Garzonè: nr 21 - febbraio 2002

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Garzonè: nr 21 - febbraio 2002
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Speciale
Museo della Malga
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5 agosto 2001, il grande fuoco.
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edazionali
... informare per crescere
Il numero 21 de “il Garzonè” segna il passaggio di consegne fra il direttore di redazione uscente Mario Antolini, che qui ancora si ringrazia per l’opera
svolta, ed il nuovo direttore Walter Facchinelli.
Il nostro periodico semestrale, nato per rendere conto del lavoro dell’Amministrazione, si è negli anni arricchito sempre più di pagine riguardanti le iniziative delle Associazioni del Volontariato, senza mai dimenticare la
storia locale raccontata con grande passione e capacità di ricerca dal nostro
maestro Tranquillo Giustina, nonché lettere, fotografie ed articoli provenienti direttamente dai cittadini e dai villeggianti di Caderzone.
Con il rinnovo della Redazione alla nomina del nuovo Consiglio Comunale, nel maggio 2000, è cambiata l’impaginazione ed il sommario si è arricchito di rubriche e di spazi dedicati a degli “speciali” a tema.
È nostra volontà ad oggi riuscire a fare una cronaca degli avvenimenti
comunali al fine di informare i concittadini sulle iniziative e sui progetti che
“bollono in pentola” lasciando libero spazio a chi vuole intervenire e commentare... in un certo senso che ognuno possa dire la sua.
L’intento della Redazione è di servirsi del periodico per dialogare con la
comunità sui problemi emergenti e le iniziative emerse stimolando al confronto chi ci legge…
Deve nascere la curiosità di approfondire ciò che si legge per far crescere
l’interesse e la volontà di collaborazione da parte tutti noi per poter conseguire gli obiettivi proposti che, se realizzati in tempi brevi, possono portare a
risultati davvero grandi.
Intraprendiamo quindi questa nuova strada dedicando ampio spazio allo
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speciale “MUSEO DELLA MALGA” illustrando come si potrà aumentare non solo
l’utenza di singolo o gruppi scolastici e culturali, ma anche l’interazione con
la realtà estiva dell’alpeggio già elemento caratterizzante e qualificante per
Caderzone.
Ancora pagine dedicate alle Terme in Val Rendena. Il progetto terme
viene in questo contesto analizzato in tre capitoli volti a chiarire sì i benefici
dell’acqua dal punto di vista curativo, ma soprattutto per prendere confidenza con quello che significherà “realtà termale” per il paese.
Tornano in questo numero le informazioni dal Municipio, unite a considerazioni del Sindaco sul delicato ed importante progetto legato alla
riorganizzazione del cimitero con le novità che regolano ad oggi l’inumazione e l’esumazione.
Il maestro Giustina completa, nelle pagine della storia, la trilogia delle
figure santificate care a Caderzone con la storia di San Rocco.
Allietano come sempre le pagine del Dialetto dove viene presentata la
prima pubblicazione del gruppo “Dialetti Judicariensi” con rappresentanti
per le valli Giudicarie, Ledro e Basso Sarca, e la voce al femminile di Elisa
Polla.
Altra novità si apprezza nella rubrica “Vita delle Associazioni”; parte
con questo numero un racconto a puntate su quello che fu ed è ad oggi la PRO
LOCO, arricchito di interviste ed
aneddoti raccontati direttamente
da coloro che furono testimoni della nascita di questa associazione.
Valutando la numerosa posta
in arrivo la Redazione non può che
compiacersi della vivace volontà di
partecipare alla vita socio-culturale del paese, ma cogliamo l’occasione per esortare ancora di più al
confronto ed allo scambio di suggerimenti o di critiche per mettere
in circolazione testimonianze, dubbi ed interrogativi che risultano determinanti per quella crescita comune di cui tutti abbiamo bisogno.
Lorenza Ventura Mosca
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Un saluto per incominciare
Cari lettori
È con estremo piacere che intraprendo l’incarico di direttore de “il
Garzonè”, quest’importante strumento d’informazione nel quale la comunità di Caderzone si identifica e si riconosce.
Ho accettato quest’incarico con entusiasmo e preoccupazione perché un
nuovo direttore prefigura nuovi scenari e nuove idee che vanno ad innestarsi sul vecchio ceppo che, nel corso degli anni si è radicato nella comunità.
«… Novità dirà qualcuno, ma cosa c’è da rinnovare?». Una domanda
plausibile se consideriamo che questo periodico si è recentemente rinnovato
nella grafica, ha ampliato i contenuti ospitando nuove rubriche. Ebbene
l’obiettivo che insieme al Comitato di Redazione ci siamo posti, è quello di
coinvolgere tutti nella lettura, nello scambio di opinioni, nel confronto sui
temi che Vi interessano da vicino.
Le pagine de “il Garzonè” continueranno a presentarVi l’informazione comunale, ad approfondire la storia – grazie all’insostituibile collaborazione di Tranquillo Giustina. Proseguiremo ad attingere nella tradizione popolare e dialettale – grazie alle molte collaborazioni che ci giungono – tra
cui quelle di Elisa Polla. Rimarrà ancora uno spazio in cui le associazioni
del paese ricorderanno il loro passato ed il loro presente. Accoglieremo con
entusiasmo le lettere dei lettori e ricorderemo avvenimenti e fatti che hanno caratterizzato la vita della Comunità. Ma, accanto a questi temi, consolidati ed apprezzati, ospiteremo spunti e riflessioni che ci prepareranno per
il futuro.
Nello scenario della Val Rendena, Caderzone è una realtà dinamica, in
continua evoluzione, non si è lasciata lusingare dai “palazzinari” che hanno ridotto altre realtà a paesi-dormitorio, ha salvaguardato il territorio, oggi
un bene di grande valore. L’intuizione del campo da golf, delle terme, del
polo espositivo-congressuale nel palazzo Lodron-Bertelli e del museo della malga, sono i segnali di una realtà viva che sa guardare avanti.
Con l’aiuto di tutti, questo periodico comunale non servirà solo a registrare i traguardi raggiunti ma diverrà uno strumento collettivo attraver-
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so cui ognuno partecipa in prima persona nella veste di attore e regista del
cambiamento.
Confido che i giovani facciano la loro parte, escano dal guscio e si sentano coinvolti in questo progetto.
Con la partecipazione di tutti, gli interessi individuali saranno superati
da quelli collettivi, recupereremo il gusto del confronto, del dialogo aperto
e sincero.
Guardando avanti non si possono dimenticare quanti con entusiasmo
hanno collaborato e sostenuto questo periodico comunale.
Il mio pensiero ed il mio ringraziamento vanno a Mario Antolini “il decano dei giornalisti delle Giudicarie”, grazie al suo competente apporto, alla
sua tenace passione ha seminato nel Comitato di Redazione la voglia, l’entusiasmo e la convinzione di realizzare qualcosa di importante per la comunità di Caderzone.
Walter Facchinelli
Malga Campastril. (Foto G. Rocca)
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…quota 600
Da pochi giorni si sono concluse le operazioni del XIV Censimento ISTAT
e come si vedrà più avanti nel Garzonè sono già disponibili i primi dati sulla
popolazione e sulle abitazioni del nostro paese. Il primo dato che balza agli
occhi di un Caderzonese, è senz’altro il numero dei residenti che in un decennio è passato da 531 a 602. Un aumento annuo costante, che ha portato il
sostanziale mutamento della genealogia del paese di Caderzone. Nuove famiglie e nuovi cognomi vanno ad affiancarsi e spesso a sostituirsi ad altri che
hanno fatto la storia del paese e contribuiscono, chi più chi meno, a delineare
il futuro, o meglio la storia che continua, della nostra Comunità. Questo dato
deve essere letto positivamente, questa è l’unica garanzia per la continuità
della nostra comunità. Anzi, ci deve confortare il fatto che questo trend sia in
crescita perché lascia intravedere possibili sviluppi di crescita economica e
sociale. L’aumento della popolazione ci consentirà di mantenere l’attuale livello dei servizi e delle dotazioni e, se la crescita sarà continua, potremo ben
sperare in un loro ulteriore ampliamento. I nuovi concittadini ci portano nuove
culture, nuove esperienze, in alcuni casi anche molto diverse dalle nostre,
che però non mancheranno di arricchire la cultura individuale e comunitaria
di tutti noi. A noi, che da più tempo viviamo qui e che meglio conosciamo le
abitudini, le consuetudini e la cultura locale, spetta l’onere ed il piacere di
aiutare i nuovi arrivati affinché possano rapidamente integrarsi nel tessuto
comunitario e diventare, senza distinzione alcuna, dei veri Caderzoni.
Restando in tema di Censimento, merita una particolare attenzione il
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dato riguardante il numero degli alloggi permanentemente occupati 273 e il
numero d’alloggi non occupati 630 (seconde case). Analizzare il problema
delle seconde case, i risvolti sociali e gli effetti economici, ci pone di fronte ad
un quadro molto complesso ed articolato che meriterebbe d’esser analizzato
da esperti in molti settori quante sono le sfaccettature che questo fenomeno
coinvolge.
Un tema che potrebbe essere dibattuto nei prossimi numeri del Garzonè,
per stimolare questo dibattito mi permetto di esporre alcune puntualizzazioni,
seguite alle mie considerazioni.
1. La maggioranza delle seconde case di Caderzone è proprietà di residenti
(circa 100) e di oriundi. Queste sono senza dubbio una fonte di reddito sia
per i proprietari residenti sia per le varie attività turistico-commerciali locali.
2. Gli alloggi in proprietà di “esterni” sono spesso sottoccupati ed utilizzati
solo in pochi e concentrati periodi dell’anno. Questo crea non pochi problemi nella gestione dei servizi essenziali e nelle strategie aziendali delle
strutture turistiche e commerciali che si trovano spesso costrette a rincorrere una domanda fluttuante, sovradimensionata in alcuni periodi dell’anno e totalmente assente in molti altri. Sarebbe opportuno che oriundi e
turisti cedessero in affitto i loro alloggi nei periodi in cui non li utilizzano,
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solo così le stagioni turistiche segnerebbero il tutto esaurito per diversi
mesi l’anno. La possibilità che tutti i proprietari di seconde case hanno di
ottenere un reddito dal turismo aumenterebbe il numero delle persone
interessate e direttamente coinvolte allo sviluppo del paese.
3. La presenza fedele e costante delle stesse persone è un fatto sicuramente
positivo, essa rappresenta un chiaro segnale d’apprezzamento della nostra capacità di fare turismo. Quest’aspetto ci garantisce un consistente
numero di presenze e quindi una sicurezza di reddito, ma questa “sicurezza” faticosamente conquistata non deve portarci a “dormire sugli allori”, non deve togliere agli operatori turistici lo stimolo di rinnovarsi ricercando nuovi mercati, migliorando le strutture ed inventando nuove strategie.
Volutamente, non sono entrato nel merito dell’opportunità o meno della
presenza delle seconde case, lo prendo per un dato di fatto, ormai ci sono e
sono parte integrante del nostro territorio. Mi farebbe piacere se residenti,
oriundi e proprietari di seconde case riflettessero su questo tema avanzando
suggerimenti che possano migliorarne la gestione.
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Il 2001, nel campo turistico, ha fatto registrare alcune importanti novità
che ci lasciano ben sperare per il futuro e ci gratificano per il lavoro e la programmazione degli anni passati. Mi riferisco all’inaugurazione del Campo
Golf a nove buche, all’apertura della struttura ricreativa con annesso bar al
Lago Mago, al nuovo Garni Villa Ilaria ed alla riapertura del ristorante al
Ponte ora chiamato le Streghe.
Ho voluto citarli direttamente perché meritano il nostro plauso per il
coraggio imprenditoriale e per la fiducia che hanno riposto negli sforzi dell’Amministrazione Comunale tesi a sviluppare turisticamente il nostro paese.
*
Concludo la mia consueta lettera ai lettori del Garzonè, rimarcando un
atteggiamento che in quest’ultimo periodo sta deteriorando un’immagine che
faticosamente abbiamo conquistato. Mi riferisco al proliferare di situazioni
di disordine in territorio aperto. Percorrendo strade secondarie, piste ciclabili
e sentieri capita di osservare un generale disordine di depositi realizzati con
i più svariati materiali che deturpano l’ambiente ed imbruttiscono il paesaggio. Questo modo di fare è senz’altro da censurare ed è opportuno che sia al
più presto modificato.
Caderzone è apprezzata per la bellezza e l’integrità del suo territorio:
balconi, giardini, orti e prati, se ben curati e ben tenuti, diventano dei piccoli
segni di distinzione che ci aiutano a vivere in un ambiente più piacevole,
ammirato ed apprezzato anche dai turisti, molto accorti nel cogliere queste
sfumature del paesaggio. Facciamo come fanno i nostri vicini dell’Alto Adige
e del Tirolo che molto spesso citiamo ad esempio, per loro un paesaggio ordinato è un chiaro segno di distinzione che non manchiamo d’ammirare e spesso d’invidiare. Ognuno di noi verifichi il proprio stato di cose, e senza andare
a guardare ciò che fanno gli altri, sistemi e riordini con cura e buon gusto la
proprietà in modo che chiunque possa godere nel vedere un territorio ben
tenuto, ordinato e curato.
In fine, vorrei ringraziare il dottor Mario Antolini, la sua preziosa collaborazione sviluppatasi per un decennio ci ha permesso di sviluppare il bollettino comunale portandoci oggi ad avere un moderno ed invidiato strumento di collegamento della nostra comunità.
Maurizio Polla
Sindaco
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La vita dal
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Anagrafe 2001
Nati
Maschi 3; Femmine 6. Totale 9
Morti
Maschi 2; Femmine 2. Totale 4
Matrimoni
n. 4
Emigrati
Maschi 10; Femmine 7. Totale 17
Situazione al 31 dicembre 2001
Maschi 307 (+ 2); Femmine 297 (+ 12).
Totale 604 (+ 14)
Famiglie 265
Immigrati
Maschi 11; Femmine 15. Totale 26
Sagra di San Biagio 2002.
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Censiti per anno di nascita al 31.12.2001
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1998: 8
1999: 10
2000: 9
2001: 10
TOTALE: 604
Censimento popolazione 2001
Primi risultati provvisori
Modelli compilati: 903
Totale edifici: 377
Di cui per abitazione: 356
Numero abitazioni occupate da almeno una persona dimorante abitualmente n. 262 con 857 stanze
Numero abitazioni occupate solo da persone non dimoranti abitualmente n.
11 con 35 stanze
Numero abitazioni non occupate n. 630 con 1616 stanze
Numero famiglie rilevate 262
Numero persone dimoranti
Maschi 303 femmine 299 totale 602
Di cui 11 stranieri
a cura di Corinna Maffei
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Uffici Comunali
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Orario di apertura al pubblico dal 07/01/2002
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Mattino
Pomeriggio
10.00 - 12.00
10.00 - 12.00
10.00 - 12.00
10.00 - 12.00
10.00 - 12.00
14.00 - 15.00
14.00 - 15.00
14.00 - 15.00
14.00 - 15.00
chiuso
Sindaco
Lunedì
10.00 - 12.00
Oppure su appuntamento
tel. 0465/804214 - 0465/339518
Caderzone, anni Trenta.
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Elenco dei provvedimenti rilasciati
Anno 2001
10/2000 - Denuncia di Inizio Attività - MOSCA GIAMPAOLO
Opere di manutenzione straordinaria consistenti nella demolizione tramezze e modifica alla
distribuzione degli spazi interni, adeguamento degli impianti elettrico e idro-termo sanitario,
sostituzione serramenti interni ed esterni, sostituzione pavimenti, realizzazione di un nuovo
scarico in corrispondenza del prospetto sud del fabbricato, sopralzo parapetti balconi dell’altezza attuale pari a ml. 0,90 a ml 1,00, con mantenimento della tipologia e dei materiali originali - p.ed. 339 P.M.2 Via Belvedere.
1/2001 - Autorizzazione - MOSCA FLAVIO
Ristrutturazione appartamento con esecuzione di opere di manutenzione straordinaria quali
la demolizione delle divisorie interne esistenti, la ricostruzione delle tramezzature interne con
modifica della distribuzione dell’alloggio, l’apertura di portafinestra sul fronte est dal portico
esterno, le pavimentazioni interne, i serramenti interni e la porta finestra sul portico, l’impianto idro - sanitario e di riscaldamento, l’impianto elettrico, l’intonaco interno, la tinteggiatura
interna e le consuete opere di finitura - p.ed. 408 P.M.1 Via A. Diaz.
1/2001 - Denuncia di Inizio Attività - SARTORI GIORGIO
Rifacimento solaio del piano primo con uno in laterocemento - p.ed. 312 P.M.2 Via A. Diaz.
Maso Madas.
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Maso Pulic’
1/2001 - Concessione - VILLA GOLF S.a.s.
Ristrutturazione ed ampliamento edificio a destinazione affittacamere e residenziale - p.ed.
331 Via Mantova
2/2001 - Concessione - VILLA GOLF S.a.s.
Cambio di destinazione d’uso di parte del piano seminterrato dalle autorizzate cantina e taverna a sala colazioni, cucinotto, spogliatoio e wc, trasformazione degli autorizzati anti wc e
wc in cantina con aumento del volume interrato - p.ed. 331 Via Mantova
2/2001 - Autorizzazione - MOSCA ALBERTO MOSCA PATRIZIA MOSCA MANUELA
Modifica dell’accesso esistente dalla strada comunale “Bassett”, esecuzione di un nuovo accesso dalla strada comunale “Viulina”, costruzione di n. 2 posti macchina esterni e taglio di
alcuni alberi, con rifacimento e nuova esecuzione di muretti di recinzione in cls rivestiti in
granito - pp.ff. 89 - 91/1 Via G. Prati
2/2001 - Denuncia di Inizio Attività - BARALDI LUCIANA
Posa in opera di finestra a filo falda (velux) di dimensioni cm. 66 * 118 sul fronte est del tetto
dell’edificio - p.ed. 410 P.M.2 Loc. Pozze
3/2001 - Autorizzazione - DIOCESI DI FIDENZA
;odifiche interne ai piani primo, secondo e sottotetto - p.ed. 338/1 Via S. Giuliano
3/2001 - Concessione - MOSCA ALBERTO
Richiesta scomposizione unità tipologica e ristrutturazione edificio con rifacimento e ampliamento dell’alloggio esistente, parziale trasformazione di destinazione d’uso da sottotetto a
residenziale e realizzazione della nuova centrale termica a piano terra - P.ed. 37 P.M.1 - P.f. 89
Via G. Prati
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3/2001 - Denuncia di Inizio Attività - MOSCA LORENZO
Sostituzione degli esistenti parapetti metallici a presidio dei balconi a piano primo dei fronti
sud e est e ricostruzione dei medesimi con struttura portante in profilati di acciaio tinto marron
testa di moro e rivestimento con tavole in legno di abete di colore come i serramenti - P.ed. 339
P.M.1 - 3 Via Belvedere
4/2001 - Autorizzazione - SARTORI MARIA ROSA
Realizzazione rampa di accesso all’edificio con pendenza massima dell’8%, coibentazione delle pareti nord e est del bagno, sostituzione porte interne con larghezza di cm. 80, modifica e
traslazione della finestra esistente sul fronte est, costruzione torretta camino sulla falda ovest P.ed. 229/2 - P.f. 120/1 Via G. Verdi
4/2001 - Denuncia di Inizio Attività - MOSCA ETTORE
Tinteggiatura facciata sud dell’edificio e del relativo portico con pittura al quarzo del colore
malta come l’esistente - P.ed. 36 P.M.1 - 2 Via G. Prati
4/2001 - Concessione - AMADEI GIUSTINA - EDILMEG S.r.l. - VANITA’ di Cunaccia
Antonietta & C. S.n.c.
Qarta variante interna al progetto di ristrutturazione edificio residenziale ex albergo “Al Bon”,
a destinazione mista commerciale e residenziale - Pp.ed. 19/3 - 19/4 Via A. Diaz
5/2001 - Autorizzazione in Sanatoria - SARTORI MARIA ROSA
Opere abusive consistenti nell’ampliamento della tettoia esistente realizzata nell’anno 1969 ed
esecuzione sulla stessa e sul terreno di pertinenza di opere di manutenzione straordinaria e in
assenza di autorizzazione di edificare - P.f. 120/2 Via G. Verdi
5/2001 - Concessione - MOSCA ETTORE
Realizzazione piazzale con sbancamento del terreno esistente e costruzione muri di sostegno
del terreno in calcestruzzo e pavimentazione con ghiaia stabilizzata - Pp.ff. 87 - 89 Via G. Prati
5/2001 - Denuncia di Inizio Attività - SARTORI MARIA ROSA
Rimozione attuale rivestimento in porfido sui fronti sud e est con posa in opera del nuovo
paramento in piastre di granito a spacco per un’altezza di ml. 1,00 - P.ed. 229/2 Via G. Verdi
6/2001 - Autorizzazione - SALVADEI GABRIELE
Allargamento porta di accesso alla stalla sul fronte est - P.ed. 362 Via A. Manzoni
6/2001 - Concessione - SARTORI GIORGIO
Costruzione garage e sovrastante posteggio in fascia di rispetto stradale di pertinenza e al
servizio dell’edificio esistente, per il soddisfacimento degli standard di parcheggio di cui alle
deliberazioni della Giunta Provinciale n. 1559 di data 17/02/1992 e n. 12258 di data 03/09/
1993 - P.ed. 428 Via Bassett
6/2001 - Denuncia di Inizio Attività - POLLA MARCO POLLA DARIO
Realizzazione rivestimento esterno “cappotto” su tutti i fronti dell’edificio, realizzato in stirodur
isolante dello spessore di cm. 4 con maglia in plastica e finito con intonaco a civile e tinteggiatura
di colore bianco - P.ed. 376 via Pozze
7/2001 - Concessione - SARTORI GIORGIO
Realizzazione parcheggi coperti di pertinenza e al servizio dell’edificio, per il soddisfacimento
degli standard di parcheggio di cui alle deliberazioni della Giunta Provinciale n. 1559 di data
17/02/1992 e n. 12258 di data 03/09/1993, con accesso dalla strada comunale via Porta - P.ed.
421 Via A. Diaz
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Maso Curio
7/2001 - Autorizzazione - POLLA SANTO
Varianti interne a piano terra consistenti nello spostamento del locale cucina nella zona a nord
dell’edificio, al posto delle previste stanza e bagno, e realizzazione del bagno e ingresso nella
zona a sud, dove era prevista la cucina - P.f. 1158 - P.ed. 294 Loc. Salamon
7/2001 - Denuncia di Inizio Attività - TRATTER CECILIA
Variante interna del bar - ristorante “Alle Streghe”, con demolizione di tramezza e
tamponamento del passaggio al fine di consentire l’accesso ai servizi direttamente dal disbrigo, e realizzazione di porta scorrevole a vetri di divisoria della sala ristorante dalla sala bar,
con limitate modifiche agli impianti interessati - P.ed. 248 P.M.5 Via Regina Elena
8/2001 - Autorizzazione - MOSCA FRANCO
Esecuzione di opere di manutenzione straordinaria e varianti interne all’appartamento esistente a piano primo, consistenti nella modifica dell’accesso e ampliamento del bagno, nella
rimozione dei pavimenti e dell’intonaco, nel rifacimento dei serramenti interni e delle porte
finestre sul poggiolo, nella realizzazione dell’impianto idro - sanitario, di riscaldamento ed
elettrico, nella posa dei nuovi pavimenti, rivestimenti e dell’intonaco, nella tinteggiatura interna e nelle consuete opere di finitura - P.ed. 335 P.M.3 Via S. Giuliano
8/2001 - Concessione - POLLA MARIO
Costruzione edificio a destinazione “bar” e relativi servizi, con la realizzazione delle relative
opere di urbanizzazione primaria, e sistemazione del terreno circostante l’edificio - Pp.ff. 814 815 Loc. Asan
9/2001 - Concessione - FRANZELLI DIONISIO
Varianti interne con trasformazione di destinazione d’uso parziale dell’edificio attualmente
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destinato a club house, col ricavo di n. due stanze con annesse zone salotto e bagno al servizio
dei maestri dell’associazione golf e di un locale di riparo temporaneo con annesso wc - P.ed.
558 - P.f. 211/1 Loc. Prati del Mulino
9/2001 - Autorizzazione - POLLA MAURIZIO POLLA ROBERTO
Variante al progetto di costruzione stalla a stabulazione libera con relativo fienile, concimaia,
vasca liquami, e trasformazione dell’attuale stalla in deposito - magazzino - box e gabbie vitelli
- P.ed. 512 - Pp.ff. 991 - 992/2 - 994 - 995 - 997 Loc. Pan
10/2001 - Concessione - POLLA SILVANO POLLA SILVIA
Ristrutturazione, sistemazione e completamento edificio esistente con costruzione di n. sei
unità abitative e realizzazione delle sistemazioni esterne - P.ed. 498 Via Porta
10/2001 - Autorizzazione - SUCHI BARBARA
Posa in opera di recinzione in legno di pino impregnato avente altezza pari a ml. 1,00, sui lati
est e sud del terreno - P.f. 34 Via Mantova
11/2001 - Autorizzazione - SARTORI ALVISE SARTORI NEVIO
Esecuzione dello zoccolo perimetrale sui fronti est e sud dell’edificio con posa in opera di
piastre irregolari di porfido, esecuzione di n. otto fori per esalazione gas cucine ai sensi della
normativa vigente e posa in opera di tubazione gas sotto intonaco - P.ed. 53 P.M.1 - 5 Via
Regina Elena
11/2001 - Concessione
- POLLA MAURO
Variante al progetto di
ampliamento stalla e
fienile esistenti ped.
552 con costruzione
nuova stalla e fienile
con relativa concimaia
e vasca liquame e trasformazione attuale
stalla p.ed. 513 in
agritur con deposito e
fienili - Pp.ed. 513 - 514
- 552 - Pp.ff. 983/1 987/1 - 988 - 990 - 992/
1 - 992/2 Loc. Pan
Inverno ‘92
12/2001 - Concessione - MAROTTA GIOVANNI PACCHIONI FLAVIA
Chiusura tettoia in legno per copertura marciapiede di accesso all’appartamento, sul lato ovest
dell’edificio - P.ed. 504 P.M.4 Via Bassett
12/2001 - Autorizzazione - POLLA MARIO
Modifica del manto di copertura dell’edificio, dalle autorizzate scandole in larice alle tegole in
cemento color ardesia - Pp.ff. 814 - 815 Loc. Asan
13/2001 - Concessione - COLLINI FULVIO & C. S.n.c. MASE’ LUCIANO
Costruzione di un capannone artigianale interrato e delle relative strade di accesso e sistemazioni esterne - P.f. 305/7 - 330 - 331/1 - 331/2 - 331/3 Via Regina Elena
18
C
13/2001 - Autorizzazione - RESCONI GIUSEPPE
Rimozione - sul tetto di proprietà, fronte nord - dell’attuale manto di copertura in tegole
marsigliesi, con posa in opera della guaina di impermeabilizzazione sul tavolato esistente,
listonatura e nuovo manto di copertura in tegole marsigliesi in cotto, con sostituzione del
canale di gronda esistente - P.ed. 27 P.M.4 Via S. Giuliano
14/2001 - Concessione in Sanatoria - POLLA MAURIZIO
Opere eseguite in difformità dalla concessione edilizia n. 07/85 var. di data 27/12/1985 consistenti nell’innalzamento del tetto con relativo aumento di volume e altre leggere difformità P.ed. 511 P.M.3 Loc. Pan
14/2001 - Autorizzazione - FOSTINI ELENA
Rimozione dell’attuale manto di copertura in tegole di cemento, con posa in opera dello strato
di isolazione, della listonatura e del nuovo manto di copertura in tegole in cemento come le
esistenti - P.ed. 423 Loc. Brunata
15/2001 - Concessione - MOSCA GIUSEPPE
Risanamento e ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso del piano sottotetto in abitazione - P.ed. 213 Via Dante
15/2001 - Autorizzazione in Sanatoria - Impresa costruzioni POLLA MARINO
Sanatoria opere abusive realizzate sul terreno e sull’edificio, identificabili nel tamponamento
con assi di legno della tettoia condonata con concessione ad edificare in sanatoria - condono
edilizio n. 02/98 di data 09/01/1998 e nella realizzazione della recinzione in legno sui fronti
est e nord - P.ed. 560 - P.f. 720/1 Loc. Iscle
16/2001 - Concessione - GARBARI PAOLO DAL LAGO CRISTINA
Modifiche interne ed esterne con trasformazione della destinazione d’uso di parte del piano
terra, formazione di parcheggi esterni, rifacimento sistemazioni esterne e pavimentazioni,
isolazione termica con cappotto esterno - P.ed. 425 Via Belvedere
16/2001 - Autorizzazione - TECNOPESCA S.n.c.
Posa in opera insegna pubblicitaria luminosa sul tetto dell’edificio e di pannello pubblicitario
adesivo sopraluce sul serramento di ingresso - P.ed. 334 P.M.2 Via Regina Elena
17/2001 - Autorizzazione - SALVADEI GABRIELE
Costruzione abbaino sulla falda sud per il passaggio del tubo di trasporto del fieno - P.ed. 77/
2 P.M.1 Loc. Casablanca
17/2001 - Concessione - POLLA MAURIZIO POLLA ROBERTO
Seconda variante al progetto di costruzione stalla a stabulazione libera con relativo fienile,
concimaia, vasca liquami, e trasformazione dell’attuale stalla in deposito - magazzino - box e
gabbie vitelli - P.ed. 512 - Pp.ff. 991 - 992/2 - 994 - 995 - 997 Loc. Pan
18/2001 - Concessione - MOSCA ALESSANDRO & C. S.n.c.
