della parrocchia di Salgareda

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della parrocchia di Salgareda
Parrocchia di
SALGAREDA
XXVII Domenica Tempo Ordinario - 4 Ottobre 2015
L’UOMO NON DIVIDA
QUEL CHE DIO HA CONGIUNTO
Da quando gli uomini si sono ribellati a Dio hanno
continuamente sperimentato il male della divisione e
non riescono più a capire un discorso serio sull’unità.
Ma il cristiano deve capire. Se egli crede che Cristo è
morto per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi
(Gv 11,52), e fare dell’umanità una sola grande famiglia,
deve trarne le conseguenze ad ogni livello, anche a quello
matrimoniale.
Al tempo di Gesù, il divorzio era ammesso sulla base
di un testo del Deuteronomio, 24,1: “Quando un uomo
ha preso una donna e ha vissuto con lei da
marito, se poi avviene che essa non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei
qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un
libello di ripudio e glielo consegni in mano e
la mandi via da casa”.
Come la legge del taglione tendeva a limitare gli eccessi della vendetta, così la legge
del divorzio è una legge restrittiva. All’inizio,
l’uomo sposato, in Israele, godeva il diritto
quasi assoluto di ripudiare a suo arbitrio la
sua sposa. Il Deuteronomio 24,1 limita appunto questo barbaro arbitrio: è un primo
argine per riportare il matrimonio nell’alveo
voluto da Dio all’inizio della creazione. E,
come la legge del taglione sarà superata dal
comandamento dell’amore, così la legge del
divorzio, “permesso per la durezza del cuore”, cioè per colpa dell’egoismo, sarà superata dal comandamento dell’indissolubilità
del matrimonio.
PAROLA
Lettura - Gn 2, 18-24
Salmo - 127
Lettura - Eb 2, 9-11
Vangelo - Mc 10, 2-16
Nell’Antico testamento viene lodata la fedeltà
coniugale (Pr 5,15-20), e
il divorzio è considerato
riprovevole, sebbene in alcuni casi venisse tollerato
“per la durezza di cuore”.
Il legislatore non solo pone limiti al divorzio, ma cerca di renderne difficile l’attuazione: la dote pagata ai familiari della
sposa non viene restituita, e se l’uomo voleva contrarre nuove nozze doveva sobbarcarsi l’onere di un nuovo contributo.
I profeti cercano di limitare la possibilità di ripudio della sposa ai casi di adulterio (Os 2,4; Ger 3,8). Malachia è colui
che difende con maggiore chiarezza l’indissolubilità del vincolo matrimoniale:
Dio in persona, per mezzo del matrimonio, fa dell’uomo e della donna una carne
sola, una sola vita; l’uomo che ripudia la
propria moglie si carica di una grande
responsabilità davanti a Dio che detesta
il ripudio (Ml 2,14-16). Tuttavia, l’insegnamento positivo dell’assoluta indissolubilità del matrimonio lo troviamo solo nel
Nuovo Testamento.
Con il dono del suo Spirito, Gesù ci
libera dalla durezza di cuore e ci rende
nuovamente capaci di vivere ciò che era
“in principio”. Il discepolo scopre in Gesù
la vera dignità dell’uomo: essere partner
di Dio che lo ama infinitamente. Egli vive
il matrimonio come immagine di questo
grande mistero.
Presso molti popoli, anche ai nostri
giorni, l’uomo acquista la donna comprandola dalla sua famiglia; essa diventa sua proprietà che può abbandonare
quando non gli serve più. Chiaramente
questo tipo di rapporto fondato sul possesso non è secondo il disegno di Dio, perché il rapporto tra Dio e l’umanità, di cui
il matrimonio è segno o sacramento, è un
rapporto di amore, non di possesso. L’uomo può possedere le cose e gli animali,
non un altro uomo.
Al di là della forma, anche presso di
noi il matrimonio è spesso un possesso,
una compravendita di mutue relazioni,
una prostituzione reciproca. Il matrimonio, invece che amore e servizio, diventa
egoismo e sopraffazione. Si sta insieme
finché dura l’interesse del più forte. Tutto
questo succede perché l’uomo e la donna
sono malati di durezza di cuore. Il cuore dell’uomo è indurito, è egoista, non è
capace di amare: questo è il suo peccato,
il suo fallimento a tutti i livelli. Solo con
Cristo, la creazione raggiunge il suo fine:
torna ad essere come Dio l’ha pensata fin
dall’inizio. Anche il matrimonio trova il
suo significato esclusivamente in Cristo.
