maggio giugno 2012
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maggio giugno 2012
Maggio - giugno 2012 N. 08 club milano Nicola Guiducci: “Penso che di notte si possa vivere in maniera più libera e che la città sia meno provinciale”. Trenta fotografi contemporanei italiani e stranieri raccontano Milano dal secondo Dopoguerra ai giorni nostri. Hamburger gourmet, l’ultima esperienza gastronomica che seduce i ristoranti stellati e i nuovi locali milanesi. A bordo di battelli old style e navi di lusso lungo i fiumi del mondo per una vacanza rilassante e un po’ retrò. Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - LO/MI 3,00 euro www.citroen.it editorial 4X4 QUANDO VUOI TU. Forma e sostanza Viviamo in una città dove la forma ha sempre avuto un peso enorme, in eterno conflitto con la sostanza. Nel sentire comune la “sostanza” ha un’accezione positiva, perché identifica qualcosa di vero e reale, mentre la “forma” è considerata negativamente, in quanto ingannatrice e capace di rendere bello anche ciò che non lo è. Milano ha scelto di stravolgere questa scala di valori, ridando una dignità e persino un primato alla forma. Se siamo diventati la capitale del design e in città ci sono più agenzie pubblicitarie e di marketing piuttosto che panettieri una ragione ci sarà pure. Per noi la creatività e il bello sono qualcosa di molto serio. Certo, le estremizzazioni non sono mai giuste, ed è sbagliato se un buon pacchetto non contiene assolutamente nulla, se un bell’oggetto non è funzionale, un bell’abito non è portabile e un bel piatto non è mangiabile. Ma l’occhio vuole la sua parte, e di questi tempi l’estetica non è necessariamente qualcosa di superfluo. Di recente sono stato nel sud della Sardegna e, da buon milanese, ho provato tutti i ristoranti della zona. La prima sera ho mangiato nel locale più rinomato: ottimo curriculum e segnalazioni su TripAdvisor che lo collocavano al primo posto, già apprezzato da un discreto elenco di personaggi vip, tavoli curati, pesce su carrello in bella vista, suggestiva veranda e cameriere che prima di tutto era un ottimo commerciale (napoletano). In due prendiamo due primi e un piatto con sei crostacei alla catalana, presentati su un vassoio enorme coperto di pomodori, sedano e cipolle. Bellissimo. Ci alziamo soddisfatti, nonostante il conto un po’ salato, per nulla inaspettato. L’ultima sera abbiamo provato, quasi per caso, una trattoria. L’aspetto esterno era molto poco invitante, con lucine di Natale (ad Aprile) e il pupazzo di un cuoco che assomigliava a Babbo Natale. L’interno molto dimesso. Non aiutava che la sala fosse completamente vuota e che davanti ai nostri occhi due avventori se ne fossero andati perché non c’era quello che volevano. La pioggia ci ha obbligato a restare, ed ecco la sorpresa: materie prime eccellenti e come gestori due personaggi fantastici con tante storie da raccontare. Lui è austriaco e quando parla della sua griglia gli si illuminano gli occhi come a un bambino. Lei è nuorese e nella cucina locale ha importato l’uso sapiente del finocchietto selvatico. Il fatto di cucinare solo quello che trovano la mattina al mercato o dal pescatore di fiducia rende il loro menù fisso rischioso e non sempre disponibile. Se vivessero a Milano avrebbero molto chiaro che il concetto di filiera corta o chilometro zero è un punto di forza, non certo un difetto, ma loro non lo sapevano. Così come non conoscevano l’importanza di un bel sito, una ricca pagina su Facebook e qualche ritocco al locale. Mi sono preso in mano l’impegno di aiutare il mio nuovo amico austriaco a comunicare la sua attività sul web e a fare un piccolo restyling con qualche trucchetto molto milanese. La sostanza c’era già, mentre mancava completamente la forma. Dopo una sola settimana oltre un centinaio di “mi piace” sulla nuovissima pagina di Facebook gli hanno portato qualche cliente curioso in più e le segnalazioni su TripAdvisor hanno proiettato la trattoria al primo posto tra i ristoranti del luogo, scalzando l’ottimo ristorante di pesce in cui ero stato la prima sera. L’abito non farà il monaco, ma un po’ di maquillage ogni tanto non guasta. Stefano Ampollini 4 Consumo su percorso misto: nuova Citroën C4 Aircross 1.6i 115 Stop&Start 2WD 5,9 l/100 Km. Emissioni di CO2 su percorso misto: nuova Citroën C4 Aircross 1.8 HDi 150 FAP Stop&Start 4WD 147 g/Km. La foto è inserita a titolo informativo. NUOVA CITROËN C4 AIRCROSS gia di strada affrontata. Al volante della nuova Citroën C4 Aircross non sarà più la strada a decidere ma sceglierai tu il tuo stile di guida, passando da 2 a 4 ruote motrici con un semplice gesto. Nuova Citroën C4 Aircross è un’auto che ama l’ambiente. Con i suoi motori performanti ed ecologici, vanta emissioni di CO2 tra le più basse della categoria: 119 g/Km in versione 2 ruote motrici e 129 g/Km con 4 ruote motrici. Nuova Citroën C4 Aircross, tecnologica ed ecologica. TI ASPETTIAMO SABATO 19 E DOMENICA . 20 CRÉATIVE TECHNOLOGIE CITROËN ITALIA S.P.A. SUCCURSALE DI MILANO VIA GATTAMELATA 41 TEL 02397631 VIALE MONZA 65 TEL 0226112347 www.concessionario.citroen.it/milano-gattamelata contents point of view 10 focus L’orto di mio padre e l’umanità Gentiluomini contemporanei di Roberto Perrone di Elisabetta Gentile inside 12 interview Brevi dalla città London Calling di Cristina Buonerba di Giuliano Deidda outside 14 focus Brevi dal mondo Fast Good di Cristina Buonerba di Filippo Spreafico cover story 26 28 30 16 L’uomo della notte di Jean Marc Mangiameli interview 34 Spazio all’intelligenza collettiva di Claudia Caramaschi portfolio 20 design Ieri oggi Milano Giochi per adulti Testo di Andrea Zappa di Dino Cicchetti style To the future di Luigi Bruzzone 6 37 40 contents wheels 44 overseas 56 85 anni di “Freccia Rossa” Ascoltando la voce del fiume di Maria Zanolli di Andrea Zappa food 58 Roberto Okabe di Alessia Delisi wheels equipement 46 Flying to the finish line di Luigi Bruzzone wheels 48 Sguardo a Oriente di Andrea Zappa hi tech 50 Il portafogli nel telefono di Enrico S. Benincasa week-end 52 Un’isola non per tutti club house di Stefano Ampollini Trofeo Bonfiglio: talenti in “terra” cercasi 60 di Chiara Cossalter free time 62 Da non perdere a cura di Enrico S. Benincasa free time 64 Inside Marylin: cinquant’anni dopo di Cristina Buonerba In copertina Nicola Guiducci. Foto di Matteo Cherubino wellness Spa a cielo aperto di Stefano Ampollini 8 55 point of view roberto perrone Vive a Milano da trent’anni, ma ha conservato solide radici zeneisi. Nato a Rapallo, è giornalista e scrittore. Per il Corriere della Sera si occupa di sport, enogastronomia e viaggi. Ha pubblicato diversi libri, tra i quali il suo ultimo romanzo Occhi negli occhi edito da Mondadori. L’orto di mio padre e l’umanità Ogni tanto incontro un amico che non vedo da qualche tempo. “Dove sei finito, gli chiedo?”. “Sai – mi risponde – ho fatto una scelta di vita, sono andato ad abitare fuori Milano, in campagna”. E prima che io obbietti sulla scomodità, sui problemi di spostamento o sul fatto che per procurarti qualsiasi cosa devi percorrere distanze non indifferenti, quello aggiunge: “Sì, ma da casa mia al Duomo ci metto venti minuti”. A parte che non si capisce perché tutti quelli che vanno a stare fuori Milano diventino improvvisamente molto religiosi (da cattolico romano non trovo comunque la cosa disdicevole), io allora pongo la mia brutale domanda: “Scusa, ma allora chi sono quelle centinaia di migliaia di coglioni che intasano le tangenziali?”. Ecco, lo stesso dubbio mi assale quando sento piangersi tutti addosso per la crisi e una notte mi sono trovato in coda sulla A4 con la benzina a quasi due euro. Oppure quando mi sento rispondere da un ristorante: siamo al completo. Ma dov’è questa crisi? Canticchio come un Petrolini un po’ (tanto) stonato. La verità è che il food & drink è ancora un genere che piace agli italiani. Si risparmia su tutto, ma non sul cibo (e sulla benzina, ovviamente), soprattutto quello di qualità. Certo, sono venute meno certe tavolate “aziendali” che alzavano il montepremi, ma i ristoranti, soprattutto quelli che promettono quello che mantengono, reggono. Il segreto è sempre la qualità. E la qualità si paga, ma ripaga. I miei amici ristoratori (non tutti, molti) si lamentano, ma non vale. Mi lamento anch’io perché guadagno troppo poco e l’ha certificato pure l’Ocse. A ogni buon conto, la crisi aguzza l’ingegno. Milano un tempo era famosa per i suoi giardini, spesso boschi di città, nascosti dentro i suoi palazzi, godibili solo da pochi fortunati. Adesso celebra i suoi orti. Per risparmiare, ma anche perché non c’è nulla di meglio delle zucchine fatte in proprio. Un (buon) ristorante come l’Erba Brusca, nella ragione sociale, riporta proprio “ristorante con orto”. E a me assale, come sempre più spesso considerata l’età, la nostalgia. E ricordo l’insalata di foglie e fiori del Gustibus (un minuto di silenzio). C’è sempre un precursore, c’è sempre una memoria, nella vita di ognuno. E tornare all’orto, mi riporta l’immagine di mio padre curvo sui pomodori che così buoni non li ho mai più mangiati. Forse perché ero giovane, forse per l’umanità sbiadita. Di entrambe, verdure e umanità, sentiamo il bisogno di una coltivazione intensiva. Roberto Perrone 10 INSIDE L’appetito vien correndo Temporary Museum for New Design Durante la design week, gli spazi di Superstudio Più non si sono smentiti in quanto a innovazione. Samsung e l’architetto Italo Rota hanno presentato il progetto Life / Installed, quattro minuti per pensare il futuro, dove è la tecnologia ad animare gli spazi abitati. L’installazione In the Forest, realizzata da Neoreal in collaborazione con Canon, si focalizza sulla natura come organismo vivente. Mentre, con Foscarini Inspire, il concetto di cinema si sviluppa in un viaggio immaginario attraverso spazio e tempo. www.superstudiogroup.com Lo sport e il cibo si incontrano in occasione di Sport Your Food. Protagonisti sono coppie di chef e artisti che hanno il compito di creare ricette prelibate e originali opere d’arte per rendere omaggio alle eccellenze gastronomiche italiane e al mondo dello sport. Presente a Milano dal 3 al 20 maggio, quest’appuntamento proseguirà con un tour internazionale a New York e arriverà a Londra durante le Olimpiadi. www.sportyourfood.com Mercedes è casa Mobili e motori: un binomio insolito, ma interessante. Mercedes-Benz Style e Formitalia hanno presentato, durante il Salone Internazionale del Mobile e all’interno degli spazi della concessionaria di via Daimler, una collezione di complementi d’arredo firmati Mercedes-Benz Style. In vendita da ottobre, i mobili richiamano, per qualità e linee, l’esclusività delle auto prodotte dall’azienda tedesca. www.mercedes-benz.it Fiori e verdure in stazione La Zanzara in tour con Porsche Lo scorso 12 aprile la sede del Centro Porsche Milano Nord, in via Stephenson 53, si è trasformata in uno studio radiofonico: all’interno dei suoi spazi, ha ospitato la quarta tappa de La Zanzara Live in Tour, il programma cult di Radio 24. Un appuntamento che ha visto la presenza di un pubblico di 300 persone, con interventi in diretta da parte di ospiti quali Daniela Santanchè, Klaus Davi, Gabriele Albertini e Fabrizia Paradiso. A condurre sono stati Giuseppe Cruciani e David Parenzo, le due voci storiche della trasmissione. www.porsche.com/italy 12 Un’istallazione di oltre 120 metri quadri ha rivestito l’atrio della Stazione Garibaldi durante il fuorisalone. Il progetto Green Island, volto alla sua decima edizione, ha voluto riportarci a una dimensione più armonica fra spazio e natura con una struttura del tutto innovativa: un tappeto raffigurante fiori, ortaggi ed erbe spontanee tipiche dell’hinterland milanese. outSIDE Shall we dance? Dal 16 al 25 maggio, Torino si trasforma in una pista da ballo. Parte la dodicesima edizione di Interplay, il Festival Internazionale di Danza Contemporanea che ogni anno prende vita nel capoluogo piemontese. Ospiti e protagonisti sono 27 compagnie provenienti da tutto il mondo, che si esibiscono in performance urbane volte a portare la danza fuori dai contesti convenzionali. Non mancano, naturalmente, anche spettacoli all’interno dei principali spazi e teatri della città. www.mosaicodanza.it Etiqueta Negra a Saint Tropez Arriva in Francia, per la precisione a pochi passi dal porto della bella ed esclusiva Saint Tropez, il nuovo flagship store di Etiqueta Negra Polo & Sportswear. Una boutique che, grazie a un ampio spazio aperto, sarà da subito protagonista di eventi e presentazioni. Con il suo stile raffinato, il brand italiano continua a confermare la propria ispirazione al mondo del gioco del polo e delle auto d’epoca. www.etiquetanegra.eu Che vinca il migliore! La moda in mostra Il Musée des arts Décoratifs del Louvre apre le porte a una mostra dedicata allo stile e alla moda. Dal 9 marzo al 16 settembre vengono esposte le creazioni di Louis Vuitton e Marc Jacobs, con una raccolta di bauletti e abiti che raccontano la storia della maison francese. A condire il tutto, però, c’è anche una spruzzata di italianità: per l’occasione Bonaveri ha realizzato degli speciali manichini. www.lesartsdecoratifs.fr 14 C’è chi la preferisce più sottile e a chi, invece, piace alta. Ma una cosa è certa: nessuno resiste al piacere della pizza! Per celebrare la bontà di questo piatto tutto italiano, dal 16 al 18 aprile a Salsomaggiore si è svolto il Campionato Mondiale della Pizza. Oltre 400 concorrenti provenienti da tutto il mondo si sono sfidati per aggiudicarsi il titolo di miglior pizzaiolo. La variante più strana? Quella condita con insetti. www.pizzaepastaitalianatv.it London Tweed Run Strano da credere, ma a volte nello sport lo stile conta più della performance. Lo sanno bene gli oltre 600 ciclisti che lo scorso 6 maggio hanno preso parte alla London Tweed Run. Una competizione “vintage” in cui i protagonisti indossano giacche, cappelli e accessori anni Trenta e Quaranta. A vestire gli sfidanti in sella alle bici di Italia Veloce ci ha pensato Brooksfield, portando un tocco di gusto nostrano nella capitale inglese. www.tweedrun.com Cover story Cover story nicola guiducci l’uomo della notte Artista, dj, editore e tutto quello che scorre in mezzo. Nicola Guiducci è un nome familiare in quel di Milano poiché è uno dei pilastri della movida notturna. Professionalità multitask, due grandi passioni: musica e fotografia. è conosciuto dai più come il padre fondatore del Plastic: il club più eccentrico e internazionale di Milano, nonché l’unico che da tre decenni non insegue le mode, pur andando sempre di moda. Recentemente, dopo 31 anni di programmazione musicale d’avanguardia, si è chiusa la storica sede di viale Umbria. Fatto che non ha significato una fine, bensì una rinascita. Lo abbiamo incontrato nel suo appartamento di corso Lodi, circondati da scatti d’autore, libri d’arte e da un’immensa “muraglia” di dischi... di Jean Marc Mangiameli Foto di Matteo Cherubino Nicola Guiducci, pistoiese, classe 1960. Nel 1980 fonda, assieme a Lucio Nisi, il club Plastic di Milano. Sullo sfondo i poster di i-D: rivista di riferimento della controcultura anni Ottanta. Oggi è dj, fotografo ed editore. 