:
-
politiche: perché collegialmente collaborano all’attuazione dell’indirizzo politico del
Governo;
-
amministrative: perché sono a capo dei Ministeri, cioè complessi organi centrali
dello Stato, ciascuno dei quali dirige un particolare settore della pubblica amministrazione.
I Ministri, tuttavia, sono titolari delle sole funzioni di alta amministrazione, relative
all’indirizzo ed al coordinamento dell’attività amministrativa delle amministrazioni da loro
dipendenti; le funzioni di gestione e di direzione delle stesse, invece, spettano ai rispettivi
dirigenti, sulla base del principio di separazione tra politica ed amministrazione.
Più precisamente, il Ministro individua il capo del dipartimento (nei Ministeri articolati in
dipartimenti) o il segretario generale (nei ministeri non articolati in dipartimenti), nonché il
direttore generale delle agenzie, così attuandosi un raccordo fiduciario tra il livello politico e
quello burocratico.
I Ministri non sono impiegati, bensì funzionari onorari dello Stato, in quanto ufficio che
essi ricoprono è di nomina presidenziale e non costituisce la loro professione. Nel nostro
ordinamento i Ministri si trovano tra loro in una situazione paritaria.
I Ministri sono responsabili:
-
per gli atti esclusivamente loro propri (formalmente e sostanzialmente);
-
per gli atti formalmente del Capo dello Stato che essi hanno controfirmato, in virtù
del principio di irresponsabilità del Presidente della Repubblica;
-
per gli atti dei loro sottoposti, in quanto sono riconducibili agli atti di volontà del
Ministro.
La responsabilità può essere politica o giuridica.
La responsabilità politica, a sua volta, può distinguersi:
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collegiale, per gli atti che i Ministri hanno compiuto riuniti nell’organo collegiale del
Consiglio dei Ministri;
-
individuale, per gli atti compiuti da ciascun Ministro nell’esercizio del suo ufficio.
La responsabilità giuridica, a sua volta, può distinguersi:
-
civile, per violazione di diritti soggettivi, secondo le norme del codice civile (artt.
2043 c.c. e ss.);
-
penale, per reati propri commessi dai Ministri nell’esercizio delle loro funzioni,
con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti la carica pubblica ricoperta; per
reati comuni, per i quali il giudizio spetta ai tribunali ordinari. In tal caso, tuttavia, vigono
le prerogative parlamentari, fra cui la preventiva autorizzazione delle Camere, qualora il
Ministro incriminato è anche membro del Parlamento.
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5 Ministri senza portafoglio e Sottosegretari di
Stato
Il numero dei Ministri che compongono il Governo è di regola superiore al numero dei
dicasteri previsti dalla legge e ciò perché ogni Consiglio dei Ministri prevede sempre un certo
numero variabile di Ministri senza portafoglio. Con tale espressione si intendono quei Ministri
che, pur avendo compiti politici, non sono a capo di un dicastero di cui siano i responsabili. Le
funzioni attribuite ai Ministri senza portafoglio sono state sancite nell’art. 12 del d.lgs. 303/1999.
Con riferimento ai Sottosegretari di stato, invece, c’è da dire che essi non sono contemplati
dalla Costituzione, ma dall’art. 10 della legge n. 400/1988; essi sono soggetti che coadiuvano i
Ministri.
Il Sottosegretario, infatti, collabora con il Ministro nell’esercizio dell’attività
amministrativa; rappresenta il Ministro in caso di emergenza o di impedimento per gli affari
amministrativi di particolare urgenza; sostiene, eventualmente in Parlamento la discussione degli
atti e dei progetti del Ministro; esercita le attribuzioni delegategli con decreto dal Ministero.
Generalmente i Sottosegretari non hanno competenze proprie, ma svolgono attività delegate
dal Ministro, sono pochi, infatti, i Sottosegretari che hanno uno specifico compito istituzionale.
Con la legge n. 81 del 2001 relativa alla disciplina dell’attività di Governo, si è disposto che,
fermi restando la responsabilità politica ed i poteri di indirizzo politico dei Ministri ai sensi
dell’art. 95 Cost., non può essere attribuito il titolo di vice Ministro a non più di dieci
Sottosegretari,
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6 I Comitati interministeriali
I Comitati interministeriali sono organi collegiali, costituiti da più Ministri, istituiti per la
cura di particolari settori dell’amministrazione che esigono un coordinamento dell’attività di più
Ministeri6.
