il semestre di presidenza italiana del consiglio dell`unione europea

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il semestre di presidenza italiana del consiglio dell`unione europea
IL SEMESTRE DI PRESIDENZA ITALIANA DEL CONSIGLIO
DELL’UNIONE EUROPEA
Aprile 2014
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Sommario
Sommario ...................................................................................................................................................... 2
1.
Introduzione ...................................................................................................................................................................... 3
2.
Il ruolo del Consiglio europeo..................................................................................................................................... 4
3.
La centralità del Consiglio dell’Unione Europea ................................................................................................. 6
4.
La presidenza semestrale e i compiti dello Stato che Presiede il Consiglio dell’UE ............................. 8
4.1
La peculiarità del Consiglio “Affari generali” ........................................................................................... 10
5.
Il semestre di Presidenza Italiana e gli “ingorghi istituzionali” europei ................................................ 11
6.
La dimensione interna del semestre di presidenza italiano ....................................................................... 12
7.
Considerazioni conclusive......................................................................................................................................... 14
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1. Introduzione
Il Trattato di Lisbona (TUE), entrato in vigore il 1° dicembre del 2009, ha determinato un’ampia riforma
dell’Unione europea. Animano il Trattato il progressivo e costante ravvicinamento dei popoli e la sempre
maggiore integrazione di valori, interessi e obiettivi comuni. Essi costituiscono il fondamento sulla cui base è
costruito il funzionamento istituzionale dell’Unione europea.
La struttura dell’Unione si compone di vari organi i quali, attraverso l’esercizio dei poteri loro conferiti (in
particolare quello di adottare atti normativi) hanno il compito di realizzare i fini dell’organizzazione enunciati
dal TUE. Il quadro istituzionale di cui dispone l’Unione, secondo l’art. 13, mira a promuovere i valori, perseguire
gli obiettivi, servire i suoi interessi, quelli dei suoi cittadini e quelli degli Stati Membri.
Fino a Lisbona, i Trattati che si sono succeduti innovando il sistema organizzativo europeo, hanno
significativamente esteso i poteri del Parlamento, potenziando la tendenza dell’assetto istituzionale al
progressivo avvicinamento al modello delle democrazie rappresentative. Ciononostante, l’Unione risente ancora
di modalità di funzionamento proprie delle organizzazioni internazionali che portano a riservare un ruolo
determinante al Consiglio e al Consiglio europeo, in quanto espressioni dei governi degli Stati membri. Struttura
e funzionamento dell’Unione europea sono, per la loro complessità e per le loro anomalie rispetto
all’organizzazione istituzionale dello Stato moderno, di difficile comprensione all’osservatore esterno. Ciò, d’altra
parte contribuisce a spiegare la crescente estraneità del cittadino europeo alla vita comunitaria e, in ultima
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analisi, il deficit di democrazia, concreto ostacolo alla crescita dell’Unione e al suo sviluppo .
Occorre, infatti, riconoscere che le funzioni e i poteri delle Istituzioni sono ripartiti in modo assai originale, non
seguendo le linee della distinzione classica tra potere legislativo ed esecutivo. Pertanto, la volontà di fondere tali
diverse tendenze – mantenendo un potere significativo per le istituzione espressione dei governi ed
estendendo notevolmente il ruolo di quella eletta direttamente dai cittadini – ha portato alla definizione di
complessi sistemi procedurali che prevedono il coinvolgimento di pressoché tutte le articolazioni istituzionali
europee in quasi tutte le funzioni dell’Unione europea. Il processo decisionale all’interno dell’Unione si
caratterizza per l’assenza del principio di separazione dei poteri. I “poteri forti” dell’Unione sono
esercitati “congiuntamente” dai suoi organi attraverso un sistema di codecisioni (il potere legislativo è
condiviso tra Consiglio e Parlamento. Manca, o stenta ad affermarsi, al vertice dell’organizzazione, a ben vedere,
un potere di coordinamento e di direzione permanente, quale, ad esempio, quello esercitato da un presidente o
da un primo ministro nei governi nazionali. Manca, o stenta ad affermarsi, inoltre, quella costante dialettica tra
maggioranza e opposizione che costituisce il motore fondamentale dei processi decisionali democratici.
G. Gaja, Introduzione al diritto dell’Unione europea, Editori Laterza, 2010 Roma, Bari; G. Mammarella e P. Cacace, Storia e Politica dell’Unione
Europea, Editori Laterza, 2009, Roma, Bari
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Occorre esaminare nel dettaglio le attribuzioni e le specifiche funzioni del Consiglio europeo e del Consiglio
dell’Unione europea, essendo possibile osservare, attraverso questa duplice prospettiva, le dinamiche che
connotano il semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione europea, in vista dell’insediamento dell’Italia alla
guida di una così importante Istituzione. Infatti, la risalente base giuridica europea è all’origine di una evidente
confusione terminologica tra istituzioni e funzioni. Va precisato, a riguardo, che l’Italia non assume nel
secondo semestre del 2014 la presidenza dell’Unione europea – come era vero nel 1985 con riguardo alle
Comunità europee (e non già soltanto della CEE, come si evincerebbe dall’intitolazione della legge 208/1984) –
ma soltanto quella della presidenza semestrale delle formazioni settoriali dell’istituzione Consiglio (dei
Ministri), salvo quella dedicata agli “Affari esteri”.