Modifiche interne ed esterne al progetto di costruzione di un garnì, con modifica della destinazione d’uso di alcuni locali a piano interrato, terra e sottotetto, e apertura di una finestra a
piano sottotetto sul fronte ovest - P.f. 589/1 Località Cavada
18/2001 - Autorizzazione - SARTORI GIAMPIETRO
Sostituzione caldaia esistente al servizio dell’alloggio con nuovo generatore di calore in ghisa
funzionante a gasolio di potenzialità inferiore a 30.000 Kcal/h (34 kW) - P.ed. 40/1 Via G. Prati
19
C
19/2001 - Autorizzazione - MOSCA LUCIO SALVADEI ELISABETTA SALVADEI TIZIANA
SALVATERRA ANGELINA
Sostituzione manto di copertura esistente in onduline bituminose con posa in opera del nuovo
manto in tegole Wierer di colore grigio recuperate dalla demolizione del tetto dell’abitazione
in via Bassett - P.ed. 308 Loc. Cauli
19/2001 - Concessione - SARTORI PIO SARTORI REMO
Risanamento edificio destinato a cascinello con ampliamento di volume interrato, trasformazione di destinazione d’uso del fogliaio in residenziale con altre opere sulla stalla adiacente e
realizzazione del sistema di smaltimento dei reflui tramite fossa biologica Imhoff e a dispersione - P.f. 1557 - Pp.ed. 158/2 - 158/1 Loc. Matanza
20/2001 - Concessione - MASE’ PRIMO
Ristrutturazione edificio con parziale trasformazione di destinazione d’uso da soffitta a residenziale, con la creazione di due unità immobiliari - P.ed. 47/1 P.M.6 Via Damiano Chiesa
20/2001 - Autorizzazione - FOSTINI ELENA
Costruzione finestra a filo falda (velux) delle dimensioni di circa cm. 50 * 60 sulla falda est del
tetto dell’edificio, nell’ambito dei lavori di sostituzione del manto di copertura autorizzati con
provvedimento n. 14 di data 21/05/2001 - P.ed. 423 Loc. Brunata
21/2001 - Autorizzazione - MOSCA VALENTINO MENEGOL ANNAMARIA
Sistemazioni esterne del giardino di pertinenza dell’edificio, mediante sopraelevazione di parte
del muro di confine e modifica dell’andamento del terreno, con sostituzione della recinzione
in legno con nuova recinzione in ferro - P.ed. 496 Via Bassett
21/2001 - Concessione - MAROTTA GIOVANNI PACCHIONI FLAVIA
Variante interna con trasformazione di destinazione d’uso del portico chiuso in veranda e
apertura porta di collegamento al soggiorno - P.ed. 504 P.M.4 Via Bassett
22/2001 - Concessione - SARTORI PIO
Regolarizzazione terreno agricolo con il riporto di materiale proveniente da scavi e successivo
inerbimento col ripristino della coltura a prato - P.f. 1109/2 Loc. Donna Margherita
22/2001 - Autorizzazione - PEDERZOLLI GIOVANAZZI FABIO LORENZI CRISTINA
PEDERZOLLI GIOVANAZZI ELDA
Costruzione edificio di civile abitazione - variante in corso d’opera ex art. 86 L.P. 05/09/1991
n. 22 e s.m. - Pp.ff. 426 - 427 Via Bassett
23/2001 - Concessione - COMPOSTELLA ETTORE COMPOSTELLA SARA GIUSTINA
ARTURO
Costruzione edificio di civile abitazione - Pp.ff. 141 - 154/1 - 155/1 Via Bassett
24/2001 - Concessione in Sanatoria - MOSCA LOREDANA
Sanatoria opere abusive realizzate in difformità dalla licenza di costruzione n. 131 di data 14/
05/1975 - P.ed. 462 Via Bassett
24/2001 - Autorizzazione - PEDERZOLLI GIOVANAZZI FABIO LORENZI CRISTINA
Installazione collettori solari piani sulla parte della falda sud del tetto dell’edificio, aventi una
superficie di mq. 7,5 - P.ed. 565 Via Bassett
20
C
Inverno ‘92
25/2001 - Autorizzazione - SARTORI RENATO MOSCA BIAGIO SARTORI GIANFRANCO
SARTORI SEVERINO
Sostituzione cisterna gasolio e generatore di calore esistenti, senza modifica dell’impianto di
riscaldamento - P.ed. 369/1 Via Regina Elena
25/2001 - Concessione - AMADEI GIULIANO AMADEI ALFREDO AMADEI VITO AMADEI
ROBERTO AMADEI MAURIZIO AMADEI MATTEO AMADEI MARTINA AMADEI FEDERICA AMADEI TIZIANO
Seconda variante per la realizzazione di un poggiolo a piano terra - fronte est - e relativa
trasformazione di finestra in porta finestra, nell’ambito del progetto di sopraelevazione e ampliamento edificio esistente, con ricavo di n. cinque nuove unità abitative nella parte ampliata
e di una nuova unità abitativa al terzo piano (sottotetto) della parte esistente sopraelevata P.ed. 422 - Pp.ff. 570/2 - 571 Via A. Diaz
26/2001 - Concessione - SARTORI OSVALDO
Ristrutturazione edificio con modifche interne ed esterne all’edificio, aumento del volume
fuori terra, ampliamento dell’appartamento esistente a piano rialzato, nuova distribuzione
dell’alloggio a piano sottotetto con ricavo di soppalco e creazione di un nuovo appartamento a
piano sottotetto - P.ed. 566 Via Pozze
26/2001 - Autorizzazione - BARALDI LUCIANA POLLA MARINO
Variante in corso d’opera ex art. 86 L.P. 05/09/1991 n. 22 e s.m. al progetto di sistemazione
della strada privata esistente, con demolizione del muretto di recinzione nel tratto antistante
l’edificio e sua ricostruzione per allargamento della curva, posa in opera di griglia trasversale
di raccolta dell’acqua piovana con sgorgo nella rete comunale delle acque bianche, demolizione dell’attuale parapetto della strada con posa in opera di guard rail, e realizzazione nel tratto
iniziale di tiranti in cemento armato per consolidamento muratura di sostegno a valle - P.f.
315/3 - P.ed. 410 Loc. Pozze
21
C
27/2001 - Autorizzazione - POLLA MAURO
Seconda variante al progetto di ampliamento stalla e fienile esistenti p.ed. 552 con costruzione
nuova stalla e fienile con relativa concimaia e vasca liquame e trasformazione attuale stalla
p.ed. 513 in agritur con deposito e fienili - Pp.ed. 513 - 514 - 552 - Pp.ff. 983/1 - 987/1 - 988 - 990
- 992/1 - 992/2 Loc. Pan
28/2001 - Autorizzazione - POLLA MAURIZIO POLLA ROBERTO
Terza variante al progetto di costruzione stalla a stabulazione libera con relativo fienile,
concimaia, vasca liquami, e trasformazione dell’attuale stalla in deposito - magazzino - box e
gabbie vitelli - P.ed. 512 - Pp.ff. 991 - 992/2 - 994 - 995 - 997 Loc. Pan
29/2001 - Autorizzazione - SARTORI GIORGIO
Variante in corso d’opera ex art. 86 L.P. 05/09/1991 n. 22 e. s.m. al progetto di costruzione
garage e sovrastante posteggio in fascia di rispetto stradale di pertinenza e al servizio dell’edificio esistente, per il soddisfacimento degli standard di parcheggio di cui alle deliberazioni
della Giunta Provinciale n. 1559 di data 17/02/1992 e n. 12258 di data 03/09/1993 - P.ed. 428
Via Bassett
Caderzone, lì 02/01/2002
geom. Giorgio Riccadonna
Il responsabile del servizio tecnico
Maso Ram
22
C
I lavori al Cimitero
L’attuale Cimitero di Caderzone consente ancora l’inumazione di poche
salme; pertanto si dovrà ritornare ad utilizzare il vecchio Camposanto.
Per questo motivo l’Amministrazione comunale si è attivata per far predisporre al geometra Fabio Maffei uno studio di razionalizzazione per il
riutilizzo del vecchio Camposanto; il progetto, preventivamente concordato
con il Parroco ed il Consiglio ecclesiale degli Affari Economici, è stato attentamente esaminato dal Consiglio comunale.
Il progetto parte dal presupposto di applicare ancora la prassi tradizionale - consolidatasi a Caderzone prima dell’uso dell’attuale Cimitero -, la
quale prevede l’esumazione delle salme, che da più tempo sono rimaste nel
Cimitero.
Il primo intervento che verrà effettuato nel corso di quest’anno, 2002,
consisterà nell’esumazione di venti salme poste a ridosso del muro sul lato
sud, e che riguardano persone sepolte negli anni dal 1954 al 1959. Le ossa
recuperate saranno collocate nell’ossario comune, posto nella Cappella
mortuaria.
L’area così recuperata diverrà un “corridoio verde” e la retrostante
muratura sarà utilizzata per applicarvi delle lastre commemorative in marmo, che saranno realizzate a cura dell’Amministrazione comunale. Sulle lastre commemorative, previo il pagamento di una tariffa già stabilita dal Consiglio comunale, saranno riportati i dati e la fotografia di ogni persona esumata,
i cui familiari decideranno di ricordare.
La gestione vera e propria del nuovo spazio cimitereriale inizierà soltanto dopo aver predisposto lo spazio per le lapidi commemorative; quindi si
procederà iniziando dalla prima tomba nell’angolo nord-est.
Le successive inumazioni, invece, verranno eseguite a cura dell’Amministrazione comunale secondo la vigente normativa, procedendo altresì alla
sostituzione della terra vegetale risultante dallo scavo.
Quando sarà esaurito il primo spazio destinato alle lapidi commemorative
sulla muratura sud, si procederà con lo stesso metodo sul lato est e così via
fino al totale completamento dei quattro lati.
Il Cimitero sarà dotato di un sistema di amplificazione sonora, collegato
all’impianto interno della chiesa.
*
23
C
Determinazione delle tariffe per i servizi di cremazione, di inumazione
in campo comune, di esumazione ordinaria.
1.
2.
Il Consiglio comunale con voti favorevoli, unanimi
DELIBERA
Di approvare, per i motivi esposti in premessa, in applicazione al disposto di cui alla Legge 26/2001, le seguenti tariffe per i servizi di cremazione, inumazione in campo comune, esumazione ordinaria:
Inumazione in campo comune
(compreso scavo fossa):
€. = 550 lire 1.064.948
Esumazioni ordinarie con iscrizione ricordo: €. = 150 lire 290.440
Cremazione
€. = 150 lire 290.440
Di dare atto che come primo anno di applicazione delle tariffe, si è ritenuto opportuno contenere le stesse, rinviando al futuro bilancio di previsione la completa valutazione dei costi del servizio e pertanto l’aggiornamento delle tariffe stesse.
*
24
C
Prima di avviare i lavori nel Camposanto, i familiari dei defunti interessati saranno tempestivamente avvisati.
Il Consiglio comunale si è riservato, durante la primavera, di valutare
l’opportunità di approvare un unico modello di tomba, uguale per tutti, allo
25
C
scopo di esser in sintonia con la fede cristiana che pone tutte le persone uguali di fronte alla morte.
Un adeguato spazio sarà riservato alla collocazione delle “Urne” contenenti le ceneri di quanti saranno cremati, operazione favorita ed auspicata
dall’Amministrazione comunale.
Maurizio Polla
26
CORTESIA: SARTORI GERVASO
... Ricordi
CORTESIA: SARTORI CARLO
... Anni ’60.
Moleti di Caderzone a Liverpool.
27
C
Lavori Pubblici anno 2001
stato di esecuzione - lavori ultimati lavori programmati
L’anno appena concluso è stato particolarmente importante per l’attività amministrativa del Comune, in particolare nel settore dei Lavori Pubblici.
La concomitanza di opere pubbliche programmate ha infatti fortemente impegnato tutta l’Amministrazione comunale nell’espletamento delle pratiche
burocratiche (affido lavori, liquidazioni, incarichi, approvazione contabilità
finali, ecc.). Basti pensare che sono iniziati i lavori relativi allo “Sfruttamento
termale dell’acqua minerale Acquaforte S. Antonio” con la realizzazione dell’acquedotto e la ristrutturazione dell’edificio, nonché i lavori di “Sistemazione della rete idropotabile dell’acquedotto comunale e installazione dei
misuratori di consumo d’acqua presso le utenze”, solo per citare i più importanti.
Di seguito si elencano tutte le voci di Bilancio relative ad opere o lavori
pubblici che sono iniziati e / o ultimati e / o in corso nell’anno 2001.
Lavori Pubblici
- Inizio ed ultimazione dei lavori di “Sfruttamento termale dell’acqua minerale Acquaforte S. Antonio” - I° Stralcio: Creazione dell’acquedotto di
alimentazione dell’acqua
termale, realizzati dalla
ditta Salvadori Felice S.r.l.
di Bagolino (BS);
- Inizio dei lavori di “Sfruttamento termale dell’acqua minerale Acquaforte
S. Antonio” - II° Stralcio:
Ristrutturazione e ampliamento P.ed. 266, realizzati dalla ditta Armani
Guido di Tione di Trento,
Opera di difesa fonte termale “Acquaforte”.
attualmente sospesi per il
28
C
-
-
-
-
-
periodo invernale e che verranno ripresi in primavera;
Predisposizione allestimento “Museo della Malga”
presso le scuderie di Palazzo Bertelli P.ed. 48, che è stato inaugurato nel mese di
agosto;
Approvazione contabilità
finale, certificato di regolare esecuzione e prospetto
riassuntivo della spesa effettivamente sostenuta dei lavori di “Costruzione della strada forestale Pomasera”;
Approvazione contabilità finale, certificato di regolare esecuzione e prospetto riassuntivo della spesa effettivamente sostenuta dei lavori di “Ripristino ambientale di due tratti stradali esistenti in località Badul - Icla e
Pulic pp.ff. 1058/1 - 1715/1 - 1717/5”;
Ultimazione dei lavori di “Ristrutturazione casina P.ed. 474 e costruzione
acquedotto potabile sulle pp.ff. 1744/1 e 1750 a servizio delle P.ed. 206 474 - 475 - 476 in località S. Giuliano”;
Aggiudicazione dei lavori di “Sfruttamento termale dell’acqua minerale
Acquaforte S. Antonio”, relativamente al III° stralcio - Ristrutturazione ed
ampliamento P.ed. 266 - Opere da falegname (successivamente suddiviso
in Opere da Falegname e Serramenti in PVC), IV° stralcio - Opere da
termoidraulico, V° stralcio - Opere da elettricista - VI° stralcio - Somme a
disposizione generali (tra le quali è inserito anche l’ascensore). I lavori
sono stati aggiudicati rispettivamente alla ditta Luchesa, Finstral, Polla
Claudio, Pellizzari Giorgio e Euroascensori. L’inizio degli stessi è previsto
per la primavera 2002;
Aggiudicazione dei lavori di “Ripristino ambientale di alcuni tratti delle
strade comunali Ruina - Diaga - vecchia Michel alla ditta Salvadori Felice
S.r.l. di Bagolino (BS). L’inizio degli stessi è previsto per la primavera 2002;
Inizio dei lavori di “Recupero e valorizzazione ambientale - Integrazione
della zona sportiva”, realizzati direttamente dal Servizio Ripristino e
Valorizzazione Ambientale della P.A.T., e predisposizione dell’ulteriore
progetto di “Completamento progetto di recupero e valorizzazione ambientale - integrazione zona ricreativa e sportiva in località Li Cani”, con
29
C
-
-
-
-
estensione a tutte le
nuove aree acquisite
a monte degli spogliatoi, e la realizzazione della strada di
accesso e dei parcheggi necessari col
collegamento alla pista ciclabile, l’ampliamento della zona
ricreativa con lo spostamento della strada, la realizzazione
di un parco alberato
a monte della zona. I lavori sono attualmente sospesi per il periodo invernale e verranno ripresi in primavera;
Inizio ed ultimazione dei lavori di “Completamento dei marciapiedi nord
dell’abitato sul ciglio a valle della S.S. 239”, realizzati dalla ditta Costruzioni Valentini di Valentini Sergio & C. S.a.s. di Iavrè di Villa Rendena;
Inizio dei lavori di “Fornitura e posa tubazioni e opere idrauliche complementari” nell’ambito del progetto di Sistemazione della rete idropotabile
dell’acquedotto comunale, installazione dei misuratori di consumo d’acqua presso le utenze e completo rifacimento dell’acquedotto rurale della
campagna di Caderzone, realizzati dalla ditta Salvadori Felice S.r.l. di
Bagolino (BS), attualmente sospesi per il periodo invernale e che verranno
ripresi in primavera;
Inizio ed ultimazione dei lavori di “Posa in opera dei gruppi di misura e
opere edili complementari” nell’ambito del progetto di Sistemazione della rete idropotabile dell’acquedotto comunale e installazione dei misuratori
di consumo d’acqua presso le utenze, realizzati dalla ditta Borgonovo Giuseppe di Tione di Trento;
Inizio ed ultimazione dei lavori di “Rifacimento muratura e
ripavimentazione tratto di marciapiede in prossimità del bivio strada Porta”, realizzati dalla ditta Costruzioni Valentini di Valentini Sergio & C.
S.a.s. di Iavrè di Villa Rendena;
Inizio ed ultimazione dei lavori di “Rifacimento pavimentazione e opere
varie sulla p.f. 1753/1 - piazza Briè”, realizzati dalla ditta Costruzioni
Valentini di Valentini Sergio & C. S.a.s. di Iavrè di Villa Rendena.
30
Acquisti
C
- Formalizzazione acquisto P.ed. 237 e quota di comproprietà P.ed. 238/2 Palazzo Bertelli (dal Sig. Polla Giulio Dante);
- Formalizzazione acquisto: P.ed. 50 pp.mm. 7-10-8 (ultimo quarto) e quota
di comproprietà P.ed. 238/2 - Palazzo Bertelli (dal Sig. Polla Giancarlo);
- Formalizzazione acquisto P.ed. 50 p.m. 4 e quota di comproprietà P.ed.
238/2 - Palazzo Bertelli (dalla Sig.ra Polla Angela);
- Formalizzazione operazioni di compravendita tra il Comune e il Sig. Polla
Mario (acquisto pp.ff. 792, 793, 796, 811/2, 824 e vendita della p.f. 814);
- Formalizzazione operazioni di compravendita tra il Comune e il Sig.
Salvadei Pietro (acquisto pp.ff. 1023/8 e vendita delle neo pp.ff. 1286/5 e
1287/2);
- Formalizzazione operazioni di compravendita tra il Comune e i Sig.ri
Marchetti Stefano e Grimaldi Raffaella (acquisto p.f. 553/3 con congiunta
la comproprietà della p.f. 552/4);
- Formalizzazione operazioni di compravendita tra il Comune e la Sig.ra
Polla Carolina (acquisto pp.ff. 803 - 807);
- Formalizzazione operazioni di compravendita tra il Comune e il Sig. Sartori
Pio (acquisto pp.ff. 200/1 e parte p.f. 201/2 e vendita della p.f. 1109/2);
- Formalizzazione operazioni di compravendita tra il Comune e i privati
interessati dalla strada di penetrazione in località “Bora”, con rifacimento
del tipo di frazionamento n. 350/99 di data 30/06/1999 relativo all’introduzione in mappa della strada, con ulteriore divisione della p.f. 732/1 e neo p.f.
742/1, picchettamento in loco della stessa e dei nuovi confini individuati;
- Formalizzazione operazioni di compravendita tra il Comune e il Sig.
Salvadei Irmo (acquisto p.f. 1023/5 e vendita della p.f. 1023/8).
Altre Opere
- Inizio ed ultimazione della “Fornitura dei gruppi di misura e
apparecchiature elettroniche” nell’ambito del progetto di Sistemazione
della rete idropotabile dell’acquedotto comunale e installazione dei
misuratori di consumo d’acqua presso le utenze, forniti dalla ditta Ramit
S.r.l. di Milano;
- Azione 12/2001 - lavori socialmente utili - progetti di utilità collettiva promossi da Enti locali - realizzazione progetto, attuato col Comune di Spiazzo;
31
C
- Smontaggio e smaltimento manto di copertura in cemento amianto presso
l’edificio P.ed. 266;
- Redazione variante al Piano Regolatore Generale del Comune;
- Realizzazione dei lavori di fresatura e nuova asfaltatura di alcuni tratti
stradali di Caderzone da parte della Ditta Mazzotti Romualdo S.p.A. di
Tione di Trento;
- Progetto dei lavori di
“Sistemazione dell’area cimiteriale, da
realizzarsi nel vecchio
camposanto
di
Caderzone”, consistenti nella sistemazione dei vialetti, sistemazione vecchia
muratura, realizzazione di supporti per affissione lapidi esistenti sulla muratura, realizzazione verde di
schermatura. L’appalto avverrà nel corso dell’anno 2002, previo
ottenimento dell’autorizzazione del Servizio Beni Culturali della P.A.T. e
preliminare informazione a tutta la popolazione di Caderzone circa gli
interventi di riesumazione e di eliminazione delle lapidi esistenti sulle
murature;
- Realizzazione dei lavori di rifacimento della segnaletica stradale orizzontale dell’abitato di Caderzone da parte della ditta Signal S.r.l. di Vigo
Cavedine.
- Lavori urgenti per danni originati in conseguenza delle forti precipitazioni del 18 novembre 2000 lungo il rio Caroccia e interessanti strade comunali;
- Realizzazione dei lavori di “Risanamento di una porzione di tetto dell’edificio P.ed. 50 Palazzo Bertelli” da parte della ditta Buffi Enzo di Vigo
Rendena;
- Affido lavori e fornitura di materiali a varie ditte per il fabbisogno edilizio
e di arredamento - anno scolastico 2001 / 2002 - Centro Scolastico di
Caderzone;
- Lavori e acquisti per il completamento della zona sportiva a monte dell’at-
32
C
-
-
-
-
-
tuale campo in località “Li Cani” (zona Lagomago) con predisposizione e
allacciamento all’acquedotto, impianto di illuminazione, rete fognaria;
Incarico al dott. ing. Carlo Carè di Breguzzo per la predisposizione di uno
studio di fattibilità per i lavori di “Sistemazione a parcheggio interrato e
all’aperto di un’area in via A. Diaz del centro abitato di Caderzone”. Verrà
valutata la possibilità di interessare un’impresa che provveda direttamente alla realizzazione dei lavori;
Incarico al dott. Giacomo Ceranelli di Ragoli per la predisposizione del
progetto esecutivo per i lavori di “Manutenzione straordinaria della strada forestale comunale Iamon”. In dipendenza del favorevole esito della
domanda di finanziamento, i lavori verranno realizzati appena possibile;
Incarico al dott. ing. Carlo Carè di Breguzzo per la predisposizione di uno
studio di fattibilità per il “Collegamento delle costruzioni nella piana a
nord del centro abitato di Caderzone con la fognatura comunale”. Qualora tecnicamente fattibile, verrà presentata domanda per l’eventuale finanziamento della spesa;
Incarico al dott. Oscar Fox di Trento di predisposizione del progetto di
“Sistemazione della strada interpoderale Piciola con scarifica completa e
successiva posa di sottofondo calcareo e stabilizzato, e parziale
pavimentazione in acciottolato di due corsie della stessa nel punto di maggiore pendenza, ed esecuzione di analogo intervento sulla strada Poz”. In
dipendenza del favorevole esito della domanda di finanziamento, i lavori
verranno realizzati appena possibile;
Affido alla ditta Parolari Alessio S.n.c. di Tione di Trento dei lavori di
“Fornitura e posa in
opera di parapetto in
tubolare di ferro verniciato da posare sulle due murature di
delimitazione del
nuovo marciapiede
recentemente realizzato a valle della S.S.
n. 239 di Campiglio”.
I manufatti sono già
pronti e verranno
montati quanto prima;
33
C
- Inizio ed ultimazione
dei lavori urgenti di
“Sistemazione della
pavimentazione lungo il marciapiede di
collegamento con
Strembo a valle della
strada statale n. 239”,
realizzati dalla ditta
Costruzioni Valentini
di Valentini Sergio &
C. S.a.s. di Iavrè di Villa Rendena;
- Affido alla ditta
Salvadori Felice S.r.l.
di Bagolino (BS) dei lavori di “Manutenzione straordinaria su alcuni immobili di proprietà comunale”. I lavori stessi verranno realizzati in primavera;
- Affido alla ditta Luce e Design - Illuminotecnica di Trento della fornitura
di lampioni stradali a palo e parete tipo Bergmeister-wohlgemuth modello “CO” in bronzo, bruniti scuro e trattati a cera, con acquisto del materiale elettrico e edile necessario alla posa in opera lungo i nuovi marciapiedi
realizzati a nord dell’abitato. La consegna avverrà entro gennaio e appena
possibile si provvederà alla relativa posa in opera;
- Affido alla ditta Sartori Osvaldo di Caderzone della fornitura di segnaletica di montagna, consistente in vari cartelli in legno con scritte delle varie
località, completi di pali e ferramenta di sostegno. I cartelli, identici a quelli
già in essere, verranno realizzati durante l’inverno e posti in opera in primavera;
- Progetto esecutivo di “Realizzazione del Centro Raccolta Materiali in località Iscle”: il progetto è già finanziato e verrà appaltato e realizzato nel
corso dei primi mesi dell’anno 2002;
- Progetto esecutivo di “Recupero delle facciate esterne del Palazzo Lodron
Bertelli P.ed. 50”: il progetto è già finanziato e verrà appaltato e realizzato
nel corso dei primi mesi dell’anno 2002.
A cura del responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale
geom. Giorgio Riccadonna
34
C
Al temp a Cadarciùn nàl 2001
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93
VP = AQUA V = VARIABILE (gnignognignela)
35
C
St’invern le stà ümit e càft, fò chi qualchi dì di fivrer. Sura i milazinczent
(1500) metri la flucà tant e a San Giulian in fivrer ghera sù pasa i tri (3) metri
di nef. Chi a Cadarciun in dal paes al flucava, dop però al pluiva, la nava via
difat.
avril e màc ié sté gnignognignela e vers la fin di màc al pariva istà. Stàn
al quatordas (14) di avril è sintù a cantar par la prüma bota, al cücü. In dal
mis di giügn ghe stà alquanc dì di fröt e al dudas (12) di giügn ali set (7) di
duman al termometro al sagnava + ün (+ 1) .
Al mis di lüi le stà cì cì e al vinti (20) la fàt brüt e fröt. Sura i dumilatresent
(2300) mt. là fluca. La nef da l’invern in dai grapèr da Garzunè l’è nada via
vers al diriset (17) d’agust. Dal des (10) al vinti (20) di setembar l’è stà fröt, ala
dumàn l’era + ün (+1). Par alquanc dì a San Giulian ghé stà na turmenta di
nef. Al disnöf (19) n’é vignü des (10) ghei. L’aftun l’è stà bel e caft.
Dizembar le stà söc fröt e ghe stà vent. L’è pasà da dü (2) mis ca nul plöf
e nul floca. In fin al sé (6) di giner dümilaedü (2002) su nà sa San Giulian
alquanti bòti e ti pöl far al giru cun li scarpi dali festi. Al trenta (30) di dizembar
ha brüsà la cima dal Dos dal Sablun. Al termometro al vardu di solit ali set e
meza (7.30) ala düman.
Par sarar sü tüt na bota i nös vec i disiva ca:
«Quand ca i giovagn i cumandarà nu si cögnusarà pü l’invern da l’istà»
Daniele Mosca
Guardiabosc
... inverno. (Foto EIDOS)
36
Anomalie invernali
San Giuliano il giorno 20 gennaio 2002.
(Foto Matteo Amadei)
37
Vita delle
A
ssociazioni
Banda Comunale di Caderzone
1853 – 1991
La musica è: passione, arte,
bellezza, amore, sogno.
Continuando nella storia della banda musicale…
La banda musicale fu sempre in uso negli eserciti, così come ora ogni
Forza Armata ha il suo complesso bandistico (vedi: Carabinieri – Polizia –
Esercito – Marina – Aeronautica – Finanza ecc.), tutti complessi bandistici
con 80 e più esecutori (Banda Grande).
Oggi una formazione bandistica, varia da paese a paese a seconda della
possibilità e delle consuetudini locali. In genere una Banda Musicale si dice
Piccola se gli esecutori arrivano ai 35, Media se arrivano a 54 e Grande se
sono più di 80.
Di norma, ogni Banda consta di: Ottavino – Flauto – Oboe – Clarinetti –
Sassofoni – Corni – Cornette – Trombe – Tromboni – Tromboni Bassi – Flicorni
– Timpani – Tamburi – Cassa – Piatti – Triangolo – Batteria.
Benché la musica militare abbia contribuito in misura rilevante allo sviluppo della Banda, è tuttavia improprio identificare i due concetti, poiché la
38
A
... luglio 1997.
musica per Banda non è necessariamente a carattere militare. È più esatto
associare alla musica militare, la Fanfara, che avendo un organico limitato ai
soli ottoni e percussioni, non ha altra possibilità che eseguire marce.
Storicamente la Banda rappresentava un completamento della Fanfara,
grazie all’aggiunta dei legni (clarini – oboe ecc.) che hanno conferito ad essa
la facoltà di estendere il proprio repertorio ben oltre quello della musica militare, includendo pezzi lirici, sinfonici, leggeri e da qualche lustro anche rock
e pop. La storia della Banda Musicale, affonda le sue radici negli usi musicali
dei primi popoli storici ed in modo particolare nelle civiltà orientali. La cultura musicale indiana, articolata e complessa, era regolata da sistemi precisi e
da un numero considerevole di strumenti. Gli Indiani usavano per le loro
musiche, trombe, timpani, tromboni così come presso i Persiani ed i Cinesi,
con l’aggiunta delle percussioni.
Gli ebrei davano grande importanza alla musica; essi furono i primi ad
introdurre le trombe d’argento che, con altri strumenti, costituivano delle vere
e proprie formazioni musicali. Le trombe si usavano per cerimonie civili e religiose ed in tempi di pace le suonavano solo i sacerdoti. La cultura musicale
39
A
ebraica, conosceva ben quattro tipi di trombe: la Tuba o tromba diritta, il Liuto o tromba curva, la Buccina tromba ricurva su se stessa a spirale o a cerchio
ed il Corno.
L’effetto terrificante dello squillo di tromba per creare la paura del Giudizio Universale è rappresentato nelle storie della Bibbia.
La Banda Musicale, a differenza della Fanfara, per le sue maggiori possibilità musicali, è indicata più che per un ruolo reggimentale, per attrazioni
pubbliche e religiose, potendo adattare ai vari organici musiche prese in prestito da repertori classici e moderni. Alla fanfara rimane il compito dell’esecuzione delle marce.
Tra alcune curiosità si legge :
- La Banda Musicale più numerosa fu quella composta da 20.100 suonatori
delle Bande aderenti al “Norges Musikkorps Farlumos” che si esibì a Oslo
(Norvegia) il 28.06.1964 allo Stadio Ullevaad.
- La più grande Banda Marciante fu quella composta da 4.524 elementi, comprese 1.349 majorettes che sfilarono allo stadio di Los Angeles il 15.04.1985
diretti da Banny Kaye.
- La più lunga maratona bandistica, l’ha stabilta la Banda dei pompieri della West Midlands con il primato di 104 ore, 40 minuti e 45 secondi suonando fra il 22 e il 26 agosto 1986 al National Exibithion Centre di Birmingham.
Alvaro Sartori
Attività Bandistica
…Riprendiamo il nostro programma con il mese di giugno:
Domenica 17 giugno Festa Corpus Domini che, come ogni anno, ci ha
visti accompagnare la processione dopo la Santa Messa del mattino cui è seguito un breve concerto in piazza.
Sabato 30 giugno Uscita a Spiazzo che ci ha voluti presente all’inaugurazione del nuovo Municipio.
Sabato 15 luglio Abbiamo dato il benvenuto all’estate e agli ospiti presenti a Caderzone, con un concerto serale all’aperto, facendo tappa, dopo
una breve sfilata, nella piazza principale.