Le ragioni pratiche della costituzione dei comitati di Ministri consistono nel progressivo
aumento dei compiti dello Stato e del numero dei Ministri e nel moltiplicarsi delle interferenze
reciproche fra settori della P.A., per cui si è avvertita la necessità di un collegamento costante e
stabile fra settori amministrativi.
I Comitati interministeriali possono costituirsi mediante decreto del Consiglio dei Ministri o
del Presidente del Consiglio dei Ministri oppure mediante legge.
I Comitati costituiti con decreto del Presidente del Consiglio o del Consiglio dei Ministri
sono tutti organi puramente interni, con funzioni preparatorie, consultive o esecutive.
I Comitati costituiti con legge hanno, invece, quasi tutti, rilievo esterno.
Sia i Comitati a rilievo interno che esterno, possono essere:
a) a composizione rigida, per i quali è stabilito il numero ed i ministri componenti;
b) a composizione elastica, per i quali è possibile, di volta in volta, secondo le esigenze
contingenti, una integrazione con titolari di altri Ministeri.
Con legge n. 400/1988 si è delegato il Governo ad emanare norme volte a riordinare e a
ridurre il numero dei Comitati interministeriali esistenti. In tal senso ha provveduto la L.
537/1993 che, al fine di pervenire alla eliminazione della duplicazione di competenze tra i vari
comitati e ad un più omogeneo coordinamento delle attività ministeriali, ha disposto la
soppressione di tutti i Comitati interministeriali esistenti, ad eccezione del Cipe, Cicr, il Cis.
Il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), attivo dal 1965, è
stato istituzionalizzato con l. n. 48 del 1967. Il d.lgs. n. 430 del 1997, in attuazione della legge
delega 94/1997, ha ridefinito compiti e funzioni del più importante Comitato interministeriale in
materia economica.
6
L’argomento è ripreso da L. Delpino – F. del giudice, Diritto amministrativo, cit., p. 228 e ss.
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Il Cipe, sulla base di proposte delle amministrazioni competenti per materia, svolge funzioni
di coordinamento in materia di programmazione e di politica economica nazionale, nonché di
coordinamento della politica economica e nazionale con le politiche comunitarie.
Il d.lgs. 430/1997 ha anche precisato che i compiti di gestione tecnica, amministrativa e
finanziaria attualmente attribuiti al Cipe saranno trasferiti alle amministrazioni competenti per
materia, tenuto conto dei settori ai quali si riferiscono le relative funzioni. L’art. 16 della l. n.
48/1967, non abrogato dal d.lgs. 430/1997, prevede che il Cipe sia composto in sede permanente
dal Presidente del Consiglio, che lo presiede, dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, dai
Ministri degli Affari esteri, dello Sviluppo economico, del Lavoro e della Previdenza Sociale,
delle Infrastrutture, delle politiche agricole, alimentari e forestali e dai Ministri dell’Università e
della ricerca e della Pubblica istruzione. Alle riunioni partecipa anche il Ministro degli Affari
regionali in qualità di Presidente della Conferenza Stato-Regione.
Alle riunioni del Cipe possono partecipare anche altri Ministri, invitati in ragione delle
materie oggetto di trattazione, e alcuni membri tecnici esterni alla compagine ministeriale.
Il Cicr (Comitato interministeriale per il credito e per il risparmio), istituito con d.lgs. n. 691
del 1947 e successivamente riformato dal d.lgs. n. 385 del 1993, è un organo collegiale composto
dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, dell’Infrastrutture e dei trasporti, delle Attività
produttive, delle Politiche agricole e forestali, delle Politiche Comunitarie e dal Governatore
della Banca d’Italia che però non ha diritto di voto.
Per quanto riguarda le funzioni, il d.lgs. 385/1993 attribuisce al Cicr l’alta vigilanza in
materia di tutela del risparmio, in materia di esercizio della funzione creditizia ed in materia
valutaria.
Il Cis (Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza) è l’organo collegiale cui
fa capo la politica governativa della sicurezza. E’ presieduto, infatti, dal Presidente del Consiglio
e ne sono membri il Ministro dell’Interno, il Ministro degli Affari Esteri, il Ministro della
Giustizia, il Ministro della Difesa, il Ministro delle Attività Produttive, il Ministro dell’Economia
e delle Finanze.
Ha funzioni consultive e propulsive in ordine agli indirizzi generali ed agli obiettivi
fondamentali della politica di sicurezza. Per l’esercizio delle proprie funzioni, il Cis si avvale del
Cesis (Comitato esecutivo per i servizi informativi e di sicurezza) al quale devono
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obbligatoriamente riferire i due servizi segreti italiani: il Sisde (Servizio informativo per la
sicurezza democratica), che è un organismo civile ed il Sismi (Servizio informativo per la
sicurezza militare), che è, invece, un organismo militare.
