Aggiornamento P ROGETTO ESECUTIVO

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Aggiornamento P ROGETTO ESECUTIVO
Provincia di Napoli
Area Pianificazione Territoriale di Coordinamento
Direzione Pianificazione Territoriale e delle Reti Infrastrutturali
Aggiornamento PROGETTO ESECUTIVO
Intesa Istituzionale di programma APQ "Infrastrutture per i sistemi urbani" III protocollo aggiuntivo
RESTAURO E RIQUALIFICAZIONE AMBIENTALE DELLA
RISERVA NATURALE STATALE "CRATERE DEGLI ASTRONI"
Ripristino della funzionalità della strada principale di percorrenza della riserva e consolidamento
del versante interno del cratere
Elaborato R6
Dimensionamento e verifica degli interventi di: ingegneria Naturalistica, barriere
paramassi e nuovi muri di sostegno.
Calcolo delle strutture
Progettazione:
arch. Paolo Antonucci
geol. Stefano Giannino
dott. Renato Mantovani
ing. Antonio Peluso
arch. Michele Russo
dott. Fortunato Sgariglia
Consulenze:
Il Coordinatore d'Area
dott.ssa Paola Costa
Il responsabile del procedimento
arch. Valeria Vanella
aspetti architettonici, storici, ambientali
arch. Vincenzo Russo
con arch. Giorgio Castiello (indagini storiche)
aspetti geologici, geotecnici, idrogeologici
geol. Paolo Maria Guarino
con geol. Antonio D'Errico (aspetti geologici)
aspetti botanici, ecologici, forestali e ingegneria naturalistica
dott. Riccardo Motti Dipartimento di Arboricoltura, Botanica, Patologia vegetale - Facoltà di Agraria - Università degli Studi di Napoli "Federico II"
con ing. Marco Esposito (interventi di ingegneria naturalistica e tecniche a basso impatto)
Indice
Premessa
2
1. Il Progetto
2
2. Sintesi degli interventi
3
3. Gli Interventi di ingegneria naturalistica- modalità operative
4
4. Palificata doppia viva – Relazione di calcolo
6
4.1 Dimensionamento
7
4.2 Spinta delle Terre
7
4.3 Teoria di Coulomb
8
4.4 Verifiche di Stabilità
10
4.5 Analisi dei carichi
11
4.6 Sintesi dei Risultati di calcolo
12
4.7 Schema grafico dell’intervento
13
4.8 Posa in opera
15
5. Normativa Tecnica di riferimento
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6. Interventi di difesa passiva
17
6.1 Descrizione del settore G
18
6.2 Calcolo e dimensionamento delle Barriere paramassi
21
6.3 Indicazioni progettuali sulle Barriere paramassi
24
7. Dimensionamento e verifica dei muri di sostegno ex-novo
26
1
PREMESSA
La presente relazione riguarda il dimensionamento e la verifica degli
interventi necessari alla stabilizzazione delle scarpate già interessate da fenomeni
franosi e localizzate a partire dal piazzale di ingresso della riserva naturale degli
Astroni lungo lo stradello carrabile fino al fondo del cratere.
Tali interventi riguardano:
a. Interventi di Ingegneria Naturalistica.
b. Barriere paramassi.
c. Realizzazione di nuove murature ad integrazione di quelle esistenti e delle
opere d’arte presenti (inghiottitoi e ponticelli).
1. IL PROGETTO
Gli interventi prevedono un sistema combinato di azioni, da un lato, il
ripristino e l’arginatura dei fronti in scorrimento con il consolidamento delle
murature in tufo esistenti e la realizzazione di interventi di Ingegneria Naturalistica,
dall’altro con opere di difesa passiva inserite sui versanti a diverse quote.
Le scelte progettuali, come detto, interpretano esigenze di tipo paesaggistico,
naturalistico, tecnico e di sicurezza valutate sia singolarmente che in relazione tra
loro, tenendo conto del particolare contesto in cui si inseriscono.
Come criterio generale può dirsi che gli interventi di progetto operano con
una filosofia di mitigazione del rischio mediante opere di difesa passiva e di
ingegneria naturalistica (palificate doppie vive di sottoscarpa, barriere vegetali,
gradinate/palizzate vive), necessarie a garantire un elevato grado di sicurezza per i
fruitori dell’area naturale protetta, lasciando tuttavia inalterate le dinamiche di
evoluzione dei versanti.
In particolare nelle aree identificate nei grafici allegati nei settori A, B, D, F e
G , l’andamento sub verticale dei versanti e la tipologia di dissesto non consentono di
intervenire in modo attivo con tecniche di consolidamento a basso impatto se non
limitatamente a piccoli fenomeni di erosione superficiale.
Proprio in considerazione della particolare valenza ambientale del sito, infatti,
gli interventi di progetto non mirano alla stabilizzazione dei corpi in frana, così come
puntualmente individuati nella relazione geotecnica allegata, ma realizzano un
sistema combinato di opere di difesa passiva che consentono nel pieno rispetto del
contesto di intervento di consentire la fruizione controllata del sito.
Nell’ottica del minor impatto possibile con l’ambiente naturale in cui si
inserisce l’intervento si traduce nella realizzazione di barriere passive da installare al
piede del versante a difesa del percorso fruito mentre nella parte alta del versante
sono previste sia barriere paramassi in acciaio (con assorbimento fino a 4000 KJ) che
interventi di Ingegneria Naturalistica (come gradonate vive) limitatamente alle aree
in erosione superficiale con una diffusa piantagione che costituisce una immediata
protezione meccanica della corrosione ed in una fase successiva un efficace
consolidamento in profondità.
2
2.