2. Il ruolo del Consiglio europeo
Il Consiglio europeo è composto dai capi di Stato e di governo degli stati membri, dal suo presidente, e dal
presidente della Commissione2 (art. 15, TUE). Inoltre, “partecipa ai lavori” l’Alto rappresentante dell’Unione per
gli affari esteri e la politica di sicurezza 3. Sin da quando i capi di Stato e di governo hanno avviato la prassi di
riunirsi regolarmente, in origine con la denominazione di “vertice” e poi con quella attuale di Consiglio europeo,
tale organo si è configurato come la sede nel cui ambito gli Stati membri provvedono a un esame periodico
delle questioni pendenti di maggiore rilevanza per lo sviluppo dell’Unione con la finalità di delineare
soluzioni complessive. Da luogo nell’ambito del quale occorreva individuare compromessi politici che non era
stato possibile altrimenti, il Consiglio europeo è divenuta l’Istituzione che dà all’Unione gli impulsi necessari al
suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti di fondo e le priorità politiche generali.
Il Consiglio europeo si riunisce di regola due volte a semestre su convocazione del presidente, il quale, se
necessario, può anche convocare una riunione straordinaria. Il presidente viene eletto dai componenti del
consiglio europeo a maggioranza qualificata per un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una sola volta e
non può, allo stesso tempo esercitare un mandato nazionale. Al presidente compete inoltre assicurare la
partecipazione e la continuità dei lavori nonché la funzione di facilitare la coesione e il consenso il seno al
Consiglio europeo. Il Presidente del Consiglio europeo presiede attualmente anche le riunioni dei Capi di Stato o
di Governo dell’eurozona, denominate nel gergo europeo Eurosummit.
Evidente è la rilevanza del ruolo presidenziale: comporta un’attività di indirizzo del Consiglio europeo, nonché la
ricerca, in relazione alle questioni trattate di soluzioni che possono essere accettate dall’insieme degli Stati
membri.
La partecipazione del presidente della Commissione ha la funzione di porre in essere un raccordo tra il Consiglio europeo e tale istituzione
alla quale spetta il potere di fare le proposte degli atti normativi.
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La partecipazione di tale organo appare utile al fine di assicurare il coordinamento della sua attività con quella condotta dal Consiglio
europeo in materia di politica estera.
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L’attuale presidente del Consiglio europeo è il belga Herman Van Rompuy, in carica dal 1 dicembre 2009. Van
Rompuy è il primo presidente stabile del Consiglio europeo nella storia dell'UE ed è entrato in carica con
l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° dicembre 2009. La precisazione è di rilevante interesse alla
luce del profilo del presente paper: infatti, prima dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il Consiglio
europeo era presieduto dal capo di stato o di governo dello stato membro che deteneva la presidenza del
Consiglio dell'Unione europea. Diverso dal Presidente come organo del Consiglio europeo è dunque la
funzione di Presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. La Presidenza del Consiglio dell'Unione
europea è esercitata a turno dal governo dei vari Stati membri dell'Unione Europea per una durata di sei mesi. Il
Paese che detiene la presidenza guida le diverse formazioni settoriali in cui si riunisce il Consiglio
dell'Unione europea, che comprende i ministri dei 28 governi degli stati dell'Unione competenti in base
agli argomenti in discussione. Dal 1° gennaio al 30 giugno 2014 la presidenza del Consiglio dell'Unione
Europea è detenuta dalla Grecia. Il prossimo 1° luglio, l’Italia ne assumerà la guida.
Continuando nell’esame dei compiti e delle funzioni attribuite al Consiglio europeo, tra essi non vi rientra la
funzione legislativa – oggi condivisa tra Consiglio e Parlamento europeo. Tuttavia esso esercita una notevole
influenza sull’azione normativa dell’Unione. Infatti, la circostanza che i capi di stato e di governo abbiano
accettato questa soluzione determina un comportamento corrispondente alle altre istituzioni politiche e in
particolare di quella che ha il ruolo forse più importante, il Consiglio, anch’esso istituzione di espressione
governativa.
L’attività di indirizzo svolta dal Consiglio europeo normalmente costituisce l’elemento decisivo perché
siano successivamente adottati atti normativi dell’Unione. Quanto deliberato dal Consiglio europeo risulta
dal comunicato finale di ciascuna riunione (le cd. “conclusioni della presidenza”) e da eventuali risoluzioni o
dichiarazioni.
I Trattati prevedono tra le prerogative del Consiglio europeo:
1. l’adozione di particolari delibere, stabilendo le relative modalità di voto;
2. il potere di adottare l’elenco delle formazioni del Consiglio e i turni di presidenza;
3. il potere di stabilire la composizione del Parlamento europeo nel rispetto dei criteri stabiliti dal TUE;
4. il potere di definire il sistema di rotazione tra i cittadini degli Stati membri ai fini della nomina della
Commissione;
5. la possibilità di adottare uno strumento tra gli stati che in ragione della loro volontà possa essere
ritenuto un accordo internazionale tra loro, assumendo carattere vincolante in quanto tale e non come
derivato del Trattato.