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7 Le Agenzie
In occasione del riordino dell’amministrazione ministeriale sono state apportate numerose
innovazioni anche nei confronti delle agenzie7, cioè quelle strutture che svolgono attività di
carattere tecnico-operativo di interesse nazionale al servizio delle amministrazioni pubbliche,
comprese anche quelle regionali o locali. L’agenzia fa parte dell’amministrazione statale8, ma è
autonoma rispetto alla struttura ministeriale anche se è, pur sempre, riconducibile alla
responsabilità di un Ministro, che ne esercita poteri di indirizzo e di controllo.
L’Agenzia pubblica è un istituto che ha fatto da pochi anni il suo ingresso nell’ordinamento
italiano ed è stata riconosciuta giuridicamente con il d.lgs. n. 300/1999, ed infatti, la riforma ha
utilizzato tale nuovo strumento come braccio operativo dei Ministeri per lo svolgimento di quelle
attività a carattere tecnico. Sono state istituite, oltre alle precedenti già esistenti, nuove undici
Agenzie, in virtù dei principi di delega enunciati dalla legge n. 59/1997, che ha come scopo
quello di disegnare nuove strutture secondo criteri di omogeneità, di complementarietà e di
organicità e per eliminare duplicazioni organizzative e funzionali.
Le Agenzie sono vigilate e controllate dai Ministeri competenti9, anche se godono di piena
autonomia operativa e di bilancio nell’ambito degli indirizzi politici generali e degli obiettivi
concreti.
Alcune Agenzie hanno personalità giuridica ed agiscono, pertanto, jure proprio, altre, invece,
agiscono come organi delle amministrazioni di riferimento. Tutte, in ogni caso, svolgono
funzioni operative di tipo strumentale all’amministrazione statale.
In ogni caso, le Agenzie, sono soggette al controllo governativo e non godono di totale
autonomia rispetto all’Esecutivo, tanto ciò è vero che i loro vertici (direttori generali) sono
7
In generale sulla disciplina delle agenzie prima del d.lgs. n. 300/1999 vedi G. Petrone, Nuovi profili organizzativi
dell’evoluzione del sistema amministrativo pubblico, Padova, 1988; G. Arena, Agenzia amministrativa, in Enc. giur.,
aggiornamento, III, Roma, Ist. Enc. It., 1998, ad vocem.
Sulla nuova disciplina delle agenzie si veda, invece, tra gli altri, F. Merloni, Il nuovo modello di agenzia nella riforma
dei ministeri, in Dir. pubbl., 1999, p. 717 e ss.; G. Vesperini, Le agenzie (art. 8-10), in La riforma del governo, a cura di
A. Pajno e L. Torchia, Bologna, 2000.
8
G. Soricelli, Le agenzie amministrative nel quadro dell’organizzazione dei pubblici poteri, Napoli, 2002.
9
I. Volpe, Quelle agenzie lontane dal modello nordamericano, in Guida al diritto de Il sole 24 ore, 1999, n. 35, p.
73 e ss.; C. Gallucci, Agenzia, in Glossario di parole-chiave per la riforma dei ministeri, a cura di G. D’Auria in Riv. C.
conti, 1998, p. 169 e ss.
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individuati dai Ministri e nominati con D.P.R. previa apposita deliberazione del Consiglio dei
Ministri; proprio tale aspetto differenzia le Agenzie dalle autorità amministrative indipendenti,
che saranno trattate in altro modulo di lezione.
In altri termini, si può dire che le Agenzie, pur godendo di una maggiore autonomia rispetto
ai dipartimenti ministeriali, non ne godono abbastanza da porle in una posizione di terzietà
rispetto all’Esecutivo, ed infatti, la loro posizione di “separatezza” (termine che usa Caringella),
è giustificata esclusivamente dalla natura tecnica delle funzioni svolte e non da funzioni tutorie e
di garanzia che postulano una posizione super partes.
Le Agenzie istituite dal d.lgs. 300/1999 con personalità giuridica di diritto pubblico sono
le:
-
Agenzie fiscali10, che sono quattro cioè l’Agenzia dell’entrate, Agenzia delle dogane,
Agenzia del territorio; Agenzia del demanio
10
In argomento L. Fiorentino e A. Stancanelli, Le agenzie fiscali (art. 57, 61-74), in La riforma del governo, a cura di
A. Pajno e L. Torchia, cit., p. 401 e ss.
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