La lunga strada di sabbia

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La lunga strada di sabbia
IL PICCOLO MERCOLEDÌ 19 NOVEMBRE 2014
Loscrittore
dovevarealizzare
unreportage:
ilfotografo
PhilippeSéclier
haripercorso il
suoitinerario
ne“La lunga
stradadi sabbia”
35
fotografia » il libro
di Federica Manzon
«U
n mucchio di monti trasparenti sul
mare che bolle»,
«un fiume di stabilimenti Nettuno con i primi bagnanti, pensioni con gli annunci plurilingue - Zimmer, Zimmer e Zimmer - gelati leccati golosamente , radio accese e partite a palla», spiagge che promettono
l'impegno per essere felici come in una sagra d'amore. È un
mondo troppo vivo questo
perché un giovane scrittore si
fermi a salutare il poeta Camillo Sbarbaro nella sua casa vicino almare.
Siamo nella Riviera di Ponente, è il 1959, l'estate in cui
Pier Paolo Pasolini sale sulla
sua Fiat Millecento e si lancia
all'esplorazione della costa italiana, da Ventimiglia a Trieste,
per scrivere un reportage per
la rivista "Successo". Ha appena pubblicato il suo secondo
romanzo "Una vita violenta",
forse ha già in testa la sceneggiatura per il primo film, "Accattone", ha amici tra attori, registi, scrittori e ragazzidi vita.
Da quel viaggio estivo durato tre mesi - la fotografia di un'
Italia, povera, freghereccia e
rampante - esce un reportage
in tre puntante corredate dalle
foto di Paolo di Paolo. I testi però vengono ridotti etagliati per
gli obblighi di spazio della rivista e forse anche per qualche
imbarazzoda censura.
Il dattiloscritto originale vede soloora la luce, per la prima
volta ripristinato e raccolto in
unvolume"La lungastrada di
sabbia" (Contrasto, pagg.
197, 24,90 euro). A realizzarlo
è il fotografo Philippe Séclier,
che a quarant'anni di distanza
ha ripercorso lo stesso itinerario, ritrovando tracce, immagini e memoria del grande scrittore e del suo memorabile ritratto dell'Italia. Séclier ripercorre passo a passo le orme di
Pasolini in quel lungo viaggio,
per immortalare con un salto
temporale di più di quarant'
anni le stesse strade, le spiagge, le atmosfere. Il suo cammino fotografico è pieno di presagi: l'incontro con una vecchia
Millecento nelle strade della
Puglia; la scoperta a Ischia,
nell'hotel Savoia ormai in disuso, di una stanza con una valigia e dei fogli manoscritti ancora intatti, il cielo di Trieste che
lo accoglie con la stessa pioggia cupa che aveva dedicato a
Pasolini. Coincidenze che danno vita aquesto libro einsieme
sembrano mettere in guardia
da qualsiasi tentativo di togliere del tutto le ombre alla luce,
perché lo sguardoe le parole di
Pasolini non esisterebbero
senza quella luce scura che gli
ha sempre camminato accanto ene ha segnato il destino.
In queste pagine, miracolosamente restituite nella loro integrità grazie all'aiuto di Gra-
Pasolini e quel viaggio
nell’estate del 1959
da Ventimiglia a Trieste
In alto, una
foto di Philippe
Séclier dal suo
libro “La lunga
strada di
sabbia”.
A fianco, le
pagine
dell’omonimo
reportage
realizzato da
Pier Paolo
Pasolini (nella
foto a sinistra)
ziella Chiarcrossi, la cugina di
Pasolini, si ritrova lo sguardo
affilato e lucidissimo dello
scrittore, la sua vitalità malinconica, il suo acceso desiderio
di vita nonostante o forse proprio perché una parte del suo
animo rimane cupo, turbato e
sempre esposto a un abisso di
cui sembra vedere il fondo senza reti. Come a San Remo, dove lo seguiamo sgattaiolare al
casinò nei panni di un moderno Charlot votato alla perdita,
tra "cadaveri che giocano a
baccarà", scommettitori che
puntano alla roulette con gli
occhi vividi e disperati delle vittime, e croupier che fanno della propria umile origine una
specie di vanitosa leggenda.