16 Quanti saranno? A dire il vero non ne ho idea (ride, NdR); considera che i cd sono arrivati sul mercato solo a fine anni Ottanta. Mi è bastato metterli nel computer per scoprire che avevo più di 420.000 tracce. Per completare la mia collezione, però, bisognerebbe contare il mio archivio in via Spartaco. Lì possiedo una quantità sterminata di vinili; saranno diverse decine di migliaia, tutti comprati in più parti del mondo. Quali erano le tue mete preferite? Quando avevo vent’anni viaggiavo tantissimo, soprattuto in Inghilterra e negli Stati Uniti; la musica è sempre stata il mio principale “motore”. Durante il momento del reggae sono persino volato in Giamaica, perché volevo trovare i dischi migliori, ma spesso capitava che mi spostassi anche solo a Gallarate o a Riccione per setacciare i negozi di musica. Questa è una cosa che si è un po’ persa. Voglio dire mettersi in viaggio per scoprire musica, comprare dischi. Oggi con Internet è tutto a portata di mano... Sì, e trovo che sia fantastico. Più che altro all’epoca eri sicuro di essere l’unico ad averceli. Ora chi può dire lo stesso? Tu sei di origini toscane. Cosa ti ha portato a Milano? Vengo dalla campagna pistoiese, dove non c’è niente, e per questo sono sempre stato attratto dalle grandi città. Finito il liceo non volevo fare l’università e spesso avevo un piede a Londra. Qui a Milano c’erano i miei zii e alcuni amici, mi sono sempre trovato bene e col tempo ho capito che era la mia città. Cosa ci facevi a Londra negli anni Ottanta? Andavo per la musica. Frequentavo la scena notturna, assieme a gente come Derek Jarman, John Maybury, Andrew Logan, tutti nomi che con gli anni sono diventati personalità affermate nel mondo dell’arte, del cinema e della moda. A quel tempo c’era ancora genuinamente il punk e in quegli anni stavano cambiando molte cose: era il momento del Blitz Club (leggendario locale di Covent Garden, NdR) che con i New Romantic diede vita a un vero e proprio movimento culturale che influenzò radicalmente moda e musica. C’era questa attitudine a esasperare il modo di vestirsi facendo convivere borchie con pizzi e trine. E poi c’erano gli squatter che vivevano in loft enormi sui docks. Era un mondo molto differente e scioccante rispetto alla provincia toscana. Immagino. Invece Milano com’era? A Milano non esisteva quasi niente di tutto ciò, nemmeno le “one night” che sono arrivate solo a fine anni Ottanta. Per questo è stato facile collocare un locale come il Plastic. C’era la scena rock, anche se era più che altro segregata in provincia; per il resto solo discoteche su modello dello Studio 54, con tavoli e disco music. Io invece facevo riferimento ai locali underground sia di New York che di Londra. La leggenda vuole che sulla pista del Plastic siano passate star del calibro di Madonna, e altri importanti artisti. Keith Haring, in particolare, nei suoi celebri diari, scriveva che il Plastic era il suo locale preferito in Europa. A un certo punto vieni anche citato: “Nicola mette della musica che mi fa sentire come se fossi a New York”. Io all’epoca lavoravo per Elio Fiorucci, e quando uscì il primo disco di Madonna le abbiamo organizzato una presentazione a Parigi. Il caso volle che tornassimo insieme a Milano sullo stesso volo, così la invitai nel mio locale. Fu tutto molto spontaneo. Con Keith Haring invece eravamo proprio amici. Possiedo ancora molte sue opere d’arte; alcune le ho regalate, altre le ho perse. Quelle che mi rimangono le tengo in un posto sicuro. Recentemente, è stato realizzato anche un documentario “Killer Plastic-O: 17 Cover story Nicola nel suo studio. Sullo sfondo, l’enorme parete armadio dove conserva una parte della sua raccolta musicale. I CD sono arrivati sul mercato solo a fine anni Ottanta. Il pezzo forte della collezione è in via Spartaco, dove ci sono i suoi archivi: migliaia di vinili provenienti da tutto il mondo. 18 Cover story Ma tu ti faresti entrare?”... Sì, è stato diretto da Simona Siri e presentato, fuori concorso, al Festival del Cinema di Roma. Adesso è in preparazione un secondo film, che sarà pronto a settembre. Questa volta è una narrazione più studiata che parte dal cantiere del locale nuovo, passando dalla chiusura del vecchio Plastic, per poi concludersi con l’inaugurazione della nuova sede. Una racconto che tende a evidenziare la voglia di continuità e novità. Cambierà qualcosa? Io spero di sì; spero in tanti cambiamenti. La nuova location ha una potenzialità incredibile, anche perchè ha a disposizione uno spazio annesso di 3500 metri quadri. Abbiamo anche intenzione di creare un progetto culturale, con una programmazione più attuale, organizzando eventi che vanno dalle mostre alle performance. Anche la gente comune che non vive la notte potrà conoscere il Plastic. Nessuna nostalgia per viale Umbria? Ma quale nostalgia! Io mi sento liberato! (ride, NdR) Dai non ci credo, hai suonato li dentro per una vita... La settimana prima che chiudesse, di domenica, ero un po’ malinconico: pensavo che alla fine quel posto è stato un buon compagno, per trent’anni. Da dj ti sei evoluto, divenendo sound designer; spesso sei chiamato a suonare per le sfilate. In cosa consiste quest’attività? Suonare per le sfilate significa partire da un’idea, che è l’abito, consultandoti con la direzione artistica della collezione. Successivamente si propone una programmazione musicale cercando di accontentare il cliente. Lavorare come sound designer è diverso, vuol dire ricreare un’atmosfera specifica in un ambiente. Sono parolone che alla fine definiscono una professione che per me fondamentalmente è sempre la stessa: avere a che fare con la musica. Oggi sei anche produttore ed editore... Prima cantavo. Avevo i miei gruppi: i Niagara Falls, poi i Gaz Nevada e altre cinque o sei band. Ho inciso anche come solista. Dal 2001 ho fondato la Angle Records and Books dove produco musica di nicchia (tra gli artisti: Scarlets, The Pink Rays, Samuel Katarro, The Visionuts, Maupassant, Luc Ferrari e Cityboy700, NdR). Ho iniziato a fare l’editore (www.anglerecords. com) coi libri del Plastic e ora pubblico NG Magazine, rivista semestrale che porta le mie iniziali e che tratta di nudi maschili. La fotografia è un’altra mia grande passione, per questo avevo un sacco di materiale inedito. L’idea del libro mi sembrava un po’ desueta così ho puntato su un periodico. È come un diario, una finestra sul mio mondo. Nell’ultimo decennio l’industria discografica è mutata radicalmente perdendo molto del suo valore commerciale. Anche l’editoria tradizionale ha perso importanti quote. Qual è il tuo punto di vista? Non sono mai stato attratto dalle vendite, bensì da progetti puramente artistici e di nicchia. Per noi non è cambiato nulla, vendevamo poche copie dieci anni fa e ne vendiamo poche anche adesso. È un lavoro che facciamo solo per gusto per cui, al contrario delle major, non soffriamo, anzi. Il digitale aiuta di più il diffondersi di questo tipo di musica, nonché abbatte di gran lunga i costi di produzione. Per quanto riguarda i libri: sono per appassionati e intenditori. Li pubblico con una tiratura molto limitata e il loro scopo è quello di raccontarmi, divulgare il mio stile, non di certo il profitto. Qualche tempo fa hai dichiarato che Milano di notte è meno razzista. La pensi ancora così? Forse oggi lo è anche un po’ meno di giorno. Penso sempre che di notte si possa vivere in maniera più libera e che la città sia meno provinciale. Anche se, a dire la verità, il giorno, soprattutto in passato, l’ho vissuto davvero poco… (ride, NdR) Giunta Moratti VS Pisapia. In generale con Pisapia la città mi sem- bra più disinvolta, veloce, meno “pachidermica”; la destra è sempre più lenta. A noi comunque ciclicamente rompono le palle facendoci chiudere per lavori. Questo perchè le leggi dei vigili del fuoco cambiano abbastanza in fretta e se vogliono ti fottono anche per due centimetri di porta. E ovviamente non è che prima di passare ti avvertono! (ride, NdR) Spesso mi capita di sentire giovani gruppi lamentarsi di Milano perchè i locali danno poco spazio alla musica live. Altri perché hanno l’impressione che si privilegino le cover band. Cosa ne pensi di questa polemica? Non sono d’accordo. Io giro spesso per concerti e mi sembra che in città ci sia un’offerta vasta, anche di artisti italiani. Questo anche al di fuori dei circuiti tradizionali, basta informarsi. Però di musica non ce n’è mai abbastanza, per questo da settembre ho deciso di attivare un’ulteriore serata al Plastic, il mercoledì, dove proporremo live di elettronica e musica d’avanguardia. Sarà uno spazio rigorosamente dedicato all’amore per la musica. Come li vedi i ventenni di oggi? Finchè studiano va bene. Quelli che conosco io sono tutti talentuosi, stimolanti e intelligenti. Quando poi finiscono l’università effettivamente non so che cosa li aspetti, d’altronde questo è uno degli handicap del nostro Paese; se non trovano lavoro non è certo colpa loro. C’è un posto di Milano che ami particolarmente? Mi piace il giardino della Guastalla, in via Sforza, è un giardino con un’architettura barocca, dove ci sono delle panchine su cui vado spesso a leggere. È davvero incantevole. Nicola Guiducci sindaco per un giorno. Cosa faresti? Ridurrei gli sprechi di denaro pubblico per la realizzazione di opere inutili o mal progettate e riempirei i navigli d’acqua. È una zona storica, con un alto potenziale, ma purtroppo ancora oggi troppo trascurata. 19 Portfolio Portfolio ieri oggi milano Occhi “vecchi e nuovi” di trenta autori contemporanei italiani e stranieri raccontano la città dal secondo Dopoguerra ai giorni nostri. Lo Spazio Oberdan di Milano presenta una grande mostra composta di 170 immagini tratte dalle collezioni del Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo. L’esposizione, pensata in occasione di MIA/Milan Image Art Fair, offre un articolato scenario di situazioni che presentano i grandi mutamenti che hanno cambiato il volto della città dal punto di vista urbanistico, socio-economico e culturale. Vincenzo Castella, Untitled, 1998. Visione dall’alto di piazza IV Novembre angolo via Fabio Filzi. Nella pagina a fianco Mario Cattaneo, Una domenica all’Idroscalo, anni Sessanta. Testo di Andrea Zappa 20 21 Portfolio Portfolio Gabriele Basilico, Ritratti di fabbriche, 1978-1980. Edificio industriale in via Giuseppe Ferrari, nei pressi della stazione ferroviaria di Porta Garibaldi. Nella pagina a fianco. Paul Graham, Untitled, 1998. Donna in piazza Duca d’Aosta nei pressi della Stazione Centrale. 22 23 Portfolio Portfolio Guido Guidi, Untitled, 1998. Particolare di un palazzo in via Turati. Nella pagina a fianco Paola De Pietri, Io parto, 2007. Giovane donna sul ponte che conduce a via Borsieri, zona Garibaldi. sguardo sulla città La mostra Ieri oggi Milano promossa da Provincia di Milano/ Assessorato alla cultura e Museo di Fotografia Contemporanea con il contributo di Regione Lombardia/ Istruzione, Formazione e Cultura, sarà inaugurata martedì 15 maggio alle ore 18.30 in viale Vittorio Veneto 2, presso lo Spazio Oberdan. 24 L’esposizione, a ingresso libero, sarà aperta al pubblico dal 16 maggio al 10 giugno, dal martedì alla domenica dalle 10 alle 19.30. Nelle giornate di martedì e giovedì i visitatori potranno visionare la mostra fino alle 22. Foto di Mimmo Jodice, Anamnesi, 1998. www.provincia.milano.it/cultura 25 FOCUS FOCUS GENTILUOMINI CONTEMPORANEI Esistono realtà a Milano capaci di dare alla città una bellezza un po’ retrò e nostalgica. Sono luoghi in qualche modo surreali che si chiamano barbierie, negozi che esistono quasi da cinquant’anni e sono memoria di bellezza. di Elisabetta Gentile 01 01. Elegante e retrò l’allestimento della vetrina del negozio di acconciature maschili di Giancarlo Baldoni a Milano. Lo stesso mood vintage si riscopre all’interno dell’attività dove, tra una barba e un taglio di capelli, l’arredamento torna indietro agli anni Sessanta. Foto Sara Gentile. 