Tradizione e internazionalità di Alessandro Pomi, “modesto” ma
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Tradizione e internazionalità di Alessandro Pomi, “modesto” ma
Tradizione e internazionalità di Alessandro Pomi, “modesto” ma “incontentabile”1 Stefano Franzo Alessandro Pomi, Ritratto di Edmondo Matter, 1910-14, New York, collezione privata. Slegatosi non del tutto dal robusto nome di Ettore Tito, suo maestro all’Accademia di Belle Arti di Venezia, Alessandro Pomi si configura nel contesto lagunare come modello di internazionalità, al quale si unisce una duratura fortuna commerciale, cominciata dopo gli anni di studio e la specializzazione nella classe di disegno di figura2, a cui seguirono probabili passaggi a Roma e a Monaco (non comunque all’Akademie, ma al Glaspalast)3, verso cui si sarebbe instradato pure l’amico Edmondo Matter, del quale egli eseguirà un brillante ritratto4. Se l’avvio dell’attività espositiva di Pomi si condensa essenzialmente nell’ambito delle mostre di Ca’ Pesaro – dove egli è presente con cinque oli sin dall’edizione dell’estate del 1910, tornandovi poi nel 1911 con sei opere, nel 1912 e nel 1913, oltre che nel 1919 e nel 19255 –, la sua apparizione alle prime iniziative capesarine ne segnala un precoce inserimento nel panorama cittadino e di riflesso un avvicinamento alla figura di Nino Barbantini e forse di Gino Damerini, allorquando se ne evidenzierà per tempo l’apprezzamento del pubblico e una precoce maturità dovuta alle sue “brillanti qualità di pittore” e a un “proprio temperamento facile e spontaneo”6. Nello stesso tempo per il pittore vale sottolineare una sostanziale estraneità ai rinnovamenti, verso cui si muoveva anche un artista dall’attività frammentata come Gigi De Giudici, che riprenderà Pomi in caricatura, rimanendovi in stretti rapporti7 ed esponendovi assieme al Salone Bonvecchiati nel 19168 e l’anno prima all’Hotel Vittoria9. Ciò contribuisce a collocare saldamente il pittore all’interno della “linea veneta” e delle frequentazioni del gruppo che poi confluirà nel Circolo Artistico e che lo porterà verso le zone trevigiane e vicentine, non distante della sua prima apparizione alla Biennale, la quale ne segna un non trascurabile plauso critico. Negli anni capesarini la sua pittura parrebbe aderire decisamente, nella pennellata e nell’assetto compositivo delle figure raggruppate o isolate, in cui si direbbe si manifesti la sua maggior qualità pittorica e ritrattistica, ai consolidati modelli del collaudato impaginato di Tito, ravvisabili almeno in La violinista della nona collettiva10, costruita con un andamento sfrangiato e un procedere rapido e disinvolto non distante nemmeno da Lino Selvatico11 – di lì a poco Lanza lo dirà invece oramai “onestamente e fatalmente” milesiano12; al recensore di “Emporium” rammentava però nel 1917 Besnard13 –, nel Ritratto della madre della Galleria d’Arte Moderna di Udine, acquistato sempre alla personale di Ca’ Pesaro del 191914, in quello di Giuseppina Marcon nipote di Carlo Ferrari15, di Ida Alessandri16 e in altri della famiglia di Ilario Neri, dove egli con andare sicuro costruisce con l’olio, il pastello e il carboncino, oltre che nell’interpretazione di soggetti come l’Alzaia17 o La gomena, nota nella versione del Museo de Arte Italiano di Lima e in quella di pertinenza del Banco Popolare di Verona18. Nel legame col Circolo Artistico si muoverà del resto la presenza dei veneziani alla Prima Mostra Regionale trevigiana del 1921, dove Pomi figurerà come De Giudici nella sala quinta, ordinata da Attilio Cavallini e Giulio Enrico Trois, con Sulla spiaggia e due bozzetti di soggetto montano che risultano in catalogo come proprietà Manuel19. 