SINTESI DEGLI INTERVENTI
Le opere previste infatti possono sintetizzarsi nel modo seguente.
a. Interventi di Ingegneria Naturalistica
Come detto gli interventi di Ingegneria Naturalistica si inseriscono in un sistema
di opere previste sui versanti che mirano a limitare i fenomenici di erosione
superficiale rilevati ed a costituire al contempo piccole barriere di difesa passiva. Si
prevedono quindi i seguenti interventi:
- palificate doppie vive
- gradonate vive
- barriere vegetali
b. Realizzazione delle Barriere di difesa passiva paramassi
Come specificato in premessa si è individuata la necessità di realizzare, in
tutti quei settori interessati da dissesti che costituiscono maggiore pericolo per lo
stradello, un sistema di protezione delle percorrenze mediante opere di difesa
passiva.
Si realizzerà quindi, in corrispondenza dei settori A, B, D, F e G, un sistema
di barriere passive paramassi poste su più livelli a partire dal piede del versante con
la funzione di assorbire massi e frane con capacità di assorbimento fino a 4000 KJ,
le cui specifiche di esecuzione e dimensionamento vengono di seguito descritte.
Come più volte ribadito la scelta degli interventi muove da una accurata
analisi delle dinamiche di frana dei versanti sia osservate che attese oltre che da una
campagna di indagini specifiche effettuate in diverse sezioni opportunamente
individuate.
c. Realizzazione di nuovi “muri di sostegno” ad integrazione delle murature
esistenti e delle opere d’arte presenti (canaletta, inghiottitoi e ponticelli).
Tale tipologia di intervento riguarderà il consolidamento delle murature di
contenimento in tufo danneggiate ed in pericolo di ulteriori crolli, nonché la
realizzazione di nuovi muri di sostegno al fine di fornire continuità alla muratura
esistente a protezione della strada, dai fenomeni di dissesto del versante di monte.
I muri verranno realizzati in muratura di tufo al fine di uniformare l’intervento
ai materiali ed alle opere d’arte preesistenti.
3
3.
GLI INTERVENTI DI INGEGNERIA NATURALISTICA –
MODALITA’ OPERATIVE
La sintesi degli interventi esecutivi del progetto, sono riassunti nell’Elaborato
esecutivo T5 e nei Dettagli esecutivi T5a e T5b.
Palificata Doppia Viva “tipo Vesuvio
In corrispondenza della strada, come riportato nella planimetria degli
interventi esecutivi, si è previsto un intervento di palificata doppia in tondami di
castagno f 20 mm posti alternativamente in senso longitudinale e trasversale ( l =
1,50 m ) a formare un castello in legname e fissati tra loro con chiodi o tondini f 14
mm; la palificata andrà interrata con una pendenza di 10° - 15° verso monte ed il
fronte avrà una pendenza di 20° - 30° per garantire la crescita delle piante;
L’intera struttura verrà riempita con l’inerte ricavato dallo scavo e negli
interstizi tra i tondami orizzontali verranno collocate talee legnose di Cytisus villosus
o di Coronilla emerus, o ad altre specie autoctone e già presenti in sito adatte alla
riproduzione vegetativa, in misura di 10 a ml per ciascuna fila di tronchi
longitudinali, nonché piante radicate di specie arbustive pioniere. Rami e piante
dovranno sporgere per 0,10 – 0,25 m dalla palificata ed arrivare nella parte posteriore
sino al terreno naturale.
L’intervento dovrà seguire la seguente modalità operativa: si realizza il piano
di posa con una contropendenza verso monte stabilita in sede di calcolo di stabilità, si
procede quindi alla posa della prima fila di legname in senso parallelo alla pendice
(corrente), curando il posizionamento in bolla durante la posa del tondame si
realizzano i collegamenti tra un legno ed il successivo realizzando gli incastri ed i
fissaggi con tondino in ferro. Il montaggio prosegue con la posa del successivo
ordine di tondame da posizionarsi in senso ortogonale alla prima fila ed alla
pendice(traverso): questi legni avranno lunghezza variabile da 1,5 a 3,00 m. Si
procede quindi al fissaggio dei legni con fila sottostante sempre tramite tondino in
ferro.
Piantagioni
La piantagione garantisce una protezione meccanica della corrosione, e, in
una fase successiva, grazie alla formazione di un fitto reticolo di radici con
vegetazione cespugliosa rigogliosa elastica e duratura, costituisce un efficace
consolidamento in profondità.
Il consolidamento delle scarpate ha così un effetto visuale di grande valore
paesaggistico legato al rapido sviluppo della vegetazione che minimizza l’impatto
dell’intervento sin dalla fase iniziale.
Tutti gli interventi di Ingegneria Naturalistica richiedono una fase successiva
di osservazione mediante una accurata raccolta dei dati sulle opere realizzate, ed in
particolare lo stato di attecchimento e di sviluppo vegetazionale oltre allo stato delle
opere in relazione alle azioni misurate.
4
Gradonate vive
Le gradonate vive si realizzano mediante lo scavo di gradoni o terrazzamenti
a file parallele su pendii con messa a dimora all’interno gradone di ramaglia di piante
legnose con capacità di riproduzione vegetativa e piante radicate e successiva
copertura con materiale proveniente dalle precedenti operazioni di scavo. La tecnica
proposta ha il vantaggio di poter essere eseguita a mano e di realizzare una
radicazione profonda con effetto di drenaggio, impedendo sia l’erosione che il
movimento del terreno. Grazie a questo intervento il deflusso dell’acqua nel suolo ed
il ruscellamento superficiale vengono rallentati.
Le gradonate vengono realizzate nei settori A, B, D, F e G in corrispondenza
di tutti i versanti interessati da consistenti dissesti e nei quali si prevedono anche
barriere di difesa passiva. La loro azione si prevede costituisca un consolidamento
immediato del terreno con un effetto che aumenta dopo la radicazione.