26 “Il primo dovere di un gentleman è quello di sognare”, diceva Oscar Wilde. E, anche se oggi sogni e galantuomini sono concetti poco in voga, capita di incontrare chi ha cercato nel corso degli anni di supportare, a suo modo, l’idea dello scrittore inglese. Sono persone come il signor Lorenzo, il signor Giancarlo e il signor Salvatore che, ormai da decenni, curano i “gentlemen di ieri e di oggi” nelle loro botteghe di barbieri. A loro dire il genere in questione non è una razza in via di estinzione e, anzi, la città ne è piena. Lorenzo Triglia, Giancarlo Baldoni e Salvatore Mazzotta hanno molto in comune. Adottati dal capoluogo lombardo, hanno vissuto tutti quanti gli anni della città in fermento, quelli dai Sessanta agli Ottanta. Sono stati ragazzi di bottega prima e titolari poi. Se Lorenzo e Giancarlo hanno mantenuto stretto il legame con il passato e la tradizione, conservando le loro botteghe fedeli a quello che erano, Salvatore ha invece dato vita a una realtà diversa, portando con sé però molto di ciò che lo ha accompagnato per decenni. Il signor Lorenzo sogna di lavorare indirizzi Parrucchiere Antonio via Rovello 18 Benito&Salvatore Mazzotta Hair Design via Rovello 1 Giancarlo Baldoni Acconciature Maschili via Giuseppe Codara 1 fino al 2015 per raggiungere i cinquant’anni di attività. Nella sua bottega carica di foto da tutto il mondo e di ricordi, racconta di essere arrivato a Milano insieme all’inseparabile fratello Antonio nel 1960 e che “fu davvero molto dura, ma poi piano piano i clienti hanno capito che eravamo bravi”. E proprio quella bravura ha portato nella bottega dei fratelli Triglia molte personalità: da Falck, il preferito, “era un cliente favoloso, un buono. Era bravissimo”, a Umberto Eco, “un pezzo di pane”, fino all’esigente Caprotti che “appena entrava in negozio faceva spegnere la musica”. I gentiluomini del signor Lorenzo sono loro, ma sono un po’ tutti i clienti passati da qui. Sono l’avvocato di 94 anni che, ancora oggi, ogni sabato, alla stessa ora viene a farsi fare la barba, sedendosi sempre sulla stessa poltrona. Sono il manager che in pausa pranzo si fa sistemare i capelli o il ragazzo che vuole spuntare il pizzetto. Qui il rito della barba è ancora in auge e per realizzare una perfetta rasatura bisogna seguire alcune regole ben precise: “Proraso, sapone e impacco. Dopo si mette il latte detergente e poi stile senza tempo Acqua di Parma ha inaugurato nel 2012 la nuova boutique in via del Gesù a Milano. Cinque vetrine, un allestimento con scorci quasi teatrali e un esclusivo servizio di rasatura dove scoprire la Collezione Barbiere. Flaconi dalle linee pure ed essenziali, ispirate al gusto Art Déco. Vetro ambrato, alluminio color canna di fucile, legno wengè e ottone brunito caratterizzano invece gli accessori da rasatura super chic. www.acquadiparma.it 02 in ultimo l’impacco con acqua calda per chiudere i pori”. È così da cinquant’anni e nulla è cambiato. Anche Salvatore Mazzotta è certo dell’esistenza dei galantuomini, “io penso proprio che esistano”, dice con una compostezza che fa pensare che sia lui il gentleman su cui si riflette in queste righe. Il suo negozio è un salone elegante che porta con sé il ricordo della bottega di Benito in cui Salvatore lavorò per venticinque anni. Alcuni oggetti di arredo se li è portati dietro dalla storica sede progettata nel 1951 da Arnaldo Pomodoro e di cui oggi in negozio campeggiano alcune opere. Gli elementi recuperati hanno permesso di mantenere la denominazione di negozio storico, nonostante l’attività si sia caricata di modernità, aprendo le porte anche alle donne. Resiste anche qui la rasatura, ma intesa come rituale di bellezza e non più come routine. “È un trattamento che faccio ma è sempre più raro – spiega Salvatore – Quando un uomo ha voglia di coccolarsi allora si fa la barba con l’impacco e il massaggio. Poi ci sono i ragazzi che la fanno perché per loro è una riscoperta”. Ma i giovani dal barbiere vanno sempre più di rado e la categoria è destinata a scomparire. La pensa così il signor Baldoni che è nella sua bottega dal 1962. I due Ambrogini ricevuti li tiene con sé ma non li mostra. Il signor Giancarlo, elegantissimo nei suo settant’anni ben portati, esordisce affermando che “la nostra è una categoria in fase di estinzione. Il declino è iniziato tutto negli anni Novanta. Quando la moda è entrata nel nostro mondo. Noi dovevamo capire dove si stava andando, cosa che non abbiamo fatto”. Oggi il problema è quello della “quantità sulla qualità – spiega ancora Baldoni – io qui offro più di un semplice taglio, offro un servizio. Nel mio negozio ci sono i quadri del Lamberti, di Giovanni da Busnago. C’è ancora gente che ha gusto e viene qua, ma oggi il problema è che ci deve essere anche un’educazione al bello che i giovani forse non hanno. Il problema non è sul piano tecnico ma sul piano estetico. Io posso fare tutto ma se uno mi viene a chiedere un taglio punk io non lo faccio”. Uomini, siete avvertiti. 02. Raffinati rivestimenti in wengé e cashmere delle pareti e un’autentica sedia da barbiere creano il suggestivo spazio della Collezione Barbiere della Boutique Acqua di Parma a Milano. 27 Interview interview jeremy hackett “Gli uomini sono molto fedeli a un brand, una volta che hanno sperimentato la sua qualità” london calling È approdato a Milano, in occasione dell’apertura dello store italiano, uno dei simboli dell’eleganza maschile anglosassone. Jeremy Hackett parla delle sue icone di stile, di come si è evoluta la sua Londra e delle molte novità che riguardano il futuro del marchio. di Giuliano Deidda È una giornata grigia e piovosa di aprile a Milano. Siamo alla vigilia del party d’inaugurazione del primo monomarca italiano Hackett London (www.hackett.com), ed è come se la nostra città avesse deciso di accogliere l’esplosione di “britishness” provocata dall’evento, con una scenografia consona. Incontriamo Jeremy Hackett al secondo piano del negozio (di 530 metri quadrati) dove si trovano le collezioni formali e la sartoria. In realtà confessa che avrebbe preferito un’accoglienza più mediterranea dall’Italia, perché sperava di poter sfoggiare un abito in seersucker al cocktail inaugurale. Abbiamo aspettato un bel po’ per avere un monomarca Hackett London in Italia. È un mercato così problematico il nostro? Come mai la scelta di via Manzoni a Milano? In realtà quest’apertura è in cantiere da tre anni. Semplicemente, abbiamo dovuto trovare la location adatta a ospitare il nostro store dal punto di vista architettonico, della posizione, e che avesse un prezzo ragionevole. Milano, da questo punto di vista, non è esattamente economica (sorride, NdR). In effetti il momento non è felicissimo per il mercato italiano, e non solo, ma non è questo il punto. Semmai le difficoltà ci spronano a far meglio, a curare i dettagli e a migliorare i servizi ai clienti. Il nostro è un target alto e, soprattutto, maschile. Gli uomini sono molto fedeli a un marchio o a un negozio, una volta che hanno sperimentato la qualità delle proposte e del servizio. Dopo le partnership con la British Army Polo Team, le squadre di canottaggio di Oxford e Cambridge per l’annuale The Boat Race, e l’Aston Martin, ha iniziato ad avvicinarsi al tennis. Questo vuol dire che arriverà 28 presto una micro collezione dedicata a questo sport? Esatto. È da tre anni che partecipiamo ai più importanti tornei di tennis. È stato un passo naturale, dato che si tratta di uno degli sport più nobili e inglesi che ci siano, che non ha mai perso credibilità e popolarità. Ci sarà, ovviamente, una collezione Hackett legata al tennis, che partirà dalla primavera estate 2013, e sarà presentata al Pitti, a Firenze, a giugno. Londra è cambiata moltissimo da quando lei ha cominciato, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Crede che sia ancora stimolante come un tempo? Penso che la città abbia semplicemente seguito una naturale evoluzione. Continua a essere una realtà molto dinamica e forte. I posti a me cari, come Portobello Road, hanno ancora la loro attrattiva, ma negli anni sono nate nuove realtà, come Spitalfields, nell’East End, che si è affermata come punto di riferimento per il pubblico giovane, a caccia di mercatini vintage e stimoli culturali. Passeggiare per Londra continua a essere utile per l’ispirazione, in qualsiasi area della città. Nel passato Hackett London ha avuto dei testimonial molto azzeccati, che incarnavano perfettamente lo spirito del brand, il campione di rugby Jonny Wilkinson e l’attore Matthew Goode. Chi sarà il prossimo? E quale potrebbe essere il testimonial perfetto (anche del passato)? Al momento non abbiamo in programma un nuovo testimonial. Nei casi citati era il momento perfetto per entrambi: sia Wilkinson che Goode erano a un punto importante delle rispettive carriere, in sintonia con un’operazione del genere. E poi erano adattissimi a rappresentarci agli occhi del pubblico. Abbiamo anche lavorato con Robert Pattinson, quando ancora era più un modello che un attore, e ho un bellissimo ricordo, anche se oggi sarebbe inavvicinabile (ride, NdR). Se dovessi sognare, vorrei vedere un Paul Newman d’annata nelle nostre campagne pubblicitarie. Era un attore incredibile, talmente naturale ed elegante nelle sue interpretazioni, che si faceva fatica a credere che recitasse. Qual è il pezzo di qualsiasi delle sue collezioni in cui si riconosce di più? Devo dire che sono particolarmente orgoglioso del mio Jubilee Tweed. Ho realizzato una speciale microcollezione con una riedizione del mio classico tessuto, in grigio blu e rosso, per festeggiare il Giubileo della Regina. L’abito con il gilet, la sciarpa, la borsa, la coperta da picnic, e altri pezzi in edizione limitata, saranno in vendita da maggio. Il tweed è da sempre il mio marchio di fabbrica e ho pensato fosse il momento adatto per celebrarlo in un modo inaspettato. Oltre al Giubileo, quest’estate Londra sarà testimone di altri due eventi, le Olimpiadi e la prima settimana della moda maschile... Ci saremo anche noi. Sarà la nostra prima sfilata. È in calendario il 15 giugno alla Royal Opera House. Siamo molto eccitati all’idea e personalmente sono contento dell’iniziativa. La passerella è un impegno importante e una scelta complicata, per questo ho sempre preferito essere presente al Pitti e tenermi alla larga dalle settimane della moda. Ma per Hackett London, debuttare a Londra, durante un evento di questo tipo, assume un senso diverso, considerato che il brand compirà trent’anni nel 2013, e io sessanta (ride, NdR). 29 FOCUS FOCUS FAST GOOD Da junk food a cibo gourmet, creativo e per intenditori: l’hamburger di alta qualità è il fenomeno gastronomico che sta conquistando Milano. di Filippo Spreafico indirizzi Al Mercato via Sant’Eufemia 16 American Donuts via Sirtori 4 via Settembrini 26 California Bakery via Larga 19 piazza Sant’Eustorgio 4 viale Premuda 44 largo Augusto Denzel via Washington 9 Mama Burger via Vittor Pisani 14 via Agnello 18 Tizzy’s NY Bar & Grill alzaia Naviglio Grande 46 02 01 01. Gli chef Beniamino Nespor ed Eugenio Roncoroni seduti a un tavolo del loro Al Mercato: cucina creativa da un lato, “hamburgheria” dall’altro. Foto Giuseppe Albera. 30 In una città come Milano, così portata alla stagionalità delle tendenze, è inevitabile che anche la gastronomia si pieghi alle mode del tempo. Il sushi, la pasta madre, i macarons: ogni annata ha la sua febbre, che permette di sdoganare un ingrediente, diffondere un’abitudine, aprire le porte a una tradizione nuova. Da un paio di anni a questa parte Milano ha assistito al proliferare, in tutti i punti chiave della città, di piccoli locali, a metà strada tra i bistrot parigini e i diner newyorkesi, luoghi ibridi con il grande merito di aver trasformato non solo un prodotto culinario, ma anche la sua percezione da parte del consumatore: è questo il caso dell’hamburger, l’ultimo trend gastronomico in ordine di tempo ad aver invaso la città. È per merito di queste nuove realtà che oggi parlarne non significa più far riferimento esclusivamente a multinazionali, di carne dalla dubbia provenienza, di terrificanti leggende metropolitane: l’hamburger di alta qualità ha sedotto i ristoranti stellati e invaso le tavole di chi cerca un’esperienza gourmet, grazie a una scelta ponderata di ingredienti e abbinamenti creativi. La nascita di queste nuove “hamburgherie”, attente tanto alla qualità gastronomica quanto al design e al decor d’interni, è di fatto andata a riempire una lacuna all’interno del panorama della ristorazione milanese: luoghi di respiro internazionale, capaci di soddisfare una clientela trasversale, dallo studente al turista, dal manager workaholic alla famiglia da brunch domenicale. È forse questo il fattore X che permetterà loro di essere molto più di una semplice moda? A dare una prima risposta è Caroline Denti, titolare insieme al marito Marco D’Arrigo di California Bakery, vera e propria istituzione a Milano con i suoi 4 punti vendita. Secondo la fondatrice, a fare la differenza sono “i valori e il rispetto, anche nella cura del dettaglio, della posata, del bicchiere, del tagliere, della sedia e del tavolo, e di tutto il re- sto”, con lo scopo di fornire così al cliente un’esperienza completa, che renda il pranzo o il brunch di livello superiore. Senza ovviamente dimenticare la qualità: “I nostri hamburger vengono serviti con pane home-made che sforniamo ogni giorno, non per niente siamo una bakery! La carne piemontese, pregiatissima, viene macinata al momento e per questo ottima e freschissima al gusto e alla vista”. Il tutto accompagnato da un ambiente che è piuttosto un vero e proprio concept, un marchio di fabbrica chiaro e pulito, fatto di arredamenti country living, una bella insegna retrò e una proposta gastronomica che affonda le sue radici nel più tipico immaginario collettivo americano. Più vicino alla dimensione da street food, ma senza rinunciare all’eccellenza di ingredienti selezionatissimi e rigorosamente italiani, Mama Burger è un punto di riferimento per chi non vuole rinunciare alla qualità nemmeno per una veloce pausa pranzo o un panino dopo il cinema. I menu sono quelli tipici da fast food, ma basta soffermarsi a leggere gli ingredienti per capire che ci si trova di fronte a tutt’altro: burger di black angus, hamburger di scottona tedesca, burger vegetariani e di soia con accompagnamenti creativi e unici, come i cuori di carciofo brasati e il pecorino semi stagionato che è possibile trovare nell’attuale Special Burger. Tra cementi a vista e sculture industriali in acciaio, i locali propongono un’atmosfera underground e metropolitana, sempre contemporanea. È invece frutto di un sogno tutto americano il Tizzy’s NY Bar & Grill che, affacciato sul Naviglio Grande, nasce con la precisa intenzione di portare a Milano un angolo di New York. Un locale “dove sia possibile rilassarsi, mangiare bene senza spendere molto, bere qualcosa o semplicemente passare del tempo, in un posto cool”, spiega la proprietaria Tizzy Beck, un’autentica newyorkese arrivata a Milano dopo aver lavorato nel mondo della moda. Per quanto riguarda gli “amazing hamburger” prepa- 02. Gli hamburger di Tizzy’s NY Bar & Grill si chiamano come gli amici e i familiari della proprietaria: anche questo vuol dire autenticità. Foto Tizzy Beck. 31 FOCUS 03 04 “Gli ingredienti scelti per l’alta cucina possono essere trasformati in pietanze per hamburger” 03. La sede di Mama Burger in via Agnello, tra colori pop e materiali industriali, comfort e design. 04. Non solo hamburger: da American Donuts anche i tipici dolci americani, i pancakes e i bagel per colazioni e brunch. Foto Marco Moggio. 