16 Contemporaneamente a Ca’ Pesaro e prima dell’interruzione della guerra, l’apparizione nel 1912 e nel 1914 a due edizioni consecutive della Biennale, dove comparivano con Prova di debutto20 e Divettes21 gruppi con personaggi femminili da Caffè concerto – prossimi al suo Baccanale capesarino del 191122, vicino a sua volta al motivo che Giuseppe Zancolli inscenerà con l’ebbra Lina Arianna Jenna in Bohème in bonis, esposto sempre alla Biennale del 191423 – illuminati da accenti improvvisi che marcano l’emergere dal buio dei volti accesi dalla ribalta, vedrà per il giovane Pomi la segnalazione nell’aprile del 1912 su “Il Marzocco” assieme a Felice Casorati, quando Luciano Zuccoli li dice “acuti interpreti dell’anima femminile”, contrapponendo quasi alla “trionfale giocosità di colore” dei modi di Tito, di una “robustezza delicata” e di una “vitalità sana”, la sua scena di danza, espressa in un quadro “ricco e intenso”, “crudamente illuminato, violento e quasi brutale in qualche scorcio”, in cui “la luce dovizziosa [sic] e calda mette larghi riverberi sulle stoffe e sulle carni, con un gagliardo effetto”24; era in questo modo che Pomi aveva dato un’anima possente a un soggetto comune e modesto, rendendolo nel contempo forte ed elegante. Ugo Ojetti, unendo del quadro una fotografia di Tomaso Filippi che non compare in catalogo, metterà Pomi tra i più noti pittori veneti, soffermandosi su Prova di debutto, dove “tra neri d’inchiostro i movimenti della ballerina nella luce artificiale della ribalta sono studiati con svelta esattezza”25; il trevigiano Luigi Coletti su “Vita d’Arte” menzionerà invece più pacatamente per il pittore la mano “agile, pronta e sicura”26, come aveva notato Vittorio Pica per Danza zingaresca recensendo l’arte mondiale a Roma nel 191127. L’interesse di Alessandro Pomi per l’arte applicata e la decorazione veniva a concretizzarsi al ritorno dalla prima guerra mondiale, quando pare avviarsi il suo lavoro d’ideazione di illustrazioni28 e manifesti29 e si colloca il fregio storicistico e venezianeggiante dipinto su tela per la sala di lettura dell’Hotel Danieli, databile grazie al pronto riferimento sulle popolari pagine di “Il Gazzettino Illustrato” dell’agosto 192130. Nella stessa direzione si pongono del resto le pitture della sede municipale di Asiago, a cui si accosta l’Aurora della sala dei matrimoni, contraltare del tema svolto entro il 1913 nel Trionfo di Apollo sul soffitto del teatro Toniolo e al cinema Excelsior di Mestre31, se non a villa Lisa al Lido, con motivi prossimi a quelli collaudati di Galileo Chini e in parte specchio di quelli attardati di Giuseppe Cherubini al veneziano Malibran. Tra aperture europee e regionalismi32 il primo dopoguerra vede Pomi inserito nella ripresa della Biennale e della mostre capesarine, di cui Damerini traccia nel 1919 con meditata coscienza il percorso sino all’interruzione dovuta al conflitto, che aveva visto coinvolti non pochi degli artisti che ancora indossavano la divisa; tra questi Guido Cadorin, i trevigiani Arturo Martini e Nino Springolo e Alessandro Pomi33. Se a Ca’ Pesaro Pomi avrà in quest’occasione un numero considerevole di opere tra studi, bozzetti, tempere e pastelli34, alla mostra del Lido del 1925, l’ultima promossa dalla Bevilacqua La Masa a cui egli, ritenuto da “Le Tre Venezie” fuor di luogo35 e inserito oramai nei contesti ufficiali, parteciperà, verrà esposto solamente un ritratto della madre36. Sarà questo l’anno in cui egli farà parte della giuria di accettazione dell’Esposizione d’Arte dei Combattenti delle Tre Venezie ospitata tra la primavera e l’estate del 1925 nelle sale Napoleoniche di Palazzo Reale37, mostrando forse una qualche comunanza d’intenti, se non proprio Alessandro Pomi, L’arrivo della Bucintoro in bacino San Marco [sic], 1921, Venezia, Hotel Danieli, particolare. 