Il Consiglio europeo si pronuncia “per consenso” adottando le proprie delibere senza voto, allorché non vi sia
un’opposizione ad adottare un testo concordato informalmente. Il modo di deliberare attraverso il “consensus”,
non escludendo che siano manifestati dissensi da parte dei Singoli stati su certi punti è comunque idoneo a
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garantire flessibilità. Non è peraltro escluso che il Trattato preveda l’adozione da parte del Consiglio europeo di
delibere mediante votazione: in tal caso si applicano le stesse regole, ai fini del raggiungimento dell’unanimità o
della maggioranza qualificata, previste per le delibere del Consiglio. Comunque il presidente del Consiglio
europeo e il presidente della Commissione non partecipano al voto, per cui la delibera è sostanzialmente
adottata solo dai governi degli Stati membri.
Da quanto tratteggiato emerge che per la sua attività il Consiglio europeo conferisca all’Unione una
connotazione marcatamente intergovernativa, a motivo sia del ruolo generale di indirizzo che esso
svolge sia del potere di adottare delibere aventi grande importanza per il funzionamento del sistema
istituzionale dell’Unione.
Tale attività non coinvolge infatti il Parlamento europeo se non per il fatto che il presidente del Consiglio
europeo presenta al Parlamento una relazione dopo ciascuna delle riunioni. Inoltre il presidente del Parlamento
europeo può essere invitato per essere ascoltato dal Consiglio europeo. Il carattere meramente occasionale dei
canali di comunicazione tra Parlamento europeo e Consiglio e la natura retrospettiva delle relazioni rendono
certamente poco significativi questi strumenti, delineando per l’Istituzione che rappresenta direttamente i
cittadini un ruolo assai limitato rispetto a scelte di particolare rilevanza per lo sviluppo delle azioni
dell’Unione e per il funzionamento del suo sistema istituzionale.
Inoltre, va segnalato che rispetto all’attività del Consiglio europeo non risulta significativo neppure il ruolo che i
parlamenti nazionali possono svolgere attraverso il loro potere di indirizzo politico all’interno del rispettivo
sistema costituzionale: infatti, benché il Trattato sottolinei che i governi degli stati membri rappresentati nel
Consiglio europeo siano democraticamente responsabili dinanzi ai loro parlamenti nazionali o dinanzi ai loro
cittadini, non appare in concreto agevole l’esercizio di tale potere di indirizzo in relazione a un negoziato globale
tra Stati membri, come quello che si svolge nel Consiglio europeo. Di fatto le scelte di questo sono discusse e
prese esclusivamente dai governi.
Va comunque evidenziato che ogni qual volta il Consiglio dei ministri sia impossibilitato a decidere e, più in
generale quando l’Unione si trovi in una situazione di crisi, il Consiglio europeo, grazie al peso e all’autorità dei
suoi membri, è l’organo più adatto per sbloccare lo stallo.
3. La centralità del Consiglio dell’Unione Europea
Differente nelle funzioni, ma sostanzialmente “replica tecnica” del Consiglio europeo, quanto alla composizione
ed al ruolo politico, è il Consiglio dell’Unione europea, organo decisionale per eccellenza. La principale
funzione conferita al Consiglio è quella normativa esercitata congiuntamente con il Parlamento europeo,
secondo varie procedure ciascuna delle quali prevede una diversa articolazione nella ripartizione dei poteri tra
le due Istituzioni.
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È utile evidenziare che il ruolo del Consiglio è sempre (salve specifiche eccezioni) determinante poiché un
atto normativo non può essere adottato in assenza di una delibera favorevole da parte di tale Istituzione.
Ulteriori rilevanti funzioni attribuite al Consiglio attengono all’approvazione del bilancio dell’Unione nonché
alla definizione delle politiche e al coordinamento alle condizioni stabilite dai Trattati. Il Consiglio può in
via generale adottare raccomandazioni (ad. es. in materia di politica monetaria). Può esercitare funzioni
esecutive in casi specifici debitamente motivati, nonché in materia di politica estera.
Il Consiglio si compone di tanti membri quanti sono gli Stati membri dell’Unione (attualmente 28) ed è
espressione degli esecutivi. Partecipa alle riunioni del Consiglio un rappresentante di ciascuno Stato
membro a livello ministeriale, abilitato ad impegnare il governo dello Stato membro che rappresenta e ad
esercitare il voto.
Il Consiglio si riunisce in varie formazioni. Le due più importanti e direttamente previste dal Trattato sono il
Consiglio “Affari Generali” – che ha il compito di assicurare la coerenza dei lavori delle varie formazioni e di
garantire che sia dato seguito agli indirizzi del Consiglio europeo – e il Consiglio “Affari Esteri” al quale spetta
di elaborare l’azione dell’Unione in materia di politica estera. Come sopra accennato, l’elenco delle altre
formazioni è adottato dal Consiglio europeo in relazione alle materie oggetto della competenza dell’Unione.
La composizione del Consiglio varia nelle sue diverse formazioni che sono stabilite in relazione alla materia
trattata da ciascuna di esse. In questo contesto è importante evidenziare come la presidenza delle varie
formazioni (ad eccezione della formazione “Affari esteri”) è esercitata secondo un sistema di rotazione
paritaria tra gli stati membri, stabilito con decisione a maggioranza qualificata del Consiglio europeo.
