Archeomafia, Sintesi del Rapporto di Legambiente “Ogni anno

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Archeomafia, Sintesi del Rapporto di Legambiente “Ogni anno
Archeomafia, Sintesi del Rapporto di Legambiente
“Ogni anno scompaiono da musei, chiese, collezioni private o di enti pubblici migliaia di oggetti:
dalle armi artistiche ai quadri, dalle monete agli orologi, dagli oggetti chiesastici ai reperti
archeologici – ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente -. Decine di migliaia
di reperti vengono sottratti al nostro patrimonio archeologico, in siti troppo spesso incustoditi e magari poco
valorizzati: un patrimonio di storia e memoria collettiva alla mercé dei cosiddetti tombaroli e/o della criminalità
organizzata. Eppure, la cura e la tutela dei nostri beni artistici, storici e archeologici è fondamentale
per la salvaguardia della nostra identità nazionale, ed è per questo che, insieme ai Carabinieri
Tutela patrimonio culturale, vogliamo accendere i riflettori su questo fenomeno grave ma
relativamente noto”.
“Il Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale da quarant’anni si occupa della
salvaguardia del patrimonio culturale nazionale attraverso la prevenzione e la repressione delle violazioni
alla legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici con strumenti informatici e investigativi d’avanguardia
– ha dichiarato il Generale Giovanni Nistri -. Il sistema dal quale si ricava denaro dalle ruberie di opere
rubate è piuttosto articolato anche in relazione alla tipologia del bene sottratto e al valore artistico.
I flussi del traffico illecito sono diversificati e molto spesso conducono all’estero, in un contesto nel
quale il mercato clandestino assume con sempre maggiore frequenza il carattere della
transnazionalità. I pezzi rari e di alto valore, facilmente identificabili, una volta rubati vengono
allontanati o nascosti, a volte per anni. Se i ladri non trovano acquirenti diretti (collezionisti privati),
si rivolgono al mercato dei “professionisti” legati ad un circuito di distribuzione su scala
internazionale, che provvedono anche alla falsificazione dei documenti”.
Capita sempre più spesso, infatti,di scoprire boss mafiosi con il pallino di fare incetta di opere d’arte. Stanze,
soffitte, garage, caveau, riempiti di preziosità d’ogni tipo, bottino di traffici illeciti, di furti, o di operazioni di
riciclaggio di capitali. Tra le indagini più eclatanti del 2009, segnaliamo quella della Direzione investigativa
antimafia che ha sequestrato al boss italo-canadese Beniamino Zappia, in carcere dal 2007, oltre 345 dipinti di
immenso valore tra tele di Guttuso, De Chirico, Dalì, Sironi, Morandi, Campigli, de Pisis, Boldini, Guidi e poi
orologi antichi, pietre preziose, vasi, statue, bronzi e oggetti di antiquariato. Un immenso tesoro accumulato
negli anni da colui il quale i magistrati definiscono il referente in Italia della famiglia mafiosa dei Bonanno di
New York e a quelle dei Cuntrera, Caruana e dei Triassi.
Il 20 gennaio scorso, invece, il nucleo carabinieri Tutela patrimonio culturale di Bari ha sventato un traffico
internazionale di reperti archeologici, realizzato attraverso una rete criminale capace di muoversi tra l’Italia, la
Spagna, la Francia, la Germania e il Lussemburgo. La refurtiva recuperata dai militari fa impressione: 1.248
reperti archeologici e centinaia di fossili, per un valore stimato in 4 milioni e 350 mila euro. Alcuni di questi
reperti sono stati esposti in importanti gallerie d’arte italiane e francesi. Indagate 40 persone, di cui 13
sottoposti a provvedimenti cautelari, nove agli arresti domiciliari e quattro con l’obbligo di dimora.
L’organizzazione aveva una consolidata esperienza alle spalle ed era dotata delle tecnologie più avanzate per gli
scavi illegali, a cominciare da metal detector e geo-radar. Dalle indagini è emerso che questi hanno passato a
setaccio principalmente le aree archeologiche delle province di Matera e Bari.
Un’altra operazione dei carabinieri del reparto Tutela patrimonio culturale che merita di essere raccontata è
quella che ha portato alla restituzione al governo Libanese di numerosi fossili di natura paleontologica, risalenti
a circa cento milioni di anni fa di inestimabile valore storico. È questo l’epilogo di una vicenda che ha preso il via
da una semplice segnalazione fatta dalla Direzione Generale dei Beni Archeologici su un cittadino italiano, il
quale aveva richiesto la certificazione di avvenuta importazione da Biblos (Libano) a Roma di un fossile. Le
indagini hanno dimostrato la provenienza illecita non solo del fossile sul quale era stata richiesta certificazione,
ma anche su altri reperti rinvenuti nell’abitazione dell’uomo, tutti ottenuti in violazione delle normative libanesi
sulla detenzione e l’esportazione di reperti archeologici. Tra i pezzi pregiati sono stati sequestrati anche altri
due esemplari di pesci ossei, tutti fossili dell’Era Mesozoica, databili al periodo Cretacico (epoca susseguente al
Giurassico), risalenti a 99/93 milioni di anni fa, nonché alcune decine di reperti archeologici romani ed etruschi.