17 Alessandro Pomi, Una passeggiata di maschere e gentiluomini sul molo nel Settecento, 1921, Venezia, Hotel Danieli, particolare. con Eugenio Bellotto, Emanuele Brugnoli e Ferruccio Scattola, almeno con Italico Brass, che doveva averne apprezzato i primi lavori già un quindicennio prima, allorquando egli aveva acquistato Al caffè e Mario Volpi Sosta38. Gli anni Venti si manifestano per Alessandro Pomi come fattivi di una certa intensità espositiva, marcati da qualche acquisto importante, come accade con la locale mostra della Società Promotrice di Belle Arti di Padova del 1920, dove da parte della corona verrà comperato il quadro Sorelle39, avvicinabile a quello già presentato con altri tre lavori alla Geri-Boralevi nel 191940. Tra Venezia, Verona e le precedenti iniziative della Croce Rossa il pittore veneziano, che a Sarzana nel 1916 figurava con un’acquaforte accanto a Llewelin Lloyd e a una estesa schiera di artisti veneti e lagunari (Tito e Favai, i Ciardi e i Fragiacomo)41, era tra i sostenitori delle patrie battaglie e dei bisogni dei soldati, evocati nel 1917 dalla mostra delle Tre Venezie alla Galleria Pesaro di Milano – ordinata da un comitato prossimo a quello della Biennale42 – e due anni dopo riconfermati nella cispadana di belle arti degli artisti soldati e congedati tenutasi alla Gran Guardia di Verona43, raggruppati per sezioni provinciali, dove i soci dell’Unione Giovani Artisti (UGA) erano presentati da Barbantini, a ribadire una programmatica vicinanza capesarina e una stretta unità consociativa, che si sarebbe mostrata di lì a poco pure in altre manifestazioni promosse sul territorio. Un’altra sortita veronese si avrà nel 1921, allorquando Pomi, Cadorin, Wolf Ferrari, Pasinetti, Notte, Chitarin, Milesi, Emma Ciardi e De Stefani saranno rappresentati, assieme agli scultori Bellotto, Dalla Rocca e Martinuzzi e alle maioliche della bottega di Giacomo Dolcetti, in un’unica sala sotto l’egida del Circolo Artistico veneziano; Pomi presenziava qui con soli due pastelli e un singolare Autoritratto sfilato e stralunato44, lasciando in città il ritratto di Lionello Fiumi45. Nelle altre sale, con un gruppo di lavori di arte decorativa pure di Casarini, Zancolli e di proprietà di Wenter Marini, si concentrava la presenza dei veronesi, da Agostino Pegrassi alla Maschera solinga di Lina Arianna Jenna, alcuni già intrisi, come Zamboni, Trentini e Nardi, di atmosfere sospese e magiche; usciti dalle altre province e mischiati variamente in esiti differenziati il padovano Boldrin e i vicentini Egisto Caldana e Giuseppe Zanetti, Antonio Dall’Amico e Pierangelo Stefani, l’estraniato Luigi Brunello e il già discosto dall’UGA Gino Rossi. Quasi al pari delle situazioni espositive trevigiane e veronesi, l’avvio dei contatti tra Pomi e l’area berica avviene nel primo dopoguerra, legandosi al contesto dell’inserimento nei circuiti provinciali avviato dall’UGA. Nelle nutrite sale venete che ospitavano alla mostra nazionale d’arte organizzata dalla Pro Vicenza nel 1920 l’eterogenea compagine dei pittori lagunari, col Milesi dei ritratti bassanesi e delle memorie dei sacrifici delle battaglie incarnati dal conte Negri De Salvi46, Alessandro Pomi si schierava47 accanto a Vittore Cargnel, con Beppe Ciardi, Italico Brass, Mario Varagnolo, Giuseppe Miti Zanetti e a tutti quelli che con accorta pratica di mestiere davano dimostrazione delle differenti possibilità espressive dell’ambiente veneziano. Il confronto promosso a Vicenza con le altre realtà territoriali dava forse modo di istituire dei modelli di paragone tra situazioni organizzative, tanto più se quella di “Il Manipolo” si diceva per statuto rivolta alle arti applicate48 e si coalizzava nel suo sodalizio in un torno d’anni prossimo a quello del ricompattamento dell’istituzione veneziana49. In qualche misura palesato dagli occasionali incontri dell’anteguerra, almeno con la mostra in palazzo Chiericati del 1916 per i bisogni di civili e soldati, 18 con lavori di Emanuele Brugnoli, Lina Rosso ed Emma Ciardi50, il contatto tra la variegata attività veneziana e “Il Manipolo” pareva voler portare nel capoluogo berico i baluginii del rinnovamento che uno sparuto gruppo di artisti locali aveva cercato di cogliere a Ca’ Pesaro, con Wladimiro Gasparello e Giuseppe Zanetti, a cui avrebbe giovato l’avveduta nota critica di don Sebastiano Rumor. Se le Biennali degli anni Venti aprivano a qualche vicentino anche solo d’origine o d’adozione, come Luigi Brunello e Ubaldo Oppi, il sodalizio di “Il Manipolo” doveva associarsi al