Il Consiglio è dotato di un apparato amministrativo proprio che opera sotto la responsabilità di un segretario
generale nominato dal Consiglio stesso. Le sue delibere sono approvate a maggioranza qualificata, salve le ipotesi
in cui non sia richiesto un sistema di voto diverso (unanimità o maggioranza semplice). Fino al 31 ottobre 2014 il
meccanismo previsto per l’adozione di delibere del Consiglio a maggioranza qualificata prevede che l’Italia,
insieme al Regno Unito, la Francia e la Germania, dispone di 29 voti, nella ponderazione complessiva, il peso
più consistente (si pensi che la Spagna di spone di 27 voti, i Paesi Bassi 13, la Danimarca 7 e Malta solo 3). A
partire dal 1° novembre 2014 si applicherà il nuovo sistema secondo il quale per maggioranza qualificata si
intende (anche in funzione di un inquadramento paritario degli Stati membri in seno al Consiglio) almeno il 55%
dei membri con un minimo di 15, rappresentanti Stati membri che totalizzino almeno il 65% della
popolazione dell’Unione europea.
Quanto al funzionamento del Consiglio, il Trattato stabilisce che un Comitato dei rappresentanti permanenti
dei governi degli Stati membri (COREPER) è responsabile della preparazione dei lavori del Consiglio. Si
tratta di una sorta di replica minore del Consiglio che formalmente non adotta alcun atto ma che incide
sostanzialmente sulla conclusione della discussione dei testi di spettanza del Consiglio.
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Nel consiglio dell’Unione europea, nelle funzioni che gli sono attribuite e nell’organizzazione che lo caratterizza
può scorgersi quella duplicità di anime, rispettivamente rappresentate dal metodo comunitario e dal
metodo intergovernativo, che descrivono e contraddistinguono l’attuale assetto istituzionale europeo.
Quando infatti il Consiglio si riunisce per deliberare su un progetto di atto legislativo, la seduta è informata a
criteri di pubblicità che consentono il controllo da parte dei cittadini circa la posizione assunta dai governi.
Peraltro, per le attività non legislative è mantenuto un modo di procedere che riflette tuttora la tradizione di
riservatezza propria dei negoziati internazionali tra governi.
4. La presidenza semestrale e i compiti dello Stato che Presiede il
Consiglio dell’UE
Prima di dare conto di talune peculiarità del semestre di presidenza italiano derivanti dal calendario istituzionale
dell’Unione nel 2014 occorre tracciare una breve valutazione delle funzioni della presidenza semestrale e dei
correlati compiti assegnati allo Stato che presiede il Consiglio, quali risultano segnatamente dalle disposizioni dei
Trattati e da quelle che disciplinano l’organizzazione interna dell’istituzione Consiglio. Dovrà altresì affrontarsi
l’esame della disciplina concreta delle presidenze semestrali del Consiglio dell’Unione, al fine di individuare quali
formazioni del Consiglio saranno oggetto di presidenza da parte dello Stato membro che esercita il turno
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semestrale .
A partire dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il sistema delle presidenze semestrali dell’Unione europea
– come visto affidate a rotazione agli Stati membri – ha subito significative modifiche. Esse hanno fortemente
inciso sui compiti assegnati allo Stato che presiede il Consiglio e, conseguentemente, hanno comportato – occorre
registrarlo sin d’ora – una sensibile diminuzione dell’importanza dell’appuntamento.
Infatti, fino al 31 dicembre 2009, il Capo di Stato o di Governo (per l’Italia: il Presidente del Consiglio dei
Ministri) del Paese che presiedeva il Consiglio dell’Unione presiedeva altresì il Consiglio europeo. Dal 1°
gennaio 2010, peraltro, il Consiglio europeo ha, come visto, un proprio presidente stabile. Può essere comunque
utile precisare che, peraltro nel caso di impedimento per malattia, in caso di decesso o qualora venga posto fine
al suo mandato per impedimento o colpa grave, il presidente del Consiglio europeo è sostituito, se del caso fino
all’adozione del suo successore, dal membro del Consiglio europeo che rappresenta lo Stato membro che esercita
la presidenza semestrale del Consiglio (art. 2, par. 4 del regolamento interno del Consiglio, adottato con
decisione 2009/882/UE del 1° dicembre 2009).
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Carlo Curti Gialdino, Verso la presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea tra ambizioni ed illusioni, Federalismi.it Rivista di diritto
pubblico italiano, comunitario e comparato, 30 ottobre 2013
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Sebbene per le formazioni del Consiglio continui il meccanismo di presidenza semestrale, esercitato dagli Stati
membri secondo un sistema di rotazione paritaria, il Trattato di Lisbona ha stabilito che il Consiglio “Affari
esteri”, competente ad elaborare l’azione esterna dell’Unione secondo le linee strategiche definite dal Consiglio
europeo e ad assicurare la coerenza dell’azione dell’Unione, è presieduto dall’Alto rappresentante per gli
affari esteri e la politica di sicurezza, che guida la politica estera e di sicurezza comune e la politica di
sicurezza e di difesa comune dell’Unione.
Inoltre, dal 1° dicembre 2010, secondo l’art. 1 della decisione del Consiglio europeo del 1° dicembre 2009, n.
2009/881/UE sull’esercizio della presidenza del Consiglio dell’Unione europea, La dichiarazione n. 9 della
conferenza che ha adottato il Trattato di Lisbona prevede al riguardo che la presidenza sarà esercitata da
gruppi predeterminati di tre Stati membri per un periodo di 18 mesi secondo un sistema di rotazione
paritaria tra gli Stati membri che terrà conto delle loro diversità e degli equilibri geografici dell’Unione.