Domenica 29 luglio Sagra di San Giuliano. Ricco vaso della fortuna,
partecipazione alla processione e concerto in piazza. Proposte nuove musiche ed il successo è stato assicurato, non solo per le numerose persone presenti, ma anche per l’ottima esecuzione musicale da parte dei bandisti.
Domenica 5 agosto Festa dell’Agricoltura. Dopo l’inaugurazione del
suggestivo “Museo della Malga” alle scuderie del Castello Lodron – Bertelli,
40
A
... agosto 1998.
è seguita la cena con polenta carbonera nel capannone allestito nella piana di
Caderzone accompagnata dal suono della Banda. A questo è seguita una sfilata davvero emozionante e suggestiva per tutto il paese, con la Banda che
suonava, fiaccole accese, e a chiudere la passerella le vacche con i loro proprietari e la numerosissima gente presente per l’occasione.
Sabato 11 agosto Concerto a Caderzone proposto nella parte esterna al
Castello, nonostante il clima non troppo estivo della serata. È intervenuta
anche la bandina, formata dal gruppo di giovani suonatori che si preparano
in questo complessino per poi entrare a far parte dell’organico effettivo. I
giovani bandisti seguiti da Michela Mosca hanno preparato ed egregiamente
eseguito due nuove musiche.
Domenica 19 agosto. Processione per le vie del paese di Strembo e concerto in occasione della ricorrenza per la Madonna della Cintura.
Sabato 25 agosto Concerto serale a Carisolo che ha dato nuova carica ai
bandisti, grazie all’enorme successo riscontrato presso il pubblico che accompagnava le nostre esecuzioni, non solo con applausi e bis, ma anche cantando
i motivi più conosciuti, come l’Aida di Verdi.
Con questo concerto si è chiusa in bellezza l’attività estiva.
41
A
In autunno sono avvenuti alcuni importanti cambiamenti.
Il giorno 4 settembre, causa dimissioni Presidente e Vice – Presidente, si
è riunita la Direzione per eleggere nuovi componenti nelle cariche così suddivise :
Presidente
Polla Luciano
Vice – Presidente
Ferrari Weber
Segretaria
Sartori Flavia
Consiglieri
Amadei Daniela
Amadei Diego
Amadei Giuliano
Mosca Mario
Polla Martina
Polla Tiziano
Sartori Alvaro
Sartori Davide
Partecipano come membri di diritto:
Rappresentante del
Comune di Caderzone
Sartori Flavio
Parroco
Poli don Gianni
A ciascun membro sono stati affidati compiti e responsabilità precise.
Sempre nel mese di settembre, un gruppo affiatato di giovani volenterosi
ha cambiato il volto della sala prove, ridipingendo i muri, i leggii,
personalizzando le pareti con scritte, note musicali, chiavi di violino e fotografie… ; insomma, hanno impiegato molte sere
per rendere la
sede a cui tengono, più “propria”,
più “nostra”.
In questo periodo sono riprese
regolarmente anche le prove ogni
lunedì sera per
preparare il programma. Il maeSagra di S. Biagio 2002.
stro Gianfranco
42
A
Stanchina, ha introdotto nuove partiture per il concerto di fine anno.
Con la seconda metà del mese di ottobre, sono iniziati i corsi di solfeggio
di base e strumento, coordinati con passione e impegno da Flavio e Alvaro
Sartori. È stata organizzata una serata in cui i genitori degli alunni hanno
avuto la possibilità di conoscere gli insegnanti:
Gilberto Bonapace
Clarinetti – ance
Monica Castellani
Ottoni
Adriana Moser
Flauti
Carlo Salvaterra
Percussioni
Pietro Urgo
Solfeggio (ins. alle scuole Medie di Spiazzo).
È stato un modo
perché anche le famiglie
spronino i figli a continuare sulla strada della
musica nonostante questo comporti rinunce e
sacrifici.
L’impegno finanziario per partecipare ai
corsi è sostenuto in parte dalle famiglie e per il
resto dalla Banda che
provvede a fornire lo
strumento all’allievo.
... giovani promesse.
Quest’anno i corsi hanno visto una fase molto positiva; sono entrati infatti ben 11 nuovi ragazzi che frequentano il primo anno di solfeggio:
Federico Amadei
Lara Fostini
Francesco Mosca
Ilaria Mosca
Jessica Mosca
Silvia Pederzolli Giovannazzi
Mirco Polla
Carla Salvadei
Fabio Sartori
Marica Urgo
Pierpaolo Polla
43
A
È un dato molto incentivante perché il 2000 non aveva visto nessun bambino presente di quell’ età.
Gli alunni che frequentano il terzo corso sono quattro, ed oltre al solfeggio,
hanno iniziato con i primi approcci allo strumento :
Marco Garbari
Tromba
Giovanna Luoni Clarinetto
Matias Mosca
Bombardino
Camilla Sartori
Clarinetto.
I ragazzi che praticano il quarto corso sono nove e fanno parte anche della bandina :
Federica Amadei Flicorno
Martina Amadei Sax
Stefano Amadei Flicorno
Marco Garbari
Percussioni
Eleonora Luoni Clarinetto
Matteo Parisi
Flicorno
Arianna Polla
Sax
Giulia Polla
Corno
Romina Sartori
Flauto.
Accanto al solfeggio, proseguono con l’apprendimento del proprio strumento per un futuro inserimento nel complesso bandistico.
Il totale dei partecipanti ai corsi è di trenta elementi, contando anche il
gruppo già facente parte della Banda Comunale (costituita invece da 43
suonatori), che desiderano migliorare la conoscenza e il suono del proprio
strumento :
Daniela Amadei Sax
Giorgia Fantato Clarinetto
Irene Garbari
Tromba
Fabrizio Mosca
Flicorno
Iris Mosca
Sax
Nicola Mosca
Percussioni
Letizia Sartori
Clarinetto
Virna Sartori
Tromba.
Il giorno 22 novembre, come ogni anno, la Banda Comunale, il Coro
44
A
Parrocchiale, la bandina e
il coretto, si sono uniti per
festeggiare la patrona di
tutti i musicisti, Santa
Cecilia, accompagnando la
S. Messa e poi festeggiando con una cena all’hotel
Rio.
Nel periodo successivo, è continuata la preparazione musicale alle Festività natalizie che ci ha portato a partecipare alla S.
Sagra di San Biagio 2002.
Messa di Santo Stefano a
Caderzone e poi, a chiudere l’anno, l’emozionante concerto del 30 dicembre
al Castello, dove ci siamo esibiti con musiche natalizie e classiche conosciute
alla maggior parte del pubblico. Questa manifestazione è stata l’occasione
per augurare agli ospiti ed alla popolazione di Caderzone, serene feste e un
felice anno 2002.
Il periodo 2000-2001 è stato per tutti noi un anno sicuramente pieno di
novità, ma anche per il 2002 il programma è assai ricco.
…Una piccola anticipazione: in primavera stiamo preparando una manifestazione per celebrare i 10 anni di rifondazione del nostro complesso
bandistico.
È proprio passato tutto questo tempo, da quando nel giugno del 1992
avevamo fatto la prima uscita ufficiale con la sfilata del Corpus Domini !!!
Chi l’ avrebbe mai detto? Ed invece ci siamo riusciti!!!
La ricorrenza ci vedrà tutti impegnati per l’arrivo di altri corpi bandistici,
organizzeremo serate di musica, premiazioni e molto altro… Con questo ci
auguriamo che questa importante festa, che ci rende molto orgogliosi, sia di
buon auspicio per l’anno 2002 e porti nuove e gratificanti soddisfazioni nel
campo della musica e della nostra Banda.
Speriamo anche che la Comunità di Caderzone partecipi con passione
ed entusiasmo a questo anniversario!
Il direttivo ringrazia soci, simpatizzanti, amministratori comunali, Cassa Rurale e tutti coloro che con il loro calore ci sono vicini. Ricordiamo che chi
volesse iniziare l’attività musicale e desiderasse entrare a far parte della nostra Banda, perché già in grado di suonare uno strumento, può fare richiesta
o chiedere informazioni all’attuale Presidente Luciano Polla o al Comune di
Caderzone.
45
Flavia Sartori
A
e nacque la nostra Pro Loco…
prima parte
«Nella parte alta della Valle trovasi Caderzone. Esso si stende di fronte al ponte
della strada valliva che per quell’ultima volta attraversa il Sarca. È un paesino posto
a 723 metri sul livello del mare molto pittoresco, ricco di attrattive panoramiche.
Caderzone si può veramente chiamarlo il migliore della Valle dopo Pinzolo. Caderzone
dista da Pinzolo due chilometri. Si può raggiungere Pinzolo attraverso una strada
tutta piena di pinete, lungo una fiorente campagna.
Molti dei villeggianti hanno definito Caderzone il paese delle mille passeggiate, il paese dell’azzurro. Noi ne siamo orgogliosi e per questo vogliamo appunto
fare molto. Deve Caderzone in poco tempo, e con le previsioni in atto che verranno
senz’altro realizzate, assumere tutte le caratteristiche per diventare un centro di ambito
soggiorno turistico.
È nostro desiderio porre all’occhio di tutti il nostro Caderzone, farlo conoscere a
tutti, incrementarlo, incoraggiare il movimento turistico, aumentare l’afflusso dei
villeggianti. Il villeggiante infatti porta benessere a tutti.»
Il testo è quanto mai attuale, ma l’anno della sua stesura è il 1949 e la
firma è di Livio Polla, primo entusiasta presidente della Pro Loco di Caderzone.
È il 3 maggio 1949 quando, l’allora sindaco Teodorico Amadei (Miradio),
scrive una lettera di convocazione alla popolazione di Caderzone, proponendo la formazione della Pro Loco.
Il 7 maggio si tiene la prima assemblea. L’iniziativa viene accolta subito
con entusiasmo. A Caderzone c’è bisogno di un lancio turistico (e stiamo
parlando di più di cinquant’anni fa!) e la gente è pronta a darsi da fare. Alla
prima assemblea si presentano numerosi e così viene costituito il direttivo di
cui è presidente Livio Polla, che rimarrà in carica per molti anni.
Cosa caratterizzava la Pro Loco di cinquant’anni fa?
Ci risponde Livio:
«Alura gh’era pura gent con il viziu da laurar. La gente, giovani e meno
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A
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giovani, era molto più legata al proprio paese. Non si andava a cercare divertimento altrove. E allora c’era la voglia di rendere sempre più bello il posto in
cui si viveva. La voglia di dotarlo di servizi migliori. Di abbellirlo, tutti si
sentivano coinvolti»
Il problema iniziale del fondocassa viene risolto con anticipi da parte dei
membri del direttivo, con un prestito richiesto a Giovanni Amadei di Trieste
(Nini) di £ 30.000 e con un contributo dall’Ente Provinciale per il Turismo di
£ 10.000. Il totale arriva a £ 63.366.
Tenendo presente che una bicicletta acquistata per il successivo Vaso
della Fortuna costò £ 17.000 e una macchina da cucire £ 9.000, il fondocassa
era di tutto rispetto.
Gli scritti conservati testimoniano l’instancabile operato della Pro Loco
per far conoscere il più possibile quanto deciso, per incrementare le offerte,
per coinvolgere sempre più la popolazione nel progetto di abbellimento del
paese. In prima linea il presidente e l’infaticabile segretario di allora Ilario
Sartori, personaggio caratteristico della storia di Caderzone, onnipresente
ovunque ci fosse da fare. D’altra parte il nome originario della Pro Loco fu
proprio Società d’abbellimento, la prima di queste Società in Valle fu fondata a
Pinzolo, Caderzone seguì a ruota.
La Pro Loco è dunque pronta a partire. Già durante la successiva riunione del Direttivo, si assume l’organizzazione del Vaso della Fortuna in occasione della Sagra di San Giuliano, i proventi saranno destinati a progetti d’abbellimento del paese.
Per il Vaso vengono acquistati 14.000 biglietti che verranno poi venduti
a 20 Lire l’uno. L’organizzazione coinvolge tutti i paesani, compresi quelli
residenti fuori paese, da Trieste alla lontana America ai quali il presidente
invia lettere chiedendo offerte in nome dell’amore per Caderzone «spero ci si
possa affidare alla buona comprensione di tutti coloro che l’estate vengono a godere
l’aria buona e pura del nostro paese, e sono certo, dato che tutti sono legati da passione ed amore pel proprio paese, voglio ben sperare non saranno proprio tutti rimasti
sordi all’avviso.» (questa missiva fu indirizzata al signor Carletto Sartori a Trieste 26 giugno 1949).
Far parte della Pro Loco significa essere di Caderzone, per questo tanti
paesani emigrati all’estero scrivono inviando soldi per la quota di iscrizione
e/o doni (“grazie”) per il Vaso della Fortuna
Dai documenti è facile immaginare Caderzone addobbato a festa con
bandierine ricavate da 100 fogli colorati e con 60 striscioni con scritto “W S.
GIULIANO” “S. GIULIANO PREGA PER NOI” “S. GIULIANO PROTEGGI LA TUA POPOLAZIONE”.
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A
Questo il programma: 31 luglio 1949 – Sagra di S. Giuliano
ore 10:
messa solenne. Dal coro locale verrà cantata la Messa a 3
voci virili di don Lorenzo Perosi
ore 12:
apertura del ricco vaso della fortuna pro società di abbellimento di Caderzone
ore 13:
arrivo del Corpo Musicale di Pinzolo
ore 14:
vespri solenni con processione del Santo
ore 16:
corse in bicicletta su un percorso di 10 chilometri
ore 17.30: salita albero della cuccagna
ore 21:
concerto in piazza della Banda di Pinzolo
ore 22:
grandi fuochi di artificio
Il ricavato lordo del Vaso è di 202.464 lire, il netto di £ 45.434.
Ma la neo-nata Pro Loco non si limita ad organizzare il Vaso della Fortuna, ha ben altro in cantiere, fra cui:
1. Arredo di un nuovo bar situato nella piazza centrale del paese. Nel modulo di licenza si legge: «A Caderzone esistono già tre osterie (avanti negli
anni si arriverà addirittura a sei n.d.r.), ed era desiderio di questa associazione di provvedere alla tanto sospirata iniziativa di far sorgere anche a
Caderzone un locale di Bar con macchina da caffè Espresso che a Caderzone
non è mai esistito.»
«Un bar di lusso – scrive Livio nella lettera di richiesta di contributi, - ma che
proprio mancava a Caderzone ora poi che di anno in anno l’incremento turistico si
manifesta e registra sempre nuovi aumenti ed anche per l’utilità stessa degli abitanti del luogo.” Il primo gestore del bar fu Virgilio Giustina (n.d.r.)
2. imbiancatura di dieci case sulla via principale
3. sistemazione di sentieri alpini
4. acquisto panche
5. costruzione Parco “Ruina” di circa 1000 metri quadrati.
6. cinema (nella sala del locale teatro comunale)
La macelleria stessa viene aperta per opera della Pro Loco che si incarica
di reperire il locale e di incoraggiare all’impresa il macellaio Botteri Vito di
Strembo.
Livio Polla in seguito diventa sindaco di Caderzone e stimola la Pro Loco
alla fondazione di una società per imparare a sciare. Si chiama “Società
Runchidin” società di aspiranti sciatori, aveva come scopo quello di ritrovarsi e di imparare insieme a sciare. Livio ricorda di essere stato l’apripista della
prima gara: «Campiglio iniziava il suo cammino di centro turistico invernale e noi
cercavamo di andargli dietro».
51
A
Marzo 1967, Sci Club Runchidin.
Il primo anno si conclude con un bilancio in attivo:
Bilancio di fine anno:
Utili:
fondo cassa di inizio dell’associazione:
utile ricavato lordo dal vaso della fortuna
contributo della regione di Trento
Spese varie (consistente quella inerente al bar:
£ 92.500 e quella per il vaso: £ 157.030):
300.830 - 280.827 = £ 20.003 attivo al 1 gennaio 1950.
63.366
202.464
35.000
£ 280.287
Di seguito vi proponiamo l’elenco dei primi soci della Pro Loco di
Caderzone. È un elenco lungo, ci piace riportarlo per intero perché certamente noi lettori ritroveremo il nostro nome o quello di persone conosciute:
11.Polla Livio
12.Polla Clementino
13.Facchinelli Lodovico
14.Mosca Felice
15.Mosca Mansueto
16.Polla Noè
17.Polla Fortunato
18.don Giuseppe Duchi
19.Amadei Teodorico
20.Antolini Mansueto
1. Amadei Achille
2. Sartori Abele
3. Sartori Cesare di Biagio
4. Sartori Amanzio
5. Sartori Domenico
6. Amadei Angelo fu Ernesto
7. Amadei Giuseppe fu Omobono
8. Sartori Vittorino
9. Falcone Roberto
10.Franzelli Giovanni
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A
21.Polla Giuliano
22.Sartori Severino fu Giacomo
23.Sartori Maurilio
24.Sartori Ilario
25.Amadei Attilio
26.Mosca Narciso fu Celeste
27.Amadei Vigilio
28.Amadei Mario
29.Salvadei Gabriele
30.Polla Benito
31.Polla Basilio
32.Sartori Gino fu Giuseppe
33.Giustina Sisto
34.Mosca Carlo fu Giovanni
35.Amadei Adamo
36.Mosca Luigi fu Antonino
37.Sartori Maria fu Adeodata
38.Mosca Onorio
39.Fiorentin Francesco
40.Sartori Giuseppe fu Giuseppe
41.Sartori Amadio di Santo
42.Mosca Davide
43.Sartori Giacomo di Biagio
44.Amadei Omobono
45.Moratelli Sisto
46.Moratelli Giuseppe
47.Moratelli Giuliano
48.Sartori Carlo fu Giovanni
49.Sartori Tomaso
50.Sartori Guido di Leonardo
51.Mosca Pietro
52.Giustina Virgilio
53.Polla Barnaba
54.Amadei Raimondo
55.Sartori Remo
56.Sartori Tullio
57.Sartori Raffaele fu Giacomo
58.Polla Gino di Aurelio
59.Polla Bruno di Aurelio
60.Polla Lino
61.Sartori Urbino
62.Amadei Severino
63.Polla Gustavo
64.Moratelli Giuseppina
65.Giustina Sergio
66.Mosca Severino di Massimiliano
67.Polla Gigioti
68.Polla Gemma
69.Sartori Tosca
70.Salvadei Fabiana
71.Sartori Giacomo
72.Mosca Guido
73.Sartori Giulio
74.Sartori Ettore
75.Sartori Aldo
76.Masè Paolino
77.Giustina Anselmo
78.Polla Nella
79.Polla Iole
80.Mosca Celeste
81.Masè Mafalda
82.Sartori Mansueto
83.Polla Vito
84.Salvadei Massimo
85.Sartori Raffaele
86.Polla Giovanna
87.Sartori Renata
Degli 87 soci di allora, 17 sono attualmente viventi.
Salta agli occhi il numero ridotto delle donne. «Ma una volta – ricorda
Tosca Sartori – le donne non si occupavano di queste cose. Noi eravamo le più emancipate».
53
A
Nel prossimo numero del Garzonè dedicheremo spazio agli anni che
vanno dal 1949 ad oggi. Abbiamo scelto di dedicare più spazio all’anno della
fondazione perché riteniamo che lì stiano le radici di ciò che oggi è la Pro
Loco.
Parlare del passato della Pro Loco è parlare della gente di Caderzone. Si
riscoprono tanti nomi, volti, persone che hanno fatto e che (in parte) ancora
fanno la storia di Caderzone. Scrivere di loro è il modo che il direttivo attuale
ha scelto per ricordarli e ringraziarli per tutto il loro operato.
Chiunque avesse notizie, ricordi, aneddoti legati alla Pro Loco è gentilmente pregato di comunicarli alla redazione del Garzonè presso il Municipio
di Caderzone.
Per la Pro Loco
Martina Polla e Rosanna Polla
... Estate 1998
54
A
Gruppo S.A.T. Val Genova
Il Gruppo S.A.T. Val Genova, che raccoglie i satini di Bocenago,
Caderzone e Strembo all’interno della Sezione Carè Alto, da un paio d’anni
ha ripreso lentamente l’attività. Nonostante la “vecchia guardia”, che ha fondato il gruppo e l’ha mantenuto vivo ed operante dagli anni Ottanta fino al
1999, si sia purtroppo quasi interamente ritirata, il Direttivo subentrato si è
dato da fare puntando sulla passione per la montagna e sul naturale entusiasmo iniziale di un gruppo di giovani.
Nel corso del 2001 la S.A.T. Val Genova ha intrapreso diverse iniziative
che vanno dalla manutenzione e revisione della segnaletica di alcuni sentieri
all’organizzazione di due importanti manifestazioni quali il Raduno scialpinistico sull’Adamello e il Km verticale a Caderzone.
L’esperienza maturata dal Direttivo subentrato durante questo periodo
iniziale di attività però è stata piuttosto avara di soddisfazioni, infatti il gruppo di volenterosi collaboratori si è progressivamente ristretto e soprattutto
non si è riscontrato l’apprezzamento e l’entusiasmo dei soci residenti nei nostri tre paesi, testimoniato dalla scarsa adesione alle nostre proposte.
Con questi presupposti è stata quindi convocata l’Assemblea Ordinaria
che si è svolta l’8 febbraio scorso all’oratorio di Caderzone alla quale sono
intervenuti 28 soci che hanno eletto il nuovo gruppo che guiderà la S.A.T. Val
Genova per i prossimi 3 anni.
Il Direttivo, ora composto da Luca
Leonardi (Presidente), Manuel Sartori
(Vicepresidente), Matteo Amadei (Segretario), Tiziano Amadei, Daniele Masè, Mario
Sartori e Federico Polla, ritiene doveroso ringraziare il Presidente uscente Fabrizio Polla,
l’ex segretario Tullio Sartori ed i soci che non
fanno più parte del Direttivo per l’impegno
dimostrato, continuando a contare sulla loro
collaborazione come sull’appoggio di tutti i
soci che verranno sicuramente coinvolti nell’organizzazione delle iniziative proposte da
questo, sempre aperto, gruppo di appassionati della montagna.
L’arrivo del Km verticale.
Per il direttivo Federico Polla
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A
Compagnia Schützen Val Rendena
Per la nostra Compagnia Schützen Val Rendena l’anno che si è concluso
è stato molto intenso e ricco di soddisfazioni. Accanto ai soliti impegni di
calendario, che ogni anno ci vedono presenti a commemorazioni ufficiali,
feste, anniversari e sagre patronali, l’11 novembre 2001 eravamo a Rovereto
presso la Campana dei Caduti dove abbiamo partecipato ad un grande ed
esaltante appuntamento commemorativo.
Per la prima volta nella storia, tutte le 14 Compagnie Schützen del Trentino hanno ricordato i caduti della Grande Guerra presso la Campana “Maria
Dolens”, questo grazie all’impegno ed all’interessamento della Compagnia
Schützen di Rovereto. Ci siamo trovati in 300 nel primo pomeriggio davanti
al parcheggio esterno, dove siamo stati accolti dal capitano Carlo Piazza, dal
sindaco della città Roberto Maffei, dal consigliere provinciale Carlo Andreotti,
dal comandante degli Schützen trentini Carlo Cadrobbi e dal comandante
della Croce Nera Austriaca Carl Majer i quali hanno reso onore alle bandiere
schierate prima della sfilata verso il piazzale della Campana.
Qui è stata officiata la Santa Messa dal Decano di Rovereto, al termine
della quale hanno preso la parola le autorità presenti che hanno espresso
parole di elogio e di ringraziamento verso gli organizzatori e verso gli
Schützen che ogni anno ricordano i caduti di tutte le guerre, un importante
gesto simbolico che vuol
essere monito specialmente verso i giovani affinché si rendano promotori per la pace tra i popoli. Tutti i presenti hanno vissuto un momento
di grande commozione
quando
l’imponente
Campana “Maria Dolens”
ha scandito i suoi mesti e
cupi rintocchi che la fredda brezza novembrina ha
portato lontano.
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A
Golf Val Rendena…
la carta vincente per un ritorno
d’immagine importante
Il campo Golf Val Rendena
è una realtà. Il 29 e 30 luglio 2001
la trentina Adriana Volpe e
Arianna David miss Italia 1993,
assieme al campione italiano di
golf Costantino Rocca, hanno
tenuto a battesimo il Golf Val
Rendena, Don Gianni ha benedetto campo e club house ricordando che lo sport «ci ristora e rigenera e ci pone in armonia col creato e col
Creatore». Accanto a loro i due principali artefici del «miracolo» come è stato
più volte definito, Angelo Tisi e Marcello Mosca, affiancati dagli assessori
provinciali Iva Berasi e Remo Andreolli, dai tre sindaci direttamente interessati Mauro Alberti, Maurizio Polla e Alfonso Fantoma. Presenti anche gli amministratori di Carisolo, Pinzolo, Giustino, Massimeno, Spiazzo, Vigo
Rendena, gli onorevoli Luigi Olivieri e Ivo Tarolli, il presidente dell’APT
Riccardo Maturi, i rappresentanti delle Casse Rurali della Valle, delle Funivie Madonna di Campiglio, degli operatori locali tra cui i 16 albergatori, i 170
proprietari dei terreni ed i 300 soci finanziatori che hanno creduto nel golf.
Unanime il commento «la realizzazione del campo golf è un importante
passo per la Val Rendena che finalmente ha saputo dimenticare i campanili
ed ha imboccato una strada giusta per un futuro migliore».
Osservando i risultati odierni molti stenteranno a credere che questo
splendido campo si sviluppa sull’area dell’ex discarica della Maffei. Un risultato che ha permesso alla Val Rendena di “guadagnare” un’area di alto
prestigio.
«Questo campo è un sogno» commenta soddisfatto Maurizio Polla, il
sindaco di Caderzone che nell’autunno del 1990 si trovava a Seefeld in Carinzia
in compagnia di Giuseppe Maestranzi. «Vicino al paese c’era un bel campo
da golf, ci spiega Polla, era pieno di gente e si stava molto bene, tanto che
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A
decidemmo di provare a giocare». Nel corso della partita Maurizio Polla uscì
con la battuta «ma questo campo ci sta anche a Caderzone!» Da questa frase
buttata lì è nato e si è sviluppato un progetto tra i più importanti della Val
Rendena.
«Tornato a Caderzone, continua Maurizio Polla, chiamai l’architetto
Guido Masè perché inserisse nel PRG del paese il campo da golf». Detto fatto
nel 1991 Maurizio Polla, Armando Mortara, Alfredo Amadei, Gastone
Cominotti, Giuseppe Maestranzi ed il dottor De Prez fondarono l’associazione Golf Club Rendena. Un progetto partito col campo per la pratica del golf
nei pressi della zona verde di Caderzone ed ora sviluppatosi verso Bocenago
e Strembo. «È una bellissima macchia di verde nel verde, commenta soddisfatto Maurizio Polla. Un campo che non ha nulla di artificioso ma che è stato
realizzato solo migliorando il terreno».
Tra le molte parole di soddisfazione che hanno caratterizzato i discorsi
ufficiali, il sindaco di Bocenago, Mauro Alberti, ha lanciato l’idea «di proseguire col campo oltre il rio Varcè e realizzare altre nove buche». Una proposta che i dirigenti del Golf Val Rendena accarezzano da tempo e che li vede
già impegnati a proseguire in questa direzione. «L’idea ci spiega il presidente
della srl Marcello Mosca, è allo studio da alcuni mesi, convinti come siamo
che le nove buche sul territorio di Giustino, rappresentino il giusto
completamento del golf Rendena.»
I numeri parlano chiaro, nella stagione d’esordio il nuovissimo Golf Val
Rendena è stato molto gettonato: si sono disputate 26 gare a cui hanno partecipato circa 1300 giocatori provenienti da molte parti d’Italia e da alcuni Paesi esteri come Germania,
Austria e Inghilterra. «Ad
agosto, ci conferma il direttore Emanuele Mariotti, abbiamo avuto un’ottima
frequentazione del campo,
abbiamo superato i 1500
golfisti che hanno giocato
nei giorni in cui non abbiamo svolto delle competizioni».
«Nel corso dell’estate,
spiega Angelo Tisi, abbiamo registrato l’onda lunga
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A
della spettacolare inaugurazione, un evento
che ha catalizzato sul nostro Golf e sulla Val
Rendena l’attenzione della stampa nazionale che, insieme a quella locale, ha contribuito a farci conoscere.»
«La curiosità di giocare su un nuovo
green, afferma sorridente Marcello Mosca, è
stata un’irresistibile calamita nel mondo
golfistico che, aggiunto alla presenza entusiasta del campione italiano Costantino Rocca, ha generato quell’inevitabile passa-parola
che ha messo la pulce al naso a parecchie persone che si sono “prese il tempo” di venire
in Val Rendena e giocare sul nostro green».
Ma, accanto ai golfisti-turisti, i responsabili
del Golf Rendena hanno avvicinato anche la gente della Val Rendena con
offerte irrinunciabili. Nel corso dell’autunno il Golf Rendena ha fatto il pieno
di giovani golfisti locali attraverso la proposta di offrire lezioni gratuite ai
ragazzi della Val Rendena. E così gli scolari dalla quarta elementare alla terza
media hanno risposto bene, allargando a macchia d’olio l’entusiasmo per
questo nuovo campo golf.
I giovani golfisti della Val Rendena seguiti dal maestro federale Federico Gnavi hanno iniziato con i tiri piazzati, imparando a colpire la pallina,
ad assumere la corretta posizione di tiro, e passando poi ai tiri in buca hanno
affinato tecnica e concentrazione.
Ricco il programma per il 2002, accanto alle molte competizioni in cartellone, dal 10 al 12 aprile si terrà “Golf Clinic” con il campione italiano
Costantino Rocca, un appuntamento davvero speciale per gli appassionati di
Golf.
Il 13 aprile 2002 si svolgerà la seconda edizione della Pro Am “un Birdie
per la vita” che, con la partecipazione di Costantino Rocca, mira a ripetere lo
splendido risultato ottenuto lo scorso 30 luglio 2001 quando, sul green Val
Rendena, alla presenza del campione italiano, sulla distanza delle 18 buche,
si sono affrontati 18 professionisti affiancati a 49 dilettanti per un totale di 18
squadre. Questa manifestazione sportiva a carattere benefico, è organizzata
a favore dell’Associazione “un Birdie per la vita” presieduta da Antonella
Mazzoleni, che ha recentemente nominato Delegato Regionale del Trentino
Alto Adige il presidente del Rendena Golf Club Angelo Tisi.
Walter Facchinelli
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Iniziative
E
cclesiali
Apriamo la nostra famiglia
ai bambini bielorussi!
Spesso, dalle pagine del nostro notiziario comunale, abbiamo parlato
dei bambini bielorussi che, annualmente, vengono ospitati in Val Rendena.