nome di Pomi pure in seguito, come attesta il catalogo della mostra d’arte pura e decorativa del 1925, in cui egli figura con lo scultore Angelo Franco quale membro della giuria di accettazione51. Nella ventilata aria corporativa che spirava in Italia52, la seconda mostra annuale di “Il Manipolo” si configurava con un assetto già decisamente locale, perseguito sin dal regolamento che stabiliva, segretario il pittore Antonio Dall’Amico, la precisa cadenza della mostra nei primi quindici giorni di Personale di Pomi alla Galleria Pesaro, 1928, fotografia Castagneri (Milano), collezione privata. Personale di Pomi alla Galleria Pesaro, 1928, fotografia Castagneri (Milano), collezione privata. 19 Pomi nello studio con la madre e alcuni amici (il secondo da sinistra), primi anni Trenta, collezione privata. Pomi con amici al caffè Florian in piazza San Marco (il secondo da sinistra), anni Trenta, collezione privata. settembre, dividendosi in due sezioni riservate ai soli soci53. Sempre per specifica indicazione del regolamento si lasciava la possibilità di ordinare mostre individuali in cui erano ammesse opere già esposte, vagliate dalla giuria nominata dalla presidenza e composta da un pittore e uno scultore non facenti parte dell’associazione e soprattutto non residenti a Vicenza54. Seguendo un formulario in qualche modo assodato, nel “lodo” la giuria composta da Franco e Pomi osservava di aver adottato quella severità di giudizio sufficiente a eliminare ogni opera di carattere dilettantesco (come voleva pure il programma di “Il Manipolo”)55, adattandosi a un assai “confortante” insieme di lavori56, dove si scorgeva, con lo scultore Ugo Pozza, per la pittura la notevole affermazione del segretario Dall’Amico, dei paesaggi di Antonio Lorenzoni, un bassanese legato alla Scuola d’Arti e Mestieri, dell’ancora laico Mario Venzo e di artisti che avrebbero gravitato attorno alle esposizioni della Bevilacqua La Masa57. Il non occasionale passaggio di Pomi nel contesto 20 artistico berico governato da “Il Manipolo” si concretizza in quel giro d’anni in cui “Le Tre Venezie” avviavano una decisa campagna di propaganda sulle attività del regime per la rinascita dei centri di terraferma; così Vicenza e le sue cittadine industriose, come la montana Asiago, per la quale Pomi avrebbe di lì a poco completato il menzionato ciclo di pitture con temi che la legavano a Venezia madre e alle tradizioni dell’altipiano – nel municipio riedificato dopo le distruzioni della guerra egli raffigura in quattro grandi pannelli l’apoteosi della vittoria, l’atto di dedizione della Reggenza a Venezia, il lavoro nei boschi e le attività pastorali –, con un’impronta revivalistica di natura marciana pari quasi a quanto accadeva in trentino58. Laddove la facoltà organizzatrice di Antonio Maraini aveva avuto modo di sovrintendere nel 1931 alla mostra della settimana della cultura italiana ad Atene – che la avvicinava a quei panorami critici che si concretizzeranno nelle altre e più tarde mostre di arte italiana della Biennale, in cui venivano schierati vieppiù artisti distanti dalle questioni polemiche dell’avanguardia59 – e alle rassegne gemelle di Tammikuussa e di Kaunas del 193760 e del 193861, in una promozione dell’immagine del regime rispecchiante uno scopo politico evidente62, si crede vada in qualche misura ravvisata la mano del Sindacato fascista pure dietro le partecipazioni italiane di Pittsburgh, almeno per quanto concerne l’aprirsi degli anni Trenta, allorquando nell’edizione del 1931 con Paul Nash ed Henry Eugène Le Sidaner compariva tra i commissari della manifestazione il nome di Cipriano Efisio Oppo, il quale vi aveva esordito l’anno prima, quando nella giuria vi era Maurice Stern, artista americano frequentatore delle Biennali e amico di Arturo Martini63. Senza disincanti Oppo vedeva nella cittadina della Pennsylvania “un’atmosfera pesante di lavoro, d’odio, di schiavitù, di potenza, d’egoismo, insieme all’aria fatale del progresso scientifico e della, un poco goffa, filantropia, questa