Inoltre, ciascun membro del gruppo esercita a turno la presidenza per sei mesi … sulla base di un programma
comune”. Non può non richiamarsi l’opinione di chi, osservando questa barocca articolazione presidenziale ha
evocato al riguardo “un inevitabile ‘effetto millefoglie”, con il Paese di turno impegnato a lasciare un’impronta
originale, un marchio distintivo, e dunque con l’ovvia conseguenza di lasciare in eredità dossier ed iniziative
incompiute e di non portare a compimento o di non stabilizzare quelle ricevute dalle presidenze precedenti”.
Il meccanismo delle “troike” o delle “team presidencies” ed il riferimento ad un “programma comune”, se
tende ad evitare il maggior inconveniente delle presidenze semestrali assicurate da un singolo Stato, vale a dire
la selezione di temi prioritari per sei mesi scelti in base alle convenienze nazionali del Paese in questione,
d’altra parte il “programma comune”, tende in notevole misura a “prefissare” le tematiche che saranno trattate
nel periodo di 18 mesi, stemperando il potere di influenza del singolo Stato presidente.
Il detto “programma comune” si inserisce, inoltre, nel più ampio “programma strategico”, che fissa gli
obiettivi per 3 anni, incidendo, pertanto, sull’attività di ben 6 presidenze semestrali. Inoltre, le incombenze
annuali, impongono di leggere l’andamento del semestre anche alla luce dell’anno solare all’interno di cui esso si
iscrive.
Nel dettaglio, ciascuna presidenza entrante è tenuta a stabilire il proprio programma di lavoro, che
comprende anche un’agenda provvisoria per tutte le riunioni del Consiglio previste nel semestre.
A questo proposito, la sempre maggior frequenza delle riunioni del Consiglio rende, nella dialettica con
l’accresciuta parallela autorevolezza dell’Europarlamento, più forte l’influenza politica del Consiglio sulla politica
dell’Unione.
Volendo indicare i compiti della presidenza semestrale delle formazioni del Consiglio dell’Unione presiedute
dallo Stato membro che esercita il turno semestrale va anzitutto evidenziato quanto segue.
Compete alla presidenza semestrale delle formazioni del Consiglio non solo l’organizzazione dei lavori del
Consiglio (convocazione, fissazione dell’ordine del giorno, presidenza della riunione, ecc.) ma anche un
ruolo di mediazione tra i membri del Consiglio, nell’ambito del quale essa persegue il fine di trovare un punto
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di equilibrio tra i diversi interessi nazionali in modo da raggiungere un accordo sui progetti di atti legislativi in
agenda.
Inoltre, la presidenza è chiamata ad assicurare il dialogo con il Parlamento europeo: all’inizio di ogni
semestre di presidenza il membro del Consiglio europeo che rappresenta lo Stato membro che esercita la
presidenza del Consiglio (per l’Italia, il Presidente del Consiglio) presenta al Parlamento europeo le priorità
della sua presidenza ed al termine riferisce i risultati raggiunti durante il semestre; funzionari della
presidenza partecipano alle sedute parlamentari, rispondendo alle questioni ed interrogazioni poste dai
deputati. Infine, in sede di Consiglio europeo, il membro di tale istituzione che esercita la presidenza del
Consiglio riferisce al Consiglio europeo, in consultazione con il suo Presidente, sui lavori del Consiglio.
Le formazioni del Consiglio, oggetto della presidenza semestrale sono così elencate: “Affari economici e
finanziari, c.d. ECOFIN, compreso il bilancio”, “Giustizia e Affari interni, compresa la protezione civile”,
“Occupazione, politica sociale, salute e consumatori”, “Competitività (mercato interno, industria e ricerca),
compreso il turismo”, “Trasporti, telecomunicazioni ed energia”, “Agricoltura e pesca”, “Ambiente”,
“Istruzione, gioventù e cultura, compresi gli audiovisivi”.
Diverso dall’ECOFIN (formazione del Consiglio), è l’Eurogruppo, che è invece un organo informale, composto
dai Ministri delle Finanze degli Stati membri la cui moneta è l’euro. L’Eurogruppo ha un presidente stabile (dal 1°
gennaio 2005 Jean-Claude Junker, Primo ministro e Ministro delle Finanze del Lussemburgo, sostituito il 21
gennaio 2013 da Jeroen Dijsselbloem, Ministro delle Finanze dei Paesi Bassi). L’organo si riunisce il giorno
precedente la sessione dell’ECOFIN e tratta le questioni inerenti l’Unione economica e monetaria (UEM).
4.1 La peculiarità del Consiglio “Affari generali”
Per altro verso, occorre approfondire il ruolo che spetta al Consiglio “Affari generali” nell’assicurare la
coerenza delle varie formazioni del Consiglio. La particolare rilevanza che assume questo organo si riscontra
nella previsione del Trattato che lo investe del ruolo di assicurare “la coerenza delle varie formazioni del
Consiglio, prepara le riunioni del Consiglio europeo e ne assicura il seguito in collegamento con il
presidente del Consiglio europeo e la Commissione”.
Questa formazione del Consiglio è responsabile del coordinamento generale delle politiche, delle questioni
istituzionali e amministrative, dei fascicoli orizzontali con implicazioni per diverse politiche dell’Unione
europea, quali il quadro finanziario pluriennale e l’allargamento, così come di qualsiasi altro fascicolo
affidatogli per esame dal Consiglio europeo.
Infine, il Consiglio “Affari generali” assicura, in collaborazione con la Commissione, la coerenza e la
continuità dei lavori delle varie formazioni del Consiglio nell’ambito della programmazione pluriennale.