Questa volta lo facciamo a voce più alta: c’è bisogno di nuove famiglie
disposte ad aprire la porta della propria casa a dei bambini provenienti dalla
Bielorussia.
Alcune notizie tratte dal bollettino del Comitato:
“La Fondazione ha recentemente effettuato un monitoraggio su un certo numero di centri in cui vengono ospitati i minori bielorussi, minori
orfani, orfani sociali o provenienti da famiglie che vivono in situazioni di disagio, minori affetti da handicap, al fine di conoscere le reali necessità di queste
strutture, di coloro che in esse
sono ospitati e di coloro che qui
svolgono la propria attività; il
tutto per dare risposte il più possibile precise e concrete alle loro
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E
necessità. Sono stati visitati e monitorati 33 Istituti sui 200 esistenti in Bielorussia,
dove risultano ospitati 5.629 minori, un campione sicuramente affidabile della realtà
degli Istituti minorili in Bielorussia.
Partendo da questi dati e rapportandoli ai 200 Istituti esistenti, si presume che
i minori ospitati in istituti in Bielorussia raggiungano le 34.000 unità che,
rispetto alla popolazione di 12.000.000 di abitanti, risulta essere il 3% della popolazione.
Dato su cui è necessario riflettere con attenzione.
Il lavoro di rilevamento fatto, vuole essere uno strumento operativo per chi,
associazioni di volontariato, istituzioni pubbliche, singoli privati, voglia fare qualcosa per migliorare le condizioni di vita dei minori ospitati in Istituto in Bielorussia
(…)Le condizioni strutturali e manutentive degli edifici, anche di recente costruzione, sono estremamente precarie e inadeguate. I servizi igienici sono insufficienti in
ogni Istituto ed in condizioni estremamente precarie dal punto di vista manutentivo”
A questo proposito la Fondazione ha in atto un progetto chiamato “vacanza-lavoro”. A questo progetto possono aderire tutti coloro che vogliono
spendere una decina di giorni nel mese d’agosto per recarsi in Bielorussia e,
con il loro lavoro, contribuire a migliorare le condizioni degli istituti. Il motto
è “se non sono matti non li vogliamo”. Questo per sottolineare che, per lavorare anche durante il periodo delle ferie bisogna essere proprio “matti” chiaramente in senso buono. Bisogna cioè essere mossi da uno spirito d’altruismo che spinge a donare il proprio tempo per il bene altrui.
Nella nostra vita quotidiana non sempre notiamo tutto ciò che sta accadendo perché tante cose escono dalla sfera dei nostri interessi. Ma il mondo
va avanti, sempre, grazie agli sforzi comuni della gente unita per cause nobili, che non cerca né gloria né onori. Il mondo è freddo senza la bontà e l’amore. Quando nel nostro cuore c’è amore nasce il desiderio di fare qualcosa di
utile e di necessario, non solo per se stessi ma anche per gli altri. L’attività di
solidarietà è la via più breve per realizzare il desiderio di aiutare la gente. La
Fondazione italiana “Aiutiamoli a Vivere” esiste già da otto anni e si occupa
proprio di questo: solidarietà.
Il primo gruppo di bambini accolto in Italia, nel 1992, era composto da
diciotto minori e quest’anno, tramite la fondazione “Aiutiamoli a vivere”,
sono venuti in Italia circa seimila ragazzi e ragazze bielorussi.
In Trentino i vari comitati (tutti facenti parte alla medesima fondazione)
hanno potuto ospitare 819 bambini di cui 14, nel recente mese di ottobre,
nella nostra Valle (4 a Caderzone).
61
E
Secondo le regole della nostra fondazione i bambini che hanno genitori
propri possono venire in Italia non più di tre volte, ed i ragazzi delle scuole
internati fino ai quindici anni di età.
Qual è l’impegno?
Nella mia famiglia arriva un bambino per un mese.
È un bambino che, la maggior parte delle volte, ancora non sa parlare e
non capisce la nostra lingua. Che arriva senza valigie, senza vestiti, senza
giochi. È un bambino che ha passato la sua vita in un istituto. Che, nella maggior parte dei casi, non ha mai conosciuto l’esperienza di una famiglia, dell’abbraccio di una mamma, di un papà. Di un bambino che, tante volte, è
debole, con poche difese immunitarie (fatto questo dato dalla presenza delle
radiazioni nucleari).
Nella mia famiglia arriva un bambino per un mese.
È un bambino che ha bisogno essenzialmente di amore, di attenzione. È
un’esperienza bellissima, gratificante ma anche impegnativa, richiede disponibilità costante di almeno un membro della famiglia, di pazienza (i bambini
arrivano da situazioni di vita molto difficili), di affetto ma anche di distacco
emotivo.
È anche possibile contribuire al bene di questi bambini diventando famiglia d’appoggio.
Il ruolo di queste famiglie è molto importante. Non ospitano direttamente un bambino ma danno la propria disponibilità ad accogliere i minori
in caso di problemi della famiglia ospitante (anche solo per qualche ora). Altri modi per aiutare sono il sostegno economico alle attività della Fondazione
e il dono di materiale igienico-sanitario o vestiario.
Sono tanti i bambini che stanno aspettando che una famiglia italiana
dica sì al loro arrivo.
Può la tua famiglia essere una di queste?
Allora telefona al numero 0465.804430 (Orazia Messina Panaro, presidente del Comitato Rendena) per avere informazioni più dettagliate.
Grazie a nome di Hassan, di Serghiei, di Katia di Slava e di tutti i loro amici.
A cura di Rosanna Polla
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G
E
iovani idee
Giovani di Caderzone
volete saperne di più?
Venite venerdì 22 marzo
alle 20.30
nella sala a pianoterra
del Municipio
La Redazione
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A
ttualità
Terme Val Rendena …
Caderzone punta a diventare
mèta della “vacanza del benessere”
Ma cosa sono le Terme?
Sicuramente molti di voi si sono posti questa domanda, cercando risposte che si sono rivelate insufficienti a placare le molte curiosità ed aspettative
che questa nuova struttura porta con sé.
In un sol termine le “Terme” rappresentano un’opportunità per tutti gli
abitanti di Caderzone, dal bambino all’anziano, passando per l’operatore turistico a quello commerciale fino ad arrivare ai proprietari di seconde case.
Una domanda, quella iniziale che non ha una sola risposta e così abbiamo
deciso di stendere questo scritto a tre mani con
l’obiettivo di chiarire
proprio a voi Caderzoni
cosa sono e cosa rappresentano “le Terme Val
Rendena”.
La storia
Le proprietà salutari dell’acquaforte Sant’Antonio sono note fin
dai tempi antichi e sono
provate nei documenti
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A
custoditi nell’archivio parrocchiale e comunale dove
si racconta che il Principe
Vescovo di Trento Carlo
Emanuele Madruzzo dal
1649 e per le successive cinque estati «si dissetava, oltre che con il vino portato
dalla Valle dei Laghi, anche
con l’acqua di ferro che scaturiva dal monte sovrastante Caderzone».
Con l’avvento dell’impero Austro-Ungarico iniziarono i primi approcci ed i successivi tentativi per
utilizzare a fini terapeutici e turistici l’acqua della sorgente Acquaforte di
Sant’Antonio.
Il decreto n° 18/1953 del Presidente della Giunta Regionale, concesse al
Comune di Caderzone il diritto d’utilizzo dell’acqua minerale per 30 anni,
dando avvio ad analisi e ricerche chimico – fisiche effettuate dall’istituto Chimico G. Ciamician dell’università di Bologna su campioni d’acqua minerale
prelevati dal febbraio 1954 al gennaio 1957.
Negli anni successivi una società appositamente costituita acquistava
dal Comune di Caderzone la concessione per lo sfruttamento dell’acqua minerale e predisponeva i progetti per la costruzione dello stabilimento termale. La morte di uno dei due soci bloccò tale iniziativa fino all’anno 1974, quando
una nuova società di Trento richiedeva al Comune di Caderzone l’utilizzo di
detta sorgente. La relativa concessione fu negata. Nel 1993 il Consiglio Comunale di Caderzone deliberò di attivare tutte le procedure necessarie per
concretizzare lo sfruttamento dell’acqua minerale termale Acquaforte di Sant’Antonio attraverso la realizzazione di uno stabilimento termale nel centro
storico dell’abitato.
Nel corso dell’anno 1994 furono effettuate, per ogni stagione climatica,
le necessarie analisi chimiche e batteriologiche dell’acqua e fu richiesto il rinnovo della concessione mineraria alla Giunta Provinciale di Trento. Nello
stesso anno venne contattata anche la Clinica di Farmacologia diretta dal dottor
Mario de Bernardi di Valserra dell’Università degli studi di Pavia, al fine di
effettuare gli opportuni studi farmacologici e clinici necessari per la registrazione dell’acqua termale presso il Ministero della Sanità.
Accanto ai risvolti storici che attestano una precisa opportunità che aspet-
65
A
tava d’esser colta, vorremo chiarire che le Terme a Caderzone sono possibili
perché accanto allo sfruttamento dell’acqua abbiamo saputo affiancare un
contesto che valorizza e promuove anche questo aspetto.
Il contesto
Il turista non si accontenta più solo dell’ambiente, anche se questo riveste un’importanza basilare nella scelta del luogo
delle proprie vacanze, ma,
in aggiunta, va alla ricerca di offerte valide e soprattutto qualificate che
sappiano coinvolgerlo ed
interessarlo nei vari momenti della giornata o nei
“fuori stagione”.
Quest’inverno senza neve o lo scenario di un’estate molto piovosa ci
pongono di fronte alla triste realtà di una Val Rendena impreparata a gestire
un’accoglienza del turista in situazioni impreviste.
Solo in momenti di crisi ci si accorge dell’importanza di una proposta
alternativa che riuscirebbe a risollevare le sorti di un’economia valligiana
boccheggiante.
In quest’ottica il nuovo campo Golf Val Rendena, le piste ciclabili che
collegano l’intera Valle, il prossimo spostamento della Strada Provinciale
dall’abitato, l’ambiente del Parco Naturale Adamello Brenta, la zona agricola, le strutture recettive, il centro congressuale-mostristico nelle scuderie del
Palazzo Lodron-Bertelli, il neo-nato Museo della Malga ed il nuovo stabilimento Termale che sta sorgendo nel rione Lodron-Bertelli costituiscono i tasselli di un mosaico che ci presenta Caderzone come il luogo ideale per una
vacanza in qualsiasi periodo dell’anno.
L’invocato allungamento della stagione turistica non è più un’utopia,
ma è una realtà che siamo noi a costruire quotidianamente.
Le molte opportunità
Sarebbe un errore pensare che il nuovo stabilimento termale sarà realizzato «per i turisti». Non è un centro benessere per pochi eletti.
Come avremo modo di vedere più avanti, le proprietà terapeutiche del-
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A
l’acqua Sant’Antonio interesseranno
moltissimi di voi,
ma vorremmo soffermare la vostra attenzione sulle proprietà economiche e
sociali delle Terme.
Aprire uno stabilimento termale
significa
avere
un’utenza che non
segue le stagioni,
che preferisce i periStrembo, l’antico ripartirore delle acque del palazzo Lodron-Bertelli.
odi più tranquilli
dell’anno, che non si limita a soggiornare in week end sempre più brevi con
arrivo il venerdì e partenza la domenica sera.
Andare alle Terme significa adeguarsi ad un periodo di cura, sottoporsi
ad un ciclo di applicazioni e quindi, anche da parte nostra è necessario ridimensionare le nostre disponibilità ed aspettative.
Le terme sono un volano economico, dall’occupazione diretta nella struttura a quella indotta sul territorio comunale prima, della Val Rendena poi.
Tutte le realtà economiche ne saranno avvantaggiate, solo se sapranno
cogliere le opportunità date dall’utenza che usufruirà dello stabilimento termale.
L’adiacente struttura congressuale delle scuderie Lodron-Bertelli sarà
un’ottima opportunità per catalizzare convegni medici, incentrati sulla terapia dell’acqua ma anche su altre patologie. Molti ricorderanno l’ottima riuscita del congresso del Legamento Crociato Anteriore svoltosi nella primavera del 2001.
La cultura dell’accoglienza
Tra pochi mesi Caderzone e i comuni limitrofi potranno fregiarsi di un
Centro Termale Curativo e conseguentemente potranno arricchire il loro
marketing turistico con un pacchetto di offerte più forte e più accattivante. Se
questo è vero e all’apparenza semplice, di fatto l’appartenere ad un territorio
termale comporta una serie di misure e di comportamenti che non sono né
scontati né immediatamente raggiungibili.
Un Centro Termale non si esplicita e non si configura esclusivamente
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A
nella struttura dello
stabilimento di cura,
ma è corredato da un
insieme di azioni e di
infrastrutture sul territorio che definiscono un vero e proprio
Sistema termale.
La cura con l’acqua, ovvero la
crenoterapia, è una
pratica molto antica e
molte località turistiche sono sorte, alcuni secoli fa, proprio
per la presenza di acque singolari che conferivano particolari benefici a chi ne faceva uso. In queste località, la necessità di dare ospitalità ai frequentatori delle Terme ha favorito un crescente sviluppo turistico costituito da strutture alberghiere, centri residenziali, infrastrutture sportive e ludiche e parchi pubblici.
Questa continua trasformazione degli insediamenti, unita alla ricerca di
realizzare degli ambienti piacevoli e gradevoli agli ospiti, poco a poco ha
mutato anche il comportamento degli abitanti locali. La bellezza dell’ambiente,
la funzionalità dei servizi e le peculiarità dell’acqua erano sì importanti, ma
altrettanto importante era il comportamento, il senso d’ospitalità, che ognuno doveva esprimere nel confronto dei clienti.
Questo modo di comportarsi e di porsi nei confronti di chi viene da lontano per godere dei benefici terapeutici dell’acqua è talmente consolidato che
in tutti i centri termali e turistici in genere è considerato normale. Certo, per
chi da molto tempo vive quest’esperienza e conosce i benefici economici e di
qualità della vita, l’ospitalità è diventata un fatto naturale e scontato.
Per noi Caderzoni che siamo in linea di partenza, la questione può sembrare un po’ più complicata anche se, già da diversi anni, la nostra economia
è basata principalmente sul turismo e quindi le relazioni con persone esterne
stanno diventando sempre più consuete e frequenti.
Il benessere fisico che il cliente termale ricerca attraverso le cure date
dalle qualità salienti della nostra acqua, sarà potenziato se il suo soggiorno è
distensivo, rilassante e se i contatti umani saranno positivi ed improntati sulla cordialità e sulla disponibilità.
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A
Molti studi sociali e statistici hanno dimostrato che il risultato di una
cura termale è direttamente proporzionale al gradimento del soggiorno, alla
piacevolezza dell’ambiente in cui si svolge la cura, all’ospitalità ed alla cordialità della gente che vive nella località che li ospita.
Se per un momento ci poniamo nei panni degli ospiti, anche noi abbiamo molte aspettative spesso inespresse. Appena giungiamo nella località
prescelta per il nostro soggiorno con severità valutiamo la corrispondenza
tra quanto ci è stato presentato in sede di offerta e quanto effettivamente
riscontriamo nella realtà. Ma la nostra vacanza non si consuma nelle quattro mura di una stanza, come esploratori andiamo alla scoperta del territorio ispezioniamo negozi e luoghi pubblici, cerchiamo l’ufficio informazioni,
la farmacia e quant’altro. In poche parole “mappiamo il territorio che ci ospita”, a quel punto ci apriamo ai contatti umani, apprezziamo la cordialità di
un sorriso e di un saluto, ci sentiamo orgogliosi di non esser considerati con
ostilità ed indifferenza, non siamo degli impiccioni che affollano strade e
piazze, negozi e locali. Magari oggi non acquistiamo nulla, ma domani o qui
o là prenderemo qualcosa. Certamente eluderemo il commerciante col broncio, quello che ci guarda sottecchi e favoriremo quelli che si dimostrano cordiali. Alla nostra partenza soppeseremo tutto e stenderemo il nostro verdetto,
spesso implacabile, che bolla o promuove questo luogo di vacanza. E, al ritorno a casa, sarà un gran parlare di come siamo stati, di quello che abbiamo visto e come siamo stati trattati.
Anche gli esperti sostengono che il miglior veicolo pubblicitario di un
qualsiasi prodotto sia il passaparola, la comunicazione diretta da una persona all’altra che elogia gli aspetti positivi e premia una scelta rispetto ad
un’altra.
È necessario che
tutti assieme facciamo uno sforzo per
avere una cultura
dell’accoglienza
aperta e sincera in
modo che Caderzone
sia ricordato come il
luogo ideale per le
vacanze, una località
che consente una vera
e autentica ricarica
psicofisica.
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A
Dobbiamo unire gli sforzi per far nascere e far crescere un autentico sistema termale formato sì da un moderno ed efficiente stabilimento termale,
ma inserito in un paesaggio bello e ordinato, impregnato della cultura dell’ospitalità a cui si accennava poco sopra. Le componenti di questo sistema
sono importanti, inscidibili e devono interagire al punto che ognuna tenga
conto delle altre. Solo così l’obiettivo dello sviluppo economico – sociale della nostra Comunità ed il successo dell’iniziativa termale della fonte di Sant’Antonio potranno essere raggiunti in breve tempo.
Gli aspetti medici
L’esigenza di migliorare la
qualità della vita investe oggi la
maggioranza degli individui.
Primeggia l’attenzione prestata
al proprio benessere in senso
lato, mostrando grande interesse
e sensibilità per tutte quelle proposte che mirano a ripristinare
un equilibrio psicofisico e che
contribuiscono a far divenire
sani, belli e longevi.
... l’Acquaforte
Ecco allora che leggere sulle
borse della spesa “S TABILIMENTO T ERMALE A CQUA DI S ANT ’A NTONIO DI
CADERZONE - prossima apertura” stimola la curiosità; la gente inizia a domandarsi a cosa serve quest’acqua e come verrà organizzato lo stabilimento in
costruzione e spesso non siamo in grado di dare o di darci una risposta
esaudente.
Di certo si sa che la fonte è sempre stata nota ai Caderzonesi come acqua ferruginosa o “acquaforte” dal gustoso e particolare sapore da poter
gustare all’ombra di un albero “sal Gac’ da Pomasera”.
Per cosa sarà indicata l’acqua?
Con riferimento alle proprietà terapeutiche dell’acqua “Sant’Antonio”,
la stessa può essere impiegata in più campi.
Acqua da bere: cure idropiniche
Per acqua termale si intende un’acqua veramente pura e non interessata dall’inquinamento delle falde acquifere con caratteri organolettici di
gradevolezza. Accanto a queste virtù proprie le acque minerali naturali
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A
possiedono, in diversa misura, delle specifiche attitudini aventi carattere
terapeutico che possono essere sfruttate in svariate situazioni di ordine patologico.
Complessivamente dalle analisi effettuate risulta che l’acqua sorgente
“Acquaforte S.Antonio di Caderzone” si presenta “limpida, incolore, dall’odore e sapore caratteristici” pertanto è da considerarsi “oligominerale”
con prevalenza ionica solfato calcica.
Per il ridotto contenuto di sodio è un’acqua che rientra fra quelle indicate nelle diete povere di sodio.
Dallo studio delle proprietà biologiche risulta svolgere una buona e
pronta azione diuretica che si accompagna ad una chiara eliminazione delle
scorie azotate e puriniche (tipiche nei sofferenti di gotta) e ad una migliore attività digestiva.
Acqua da respirare: cure otorinolaringoiatriche
L’utilizzo delle acque termali a scopo inalatorio nel trattamento delle
patologie di pertinenza
otorinolaringoiatrica si avvale di diversi metodi di somministrazione:
inalazioni calde a getto diretto, inalazioni con apparecchi per aerosol con
forcella nasale o oro-nasale; polverizzazioni in ambiente, irrigazioni delle
cavità nasali e sinusali e docce nasali micronizzate. Le varie metodiche di
somministrazione presentano differenti capacità di distribuzione dell’acqua
termale sulla superficie rino-faringolaringea a seconda della dimensione dei
granuli dell’aerosol; maggiore è la dimensione delle microgocciole meno distanza percorreranno all’interno delle
vie respiratorie.
In particolare per le alte vie aeree
verranno inalate particelle più grosse
mentre per le vie profonde, bronchi,
bronchioli, alveoli polmonari, saranno
indicate particelle a granulometria inferiore.
Tra le patologie otorinolaringoiatriche per cui il Sistema Sanitario Nazionale garantisce il trattamento con le acque termali, ricordiamo la rinite
vasomotoria, la faringite catarrale cronica, la sinusite cronica, la laringite cronica.
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A
Gli effetti delle acque minerali per uso inalatorio sono strettamente dipendenti dalle caratteristiche di queste.
Riportando degli esempi per chiarire quanto detto, le acque minerali
sulfuree (es. Sirmione) sono rivolte soprattutto al trattamento di affezioni
cosiddette produttive (sierosa, siero-mucosa, muco-purulenta), vista la capacità mucolitica dello zolfo bivalente di fluidificare gli essudati favorendone l’eliminazione.
Opposto è il meccanismo d’azione di acque salso-bromo-iodiche
(Salsomaggiore, Ischia, Montecatini) le quali hanno invece la capacità di richiamare liquidi verso la superficie mucosa e trovano impiego quindi nelle forme non produttive, secche.
Ben più varia è l’azione di altre categorie di acque minerali nel trattamento delle affezioni dell’albero respiratorio.
L’acqua di Caderzone è un’acqua oligominerale di tipo ferruginoso e
può trovare indicazione nel trattamento per via inalatoria di quelle
patologie delle prime vie aeree caratterizzate da fenomeni di ipo/atrofia
epiteliale primitiva o conseguente ad esposizione ad agenti irritanti, in
quanto si è dimostrata in grado di determinare una buona umidificazione
delle mucose sottoposte a trattamento inalatorio.
Si può quindi indicare nei seguenti quadri morbosi:
· faringo-laringiti catarrali croniche atrofiche
· rinopatia vasomotoria
· sindromi rinosinusitiche croniche
Quanto costeranno le cure?
Le cure sono convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale nelle proporzioni stabilite dallo stesso. Per accedere alle cure termali convenzionate è
necessaria la prescrizione del medico specialista nella quale dovrà essere indicata il tipo di cura a cui il paziente dovrà sottoporsi e la diagnosi.
Durante il primo giorno verrà comunque effettuata una visita da parte
del medico presente nello stabilimento al fine di accertarsi sulle condizioni di
salute del paziente.
Nel centro storico dell’abitato, più specificatamente nell’ambito del Palazzo Lodron - Bertelli e delle relative pertinenze l’ambiente che ospiterà i
reparti ben si concilia con la necessità di quiete e rilassatezza.
L’ospite verrà accolto al pian terreno del nuovo stabilimento dove potrà
accedere alla fontanella di erogazione dell’acqua termale per la cura idropinica.
L’ambiente soggiorno si aprirà verso l’esterno per consentire all’ospite di
passeggiare tranquillamente per il giardino sorseggiando l’acqua. Il percorso
72
A
proseguirà al piano superiore, primo piano, sede delle attività di cura e come
tale destinato ad accogliere l’ambulatorio medico per le visite specialistiche e
gli ambienti per le cure otorinolaringoiatriche con innovative postazioni per
le applicazioni aerosol e docce nasali.
Il secondo piano dell’edificio sarà organizzato in modo da costituire più
ambienti destinati alle seguenti pratiche salutistiche; oltre ad un altro ambulatorio medico specialistico verranno trattate a questo livello patologie quali
vasculopatie periferiche con stanze per bagni termali affiancate da ambienti
per il relax nonché da salette per massaggio distrettuale o generale eseguito
manualmente da personale qualificato.
Coloro che volessero ulteriori informazioni a riguardo possono rivolgersi a: dott. arch. Maurizio Polla presso il Comune di Caderzone 0465.804214
oppure alla dottoressa Lorenza Ventura 329.0506965.
Conclusioni
Siamo fermamente convinti che lo sforzo sostenuto dall’amministrazione comunale dovrebbe lanciare Caderzone e la Val Rendena in un nuovo
scenario turistico, dal momento che tutte le proposte sono rivolte a soddisfare le richieste di relax e tranquillità, di vita salubre a contatto con la natura,
per combattere lo stress che la società moderna crea in tutte le persone.
Le cosiddette “vacanze benessere” stanno conoscendo in quest’ultimo
periodo una notevole espansione a livello nazionale ed estero, in tale ottica il
Comune di Caderzone pensa di potersi proporre in modo valido e professionale.
Le prospettive sono buone, purché le Terme siano sentite e condivise
dalla gente. Solo così i molti progetti realizzati in questi anni a Caderzone
potranno interagire tra loro ed offrirsi in un unico contesto accogliente ed
invitante. Lo stabilimento termale assume così il ruolo di “punto di connessione” con gli altri progetti, che sono molto validi singolarmente, ma divengono ancor più interessanti se considerati in un’ottica più ampia e globale. Se
le terme, il museo della malga, il centro congressi, il campo golf, le strutture
recettive, economiche e sociali saranno capaci di interagire tra loro, l’offerta
turistica risulterà completa ed accattivante.
Concludiamo affermando che la Fonte Acquaforte sarà una fonte di
denaro, di cultura e di ospitalità solo se sapremo cogliere le molte opportunità di questo importante progetto.
A cura di Lorenza Ventura,
Maurizio Polla e Walter Facchinelli
73
A
A Monsignor Mario Zanchin
il filò di San Biagio 2001
Nel gennaio 2001 il Consiglio comunale di Caderzone aveva deliberato
di insignire del “Filò di San Biagio” per l’anno 2001 monsignor Mario Zanchin,
Vescovo emerito di Padova.
Cogliendo l’opportunità della presenza di Monsignor Zanchin presso la
“Casa per Ferie”, il 7 agosto 2001, una delegazione dell’Amministrazione comunale, guidata dal Sindaco, gli ha consegnato ufficialmente la pubblica onorificenza del Comune di Caderzone: il “Filò di San Biagio 2001”.
Il Sindaco Maurizio Polla, a nome dell’Amministrazione comunale, ha
ringraziato il Vescovo per il suo personale attaccamento a Caderzone ed alla
sua gente, ricordando che, grazie al suo costante impegno, aveva fatto rinascere la “Casa per Ferie”, che i Caderzoni chiamano “La Colonia”», trasformandola in un confortevole, accogliente e funzionale albergo.
«La “Casa per Ferie” - ha ricordato il primo cittadino - ha ospitato nel
tempo illustri personalità che hanno avuto l’occasione di conoscere ed apprezzare il nostro territorio e la sua offerta turistica e, con la loro presenza,
hanno arricchito la nostra Comunità».
Rivolgendosi poi direttamente a
monsignor Mario Zanchin, il Sindaco ha
ricordato la costante e fraterna presenza del Presule in toccanti momenti religiosi e liturgici della Comunità, dando
ad essi un’impronta di particolare solennità.
Monsignor Mario Zanchin, apprezzando il solenne riconoscimento conferitogli dall’Amministrazione a nome
della cittadinanza, ha ringraziato per
l’onorificenza ricevuta ed ha fatto presente che «ormai considera Caderzone
come la sua seconda famiglia».
74
Per ricordare...
Estate 2001, Malga Campo: al monsignor, al caciadur, al munac, al cantinier, al fabrizier.
Sua Eccellenza Monsignor Mario Zanchin con l’amico geometra Giuseppe Amadei e Diego Amadei a Diaga.
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A
Na gran pasiùn par Cadarciùn
A Cadarciùn, d’ìstà, a vegn sempru in ferie al Monsignor.
Par la nosa gent a l’è “al vescuf dala Colonia” parchè a l’è sta col chi l’à
cumprada a chi l’à mitüda a postu. E l’è col ca sempru al si dà in gran da far,
anca sa ades a l’è na in pensiun.
Quanca l’è chi, al ghi dà sempru na man anca a don Giani, in cesa, a
cunfassar e a di Mösa, par finir cu la benediziun solenne e “Mira il tuo popolo”.
St’ann, a rigurdar tuc’ sti agn pasé insema, al Consiglio comunal a l’à
pinsà da darghi na riconoscenza: l’assegnaziun da la mediaia dal “Filò di San
Biagio”. Na bela festa lassü sa la Colonia al dì dala Madona da la nef.
’Üaftri però ghi da saver ca, oltre a li robi ca è sta dit, al Monsignur a ’l
gha anca na gran pasiùn par la muntagna e par la caccia. E al cunta sempre
quanca al Papa a l’è na in visita a Fidenza e a la “cena ufficiale” a gh’era i
fagian ciapé dal so Vescuf. O la not ca nu l’era bon da dormar, e l’à fat tasar la
sirena dal Dom ca nu la si farmava …e l’è na a finir sa ‘l giurnal.
Quanca l’è chi, d’ìstà, a i plas sempru far qualche girada, e magari finir
cu na bona marenda. Alura al ciama al Franco ca al ghi fa anca in poc da
autista, e al ghi dis da organizzarla.
Cun don Celestino a l’à vulöst nar fin sa ’l Spinàl a gatar al Batista, e nar
par stelli alpini, e farsi fotografar in mez.
Nu manca mai na visita sal munt dal Mario da la Barbarina, ca al lu mina
anca in cantina par far dai “versamenti”.
Na scampada sa Diaga a la ghe sempru dintru, a gatar al Dario, al Diego, e al so geometra, ca adess al ni manca a tüc’.
Quanca al va a pè, al riva fin fo Jamun a vardar l’Elio chi bat la falc. I fa
quatru ciaculi sal linzol dal fin.
Prüma da partir a nu manca mai na girada sa ’l Gras dal Camp a gatar al
Marino, e lì sa ’l so pugiöl, da esperti caciadur, a i tira fo al canucial e i varda
li cimi, si par casu i vic’ qualche camuc’ o cavriöl, intant ca spatum ca riva al
Severino cu la spisa. E apena ca l’è rivà, tüc’ in da la casina a far marenda e a
far festa al Monsignor chi, quanca ’l turnarà naftr’an, di agn al ga n’avrà nuanta.
Franco Polla
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A
…finalmente nell’elenco
dei Prodotti Tradizionali
La Famiglia Cooperativa cerca da sempre di essere una componente attiva nella vita della Comunità di Caderzone: è un’azienda commerciale e produttiva e quindi in grado di offrire opportunità di lavoro e reddito per diverse famiglie del paese; è un’azienda cooperativa, che ha per fine statutario
quello di offrire ai propri soci merci e servizi al minor costo possibile; riveste
anche un ruolo sociale, quale punto di incontro e di comunicazione per la
gente di Caderzone ma non solo, per chi in paese passa la maggior parte delle
sue giornate e anche per chi, causa il lavoro o altri motivi, trascorre molto
tempo lontano.