civetteria dell’arricchito che sa di rimorso e di superbia”64. Affiancato dalla ripetuta presenza di Tito65 – in relazione con Volpi e Gaggia; lo sarà anche Pomi, il quale ritrarrà Maria Gaggia Lante –, che pareva fare da contraltare a quella del suo allievo quale esponente della tradizione pittorica veneziana, Pomi si vedeva accostato a più riprese a Pittsburgh e a Saint Louis a Emma e Beppe Ciardi, così come a Italico Brass66 e ai non sempre disinvolti Ferruccio Scattola e Nino Busetto67. Pittsburgh e le manifestazioni statunitensi appaiono però per la pittura di Pomi, che difficilmente dovette spingersi sino in Pennsylvania68, occasioni di confronto con quegli esiti della produzione figurativa internazionale che in parte erano transitati per la Biennale sin dall’aprirsi degli anni Dieci, se non prima: si pensi al russo Philip Maljavine (che nel 1928 a Pittsburgh avrà The Dance, non distante da Il riso entrato a Ca’ Pesaro)69, agli spagnoli Anglada y Camarasa e Ignacio Zuloaga e al britannico John Lavery – l’Inghilterra, presentata per la Alessandro Pomi, La nave del deserto, 1929, ubicazione ignota, fotografia Fiorentini (Venezia), collezione privata. Pomi in Libia, 1929 circa, collezione privata. sua larga schiera in catalogo da Algernon Talmace, lo proponeva nel 1924 con Augustus John, Paul e John Nash, Frank Brangwyn, Lucien Pissarro, Walter Richard Sickert e Sir William Orpen, quando si contava pure il cecoslovacco Mucha –, modelli di una figurazione vivace e talora salottiera non sempre apprezzata in Italia70, enfatizzata al Carnegie Institute e alla Foreign Section di Saint Louis dalla divisione in sezioni nazionali quasi quanto si faceva a Venezia e da cui non si distanziavano del tutto nemmeno gli esiti di taluni americani filtrati dalla matrice parigina, come John Singer Sargent, il suo amico Walter Gay e Maurice Brazil Prendergast, allievo dell’Académie Julian71. Si direbbe emergere anche qui però un cambiamento delle istanze figurative proposte, in un aggiornamento internazionale permeato da situazioni orientate verso nuovi assestamenti del realismo72, mentre per quanto concerneva la direttrice data alla presenza italiana, permanevano i rimandi ad artisti non sempre adeguatissimi come Mancini, ma che comunque parevano inserirsi a pieno diritto nelle riletture dell’Ottocento che si erano per tempo aperte in Italia, concretizzandosi nelle sale della Biennale in mostre commemorative e personali, non da ultimo dello stesso Mancini73, che modulava in una pittura materica e luminosa quelle modalità coloristiche piacevoli difese con fermezza sino agli anni Quaranta da Ojetti e Bertocchi74, non distanti dall’“ultimo anelito di quella tradizione di cui troppa gente ciancia senza conoscerla”, secondo quanto osservava Oppo per lo svolgimento dell’arte spadiniana75. Le presenze di Pomi alle mostre americane, testimoniate con sicurezza dai cataloghi e aperte dall’invio Oltreoceano dei lavori per San Francisco76, si segnalano per i quadri con figure in interni e le immagini lagunari proprie del suo repertorio, riscuotendo un successo commerciale comprovato dal diversificato collezionismo non solamente italiano77, collocabile già addentro agli anni Venti e da cui non andavano esenti gli istituti bancari (si pensi all’acquisto alla Biennale del 1924 di Siesta da parte della Banca Popolare Cooperativa di Novara)78. Capace di una pittura di “piacevolezza non superficiale e di una leggiadria non troppo fragile”, si diceva Alessandro Pomi un “impressionista” “senza violenze”, che teneva conto della solidità delle figure e pareva riallacciarsi ai rassicuranti ed equilibrati esiti ottocenteschi, mantenendo così leggibilità nel disegno e freschezza nelle tinte, pure se si riconoscevano, ancora nello scorcio degli anni Venti, talune “rassomiglianze” formali coi “bozzetti sontuosi”, voltati in una pittura fluida e carezzevole, di Tito giovane, che non senza polemica si vedeva ignorato da certi critici autorevolissimi in ossequio alle mode novecentiste79. Altrove, in