32 rati rigorosamente da un cuoco americano, “non si parla tanto di ricette, quanto di ingredienti”, afferma Tizzy: il locale propone un menu “non così grande, ma estremamente autentico, cosicché chiudendo gli occhi ti sembra di stare davvero a New York”. Ecco quindi che la filosofia è proprio quella di rimanere, nell’atmosfera e nella sostanza, sempre “real”, autentici, con il bacon che sia vero bacon – e non pancetta – e come formaggio sempre e solo il celebre cheddar cheese d’oltreoceano. Si chiamano “art burger” i panini del ristorante Denzel: una definizione che è più che altro una presa di coscienza per un locale che punta tutto il suo fascino e la sua lunga storia di successi sulla qualità eccezionale delle proposte e su un menu rigoroso e con una precisa identità. Gli hamburger di Denzel sono realizzati al momento con carni di primissima scelta (anche fino ai 530 grammi per la versione maxi) rifiutando l’adozione di conservanti e soprattutto di ingredienti congelati. La chiara ispirazione mediorientale ed ebraica viene alla luce da alcune scelte particolari, come i panini con pastrami, l’impiego di salsa tahina, hamburger di carne d’agnello e numerose pietanze kosher. Da American Donuts invece l’atmosfera si fa subito più pop, tipicamente a stelle e strisce, grazie alle sue poltrone in eco-pelle, i mattoni a vista e le bellissime stampe alle pareti: il menu è quello tipico di una caffetteria newyorkese e gli hamburger, di manzo, tacchino o pesce bianco sono rigorosamente fatti in casa, a cominciare dall’iconico pane con semi di sesamo. In una via un po’ nascosta nei pressi dell’Università Statale di Milano è possibile invece imbattersi in un piccolo locale dalla doppia anima, metà ristorante di cucina creativa e metà Burger Bar: Al Mercato si presenta come uno spazio piccolo ed estremamente intimo, con una manciata di tavoli a ridosso della cucina a vista, dove gli chef Beniamino Nespor e Eugenio Roncoroni danno vita a piccoli capolavori sottoforma di hamburger. Grazie a questa duplice natura “gli ingredienti scelti per l’alta cucina possono essere trasformati in pietanze per hamburger – afferma Eugenio – la qualità rimane certo una base di partenza, ma non basta a creare un hamburger gourmet: non ci sono solo pane, carne, insalata e pomodoro, ma esistono tutta una serie di regole e questioni che vanno pensate, dalla scelta dell’insalata giusta all’altezza della fetta di pomodoro”, questioni che certamente possono fare la differenza tra un panino buono e uno straordinario. Interview interview richard sennett spazio all’intelligenza collettiva Agire ma anche capire, mostrarsi ma anche interagire. Insieme. A spiegarcelo l’illustre sociologo americano e docente presso la London School of Economics e la New York University, con il suo nuovo libro, edito da Feltrinelli. La cover di Insieme. Rituali, piaceri, politiche della collaborazione, ultimo libro del sociologo “È ironico credere che si possa creare flessibilità nel mondo del lavoro quando c’è così poca occupazione.” americano Richard Sennett. Edito da Feltrinelli, 25 euro. di Claudia Caramaschi Foto di Andrea Zappa Da L’uomo flessibile (Feltrinelli, 1999) a Insieme (Feltrinelli, 2012), tredici anni per provare a scardinare il muro burocratico del capitalismo. Un tentativo che Richard Sennett mette in pratica, nero su bianco, da ottimo “creatore della vita attraverso pratiche concrete”, trovando una soluzione alla crisi mondiale: l’arte di collaborare. Al di là delle capacità di ogni singolo individuo, un’intelligenza collettiva e collaborativa può dare del filo da torcere a quel campione imbattibile che additavamo come sistema capitalistico. Flessibilità o crescita, cosa occorre? È ironico credere che si possa creare flessibilità nel mondo del lavoro quando c’è così poca occupazione. Si assiste a una crescente rigidità e burocratizzazione delle relazioni sociali, che le rende “povere”. Quando scrissi L’uomo flessibile prosperava l’occupazione. La situazione è notevolmente cambiata, applicare le stesse riforme in scenari quasi agli antipodi non è una buona scelta. Il tema della flessibilità enunciato nel mio libro era solo un piccolo aspetto del mondo del lavoro, era più importante trovare nuovi mercati e nuove risorse. E faccio fatica a trovare una logica per quanto sta accadendo nel mondo e anche in Italia, sebbene non conosca in modo approfondito la vostra situazione. Cosa la sbalordisce ancora di questa crisi mondiale? Come sociologo, uno degli aspetti più 34 curiosi della crisi finanziaria è percepire quanto stupido possa essere il modo in cui gli uomini ai vertici interpretano le relazioni sociali. Non riescono a capire perché la gente se la prenda con loro per aver mandato all’aria intere attività economiche! Il capitalismo moderno, un sistema che prevede una vigorosa concentrazione e formalizzazione del potere, impedisce il principio dialogico, su cui dovrebbe essere modellata la capacità “artigianale” di collaborare e di cooperare. È sempre più diffusa nel mondo del lavoro, nelle cosiddette organizzazioni flessibili, l’adozione di un sistema universale di business, con l’applicazione di un unico modello di analisi degli input e degli output a tutti i settori economici. Tanti discorsi ma poca capacità d’ascolto… L’ascolto è fondamentale. La capacità di ascoltare è altrettanto importante quanto il fare affermazioni chiare. La conversazione è come una prova d’orchestra, in cui emergono le capacità di interazione. Sono stato un musicista. Da questa esperienza ha preso forma il modello di buona parte del mio lavoro sulla vita sociale. Per lavorare come musicisti dobbiamo imparare ad apprendere la competenza della collaborazione. Il mio modello di collaborazione è quello che i musicisti jazz utilizzano sempre. E ovviamente lo usiamo anche nel settore dell’hi-tech: improvvisiamo costantemente. C’è effettiva collaborazione tra gli amici del click? Sono un sostenitore della tecnologia, di Internet e anche dei social network. Sono stati la spinta per la primavera araba e per i molteplici movimenti contemporanei di occupazione. Sebbene tutto questo abbia generato e stia generando un cambiamento culturale, siamo ancora troppo concentrati nel “mostrarci”, piuttosto che nell’interagire. A scapito di un’effettiva interazione e collaborazione, di un reale confronto anche con chi è diverso da noi e non solo lontano fisicamente. Non siamo ancora capaci di usare correttamente questa tecnologia, questa scatola magica, non ne conosciamo esattamente l’arte della comunicazione. Dobbiamo imparare il suo “vocabolario”. Perché ha scelto la parola Insieme, come titolo del suo libro? Ciò che da sempre tiene assieme ogni forma di organizzazione è la trama della collaborazione, fondata sull’attitudine a interagire gli uni con gli altri, anche e soprattutto con il “diverso”. È una facoltà innata, che richiede di essere coltivata per irrobustirsi e funzionare al meglio. Oggi questa capacità si è fortemente affievolita, dimenticando che la collaborazione è necessaria e rappresenta una fonte di piacere per noi stessi, di arricchimento per la nostra vita sociale. Un atto di coraggio, una risposta. Di domande ce ne siamo già poste a sufficienza. 35 design Giochi per adulti 16 animali è ormai un oggetto cult venduto a un prezzo talmente alto da non ricadere più nella categoria dei giochi per bambini. In tempi non sospetti Enzo Mari ha saputo piegare la progettualità ai bisogni dell’infanzia senza necessariamente creare una versione ridotta di una sedia per adulti, come oggi si è soliti fare. Testo e illustrazione di Dino Cicchetti 37 T h E L E AT h E R L O W T h E n E W I n s TA n T c L A s s I c s h A p E DESIGN l’anno del plan filling Nel 1957 Enzo Mari sviluppa il gioco 16 animali, messo poi in produzione tre anni dopo da Danese. Nello stesso periodo, a qualche centinaio di chilometri di distanza da Milano, un certo MC Escher creava la seconda versione dell’illustrazione Plan Filling in cui una serie di animali, più o meno fantastici, qualche demone, una figura umana e una chitarra, il tutto in bianco e nero, venivano disposti a incastro in un foglio rettangolare. Senza dubbio anche la poetica del grafico olandese, che si esercitava su questi temi fin dagli anni Trenta, avrà influenzato l’operato di Mari per raggiungere la perfezione di 16 animali. 01 01. Due le edizioni in legno per 16 animali, quella del 1957 e quella, di minori dimensioni, del 1958. Un’ulteriore edizione in cellulosa venne prodotta nel 1963 e una in resina a partire dal 1972. 38 Alessandro Mendini sostiene che Enzo Mari non sia un designer e che se non ci fossero i suoi oggetti non sarebbe un gran problema. Per lui Mari rappresenta però la coscienza a cui tutti i designer dovrebbero rispondere. Ma è davvero così? Di certo Mari nell’ultimo periodo ha criticato quasi tutti i rappresentanti del mondo del design, spingendosi oltre e scagliandosi contro la tecnologia, le scuole, la speculazione e la moda. In questo senso il suo ruolo di coscienza – storica, aggiungiamo noi – ha sicuramente fondamento. Non a caso tra gli oggetti disegnati da uno degli ultimi grandi maestri ancora in vita ce ne è più di uno che verrà ricordato negli anni. Tra questi, sul finire degli anni Cinquanta, il progettista piemontese tirò fuori dal cilindro un progetto per bambini dal nome 16 animali, che divenne immediatamente un’icona. Mari diede vita a 16 creature differenti, tutte riconoscibili, che si componevano come un puzzle a incastro, aderendo perfettamente tra loro all’interno di un elegante contenitore in legno. Gli animali, caratterizzati da uno spessore di 3 centimetri che garantiva un perfetto equilibrio, potevano essere utilizzati nelle più diverse situazioni di gioco e in base alla fantasia del singolo. Non erano previste regole per il loro utilizzo, il bambino era libero di approcciare l’oggetto in qualsiasi modo e in base alla sua età. Di chiara ispirazione nordica, il progetto non ha perso assolutamente la sua “verve” nei decenni a seguire, anzi, si è caratterizzato di una nuova tipologia (16 pesci) e di una versione in resina finalizzata all’abbattimento dei costi. Oggi Danese produce i 16 animali in edizione limitata, trecento pezzi l’anno, a 362 euro l’uno. Ci farebbe piacere sapere cosa pensa di questo approccio il buon Mari, che era partito per disegnare un gioco per bambini innovativo e a basso costo, ed è finito per essere l’autore di un feticcio per adulti da disporre sopra un tavolo in bella vista. W W W .V O LTA F O O T W E A R . I T style style Bucket bag To the future Torna la borsa a secchiello: rivisitata per la primavera nei materiali e nei colori. burberry eyewear Occhiale da sole con cordoncino in pelle cucito a mano sulle aste. jonathan saunders for escada sport Cinture bicolore in pelle. herno signature Gilet dal fit sartoriale in cotone stretch e chisura con maxi zip. mare by fabi Plagette con fondo in cuoio, frange in camoscio, vernice e vitello. Lancel Paris MaxMara Borsa in capretto e nappa nude intrecciati. Secchiello in pelle modello Premier Flirt. Becky Bag in vitello. www.serapian.com www.lancel.com www.maxmara.com Mango Touch Kipling Salvatore Ferragamo Borsa in pelle e suede, decorata con due nappe. Borsa a secchiello in pelle traforata. Secchiello in suede e pelle dorata. www.mango.com www.kipling.com www.ferragamo.com Malìparmi Vic Matié Coccinelle Borsa a secchiello in pelle e lino. Borsa in camoscio con manici intrecciati. Borsa a secchiello in vitello. www.maliparmi.it www.vicmatie.it www.coccinelle.com La collezione primavera estate di Kenzo ci conduce verso il futuro della maison fondata nel 1970. Uno stile giovane e quotidiano dettato dalla nuova direzione creativa di Humberto Leon e Carol Lim. di Luigi Bruzzone 40 Serapian 41 advertorial Filosofia tedesca, cuore milanese Uno showroom di ultima generazione in cui i sogni si personalizzano e diventano realtà. Alessandro Salimbeni, AD di BMW Milano, spiega i segreti del successo di una delle più attive concessionarie d’Italia del marchio bavarese. Arrivando da Milano a San Donato è impossibile non notare la vostra sede. Grande stile fuori ma anche dentro… È una sede molto recente progettata da Kenzo Tange, il famoso architetto giapponese. L’anno scorso a settembre è stata ristruttura nella parte espositiva e nell’area che noi chiamiamo Premium delivery che è lo spazio dedicato alla consegna delle vetture nuove. Siamo il secondo showroom (www.bmwmilano.bmw.it) in Europa in ordine di tempo che segue una precisa filosofia strutturale e organizzativa voluta dalla casa madre. In merito a questo, in cosa consiste il Boulevard of joy? Si tratta di un’area assolutamente innovativa all’interno dello showroom: le vetture sono disposte come se fossero lungo una strada e a fianco ci sono tutte le postazioni open space in cui il cliente viene fatto accomodare e, usufruendo di un suo schermo personale, viene affiancato dal venditore per ordinare e profilare la vettura che preferisce. At42 traverso questo sistema il potenziale acquirente visiona in diretta tutti gli steps: la configurazione, l’allestimento, il prezzo e la trattativa. Siete una struttura molto articolata… Siamo una succursale di vendita di BMW Group Italia e contiamo circa 110 persone. Abbiamo tutti i brand di BMW Group: BMW, Mini, Motorrad (per le moto, con sede a Milano) e anche Rolls Royce. A San Donato vendiamo ovviamente il nuovo e vicino alla sede principale abbiamo una grande officina, un magazzino e un ampio e assortito reparto di vetture usate. I nostri volumi di vendita annuali sono di circa 1500 BMW, più di 500 Mini e 600 moto, tra l’altro quest’anno arriverà anche lo scooter. Qual è il vostro approccio col cliente? Nell’ambito di tutto il ciclo di vendita la nostra “ossessione” è la fedeltà dei nostri clienti che nasce dalla completa soddisfazione. Offriamo qualsiasi servizio, dalla consulenza alla vendita, all’offerta di pacchetti finanziari, ov- viamente gestiamo anche le permute. Siamo tra i più performanti in Italia secondo l’indice CSI stabilito dalla casa madre che si riferisce alla soddisfazione sia per quanto riguarda la vendita che il post vendita. Un momento importante è quello della consegna della nuova vettura... La consegna di una vettura, che sia BMW, Mini o Roll Royce è un momento magico. Per noi si tratta di un’attività alla quale dedichiamo mediamente dai quaranta ai sessanta minuti. Spesso però il cliente, avendo giustamente fretta di mettersi al volante, presta poca attenzione a tutta la presentazione, per questo motivo abbiamo previsto, dopo una due settimane, una