Barriere vegetali
Una importante funzione di difesa passiva per piccoli elementi (nell’ordine del
dm3) che si distaccano dal versante viene affidata alle cosiddette”barriere vegetali”.
Tali barriere si realizzano con specie autoctone messe a dimora ad un interasse medio
di 30cm a costituire in breve tempo, una fitta barriera in grado di trattenere piccoli
blocchi in scivolamento. Le specie autoctone utilizzate sono:
Ruscus aculeatus
Viburno fillirea
Cytisus villosus
5
4. PALIFICATA DOPPIA VIVA - RELAZIONE DI CALCOLO
Come descritto e come si evince dagli elaborati grafici allegati la
realizzazione delle palificate e la scelta di realizzarle anche su più ordini di
allineamento è stata dettata dai saggi effettuati sul terreno e dalle caratteristiche
rilevate proprio in corrispondenza dei tratti di strada in scivolamento.
In particolare nei paragrafi successivi si farà riferimento per i valori del
terreno agli strati nei quali la palificata si realizza. Infatti come si legge dai grafici i
pali della struttura in legno vengono infissi nella parte stabile, non oggetto di
precedenti interventi di riporto (siamo sulla linea di versante), e quindi con un angolo
di attrito di 30°.
Nel seguito si illustrano modalità e calcolo relativo ad una palificata (quella
evidentemente prossima al ciglio della strada) gravata dal carico di un mezzo
destinato allo spegnimento degli incendi cercando quindi di simulare una tra le
condizioni più svantaggiose e relative al possibile transito del più pesante mezzo di
soccorso.
4a. Opere di contenimento eco-compatibili: Palificata in legno
La realizzazione di opere per il contenimento del terreno in legname,
Palificate vive, rappresenta una soluzione ideale per tutte quegli interventi di
ingegneria che pur richiedendo ampie garanzie di sicurezza, non trascurano
l’esigenza di un corretto inserimento nel paesaggio e di un’ottima integrazione
ambientale.
La presenza dell’aggettivo vive sottolinea il contributo offerto alla resistenza
dell’opera, dalle piante opportunamente messe a dimora sul paramento esterno della
stessa, contributo dovuto all’azione esplicata dalla ramificazione del loro apparato
radicale e dalla resistenza al taglio delle stesse.
-
4b. Caratteristiche ed ambiti di applicazione
Molto utilizzate in situazioni ambientali delicate ed in aree protette (parchi
naturali, fluviali, ecc.), le palificate vive sono efficacemente realizzate in svariate
situazioni progettuali, quali ad esempio:
nelle sistemazioni idrauliche, quali opere di difesa spondale o per la regolarizzazione
delle pendenze;
nei lavori stradali, quali opere di contenimento (muri di sostegno, di sottoscarpa e di
controripa), barriere paramassi e barriere fonoassorbenti;
nel consolidamento di versanti;
nel recupero ambientale di opere esistenti.
La funzione strutturale viene garantita mediante l’assemblaggio di elementi di
diversa natura, quali: travi in legno, terreno di riempimento, radici delle piante.
La struttura cosi realizzata, agendo a gravità come un corpo unico, contrasta
efficacemente la spinta delle terre e, grazie all’inerbimento diffuso del paramento,
determina un basso impatto sull’ambiente circostante.
Strutture di questo tipo presentano inoltre un notevole grado di flessibilità che
permette loro di assorbire cedimenti differenziali e cedimenti a medio-lungo termine,
senza mettere in crisi la stabilità globale dell’intera opera.
6
4.1 DIMENSIONAMENTO
Le palificate in legname per il contenimento del terreno, sono strutture
schematizzabili come muro a gravità, il loro dimensionamento statico può quindi
ottenersi attraverso le teorie classiche della geotecnica. Le forze agenti sono
essenzialmente:
- la risultante S delle sollecitazioni esercitate dal terreno retrostante;
- il peso proprio Pb della struttura legno-terreno;
- il peso proprio Pa del terreno sormontante la struttura;
- la risultante R esercitate dal terreno sulla struttura di contenimento.
Per quanto riguarda la determinazione delle forze peso Pa e Pb esse sono note
una volta fissata la geometria e le dimensioni dell’opera di sostegno.
La determinazione dell’intensità e della retta di applicazione della spinta S
viene effettuata attraverso i classici metodi della geotecnica.
Le dimensioni necessarie che scaturiscono dal calcolo possono essere
realizzate scegliendo gli elementi di dimensioni (diametro e lunghezza dei pali) piu’
opportune e assemblandoli in modo da realizzare la struttura piu’ consona alle
esigenze specifiche.
4.2 SPINTA DELLE TERRE
La spinta S esercitata dal terreno sul manufatto, dipende da svariati fattori, tra
i quali i principali sono:
- la geometria dell’opera di contenimento e del terrapieno;
- le caratteristiche del terreno retrostante e del terreno di fondazione;
- le condizioni di drenaggio.
Per la determinazione della spinta viene adottato il metodo dell’equilibrio
limite, il quale ipotizza che la superficie di rottura abbia in generale forma cilindrica,
che su di essa si mobiliti tutta la resistenza a taglio del terreno e che per l’equilibrio
del concio di spinta si considerano solo spostamenti di tipo rigido.
Nello specifico viene utilizzata la teoria di Coulomb, applicabile a svariate
condizione geometriche e che considera una condizione di equilibrio limite globale
anzichè puntuale.