una filiazione diretta coi paralleli già tracciati per Tito, si osservava il suo largo respiro tiepolesco80 e quel metter giù i quadri con prontezza e “alla prima”, annotando per gli interni come quello coi Piccoli cantori “l’interesse raccolto nel raggiare delle figure al gran lume di una finestra”81. L’articolarsi delle sue presenze nel circuito non solamente regionale delle mostre varrebbe del resto a ravvisare l’estendersi della fortuna del mezzo espressivo di Pomi, riscontrabile pure nella segnalazione che ne farà l’Enciclopedia italiana82, parimenti al ruolo di responsabilità organizzativa che egli ricopre nell’ordinare, con Beppe Ciardi e Ilario Neri, le sale venete all’Esposizione romana di Belle Arti del 1927, dove la “triade fattiva” evidenzia le dinamiche che sottostavano alla composizione del primigenio Consiglio direttivo del rinato Circolo Artistico di Venezia, di cui Pomi era consigliere e Neri presidente effettivo – amatore d’arte, questi collezionò vari lavori del pittore –, con cariche sociali già ricoperte all’interno dell’UGA83. Alla mostra romana, dove Pomi figurava con Riposo e altri due lavori84, si contavano del resto stabili presenze gravitanti nell’orbita dello stesso Circolo Artistico e di Ca’ Pesaro, come Attilio Cavallini e Lina Rosso (il suo Manovra al trinchetto, che figurerà a Trieste nel 1938, pare in sintonia con analoghe tematiche affrontate da Pomi, il quale in Scirocco ricalcherà i Pescatori a Garda di Alfredo Savini)85, confermando personalità come Milesi, De Stefani, i fratelli Ciardi, Miti Zanetti, Zanetti Zilla e Pieretto Bianco e facendo confluire nella rassegna anche i giovani delle città redente col vicentino Pierangelo Stefani, il trevigiano Ravenna, i veronesi Beraldini e Trentini, con Seibezzi, Carlo Cherubini, Dino Martens, Neno Mori, Cosimo Privato e Felice Castegnaro, correlati dalla prefazione di Arturo Lancellotti, il quale indicava Pomi per l’abilità tecnica e di effetti86. Con la personale torinese del 1936 alla Galleria Martina (dove si ribadiva il suo essere un impressionista che non si atteneva a nessun programma di gruppo e di scuola)87, da porsi in assai stretta relazione con quella padovana di tre anni dopo, che avviava negli anni Trenta il poi sicuro rapporto con la Bottega d’Arte dei fratelli Bordin in via Zabarella88, Pomi estende ulteriormente i contatti aperti alla Liguria dalla seconda metà degli 21 22 anni Venti, come andrebbero a documentare le mostre alla Galleria Vitelli di Genova del gennaio 192589 e del marzo 192990, dove vanno notate, tra le nove riproduzioni in catalogo, Pomeriggio in laguna, avvicinabile al Sunrise esposto a Pittsburgh nel 192691, che assieme a Pescatori e a La vela evidenzia un collaudato taglio compositivo incentrato sugli assi verticali, come altrove l’impaginato giocherà sugli elementi costitutivi dell’imbarcazione intuiti da Biancale92, su quelle vele “vibranti di luce e movimento” secondo “Emporium”, che lo diceva sicuro di sé nella sua “composta abilità”, accostata nel 1927 a Firenze alla “signorile pacatezza” di Llewelyn Lloyd93. Si fanno invece tangibile risultato di un già avvenuto passaggio nelle zone della Libia e in Portogallo, risalente con buona probabilità ai primi mesi del 1929 – due anni prima Lina Rosso aveva tenuto una personale ad Alessandria d’Egitto recensita dalla stampa locale94 –, i soggetti che denunciano nei titoli le memorie delle rive del Tago e i temi esotici d’Africa esposti alla Seconda Mostra Internazionale d’Arte Coloniale, inserendo il percorso di Pomi nell’accertata parabola orientalista degli italiani95 – ciò benché manchino di fatto riscontri documentari che vadano al di là di qualche immagine occasionale96 e delle memorie di Lloyd97 –, toccando quanto consimilmente aveva descritto Oppo nelle Impressioni tripolitane degli “uomini alti due metri, abbronzati, lucidi, facce serie, impassibili, sigaretta in bocca, mani bellissime alle estremità di maniche di raso chermisi o giallo o color tabacco, a ricami”, dei “bambini