Second delivery (seconda consegna). Durante questo successivo appuntamento, lo staff è a totale disposizione del cliente anche in merito alla possibilità di montare ulteriori allestimenti in post-vendita. L’incontro avviene su prenotazione e si svolge sempre nella nuova area Premium. wheels wheels 85 anni di “Freccia Rossa” a tutto gas nella storia In un antico monastero alle porte di Brescia è nato nel 2004, per iniziativa di alcuni amici della gara e dell’Automobil Club bresciano, il museo Mille Miglia. Il percorso è suddiviso in nove sezioni temporali di cui sette ricordano la sfida storica negli anni dal 1927 al 1957, fino ad arrivare ai giorni nostri. Macchine d’epoca e filmati originali fanno tornare indietro nel tempo, fino a quel lunedì mattina di ottantacinque anni fa, quando tutto iniziò. www.museomillemiglia.it 02 01 Gli amanti delle “vecchie signore” tutte pistoni e cromature si danno appuntamento a Brescia per vivere, oggi come ieri, una delle più affascinanti gare automobilistiche: la mitica Mille Miglia. di Maria Zanolli 01.Un saluto da Piazza Loggia, nel cuore di Brescia, da una Porsche 356 rossa fiammante. La Mille Miglia, ogni anno dal 1927, parte dalla città in cui è nata e attraversa l’Italia. Foto di Francesco Cancarini. francisphotograph.com 44 Dream and legend. Per gli americani, gli inglesi, i geek di auto d’epoca e motori, la Mille Miglia esprime sogno e leggenda. Arrivano a Brescia, verso metà maggio. In giro si iniziano a vedere le prime “vecchie signore”, nella loro eleganza senza tempo, che danzano lungo le strade della città. E poi, nei giorni della gara, i classici cartelli a forma di freccia rossa con su scritto sempre uguale “1000 MIGLIA”, le foto dei turisti, le auto tirate a lucido, gli ultimi controlli, tutto è pronto, per partire, un’altra volta. E percorrere la storia, dei paesi d’Italia (oltre 150 comuni e sei regioni), tra i borghi e le piazze. Pensate a un americano, per cui è antico il 1900. E poi i motori. Il collezionismo. Il sogno. “Anche quest’anno sarà da guinness – racconta Alessandro Casali, presidente del comitato organizzatore Mille Miglia – abbiamo avuto oltre 1350 richieste da tutto il mondo e solo 375 fortunati potranno gareggiare”. Mille resteranno fuori. Fuori da un sogno che per molti resterà sempre tale. La Mille Miglia (nata nel 1927 dall’idea di un gruppo di amici e in programma quest’anno dal 17 al 20 maggio) è la gara di auto d’epoca più importante al mondo”. Tra le novità dell’edizione 2012 c’è un ritorno ad alcune tappe storiche come Vicenza, Padova e Rovigo. Si passerà anche da Ferrara, dopo due anni di assenza. Il percorso Brescia-Roma-Brescia rimane quello. “I protagonisti saranno tanti, c’è ancora il top secret su alcuni nomi internazionali, ma per maggio renderemo tutto ufficiale – continua Casali – quello che ci fa grande piacere quest’anno è la presenza nel comitato d’onore del Presidente del Consiglio Mario Monti che, con molta probabilità, potrebbe raggiungerci a Roma”. Ci saranno anche i presidenti di Camera e Senato e diversi ministri. Tra i corridori vip non mancherà Mika Hakkinen. Dopo la vittoria dell’anno scorso della coppia (nella vita e nelle corse) Giordano Mozzi e Stefania Biacca, a bordo di una splendida Aston Martin Le Mans del 1933, la gara di quest’anno è ancora tutta da scrivere. “Tra i partecipanti – aggiunge Casali – ci sarà un corridore storico, un pilota degli anni Cinquanta, Enzo Baldi, che parteciperà con una Gilco Fontana Sport 1100 del 1950”. Passato, presente e futuro si intrecciano nella Freccia Rossa a cui quest’anno verrà dato un particolare tributo. “Martedì 15 maggio, a Brescia, nel parcheggio della fiera Brixia, proveremo a battere un altro record, creando con le auto la freccia più lunga del mondo”. Chi poteva immaginare, 85 anni fa, che la Mille Miglia avrebbe raggiunto un successo mondiale? Era un lunedì mattina, il 26 marzo, e da Brescia partiva la prima macchina, l’Isotta Fraschini di Aymo Maggi e Bindo Maserati. A trionfare furono Nando Minoja e Giuseppe Morandi. “Forse nessuno, nel 1927 – ricorda Aldo Bonomi, Presidente dell’Automobile Club di Brescia – poteva mai supporre che la creatura di quattro romantici (Franco Mazzotti, Aymo Maggi, Renzo Castagneto e Giovanni Canestrini) avrebbe saputo sfidare i tempi, la moda e i costumi”. Ne hanno parlato persino i poeti. Vittorio Sereni scrisse una poesia dedicata alla Mille Miglia: “Per fare il bacio che oggi era nell’aria / quelli non bastano tutta una vita. Voci del dopocorsa, di furore / sul danno e sulla sorte…”. Fin dall’idea iniziale, c’era una voglia genuina di correre in auto, ma anche di ritrovarsi tra appassionati di motori, di cultori della “materia”, di uomini con le mani sporche d’olio, pure borghesi, con i piedi per terra, in una terra in cui il lavoro era tutto. “Chiunque sente la forza della Mille Miglia – prosegue Casali – Con i tributi e omaggi che abbiamo realizzato negli ultimi cinque anni, in Cina, in Brasile, negli Emirati Arabi, la storica corsa ha raggiunto ogni dove. Dal 1927 non si è mai fermata”. La sua bellezza non nasce solo dalle splendide auto che vi partecipano, come le Alfa Romeo degli anni Trenta, le Maserati, le Fiat 1100 S del ’47 o le Jaguar C-type e D-type, che quest’anno torneranno in gara per la prima volta dal 1956. Il grande appeal di questa corsa si sviluppa soprattutto da tutto ciò che gli sta attorno: dalla sua storia lunghissima, dalle terre che attraversa, dal tempo che invecchia le auto rendendole ogni giorno più affascinanti e dal rombo dei motori, diverso da vettura a vettura, proprio come una voce da far cantare, ogni anno, nell’orchestra della mitica “Freccia Rossa”. 02. Una delle auto in gara arriva davanti a Castel Sant’Angelo a Roma. Tra le novità del percorso quest’anno c’è un ritorno ad alcune tappe storiche come Vicenza, Padova e Rovigo. Si passerà anche da Ferrara. 45 wheels equipment wheels equipment Old style racing Flying to the finish line Alla scoperta delle grandi classiche dell’automobilismo, da rivivere con stile. Nannini Stetson Eberhard & Co. Mascherina Rider con montatura in vera pelle Cuffia da automobilista in pelle foderata, Cronografo Tazio Nuvolari Data con movimento imbottita e lenti cilindriche di altissima qualità. con visiera e chiusura a bottoni automatici. meccanico a carica automatica e cassa in acciaio. www.nannini.com www.stetsonhat.com www.eberhard-co-watches.ch Etiqueta Negra Ferrari Blauer Polo con applicazioni e ricami dedicati alla vittoria di Pantaloni con tasche frontali ispirate a quelle Giubbotto in nappa, costina di cotone elasticizzato Tazio Nuvolari al Gran Premio di Monaco del 1938. per contenere le mappe automobilistiche. in vita e ai polsi e scudetto tono su tono. www.etiquetanegra.eu www.ferrari.com www.blauer.it Sabelt Luisi Dainese Boot modello driving con tomaia in pelle Volante in legno modello Montreal dalla linea Guanti dal design ergonomico realizzati scamosciata ingrassata e suola in gomma. vintage. in morbidissima pelle di capra. www.thegigastore.com www.volantiluisi.it www.dainese.com Il fascino delle grandi classiche dell’automobilismo non sembra affievolirsi col trascorrere del tempo. Gli “eroi” delle quattro ruote sono passati alla storia anche come icone di stile. di Luigi Bruzzone Tazio Nuvolari alla guida di un’Alfa Romeo MM Spider alla Mille Miglia del 1933, edizione che lo vide vincitore. Foto Courtesy Alfa Romeo Automobilismo Storico, Centro Documentazione (Arese, Milano). 46 Nel 1909 il Manifesto del Futurismo inneggiava alla velocità come alla “bellezza nuova”, accostando provocatoriamente l’automobile alla Nike di Samotracia, la più celebre e raffinata scultura ellenistica e simbolo dell’arte classica. Nei primi decenni del XX secolo la velocità divenne il mito di una nuova generazione di giovani eroi, che credeva ciecamente nel progresso e mirava al continuo superamento dei limiti attraverso la combinazione perfetta tra uomo e macchina. Si assistette alla nascita di nuove competizioni, sfide e record da battere alla guida di mezzi motorizzati di ogni genere: l’automobile in primis, ma anche la motocicletta e l’aeroplano. Mentre nel 1927 il celebre aviatore americano Charles Lindbergh compiva la prima traversata aerea in solitaria e senza scalo dell’Oceano Atlantico, il pilota italiano Tazio Nuvolari era già una leggenda, contando su un palmarès di vittorie ottenute “volando” sulle strade di mezza Europa. Nello stesso anno nasceva la Mille Miglia, mitica corsa su strada che si disputò fino al 1957 e che dal 1977 rivive sotto forma di sfida dedicata alle auto storiche. Durante quasi trent’anni di carriera, Nuvolari divenne un personaggio amatissimo dal grande pubblico e simbolo stesso delle corse automobilistiche dell’epoca. Il “mantovano volante”, come veniva chiamato con affetto da tifosi e stampa, sembrava infatti un pilota di biplano (e non solo per lo stile di guida!) vestito com’era di pelle, con la cuffia calzata sulla testa e l’occhialone a mascherina. Di fatto, l’abbigliamento tecnico degli spericolati automobilisti nella prima metà del secolo scorso, somigliava moltissimo a quello utilizzato dai non meno spericolati aviatori. Certo è che la protezione garantita da queste primordiali quanto romantiche tenute da corsa non è paragonabile a quella assicurata dalle divise che indossano i piloti di oggi: ma il fascino retrò che esercitano questi uomini leggendari rimane ancora oggi indelebile agli occhi degli sportivi e non solo. 47 wheels Sguardo a Oriente Da sempre Land Rover è sinonimo di avventura. Per celebrare la produzione della milionesima Discovery, lo storico marchio inglese ha organizzato un’avvincente spedizione tra Europa e Asia Centrale. Scopo dell’impresa? Mettere a dura prova la vettura e raccogliere fondi per la Croce Rossa. di Andrea Zappa La carovana di Discovery si lascia alle spalle una caratteristica formazione rocciosa del deserto dell’Uzbekistan. 48 Tredici paesi da attraversare, cinquanta giorni a disposizione, tre Discovery 4, dodici uomini di equipaggio, e infine due puntini rossi, Birmingham e Pechino, da unire su una mappa con una linea tratteggiata lunga quasi 13mila chilometri. Questi i numeri di Journey of Discovery, l’ultima sfida lanciata da Land Rover per festeggiare il traguardo del milionesimo esemplare prodotto. E non poteva essere diversamente dati gli oltre sessant’anni di know-how del marchio nel mondo dei 4X4. L’impresa ricalca le orme della First Overland Expedition del 1955, avventura che all’epoca dovette però deviare tracciato puntando su Singapore. Quest’anno i team, composti da esperti piloti dell’organizzazione Land Rover Experience (www.landrover.com), sono partiti il 29 febbraio dagli stabilimenti di Solihull (Birmingham) nelle West Midlands inglesi riuscendo a raggiungere il 23 aprile il Motor Show di Pechino. Dopo aver attraversato l’Europa continentale e aver sfidato le nevi alpine, toccando Ginevra, Milano e dirigendosi successivamente verso Monaco, Vienna e Budapest, è stata la volta della città fantasma di Cernobyl in Ucraina. Una breve sosta nella Piazza Rossa di Mosca per poi iniziare finalmente la vera avventura nelle terre desolate del Kazakistan. Superati gli straordinari scenari dell’arido deserto dell’Uzbekistan, l’ultima sosta prima della Cina, sono state le rive del lago Issyk Kul in Kirghizistan. Valicate le alture del Passo Turugart, l’ultima frontiera kirghiso-cinese, i team hanno proseguito lungo la Via della Seta verso l’antica città mercato di Kashgar. Da qui hanno poi affrontato le dune del deserto per raggiungere il nord della Mongolia, seguendo infine la Grande Muraglia che li ha condotti fino a Pechino in tempo per il Motor Show. Con questa spedizione Land Rover ha anche lanciato un progetto umanitario molto ambizioso: raccogliere un milione di sterline a favore della Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, suoi patner fin dal 1954. La somma raccolta sarà impiegata per un’importante iniziativa di potabilizzazione dell’acqua in Uganda (www.landrover.com/million), progetto che migliorerà le condizioni di vita di circa 45000 persone. Anche questo è parte del mondo Discovery. hi tech Il portafogli nel telefono pagamenti più rapidi Arriverà presto sul nostro mercato il Nokia Lumia 610, smartphone dotato di chip NFC al prezzo “killer” di 199 euro. Sarà il primo smartphone equipaggiato con l’OS per device mobili di Windows dotato di questa tecnologia disponibile in Italia. www.nokia.com Uno smartphone come alternativa al contante e alla carta di credito: ci abitueremo noi italiani? di Enrico S. Benincasa Il Galaxy Nexus è stato il telefono su cui Google ha investito per lanciare il servizio Wallet contactless. Stando a un recente studio, un italiano possiede una carta di credito e mezzo contro le sei di un americano e le dodici di un giapponese (fonte: CCP Italia). L’allergia alla moneta di plastica si riverbera anche sulle transazioni che, come mostrato da un recente servizio di Report, nel nostro Paese avvengono ancora prevalentemente in contanti (oltre il 90%), dato contrastante se paragonato a quelli di Francia e Gran Bretagna (circa la metà del totale). Ciò a cui non siamo certo allergici sono le SIM: in Italia, già da qualche anno, ci sono più utenze telefoniche attive che abitanti. La cosa curiosa di questo incrocio di dati è che proprio l’amore per la telefonia mobile potrebbe farci riconsiderare l’idea di utilizzare così spesso la cartamoneta. Una novità degli ultimi modelli di smartphone è la presenza della tecnologia NFC (Near Field Communication), una sorta di Bluetooth avanzato che, tra i tanti usi, permette anche di utilizzare un device mobile come strumento di pagamento, semplicemente avvicinan- dolo a un lettore predisposto. A quel punto sarà il chip NFC, che contiene tutti i dati di una carta di credito collegata, a compiere la transazione in modalità “contactless”. Sono già presenti sul mercato modelli di smartphone con questa tecnologia, come il Galaxy Nexus di Samsung, l’Optimus L7 di LG e il BlackBerry Curve 9360. Gli iPhone, invece, al momento ne sono sprovvisti, ci sono molti rumors sulla presenza di un chip NFC nei prossimi modelli ma non mancano adattatori esterni prodotti da terze parti. Quello che manca, ancora, è una certa solidità delle applicazioni per far funzionare il tutto. Google, con