7
4.3 TEORIA DI COULOMB
Le ipotesi adottate sono le seguenti:
superficie di scorrimento piana;
distribuzione delle pressioni di tipo lineare;
inclinazione della spinta pari all’angolo di attrito terreno-struttura;
terreno privo di coesione
C=0;
la spinta attiva è data da:
1
S = γ t H 2 Ka
2
;
ed è applicata ad una distanza dal fondo dello scavo pari ad un terzo dell’altezza
totale H, Ka è il coefficiente di spinta attiva, che secondo la teoria di Coulomb vale:
sen 2 (α + ϕ )
Ka =
2
⎡
sen(ϕ + δ ) sen(ϕ − β ) ⎤
2
sen α (α − δ ) ⎢1 +
⎥
sen(α − δ ) sen(α + β ) ⎦
⎣
;
dove si è indicato con:
φ l’angolo di attrito interno;
il peso specifico del terreno;
γt
α
l’inclinazione del terrapieno sovrastante la struttura;
δ
l’angolo di attrito opera-terreno compreso tra i 2/3 di φ e l’80% di α ;
β
inclinazione della palificata rispetto all’orizzontale (contropendenza).
Il diagramma delle pressioni è di tipo triangolare secondo ipotesi, con
pressione massima alla base e punto di applicazione della spinta nel baricentro del
triangolo, posto ad H/3 dalla base di appoggio dell’opera.
-
4.3.1 Sovraccarichi
Eventuali sovraccarichi vengono assimilati ad un carico uniformemente
distribuito che produce una pressione verticale, tradotta in spinta orizzontale dal
coefficiente Ka.
Questo incremento di spinta viene valutato, nel caso piu’ generale di
paramento in contropendenza e superficie di terreno retrostante inclinato, con:
senα
;
S q = qK a h
sen(α + β )
il diagramma di tale incremento è rettangolare con punto di applicazione in
H/2.
Nel caso invece di terreno retrostante orizzontale è possibile sommare
direttamente il contributo dato alla spinta del terreno dal sovraccarico, la somma è
rappresentabile con una legge di distribuzione di tipo trapezia con punto di
applicazione della risultante nel baricentro del trapezio.
4.3.2 Sisma
La Normativa italiana (D.M. 11/03/88 e D.M. 16/01/96) prevede, nelle zone
classificate sismiche (Ordin. 12 giugno 1998 n.2788) e quando l’opera di sostegno
supera i 3.00 m di altezza, che al calcolo della spinta statica, cosi’ come descritto in
precedenza, bisogna sommare due contributi aggiuntivi di spinta.
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Il primo è relativo all’incremento di spinta calcolato considerando l’azione
sismica come una forza di tipo inerziale agente sul cuneo di spinta:
cos 2 (α + ξ )
ΔS = S I
−S;
cos 2 (α ) cos ξ
applicata a 2h/3 e dove si è indicato con:
S= spinta calcolata in condizioni non sismiche;
SI= spinta calcolata in condizioni dinamiche, con
ε’ = ε + ξ;
α’ = α + ξ;
ξ = arctgC;
Il secondo è dato dal calcolo di una forza
orizzontale di inerzia applicata nel baricentro della
struttura di sostegno e pari a:
F=CPa;
con Pa peso del manufatto.
Questo metodo simula l’azione dinamica del cuneo di spinta con una forza
statica equivalente proporzionale al peso del cuneo stesso mediante un coefficiente
orizzontale funzione della zona sismica secondo lo schema riassunto nella seguente
tabella.
Zona sismica
I
II
bassa sismicità
C
0.10
0.07
0.04
ξ
5.71
4.00
2.29
9
4.4 VERIFICHE DI STABILITÀ
Il controllo sulla stabilità del opera di sostegno e quindi sulla fattibilità e
corretto dimensionamento della stessa, viene affidata alle seguenti verifiche:
- verifica al ribaltamento;
- verifica allo scorrimento lungo la base;
- verifica a rottura del piano di fondazione;
oltre che alla verifica della stabilità globale terreno-opera di contenimento e alle
verifiche di resistenza del materiale costituente l’opera.
4.4.1 Verifica al ribaltamento
La spinta del terreno e dei sovraccarichi tendono a far ruotare il muro intorno
alla base (momento ribaltante MR), a questa rotazione si oppongono i momenti
dovute alle forze peso stabilizzanti (momento stabilizzante MS), il coefficiente di
sicurezza dovrà essere:
MS
> 15
.
MR
.
4.4.2 Verifica allo scorrimento
Le componenti orizzontali di spinta tendono a far scorrere il muro lungo il
piano di posa dell’opera, le azioni tangenziali sul piano di fondazione si oppongono a
tale scorrimento:
V
> 13
.
T
;
V=Ntagφ; forza di attrito, con N= risultante delle forze verticali;
T=spinta instabilizzante;
L’inclinazione dell’opera di contenimento rispetto alla verticale, attraverso
una contropendenza adeguata, migliora notevolmente il comportamento della stessa
rispetto allo slittamento, risultato ottenibile anche con l’infissione di uno sperone di
ammorsamento.
4.4.3 Verifica allo schiacciamento
Questa verifica viene effettuata confrontando la tensione massima (σmax) sul
piano di posa della fondazione con la tensione del terreno al limite di rottura (σt,lim).
σ t ,lim
> 2.0
σ max
La sezione di fondazione è sollecitata a pressione eccentrica, bisogna quindi
stabilire se la risultante delle forze verticali N sia interna, sul bordo o esterna al
nocciolo centrale di inerzia della sezione.
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4.5 ANALISI DEI CARICHI
Zona di intervento
sentiero forestale
Quota sul livello del mare
variabile 0/100 mslm
Distanza dal mare
circa 3.5 Km.
Zona
Cratere degli Astroni
automezzo di controllo e gestione forestale
unità di spegnimento
Land Rover defender 90TD5
tara
19.30 ql.
A pieno carico
25.50 ql.
Distanza tra assi
2.36 mt.
