CHIGIANA - UNICO SETT. 2007
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CHIGIANA - UNICO SETT. 2007 22-06-2007 11:34 Pagina 69 69 PICCOLA RIFLESSIONE INTRODUTTIVA MICHELE SERRA a profano/orecchiante, ho del melodramma un’idea piuttosto ingenua. Lo vivo come luogo potentemente espressivo, facilmente enfatico, nel quale possono darsi avvenimenti e sentimenti estremi. Non so se ancora oggi, nel teatro d’opera, si abbia il diritto di morire di tisi, languire per amore, partire per la guerra, esultare e disperarsi nell’arco dello stesso atto. Immagino, anzi, che siano state adottate sane misure di profilassi artistica per evitare che questo avvenga con troppa frequenza e disinvoltura. Resta il fatto che la suggestione melodrammatica, per un apprendista librettista, è inevitabilmente legata alla tentazione di raccontare una storia a tinte forti o perlomeno robuste, e di farlo con un linguaggio all’altezza (o alla bassezza) della bisogna. Capisco bene che ideare un “melodramma melodrammatico”, nel 2000, porti diritto tra le braccia della parodia. Qualunque postgenere, del resto, non può che essere parodistico (nei casi peggiori, lo è involontariamente). Se però si ha (e noi l’abbiamo, non è vero Fabio Vacchi?) anche una piccola presunzione di lirismo (post-lirismo?), ci si deve preoccupare di allargare parecchio le maglie della parodia. O quantomeno, di “abitare” nella parodia senza farsene troppo condizionare. Cioè avere il coraggio, quando serve, quando c’entra, di dimenticare che si sta rifacendo qualcosa di strafatto, e di provare a farlo come una cosa nuova, intatta, capace di pronunciare le emozioni e non solo di storpiarle satiricamente. Cioè essere ingenui, che è davvero l’ultimo lusso che i tempi parrebbero consentirci. Non credo, in fin dei conti, che il mix di comico e di tragico sia poi così arduo, così delicato. Nei miei (pochi) precedenti letterari e teatrali, ho sempre risolto la questione nel più impudente dei modi: ignorandola. Cioè confidando nell’elasticità e nell’ambiguità dei due modi espressivi, l’uno continuamente sconfinante in quell’altro, dialetticamente complementare a quell’altro. Ho dunque provato a immaginare una storia che contenesse, tutte intere, entrambe le possibilità. Quella comica fondata, oltre che su una situazione di per sé grottesca (1’“eroe”, il mostro, è un ultrà di calcio che parla della Coppa Uefa come del Sacro Graal), sull’utilizzo parodistico di alcuni decrepiti stilemi retorici: quale altra preziosa occasione per uno scrittore, se non il melodramma, D