Con riguardo al Consiglio “Affari generali” va segnalata la prassi iniziata con il Governo Monti e proseguita con il
Governo Letta, che ha significativamente spostato dal Ministero degli Affari esteri alla Presidenza del
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Consiglio dei Ministri la responsabilità di presiedere questa formazione. Con il Governo Monti, infatti, la
competenza, in passato assegnata al Ministro degli Esteri di partecipare, a nome dell’Italia, al Consiglio “Affari
generali” è divenuta appannaggio del Ministro per gli Affari europei, quale vertice di un Dipartimento
incardinato appunto nella Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Questo significativo mutamento di una prassi ultracinquantennale troverebbe giustificazione formale nel
fatto che, con la riforma del Consiglio europeo effettuata dal Trattato di Lisbona, il Capo di Stato o di Governo che
partecipa a detto Consiglio non è più assistito dal Ministro degli Affari esteri, come precedentemente previsto fin
dal Trattato di Maastricht. Ciò costituisce ulteriore dimostrazione che i rapporti interni all’Unione sono ormai
ritenuti affari domestici e non internazionali. Il trasferimento verso Palazzo Chigi di buona parte dei rapporti
attinenti all’Unione europea implicano due conseguenti aspetti. L’esigenza che nel quadro dell’Esecutivo non
nascano frizioni o inutili questioni di competenze tra il Ministro degli Affari esteri e quello per gli Affari europei.
Dall’altro, che si instaurino rapporti di efficace collaborazione tra la Farnesina e gli uffici della Presidenza del
Consiglio, segnatamente quelli del Dipartimento per le Politiche europee.
È opportuno anche ricordare che spetta allo Stato membro che assicura la presidenza del Consiglio “Affari
generali” di presiedere il COREPER, cioè il Comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati
membri, come già esaminato, organo cruciale, perché responsabile della preparazione dei lavori del
Consiglio e del suo coordinamento.
Gli altri organi preparatori delle varie formazioni del Consiglio, ad eccezione di quelli della formazione “Affari
esteri”, sono pure presieduti da un delegato dello Stato che esercita la presidenza semestrale, salvo
contraria decisione del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata.
5. Il semestre di Presidenza Italiana e gli “ingorghi istituzionali” europei
Il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea ha caratteristiche peculiari. Essa, infatti, si
situa a cavallo di un periodo contrassegnato da un notevole “ingorgo” istituzionale dovuto ad una serie di
scadenze europee.
1. Il semestre sarà preceduto dalle elezioni del Parlamento europeo che sono calendarizzate nei 28
Stati membri tra il 22 ed il 25 maggio 2014. Pertanto, l’istituzione parlamentare sarà nel consueto
periodo di rodaggio all’inizio di ogni legislatura, che si verifica puntualmente ogni cinque anni
(costituzione dei gruppi, nomina del presidente e dell’ufficio di presidenza, programmazione dei lavori,
ecc. ).
2. Inoltre, nel corso del semestre avverrà l’elezione del Presidente della Commissione europea per il
quinquennio 2014-2019. Il secondo mandato del Presidente José Manuel Durão Barroso scadrà il 31
ottobre 2014 ed il Consiglio europeo, tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo, sarà
chiamato a proporre a maggioranza qualificata al Parlamento europeo un candidato alla carica
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di Presidente della Commissione. Il Presidente sarà poi eletto dal Parlamento europeo a maggioranza
dei membri che lo compongono ed a scrutinio segreto.
3. Sempre nel corso del semestre, sarà eletto il Presidente del Consiglio europeo. Infatti, il secondo
mandato dell’attuale Presidente scade il 30 novembre 2014.
4. Nel novembre 2014 verrà a scadenza, senza possibilità di rinnovo, il mandato della baronessa Ashton,
Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Unione europea. Il Consiglio
europeo, deliberando a maggioranza qualificata e con l’accordo del Presidente della Commissione, dovrà
nominare il nuovo vertice della politica estera dell’UE per un mandato corrispondente a quello
quinquennale dei membri della Commissione europea, della quale l’Alto rappresentante è uno dei
vicepresidenti.
5. In quinto luogo, nel corso del semestre, il Consiglio (di concerto con il Presidente della Commissione)
adotterà l’elenco dei membri della Commissione, sulla base delle indicazioni provenienti dagli Stati
membri. Il Presidente, l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e gli altri
membri della Commissione sono soggetti, collettivamente, ad un voto di approvazione del Parlamento
europeo; in seguito a tale approvazione la Commissione è nominata dal Consiglio europeo, che delibera a
maggioranza qualificata.
Il calendario istituzionale europeo del 2014 pone quindi al semestre italiano di presidenza dei vincoli e dei
condizionamenti oggettivi. D’un canto, con quasi aritmetica certezza, deve registrarsi che la fase iniziale della
legislatura “condizionerà la tempistica dei lavori”, in quanto restringerà significativamente i mesi “operativi”
del semestre al periodo tra il 10 settembre ed il 20 dicembre 2014, cioè a meno di 100 giorni effettivi.
D’altro canto, è altrettanto certo che la coincidenza del semestre italiano con il giro di nomine previsto
nella seconda metà del 2014 assegna alla presidenza italiana un ruolo “cruciale” – per riprendere un
termine non a caso utilizzato dal Presidente Napolitano – nell’arbitraggio politico quanto alla scelta di
personalità di primo piano e richiede di porre in essere, a tale scopo, una delicata azione intesa a bilanciare
criteri di valutazione politici e geografici.