Distanza tra ruote
1.79 mt.
Larghezza pneumatico 20.5 cm
autocarro
carico
assi
carico per asse
2550
2
1275
Kg
Numero
Kg
fattore incrementale
sull'asse
carico incrementato
2 ruote per asse
1,4
1785
2
40%
Kg
Punti
carico sulla ruota
892,5
pneumatico 20,5 cm 0,042025
scarico
21237,359
piastra 50*50 cm²
0,25
scarico su piastra
3570
equivalenza
tra
momenti FL/4=qL²/8
=> q=2F/L
1785
1785
Kg
impronta m²
Kg/m²
impronta m²
Kg/m²
carico al metro lineare sulla
palificata
Kg/ml
carico al metro lineare sulla
palificata
Kg/m²
Carico da neve :
qs = μi qsk
qs carico da neve
μi coefficiente di forma con α compreso tra 0° a 15° μi = 0.8
qsk valore di riferimento carico da neve al suolo
posto as>750 mslm
qsk = (1.96+8.5(as-750))/1000= (1.96+85)/1000= 0.086 KN/m²
qs = μi qsk = 0.8*0.086 = 0.0688 KN/m² = 6.88 Kg/m²
Qso = 1785 + 6.88 = 1791.88 => 1800 Kg/m²
11
4.6 SINTESI DEI RISULTATI DI CALCOLO
Dati Progettuali
DATI GEOMETRICI
Altezza versante
Lunghezza palificata
Larghezza palificata
Altezza palificata
Contropendenza palificata
Inclinazione terreno sovrastante
Sovraccarico
H=1,20 m;
L=9.90 m;
b= 1,20m;
h=1,05 m;
α=5,71 °;
β=0 °;
Qso=1800 kg/m2;
CARATTERISTICHE DEL TERRENO
Tipo terreno
Peso specifico
Angolo di attrito interno
Tensione ammissibile
Angolo di attrito terreno-struttura
materiale piroclastico umido
γt=1800 kg/m3;
ϕ=30°;
σt,am=2 kg/cm2;
δ=20°;
MATERIALI UTILIZZATI
Tipo Legno
Peso specifico
Sezione pali longitudinali
Sezione pali trasversali
Chiodature
Talee
Piantine radicate
CASTAGNO;
γl=620 kg/m3;
circolare
diametro 0,15 m;
circolare
diametro 0,15 m;
ferro φ14; da 0,27 m;
a scelta del progettista ;
a scelta del progettista;
Risultati di calcolo
Coefficiente di spinta attiva
Ka=0,259;
FORZE INSTABILIZZANTI
Spinta statica del terreno
Punto di applicazione della spinta
Inclinazione della spinta
Incremento sismico orizzontale
Forza orizzontale di inerzia
St=335.09 kg/m;
y=0,40 m;
δ=20 °;
ΔS=0 kg/m;
ΔF=201,61 kg/m;
FORZE STABILIZZANTI
Peso del terreno sovrastante
Peso della palificata
Pa=168.46 kg/m;
Pb=2026,11 kg/m;
VERIFICHE DI STABILITA’
Verifica al ribaltamento
Verifica allo scorrimento
Verifica allo schiacciamento
Ms/MR=2.91 >1.5;
V/T=1.67 >1.3;
σt,lim/σmax=18.31 >2;
12
4.7 SCHEMA GRAFICO DELL’INTERVENTO
Nelle figure seguenti, si riporta uno schema esemplificativo dell’intervento, i cui
dettagli esecutivi sono riportati nell’Elaborato T5a del progetto Esecutivo
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14
4. 8 POSA IN OPERA
La posa in opera ed il collegamento degli elementi in legno costituendi la
gabbia, prevede la realizzazione preliminare di un piano di posa in pietrisco, in modo
da livellare il fondo dello scavo e per distribuire uniformemente i carichi sul terreno.
Circa il materiale di riempimento, è possibile fare ricorso a qualsiasi materiale
disponibile in sito, purché in grado di assicurare l’attecchimento della vegetazione, il
drenaggio delle acque, impedire il dilavamento per effetto delle acque drenate e
garantire il necessario peso, in modo che la struttura nel suo complesso agisca come
muro a gravità.
Il montaggio è estremamente semplice e veloce, dal punto di vista strettamente
operativo esso si realizza con il semplice ricorso ad un escavatore a braccio idraulico
e a un limitato numero di operai, risulta però molto importante il rispetto di alcuni
accorgimenti operativi quali:
- utilizzare tondame preferibilmente scortecciato, in quanto questa favorisce e
accellera i processi di degradazione del legno; il castagno ad esempio se
correttamente trattato può arrivare integro, anche se in acqua, fino a 20-30 anni dalla
messa in opera;
- mettere a dimora negli interstizi che si creano tra i pali, rami di specie legnosa
con capacità vegetativa autonoma, avente lunghezza di circa 1 m e con
sporgenza massima pari a ¼ della loro lunghezza (possibilmente siepicespuglio);
- evitare di lasciare spazi vuoti intorno alla parte terminale delle talee e creare
in queste zone delle nicchie utilizzando terreno piu’ fine;
- terminata la costruzione della palificata, realizzare nel piu’ breve tempo
possibile, l’inerbimento dell’intero paramento, in modo da contrastare
l’erosione dello stesso;
- la scelta del periodo di realizzazione dell’opera è vincolato dalla messa a
dimora delle piante, è preferibile utilizzare i periodi di riposo vegetativo o in
estate facendo attenzione a non danneggiare le piante;
- il collegamento dei pali può essere realizzato in due modi diversi: con
aggancio trasversale dei pali, mediante barre in acciaio sagomate ad “u”, o
meglio ad aggancio verticale mediante chiodatura con barre di acciaio,
eventualmente utilizzando attrezzo a percussione con terminale a cappuccio,
assicurandosi di penetrare con un chiodo almeno due o tre pali.