la sua Wallet, ci sta provando negli Stati Uniti, ma non senza qualche incidente di percorso. Big G si è affidata al circuito Mastercard PayPass, così come ha fatto Vodafone in Italia per lanciare la Smart Pass, una carta di credito ricaricabile che, collegata in maniera univoca a un numero di cellulare, si ricarica come una SIM prepagata. Anche Noverca, Poste Mobile e Wind si sono interessate al mondo dei pagamenti via cellulare. Già, perché il bello della tecnologia NFC è che può essere presente anche sulle SIM. Questo fattore apre diversi scenari, con operatori mobili e produttori di telefonia e/o sistemi operativi a sfidarsi sullo stesso terreno. Prepariamoci a cambiare abitudini, perché non è così lontano il giorno in cui pagheremo il caffè con il telefonino. Phone & Pad : Expand your world. Come lo vuoi? Decidi tu! 4.3” 10.1” Dynamic Display. PadFone + Station Autonomia senza eguali Ottimizza le tue spese Fino a 63 ore di conversazione. Due dispositivi. Un solo piano tariffario. Stylus Headset Station Dock Le specifiche del prodotto sono soggette a modifiche senza preavviso e possono differire a seconda dei Paesi di commercializzazione. Il tempo di conversazione si riferisce all’uso della rete 2G con 50 l’utilizzo della batteria sia della PadFone Station sia della Station Dock. Le prestazioni possono variare a seconda delle applicazioni, dell’utilizzo, dell’ambiente e di altri fattori. I contenuti e la disponibilità dei prodotti varia a seconda dei Paesi ed è soggetta a possibili cambiamenti. Tutti i marchi o nomi di prodotto sono marchi registrati di proprietà delle rispettive compagnie. WEEK - END WEEK - END Un’isola non per tutti i migliori dammusi Oggi Pantelleria non è più isolata come lo era una volta: nel periodo estivo non è difficile trovare collegamenti aerei diretti anche da Milano. I migliori dammusi potete invece trovarli all'interno di una ricca selezione, corredata da de- 02 cine di ottime immagini, realizzata da chi ha capito perfettamente cosa un cittadino può ricercare su quest’isola, grazie a un’esperienza ormai trentennale. Il consiglio è di chiamare e lasciarsi consigliare. www.solopantelleria.it 03 01 Dura e riservata, contadina più che di mare, glamour solo nei nomi di coloro che se ne sono innamorati, un’isola che nei suoi colori e nei suoi dammusi custodisce il segreto di chi è rimasto folgorato dal “mal di Pantelleria”. di Stefano Ampollini Foto di Luca Genovese 01. Le forma a cupola dei bianchi tetti dei dammusi avevano la funzione di raccogliere l’acqua piovana e di convogliarla in una cisterna sotterranea. 52 A tutti è capitato di andare in vacanza o di partire per un breve viaggio e, una volta rientrati nel caos frenetico delle nostre città, restare per qualche giorno come inebetiti a raccontare sognanti di quei luoghi dove vi trasferireste per aprire il classico “chiosco sulla spiaggia”. Di solito succede che appena sbiadisce l’abbronzatura e si sciolgono le treccine, la furia cittadina torna a riappropriarsi dell’improvvisato viaggiatore. In mezzo al Mediterraneo c’è un’isola che farebbe eccezione per chiunque, ma proprio per questo non è per tutti. Di origine vulcanica e più vicina alla Tunisia che alla Sicilia, Pantelleria si presenta anche al turista più distratto come un mondo a sé stante, complicato, ma proprio per questo capace di creare legami più solidi di una semplice abbronzatura. La parte più difficile nello scrivere un pezzo su un luogo come questo è forse la scelta del titolo: si rischia di essere banali, quando invece è proprio la sua essenzialità a rendere questo puntino sulle cartine geografiche un posto così magico. La cosa straordinaria è che quasi tutti coloro che si sono innamorati di Pantelleria ci sono finiti per caso. Luca Genovese è uno dei tanti che, arrivato al seguito di un paio di amici per una breve vacanza, è rimasto folgorato e ha lasciato Milano e un’at- tività commerciale per venire a vivere quaggiù: “Arrivai sull’isola via mare molto stanco, dopo una piccola ma intensa odissea di tre giorni causata dal maltempo, e da subito il primo impatto non fu dei più suggestivi; per chi arriva dal mare, il porto e il paese principale, ricostruiti dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, sono infatti scenograficamente il peggior benvenuto che l’isola sia in grado di offrire. Quasi sconsolato, salii a bordo di una vecchia Mehari presa a noleggio e percorsi qualche centinaia di metri in direzione del dammuso che avevamo affittato, lasciandomi alle spalle questa piccola Beirut d’occidente, e in un baleno mi vidi proiettato all’interno di un paesaggio per me inedito e straordinariamente surreale”. Ora non ha più dubbi, tanto da aver deciso di far crescere qua suo figlio e di aprire un’attività di gestione di dammusi. Chi pianifica le vacanze con ampio anticipo e cerca spiagge dorate (magari attrezzate), locali alla moda, ristoranti e, più in generale, tutto quanto può rendere qualche settimana un’occasione per conoscere gente e divertirsi, difficilmente finisce per scegliere Pantelleria. Se lo fa ne rimarrebbe deluso. Quest’isola è un luogo quasi metafisico, persino ascetico. La sua origine vulcanica la rende impervia, senza spiagge, e per accedere al mare il più delle volte dovrete percorrere lunghe strade sterrate a bordo di vecchie Mehari o moderne Panda 4x4. Come sempre la regola è che la durezza del tragitto è direttamente proporzionale alla bellezza della meta da raggiungere: la Balata dei Turchi ne è forse l’esempio migliore. I pochi ristoranti, i rarissimi cocktail bar e le uniche due discoteche (aperte solo ad agosto) rendono bene l’idea di quali siano le attrazioni più richieste da queste parti. Protagonisti sono il vento, la luna, i tramonti mozzafiato e i colori dell’isola: il verde dei cespugli di capperi e dei vigneti di uva zibibbo e il nero delle rocce laviche, da sempre usate per modellare l’isola con migliaia di terrazzamenti a secco e per costruire i dammusi, cuore pulsante della vita pantesca. Queste abitazioni, sparse un po’ ovunque, rappresentano l’elemento forse più singolare e ricercato di Pantelleria. Spesso isolati e quasi mimetizzati, sono veri e propri rifugi dove 02. Dallo zibibbo, vitigno di importazione araba, si ricavano il moscato e il passito. Miceli, De Bartoli, Minardi e Donnafugata sono le cantine più note. 03. La pianta di cappero è una costante del panorama pantesco. I 400 produttori dei capperi di Pantelleria, riuniti in coopertiva, ne commercializzano ogni anno circa 2000 quintali. 53 WEEK - END WEllness Spa a cielo aperto L’origine vulcanica di Pantelleria ne fa un luogo ideale per gli amanti del wellness. Le proprietà terapeutiche dei suoi fenomeni naturali la rendono una Spa a cielo aperto per 365 giorni l’anno. di Stefano Ampollini Foto di Luca Genovese grotta di benikulà Lasciata la contrada di Scauri in direzione Sibà, lungo la strada si trova l’indicazione di questa grotta, raggiungibile dopo 15 minuti di cammino. L’umidità dell’aria al suo interno supera i 90°. Foto di Grazia Cucci. 04 Lo Specchio di Venere occupa il cratere di un antico vulcano. Lungo le sue rive si è sviluppato un ecosistema unico e le molteplici specie di uccelli che lo popolano attirano gli appassionati di bird-watching. 04. Nati come abitazioni rurali e magazzini, i dammusi sono stati riconvertiti in veri gioielli di design. Ognuno è un pezzo unico. 54 nascondersi e trovar riparo: gli abitanti del luogo dai forti venti invernali, i turisti vip dalla curiosità e dalla vita glamour, i normali turisti dalla frenesia e dallo stress delle nostre città. Il rischio è abituarsi al punto da non riuscire a farne a meno. Molti personaggi del jet set negli ultimi trent’anni hanno calcato le stesse orme di Luca, colpiti anche loro da un autentico “mal di Pantelleria”. Giorgio Armani è stato il primo, qua sbarca spesso con il suo yacht Main e ha persino creato una linea di cosmesi ispirata dal Lago di Venere. Carol Bouquet ha scoperto l’isola insieme all’amato Gerard Depardieu e, quando il loro rapporto è finito, è rimasta a produrre un ottimo passito, venduto nei migliori ristoranti di Parigi. Peter Lambert era uno dei più ricercati chef privati di New York, chiamato a cucinare a casa di celebri star americane, tra cui Robert De Niro. Ha scoperto Pantelleria nel 2010 e non se n’è più andato: “Prima di allora passavamo le nostre giornate a spendere soldi per comprare il tempo, adesso usiamo i nostri giorni e il tempo per approvvigionarci di ingredienti selvatici, curando il nostro piccolo terreno e giardino e vivendo il più possibile in modo essenziale”. Da Riccardo Muti a Fabio Capello, dall’ex ministro Visco all’archistar Fuksas, in tanti hanno scelto questo angolo di Mediterraneo come buen retiro, donandogli un riverbero di mondanità tanto scintillante quanto fortemente fuorviante nell’immaginario di chi non conosce l’isola, da alcuni ribattezzata “rural chic” per descriverne la doppia identità. Certo, le riviste specializzate di interior design non sbagliano nel collocare Pantelleria ai primissimi posti tra i luoghi più ricchi e suggestivi d’Italia e dell’intero Mediterraneo, ma non si tratta mai di sfarzo e di lusso sfoggiato. Sarebbe contrario alla natura stessa dell’isola, così dura quanto riservata. Non è un caso che la prima attività dell’isola non sia il turismo, ma l’agricoltura, specializzata nella coltivazione dello zibibbo, vitigno importato dagli arabi da cui si ricava il famoso passito, vera perla della produzione pantesca. Proprio i segni lasciati dagli arabi nella cultura locale, così come le strade lastricate eredità dei Romani o i resti archeologici di popolazioni perdute, testimoniano la natura di un’isola che in tanti hanno provato a dominare, senza riuscirci. In fondo ha ragione Luca: “Io vedo Pantelleria sotto forma di una meravigliosa donna, una madre generosa e fertile. Credo che sia stata l’isola a sceglierci, non il contrario”. cala gadir Se non vi è mai capitato di immergervi in acque calde termali direttamente in mare, qua lo potete fare con estrema comodità grazie a vasche costruite per contenerle. punta di nikà Meno comoda di Gadir, ma forse per questo ancora più affascinante, Nikà presenta fenomeni termali direttamente in mare all’interno di una baietta d’acqua cristallina (attenzione a non ustionarsi). Dal punto di vista geologico Pantelleria è un’isola giovanissima, formatasi appena 500.000 anni fa in seguito alle fratture del rift del Canale di Sicilia. L’origine vulcanica oggi è ancora ben visibile dalle rocce nere usate per costruire i dammusi e i muretti a secco delle balze, dalle forme a cratere dei vari rilievi che segnano l’isola e dalle colate che defluiscono verso il mare dagli 830 metri della Montagna Grande, anch’essa in origine vulcano e oggi verdissima con i suoi sentieri che si perdono tra ettari di boschi, amatissimi dagli amanti del trekking. Anche se nessun fenomeno eruttivo è oggi più presente, l’isola presenta alcuni rilievi di chiara origine vulcanica denominati “kuddia” (parola di origine araba) ed è come se pulsasse dentro di sé un’energia e un calore mai sopito, che si sprigiona attraverso cavità disseminate lungo tutti i suoi 83 chilometri quadrati. Il risultato è stra- ordinario: saune, fanghi, getti di vapore, caldi idromassaggi. Tutto ciò che normalmente cerchereste in una Spa, qua lo potete trovare assolutamente naturale, gratis e alla portata di tutti. La vocazione termale dell’isola permette di godere di una Spa naturale a cielo aperto per 365 giorni l’anno, tra le calde acque termali di Gadir, Sataria, Scauri e Nikà, la sauna naturale del bagno asciutto, i fanghi e le sorgenti calde del lago di Venere. Quest’ultimo, in particolare, è forse il luogo più noto: la temperatura delle sue acque sature di zolfo arriva a toccare i 56° e il fondale nasconde fanghi dalle proprietà terapeutiche, per la gioia dei bagnanti che giungono fin qua in ogni periodo dell’anno. Anche Giorgio Armani ha colto le proprietà terapeutiche dell’ossidiana, la roccia nera derivante dalla lava, per creare un prodotto in tutto ispirato all’isola di Pantelleria: la Crema Nera. 55 overseas overseas Ascoltando la voce del fiume al timone di una houseboat Durante una vacanza fluviale l’ideale sarebbe poter decidere autonomamente dove andare e quanto tempo fermarsi in un luogo. Le Boat offre a chiunque se la sente di diventare comandante (non c’è 02 bisogno di nessuna patente) della propria houseboat. Molteplici sono gli itinerari possibili tra Europa e Italia. L’imbarcazione si affitta a settimana e il prezzo varia a seconda delle dimensioni e degli allestimenti. Foto courtesy Le boat. www.leboat.it sul web www.greatamericansteamboatcompany.com www.aquaexpeditions.com www.metamondo.it www.captaincook.com.au www.giverviaggi.com 01 In questi anni le crociere fluviali sono diventate una valida alternativa alle classiche vacanze itineranti. Quale fiume e battello scegliere dipende solo dal tempo a disposizione. Lasciate l’orologio in valigia e tendete l’orecchio, sarà il fiume a parlare e a cullarvi, raccontandovi un paese attraverso le sue spire. di Andrea Zappa 01. Navigazione al tramonto lungo le placide acque del fiume Murray, che traccia il confine tra le regioni Victoria e New South Wales in Australia. 