Mantenersi azienda attiva oggi come oggi è importantissimo, soprattutto per una società come la nostra, che reinveste in continuazione per poter
offrire ulteriori vantaggi alla Comunità. Per raggiungere maggiori risultati,
77
A
da alcuni anni abbiamo scelto di distinguerci dalle altre aziende del settore,
di differenziarci sul mercato, dando maggior spazio ad una nostra caratteristica particolare: la produzione di salumi secondo i metodi tradizionali, con
procedure di lavorazione rigorosamente artigianali, cioè senza l’utilizzo di
nessun tipo di ritrovato chimico moderno.
Lo scorso anno, attraverso l’Assessorato all’Agricoltura della Provincia
di Trento e con l’appoggio dell’Amministrazione Comunale, abbiamo presentato richiesta di iscrizione dei nostri salumi all’Elenco dei Prodotti
Agroalimentari Tradizionali presso il Ministero delle Politiche Agricole e presso la Comunità Europea. Dopo la stesura di un protocollo e diversi controlli
ed accertamenti sulle nostre dichiarazioni, sulla procedura produttiva e sui
prodotti stessi, l’iscrizione all’Elenco è stata ufficializzata con un decreto
ministeriale, pubblicato il 21 agosto 2000 sulla Gazzetta Ufficiale. Fra altri
3500 prodotti tradizionali prodotti in tutte le regioni italiane, compaiono anche quattro dei nostri salumi:
- il Salame di Caderzone all’aglio;
- il “Cacciatore” di Caderzone all’aglio;
- la Salamella di Caderzone all’aglio;
- la Pancetta arrotolata di Caderzone all’aglio.
... formaggi. (Foto Alberto Campanile)
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A
Essere presenti nell’Elenco
dei Prodotti Tradizionali è stato
relativamente facile, non abbiamo fatto altro che dichiarare e
spiegare quello che facciamo da
sempre, cioè portare avanti una
tradizione antica di generazioni,
mantenendo nei nostri prodotti
tutte le caratteristiche di
artigianalità e di lavorazione con
tecniche naturali. Meno semplice è stato l’impegno per far conoscere ad un numero sempre
maggiore di persone, quindi di consumatori-estimatori, il prodotto
“Salume di Caderzone” . Ci ha aiutato prima di tutto la stampa regionale, attraverso gli articoli pubblicati sui quotidiani e sulle riviste locali. Diversi articoli sono successivamente apparsi su alcune riviste a tiratura nazionale: per esempio su FOCUS di settembre, dove il salame di Caderzone
veniva citato come prodotto di particolare pregio e accostato al Parmigiano Reggiano, al Crudo di Parma, al lardo di Colonnata; oppure VERDE
OGGI dove, nel numero di ottobre, appariva un ampio inserto riguardante la Val Rendena e i suoi prodotti, con numerose citazioni e fotografie dei
nostri salumi e del nostro marchio.
Ci sono state poi altre iniziative interessanti, che hanno contribuito a
diffondere il nome e la bontà dei nostri prodotti: la Fiera Agricola di Verona, dove i nostri prodotti erano ben in vista nello stand trentino: o ad
Hannover, nel nord della Germania, già sede dell’Expo2000, in un padiglione fieristico inserito in un enorme centro commerciale. Di grande riscontro, la partecipazione al “Viaggio tra i giacimenti golosi”, operazione
realizzata con il coinvolgimento dell’APT del Trentino e degli Assessorati
Provinciali al Turismo e al Commercio e che ha visto la nostra presenza in
due momenti: all’inaugurazione a Condino, alla presenza di numerose autorità, esperti e giornalisti e di un folto pubblico, e al Castello di Stenico,
giornata andata in onda su RAI UNO durante il programma “La vita in
diretta”.
C’è stato anche un momento promozionale radiofonico, nel corso di
un programma a diffusione nazionale, al quale abbiamo partecipato su in-
79
A
vito dell’APT -Madonna di Campiglio
– Pinzolo – Val
Rendena e di Radio
Studio 7. Ultima partecipazione e presenza in ordine di tempo, negli stand di
Slow-Food presso
l’Ecofiera di Tione lo
scorso ottobre. SlowFood, il mangiare
lento, la riscoperta
del gusto e del sapore, contrapposto al
cibo veloce, il fastfood fatto solo di
hamburger e patatine, uguale in tutto il
mondo e quindi pri... salumi. (Foto Alberto Campanile)
vo di caratteristiche
particolari, proprie… esattamente la nostra filosofia, produrre salumi nel
rispetto della tradizione e della natura.
Crediamo che questa “campagna di immagine” che ci ha impegnati e
coinvolti, dandoci risultati che vanno al di là delle nostre più rosee aspettative, sia importante non solo per la nostra Famiglia Cooperativa, ma per tutta
la nostra Comunità: i nostri prodotti, attraverso il loro marchio, portano all’esterno un nome ed un simbolo, quello di Caderzone, il nostro paese. Su
tutti i nostri prodotti, e non solo sui salumi, risultano evidenti il GIGLIO bianco
in campo rosso, lo stemma del nostro comune, ed il nome “DI CADERZONE”.
Il nostro desiderio è che altre attività di Caderzone che hanno rapporti con
l’esterno trovino il modo di inserire fra i loro logo e le loro denominazioni
anche il marchio con il Giglio: tutti insieme si può riuscire a rendere immediatamente identificabili, attraverso un unico simbolo, una valle, un paese ed
i suoi prodotti, realizzati avendo la massima attenzione e cura per l’uomo e
per la natura.
Luciano Polla
direttore della Famiglia Cooperativa di Caderzone
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A
La festa dell’Agricoltura
Luci, colori e forti emozioni hanno caratterizzato la Festa dell’Agricoltura svoltasi domenica 5 agosto 2001 a Caderzone. Oltre mille persone sono
giunte anche da lontano per presenziare all’inaugurazione del “Museo della
Malga” e all’apertura della Personale di
Gianluigi Rocca, per assaporare le specialità di Caderzone e assistere, a notte inoltrata, alla sfilata che ha visto la Banda di
Caderzone, il gruppo “Destràni Taraf” precedere una mandria di vacche Razza
Rendena che ha sfilato per le vie del paese
accolta ed applaudita da una folla festante
al lume delle fiaccole.
Il fuoco è stato l’elemento emozionale
ed il filo conduttore della giornata.
Ad iniziare dal ricordo dell’incendio
che il 4 novembre 1976 distrusse le scuderie Lodron Bertelli oggi rinate, lo
stesso cocente elemento che dal focolare sotto la caldera nel Museo della Malga
passa al paiolo della polenta carbonèra (distribuita a 600 persone), per ritornare in paese nelle fiaccole portate da turisti e residenti.
«Un’emozione
L’Assessore Iva Berasi premia Elisabetta Salvadei.
davvero forte», ci confida un turista che da
vent’anni frequenta
Caderzone.
«Una sensazione
unica, aggiungono un
gruppo di donne, è
quella di passare al seguito delle mucche vicino alle illuminate
scuderie Bertelli che
sembravano incendiarsi di luce». La
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A
stessa luce e le stesse
forme che tutti hanno
ritrovato nel grande
falò che ha rischiarato la notte di Maso
Curio. «Un accostamento significativo, ci
confida Fulvio Nardelli, queste due costruzioni che rappresentano “l’edificio
madre” delle case della Val Rendena».
La presidente Cogo premia Fiore Caola in Polla.
La Festa dell’Agricoltura coincide con l’importante gesto di ricordare le persone anziane
che «con ostinazione e sacrificio hanno lavorato tutta la vita nell’azienda agricola». Margherita Cogo ed Iva Berasi hanno consegnato una targa ricordo ad
Elisabetta Salvadei e Fiore Caola. «Il degno riconoscimento per una vita di
fatiche e di sacrifici, ha chiarito Maurizio Polla, tutti ne siamo orgogliosi».
Dopo i discorsi ufficiali, il taglio del nastro protagonista è tornata la
musica, conclusa solo a tarda notte vicino al grande falò che ha incorniciato
l’intera manifestazione, dalle squillanti note della Banda di Caderzone guidata dal portabandiera Diego Amadei, si è passati alle antiche ballate dell’Europa centro-orientale proposte quintetto musicale “Destràni Taraf” di Renato Morelli.
Caderzone e la
Val Rendena hanno
vissuto una giornata
davvero intensa che
sarà ricordata da tutti, in primo luogo dai
“Caderzoni” orgogliosi delle loro tradizioni e della loro storia e da tutti quelli che
l’hanno vissuta insieme a loro.
Walter Facchinelli
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A
A Livio Polla il Filò di San Biagio 2002
Una splendida giornata di sole ha incorniciato una manifestazione memorabile che, come ogni anno, coinvolge la comunità di Caderzone, unità
per la festa del santo patrono San Biagio.
Alla partecipata celebrazione religiosa è seguita la processione per le
strade del paese con la statua del Santo, portata a spalle quanti hanno vinto
l’asta e si sono aggiudicati questo compito. La processione era preceduta dal
gruppo folk e dalle squillanti note della Banda di Caderzone.
Molte persone sono giunte da altri paesi della Val Rendena, a significare
l’attenzione e l’attaccamento per questa prima sagra del nuovo anno.
Al termine della benedizione della gola impartita dal parroco don Gianni
Poli e dall’immancabile don Celestino Lorenzi, il sagrato della chiesa – luogo
deputato alla sagra – è stato animato dalle note della Banda del paese cui
hanno fatto cornice i giovani e giovanissimi ballerini del gruppo Folk che, al
suono di valzer e marcette, hanno disegnato spettacolari coreografie davanti
ad un folto ed attento pubblico.
Le scuderie Lodron-Bertelli sono quindi divenute il fulcro del Filò di San
Biagio, che quest’anno, vista la mancanza di neve per disputare la consueta
gara di sci, si è tenuto nel pomeriggio.
Il gruppo folk delle “Castellane” ha proposto l’atmosfera del “filò”, un
tuffo nel passato che ha permesso a tutti di vivere uno spaccato di vita femminile ricco di fascino
... ripensando al filò.
e suggestione.
Il “filò” si animava nelle stalle al caldo
tepore delle vacche ed
il chiacchiericcio delle
donne si mescolava al
tintinnare greve dei
campanacci.
Le Castellane hanno ricordato i momenti salienti del “filò”: da
quello spirituale che
iniziava con la preghie-
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A
ra o la recita della “corona”, a quel frivolo connotato dalle chiacchiere delle
“comari”, dai lavori a maglia ed uncinetto insegnati anche alle bambine, ai
giochi che occupavano le più giovani. N’è uscito uno spaccato di vita che, a
differenza della frenesia che caratterizza la vita d’oggi, ha ricordato uno stile di vita fondato
sulla condivisione ed il fare comunità, tramandando valori autentici.
Tra gli applausi dei presenti Maurizio Polla ha consegnato
al padre Livio il “Filò di San
Biagio 2002”. Il consiglio comunale ha deciso che fosse proprio
lui meritare quest’onorificenza.
Livio Polla, è stato ricordato, «nel 1949 fu il fondatore e primo presidente della Pro Loco, ricoprì per diversi anni
la carica di amministratore comunale con
incarichi di giunta e sindaco per due legislature. Nel corso della sua reggenza
fu tra i fondatori dello Sci Club
“Runchidin” Caderzone, “fucina” di
buoni atleti e promotore dello sviluppo
del suo paese».
Visibilmente commosso, Livio Polla
nel ricevere la pergamena e la medaglia
del “Filò 2002”, ha ringraziato tutti ed invitato i presenti a voler bene al proprio paese.
A caricare di suggestione il
pomeriggio sono giunte inattese le parole di Alfredo Amadei
che ha descritto Livio Polla come
«un uomo animato da gran passione, altruismo, buon cuore, volontà, tenacia e attaccamento alla
sua gente».
Livio Polla, ha ricordato Alfredo Amadei ha sempre avuto
parole di vanto per Caderzone,
84
A
ai turisti che frequentavano la sua bottega di salumiere diceva «a Caderzone
tutto è più bello e si sta meglio», infondendo quel sentimento d’accoglienza
che ha contribuito a trasformare Caderzone nell’attuale e ricercato luogo di
vacanze.
Alla consegna del Filò di San
Biagio è seguita la cerimonia di
consegna alla comunità di
Caderzone di un’opera d’arte donata dall’Azienda di Promozione
Turistica Madonna di Campiglio,
Pinzolo, Val Rendena. Sul palco
accanto al sindaco il presidente
dell’APT Riccardo Maturi che ha
voluto caricare questo gesto accompagnandolo con parole di ammirazione per la comunità di Caderzone,
elogiando l’intraprendenza e la vivacità nel guardare al futuro di questa comunità.
L’ingegner Maturi ha confermato l’impegno dell’APT nel continuare ad
organizzare nello storico palazzo di Caderzone le esposizioni estive legate al
tema della montagna ed alla gente della Val Rendena. Molti ricorderanno la
mostra sulla frequentazione del Brenta di Re Alberto I del Belgio e sulla famiglia di guide alpine i Dalla Giacoma Lusion.
Due bambini hanno provveduto allo scoprimento dell’opera “Deposito
della memoria” realizzata da Francesco Fantin nell’ambito del XIII
Concorso Internazionale di scultura
su legno tenutosi a Madonna di
Campiglio e Pinzolo l’estate scorsa.
Il concorso rifacendosi alla leggendaria spedizione di Carlo Magno in
Val Rendena era intitolato “Immaginario Medioevale”.
Il sindaco Polla ha ringraziato
l’Azienda di Promozione Turistica ed il suo presidente per la particolare attenzione nei confronti di Caderzone, esprimendo soddisfazione per quest’importante dono che contribuisce ad impreziosire il complesso Lodron-Bertelli.
La serata è proseguita con la distribuzione di grostoli e bevande a tutti i
presenti.
Walter Facchinelli
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Le pagine del
D
ialetto
La quarantina
Tanc’ àgn fa, quant ca èra in pütalòt
la nona o la Mari, santadi giü sal
fugulèr da la cusina, al temp di quaresima,
li ni fava la quarantina.
In tòc di spàc o lana culurada, cun
quaranta grupin, distachè ügn dal’aftru,
cume in curduncin. Sa la tacavani a li
tirachi e la tignivani gia la tasca,
dal prüm dì, di quaresima fin a Pasqua.
Ogni grùp vuliva dir in dì di quaresima,
e n’üafri pütaloc, prumitivan a la nösa
gent, ca in sti quaranta dì, ariani: pregà
ogni sira, fat qualche fioreto e dal ben.
La sira prüma da nar a durmir, taiavani
via in grup, favan l’esame di coscienza,
pragavan, e nu vigivani l’ura ca vegna
Pasqua, e finigös sta penitenza.
I’èra da li bèli usanzi., chi a farli nùsf
fava tanta fadiga, s’imparava però robi
importanti, ca li na sirvi tant davanti
omagn, par afruntar la vita.
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Trieste febbraio 1997
“gg cacial dal ‘29”
La poesia
di Aldo Salvadei
Inda la stala, cafda ümida, nüda,
fra l’udur da li buaci, in mez al füm,
tacà cuntra d’in mür negru, chi süda
a gh’é al to ritrat con sota in lüm!
Ogni tant as möf li vachi e, ’nda la rela
al purcel al met fo rus al so müs!
Cerca al lat da so mari na videla
e li cavri a li fa n rumor confüs!
Li veci e i pütaloc’, chi fa l filò
i ti dis n’Ain Maria quasi ogni sira
e i varda la to barba e anca l bò,
ca sal ritrat al par quasi al sia vira.
Ma i omagn ca ghi plas la pancia plina
e i giovanoc’ ca i völ bivar al vin
indal to dì ai ghi fa sü na cina
cu la pulenta cafda e cul... pucin!
Aldo Salvadei
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D
È uscita agli inizi di dicembre 2001 la prima pubblicazione del gruppo
“Dialetti Judicariensi” con il titolo “Voci Judicariensi”. Il Gruppo è formato
da 25 persone, amanti del dialetto, che rappresentano altrettanti dialetti delle
valli Giudicarie, Ledro, Basso Sarca.
Il gruppo si è costituito qualche anno fa con lo scopo di mantenere viva
la lingua parlata dai nostri padri, come una delle espressioni più genuine
della nostra cultura.
La nostra compaesana e collaboratrice del Garzoné anche per la pagina
del dialetto è una della animatrici del Gruppo e per questo suo impegno ha
ricevuto, in occasione della giornata del volontariato, l’attestato di riconoscimento “per essersi dedicata con impegno alla costituzione del Gruppo, radunando scrittori, storici, esperti e semplici amanti del dialetto al fine di promuoverne la rivalutazione”.
Da “Voci Judicariensi” n.1 è tratta la poesia che vi proponiamo.
La Redazione
In sit ’ndu spatàr…
Ti cerchi ‘n sit ‘ndu star
cun na cumpagnia
ca nu ti pö pü cérnar,
ogni dì pü lòfia, sulénga,
chi nu t’ mòla mai:
i tö pinser.
Pinser strüsié
cume na cùdula di lana,
ca nigügn dòpara pü.
Nu ucùr pü struligàr
gna par sparagnàr,
sparagnàr anca sal temp
ca ‘nvezi ‘ncö
ti vurii vìgiar a giargiàr.
Tüt par nu star lì,
a spatàr...
di Elisa Polla
Traduzione:
Un posto / Cerchi un posto dove stare / con
una compagnia che non puoi più scegliere / ogni giorno più insignificante, solinga/ i tuoi pensieri.
Pensieri sfiniti, come un filo di lana sfibrata, /
non occorre più pensare profondamente, inventare,
nemmeno per risparmiare/ risparmiare anche
sul tempo/ che invece oggi / vorresti vedere correre
velocemente.
Questo per non stare lì, ad aspettare…
88
D
Nadal 2001
Nu criziva mai pü, chi la sira da Nadal,
dala curt da la nona, pasa sü propriu la Madona.
La ghiva dre na prociassiun di gent
cai nava al censiment.
In tuchel in su chi la spatava,
ghera S. Giuseppe cu l’asinel.
“Cara pura la me Maria, ma chi sum sota l’ciel”.
Sta pura dona la ghiva da cumprar,
l’era a mumenti ura e nui siva cu far.
I cercava n’ ustaria par nu pasar la not in mez a na via.
La scuminziava a star mal,
manu ghera n’uspadal.
Ia vist na betula, al pariva n’ tablà,
i ga dit: “cari, nu gum post, e po’ gum tut inglacià”.
Malì a zent metri, ghera al Ceru Bianc;
“am displas tant bon om,
ma chì gum chii dai franch”.
Alura ia cambià porta, i gà avert,
e i li ha squadrè;
“nu gum bisogn d’an falegname,
parché ga ium chi apè”.
“Cu fumi ades Maria, nu sum propriu in du nar”.
I sa varsà in faccia e nui siva cu pinsar.
Ma propriu in cul mument, e quasi par magia
nà luce sal Bertelli la gà insagnà la via.
“Rium lasù Giuseppe, si no an vigium di beli.”
Ia fat apena n’ temp, l’è nato, e l’è bel,
al ga du uciun azzurri, l’e propriu l’ bambinel.
Ci sa finì la sira dal presepio vivente,
chà a pè a la tradiziun e ala divoziun sa divertì la gent.
Pacà ca nu ghe pü la nona, ca l’era ci divota a la Madona,
mai pü l’avria pinsà chi a pasar dala so curt,
in mez al parapiglia,al fuss propriu al so
Carlo a rappresentar la Sacra Famiglia.
Margherita Bononi in Mosca
Dedicata al mio caro nipotino Enrico
e ricordando con tanto affetto la nonna Barberina.
Elogi a tutti gli organizzatori e collaboratori
per la buona riuscita di questa simpatica tradizione.
89
Le voci al
F
emminile
Ricordi di persone scomparse
che hanno fatto la storia di Caderzone
rendendosi utili per la comunità
La maestra Elisa
Chi si ricorda la maestra Lisa vicino al lavandìn dai Puloni nella casa dai
Castalan?
Quest’inverno ho letto su un libro di Don Celestino che, nata nel 1859,
ella studiò nel convento del Sacro Cuore dalle suore a Trento e nel 1891 fu
maestra a Mortaso, ma si sa che prima aveva già insegnato a Condino, a
Comano e poi in molti altri paesi delle Giudicarie. Era una donnina piccola,
sempre pulita e ben pettinata, ben vestita con abiti lunghi come si usava allora, grembiule di satin con balze di pizzo che si faceva lei.
D’inverno noi bambine andavamo tutte nella sua “stüa”, camera riscaldata con un grande fornello a ole e mentre ci scaldavamo lei ci insegnava a
cucire e ricamare e recitare il Rosario. Le mamme che non avevano tempo o
non lo sapevano fare mandavano le loro bambine anche a fare i compiti o a
imparare a scrivere dalla maestra Elisa. Spesso veniva anche qualche sua scolara a trovarla dai paesi dove aveva insegnato, perché le erano rimaste
affezionate. Era bravissima nel fare pizzi, rammendo e a stirare: lei stirava
tutto con l’amido; stirava anche le tovaglie della chiesa e i paramenti del parroco e dei chierichetti che poi noi portavamo in chiesa per consegnarli alla
signorina Maria, perpetua di Don Gadler. Non parliamo poi delle tovaglie
ricamate e sempre in perfetto ordine del capitél dala Madonna (vicino al Rio),
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F
di sua proprietà, che era come la sua seconda casa. Devota alla Madonna, la
maestra Elisa, aveva fondato l’Associazione del Rosario Perpetuo a Caderzone
e in molti paesi delle Giudicarie di cui lei era la zelatrice in assoluto. Infatti ci
mandava spesso a distribuire i giornalini, che arrivavano da Firenze Santa
Maria Novella sede ancora oggi del Rosario Perpetuo.
In estate noi ragazzine andavamo nel suo “bröl” (prato attaccato alla
casa) ancora per lavorare a mano e soprattutto per stare in compagnia; d’estate
ci insegnava a mettere i tasselli sulle ginocchia dei pantaloni e sulle maniche
delle giacche visto che gli uomini lavoravano all’aperto con la legna e in campagna e rompevano spesso i vestiti; a me piaceva molto; intanto cantavamo
le canzoni della Madonna.
Il prato era circondato di piccoli gelsi che la Ernesta, del Vittorio dai
Puloni, veniva a potare e pelare, per dare da mangiare ai suoi “cavaler” bachi
da seta, per fortuna rimanevano un pero e un melo per fare ombra a noi
bambine sempre lì col nostro prezioso lavoro tra le mani.
Ancora oggi passo tutti i giorni per quella strada per andare a casa mia
e mi pare sempre di vedere lì la maestra Elisa seduta sul suo sgabelletto di
legno e un bel gruppo di ragazzine sedute attorno allegre e contente, ma
soprattutto con una gran voglia di imparare e sento tanta nostalgia.
Ricordi di gioventù di Olga Sauda (1920)
Invitiamo a mandare altre storie di persone scomparse che meritano di essere
ricordate da parte di tutta la Comunità.
*
La ricetta della nonna
Questa è la ricetta di un ricostituente, gli ingredienti principali sono:
uova, latte e zucchero. Oggi abbiamo decine e decine di tipi di ricostituenti
per il nostro fisico, ma in altri tempi, come sappiamo, si usavano alimenti che
venivano prodotti in casa.
Sia il latte che le uova erano, e sono tuttora, ricchi di vitamine: B2- B12 –
D – K, di acido folico, acido pantotenico; la carenza nel nostro corpo di alcune
di queste vitamine, può dare seri problemi, ad esempio l’anemia, ma soprattutto stanchezza fisica. Questo, che possiamo chiamare modernamente “vov
casalingo”, è infatti indicato nei cambi di stagione, ma soprattutto in prima-
91
F
vera. Era infatti in questa stagione che le nostre nonne pensavano bene di
mettere in forza i loro uomini che dovevano affrontare la nuova stagione di
duro lavoro. I nostri uomini oggi non hanno questi problemi, di lavoro intendo, di conseguenza noi donne non avremmo questo obbligo…Ma visto che
anche noi lavoriamo sodo possiamo approfittarne per rinforzarci un po’ bevendo un bicchierino in compagnia col nostro maritino.
Ecco la ricetta autentica:
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93
Gabriele e Giovanni.
Ai si gata, i discur, i quistiuna, i si rabis, i sa li canta. Dop però i si cerca amù!!
Disegno di Alfredo Amadei
N
La pagina dei
B
ambini
Parola di asan –
Cume dir: “ Fa cunt ca parla n’asan!”
L’asan:
na bestia da tanc’ agn fa
chi uramai tüc’ i à dismantagà.
Dala duman ala sira, senza cina ni culaziun
al sgubava e ‘l si strüsiava par al so padrun.
Dai popi l’era calculà
esempiu di ignuranza e di stüpidità,
ma nigügn à mai pinsà
ala so grant ümiltà.
Nul vigniva gnà sdögulà par la so bilöza,
gh’era numa intares par la so caöza
e sa i scampava na pàciada
giü na bastunada;
el, pazient, l’übidiva pian pianin
cul so tic tac sa buciàti e sasulin.
Fin ca ‘n dì nu l’à pü caminà
‘n la stala lì ‘n dun cantun i l’à cacià
‘l tigniva ‘l cò bas e ‘l ghiva ‘l pil tüt ribüfà.
Ogni tant al popu ‘l caciava dintru ‘l cò
par vìgiar sa l’era ura da törlu fò.
Ma na sira ‘l l’à ciamà:
“Vé chi popu dam la man
voi dirti do paroli par al to duman.
Vignarà ‘n dì chi ‘l padrun
94
B
‘l si gatarà ‘n la me cundiziun:
fin ca ti lauri e ti se ‘ndafarà,
om o asan, ti se cunsidarà,
ma sa ti fè tant da scantinàr
e da spös vuler trigàr,
o almen nar pü a bel bel,
i ti da già dal tambalori plin la pel.
Sa po ti t’ fermi e ti stè ‘m poc lì
nu ti se aftru chi ‘n puru rimbambì.
E sa nu ti se pü bon da laurar
nu ti ghè nigügn diritu gna da parlar.
Crözamal popu ,
‘ncö nu gh’e nigüna diferenza
fra n’asan e n’ümàn
chi dis da ‘verghi la cusienza.
Ma tè ti sé ‘l duman......”
Elisa Polla
Glossario:
sgubàva = sgobbava
‘l si strüsiava = si consumava
nigügn = nessuno
sdögulà = pulito con la “sdögula” = arnese con finitura in metallo a zig zag
usato per pulire gli animali da stalla
caöza = imbrigliatura per aiutare e guidare l’animale da tiro.
paciàda = pedata
törlu fò = si dice quando un animale è moribondo e si deve eliminare.
scantinàr = cambiare il ritmo, non stare più alle regole
trigàr = riposare
bel bel = pian pianino
tambalori = buono a niente , un incapace
crözamal = credimi
Tratto da “Voci Judicariensi” n.1
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San Rocco
Disegno di Alfredo Amadei
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N
Nelle pagine della
S
toria
Il vagabondo di Dio
San Rocco (1350-1382)
Il segreto d’una santità
La nascita di Rocco da Montpellier fu un dono di Dio. Un dono invocato
per anni dai suoi benestanti genitori. Forse, anche per questo, Rocco rimase
figlio unico. Quasi a testimoniare l’eccezionalità di un simile dono.
Nato presumibilmente nel 1350 (lo assodano alcuni rilievi storici che
verificheremo), egli perdette il padre e la madre durante l’adolescenza, forse
a causa d’uno dei ricorrenti contagi di quell’epoca. Privatosi a sua volta d’ogni
bene terreno, Rocco si fece povero, miserabile, mendicante, vagabondo di
Dio, riducendosi (prima di morire trentaduenne appena) ad essere imprigionato innocente senza difendersi, senza rivelarsi, soffrendo per cinque anni
l’umido ed oscuro fondo d’una torre, e raggiungendo nell’iniquità di essa
(sorte, del resto, di tanti santi) la massima altezza e la massima chiarità.
Tornano alla mente, nel dire questo, le righe edificanti dei “fioretti”
allorché frate Masseo da Marignano – rientrando dalla selva dell’orazione
assieme a San Francesco – gli chiese con ingenua sfrontatezza: - Tu non se’
bello di corpo, tu non se’ grand’in scienzia, tu non se’ nobile di sangue.
Adunque onde viene che tutto il mondo ti corra così dietro? –
Al che San Francesco rispose: - Viene dalli occhi de l’Altissimo Iddio, i
quali in omni luogo contemplano i buoni et i rei. I quali santissimi occhi non
hanno veduto tra i peccatori niuno più vile, né più manchevole, né più ostinato di me. Orbene a fare di me ciò che intendeva fare, non ha trovato sulla
terra creatura più indegna, onde ha eletto me per confondere la nobiltà, la
97
S
grandezza et la fortezza del mondo acciò che si conosca che omni virtù et
omni bene non è dalla criatura, ma dal Criatore, et nulla criatura gloriar si
possa nel cospetto suo. –
Era il segreto della santità di Rocco. Quando egli – potendolo – specchiava nell’acqua delle fontane la miseria del suo aspetto, si sentiva polvere nella
polvere. Ma, quando pensava che la sua meta era il Paradiso senza fine, allora capiva che l’universo era ben più misera polvere del suo sofferto cammino
di cristiano verso l’eternità.
D’un uomo dunque che visse così staccato dalle precarietà del mondo,
dalle sue inutili ricorrenze, dalle sue effimere vanità, dalle sue ingannevoli
certezze, non dobbiamo meravigliarci che neppure il nobile Gottardo
Pallastrelli di Piacenza, divenuto di Rocco il più devoto discepolo ed amico,
non sia riuscito a trasmetterci – attraverso qualche confidenza del santo fratello e maestro spirituale – delle notizie più precise circa la sua infanzia, l’esemplare famiglia avuta, l’ascetica formazione ricevuta. Non dobbiamo meravigliarci! Tenendo presente che Rocco visse una vita senza parlare mai di sè,
senza portare di sè alcun documento, senza avere mai qualcuno che fosse in
grado di garantirne le origini o quantomeno le ragioni di un rigore esistenziale così ramingo e derelitto.
Fortunatamente alcuni storici del secolo scorso (e tra essi il meticoloso
Pio Paschini) – dopo studi mirati sulle pesti del tardo Medioevo e sui personaggi da Rocco frequentati – pervennero ad alcune assicurazioni circa l’esi-
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S
stenza di Rocco e l’evidenza della sua santità da comprendere appieno il dilagante ricorso al suo patrocinio nelle epidemie apocalittiche che decimavano a scadenze continue le genti d’Europa.
Il viaggio a Roma
Rocco dunque era nato a Montpellier, nella doviziosa Linguadoca, intorno al 1350. Affacciata sul Golfo del Lione, già allora la cittadina era una
delle più rinomate della Francia Meridionale. Conosciuta e famosa in tutta
Europa per la sua Facoltà di Medicina (sorta ancora nel 1221) essa era pure
altamente considerata per la sua celebre Scuola di Giurisprudenza, Scuola
nella quale per quattro anni – tra il 1316 ed il 1320 – aveva studiato anche il
sommo poeta italiano Francesco Petrarca (1304-1374).