- manutenzione nel primo anno, per controllare l’attecchimento delle piante e
prevenire fenomeni di scalzamento al piede.
15
5.
NORMATIVA TECNICA DI RIFERIMENTO
Le verifiche di stabilità sono state effettuate nel pieno rispetto della normativa
vigente, in particolare sono state considerate le seguenti Leggi, Decreti ed Istruzioni
Ministeriali:
-Legge 5 novembre 1971 n.1086;
-Legge 2 febbraio 1974 n.64;
-D.M. LL.PP. 11 marzo 1988;
-D.P.R. del 14 aprile 1993 (interventi di manutenzione idraulico-forestale);
-D.M. LL.PP. 9 gennaio 1996;
-D.M. LL.PP. 16 gennaio 1996;
-Circolare 24 settembre 1988 n.30483;
-Circolare 14 aprile 1997 n.65/AA.GG.;
-Ordinanza 12 giugno 1998 n.2788 (elenco località sismiche);
16
6. INTERVENTI DI DIFESA PASSIVA
Il dimensionamento delle opere di difesa passiva si basa sulla definizione della frana
di progetto, a sua volta derivante dalla analisi dell’assetto morfologico e
litostratigrafico delle aree di versante, dei processi erosivi e della franosità antica e
recente.
In considerazione della complessa interazione dei fattori che influenzano e
controllano l’attivazione dei fenomeni franosi (variazioni e eterogeneità dei terreni
piroclastici coinvolti, profondità e irregolarità della superficie di rottura, variabilità
delle dimensioni del volume mobilizzato, dissipazione dell’energia cinetica del
volume mobilizzato per la resistenza legata alla irregolarità del terreno e alla
copertura boschiva ecc.) si è preferito adottare uno schema semplificato di
modellizzazione delle frane, sufficiente a fornire una corretta valutazione dell’ordine
di grandezza del risultato atteso.
In definitiva, i processi e gli eventi erosivi ricorrenti nell’area di studio possono
essere schematizzati nelle seguenti tipologie:
1. erosione degli orizzonti superficiali e scivolamento di terreno (subordinatamente
anche di roccia madre) e alberi in corrispondenza di irregolarità morfologiche e
scarpate di modesta altezza – presente diffusamente lungo tutti i settori individuati
nella Carta degli Scenari Morfoevolutivi - con mobilizzazione di volumi compresi tra
pochi dmc e la decina di mc.
2. scivolamento di spessori maggiori di terreno e roccia madre sottostante, in
corrispondenza di scarpate di rilevante altezza, con mobilizzazione di volumi di
alcune decine di mc, che in alcuni (rari) casi, per effetto della mobilizzazione di
ulteriore materiale lungo la zona di transito, sono stati stimati nell’ordine del
centinaio di mc.
3. crollo per scivolamento planare di massi di volume fino al mc o poco più;
fenomeni presenti nel settore G e, subordinatamente, nei settori D e F.
Le tre tipologie di evento erosivo “tipo”
risultano talvolta presenti
contemporaneamente in alcuni settori, e, segnatamente, nel settore G, che costituisce
senz’altro l’area più complessa dal punto di vista della evoluzione morfodinamica.
17
6.1
DESCRIZIONE DEL SETTORE G
A partire dal caposaldo n. 111 del rilievo topografico (CFR. Elaborati esecutivi T1a e
T1b), immediatamente a monte della strada, è presente una ripida scarpata in tufo
semicoerente, costituito da alternanze di livelli cineritici e pomicei, generalmente
addensati e parzialmente cementati, e subordinatamente sciolti.
il settore G da: R3.b -Carta delle frane, dei dissesti, degli scenari morfoevolutivi e dell’evento atteso
sezione rappresentativa dell’assetto geomorfologico e geologico del settore G.
18
L’altezza della scarpata si riduce progressivamente, procedendo in direzione del
fondo del cratere, da oltre 15 m circa a 6 m circa. Lungo tutto il fronte, che misura
circa 150 m di lunghezza, è presente un diffuso quadro fessurativo, più evidente nel
primo tratto, che costituisce fattore fortemente predisponente alla individuazione e al
distacco di blocchi.
Lo stato di fratturazione della roccia comprende quattro famiglie principali di
discontinuità: K1, K2, K3, K4.
IL sistema K1 con giacitura media del piano rappresentativo 118° - 78° è il più
diffuso lungo il versante considerato; generalmente costituisce frattura di rilascio dei
blocchi, ma non di scivolamento.
I sistemi di fratturazione K2 e K3 con giacitura media 356° - 70° (ben rappresentato
anche nel settore orientale del fronte) e quello con giacitura media 16° - 73°
presentano andamento subparallelo al fronte, svolgendo un ruolo importante come
superficie di scivolamento planare.
Il sistema K4 (244°/56°) e i giunti di stratificazione assolvono una funzione di
superficie di distacco.
Sovente le fratture si caratterizzano per l’elevata persistenza (oltre 4 m) e l’ampia
apertura (parecchi cm).
I piani di fratturazione orientati all’incirca parallelamente al fronte, e quelli orientati
obliquamente allo stesso, concorrono ad individuare blocchi di roccia di forma
prismatica, della larghezza e profondità di 0.4 – 0.8 m e altezza variabile (0.2 ->1 m).
Il fenomeno atteso è dato dallo scivolamento di prismi di roccia lungo superfici di
frattura subverticali parallele alla scarpata, e costituisce un evento estremamente
rapido e improvviso.