6. La dimensione interna del semestre di presidenza italiano5
In vista del semestre italiano di presidenza del Consiglio dell’Unione è stato insediato nel corso di una riunione
svoltasi a Palazzo Chigi il 7 agosto 2013 il “Comitato per il semestre di presidenza italiana dell’Unione
europea nel 2014”. Dell’organismo, oltre al Presidente del Consiglio che lo presiede, fanno parte il Vice
Presidente del Consiglio, il Ministro degli Affari esteri, il Ministro dell’Economia e delle finanze, il Ministro per gli
5
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Comunicato stampa, Riunione istitutiva del Comitato per il Semestre di Presidenza italiana dell’Unione
europea nel 2014, 7 agosto 2013 (http://www.governo.it/Notizie/Palazzo%20Chigi/dettaglio.asp?d=72439).
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Affari europei, il Ministro per i Rapporti con il Parlamento ed il coordinamento delle attività di Governo, nonché
il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Graziano Delrio.
Questo Comitato è chiamato a svolgere un duplice ruolo. Per un verso, il Comitato costituisce la sede ristretta
in cui il Governo formulerà le “strategie politiche” concernenti il semestre. Per altro verso, il Comitato
dovrà accompagnare con un attento “monitoraggio politico” tutte le attività del semestre sul versante
governativo, in modo che esse si caratterizzino, non solo sul piano comunicativo ma soprattutto su quello dei
contenuti.
Il rapporto tra Parlamento e Governo sia nella fase di individuazione delle priorità del semestre sia come
accompagnamento delle attività svolte durante il semestre sarà essenziale al buon esito dell’operazione.
L’occasione per tale interlocuzione, prevista dall’art. 4, n. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante “Norme
generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione ed all’attuazione della normativa e delle politiche
dell’Unione europea”, è anzitutto costituita dai dibattiti sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio sulle
posizioni che il Governo intende assumere nelle riunioni del Consiglio europeo.
Sempre sotto il profilo organizzativo interno va segnalato che ai fini dell’assolvimento di tutti gli adempimenti
necessari per il buon esito della presidenza con DPCM 8 agosto 2013 è stata istituita, presso il Ministero degli
Affari esteri, la “Delegazione per l’organizzazione del semestre di Presidenza italiana del Consiglio
dell’Unione europea (1° luglio–31 dicembre 2014)”.
Le informazioni riguardo alle priorità della presidenza semestrale italiana del secondo semestre 2014 sono
ancora frammentarie. Dall’audizione dell’allora Ministro per gli Affari europei, Enzo Moavero Milanesi, che ha
avuto luogo al Senato il 5 settembre 2013 davanti alle Commissioni riunite 1a (Affari esteri, emigrazione) e 14a
(Politiche dell’Unione europea) del Senato sono emersi vari spunti. Molta prudenza è emersa sugli aspetti
istituzionali-organizzativi dell’Unione, vale dire sulle ipotesi di riforma dei Trattati istitutivi. Preannunciando
una sorta di self-restraint della futura Presidenza italiana, l’ormai ex Ministro ha sottolineato che tutto dipenderà
dall’evoluzione del dibattito negli Stati membri. Al più, secondo il Ministro, in occasione del Consiglio europeo di
fine 2014, sarà possibile approvare una dichiarazione solenne sul futuro dell’Unione che eventualmente
costituisca l’avvio di un nuovo esercizio di revisione dei Trattati.
Il secondo elemento trattato nell’esposizione del Ministro riguarda la crescita e la lotta alla disoccupazione,
soprattutto attivando strumenti finanziari nel bilancio dell’Unione e migliorando la formazione e la conversione
dei lavoratori. Questi obiettivi, infatti, appaiono centrali in un periodo di crisi economica e non possono che
essere sottolineati con forza in un Paese come il nostro dove, soprattutto la disoccupazione giovanile, secondo i
dati ISTAT riferiti ad agosto 2013, ha purtroppo superato il 40%, il livello più alto dal 1977, venendo a
rappresentare un vero e proprio dramma sociale.
Gli altri punti evocati dal Ministro per gli Affari europei concernono l’ambiente ed il risparmio energetico, il
buon funzionamento del mercato interno, in particolare sotto il profilo delle norme sul riconoscimento
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dell’origine dei prodotti, e gli accordi commerciali con i Paesi terzi, tra cui, in particolare, l’accordo con gli Stati
Uniti (Transatlantic Trade and Investment Partnership).
Inoltre, nel secondo semestre 2014, dovranno essere oggetto di implementazione molteplici misure nel settore
della giustizia e degli affari interni ed in quello dell’azione esterna, degli accordi di vicinato e del processo
di adesione all’Unione. Rispetto al settore della giustizia e degli affari interni già è previsto che il Consiglio
europeo del giugno 2014 riserverà una particolare attenzione a questi temi.
Anche il tema dell’immigrazione dovrà, secondo l’indirizzo del precedente Governo sarà “al centro del
semestre di Presidenza dell’Unione”. Così come sui temi della ricerca scientifica (mobilità dei ricercatori,
portabilità dei diritti previdenziali e pensionistici, portabilità dei finanziamenti, accesso aperto ai risultati
ottenuti maggiore interazione tra i 28 centri di ricerca nazionali) e del potenziamento del raccordo tra i giovani
studenti attraverso il progetto Erasmus, il Governo ha “intenzione di scommettere nel semestre di Presidenza
italiana dell’Unione europea”.