56 Se siete alla ricerca di pace e tranquillità e volete realmente staccare la spina dai ritmi frenetici della vita di tutti i giorni, il modo migliore per farlo è quello di scegliere una crociera a bordo di un battello fluviale. Un viaggio di scoperta in grado di cambiare la personale percezione del tempo e regalare paesaggi naturali di rara bellezza, difficilmente visibili attraverso i più canonici itinerari su terra. La scelta del fiume dipende molto dal tempo che si ha a disposizione e ovviamente dalle disponibilità del proprio portafogli. Il migliore compagno di viaggio? Sicuramente un bel libro, magari un classico, il cui “protagonista” è lo stesso fiume su cui state navigando. I cultori di Mark Twain e delle avventure di Huckleberry Finn, non vedranno l’ora di salire a bordo di The American Queen, il più grande battello a ruota della storia che naviga lungo il Mississipi. Discenderlo su questo gioiello a vapore del XIX secolo è come fare un salto nel passato: a bordo sono stati restaurati ambienti (saloni, cabine e anche un teatro) con tutti i dettagli di quella gloriosa epoca. La nave, lunga più di 120 metri e alta 27, offre 222 cabine, cinque ponti, una piscina e un grande bar a due piani. La crociera dura massimo 12 giorni e il percorso va da New Orleans fino, per chi lo desidera, a Memphis. The American Queen naviga sui fiumi Mississippi e Ohio con itinerari anche tematici (musicali, enogastronomici, storici) toccando le città più importanti del profondo sud americano. Chi invece vuole ascoltare i rumori della foresta, quella vera, quella che fa anche un po’ paura, può decidere di esplorare con Aria o Aqua, i due lussuosi “vascelli” di Aqua Expeditions, quella tratta del Rio delle Amazzoni che attraversa la Pacaya Samiria Reserve in Perù. Ogni cabina è dotata di un’ampia vetrata che permette agli ospiti di ammirare, anche stando comodamente a letto, i segreti della più grande foresta pluviale del pianeta. Durante la crociera sono previste escursioni su piccole imbarcazioni per andare alla scoperta degli abitanti del luogo: caimani, scimmie e uccelli di ogni genere, piranha e, tra gli altri, lo schivo quanto raro delfino rosa d’acqua dolce. Compiendo mezzo giro di mappamondo, si può decidere di esplorare il Mekong, un altro dei grandi fiumi del pianeta. Una cooperazione tra una compagnia tedesca e una laotiana ha messo a disposizione 3 scafi, che possono ospitare fino a un massimo di 32 passeggeri, per crociere tra i siti archeologici più affascinanti e gli angoli rurali più inesplorati del Laos. L’agenzia Metamondo propone itinerari dai tre ai sette giorni che permettono di raggiungere anche il famoso arcipelago delle 4000 isole. Uno degli scali maggiormente apprezzati rimane però Luang Prabang, città protetta dall’Unesco e dichiarata recentemente una delle 10 più attraenti del mondo. Se invece al caldo umido si preferisce il caldo secco, non resta che imbarcarsi per una crociera sul fiume Murray, il re tra i corsi d’acqua australiani. Il viaggio su un battello old style, organizzato da Captaincook, prevede la visita di numerosi canyon, senza escludere escursioni a piedi nei villaggi aborigeni della zona. A chi invece desidera rimanere in Europa, Giverviaggi propone una crociera di grande fascino: Lungo la via degli zar da Mosca a San Pietroburgo. Già agli inizi del Settecento lo zar Pietro il Grande sognava di creare una via d’acqua navigabile che collegasse le due città. Il sogno del sovrano poté essere realizzato soltanto a distanza di tre secoli: scavando canali navigabili, creando bacini idrici, costruendo ben 18 chiuse per superare i 162 metri di dislivello lungo i 1400 chilometri che separano Mosca da San Pietroburgo. Ovviamente d’obbligo, per chi sceglie la Madre Russia, di accompagnare la navigazione con qualche riga di Dostoevskij. 02. Una delle eleganti suite con vista “fiume” a bordo di Aria, il raffinato battello di Aqua Expeditions che porta i suoi ospiti a scoprire i segreti del Rio delle Amazzoni. 57 food food La ricetta dello chef Roberto Okabe Di origini nippo-brasiliane, è la mente creativa di uno dei più noti e apprezzati ristoranti di Milano, il Finger’s. La cucina è per lui una forma di altruismo e lo strumento attraverso cui esprime una creatività che – noi sappiamo bene – essere innata, per il tocco raffinato e al tempo stesso deciso con cui rivisita i piatti della tradizione giapponese. Ricerca, passione e dedizione sono le parole chiave del suo successo. di Alessia Delisi Sei la mente creativa di uno dei ristoranti più popolari del capoluogo meneghino, vantando 150 coperti a sera da oltre 8 anni. Svelaci il segreto del tuo successo! Devo ammettere che è vero: il Finger’s è molto popolare a Milano, ma, credimi, non sono le persone, anche se famose, a fare il ristorante, bensì un lavoro costante di ricerca, che svolgo da anni con passione e dedizione totale. In cosa consiste per te questa ricerca? Ha qualcosa a che vedere con le tue origini miste e con il fatto che tu intendi rivisitare i tipici sapori del Giappone, giusto? Sì, è esatto: ricerca vuol dire per me rivisitazione dell’ovvio ed è, prima di tutto, il frutto di un lungo lavoro. Ogni nostro piatto rappresenta, infatti, la sintesi ultima di un bagaglio di conoscenze acquisite in tanti anni di esperienza. Dopodiché, è vero: io sono uno chef nippo-brasiliano. Questo significa che la cucina giapponese che proponiamo nel nostro ristorante risente degli influssi di quella brasiliana che Allan Bay ha descritto come molto profumata. Chi ha viaggiato sa, infatti, che il sushi che si mangia in Brasile non è lo stesso 58 che si mangia in Giappone: è più saporito, più profumato appunto. C’è da dire anche che il Brasile, essendo un paese multirazziale, ha favorito la contaminazione, facendo sì che la cucina diventasse nel tempo un mix di sapori differenti. Cosa pensi invece della cucina italiana? C’è dell’Italia nei tuoi piatti? Sicuro! La cultura mediterranea è per me fonte inesauribile di ispirazione. Ma c’è di più, perché per me Italia significa alta cucina, cioè tecnica di preparazione e di cottura di un piatto. Dobbiamo però precisare che la globalizzazione ha fatto sì che questa tecnica si evolvesse, mescolandosi con quella di altre cucine, quella francese per esempio. L’importante è, come sempre, che alla fine si arrivi alla migliore soluzione possibile e questo passa inevitabilmente attraverso una fitta rete di passaparola, esperienze culinarie condivise che vengono tramandate da una generazione all’altra. Non dimentichiamo poi che, a differenza dell’Italia, in Giappone non c’è una cultura delle portate, dall’antipasto al dessert, ma è proprio della cucina giapponese riempire la tavola di assaggi. L’intento del Finger’s è di uni- re alla cultura delle portate quest’idea di assaggiare e, perché no, di mangiare divertendosi, sulla base dei tipici sapori del Giappone. Parliamo della recente apertura del Finger’s Garden, quali le differenze rispetto al Finger’s? Non ci sono grosse differenze per quanto riguarda la proposta culinaria, ma c’è anzi molta continuità tra i due locali. Ciò che distingue il Finger’s dal Finger’s Garden è piuttosto l’ambientazione: un immenso spazio verde trasformato in un suggestivo giardino zen. Al Finger’s Garden poi posso contare sull’apporto di Gustavo Young, giovane chef di origini cino-brasiliane che mi affianca nella preparazione dei piatti. C'è un piatto della cucina giapponese al quale sei particolarmente legato e che riproporresti nei tuoi menù? Senza ombra di dubbio il Sukiyaki. Me lo faceva mia madre quando ero bambino e ancora oggi sono io a prepararlo ai miei due figli. Si tratta di un piatto molto semplice che si mette al centro della tavola e da cui tutti mangiano. Lo scelgo perché rappresenta per me l’espressione più felice della famiglia unita. In questo numero Roberto Okabe ci svela la ricetta del Nido di funghi al wok con uovo di quaglia, uno dei piatti più apprezzati del menu del Finger’s. Nido di funghi al wok con uovo di quaglia Ingredienti. Per il wok: 100 gr di funghi shiitake, 100 gr di funghi shimeji, 50 gr di funghi enoki, 70 gr di funghi pleorotus, 30 gr di fungo nero, 40 gr di pak choi, 30 gr di spinacini, 50 ml di salsa wok, 30 ml di sake. Per la salsa wok: 50 ml di salsa di soya, 200 ml di brodo pollo, 50 ml di salsa di ostriche, 10 ml di olio di sesamo, 30 gr di fecola di patate. Per il nido: 50 gr di pasta kataifi, 1 l di olio di semi. 1 uovo di quaglia. Saltare a fuoco alto i funghi finché non prendono colore. Sfumare con il sake e aggiungere la salsa. A parte aggiungere poi il pak choi e gli spinacini. Frullare insieme tutti gli ingredienti della salsa wok. Friggere la pasta kataifi finché finger’s Nel cuore di Milano, a due passi da Porta Romana, si trova Finger’s, piccolo tempio della cucina giapponese in cui i cultori del sushi potranno sperimentare nuove e ardite armonie culinarie. Aperto nel 2004 dallo Chef Roberto Okabe e dal suo socio, il calciatore del Milan Clarence Seedorf, il ristorante, conosciuto ormai a livello internazionale, è stato acclamato come uno dei dieci migliori giaptrend-chic al mondo. Un’atmosfera elegante e alla moda, dall’arredo metropolitano e sottilmente intimista, accompagna questo locale interamente realizzato da un team di artisti che lo stesso Okabe ha accuratamente selezionato e coordinato. Imponente il banco sushi, che maliziosamente strizza l’occhio alla più riparata e nascosta zona tatami. Ottimi anche i cocktail a base di sake che potrete gustare nell’area bar. Finger's - via S. Gerolamo Emiliani 2 Milano non è dorata. Cuocere l’uovo di quaglia a 63 gradi per 20 minuti. Raffreddare con acqua e ghiaccio. Fare il “nido” con la pasta kataifi. Mettere dentro i funghi e finire con l’uovo. Condire con fior di sale e sichimi togarashi. 59 Club house Club house Trofeo Bonfiglio: talenti in “terra” cercasi 01. L’attuale numero uno del mondo, Novak Djokovic, venne eliminato nei quarti del Trofeo Bonfiglio dal messicano Flores, era il 2003. 02. Victoria Azarenka, attuale numero uno del mondo, a soli 15 anni arrivò fino al terzo set della finale: era il 2004 e il Bonfiglio finì nelle mani di Sesil Karatantcheva. 03. Roger Federer al Trofeo del 1997, quell'anno fu fermato dal peruviano Rake. 02 03 01 Trovata la terra che fa largo ai giovani del tennis mondiale. È rossa e tutti possono scoprirla in via Arimondi 15 a Milano, dal 19 al 27 maggio. di Chiara Cossalter Facendo zapping tra televisione e memoria, mi imbatto in un déjà vu quanto mai strano, che riguarda il mondo del tennis. Guardo Novak Djokovic e Viktor Troicki in campo per il doppio di coppa Davis e mi sembra di averli già visti insieme, molto tempo prima, ma non ricordo di preciso dove. Oppure Jo-Wilfried Tsonga e Tomas Berdych in campo ad aprile a Monte Carlo, sempre loro ma su un altro tabellone, dove esibivano colpi, facce, fisici ben differenti da quelli attuali. Ricordo anche Roger Federer, clamorosamente fuori al secondo turno, senza essere testa di serie numero 1. Impossibile, vero? Eppure è così. Anche se fa un certo effetto pensare in difficoltà uno che, con la racchetta 60 da tennis in mano, viene chiamato Sua Maestà. Ma in realtà hanno ragione i ricordi, da qualche parte tutto questo è accaduto. E le coincidenze non si riferiscono esclusivamente al tennis maschile: anche Samantha Stosur, Vera Zvonareva e Marion Bartoli, prima che arrivassero le sorelle Williams, mi sembra di averle già viste insieme. Quando l’australiana non veniva notata per i bicipiti bene in vista, la francese per la scarsa simpatia, e la russa si perdeva già nella sua fragilità. Prima che diventassero rispettivamente numero cinque, sei e nove del mondo. Insomma, tutti e tutte già visti, come se le sfide in diretta di oggi non fossero altro che replay perfetti di un unico torneo già mandato in onda qualche anno fa. Sì, ma dove? Non bisogna puntare all’estero, basta restare in Italia: i primi e le prime 10, 20 o 30 del ranking mondiale, infatti, si erano già messi in bella mostra al Tennis Club Milano Alberto Bonacossa in occasione del Trofeo Bonfiglio. Ecco svelato il déjà vu. Qualche esempio ancora, per eliminare gli ultimi dubbi? Anno 2003: Novak Djokovic e Andy Murray (messi uno accanto all’altro fanno 57 titoli Atp) da una parte, Viktoria Azarenka dall’altra. Oppure Caroline Wozniacki, numero uno del mondo tanto criticata dal circuito: nel 2005 usciva ai quarti, ma nello stesso anno entrava nel circuito professionistico. E cinque anni più tardi sarebbe salita al primo posto della classifica Wta. Invece, Francesca Schiavone si era fermata prima, al terzo turno: era il 1999. Insomma, la morale è semplice: prima in via Arimondi, poi in giro per il mondo. A fornire l’occasione buona era ed è tuttora il Torneo Bonfiglio. Tradotto in gergo tecnico, campionati internazionali juniores under 18, sia maschile che femminile, giunto quest’anno alla 53esima edizione. Uno dei sei appuntamenti a livello giovanile cui né i giocatori, né gli appassionati di tennis vogliono mancare, al pari dei soliti noti: Roland Garros, Australian Open, USA Open, Orange Bowl. La prima edizione è stata organizzata nel 1959, partendo da una dedica speciale: Vittorio Battaglia, allora vice presidente della commissione sportiva del circolo milanese, aveva scelto di intitolare un torneo alla memoria di Antonio Bonfiglio. Giovanissimo talento del tennis, nato a Legnano e cresciuto proprio al TCM Bonacossa, morto per una pol- monite a soli 19 anni, il 13 febbraio del 1959. Quell’anno portò a casa il titolo Sergio Tacchini. Il nome vi dice forse qualcosa? E poi passarono di lì anche altri nomi importanti come Panatta, Barazzutti, Courier, Ivanisevic, Sabatini e Farina. All’appello manca Rafael Nadal, ma si tratta della classica eccezione che conferma la regola. Il maiorchino, fresco vincitore per l’ottava volta del Masters 1000 di Monte Carlo, dove casualmente ha battuto in finale Novak Djokovic, infatti, non ha fatto tappa a Milano da under 18. Ma l’attenuante c’è, ed è valida: invece di arrivare in fondo nei tornei juniores, come concesso dalla sua età, era impegnato a fare i primi passi nei tornei del Grande Slam. E non solo. A Miami aveva già firmato il primo, di una lunga storia, scacco al re: 6-3 6-3 contro il numero uno del mondo Roger Federer. E poi Atp di Sopot e Coppa Davis. Segno che se non si è visto in finale al Torneo Bonfiglio, in fondo, un motivo buono c’era. E a proposito di finali, Milano non si fa mancare nulla: spesso è meglio non aspettare gli ultimi turni per trovare i possibili prossimi numeri uno. Proprio questo è il bello: i migliori di domani quando arrivano al Bonfiglio spesso devono ancora farsi le ossa, o quanto meno hanno ancora bisogno della messa a punto finale per poter superare posizioni in classifica. È come assistere al “prepartita” dello spettacolo del circuito professionistico. Cercando di adottare il punto di vista di esperti talent scout, perciò, è possibile seguire da vicino i giocatori: studiarne i colpi e l’atteggiamento, i movimenti delle gambe e quelli delle braccia, prima che sia troppo tardi e che ci si ritrovi in coda per cercare un biglietto a peso d’oro del Roland Garros. Perché allora il ragazzino dalle belle speranze sarà diventato presenza stabile nella Top Ten mondiale, e pochi fortunati potranno godere e vantarsi dell’affermazione: “Io l’avevo detto…”. 