nudi, ma con il fez in testa, squisitezza di sculture in ebano e cioccolata” e dei “negri del lontano Fezzan, curvi, con la fronte increspata e gli occhi iniettati di sangue ma dallo sguardo buono come quello dei cani da caccia”98. Le pagine di cronaca artistica italiana seguitano per un arco di tempo non ristretto a porre per la pittura di Pomi l’immancabile paragone di riferimento con Ettore Tito, giacché egli sminuzzò “in succo nutriente quella sua pittura così nobilmente e tradizionalmente italiana” e “dolcemente vibrante di luce”99, marcando accenni veronesiani e sempre tiepoleschi, portati a “sbattimento di chiarità” e a “contrasti gradevoli di ombre” capaci di rendere una virtù descrittiva che nelle scene di interni “si spassiona più che mai” nelle inquadrature evidenziate con “maestria in un insieme di piani luminosi”, i quali parevano fermare “con evidenza l’attimo di un sentimento, di un pensiero, di un’azione”100, in figure tagliate da pennellate ardite, che le fanno apparire, pur partendo dal ripetuto e costante ausilio del modello, come qualcosa che “non abbia sostanza né coesione, ma si sfaldi e si smembri”101. Nelle composizioni all’aperto giocavano invece gli “sprazzi vividi diamantati o iridati di tinte policrome di perla”, modulate in riflessi e riverberi102, concedendo ai ritratti “un contorno signorile di decorazione” nelle vesti, nella scioltezza e nell’eleganza della posa e nella “possente luminosità di luce naturale”103. Valeva però precisarne la natura di “vigoroso costruttore”104, dissimulata da una disinvoltura cromatica e di luce, modulata di preferenza in “chiarità forti, apposta tenute in un tono più alto per far risaltare maggiormente profondità di piani in ombra”; in talune “teste Alessandro Pomi, Vespro intimo, XIII Biennale, (ora Tokyo, National Museum of Western Art), fotografia Filippi, collezione privata. Alessandro Pomi, Un tribuno, XIII Biennale, ubicazione ignota, fotografia Filippi, collezione privata. Alessandro Pomi, L’esperimento, XIV Biennale, ubicazione ignota, cartolina postale, collezione privata. luminose” i passaggi violenti non potevano non richiamare, in una naturale riduzione dei riferimenti, “tecniche di artisti classici italiani”105. Ancora per Umberto Bognolo, a metà degli anni Trenta e in occasione della partecipazione dell’artista alla mostra dei quarant’anni della Biennale, dove il veneziano aveva otto lavori106, pareva logico che il ricordo di Tito non fosse del tutto assente, specialmente nelle “respirose marine”, “per disegno e un po’ per colore”, benché nelle sue tele l’impronta di buon colorista fosse sopita in un “sospiro melanconico”107. Nell’elogiare, con ripetitività, i suoi successi e le sue presenze soprattutto internazionali – da Buenos Aires a Lima, da Cleveland a San Francisco, da Tokyo a Sydney108 –, ci si soffermava blandamente sulla pennellata liquida e larga, “immediatamente modellatrice” e scevra da pentimenti, in un artista sedotto specialmente dagli interni, “con le loro luci smorzate, con certi effetti tenui assai difficili” a cui suggello veniva posto Vespro intimo109, col baluginare latteo del vetro bombato posto sul tavolo, acquistato alla Biennale dal Museo di Tokyo nel 1922 forse per intercessione del suo amico Takeo Terasaki110. Il bagaglio figurativo entro cui si muove l’attività di Pomi andrebbe inserito, più che nel riferimento a un modello internazionale preciso111, nella problematica questione dei debiti dei veneziani verso la matrice pittorica non solamente europea – dai nordici ai numerosi americani parigini o europeizzati dell’Ottocento, come Frank Duveneck e William Merrit Chasse, che studiano a Monaco, sino a John Singer Sargent, come Anders Zorn in rapporto coi Curtis di palazzo Barbaro e Isabella Stewart Gardner112 –, nell’ampiezza delle suggestioni aperte dalla critica italiana coeva, a partire da Mario Morasso, che esaltava assieme a Vittorio Pica immagini di donne di esuberante modernità, sino a Diego Angeli e a Ojetti, soprattutto osservando la corale sintonia