7. Considerazioni conclusive6
Il semestre di Presidenza italiana s’inserirà in un percorso contrassegnato da una rigida programmazione,
articolata rispettivamente su di un periodo triennale (6 presidenze semestrali), di diciotto mesi (3 presidenze
semestrali) e annuale (le 2 presidenze semestrali di ciascun anno solare). Pertanto, le prospettive della
presidenza semestrale vanno collocate in una logica sequenziale, dipendente più dall’andamento del
processo d’integrazione, che dai meriti dello Stato membro che detiene la presidenza semestrale. Certamente
sarà difficile utilizzare la presidenza semestrale per introdurre “nuove” tematiche o anche anticipare la
conclusione di processi decisionali su argomenti di particolare rilievo e di interesse per l’Italia.
Inoltre, considerando il fatto che i Trattati istitutivi hanno attribuito alla Commissione europea il potere di
proposta sia nella procedura legislativa ordinaria sia nelle procedure legislative speciali e che sono rari i
casi in cui un atto dell’Unione può essere adottato senza una proposta della Commissione, in nessun caso
comunque il potere di proposta spetta ad un singolo Stato membro. Questo evidentemente esclude che lo
Stato membro che esercita la presidenza semestrale possa farsi autonomo promotore di una proposta di atto
normativo. Al limite, questo può servirsi dell’influenza che gli deriva dalla presidenza semestrale per sollecitare
“informalmente” la Commissione europea ad esercitare il potere di proposta su tematiche di proprio
specifico interesse.
Infine, può aggiungersi qualche breve considerazione sulla questione delle nomine ad incarichi istituzionali
dell’Unione da effettuare nel corso del semestre di presidenza italiana. Si tratta sia di nomine di esclusiva
spettanza del Consiglio europeo, come è il caso, ovviamente, per il Presidente di questa istituzione, sia di
6
Carlo Curti Gialdino, Verso la presidenza italiana, cit.
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nomine rispetto alle quali il Consiglio europeo ha il potere di proposta ma può procedere alla nomina
solo a seguito di un voto di approvazione da parte del Parlamento europeo, com’è il caso per il Presidente
della Commissione europea sia di nomine che il Consiglio propone al Parlamento europeo solo dopo aver
concordato con il Presidente della Commissione l’elenco delle personalità selezionate e che sono nominate
dal Consiglio europeo a seguito dell’approvazione del Parlamento europeo, com’è il caso per l’Alto
rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e per i membri della Commissione.
Alla luce di quanto osservato, se da una parte sembra forse ingeneroso prefigurare un semestre di presidenza “in
bianco”, bisogna d’altra parte convenire con chi, nondimeno, ritiene irrealistico caricare il semestre italiano del
2014 di rosee aspettative, quasi che possa avere delle virtù prodigiose sia nei confronti di esigenze riguardanti
esclusivamente l’Italia sia per il processo di integrazione europea in generale.
Questo processo è giunto ormai ad un punto di svolta cruciale. L’Europa può imboccare, come gli uomini politici
non smettono di promettere, la via prefigurata dai Padri fondatori della federazione europea, come può ben
prendere la via di una regressione dell’integrazione, anche riducendo le competenze attribuite all’Unione dai
Trattati istitutivi, con il rischio di volgere verso una concezione marcatamente intergovernativa della
collaborazione fra gli Stati membri.
Opinione comune è comunque che il semestre europeo è un’opportunità. Essa deve essere colta sia per mettere
in campo uno sforzo teso a migliorare la capacità del nostro Paese di incidere sui processi decisionali europei,
assumendo maggiore autorevolezza nella fase di discussione ed approvazione della normativa europea. Sia
assicurando una presenza “attiva” nei negoziati, la quale si rifletterà positivamente anche in fase di adempimento
agli obblighi derivanti alla partecipazione all’Unione, riducendo il rischio di infrazioni al diritto dell’Unione,
Con la Presidenza semestrale l’Italia deve contribuire a rinfrescare l’idea di un Europa che è scesa oggi ai minimi
storici negli indici di gradimento. Sono, infatti, semplicisticamente addebitati ai vincoli europei sia la crisi
economica iniziata nel 2008 sia le difficoltà nel cammino verso la crescita. La macchina europea “si è inceppata” e
bisogna fare “un passo in avanti importante e coraggioso”, perché “non c'è un progetto alternativo”. L’Europa ha
la possibilità di essere ancora protagonista nel nuovo scenario multipolare, perché ha asset d’avanguardia “come
cultura, welfare, alfabetizzazione, potenzialità tecnologiche”, ma deve rafforzarsi con una prospettiva federalista.
Secondo l’avviso dell’attuale Esecutivo, l’Italia può tornare protagonista immaginando nelle linee generali delle
politiche europee il rilancio di una “federazione leggera” che possa finanziare le funzioni essenziali di governo
come la politica estera e di sicurezza, la ricerca scientifica, le grandi reti infrastrutturali. Si tratta di una ''nuova
visione che coinvolga pienamente i cittadini e i governi, con cui iniziare una nuova fase di rilancio e di crescita,
favorendo la legittimità democratica della costruzione europea ed il ruolo dell'Unione come attore globale''. E
per l’Italia, durante la Presidenza del semestre, può esserci l’occasione “di tornare ad essere pienamente
protagonista del processo di integrazione europea”.
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