“Lasciate che i fanciulli vengano a me”
(v.14). C’è ancora una completa divergenza tra Gesù e i discepoli nell’idea che si
fanno della sua missione. Devono imparare che il regno di Dio non è in mano
alle persone che contano, che le preferenze
di Dio sono rivolte a coloro che sono considerati insignificanti, come i bambini, a
coloro che sanno attendere e accogliere
tutto da lui, senza pretese, alla maniera
dei piccoli. La reazione violenta di Gesù
(si indignò), dà ragione all’ardire dei
bambini e dei loro genitori e torto all’ottusità dei discepoli.
padre Lino Pedron
Ulteriori informazioni sulla vita parrocchiale di Salgareda, assieme al bollettino
settimanale ed agli orari delle Sante Messe le potete trovare nel nuovo sito della
parrocchia
www.parrocchiadisalgareda.it
IL MONACO E LA BROCCA
C’era un monaco che viveva da
parecchi anni in un monastero:
giovane esuberante e facoltoso,
aveva lasciato ogni cosa per diventare santo.
Prima aveva le mani come l’avorio, ora incallite come le squame dei coccodrilli; prima il suo
volto era liscio e rasato, la sua
capigliatura lucida di unguenti,
la sua toga adorna di fermagli
d’argento: ora, tosato come una pecora, portava sotto la tonaca un duro cilicio. Aveva sì
domato la carne, ma una passione ancora resisteva tenace: la tendenza ad adirarsi.
Se un fratello nel mietere lasciava indietro
una spiga, subito gli strappava di mano la
falce con gesto iracondo. Se al vicino di stallo
sfuggiva una nota falsa nel coro, arrotava i
denti e gli allungava una gomitata.
Un giorno si presentò all’Abate: “Padre gli disse - ben vedo che non sono fatto per vivere con i fratelli: trovo in loro continue occasioni di peccato. Io mi figuravo che i monaci
fossero tutti perfetti, invece mi sono d’inciampo. Mi ritirerò nel deserto, al di là del fiume.
Laggiù, solo con Dio, non avrò più occasione
di adirarmi”. E trascurando gli ammonimenti dell’Abate, prese con sé una brocca per
attingere acqua dal fiume e se ne partì.
Sdraiato sulla tiepida arena, dormì il più
bel sonno di vita sua. Poi cantò i suoi dodici
salmi senza una nota stonata, e pregò con fervore. Com’era quieto e felice in quella solitudine, in quel silenzio!
Ora occorreva andare al fiume per attingere acqua. Andò e tornò, salmeggiando quasi
come in estasi. Ma - che è che non è - la broc-
ca si rovesciò, e giù tutta l’acqua
a correre per l’arena. “Pazienza!”
disse il monaco, e rifece la via andata e ritorno, quieto come l’olio,
meditando sulla morte.
Posò a terra la brocca, e di nuovo
quella gli sfuggì di mano. Vi rimase un po’ di umidore, ma dentro
neppure una goccia. “Maledizione! Cos’è mai questo? Il diavolo
mi vuole tentare. Orsù, pazienza!”.
Trafelato, riprende la via, attinge e
fa ritorno. E la brocca rotola a terra
una terza volta. “Maledetta sii tu!
Vattene al diavolo!”. Una pedata
furiosa e la brocca va in cento pezzi.
Sferra calci ai frantumi, e solleva un polverone di sabbia. Il
povero giovane ha capito, e torna
piangendo al monastero. “Padre
mio, mea culpa!” dice all’Abate.
“Ho rotto la brocca a furia di calci: ecco qua i cocci. La causa delle
mie collere non è la compagnia dei
fratelli: il nemico (e si picchiava il
petto) è qui dentro”.
dagli Apoftegmi dei Padri del deserto
Consiglio Affari
Economici
AIDO Salgareda
I volontari dell’AIDO
di Salgareda vi aspettano
Sabato 3
Domenica 4 Ottobre
nell’orario delle Sante Messe per dare
informazioni sulla Donazione di Organi
e sui trapianti.
Convocazione straordinaria per
mercoledì 7 ottobre 2015
alle ore 20.45
in canonica a Salgareda
Consiglio Pastorale
Parrocchiale
Convocazione con
don Corrado Ferronato,
martedì 13 ottobre 2015
alle ore 20.45
in canonica a Salgareda
Con l’occasione potrete sostenere l’Associazione portando a casa una bellissima pianta di Anthurium.
Il Coro che anima le Sante Messe nella chiesa di Salgareda
si riunisce per le prove di canto e di chitarra
per la Santa Messa di ingresso di don Corrado Ferronato
martedì 6 ottobre 2015, alle 20.30 precise
nella chiesa di Salgareda.
Chiunque volesse partecipare è il benvenuto.
Per info contattare Giulio 3394006193 oppure Simonetta 3332969794.
Alcune foto a ricordo di domenica scorsa della messa di saluto di
Don Roberto, gentilmente concesse da Carmelo Polesel