Quanto a Rocco possiamo affermare (dato oltremodo intuibile) che profonda doveva essere stata l’educazione religiosa ricevuta dalla madre se –
rimasto, nella sua adolescenza, orfano di entrambi i genitori – egli non ebbe
alcun ripensamento nel liberarsi del patrimonio ereditato e nel partire quindi
per Roma dove sentiva che il Signore lo stava attendendo.
Diciamo intanto che per Roma (prima ancora di Rocco), vinte le ultime
resistenze dei cardinali francesi, era partito il 30 aprile 1367 pure Papa Urbano V.
Come si sa, il Papato – dal 1309, per i gravissimi e cruenti disordini che
continuavano a ripetersi nello Stato della Chiesa – s’era trasferito, come in
una seconda Roma, nella ricca e munita Avignone. Una volta salito però, alla
cattedra di Pietro, il santo ed austero Papa Urbano V (1362), egli, con l’aiuto
potente del cardinale Egidio Albornoz, dopo aver messo un po’ d’ordine nello Stato pontificio, s’era portato a Marsiglia dove ventitré galee e molte altre
navi genovesi, veneziane, pisane, e della regina Giovanna di Napoli, lo attendevano per trasferirlo nella città eterna.
A quella festosa partenza non era mancato certo (accorso dalla vicina
Montpellier) il giovane Rocco che, nell’entusiasmo ascetico del suo cuore,
celava il grande sogno di recarsi egli pure nella città santificata dal sangue di
tanti martiri e dal magistero di tanti Vicari di Cristo. Avvertiva che là, nel
centro della Cristianità, il Signore gli avrebbe rivelato ciò che da lui si aspettava.
Abbandonati pertanto tutti i suoi beni, anzi – per meglio dire – donati
metà di essi ad uno zio paterno che oltre tutto ne aveva bisogno, e divisi gli
altri tra i poveri dei dintorni se ne partì libero e felice, mendicante solo di
Cielo, di quel Cielo che nutriva gli uccelli dell’aria e vestiva i fiori del campo
più che non avesse fatto con Salomone. Per tutto il resto la sua giovinezza
99
S
(non aveva Rocco ancora
vent’anni) era soltanto desiderosa di giungere a Roma.
Ebbene fu percorrendo le
povere e litigiose contrade d’Italia che l’ingenuo ed inesperto
Rocco apprese le miserie, le rivalità, le violenze, i patimenti, le
infelicità degli uomini. Strade,
ponti, agglomerati senza nome,
edifici sacri, opifici, castelli, mostravano le loro rovine, segni evidenti di conflitti, di vendette inSan Rocco, Capitello a Mortaso
cendiarie, di furenti demolizioni,
Dipinto di Alberto Mosca (1996)
di guerre bestiali e di totali abbandoni. Né mancavano in ogni paese grandi croci indicanti le enormi fosse
comuni delle vittime dell’epidemia di peste che, esplosa nel 1367, ancora due
anni dopo menava strage.
Fuggivano i malati dal consorzio umano per non venire inchiodati nelle
case o rinchiusi nei lazzaretti. Fuggivano coloro che risparmiati dal contagio
speravano di far razzia di danaro o di bestiame nelle campagne per non morire di fame. E fuggivano i sopravvissuti al male per potere altrove, non riconosciuti dedicarsi ai furti ed alle rapine. E tutti – uomini e giovani – andandosene altrove lasciavano incoltivate le terre cosicché alla furia della peste subentravano la carestia e l’inedia costringendo alla fuga gli stessi addetti all’ordine e alla sanità.
Il contagio ad Acquapendente
Il fatto che il giovane Rocco si fosse messo in viaggio per Roma garantiva storicamente che il Papato dopo quasi sessant’anni (cioè dopo il 1367) era
tornato nella città di Pietro. Un ritorno che sarebbe durato solo tre anni, ma
che – nella biografia di San Rocco – comprovava il periodo del suo pellegrinaggio verso la nuova sede del Pontefice Urbano V e del suo incontro con lui.
Periodo oltretutto corrispondente all’esplosione, anche nel Lazio, d’una spaventosa epidemia di peste (1367-1370) durante la quale il mendicante Rocco –
il mendicante del Cielo – prese a perdere la testa per i poveri colpiti dal contagio, divenendo alla sua morte il patrono universale di tutti gli infelici colti
dallo spaventoso morbo.
Partito dalla Linguadoca, privo di qualsiasi informazione sulla dram-
100
S
matica situazione sanitaria della penisola italiana, Rocco era giunto ad
Acquapendente, in provincia di Viterbo, dove – dopo la violenta ondata di
peste del 1367 – nuovi e più funesti casi di recrudescenza del male s’andavano – ancora nel 1369 – lungo le frequentate vie mercantili diffondendo.
Quando Rocco si presentò alle porte della città i cordoni di sanità erano
già in atto, come pure gli arresti e le impiccagioni per coloro che trasgredivano le inflessibili regole precauzionali. Solo l’assicurazione ch’egli era stato
per qualche tempo studente presso la Facoltà di medicina della città di
Montpellier lo fece accogliere tra i membri d’una pia congregazione “delle
misericordie”. Il male, peraltro, proprio in quei giorni stava infuriando
crudelissimamente. Enormi roghi ardevano in tutte le piazze dove venivano
inceneriti gli abiti, i mobili, e le stoviglie di coloro che erano stati colpiti dall’epidemia. Carri continui guidati da coloro ch’erano sopravvissuti all’infezione, o ch’erano stati liberati allo scopo dalle galere, portavano dalle campagne viveri, paglia, e legna da ardere, per sovvenire alle drammatiche necessità della sventura. Altri carri portavano via i cadaveri di quanti venivano meno
per le strade o che nottetempo dai parenti sulle strade erano gettati.
Le case ove tutti giacevano ammalati venivano sbarrate ed inchiodate
perché nessuno potesse entrarvi, od uscirne, sicché urla disperate si udivano
levarsi continuamente da coloro che stavano morendo od invocando un pane.
Nelle case dove tutti erano morti venivano ammassati quelli che non davano
La cattedrale di Acquapendente.
101
S
speranza di vita, sbarrati ed inchiodati naturalmente gli usci. E dove gli usci
non erano inchiodati i ladri e gli assassini entravano con il favore delle tenebre ad arraffare quanto era possibile. Senza contare le brutalità e i delitti che,
negli assalti del male, molti commettevano.
Loggia di Viterbo.
Quanto a Roma, passati purtroppo i giorni del tripudio per il rientro del
Papa, Viterbo e Perugia ed altre città umbre e laziali tornarono alla rivolta.
Per di più il fedifrago ed insano Galeazzo II Visconti aveva ripreso a minacciare e a devastare le terre pontificie, al punto che re Luigi d’Ungheria s’era
offerto di scendere in Italia con un forte esercito in difesa della Chiesa.Cosa
che Urbano V, nella sua coerenza cristiana, aveva fermamente rifiutato, inorridito al pensiero d’una guerra mossa dalla Chiesa. Aveva ascoltato invece le
insistenze dei cardinali francesi perché egli ritornasse nella tranquilla
Avignone. Viaggio doloroso che Urbano V però prese subito in considerazione, avvertendo la fine della sua vita,vedendo intorno le stragi che la morte
andava facendo, e desiderando soprattutto di poter chiudere gli occhi nella
sua terra natale.
Nell’inferno di Cesena
Pregando, piangendo, e correndo da un capo all’altro dell’abitato con
secchi d’acqua, bende pulite ed alimenti primari, il giovane Rocco aveva dimenticato il suo viaggio a Roma, e s’era fermato ad Acquapendente per dedicarsi totalmente ad alleviare i dolori, a lavare i corpi, a fasciare le piaghe, a
102
S
mitigare le arsure dei poveri colpiti dalle febbri mortali. Era soprattutto l’acqua potabile che totalmente mancava, anche perché in quella della fontane i
miseri morenti detergevano le loro sanguinolente lacerazioni. Comunque,
dopo che la veemenza del male parve attenuarsi, e dopo che oltre due terzi
degli abitanti erano finiti sepolti dentro le laide fosse comuni, l’emunto Rocco,
irriconoscibile per le fatiche sostenute, accomiatandosi da coloro ch’egli aveva prodigiosamente guarito, lasciò Acquapendente ed invece di dirigersi a
Roma – udito che a Cesena il contagio faceva scempio – risalendo la penisola
s’incamminò verso quella città.
Era Cesena, allora,
una splendida roccaforte
dotata di signorili dimore e di solide difese. Dopo
essere divenuta, verso il
Mille, il libero comune
che ben si difendeva nelle continue lotte contro
Rimini, contro Forlì e
contro Cervia, fui liberata nel 1357 dalla tremenda tirannia degli Oderlaffi e recuperata, dal cardinale condottiero Egidio
Albornoz (1305-1367),
allo Stato della Chiesa che
la volle cittadella particolarmente munita.
Né mura ad ogni
modo, né bastioni, né
fortilizi, né torri poterono arrestare quella peste
che ormai la stava
soggiogando. La notizia,
anzi, di Cesena ormai
messa in ginocchio dal
male era giunta, prima d’ogni altra, nel Lazio così che Rocco (come s’è detto) non pensò due volte ad accorrere nell’inferno di un insediamento dove
il contagio aveva trasformato una delle terre più fertili e fortunate in un
campo di morte.
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S
Nel terrificante ricordo della “peste nera” di vent’anni prima (1348) –
quella, per intenderci, del “Decamerone” – le autorità avevano preso iniziative selvagge ed atroci. Ogni casa, dove qualcuno cadeva ammalato, veniva
(oltre che inchiodata) dipinta con grandi croci nere acciò che tutti ne stessero
distanti. Quelli poi che, sgomentati da una simile sorte, decidevano d’abbandonare i familiari infermi alla loro morte, dandosi alla fuga, venivano presi e
gettati nei lazzaretti dove i cadaveri spesso non venivano neppure raccolti, e
dovevano i malati inumarli sotto poca terra. Da qui si giunse all’abominio
che le autorità, per i servizi d’infermeria, di vigilanza, di sepoltura, aprivano
le prigioni dei condannati al carcere perpetuo affidando mansioni così pietose ad assassini, a ladroni, a uomini abbruttiti dal vizio, a mentecatti furiosi, i
quali pur di arraffare denaro, gioielli, vestiti, masserizie, arredi, nelle ville e
nei palazzi dei ricchi portavano alle fosse comuni persone ancora vive o ne
affrettavano la morte per poi impossessarsi d’ogni loro avere, vendendo soprattutto le scorte alimentari, le essenze disinfettanti, e gli oli profumati a
prezzi proibitivi.
Relitti criminali insomma che all’improvviso – sia con ricatti, sia con
minacce, sia con vendette – erano divenuti i veri padroni della sanità, della
legge, della finanza, d’ogni altra situazione, mentre i veri signori, i possessori
di terre e di bestiami, i nobili nascosti nelle loro dimore segrete, i ricchi mercanti attendevano nel terrore che il morbo – come sempre accadeva – avesse
fine per poter riprendere in mano la gestione del potere, della giustizia, e
specialmente di quei possedimenti che nella morìa generale non erano più di
alcuno.
L’incontro con il Papa
Anche a Cesena, alla fine, l’irruenza della peste s’attenuò, mentre la sua
persistenza riesplose nel Lazio non risparmiando neppure la Corte pontificia.
Riconsiderò allora il giovane Rocco il sogno non ancora realizzato di
pregare sulla tomba dell’Apostolo Pietro, e di potere poi da lì (se nulla lo
avesse impedito) proseguire per la Terra Santa.
Come giunse alle porte di Roma invece, e vide nelle torbide e nauseabonde acque del fiume Tevere galleggiare a centinaia gli ignudi cadaveri degli appestati, eliminati in quel turpe modo dalle molte sponde umbre e laziali
affacciate sul fiume, fu preso da sgomento grande.
– Tu, Signore, non sei morto anche per essi? E noi ce ne stiamo liberando
come fossero resti di animali. –
E correva agli assembramenti dei colpiti dalla peste, appostati ai bordi
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S
delle trafficate vie imperiali, con le tese mani
supplici per non morire
di fame. Una sola infatti
era la delirante e disperata illusione delle sparse orde dei contagiati:
quella di sopravvivere
fuggendo l’aria ammorbata della città; quella di
veder passare le dieci
settimane dall’esplosione del male perché allora – stando alle assicurazioni dei protofisici, ma anche di cerusici, e ancor più
degli incisori dei bubboni – l’infezione poteva dirsi superata, e i guariti – resi
esenti da nuovi assalti del bacillo – potevano tornare a vivere. Non solo. Ma
potevano addirittura entrare senza paura nelle case infette dal contagio e
(dopo averle sgomberate dai cadaveri) installarsi in esse, farle proprie e usare liberamente tutto quanto contenevano. E ciò mentre i notai (ancorché implorati a mani giunte) si rifiutavano di redigere testamenti o di trascrivere le
ultime volontà. Come facevano pure coloro che, nel terrore, negavano la loro
assistenza agli agonizzanti. O come evitavano gli stessi fossori di avvicinare
i morti, facendoli legare per i piedi con funi dai parenti, e trascinandoli quindi alle fosse lungo le strade, insanguinandole e contaminandole tutte. Senza
contare coloro che – in tanto disordine e in tanta disumanità – per non soccombere, o per non venire sepolti vivi, fuggivano dai loro letti vagando inebetiti di porta in porta e – una volta caduti a terra – aspettando invano una
mano che li aiutasse a rialzarsi. Quella mano pronta – incessantemente pronta – che per tre anni in tutti i suburbi e in tutti i bassifondi di Roma sarebbe
stata la mano eroica ed instancabile di Rocco da Montpellier.
Non per nulla, a Roma, dopo il nome di San Sebastiano protettore e
taumaturgo in tutte le epidemie di peste, dopo il nome di Papa Urbano V che
coraggiosamente era tornato a Roma dall’esilio di Avignone, dopo il nome
indimenticabile del potente cardinale Egidio Albornoz che aveva messo pace
nello Stato della Chiesa per il ritorno del Pontefice, il nome che più correva in
Roma sulle bocche di tutti era il nome di Rocco, di Rocco il francese, di Rocco
il santo, di colui che (si diceva) aveva operato miracoli senza numero, tra i
quali uno ottenuto da Dio per un fratello del Papa, Anglio de Grimoard, cardinale: miracolo che aveva fatto fremere l’intera Cristianità.
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S
Fu in seguito a tale miracolo che il Papa Urbano V (1362-1370) volle conoscere Rocco da Montpellier. Oltre tutto il Papa (Guglielmo de Grimoard)
era pure lui francese, e – addottoratosi in entrambe le facoltà giuridiche nonché in teologia – aveva per parecchi anni insegnato sia nell’Università di
Montpellier che in quella di Avignone.
Mite com’era, Papa Urbano non disdegnò di parlare con un essere povero e miserabile quale Rocco gli apparve. E forse proprio a lui (che da meno
d’un anno si trovava a Roma) il tribolato Pontefice confidò il suo proposito di
abbandonare la Città santa per raggiungere la Francia dove deleterie ostilità
(1370) erano scoppiate con l’Inghilterra.
Indubbiamente, però, Urbano V martoriato e logorato dalle continue inquietudini del momento politico sentiva ormai vicina l’ora della dipartita. La
morte invero lo avrebbe colto ad Avignone nel dicembre di quello stesso anno.
Ebbene, esattamente due anni dopo, quando pure a Roma il flagello del
contagio parve placarsi, anche Rocco – il Santo – prese la via del ritorno in
Francia passando ancora una volta per l’amata Cesena. A vederla risorta.
Ma fu proprio là che venne a sapere dell’improvvisa paurosa ondata di
contagio bubbonico che stava decimando, questa volta, la città di Piacenza e
il suo contado. E Rocco decise di fermarsi a Piacenza.
Rocco a Piacenza
Narrano gli annali di Piacenza che il “santo” (così ormai Rocco veniva
chiamato), dopo avere visitato, con il miserando borgo di Corso, molti paesi
e villaggi intorno, liberandoli tutti dal morbo pestilenziale, sfinito per l’interminabile cammino, ed irriconoscibile per le fatiche sostenute, vide lungo la
via Romea una cadente chiesetta dedicata alla Madonna di Betlemme dove
pensò – rincuorato – di trascorrere la notte.
Quella notte, invece, Rocco dormì meno delle altre notti perché la Vergine – facendoglisi viva – volle predirgli tanti aiuti e tante grazie per gli infermi
di Piacenza, sicché ancor prima dell’alba egli destò i soldati di guardia alle
porte cittadine chiedendo del lazzaretto e dei tuguri più colpiti dove corse ad
implorare ad alta voce dal Signore la liberazione da un tale flagello.
La promessa materna della Madonna di Betlemme naturalmente cominciò ad avverarsi. La ferale epidemia, che tanti morti aveva causato, a poco a
poco prese a regredire. I bambini e i fanciulli – sempre i primi a soccombere –
tornavano a correre per i campi circostanti in cerca di legna e di erbe buone
da mangiare. I moribondi, gettati dai parenti sulle strade perché non
ammorbassero le case, rientravano nelle mura domestiche guariti. E Rocco,
divenuto (per la sua carità) il consigliere di tutti, schiodava gli usci sbarrati
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S
dei tuguri per poter confortare i sofferenti e seppellire i morti.
Purtroppo,
per
quanto egli facesse, le
miserie e i drammi dei
superstiti gli si moltiplicavano sotto gli occhi. Se
ad Acquapendente e a
Cesena egli non trovava
il tempo per dormire, ora
non riusciva più nemmeno a mangiare, per la
stanchezza oltre che per
il lavoro, e soprattutto
per la ripugnante decomposizione degli insepolti.
Nella città che lentamenDuomo di Piacenza.
te risanava non solo i
guariti stavano lontani dagli appestati, ma proprio essi decisero che sventurati, ridotti alla loro fine, venissero ammassati in un luogo solo: luogo di gemiti, di urla, di bestemmie, di maledizioni, di agonie raccapriccianti. E quel
luogo divenne così dimora permanente di Rocco che, dalla mattina alla sera,
lavava ferite putride, e le medicava, e le liberava da ogni stomachevole necrosi.
Ecco perché non tardò il giorno che il giovane Rocco, dall’aspetto cadaverico, si trovò colpito dal crudele contagio ad una gamba, la quale – gonfiandosi paurosamente – gli causava dolori atrocissimi. Un male ch’egli accolse con rassegnazione, ma ch’era talmente doloroso da costringerlo a gemere, ad invocare aiuto, ad emettere grida d’implorazione che strappavano
il cuore. Ebbene, come se ciò non bastasse, tutti gli infermi intorno – quelli
che ora egli non poteva più assistere – incominciarono a rimproverarlo, a
insultarlo, a schernirlo, a dirgli d’andarsene altrove ad implorare il suo Dio.
Il martoriato Rocco, angustiato di dare agli ammalati intorno tanto disturbo, attese la notte per uscire da quel “lazzaretto” e, con l’aiuto delle tenebre, si portò – seguito dal suo cane fedele – in aperta campagna dove adagiò
le doloranti membra sulla nuda terra.
Conobbe in tal modo Rocco la nera disumana ingratitudine. Per lui che
tante preghiere, e tante veglie, e tante fatiche aveva profuso a conforto dei
suoi fratelli, ora non c’era una mano che lo aiutasse a sollevarsi, o che gli
107
S
portasse un sorso d’acqua per un po’ di sollievo. Non solo, ma quando i
Piacentini passavano per quel sentiero e vedevano le sue piaghe, accusandolo di infettare l’erba e di spaventare i bambini, giuravano di lapidarlo se non
si fosse affrettato ad andarsene anche di lì.
I fioretti di San Rocco
Ancora una volta Rocco attese le tenebre per potersi – non veduto – trascinare penosamente il più lontano possibile da coloro che volevano lapidarlo. E non fu la fuga di una notte, ma di tante notti, attraverso boscaglie e
canneti, quasi sempre a carponi, fino a giungere dopo diciotto chilometri di
martirio in vista del castello di Sarmato.
Là si cercò un riparo, nei pressi d’un corso d’acqua dove poter lavare le
sue piaghe, e là lo scheletrito ma fedele cane, con il quale Rocco aveva sempre condiviso lo scarso cibo, teneva distanti i famelici animali notturni che
Itinerari di Pellegrinaggio nel Medioevo.
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S
altrimenti avrebbero assaltato il morente per cibarsene. Non solo, ma talmente
umana era la finezza comprensiva della malandata bestia che, nei momenti
delle lancinanti parole di Rocco rivolte a Dio, essa si rannicchiava immobile
accanto al sordido giaciglio quasi in ascolto. E quando i dolori si facevano
insopportabili gli lambiva le mani e il volto. Se invece, lungo la giornata, il
Santo riusciva ad assopirsi, il cane s’allontanava per ritornare, dopo un’ora o
due, con un pane o con un frutto.
Poco lungi da quel luogo (come abbiamo detto) sorgeva il castello feudale di Sarmato, abitato dal nobile patrizio Gottardo Pallastrelli, là nascosto
ad evitare la peste cittadina. Egli era l’erede d’una facoltosa famiglia di
Piacenza e (quand’era in campagna) si trasformava in un provetto ed appassionato cacciatore. Ragion per cui allevava nei suoi possedimenti delle splendide mute di veltri e di levrieri.
Or quale non fu la meraviglia del nobile Gottardo quando cominciò a
notare quotidianamente nei cortili del suo maniero la presenza del magro e
spaesato cane di Rocco che cercava di dividere con i superbi cani di Castel
Sarmato grossi pezzi di pane raffermo ed avanzi di pasti.
A Gottardo piacevano i cani. Fatto sta che, dopo qualche giorno, si avvicinò alla bestiola forestiera (per farsela amica) con un invitante pane. La spaurita bestia, scodinzolando, mostrò di gradire quell’attenzione e dopo aver
fatto un po’ di festa prese il pane e timorosa s’allontanò. Scena che si ripeté
per più giorni. Al sesto giorno Gottardo, incuriosito da quanto accadeva, pensò
di seguire il cane per vedere dove andasse a divorarsi il cibo. E lacrime di
pietà e di commozione gli inondarono gli occhi quando si trovò dentro un
rudere dove un uomo macilento, coperto di stracci, e disteso a terra sopra un
letto di umide foglie sembrava in attesa della morte, come di una pietosa
sorella.
Gottardo Pallastrelli s’avvicinò a lui per sapere chi fosse, e Rocco da
Montpellier, con cadenza francese, ma ormai padrone della lingua italiana,
gli rispose con tale ricchezza di considerazioni e di convinzioni da lasciar
intuire la singolarità del suo animo. Da quel giorno, sino alla guarigione dell’infermo, Gottardo – di nascosto dai familiari – non volle perdere una delle
sante conversazioni con lo sconosciuto. Al termine delle quali – abbandonati
onori ed agi – l’aristocratico piacentino, vestitosi di sacco come Rocco, decise
di scegliere con lui la via della santità. Quella santità che – al limite dell’eroismo e della follia – lo avrebbe portato a mendicare con Rocco agli angoli
delle strade, per poi dividere con i poveri le misere elemosine raccolte.
Le cose che invece Gottardo doveva soffrire da solo erano le derisioni,
gli scherni volgari, i titoli ignobili che i Piacentini gli indirizzavano oltrag-
109
S
giandolo nella sua purità, nei suoi affetti più gentili, nei suoi sentimenti più
sacri. Tanto da far dire a Rocco che già incombeva su Piacenza un nuovo
castigo divino a causa di una così crudele empietà.
Ed effettivamente la prova, permessa dal Cielo, non tardò.
“Nelle piazze, nelle strade, e negli ospedali – dissero la cronache del
tempo – non si videro di nuovo che visi ingialliti e distrutti, con occhi vuoti
ed assenti, con labbra livide e penzolanti da fare ribrezzo. In tutta la città
cadevano ogni momento a terra persone d’ogni
ceto e d’ogni età. La sola
vista della tornata mortalità faceva fuggire i
buoni dai loro congiunti
e dagli amici più cari.
Ognuno temeva le mura
domestiche come fossero covi di insidie, di infezioni, di venefici. Non
si udivano più per l’aria
che grida di disperati e
rantoli di morenti”.
E in tanto dilagante
sfacelo troppo tardi ormai le voci pentite dei
Piacentini invocavano,
con mani levate a Dio,
misericordia e perdono.
La forza di sorridere
Dopo avere trascorso in Italia quasi sette
anni – accorrendo ed
esponendosi alla furia
dei contagi – Rocco rivide alla fine le mura e le
torri della sua Montpellier.
Era partito giovanissimo, con il cuore di
Vigo Rendena, Capitello delle Quattro Facce.
110
S
un bambino, amando tutti gli uomini, facendosi povero con i poveri, vagabondo con i vagabondi, malato con i malati, senza farsi contagiare però dalla
dissoluzione di cui molti di essi andavano boriosamente fieri. Ed ora ritornava al luogo natale con il cuore amareggiato da tutte le brutture alle quali
aveva assistito e con le scandalose visioni di uomini che nei peccati dei
lazzaretti affrettavano la loro fine.
Il Santo non aveva ancora ventisette anni, e il suo corpo curvo, rattrappito per le umidità assorbite, reso rugoso e livido dai digiuni, ne mostrava ben
di più. Se ne andava inoltre in giro ricoperto di vesti da mendicante, o addirittura di sacchi, in mezzo allo strepito continuo di appestati in fuga, di bande di malviventi, di contingenti armati a placare sanguinose contese. In questo clima di discordie, di anarchie, di vendette, attraversò Rocco – lasciando
Piacenza – le miserabili terre lombarde portandosi a quel Lago Maggiore dal
cui clima sperava qualche giovamento per la sua malandata salute.
Ma proprio là, distesosi su una rude pietra in riva all’acqua a racconsolarsi
al sole, destò l’attenzione di una ronda viscontea. Ritenuto, cencioso e sudicio com’era, una spia inviata da qualche città nemica ad esplorare, preso,
legato, e tradotto – per le sue sospette risorse – nelle prigioni della cittadina
di Angera, venne immediatamente interrogato, e considerato un pericoloso
fuorilegge da estradare in terra di Francia affinché pensassero le Autorità di
Montpellier ad infliggergli un’esemplare condanna.
Sarebbe in realtà bastato ch’egli avesse manifestato le sue origini, o avesse raccontato la rinuncia d’ogni suo avere, per amore di Cristo, sette anni
prima. E nulla sarebbe accaduto. Egli pensò invece: “Forse questa è la volontà di Dio! Forse solo così avrò modo di mantenermi sulla retta via”.
Consegnato alle autorità di Montpellier fu, dal Governatore della città,
condannato ancora quel giorno alla prigionia perpetua. Nel fondo fangoso e
fetido della torre dove fu messo passarono così i mesi e le stagioni senza che
mai nessuno andasse a cercarlo, a provvederlo di qualche dono, ad interessarsi della sua lenta ma inesorabile consunzione.
Eppure in una tale nera disperazione egli, soffocando i lamenti per i dolori che lo affliggevano, trovava ancora la forza di sorridere e di dire grazie ai
suoi carcerieri. Il Santo ricordava le centinaia di appestati che fra atroci dolori
aveva visto morire.
O immaginava i santi eremiti che, per amore di Dio, pativano la fame e
l’arsura delle Tebaidi lontane. E allora quasi si vergognava di vivere in quella
specie di ospizio al riparo da tante umiliazioni e da tante intemperie.
Fu a questo punto che – approssimandosi (dopo cinque anni) l’ora della
sua morte – il Signore volle rendere giustizia ad un tale gigante di santità.
111
S
Avvenne che il carceriere, vedendo quel prigioniero di giorno in giorno regredire in salute, incapace ormai di muoversi, e quasi di respirare, eppur
sempre in preghiera, provasse una pena e un rimorso che
non lo lasciavano, la notte, né
dormire né avere pace.
– Posso fare qualcosa per
te? – chiese alla fine al prigioniero che stava morendo.
– Oh, sì! – rispose Rocco
con un filo di voce – Vorrei
vedere da una finestra la chiesa dove ho fatto la mia prima
Comunione. –
– Ma tu chi sei? – fece il
carceriere sbalordito da una
simile richiesta.
– Non abbiate paura! –
disse il condannato con le lacrime agli occhi – Io sono
Rocco, il figlio di Giovanni e di Liberia. Ora posso dirlo, perché il Signore sta
venendo a prendermi. Non ho fatto del male a nessuno, credetemi. Ho soltanto curato gli appestati. –
E il custode, come colto da malore, era già fuori dal carcere a raccontare
sulla piazza grande, a tutti, del santo che da cinque anni languiva innocente
in fondo alla sua prigione.
Il miracolo delle campane
Non solo il carceriere aveva conosciuto i genitori di Rocco, entrambi morti
in giovane età, ma ricordava pure lo scalpore suscitato in Montpellier da quell’unico loro figlio, il quale – partendo per Roma – s’era liberato, donandoli, di
tutti i suoi averi.
Provò il carceriere allora a chiedere come avesse trascorso quella lunga
assenza dal paese – sette anni almeno – e Rocco, rievocando con la semplicità
di un bambino quanto d’avventuroso accadutogli, non fece che rivelare tutto
l’ardore della sua santità.
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S
S’affrettò il carceriere, incantato dalla dolcezza della carità profusa, a
dirgli se poteva egli pure fare qualcosa per lui. Al che Rocco, incredulo rispose:
– Oh, sì! Vorrei pregarvi di andare dal Governatore e dirgli di concedermi un sacerdote per gli ultimi sacramenti. –
– Non dite questo! – esclamò l’uomo allibito – Voi dovete vivere. –
Il sacerdote ad ogni modo nel pomeriggio arrivò e scese nella putrida
cella del richiedente con il timore di quella violenza che i malfattori urlavano
all’approssimarsi della morte. Il prigioniero invece cadde ai suoi piedi stringendoglieli e baciandoli in segno di riconoscenza.
– Aiutatemi – diceva – a ricordare i miei peccati! Aiutatemi ad essere
pentito! –
E il vecchio sacerdote, perplesso, si rendeva conto della luce e del profumo di giglio che emanavano dalla purità di quell’uomo sfigurato dai patimenti
che piangeva per non aver amato abbastanza il Signore. Per essere vissuto
udendo solo maledizioni e bestemmie. E per aver visto e compatito tanti peccati.
Ebbene, dopo avere ricevuto l’assoluzione, il Santo Viatico, e le parole
rassicuranti dell’estrema unzione, Rocco chiese al sacerdote un ultimo favore: quello di poter parlare con il Governatore di Montpellier.
Egli era suo zio: sentiva di non sbagliarsi. (Anche s’eran passati dodici
anni). Era colui al quale, partendo dal paese per recarsi a Roma, aveva regalato metà dei suoi averi. Colui che di fronte a Rocco, catturato dalle guardie
viscontee ad Angera sul Lago Maggiore e tradotto a Montpellier come un
malvivente, fingendo di non conoscerlo lo aveva condannato a prigionia perpetua.