Ma poi c'è la spacconeria di
Portofino, dove il padrone del
celebre bar Gritta, con una faccia da pirata e l'aria complice,
gli sussurra confidenziale:
"Domani sera arriva Ava Gardner".
Un'Italia sgargiante e contrastataquella di Pasolini, fatta
di letterati e artisti che si ritrovano sulle spiagge della Versilia a pochi metri dall'Avvocato
Agnelli, Ischia con Luchino Vi-
sconti e Franca Rame che
scende dal battello con un vestito verde "che la rende quasi
quadrata, un sorriso da etrusca, due enormi limoni in mano". Siracusa sensuale e proibita, attraversata in macchina
con l'amica attrice Adriana
Asti. Ma anche la notte napoletana con ragazzini deformi e
donne ingioiellate che cercano di rubare spiccioli e un po'
di vita sotto l'ombra avvampante delVesuvio.
I passi dello scrittore nell'
estate del 1959 si mescolano allele foto di oggi di Séclier, la vi-
vacità ipercontemporanea dei
racconti trova uno specchio
simmetrico nei morbidi colori
seppiati delle foto un po' demodé. Le inquadrature metafisiche delle ville di Ravello scattate da Séclier fanno eco alla
descrizione di una costa fulminata dal sole, eternamente estiva. Come se il gioco del tempo
si imbrogliasse, e il passato della narrazione e il presente delle foto si mescolassero rendendo impossibile capire chi segue le orme di chi, chi suggerisca e chi riprenda la suggestione di una visione perfetta.
In questa corsa estiva Pasolini coglie già i dettagli rivelatori
che anticipano la "mutazione
antropologica" di una nazione
che racconterà nei più duri
Scritti corsari: gli adesivi "Dio
aiutaci!" nei camion di Reggio
Calabria e i banditi di quelle
terre dove "si sente, non so da
cosa, che siamo fuori dalla legge". E poi il grande salto dal
sudal nord. Da cosa sicapisce?
Compaiono a un tratto le biciclette, compaiono le belle donne. E nella ricca costa romagnola le conversazioni non tradiscono uno solo dei luoghi comuni borghesi: "Non è bello
ciò che è bello, è bello ciò che
piace".
C'è una nostalgia straniante
nella risalita versole terre dove
lo scrittore ha trascorso l'infanzia, e che non riconosce più:
l'Adriatico che ha il colore degli impermeabili d'autunno,
Jesolo con la sua spiaggia americana e i villini di un atroce rosa e gialletto che d'inverno si
svuotano, Caorle dove i vecchi
marinai e le ragazze dalla bellezza corallina hanno lasciato
il posto a un lungomare di calce ancora fresca e a pensioni
intonacate di color "cacca di
bambino".
Pasolini si muove in fretta,
sempre straziato nel momento di salutare un luogo che ha
conosciuto anche solo per poche ore. Guida senza che nessuno riesca a trattenerlo- di lui
rimane una solo foto, a Genova, ripreso contro il mare. Arriva a Trieste e l'attraversa tutta
fino al Lazzaretto, per raggiungere quell'ultima spiaggia italiana dove la gente si accalca
sui sassi a pochi metri dalla
sbarra del confine, e oltre c'è
solo un territorio disabitato,
yugoslavo. Qui si ferma Pasolini, raccoglie le ultime voci
"Presteme el petine" "Da dove
vignìu?'" "Da quela barca lavia?""A mi me ocore un petine
questo el xè roto" mentre scende l'ombra biancastra di un
temporale d'agosto. Qui finiscel'Italia, finisce l'estate.
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