Non sono stati registrati crolli di dimensioni rilevanti nel corso degli ultimi anni;
tuttavia, l’elevata suscettibilità all’innesco appare in tutta la sua evidenza anche
all’osservatore inesperto.
Accanto a questa tipologia di dissesto [frana di progetto di tipo “c”], che interessa
soprattutto il primo tratto della scarpata in esame (crolli di modeste dimensioni
risultano piuttosto rari, anche se non totalmente assenti nel tratto successivo), sono
presenti altri fenomeni franosi che si attivano lungo il versante sovrastante che, a
partire dal ciglio della scarpata in tufo, si sviluppa verso monte fino al muro di cinta
sommitale.
Da un lato si osservano scivolamenti di terreno con volumi mobilizzati da pochi m3
alla decina di m3 [frana di progetto di tipo “b”], che attivandosi in corrispondenza
del ciglio della scarpata in tufo investono anch’essi con elevata energia la strada
sottostante, danneggiando in più parti la struttura realizzata in passato a difesa della
strada.
Dall’altro lato, si osservano frane di scivolamento che si attivano nei settori più
elevati del versante [frana di progetto di tipo “a”], mobilizzando volumi più
rilevanti in piroclastiti sciolte attivandosi in corrispondenza di scarpate e irregolarità
morfologiche, come la frana F3 (CFR. Elaborato Esecutivo R3b) che si è attivata il 4
marzo 2005 con un meccanismo di scorrimento traslativo e una nicchia di distacco
posta a q. 132 m s.l.m. della larghezza di 17 m circa. Il cumulo di tale frana, dopo un
percorso di circa 50 m ha investito la strada sottostante (a quota 73 m sl.m.)
ostruendola.
19
tipologie di evento atteso
20
6.2 CALCOLO E DIMENSIONAMENTO BARRIERE PARAMASSI
Il dimensionamento delle barriere è stato effettuato in funzione dell’evento atteso
precedentemente descritto.
Frana di progetto “a”
L’evento atteso è una frana di scivolamento traslativo di un volume iniziale di
distacco Vf pari a 50 mc e massa mf pari a 67.5 KN con:
l1 ; l2 ; p
lunghezza, larghezza e profondità del volume mobilizzato dalla frana
γnat
peso specifico in condizioni di umidità naturali del terreno
∆H
dislivello complessivo tra il punto sommitale del coronamento di frana e
il punto inferiore della zona di accumulo
∆h
α1
α2
Δl
dislivello tra il baricentro della superficie di scivolamento e il punto
inferiore della zona di accumulo
inclinazione media del settore di versante ove avviene il distacco
inclinazione media del settore di versante percorso dalla frana
lunghezza del settore di versante percorso dalla frana
21
l1
l2
p
γnat
∆H
∆h
α1
α2
20 m
10 m
0.5 m
1.35
28 m
15 m
60°
48°
Δl
25 m
ubicazione delle barriere paramassi e dettaglio della frana di progetto “a”
La massa di terreno in frana si sposta lungo il versante, sottoposta a una accelerazione
a = gsinα2 (componente del vettore accelerazione di gravità parallela al versante; la
componente ortogonale viene annullata dalla reazione vincolare).
22
Adottando le consuete semplificazioni suggerite per la descrizione del moto di un
corpo lungo un piano inclinato, e, in particolare
t = √ 2 ∆l
g
v = L
t
e
v = at
si ha : gsinα2 t = gsinα2 √ 2*15
gsinα2
da cui deriva che : v = √30 gsinα2 = 14 m/s
Per effetto delle irregolarità del terreno e della presenza di un fitto bosco, si può
ipotizzare un coefficiente di attrito μ pari a 0.35, con conseguente dissipazione di
energia e rallentamento del cumulo. Si ottiene, pertanto, V = 11 m/s.
In conclusione, considerando il settore di versante a monte della scarpata in tufo, e
ipotizzando lo scivolamento di un volume iniziale di terreno di 50 mc e massa m =
67.5 KN, una superficie di coronamento che culmina a q. 141 m (quota massima del
versante considerato), l’energia Ef sviluppata dalla massa in frana nell’impatto sulla
barriera paramassi posta al piede del versante, è data da
Ef = ½ mf v2 = ½ 67.5 * 112 = 4083 Kj
Frana di progetto “b”
L’evento atteso è una frana di scivolamento traslativo di un volume iniziale di
distacco Vf pari a 10 mc e massa mf pari a 13.5 KN.
In questo caso, considerando il valore massimo di altezza della scarpata (Δl = 15m),
inclinazione del versante α2 = 80° si ha
v = √30 gsinα2 = 17 m/s
e
Ef = ½ mf v2 = ½ 13.5 * 172 = 1950 Kj
Frana di progetto “c”
In quest’ultimo caso, l’evento atteso è il crollo di uno o più blocchi di roccia di
forma prismatica, della larghezza e profondità di 0.4 – 0.8 m e altezza variabile (0.2 > 1 m). Ne deriva un valore della energia di impatto notevolmente più ridotto degli
altri casi esaminati.
23
6.3
INDICAZIONI
PARAMASSI
PROGETTUALI
SULLE
BARRIERE
Il dimensionamento e calcolo delle barriere paramassi in virtù della “frana di
progetto ipotizzata, ipotizzando nella simulazione dello scenario meno favorevole a
vantaggio della sicurezza, ha condotto a una valutazione (teorica) di una energia di
impatto connessa a evento franoso di circa 4000kj.
Questo dimensionamento (4000 kj) era stato già integrato in fase di progetto
definitivo al precedente dimensionamento che invece stimava un assorbimento
massimo delle barriere fino a 3000kj.