Ora, dopo cinque anni da quell’incontro, Rocco che – per delicatezza –
aveva finto lui pure di non conoscerlo, voleva chiedere perdono allo zio del
comportamento tenuto. Tenuto per delicatezza.
Corse il vecchio cappellano del carcere dal Governatore convinto di portargli la più consolante delle notizie. Ma quel sinistro ed inumano figuro non
solo disse di non conoscere il prigioniero, ma ordinò al povero sacerdote di
non comparirgli più davanti.
Pensò il Cielo allora, quella notte stessa, a glorificare Rocco.
Mentre l’infelice prigioniero, nella gelida tenebra della torre, entrava – a
soli trentadue anni – in agonia, tutte le campane di Montpellier (non toccate
da alcuno) si misero a suonare a distesa con una letizia pasquale che non
s’era udita mai.
E a una sola voce tutta la gente, scesa in strada addolorata, non faceva
113
S
che ripetere le parole diffuse dal vecchio cappellano delle carceri ancora le
sera avanti: “Sta morendo un grande santo”.
Tenuto come un proprio gioiello
Un grande Santo veramente! Il cui nome – ad un certo punto della storia
rendenese – fu in tutta la valle il più venerato. Un santo così grande (se ancora
non lo sappiamo) che scavalcò ogni ecclesiastica tradizione nella sua ascesa
all’onore degli altari. A tal punto che ancor oggi si cerca – ma invano – un
documento e una data indicanti la proclamazione canonica della sua santità.
Per cui si pensa che solo per il fervore del popolo – esaltato dai miracoli – la
Chiesa si sentì di doverlo (senz’altra formalità) accogliere nella cerchia dei
conclamati taumaturghi.
Di certo possiamo dire che già alla fine del Millequattrocento la Chiesa
unanime riconosceva San Rocco come uno dei quattordici “santi ausiliatori”
(ovverosia intercessori universali).
In Val Rendena il ricorso ufficiale a Lui si ebbe già durante il funesto
contagio del 1574, dopo il quale la comunità di Vigo, particolarmente colpita
dal morbo, volle dedicargli – presumibilmente nel 1579 – una cappella che
ancor oggi costituisce il vanto dei sopravvissuti di allora.
Ma l’apoteosi del Santo in tutta la valle si ebbe cinquant’anni
dopo (nel desolante scenario seguito all’implacabile epidemia del
1630) quando tutti i paesi vollero
dedicare a San Rocco un altare,
un’ancona, o anche solo un affresco. Chi seppe fare qualcosa di più
evidente fu soltanto l’insediamento di Caderzone che – grazie alla
munificenza del “regolano maggiore” Girolamo Bertelli (15611642), scampato sia alla peste del
1574 sia a quella del 1630 – volle
erigere al Santo una piccola ma
incantevole cappella, tutta
affrescata (come allora s’usava)
posta dietro il campanile nell’ampio camposanto che a quel tempo
circondava totalmente la chiesa.
114
S
L’originale statua di S. Rocco, voluta e posta da Girolamo Bertelli (1561-1642)
nella cappella di Caderzone eretta per voto intorno al 1640.
115
S
Mentre dunque altari in legno dorato venivano dedicati a San Rocco a
Carisolo, a Pinzolo, a Giustino, alla Pieve di Spiazzo, e la comunità di Iavrè
ricopriva gli “scialbi murali” dell’abside con una pregevolissima ancona dorata, e Vigo ingrandiva e rinnovava il monumento più glorioso e più antico
relativo alla peste in valle (il “Capitello delle quattro facce”), Caderzone si
gloriava della graziosa cappella di San Rocco presso la quale ogni giorno i
fedeli – visitando la terra santa dei loro morti – sostavano per un Pater, Ave,
Gloria.
Due secoli di vita conobbe il piccolo edificio tenuto dalla famiglia Bertelli
come proprio gioiello, nonché sacro alla popolazione caderzonese che in esso
effettuava più volte all’anno le riunioni statutarie (documentate) della Compagnia della Santissima Trinità. Due secoli peraltro che lasciarono gradualmente sulla sua copertura, sugli affreschi guastati dalle infiltrazioni d’acqua,
e nelle misere fondamenta, i segni del tempo. Segni che si aggravarono dopo
l’estinzione del casato (1822) e l’abbandono delle murature al loro progressivo deperimento.
Si giunse così al triennio 1853-1855 quando i Caderzoni – demolita la vecchia chiesa di San Biagio – costruirono l’attuale che incluse, tra i cinque programmati altari, anche un altare riservato a San Rocco e a Sant’Antonio Abate,
con la relativa pala.
Fu solo allora che la Curia di Trento – interpellata in merito – diede il
permesso all’infaticabile don Gian Pietro Lutterotti di Riva (curato dal 1844 al
1864) di vendere la malridotta cappellina e l’adiacente terreno al signor Amadio
Amadei, il quale – da qualche anno – per ampliare la sua attigua vetusta casa
ne faceva insistente richiesta.
Il signor Amadei, da parte sua, inglobando la votiva edicola nella sua
nuova e vistosa costruzione, s’impegnava a conservare in modo confacente
quanto meno l’absidola, l’altarino, e la statua del Santo. Impegno che per molti anni lodevolmente mantenne, riservando nell’androne della raddoppiata
dimora una porta laterale per l’accesso al pio luogo. Giunse però il giorno in
cui – per motivi economici preponderanti – la cappella disparve. Rimase per
qualche anno la statua nella nicchia, a memoria e rispetto del voto di ser
Girolamo. Poi più nulla.
Anche se – per la verità – non tanto della statua e della nicchia c’è oggigiorno bisogno, ma di una rinnovata sincera devozione al Santo protettore
affinché ci preservi dalle immorali trasgressive pesti del nostro tempo.
di Tranquillo Giustina
116
S
L’eredità contesa
È troppo bello, ancora oggi, il vecchio maso Curio, per accontentarsi di
una sola leggenda. Fra le molte che lo circondano, eccone una che narra della
sua origine.
Quei prati verdi e grassi, attraversati dal torrente Sarca, erano un tempo
proprietà di una ricca famiglia di Caderzone. Alla morte del padre, i tre figlioli cominciarono a litigare e a contendersi l’eredità, volendo ognuno i campi
più belli.
– Io ero il preferito da nostro padre –
si vantava il più giovane, – e perciò ho diritto alla prima scelta!
– E io ho sempre
lavorato più di voi
due – replicava ostinato il fratello di mezzo, – e quindi spetta
a me la terra migliore!
– Sentite amici –
disse alla fine il fratello maggiore, che dei
tre era il più saggio. –
Io non mi sono mai
ammazzato di lavoro,
e questo nostro padre
lo sapeva bene. Si
può anche dire che
non amassi il vecchio
più di tanto, e anche
di questo lui era al
corrente. Non mi
piacciono, però, tutti
questi litigi: noi stiamo qui a perder tem- Maso Curio.
117
S
po, a discutere, ad accapigliarci, e intanto i raccolti vanno in malora e le nostre bestie patiscono la fame. Perciò facciamo così: quali sono i terreni che
desiderate per voi?
– Io voglio i campi del Salamón, su, a mezza montagna! – si precipitò a
urlare il fratello più piccolo.
– E per me vanno bene quelli allo Jamón, anch’essi ben al sicuro dalla
violenza delle piene del Sarca! – esclamò il fratello di mezzo.
– D’accordo –
concluse il maggiore, – io mi accontento dei prati del
Curio, quelli lungo
il torrente, e il maso
che vi costruirò
prenderà il loro
nome!
Certi d’aver
fatto un affare, gabbando il fratello più
vecchio e sciocco,
gli altri due si misero subito al lavoro e
nel volgere di pochi
mesi nacquero maso Salamón e maso Jamón. E in pianura, invece, dopo qualche tempo ecco alzarsi maso Curio, di gran lunga più forte e robusto degli
altri due.
Successe che una notte una frana prospiciente maso Salamón si staccò
dalla montagna e ridusse la costruzione a poche macerie macchiate di sangue. Similmente, di lì a qualche settimana maso Jamón prese fuoco e bruciò
in pochissimo tempo, lasciando il proprietario e la sua famiglia senza un tetto sotto al quale ripararsi.
Maso Curio, invece, non temette frane, incendi o alluvioni: sopravvisse
al suo costruttore, ma anche ai suoi figli, nipoti e pronipoti. E oggi troneggia
ancora, placido e sicuro, in mezzo ai prati in riva al Sarca, a ricordo di una
lontana disputa vinta da chi aveva saputo lasciarsi guidare dalla saggezza e
non dall’avidità.
Tratto da: Mille leggende del Trentino, vol.3. Casa Editrice Panorama, Trento
118
CORTESIA: MOSCA MARIANO
... Inaugurazione della Scuola
1
2
3
1. dott. Guido Mosca (sindaco)
2. don Cornelio Cogoli
3. geom. Arnaldo Collini
con gli amministratori comunali
119
I
L
ettori scrivono
Il mio paese...
un albero per il Natale
C’era una volta un albero grande e maestoso, attorno ai suoi rami volavano farfalle ed uccelli per mangiare i deliziosi frutti che dava.
I rami, felici di poter concedere un po’ di ristoro, davano il benvenuto a
coloro che si sedevano all’ombra.
In particolare un bambino era solito andare a giocare sotto quell’albero
ed esso stesso si affezionò a quel piccolo e con la gioia di condividere le proprie risorse piegò i suoi rami per fargli cogliere i frutti più maturi e dolci.
Il bimbo giocava e cresceva ai piedi di quell’albero, si arrampicava e
saltava da un ramo all’altro; l’albero era felice e si riposava quando quel bambino giocava fra i suoi rami.
Ma il bambino diventò un ragazzo e cominciò ad interessarsi alle cose
della vita, ad occuparsi delle prime prove da dover affrontare e dei primi
amici da frequentare. Così andava sempre più di rado a trovare quel grande
amico.
Il ragazzo cresceva con le sue ambizioni senza preoccuparsi del suo avvenire; ma un giorno passò sotto l’albero e questi commosso disse: “Ti aspetto sempre, giorno dopo giorno, perché non vieni più a trovarmi?”
“Ora non ho tempo sono troppo occupato, e poi perché dovrei venire da
te? Hai forse dei soldi da prestarmi? È di questo che ora ho bisogno!”.
L’albero stupito rispose: “Mi verrai a trovare se ti darò qualcosa ? Ecco,
prendi i miei frutti e portali a vendere, ti procureranno il denaro che vai cercando”. Il ragazzo si arrampicò sui suoi rami e raccolse avidamente i frutti
120
L
offertigli. Se ne andò con la borsa piena senza neppure ringraziare.
Passò molto tempo e l’albero era molto triste; ma un giorno il ragazzo,
ormai uomo, tornò.
“Vieni qui da me, lasciati abbracciare”. L’uomo rispose seccato: “Lascia
perdere ho fretta, devo cercarmi una casa!”.
“Taglia i miei rami e costruisci la casa con questi” disse l’albero. L’uomo
prese la scure e li tagliò lasciando solo il tronco nudo e spoglio non accorgendosi della gioia dell’albero nel poter dare un aiuto al suo amato amico.
Si costruì la casa, non ringraziò pensando che questo gli era dovuto e
lasciò l’albero con il suo tronco senza più rami.
Il vento soffiava su quel tronco senza portare alcun messaggio, alcuna
notizia del suo amico ;
e intanto continuava a
pregare “Vieni mio
caro, vienimi a trovare”.
Il tempo passò e
l’uomo divenne vecchio. Un giorno arrivò
nei pressi dell’albero e
questi subito: “Cosa
posso fare ?”. “Vorrei
andare in quelle terre
laggiù per cercare di
guadagnare più soldi
ma non so come arrivarci”.
“Che problema
c’è; taglia il mio tronco
e costruisci una barca,
ti condurrà dove vuoi;
io aspetterò con ansia
il tuo ritorno”. E così
fece.
Con il tempo dal
ceppo rimasto spuntò
un pollone con un solo
121
L
pensiero – “vorrei tanto avere sue notizie, ormai sono arrivato alla fine della
mia vita e desidererei sapere se quella del mio amico è riuscita; solo allora
potrò morire serenamente”.
Nella nebbia che ormai lo aveva completamente avvolto udì una voce
flebile e tremolante ma a lui familiare.
“Se per vivere con te il resto della mia misera vita l’unico modo fosse
questo...”
L’albero sussultò scosso dall’emozione e dai colpi d’ascia che nella nebbia lo fendevano, e disse: “Sei ritornato? ...non sarò abete ma anche così originale, purché con te, il mio Natale sarà il più lieto”.
Questo racconto viene dalla fantasia del cuore di una persona comune
che vive in un paese come Caderzone, semplice e genuino, dove l’attenzione
dovrebbe essere rivolta al sociale, al gruppo cioè alla popolazione.
Spesso accade però, così come al bambino del racconto, che venga meno
per ambizione e desiderio di mettersi in mostra, il senso del dovere e del
rispetto nonché lo sforzo di soffermarsi a guardare anche ai propri piedi anziché solo all’orizzonte. Quello che voglio dire è che avverto un senso di dispersione di energie ed obiettivi, se pur tanti ce ne sono ed altrettanti sono
stati raggiunti per Caderzone.
Se si provasse ad ascoltare la voce di tutti coloro che vogliono parlare
ma non possono, perché gli interlocutori vanno di fretta e tagliano corto, non
ci si sentirebbe un singolo in un gruppo di singoli.
Non è certo un albero di Natale con decori griffati ad espressione dei più
noti Designers, non uno stabilimento termale o un campo da golf o un centro
sportivo super accessoriato a fare di Caderzone un paese all’avanguardia. Il
paese è vincente solo se la popolazione può sapere a cosa servono queste
strutture, a capire che non sono solo dei bei biglietti da visita ma una porta
aperta sul futuro dei propri figli. Ma se questo non viene spiegato con le
parole che arrivano dall’animo anziché solo dalla bocca, non farà mai scattare la curiosità delle persone e mai quindi ci sarà lo stimolo per far fare qualcosa ad ognuno di noi alleggerendo così il pesante fardello che grava sulle spalle di quei pochi che guidano il carro.
L’augurio per questo nuovo anno sarà di riuscire almeno per un attimo a riporre l’orologio, chiudere il calendario, spegnere il computer ed ascoltare il cuore.
Lettera firmata
122
L
Ricordo di Giacomo Mosca
Giacomo Mosca, di famiglia contadina, era nato a Caderzone da Alfonso
e Maria Polla il 14 febbraio 1905.
Con un Trentino entrato in guerra il 28 luglio 1914 a fianco dell’Austria
contro la Serbia e, poco dopo, contro la Russia nella Galizia e sui Carpazi,
Giacomo bambino riuscì a frequentare (unico suo corso di studi) le scuole
elementari dalla prima alla quinta classe, anche se – qualche anno – in modo
irregolare per l’occupazione degli edifici scolastici da parte dei militari.
A quindici anni – come si usava allora – andò a Trieste (in qualità di
apprendista salumiere) dove rimase fino al 1934.
Di quel lungo periodo
Giacomo Mosca (1905-1936).
sono ricordate di lui le intense letture. Con il denaro che
risparmiava infatti acquistava
quei libri d’istruzione e di
varia umanità che fecero di
lui un vero autodidatta.
Nel rigido inverno del
1935, in compagnia del cugino Lucillo Polla, volle provare a far l’arrotino sperando
probabilmente di crearsi una
certa indipendenza. Tornò a
casa invece fortemente ammalato, e morì il 18 novembre
del 1936.
Prima di morire pensò di
distruggere tutti i suoi scritti,
non totalmente soddisfatto di
essi. Riuscì per fortuna la
madre a farsi dare – come ricordo – le “Memorie di vita
militare – che egli aveva scritto a Verona nel 1929 durante
la ferma di leva.
123
L
Una poesia, tolta dal suo “Diario”, potrà dare un’idea della sua notevole
capacità e sensibilità compositiva.
*
Quando sarò sepolto
Quando sarò sepolto in camposanto,
lungi da te, e da questa terra cara,
vieni sulla mia tomba, e ad ogni canto
spargi i lamenti di tua vita amara.
Tacita ascolta, e sentirai il mio pianto
Lento e continuo trapassar la bara.
Nascondi il viso, e ti vedrai accanto
Un’alma che da te non si separa.
Dalla vicina pianta cogli un fiore
E va a posarlo sulla tomba mia
In segno di ricordo memorando.
Indi prostrata con sincero ardore
Una preghiera sciogli all’alma mia
Che nella notte vagherà cercando.
Verona, agosto 1929.
Giacomo Mosca
*
124
L
Spettabile Redazione de “il Garzonè”
I sacrifici, le rinunce, la carità dei santi talvolta sono così eccelsi, da sembrare
inverosimili. “Molti cristiani d’oggi, incapaci di immaginare certi patimenti per
amor di Dio, preferiscono sbrigativamente chiamarli leggende”.
Dopo aver letto le belle pagine dedicate da Tranquillo Giustina a Sant’Antonio Abate e alla Santa della Valle, suor Giovanna Maria Bonomo, andai a trovare
il Maestro per salutarlo e conoscere da lui le fonti di alcuni fatti straordinari, quasi stravaganti. Seguire l’entusiasmo con cui Giustina ne documenta la veridicità,
ti carica di stupore e ammirazione. Della vita di Sant’Antonio Abate, spiega
Giustina, fanno testo le memorie di Sant’Atanasio riconfermate nel tardo Medioevo dallo scrittore Domenico Cavalca. L’informazione poi si dilunga sulle difficoltà
delle ricerche, eseguite nelle più svariate biblioteche. Scrupoloso nella dedizione,
rassegnato a sostenerne i sacrifici, Giustina attesta con la sua vita che le vele d’Argo
continuano a navigare, a dare quindi i loro frutti.
Amici del Garzoné, ciò che narra il vostro Concittadino è storia, nel vero senso della parola. Le sue pagine vanno lette il più possibile, perché «ci aiutano ad avere
fiducia nel bene e ci provano, non a parole, ma a fatti, che a questo mondo c’è qualcosa che vale più della moneta, più della furberia…»
Sono parole queste di don Primo Mazzolari, mantovano di Bozzolo, che io ebbi
la fortuna di sentire più volte come predicatore (e quale predicatore, sottolinea
Giustina).
È meritevole oltre ogni dire che l’Amministrazione comunale di Caderzone faccia entrare in tutte le case del paese gli esempi di bontà riportati dal Garzoné e dai
cinque meravigliosi volumi della vostra storia.
Il quadro della Val Rendena descritto dall’Uomo delle cattedrali (l’inglese
Freshfield) predispone a osservare i vostri boschi meglio di quanto non si è fatto in
passato; le storiche migrazioni ricordate da Franchini, i disagi del giovane Fostini,
i censimenti e le controversie di cui parla il Bolognini, possono far riflettere proficuamente sul benessere cui siamo pervenuti.
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L
“Vele d’Argo continue” non è solo la storia di Caderzone e dintorni: è la storia della Patria. Il libro andrebbe adottato come testo scolastico nel Trentino, esattamente nelle classi in cui si studia il Risorgimento. Dai vari capitoli apprendiamo
inoltre che volendo essere utili, operosi, perseveranti, onesti, si possono godere molte
soddisfazioni nella vita. Sotto questo aspetto, il
titolo, impegnativo sia per l’autore che per il
lettore, è bene azzeccato.
Ora vorrei fermarmi un attimo ad osservare il Santo protettore delle stalle, così com’è raffigurato a pagina 92 del Garzoné n.20.
A prima vista si rimane colpiti dalla luce
che avvolge la sua bianca testa.
L’ardore serafico della fede di questo Santo non poteva essere espresso meglio di così. Il
candido capo leggermente chinato, i dolci occhi
abbassati, la bocca socchiusa tra i lunghi baffi e
la morbida barba, le povere vesti: “Ecco la celeste voce del silenzio”, sintetizza Giustina.
In questo disegno, come in quello bellissimo di San Biagio, l’ottimo Alfredo mette un tocco del suo spirito. Anche l’effetto
grafico è singolare: vi scorgiamo le caratteristiche ambientali che l’uomo sensibile
vede e vive nella sua Rendena. Bravo Alfredo, anche per la coppia “Violetta e Claudio”: nei sorrisi di questi giovani risplende la felicità, una felicità tanto semplice
quanto viva e sicura.
Agli sposini porgo i miei auguri con un pensiero di Beethoven, il compositore
che dà forza con la sua musica ai cari ideali della vita.
«Niente è più bello, né più invidiabile, sulla terra, che Uomo e Donna
reggere in pace la loro casa, uniti da meraviglioso amore».
Cosa è mai, dico io, questo meraviglioso amore.
Esso è fiducia l’uno dell’altra, reciproca dedizione, voglia di accettarsi con virtù
e difetti, per soddisfare il naturale desiderio di una vita in comune piacevole e serena. Con la fede nel Signore, le gioie e i dolori della vita diventano atti d’amore.
Cordialmente, augurando ogni bene
Monzambano (MN), 1 settembre 2001
Bruno Walter Camatti
126
L
Lodevole Amministrazione Comunale di Caderzone.
Pro “Garzoné” invio questo piccolo contributo in ricordo soprattutto della mia
prima gita importante, in quella stupenda conca: avevo tredici anni e salendo da
Movlina giro in alto “vicino a quella grande palina” mi ritrovai davanti a quello
spettacolo! L’ultima gita fu nel ’48 sulla Presanella (con don Duchi) dopo la Tosa con
il Boroni. La montagna fu per me sempre grande gioia e non valse tutto “l’Adriatico”
a farmela scordare, anche se qui sono pur sempre felice, ed ora giunta ai 90 riesco
ancora a dire ogni mattina (dopo fatta la Croce) che: «La vita è bella!».
Venendo a voi tutti, non ho parole per dirvi grazie per tutto quello che avete
fatto e state facendo al vostro paese. Il Signor Sindaco il primo posto, ma neppure gli
altri sono da meno. Vorrei nominare tutti ma siete tanti e tutti encomiabili. Il Maestro Giustina, merita una lode speciale! A Dio piacendo spero, prima o poi di venire
a vedere tutto. La visita della Banda stupendamente preparata e con tutto il suo
amato seguito mi portò molta gioia e mi sono sentita molto vicina a tutti!
Dai parenti, dagli amici non sento che lodi e da tutti apprendo belle novità. È
inutile negarlo: siamo una buona razza a cui il lavoro non fa paura e perciò si vedono
i risultati.
A tutti grazie, a tutti i più vivi complimenti con tanti affettuosi saluti. Lode al
Garzoné: sempre più bello e più ricco!
Trieste, 26 agosto 2001
Cristina Sartori
CORTESIA: ALBERTI CLAUDIO
Lago di Garzonè.
127
L
Spettabile Comune di Caderzone
Desidero porgere i migliori ringraziamenti per la preziosa collaborazione che ha
contribuito al buon esito di “Natural…mente bosco”.
La manifestazione giunta ormai alla sua terza edizione ha raggiunto ed ha trovato nel pubblico una forte partecipazione riscontrando interesse ed entusiasmo tali
da far decollare l’iniziativa oltre ogni aspettativa.
Confido nella vostra collaborazione anche per il futuro affinché la Val Rendena
con i Suoi prodotti, le Sue tradizioni sia sempre più conosciuta ed apprezzata attraverso questi “Itinerari del gusto” in un ambiente di indiscutibile bellezza quale il
Parco Naturale Adamello Brenta.
Saluti carissimi
Azienda di Promozione Turistica
Madonna di Campiglio Pinzolo Val Rendena
Il presidente
Ing Riccardo Maturi
128
Egregio Sindaco di Caderzone
L
Mi chiamo Barbara e sono una ragazza di sedici anni che vive a Milano. Vengo
in vacanza qui a Caderzone sin da quando avevo pochi mesi: ogni estate, ogni inverno, e ogni primavera: appena posso mi reco in questo splendido paese immerso in
altrettante splendide montagne.
Credo che ormai Caderzone sia diventato il paese più bello della Valle, non per
nulla è stato battezzato “Il cuore verde della Val Rendena”. - Ma c’è una cosa che
manca: una pista da ballo.
Per meglio dire, le strutture necessarie ci sarebbero, come il campo di basket del
Crosetta; ciò che manca in realtà sono le orchestre. Mi è sempre piaciuto il ballo liscio
e da un anno ho iniziato a praticarlo a livello professionale. Praticamente quasi in
ogni paese organizzano serate danzanti: a Bocenago, Carisolo, Giustino e, una volta
all’anno, persino a Massimeno.
Sarebbe molto bello se anche al “mio paese” ci fossero occasioni simili.
Qualche anno fa ricordo che si tenevano persino delle gare, ma poi non c’è stato
più nulla.
L’ultima volta che hanno ballato a Caderzone risale a tre anni fa, ricordo persino il giorno, era il 22 agosto 1998: data memorabile!
Spesso sento dire che qui a Caderzone non si balla mai e questo fatto mi mette
un po’ di tristezza. Non sono l’unica a pensarla così ed è per questo che ho raccolto
alcune firme a testimonianza di quanto detto sopra.
In attesa di nuovi sviluppi e che il mio, o meglio, il nostro desiderio venga esaudito, La ringrazio per la cortese attenzione e le porgo i miei più distinti saluti.
Caderzone, 6 settembre 2001
Seguono 7 firme
Barbara Brambilla
129
L
Ill.mo sig. Sindaco
Ho avuto l’onorevole incarico ed il privilegio di portare a Caderzone questa
fotografia, consegnatami dal signor Umberto Mosca “Carlöt”, di passaggio a Milano,
a casa di mio fratello Antonio, la scorsa primavera.
Il signor Umberto tiene tanto a questa fotografia (scattata a Garzonè più di 60
anni fa) e l’ha fatta inserire in una bella cornice.
Di questa foto, delle Persone che vi sono ritratte e delle attività da loro svolte, il
nostro Concittadino ha parlato mirabilmente sul n.8 pag. 59 del “il Garzonè” dopo
averla vista pubblicata sul n.3 a pag. 49.
Io sono convinto che un originale di questa foto abbia seguito il sig. Mosca nella
sua vita avventurosa in tante parti del mondo, finanche in Indovina (“il Garzonè
n.11, pag. 116); certamente sono testimone del grande amore che un Caderzonese
benché emigrato a lontano, ha per il suo Paese e per i suoi monti.
Sono a pregarLa,sig. Sindaco, secondo il desiderio di Umberto, di dare a questo
documentala più consona collocazione che Ella riterrà.
Colgo l’occasione per ringraziare Lei personalmente, l’Amministrazione Comunale e le Persone che contribuiscono a realizzare “il Garzonè” per il bellissimo regalo
che mi fanno ogni qualvolta questa bella pubblicazione giunge a casa mia a Milano.
Con i più doverosi ossequi
Caderzone, Partisela, 4 novembre 2001
Domenico Polla
1. Giacinto Polla “Fitin”
2. Giacomo Polla “Fitin”
3. Oliviero Polla “Balot”
4. Ognibene Polla “Balot”
5. Biagio Polla “Biasin”
6. Umberto Mosca “Carlöt”
7. Giuseppe Mosca “Carlöt”
8. Miradio Mosca “Muschi”
9. Edoardo Gnesini (?)
10. Felice Mosca “Puloni”
4
2
1
5
7
10
8
3
6
9
130
L
Recupero ruderi eremo San Giuliano
Durante una mia recente escursione in località S. Giuliano ho notato
quanto il grosso ed encomiabile lavoro di messa in luce e ripulitura ruderi
dell’antico romitorio eseguito, se non erro, da Claudio Mosca, Renzo Mosca e
Gino Polla si sia degradato nell’arco di un solo anno. Questo e per le intemperie che hanno buon gioco delle malte ormai diventate terra, e per la distrazione dei turisti che ignari bivaccano sugli antichi resti facendo franare le
instabili pietre, e per le pacifiche mucche che fanno ingresso in cerca di un
po’ d’acqua (che a volte forma una limpida pozzanghera all’interno) lasciando qualche “caratteristico souvenir” del loro passaggio sui resti di tavolato.
Vorrei ricordare come la sorgente di S. Giuliano abbia costituito per secoli le antiche “Terme di Caderzone”.
Infatti già nel 1600 lo storico Michelangelo Mariani nella sua opera
“Trento con il suo Concilio ed
altri notabili” alla pag. 144
scrisse: «Ma senza dire d’altre
scaturigini, è notabile in questa Valle l’acqua di S. Giuliano.
Nasce sotto l’Altar della
Chiesa d’esso Santo, e per miracolo continuato, al solo approssimarsi le Vipere, o altri
velenosi animali, restano morti, come chiaro si comporta dall’esperienza.
Volendo anche quest’acqua per ammazzare i Vermi
nei fanciulli, si come ha virtù
contro le febbri. Quindi si beve
frequentemente su ‘l luogo, e
si trasporta in Valli per ogni
evento d’usarla, qual celeste
Antidoto, così Dio favorendo i
meriti di S. Giuliano».
Senza dire poi del cardinal
Carlo Emanuele Madruzzo
131
L
che per 5 estati successive dal 1649 al 1653, si è quassù ritirato per un periodo
di riposo e di cura.
Detto romitorio fatto edificare dai Lodron (verosimilmente per una questione di ‘immagine’) sulla sorgente “miracolosa” nel 1292 e servito da un
ministro del culto da uso dei pastori che erano all’alpeggio con il loro bestiame, è stato riedificato per tre volte. Successiva e relativamente recente è la
costruzione dell’attuale vicina chiesetta, mentre gli storici resti sino rimasti
per lunghi anni nell’oblio.
Visto anche l’interesse che numerosi gruppi hanno dimostrato nel sentire la storia del romitorio si avanzavano le seguenti proposte:
1. posa di un cartellone esplicativo sulla parete laterale della chiesa;
2. interessamento dell’Università per una campagna di scavi archeologici
atti al ritrovamento di eventuali reperti che possano contribuire all’arricchimento delle conoscenze attuali;
3. rilievi di eventuali fondazioni precedenti e catalogazione di pietre lavorate;
4. recupero tramite scavo attento della sorgente situata nell’abside – che dà
ancora qualche debole segno di vita - e raccolta delle acque in un catino di
pietra a filo pavimento;
5. ricostruzione dell’altare impiegando i reperti originali dispersi in loco integrandoli, quando necessario, con parti nuove in modo manifesto (vedi
Museo della Malga);
6. consolidamento delle pietre del perimetro e messa a dimora degli stipiti
in granito;
7. sbarramento dell’ingresso con catena o stanga per le mucche (o recinzione
dei ruderi);
8. recupero dei resti del tavolato e dell’anello in ferro con trattamento conservante;
9. edizione di un volumetto con testi, documenti e immagini della zona interessata;
10.eventuale allestimento di una Mostra delle Fotografie e dei Documenti
usati in occasione della presentazione del libro.