61 free time free time Da non perdere... Una selezione dei migliori eventi che animeranno la città e non solo nei prossimi mesi. a cura di Enrico S. Benincasa Taste of Milano 2012 Rugby nei Parchi Si conclude all’Arena Civica l’iniziativa patrocinata dal comune per avvicinare i più piccoli allo sport della palla ovale. Come per le precedenti domeniche, 30 istruttori saranno a disposizione di bambini dai 6 ai 13 anni, sia maschi che femmine e accompagnati da un genitore, per far conoscere i segreti di uno sport che appassiona sempre più il pubblico italiano. Arena Civica il 2 giugno www.rugbyneiparchi.com Jethro Tull’s Ian Anderson Pinot Gallizio Alba celebra uno dei suoi più illustri concittadini, Pinot Gallizio, con mostre e iniziative legate al teatro, alla musica e alla moda. Una serie di eventi diversi, cominciati il 31 marzo scorso, che culmineranno con l’esposizione al pubblico, presso il centro Studi Beppe Fenoglio, de L’Anticamera delle Morte, una delle ultime opere dell’inventore della pittura industriale. ad Alba CN fino al 12 giugno www.comune.alba.cn.it Teatro Smeraldo il 1° giugno www.teatrosmeraldo.it Cristina Lei Rodriguez Alla Brand New Gallery arriva Recover, la prima personale italiana di Cristina Lei Rodriguez, artista americana con base a Miami. Le sue sculture, composte di ogni genere di materiale, sono state esposte al Museum of Contemporary Art di Miami e alla Serpentine Gallery di Londra, oltre a far parte di importanti collezioni private in tutto il mondo. Brand New Gallery dal 31 maggio al 28 luglio www.brandnew-gallery.it 62 Nell’ultimo anno abbiamo visto passare a Milano Roger Waters, Jim Kerr e Pete Townshend, ognuno dei quali in tour insieme a un pezzo di storia personale, rispettivamente The Wall, 5x5 (i primi cinque album dei Simple Minds) e Tommy. Ora è la volta di Ian Anderson, che arriva in Italia per ripresentare, in occasione del quarantesimo anniversario dell’uscita del 1972, Thick As A Brick, uno degli album storici dei Jethro Tull. Uscito un anno dopo il successo di Aqualung, è un concept album composto da un unico brano (“spezzato” in due solo perché su un lato del 33 giri non ci stava) e con una cover indimenticabile. Il disco narra le vicende di un piccolo "genio", il poeta di otto anni, Ippodromo del Galoppo dal 17 al 20 maggio www.tasteofmilano.it Gerald Bostock. Per molti è stato l’apice della parentesi progressive rock della band inglese; per Anderson, invece, è stata una risposta ironica all’idea stessa di concept album, abbracciata in massa dai gruppi di allora. A distanza di quarant’anni, però, il frontman dei Jethro Tull ha voluto dare una risposta a tutti coloro che si chiedevano che fine avesse fatto Bostock e l’ha fatto con Thick As A Brick 2, appena pubblicato da circa un mese. Per realizzarlo Anderson si è servito unicamente di strumenti disponibili nel 1972, compreso il suo flauto. Adesso però è la volta di risentire il primo capitolo di quest’avventura, rigorosamente dal vivo anche a Milano all’inizio di giugno. Terza edizione per il festival del food milanese con diverse novità. La prima è la collocazione nel calendario: per il 2012 si anticipa a maggio, ma sempre all’Ippodromo del Galoppo (ingresso da Piazzale Lotto). La seconda è nella “line up”, perché quest’anno ci sarà anche uno special guest non meneghino. Gli organizzatori hanno invitato Atul Kochhar, chef indiano pluristellato che da tempo delizia i palati londinesi con il suo ristorante Benares di Mayfair. Non mancheranno poi Davide Oldani (D’O), Matteo Torretta (Al V Piano), Roberto Okabe (Finger’s Garden), Andrea Provenzani (Il Liberty) e Viviana Varese (Alice), presenti in tutte le precedenti edizioni, e ci saranno due new entry come la coppia Marco TronconiGiovanni Traversone (Trattoria del Nuovo Macello) e Lorenzo Santi (La Maniera di Carlo). Nel “menu” anche Andrea Aprea (Vun), Tommaso Arrigoni ed Eros Picco (Innocenti Evasioni), Matias Perdomo (Al Pont de Ferr) e il gradito ritorno a Taste di Filippo Gozzoli, oggi chef del ristorante Da Claudio. Il programma prevede inoltre 180 incontri, tutti dedicati al cibo, con chef da tutta Italia, esperti e food blogger, il tutto nei quattro giorni della manifestazione. Da quest’anno, inoltre, anche uno spazio dedicato ai bimbi per permettere ai genitori di gustarsi la loro “taste experience” in tutta tranquillità. Celtica 2012 16esima edizione per il festival di arte e cultura celtica più importante d’Europa che, come sempre, avrà luogo nel bosco di Peuterey, ai piedi del Monte Bianco. Tre giorni per scoprire una cultura affascinante con concerti, conferenze e degustazioni di prodotti tipici. Ospite speciale Lindsey Sterling, bellissima violinista californiana con milioni di visualizzazioni su YouTube. a Peuterey AO dal 7 al 9 luglio www.celticavda.it 63 free time network Inside Marilyn: cinquant’anni dopo Puoi trovare Club Milano in oltre 200 location selezionate a Milano È trascorso mezzo secolo da quando è scomparsa Marilyn Monroe. A distanza di tanto tempo, la diva delle dive continua a essere simbolo di femminilità e bellezza e, con il suo fascino, una musa ispiratrice per artisti. Cinquanta, per l’appunto. di Cristina Buonerba uno spazio "extralarge" La Combines XL Gallery di via Montevideo 9, nel cuore di zona Tortona, è uno spazio polifunzionale dove, al suo interno, si “combinano” elementi di design, moda e arte con eventi musicali, performance di artisti emergenti e presentazioni di libri. www.combines.it/blog Gian Piero Gasparini, Marilyn serie Faces, 2012. Tecnica mista su tela di cotone, cm120x120. Capelli biondi, labbra rosse, sorriso ammaliante e, addosso, il suo vestitino bianco. Semplicemente bellissima. Sogno proibito di milioni di ammiratori, il suo vero nome era Norma Jeane Mortensen, ma tutti la conosciamo come Marilyn Monroe. Il suo fascino e la sua innata femminilità l’hanno resa icona di uno stile che va ben oltre il trascorrere del tempo. In A qualcuno piace caldo interpretava il ruolo di una seducente musicista con il vizio dell’alcol e in fuga da relazioni infelici, mentre in Come sposare un milionario metteva a punto un piano perfetto per portare all’altare un marito più che facoltoso. Quando ha intonato le note di Happy Birthday, Mr President ha reso 64 il Presidente John Fitzgerald Kennedy l’uomo più invidiato del mondo. La sua bellezza è stata fonte di ispirazione per il grande maestro della pop art Andy Warhol, che ha ripetuto in serie e con colori sgargianti i tratti del suo volto. Ed è appunto attraverso l’arte che, a distanza di mezzo secolo dalla sua scomparsa, si vuole celebrare la più grande diva di tutti i tempi. Arriva a Milano, dal 26 aprile al 13 giugno presso la Gallery XL Combines, Inside Marilyn: una collettiva di cinquanta artisti, uno per ogni anno, che interpretano il mito di Marilyn con altrettanti stili, tecniche e prospettive differenti. Una vera e propria mostra–viaggio, già partita lo scorso dicembre da Torino e che pro- seguirà in un tour che, tra le varie tappe, prevede anche Pescara, Civitanova Marche e Roma. Al termine di ogni esposizione itinerante verrà realizzato un catalogo in cui saranno inserite tutte le opere e gli artisti che hanno partecipato al progetto. Dalle poesie di Alda Merini agli strappi cinematografici di Mimmo Rotella, passando attraverso le interpretazioni in chiave urbana dello street artist Xel, fino alle drag queen raffigurate nelle fotografie di Stefano Bordieri. L’esposizione mette in luce come Marilyn continui a rappresentare un personaggio esteticamente attuale e come, allo stesso tempo, possa essere visto e interpretato sotto luci totalmente diverse. night & restaurant: Antica Trattoria della Pesa V.le Pasubio 10 Bar Magenta Largo D’Ancona Beda House Via Murat 2 Bento Bar C.so Garibaldi 104 Bhangra Bar C.so Sempione 1 Blanco Via Morgagni 2 Blue Note Via Borsieri 37 Caffè della Pusterla Via De Amicis 24 Caffè Savona Via Montevideo 4 California Bakery Pzza Sant’Eustorgio 4 - V.le Premuda 449 - Largo Augusto Cape Town Via Vigevano 3 Capo Verde Via Leoncavallo 16 Cheese Via Celestino IV 11 Chocolat Via Boccaccio 9 Circle Via Stendhal 36 Colonial Cafè C.so Magenta 85 Combines XL Via Montevideo 9 Cubo Lungo Via San Galdino 5 Dada Cafè / Superstudio Più Via Tortona 27 Deseo C.so Sempione 2 Design Library Via Savona 11 Elettrauto Cadore Via Cadore ang. Pinaroli 3 El Galo Negro Via Taverna Executive Lounge Via Di Tocqueville 3 Exploit Via Pioppette 3 Fashion Cafè Via San Marco 1 FoodArt Via Vigevano 34 Fusco Via Solferino 48 G Lounge Via Larga 8 Giamaica Via Brera 32 God Save The Food Via Tortona 34 Goganga Via Cadolini 39 Grand’Italia Via Palermo 5 HB Bistrot Hangar Bicocca Via Chiese 2 Il Coriandolo Via dell’Orso 1 Innvilllà Via Pegaso 11 Jazz Cafè C.so Sempione 4 Kamarina Via Pier Capponi 1 Kisho Via Morosini 12 Kohinoor Via Decembrio 26 Kyoto Via Bixio 29 La Fabbrica V.le Pasubio 2 La rosa nera Via Solferino 12 La Tradizionale Via Bergognone 16 Le Biciclette Via Torti 1 Le Coquetel Via Vetere 14 Le jardin au bord du lac Via Circonvallazione 51 (Idroscalo) Leopardi 13 Via Leopardi 13 Les Gitanes Bistrot Via Tortona 15 Lifegate Cafè Via della Commenda 43 Living P.zza Sempione 2 Luca e Andrea Alzaia Naviglio Grande 34 MAG Cafè Ripa Porta Ticinese 43 Mandarin 2 Via Garofano 22 Milano Via Procaccini 37 Mono Via Lecco 6 My Sushi Via Casati 1 V.le Certosa 63 N’ombra de Vin Via San Marco 2 Noon Via Boccaccio 4 Noy Via Soresina 4 O’ Fuoco Via Palermo 11 Origami Via Rosales 4 Palo Alto Café C.so di Porta Romana 106 Panino Giusto P.zza Beccaria 4 - P.zza 24 Maggio Parco Via Spallanzani - C.so Magenta 14 - P.zza Cavour 7 Patchouli Cafè C.so Lodi 51 Posteria de Amicis Via De Amicis 33 Qor Via Elba 30 Radetzky C.so Garibaldi 105 Ratanà Via De Castillia 28 Refeel Via Sabotino 20 Rigolo Via Solferino 11 Marghera Via Marghera 37 Rita Via Fumagalli 1 Roialto Via Piero della Francesca 55 Serendepity C.so di Porta Ticinese 100 Seven C.so Colombo 11 - V.le Montenero 29 - Via Bertelli 4 Smeraldino P.zza XXV Aprile 1 Smooth Via Buonarroti 15 Superstudio Café Via Forcella 13 Stendhal Via Ancona 1 Tasca C.so Porta Ticinese 14 That’s Wine P.zza Velasca 5 Timè Via S.Marco 5 Tortona 36 Via Tortona 36 Trattoria Toscana C.so di Porta Ticinese 58 Union Club Via Moretto da Brescia 36 Van Gogh Cafè Via Bertani 2 Volo Via Torricelli 16 Zerodue_ Restaurant C.so di Porta Ticinese 6 56 Via Tucidide 56 3Jolie Via Induno 1 20 Milano Via Celestino 4 stores: Ago Via San Pietro All’Orto 17 Al.ive Via Burlamacchi 11 Ana Pires Via Solferino 46 Antonia Via Pontevetero 1 ang. Via Cusani Bagatt P.zza San Marco 1 Banner Via Sant’Andrea 8/a Biffi C.so Genova 6 Brand Largo Zandonai 3 Brooksfield C.so Venezia 1 Buscemi Dischi C.so Magenta 31 C.P. Company C.so Venezia Calligaris Via Tivoli ang. Foro Buonaparte Dantone C.so Matteotti 20 Eleven Store Via Tocqueville 11 FNAC Via Torino 45 Germano Zama Via Solferino 1 Gioielleria Verga Via Mazzini 1 Henry Cottons C.so Venezia 7 Joost Via Cesare Correnti 12 Jump Via Sciesa 2/a Kartell Via Turati ang. Via Porta 1 La tenda 3 Piazza San Marco 1 Le Moustache Via Amadeo 24 Le Vintage Via Garigliano 4 Libreria Hoepli Via Hoepli 5 MCS Marlboro Classics C.so Venezia 2 Via Torino 21 - C.so Vercelli 25 Moroso Via Pontaccio 8/10 Native Alzaia Naviglio Grande 36 Paul Smith Via Manzoni 30 Pepe Jeans C.so Europa 18 Pinko Via Torino 47 Rossocorsa C.so porta Vercellina 16 Porsche Haus Via Stephenson 53 Rubertelli Via Vincenzo Monti 56 The Store Via Solferino 11 Valcucine (Bookshop) C.so Garibaldi 99 showroom: Alberta Ferretti Via Donizetti 48 Alessandro Falconieri Via Uberti 6 And’s Studio Via Colletta 69 Bagutta Via Tortona 35 Casile&Casile Via Mascheroni 19 Damiano Baiocchi Via San Primo 4 Daniela Gerini Via Sant’Andrea 8 Gap Studio C.so P.ta Romana 98 Gallo Evolution Via Andegari 15 ang. Via Manzoni Gruppo Moda Via Ferrini 3 Guess Via Lambro 5 Guffanti Concept Via Corridoni 37 IF Italian Fashion Via Vittadini 11 In Style Via Cola Montano 36 Interga V.le Faenza 12/13 Jean’s Paul Gaultier Via Montebello 30 Love Sex Money Via Giovan Battista Morgagni 33 Massimo Bonini Via Montenapoleone 2 Miroglio Via Burlamacchi 4 Missoni Via Solferino 9 Moschino Via San Gregorio 28 Parini 11 Via Parini 11 Red Fish Lab Via Malpighi 4 Sapi C.so Plebisciti 12 Spazio + Meet2Biz Alzaia Naviglio Grande 14 Studio Zeta Via Friuli 26 Who’s Who Via Serbelloni 7 beauty & fitness: Accademia del Bell’Essere Via Mecenate 76/24 Adorè C.so XXII Marzo 48 Caroli Health Club Via Senato 11 Centro Sportivo San Carlo Via Zenale 6 Damasco Via Tortona 19 Palestre Downtown P.za Diaz 6 - P.za Cavour 2 Fitness First V.le Cassala 22 - V.le Certosa 21/a - Foro Bonaparte 71 - Via S.Paolo 7 Get Fit Via Lambrate 20 - Via Piranesi 9 - V.le Stelvio 65 - Via Piacenza 4 - Via Ravizza 4 - Via Meda 52 - Via Vico 38 - Via Cenisio 10 Greenline Via Procaccini 36/38 Gym Plus Via Friuli 10 Intrecci Via Larga 2 Le Garcons de la rue Via Lagrange 1 Le terme in città Via Vigevano 3 Orea Malià Via Castaldi 42 - Via Marghera 18 Spy Hair Via Palermo 1 Tennis Club Milano Alberto Bonacossa Via Giuseppe Arimondi 15 Terme Milano P.zza Medaglie d’Oro 2, ang. Via Filippetti Tony&Guy Gall. Passerella 1 art & entertainment: PAC (Padiglione Arte Contemporanea) Via Palestro 14 Pack Foro Bonaparte 60 Palazzo Reale P.zza Duomo Teatro Carcano C.so di Porta Romana 63 Teatro Derby Via Pietro Mascagni 8 Teatro Libero Via Savona 10 Teatro Litta C.so Magenta 24 Teatro Smeraldo P.zza XXV Aprile 10 Teatro Strehler Largo Greppi 1 Triennale V.le Alemagna 6 Triennale Bovisa Via Lambruschini 31 hotel: Admiral Via Domodossola 16 Astoria V.le Murillo 9 Boscolo C.so Matteotti 4 Bulgari Via Fratelli Gabba 7/a Domenichino Via Domenichino 41 Four Season Via Gesù 8 Galileo C.so Europa 9 Nhow Via Tortona 35 Park Hyatt (Park Restaurant) Via T. Grossi 1 Residence Romana C.so P.ta Romana 64 Sheraton Diana Majestic V.le Piave 42 inoltre: Bagni Vecchi e Bagni Nuovi di Bormio (SO) Terme di PreSaint-Didier (AO) 65 Colophon club milano alzaia Naviglio Grande, 14 20144 Milano T +39 02 45491091 [email protected] www.clubmilano.net direttore responsabile publisher Stefano Ampollini M.C.S. snc via Monte Stella, 2 art director 10015 Ivrea TO Luigi Bruzzone distribuzione caporedattore [email protected] Andrea Zappa editore redazione Contemporanea srl Enrico S. 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