Nella Relazione di calcolo del Progetto Definitivo si specificava che “l’approccio
metodologico d’intervento si traduce nella realizzazione di barriere passive da
installare al piede del versante a difesa del percorso fruito mentre nella parte alta
del versante sono previste sia barriere paramassi in acciaio (con assorbimento fino
a 3000 KJ) che interventi di Ingegneria Naturalistica (come gradonate vive e
viminate) limitatamente alle aree in erosione superficiale con una diffusa
piantagione che costituisce una immediata protezione meccanica della corrosione ed
in una fase successiva un efficace consolidamento in profondità.”
La scelta della tipologia di barriera paramassi è naturalmente legata alla magnitudo
del fenomeno nei diversi settori individuati nella Carta degli Scenari morfoevolutivi
appare ridotta nei settori A, B. C, D ed E, dove l’evento atteso comprende la
mobilizzazione di volumi max di terreno e piroclastiti dell’ordine di pochi mc, fino
alla decina di mc, e accumulo generalmente lungo il versante, ma con possibilità di
invasione della strada.
Diversamente, nei settori F e G, sono attesi eventi di frana da scorrimento colata
nella parte sommitale del versante, con mobilizzazione di volumi di materiale anche
> 100mc e invasione della sede stradale.
A questi due ambiti principali afferiscono, naturalmente, considerazioni progettuali
diverse, per quanto riguarda il dimensionamento delle barriere paramassi: con minore
capacità di assorbimento nei settori A, B, C, D e E, e maggiore capacità di
assorbimento nei settori F e G.
Successivamente, l’integrazione inviata all’Autorità di Bacino NW della Campania
ha evidenziato il tipo di approccio utilizzato nella modellazione dell’evento franoso
e nel calcolo dell’energia connessa.
Nella fase di progettazione esecutiva si è voluto tenere in conto, in particolar modo,
l’impatto sull’ambiente esercitato dalla realizzazione di barriere che, nel caso di
barriere paramassi ad elevata capacità di assorbimento, avrebbe comportato la
realizzazione di opere di rilevante altezza, superiore a 4 m.
In tale ottica, la realizzazione di più ordini di barriere paramassi lungo il versante può
costituire una soluzione corretta e di minore impatto sul territorio, in quanto il
frazionamento dell’area di versante in due (o più) sottosettori al piede di ciascuno dei
quali viene realizzata una barriera paramassi riduce la lunghezza del percorso della
24
massa franata e quindi l’energia di impatto del corpo di frana, e consente la
realizzazione di opere di minore impatto.
La proposta progettuale si realizzerà quindi, in corrispondenza dei settori A, B, D, F
e G, con un sistema di barriere passive paramassi poste su più livelli, a partire dal
piede del versante, con la funzione di assorbire massi e frane, con capacità di
assorbimento sino a 2000 KJ. e altezza di circa 2 metri.
Al piede delle barriere paramassi, verranno realizzate delle barriere vegetali al fine
di contrastare efficacemente l’impatto visivo delle opere.
Nel settore G, la messa in opera delle barriere paramassi è prevista lungo due
allineamenti che tengono conto, a loro volta, della possibilità di suddividere l’area di
intervento in due sottosettori.
Un primo allineamento viene ipotizzato alla base del sottosettore sommitale del
versante (a monte della scarpata in tufo precedentemente descritta), l’altro, invece,
alla base del sottosettore basale, al piede della scarpata.
Il particolare esecutivo relativo alla realizzazione della barriera paramassi è riportato
tra gli elaborati tecnici al progetto esecutivo elaborato T5.b, mentre la loro
ubicazione planimetrica è riportata nell’ elaborato T5
25
7. DIMENSIONAMENTO E VERIFICA DEI MURI DI SOSTEGNO
EX- NOVO.
Tale tipologia di intervento riguarderà il consolidamento delle murature di
contenimento in tufo danneggiate ed in pericolo di ulteriori crolli, nonché la
realizzazione di nuovi muri di sostegno al fine di fornire continuità alla muratura
esistente a protezione della strada, dai fenomeni di dissesto del versante di monte.
I muri verranno realizzati in muratura di tufo al fine di uniformare l’intervento ai
materiali ed alle opere d’arte preesistenti.
Poiché si prevedono muri di varia altezza si sono dimensionati e verificati alcune
sezioni tipo trascurando quelli di altezza inferiore ad un metro in quanto quest’ultimi
non assolvono a funzioni di tipo strutturale ma sono stati previsti al solo scopo di
salvaguardare la gaveta dall’intasamento di terra, foglie, rami ecc.
Sono state quindi verificate quattro tipologie di muri di sostegno rispettivamente
di altezza pari a:
Muro “A” con H = 1,50 ml.
Muro “B” con H = 2,20 ml.
Muro “C” con H = 3,00 ml.
Muro “D” con H = 6,00 ml.
Eventuali murature da realizzare in sede esecutiva alla luce dello stato dei
luoghi, con dimensioni differenti da quelle riportate, saranno valutate dalla
Direzione Lavori e dimensionate in tale sede.
Il paramento interno dei muri è stato considerato sempre verticale, quindi, formante
un angolo di 90° con il piano orizzontale, mentre il paramento esterno è sempre
inclinato.
Le verifiche sono state eseguite sia in condizioni statiche che dinamiche tenendo
presente che la zona ricade in area sismica di seconda categoria.
L’incremento della spinta ha tenuto conto del sisma e delle forze d’inerzia dovute alla
massa del muro.
Il calcolo della spinta è stato eseguito secondo la teoria di Coulomb che ricerca una
superficie limite piana delimitante il cuneo di spinta. Il calcolo va reiterato fino a
trovare la posizione della retta delimitante il cuneo di terreno che rende massima la
spinta.
Le forze considerate sono:
1) il peso del terreno (Wt)
2) la spinta attiva Sa
3) la reazione del terreno sulla superficie di rottura R
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