Qualora l’Amministrazione Comunale di Caderzone, già attenta alla ricca storia del nostro Paese e al recupero del suo passato sia interessata a quanto esposto, mi troverà disponibile, assieme al Collega Tranquillo Giustina,
per prendere i necessari accordi relativi alla realizzazione pratica degli ultimi
due punti del programma esposto.
Claudio Dallagiacoma
Caderzone, 6 settembre 2001
132
C
Speciale
Museo della Malga
“il Garzonè” - n. 21, febbraio 2002
133
Speciale
Identità e territorio nel nuovo
Museo della Malga
Il cortiletto che unisce le scuderie al Palazzo Lodron-Bertelli e l’adiacente scalinata il 5 agosto 2001 straripavano di gente riunita per assistere all’inaugurazione del nuovo “Museo della Malga”.
Nel suo saluto il sindaco Maurizio Polla, orgoglioso di poter offrire alle
Comunità della Val Rendena un luogo dove ritrovare l’essenza contadina,
«un museo che grazie alla Provincia, ha detto Maurizio Polla, sarà aperto
tutto l’anno, a disposizione di tutti, scolaresche comprese». Un esempio che
lo stesso Polla si augura «altri Comuni seguano, così da costituire un percorso museale lungo tutta la Valle».
Alle parole del sindaco ha fatto eco la presidente della Regione Margherita Cogo, l’assessore provinciale all’ambiente Iva Berasi ed il suo collega
deputato alla promozione del Trentino Remo Andreolli. A rimarcare la «necessità di ricordarsi degli allevatori ed a sottolineare l’importanza che questi
rivestono nel salvaguardare il territorio» è intervenuto il presidente dell’Associazione Nazionale Allevatori di Razza Rendena Giovanbattista Polla,
vicesindaco di Caderzone. Hanno portato il loro saluto anche il presidente
del Comprensorio C8 Severino Papaleoni e l’onorevole Luigi Olivieri.
Nei molti discorsi ufficiali è emersa la “verde realtà” di Caderzone che
conta 600 abitanti e 600 capi di Razza Rendena. Il museo della Malga, il cen-
134
Speciale
tro culturale dell’insediamento Lodron Bertelli, le progettate Terme della Val
Rendena ed il nuovo campo da Golf che insiste sul territorio di Bocenago,
Caderzone e Strembo, sono gli importanti tasselli di un’offerta turistica di
grande prestigio.
Il taglio del nastro ha aperto le porte del museo, un pregevole scrigno
della memoria contadina, che attraverso la semplicità degli oggetti riesce a
trasmettere quella saggezza tipica della gente di montana.
Si tratta di un museo giovane e già importante, ad iniziare dall’ideatore
l’artista Gian Luigi Rocca, dal suo progettista l’architetto Fulvio Nardelli per
arrivare all’allestimento «minimale ma molto curato» di Nardelli, Rocca e di
Lucia Parma.
Ad illustrare e sottolineare gli allestimenti del museo della malga è intervenuta Antonella Mott, conservatrice al Museo degli Usi e Costumi della
Gente Trentina che ha inserito l’esposizione di Caderzone nell’Itinerario
Etnografico Trentino, un sistema che mette in rete i “siti” che valorizzano
l’identità ed il territorio con proposte coerenti e di qualità.
Questa nuova struttura andrà ad arricchire l’offerta museale del Trentino, attraverso l’apertura per tutto l’anno per visite guidate a scolaresche e
gruppi.
L’idea del Museo
Incontriamo Gian Luigi Rocca in compagnia della moglie Lucia e dell’architetto Fulvio Nardelli, nelle belle
e suggestive sale che si trovano nel piano interrato delle scuderie del Palazzo
Lodron Bertelli. «Era da tempo che avevo deciso di trovare la giusta collocazione agli oggetti che avevo raccolto in 23
anni di malga» ci confida Gian Luigi
Rocca, «ho scritto a molti Comuni, da
quelli della mia zona – l’artista abita a
Deggia di San Lorenzo in Banale – a
quelli della Val Rendena. Ho avuto solo
due contatti, l’entusiasta disponibilità
del comune di Caderzone e l’attenzione del comune di Spiazzo che ha già il
Museo della guerra».
Gian Luigi Rocca a Caderzone ha
Gian Luigi Rocca
incontrato Maurizio Polla e Fulvio
135
Speciale
Nardelli, impegnati
nella ristrutturazione
delle Scuderie del Palazzo Lodron Bertelli,
ne è nata una profonda
amicizia ed una filosofia che ha portato al
modo di presentare gli
oltre 180 oggetti oggi
presenti.
L’allestimento
«Il “Museo della
Malga”, ci spiega
Fulvio Nardelli, si artiG. Rocca, L. Parma, F. Nardelli.
cola all’interno di spazi
che già posseggono spiccate caratteristiche museali: murature poderose ed
avvolti sorretti da originali pilastri monolitici in tonalite (granito caratteristico del luogo). Dal punto di vista funzionale ed estetico, continua Nardelli,
siamo partiti dalla convinzione soggettiva, essenzialmente contemporanea,
che questi strumenti continuano a rimanere tali se visti ed analizzati all’interno del proprio ambiente di lavoro. Se invece vanno a formare una collezione
privata, o un museo, comunque fuori dal loro contesto, cessano di essere “strumenti di lavoro” per diventare “oggetti della tradizione etnografica”».
Queste considerazioni sono la chiave di lettura del museo in cui spicca
la volontà di non tentare di ricostruire l’atmosfera della malga perché «sarebbe, aggiunge Nardelli, una rappresentazione folcloristica della realtà».
Gli oggetti
Gli oggetti esposti sono ordinati sui piani trasparenti in cristallo, sorretti da piedi in acciaio inox lucido. «Utensili che sono chiamati non a parlare, ma solamente a rievocare la storia della vita che, con l’aiuto dell’intelligenza dell’uomo, hanno contribuito a tracciare». Il museo propone all’attenzione del visitatore solamente oggetti originali, raccolti presso numerose
malghe della Val Rendena e Giudicarie. Oggetti severi quasi rudimentali,
perché espressione di un rapporto diretto ed immediato fra la forma e la funzione, eseguiti da mani rudi che badano poco all’apparenza, molto alla sostanza. «Non belli da vedere perché finemente intarsiati, ma stupefacenti per
la loro essenzialità».
Il filo conduttore è la funzione dell’oggetto e non la preziosità derivante
136
Speciale
dall’epoca di esecuzione. Il visitatore attraverso il museo, deve
arrivare a scoprire come erano,
come pensavano, come si comportavano e lavoravano i nostri
progenitori nel processo dinamico dell’evolversi della vita». Gli
allestitori si augurano che il museo possa riscattare la figura
dell’allevatore-malgaro e contribuisca ad aumentare la consapevolezza, l’amore ed il rispetto per
l’agricoltura di montagna, considerata lo strumento principe per
la salvaguardia del territorio.
L’augurio del sindaco Polla
è che «questo museo sia inteso
come uno degli elementi portanti
di una più ricca serie di strutture
museali da realizzare in più comuni della Valle, al fine di attivare un itinerario storico-culturale lungo tutta la Val Rendena».
Walter Facchinelli
LA SCHEDA:
Museo della Malga
Rione Lodron-Bertelli – 38080 Caderzone (TN)
Tel e Fax 0465.804899
E.mail: [email protected]
Biglietto d’ingresso:
Prezzo intero: 2 Euro
Presso ridotto: 1 Euro (gruppi oltre 15 persone o bambini fino a 6 anni).
Orario di apertura:
dal 1 giugno al 30 settembre: dalle 15 alle 19 (chiuso il lunedì)
dal 1 ottobre al 31 maggio: dalle 8 alle 12 (sab., dom., lun. chiuso)
Il museo verrà aperto per gruppi o scolaresche anche il pomeriggio e nei giorni
festivi solo su prenotazione.
Nei periodi natalizio e pasquale e in occasione di altre festività infrasettimanali il
museo sarà aperto secondo l’orario estivo.
137
Speciale
…Nasce il Museo della Malga
La Dott.sa Antonella Mott.
Il Museo della Malga nasce nella valle in cui, nella nostra esperienza più
recente, proprio a Caderzone, Bruno Amadei, ci ha insegnato le differenti
denominazioni dialettali dei campanacci delle mucche: l’arbaröla è un
campanaccio che ha forma diversa dal campanèl, ed entrambi, di metallo, differiscono dalla bronzina, realizzata, come dice il nome, con il bronzo. Nasce
anche nella valle in cui Mario Collini di Mortaso, figlio di un casaro, in un
racconto sintetico, molto espressivo e pregnante, ha lasciato sempre al Museo di San Michele una registrazione magistrale in cui illustra senza indecisioni o esitazioni né pause il procedimento tradizionale di produzione del
formaggio. La narrazione termina con la frase “ed ècola fata la sprèssa”, come
se il formaggio venisse preparato grazie ad azioni naturali, molto semplici
(casaràr, paràr via, taiàr, trisàr, paràr fò), nelle quali è negata perfino la possibilità dell’errore. L’esposizione che ora qui si inaugura, è dunque pienamente
rappresentativa di un’attività fondante per l’economia della valle, che viene
espressa ancora oggi attraverso molta chiarezza nella terminologia e nella
padronanza del discorso. Ecco allora che questo vissuto si traduce ai nostri
138
Speciale
occhi spontaneamente nel progetto del Museo della Malga, museo tematico
attraverso il quale la comunità intende autorappresentarsi, e presentare se
stessa.
Lo stesso discorso chiaro è alla base dell’allestimento lineare ed essenziale del Museo della Malga, curato con grande sensibilità ed eleganza da Fulvio
Nardelli, Gianluigi Rocca e Lucia Parma. Si tratta di un’esposizione le cui
caratteristiche possono richiamare abbastanza da vicino i tratti fondanti dell’opera di Giuseppe Šebesta, fondatore del Museo degli Usi e Costumi della
Gente Trentina secondo una teoria museologica diventata esemplare fra le
esperienze di museografia etnografica. L’esposizione degli oggetti è studiata
infatti in modo da rispettare una sequenza logica e cronologica dei temi da
documentare, la narrazione viene effettuata attraverso una successione di
azioni fra loro collegate. In questo caso si distinguono allora un prima e un
dopo sulla linea temporale della lavorazione del latte. Il percorso prende le
mosse dalla mungitura, che nella malga si effettua nello stallone, per ripercorrere poi la filiera del latte: l’affioramento della panna, dalla quale si ricava
il burro, poi la produzione del formaggio, quindi la realizzazione della ricotta attraverso lo sfruttamento del siero, prodotto residuo della lavorazione.
Ancora, la stagionatura delle forme nel magazzino e per concludere, l’uomo:
il casaro, il malgaro, che si reca sull’alpe con bovine da latte, manze e vitelli,
Malga Garzonè.
139
Speciale
ma anche maiali - la sua presenza è evocata
con grande suggestione attraverso l’iscrizione sul giaciglio datata 1939 -, uomo del quale si intende documentare il modo in cui dorme, cucina, si nutre, lavora.
Di ogni strumento inoltre - altra caratteristica che potrebbe apparentare l’esposizione che oggi si inaugura ai principi fondanti della museologia di Šebesta - vengono presentate le diverse tipologie, tutte,
molto significativamente, provenienti dalla
Val Rendena. Vi sono sgabelli per la
mungitura a una gamba e a tre gambe, fra i
quali uno, maggiormente raffinato, è intagliato e dipinto. Vi è poi rappresentata l’intera serie delle zangole, che hanno varie di- Antonio Polla.
mensioni, alcune sono dipinte: vi sono le
zangole “a pistone”, fra le quali alcune lavorate al tornio, altre realizzate con
le doghe, vi sono le zangole “a manovella”, poi le zangole rotatorie, delle
quali una è una zangola “a botte”, vi sono infine la grande zangola “a barchetta” e la zangola “a leva”. La sequenza dei frangicagliata, con le rotelle, gli
spini così come ce li ha consegnati la natura, la lira, ha un’eleganza artistica.
Negli oggetti esposti, raccolti con sapienza da Gianluigi Rocca nel corso
degli anni da lui trascorsi sui pascoli della val Rendena, e nella scelta dei
quali si intravede dietro le quinte l’occhio dell’artista, è comunque evidente il
fatto che siano stati utilizzati. Vi è stata tolta la polvere che li aveva inevitabilmente ricoperti perché non più in uso, ma si sente ancora l’odore caratteristico dei prodotti caseari che hanno contenuto, e i collari dei campanacci hanno
ancora vivo l’odore del cuoio. Sono oggetti di grande interesse, che sono stati
trattati con rispetto e dei quali si è voluta rendere manifesta la loro funzionalità, il loro esistere in relazione allo scopo per cui sono stati costruiti. Gli interventi di restauro, necessari su alcuni per non comprometterne la facile
comprensibilità, sono stati effettuati con attenzione, lasciando evidenti le parti
integrate rispetto all’originale. Gli oggetti campeggiano così nell’esposizione, dove rimangono occultate le strutture atte a metterli in mostra. Legno e
pietra, le materie prime offerte spontaneamente dalla montagna, spiccano su
cristallo e acciaio, i materiali delle vetrine e dei supporti espositivi che sono
stati appositamente studiati in funzione delle serie di oggetti che si è inteso
spiegare prima che sostenere, ma che scompaiono a favore della collezione.
Il Museo della Malga assume un significato particolare anche perché, a
140
Speciale
differenza di tante altre attività tradizionali che non vengono più praticate, e
che in un eventuale contesto espositivo riaffiorano da un passato più o meno
lontano, le malghe esistono ancora, vengono ancora monticate, in alcune vi si
fa ancora il formaggio. Sono cambiati i materiali con cui sono costruiti gli
strumenti di lavoro, è stata introdotta l’elettricità, ma panna, latte, caglio,
siero e fuoco danno ancora, come un tempo, rispettivamente burro (butér),
formaggio (sprèssa) e ricotta (puina). Quando ai visitatori del Museo di San
Michele spieghiamo cos’è una malga, come funziona, perché esiste, usiamo il
tempo presente, che è contemporaneamente il presente storico e il presente
che stiamo vivendo. Anche qui, la patria della vacca Rendena, del formaggio
Spressa delle Giudicarie che ha ottenuto il riconoscimento per la tutela della
tipicità e compare nell’Atlante dei prodotti tradizionali trentini, qui ove ora ha
sede il Museo della Malga, sarà interessante mettere queste prospettive temporali a confronto, leggere reciprocamente una in funzione dell’altra,
evidenziarne certamente le differenze, ma sicuramente anche le continuità.
Vorrei concludere ricordando che il Museo degli Usi e Costumi della
Gente Trentina sta promuovendo quest’anno l’Itinerario Etnografico del Trentino, progetto che propone la messa in rete delle testimonianze del Trentino
rurale del passato. Così mulini, segherie, fucine, malghe, caseifici, le varie
espressioni dell’artigianato tradizionale, collezioni etnografiche e allestimenti
museali, edifici rurali nelle loro diverse tipologie di valle, che siano fruibili al
pubblico, appaiono riuniti in un insieme atto a valorizzarli. Il progetto, che
intende diffondere l’attenzione verso la tutela dei beni etnografici e la loro
corretta fruizione grazie a interventi opportuni di ripristino, viene diffuso
attraverso un dépliant che verrà stampato ogni anno in modo da poter aggiungere ogni nuova esperienza venga via via realizzata. Il Museo della Malga,
qualora vi sia la volontà della comunità, potrà dunque essere fra i siti che
documentano la vita pastorale della montagna trentina, ricco di un importante
patrimonio interessante da
studiare e confrontare con
gli altri siti facenti parte dell’itinerario.
Antonella Mott
responsabile Museo
Usi e Costumi
di S. M. a/A.
141
Speciale
Gianluigi Rocca a Caderzone
Ho ritrovato, in una grande “personale” a Palazzo Bertelli-Lodron di
Caderzone, l’amico Gianluigi Rocca, docente di pittura all’Accademia di Belle Arti a Brera, in Milano.
L’ho conosciuto in “malga”, anni or sono, tra oggetti poveri, testimoni di
una vita arcaica; sul fuoco non del tutto spento (che esalava ancora volute di
fumo azzurro-cenerino) un paiolo ov’era stata cotta la polenta e - tutt’attorno
- croste di formaggio abbrustolito sulla brace.
Alitava, nell’aria immobile, un sentor di beccume stallivo commisto
all’afror delle vacche al pascolo e temperato dall’odore acre della resina di
“pez” (1).
Mi fu offerta una ciotola di latte appena munto ed una manciata di fragole.
Presi il tutto tra le mani con la premura di chi non vuole versare neppure
una goccia e volsi lo sguardo attorno.
Nella luce vesperale i volti ammiccavano, sorridenti.
Sembra che il tempo si sia fermato, per me, in quel mondo
ancestrale ed il ricordo mi brucia
ancora, dentro.
Le opere che sto osservando ora
- in rispettoso silenzio - mi sussurrano: “Ricordi?” e rispondo: “Sì ricordo tutto sin dal principio Pure il
bellissimo dialogo con Lucia
nell’alpeggio di San Giuliano; presso un lago color del cielo, incontaminato. Si era tuttavia in quel di
Caderzone… “Mais ou sont les
neiges d’antant?”
Vedo cose vive, non oggetti.
Hanno un’anima e l’Artista - pian,
piano - va alla sua ricerca per farne
parte pure a noi. Mi commuove con
G. Rocca e P. Menapace.
142
Speciale
“La tazza di Angela” (matite colorate
su cartoncino, cm.
36x36) che ha una
base un poco
sbrecciata eppure è
la preferita - al certo - della piccola;
lo stesso accadeva
- tanto tempo fa alla mia Angelica.
Gianluigi la disegna con religiosa
attenzione, come
se eseguisse il ritratto della figlia, evidente nella purezza di linee, nel morbido chiaroscuro e nella tersa luminosità diffusa nello spazio circostante ove
la piccola dimensione della cosa si immerge all’infinito.
Ed ancora: “Le scarpe di Lei tra i ricordi” (disegno su carta, cm. 90 x 120).
Il lungo uso ha improntato ogni singola immagine con l’essenza umana.
“Conscious am I in my Chamber, of a shapeless friend - He doth not
attest by Posture - Nor Confirm - by Word…” (Nella mia stanza lo stento,
143
Speciale
un amico provo di corpo - Non un gesto, non una parola - che provino che
è l셔) (2).
La tecnica è ovunque la matita. Perché? Nulla di meglio per disegnare!
Mi sovvien del Maestro Leonardo e di Francesco Melzi, suo allievo prediletto
da antico sodalizio, il quale voleva esser iniziato al colore e si sentiva ripetere: “Disegna Francesco, disegna…” “Non aveva ancora imparato, forse?”
La lezione, pure per il genio, non conosce termine.
Un ultimo sguardo ai “sacchi” ed ai “fagotti” di Rocca, non ultimi per
valore. Sono la transustanziazione delle sofferenze, delle costrizioni, degli
impacci e dei legami che la società impone. In essi si materializza lo spirito
dell’Autore e la sua stessa vita. Non se ne vede il contenuto, ma si intuisce.
Del resto il Passato è patrimonio personalissimo e segreto; il futuro è
mistero. Non esiste il presente poiché non trova “ubi consistere”.
Solo l’Arte riesce a fermare l’istante d’immortale presenza nel connubio
tra “eidos” e “phatos”; per darci un’illusione di felicità.
Pierluigi Menapace
critico d’arte
Glossario:
1) Pez: Nel vernacolo locale è l’abete rosso.
2) Emily Dickinson: “Conscious am I in my Chamber”, da “Silenzi”; ed. Feltrinelli, 1986.
144
Speciale
È nata l’Associazione Culturale
Museo della Malga
L’apertura del Museo della Malga sta dando buoni risultati sia per quanto
riguarda il numero di visitatori che in apprezzamenti da parte di esperti ed
addetti ai lavori.
Questo, oltre che motivo di grande soddisfazione da parte degli allestitori
e dell’Amministrazione Comunale che ha realizzato la struttura, ha stimolato la nascita dell’Associazione Culturale Museo della Malga che si è assunta
l’impegno di gestire ed ampliare il museo all’interno di un più ampio progetto di valorizzazione del nostro territorio e delle nostre tradizioni.
L’associazione naturalmente è aperta a tutti coloro che condividono le
sue finalità riportate nello statuto redatto dai soci fondatori componenti il
Consiglio direttivo della stessa che sono i caderzoni Maurizio Polla, Giovanni Battista Polla, Alfredo Amadei, Lorenza Ventura, Tranquillo Giustina,
Rosanna Polla e Federico Polla, nominato Presidente, gli allestitori del museo
Gianluigi Rocca e Fulvio Nardelli, il giornalista Walter Facchinelli e Antonella
Mott rappresentante del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di
San Michele all’Adige.
I responsabili del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, Kerich, Mott e Zanella, in visita al
Museo della Malga.
145
Speciale
Statuto della “Associazione culturale
MUSEO DELLA MALGA”
Art. 1. Denominazione
È costituita un’associazione denominata “Associazione culturale MUSEO
DELLA MALGA” di seguito indicata come “ Associazione”.
Art. 2. Sede
La sede dell’Associazione si trova nel Rione Lodron Bertelli ed è messa a
disposizione gratuitamente dal Comune di Caderzone.
Art. 3. Assenza di scopo di lucro
L’Associazione non ha scopo di lucro.
Art. 4. Finalità
L’Associazione si propone di svolgere attività utili al perseguimento delle
seguenti finalità:
1. diffondere in ambito istituzionale, accademico e mediatico una migliore
consapevolezza dell’importanza produttiva, sociale, culturale, ecologica,
turistica e pedagogica della pratica dell’alpeggio;
2. promuovere la ricerca e la divulgazione degli aspetti culturali legati alla
tradizionale attività di monticazione delle malghe e all’allevamento bovi-
La piantina del Museo.
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Speciale
La Zangola (foto G. Rocca)
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Speciale
no con particolare riferimento alla razza Rendena;
3. promuovere lo scambio di esperienze e la collaborazione tra gli studiosi, i
produttori e gli enti territoriali che operano nel settore attraverso l’organizzazione di convegni, incontri di aggiornamento, seminari e visite tecniche;
4. promuovere, attraverso iniziative di carattere culturale ed educativo, la
conoscenza dei metodi di produzione dei prodotti tipici legati alla zootecnia
di montagna evidenziando il loro valore biologico, ecologico, storico, culturale, sociale ed economico;
5. favorire la conservazione delle attrezzature, degli edifici, dei paesaggi, degli
ambienti e delle conoscenze legate all’alpeggio e alla zootecnia di montagna;
6. gestire il MUSEO DELLA MALGA del Comune di Caderzone valorizzandolo
sotto gli aspetti turistici e didattici.
Art. 5. Affiliazioni e Federazioni
L’Associazione, fatta salva la propria autonomia, può aderire a organismi o unioni federative che perseguono analoghe finalità.
Art. 6. Soci
L’Associazione è costituita da soci individuali e da rappresentanti di Enti,
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Speciale
Organizzazioni o Società che attraverso la propria attività manifestino un
concreto interesse per le finalità dell’Associazione.
Art. 7. Obblighi dei soci
Gli associati sono tenuti a versare alla Associazione un contributo fisso
annuale determinato dal Consiglio Direttivo.
Art. 8. Assemblea dei soci
L’Assemblea si riunisce almeno una volta all’anno, approva il bilancio, ed elegge, se in scadenza o dimissionari, il Presidente e i membri del
Consiglio Direttivo. La convocazione dell’Assemblea avviene per mezzo di
comunicazione scritta o telematica a tutti gli associati ed è inoltrata con
almeno 15 giorni di anticipo. Qualora si debba procedere all’elezione del
Presidente, la convocazione viene fatta dal consigliere più anziano.
Il Presidente dell’associazione presiede l’Assemblea, salvo delegare un
membro del Consiglio Direttivo. L’assemblea delibera a maggioranza assoluta dei presenti. L’Assemblea elegge a maggioranza il Presidente ed
approva regolamenti particolari ritenuti necessari per l’attività dell’Associazione.
Art. 9. Consiglio Direttivo
Il Consiglio Direttivo è composto da un minimo di 12 membri. Il Consiglio Direttivo si riunisce ordinariamente due volte all’anno e straordinariamente qualora il Presidente lo ritenga opportuno. La convocazione viene fatta dal Presidente a mezzo comunicazione scritta o telematica. Al consiglio
spetta l’amministrazione ordinaria e straordinaria della Associazione. Esso
compila e sottopone per l’approvazione il bilancio all’Assemblea dei soci. Il
Consiglio Direttivo nomina eventuali comitati di studio. Il Consiglio direttivo
rimane in carica per lo stesso periodo del Presidente.
Art. 10. Presidente
Il Presidente o chi ne fa le veci ha la rappresentanza legale dell’Associazione, convoca l’Assemblea dei soci e il Consigli Direttivo, assicura il
perseguimento degli scopi sociali, esegue le indicazioni dell’Assemblea e del
Consiglio adottando i provvedimenti conseguenti. Il Presidente nomina tra i
soci un segretario – tesoriere. Il Presidente dura in carica 4 anni ed è rieleggibile
una sola volta.
Art. 11. Segretario
Il Segretario, su indicazione del Presidente, rende esecutive le decisioni
del Consiglio Direttivo, assume la segreteria delle riunioni del Consiglio e
dell’Assemblea dei soci stendendo i relativi verbali e cura la tenuta dell’archivio. Il Segretario si occupa delle convocazioni delle riunioni e della segnalazione di iniziative inerenti l’attività della Associazione stessa.
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Smarzadori (foto G. Rocca)
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Art. 12. Entrate e patrimonio
Le entrate e il patrimonio dell’Associazione sono costituite dalle quote
sociali e dai contributi dei soci, da eventuali erogazioni da parte di Enti e da
qualunque attività istituzionale dell’Associazione.
Art. 13. Scioglimento
Lo scioglimento dell’Associazione deve essere deciso a maggioranza di
2/3 dell’Assemblea dei soci; in tal caso il patrimonio dell’Associazione sarà
devoluto al Comune di Caderzone.
Art. 14. Indennità
Non sono previste indennità per le cariche sociali salvo che per incarichi
speciali da disciplinare con apposito regolamento. Verrà erogata un’indennità di viaggio ai componenti del Consiglio Direttivo per le trasferte dovute
alle riunioni dello stesso. Tale indennità ammonta ai Km di distanza tra la
residenza del membro del Consiglio Direttivo e la sede dell’Associazione
moltiplicati per 1/3 del valore della benzina.
Art. 15. Modifiche allo Statuto
Le modifiche allo statuto possono essere proposte in sede di assemblea
dei soci dal Presidente, dal Consiglio Direttivo, o da almeno un decimo dei
soci; sulle proposte di modifica l’Assemblea decide a maggioranza dei 2/3 di
votanti.
Caderzone, 25 settembre 2001
Prospettive
Sono state avviate delle collaborazioni con il Parco Naturale Adamello
Brenta e con il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele all’Adige per far si che il Museo della Malga non resti una, seppur apprezzata, struttura espositiva isolata, ma sia integrato con altre proposte all’interno di pacchetti didattici di educazione ambientale.
Con l’obiettivo di incentivare il turismo scolastico nel paese è prevista
anche la realizzazione di una piccola biblioteca di settore e di un mini laboratorio per attività dimostrative sulla lavorazione del latte nell’adiacente Palazzo Lodron Bertelli.
Ma il progetto più ambizioso ed articolato riguarda il collegamento del
Museo della Malga con una malga attiva ossia la Malga Campo; si intende
infatti “far vivere” il Museo della Malga attraverso un modello di turismo
rurale legato direttamente alle tradizioni e alla risorse del nostro territorio.
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Il progetto di gestione proposto al Parco dovrebbe articolarsi nel seguente
modo:
- al visitatore che si reca nel Museo presso il Rione Lodron Bertelli verrà
offerta la possibilità di completare la visita nella sede “operativa” del Museo
localizzata a Malga Campo;
- tutti i giorni, nel periodo di accessibilità alla malga (da verificare se limitare al solo periodo di monticazione) si organizzeranno delle visite guidate
alla Malga Campo con dei mezzi per il trasporto collettivo partenti da
Caderzone, che porteranno i visitatori a contatto con la malga attiva, dove
una guida illustrerà il funzionamento dell’alpeggio;
- presso la malga sarà presente una mandria di vacche Rendena da latte
gestita dalla Società Allevatori di Caderzone;
- il malgaro-pastore dimostrerà ai visitatori le tradizionali attività svolte in
malga (gestione del bestiame al pascolo, lavorazione del latte, allevamento dei maiali, ecc.) ed illustrerà le caratteristiche della Razza Rendena;
- i visitatori potranno assistere direttamente alla mungitura delle bovine;
- negli edifici, che verranno ristrutturati, sarà realizzato un piccolo caseificio
dove verrà lavorato il latte della malga e prodotti burro e formaggio in
limitate quantità;
- la visita guidata, che potrà durare mezza giornata o una giornata intera, si
concluderà al Museo della Malga dove, in un locale adiacente verranno
venduti i prodotti della Malga Campo e i salumi di Caderzone.
Il Presidente
p.a. Federico Polla
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il Garzonè
Anni 12 - Numeri 21 – Pagg. 1954
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Gennaio 2001
Luglio 2001
Febbraio 2002
Supplemento al N. 7/1994
Il Palazzo Lodron Bertelli
Supplemento al N. 9/1995
I – Gli eredi del giglio
Supplemento al N. 12/1997
II – Storie dal Contado
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Supplemento al N. 14/1998
III – Il secolo inquieto
Supplemento al N. 16/1999
IV – L’uragano e l’arcobaleno
Supplemento al N. 18/2000
V – Vele d’Argo continue
I nostri laghi (a colori)
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il
Garzonè
N. 21 - Febbraio 2002
Periodico semestrale di informazione
del Comune di Caderzone (Val Rendena - TN)
Delibera del Consiglio Comunale n. 42 del 7 settembre 1990
Autorizzazione del tribunale di Trento n. 686 del 20 maggio 1990
Direttore: Maurizio Polla
Direttore responsabile: Walter Facchinelli
Comitato di Redazione: Alfredo Amadei, Claudio Mosca,
Federico Polla, Lorenza Ventura Mosca
Segretari di Redazione: Romeo Mosca, Rosanna Polla
Redattore: Barbara Collini
Direzione, Redazione, Amministrazione:
Municipio, Via Regina Elena 45
38080 Caderzone - Tel. 0465.804214 - Fax 0465.804848
e.mail: [email protected]
Grafica: Walter Facchinelli
Stampa: Antolini Centro Stampa - Tione
Spedizione in abbonamento postale art. 2 Legge 662/96
Distribuito gratuitamente a tutte le Famiglie dei Caderzoni residenti
sia nel Comune sia in altre località in Italia ed all’Estero ed a quanti ne
facciano richiesta.
Chiuso in macchina il 15 febbraio 2002
Copertina: Conca di Garzonè. Foto: Giacomo Masè, Tione
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