di linguaggio e tratto di Franz von Stuck113, Peter Severin Krøyer e Tito, affine a una scelta visuale comune pure a Sorolla e alle atmosfere di sapore nordico di Krøyer, che con von Stuck, Tito e Zorn, ebbe una personale alla Biennale del 1909114. Avvalorata dal giudizio di Antonio Maraini, già “convinto assertore del nazionalismo in arte” e instradato verso le concrete solidità corporative dell’Italia “nuova”, non totalmente discosta da “certe caratteristiche dialettali”115, la talora deprecabile possibilità di confronto con l’arte straniera valeva in prima battuta come suggerimento di possibili raffronti tra risultati italiani e modelli francesi, iberici e scandinavi, nei casi proposti nel “Bollettino d’Arte”, meditati non solamente sul malfermo terreno della Biennale veneziana, in una diramata “faciloneria d’importazioni e d’assimilazioni”116. La strada aperta con altri intenti da Maraini parrebbe riflettersi in quanto ribadiva più tardi Ugo Nebbia, il quale aveva visto il momento delle “affermazioni” e delle “rinunzie”, degli “atti di fede” e di quelli di “contrizione”, che specie nel periodo dei “fortunati convegni banditi ogni due anni nel nome di Venezia già carico di tanta gloria pittorica, parvero disorientare un po’ tutti, pubblico ed artisti, come per la rivelazione quasi inattesa d’una serie troppo vasta e complessa d’atteggiamenti formali e sostanziali”117. Pur volendo contenerne l’importanza e le conseguenze, Nebbia non poteva infatti non osservare come “al cospetto di taluni campioni vecchi o nuovi” sfilassero “tutti, si può dire, quanti avevano altrove segnate impronte od anche raggiunto mete che c’erano talora sfuggite”118; da qui, oltre ai francesi, diversamente apportatori di ogni gergo che fosse apparso nel “più complicato internazionalismo della scuola di Parigi”119, era passato “il verbo diversamente sostanzioso” dei tedeschi Liebermann e Lenbach, “al cospetto delle insidie della più fredda retorica” di von Stuck, la maestria “d’ogni quadratura” degli svizzeri, da Böklin, a Hodler, ad Amiet, sino al “gruppo non meno tipico dei conquistatori spagnoli, i quali parevano aver perfino rinnovato ogni caratteristica della razza attraverso il più agile e pittoresco realismo di Sorolla”120. Se Anglada y Camarasa era capace delle “più sconcertanti testimonianze” di “variopinte magie”, Zuloaga modulava, in risultati “d’inarrivabile potenza”, “squilli di sostanza e d’espressione”121, mentre dalla Svezia Zorn (meno compiaciuto di Cabanel nel tornire le nudità dei corpi)122 sembrava dover rivelare “l’agilità più prestigiosa di sciabolare ogni solida realtà vivente con invidiabile freschezza di pennello”123. Se la fortuna americana di Pomi va registrata per un arco di tempo decisamente ampio, segnando oltretutto una campionatura della sua produzione per oltre un decennio – in tale lasso temporale si collocano agevolmente una tela levigata e da Salon come Cenacolo, proposto in mostra a Bergamo, a Torino e a Padova oltre che a Pittsburgh nel 1931, Gli eredi124 e Pubblico, con le figure astanti e indifferenti, isolate e mute, alla stessa stregua dei piccoli gruppi confinati in qualche angolo di salotto o in un interno borghese –, il 23 24 coevo svolgersi delle vicende critiche nel contesto internazionale pare inesorabilmente assegnato alla prassi discorsiva collaudata di Homer Saint-Gaudens, che emerge dalle pagine del “Carnegie Magazine” e dalle prefazioni dei cataloghi delle esposizioni del Carnegie125. Qui si seguitavano a elencare per gli anni Venti sia le differenze peculiari dei due diversi poli dell’arte mondiale, tracciando una decisa divisione tra lo “standard of art” degli americani, che trascendeva comunque ogni definizione126, e i modelli europei di riferimento, segnatamente identificabili, con marcata semplificazione, con l’equilibrato assetto del pubblico inglese, che fungeva da elemento di bilanciamento alla contrapposta antitesi tra Germania e Francia, in una condotta governata dalle tradizioni della Royal Academy e del New English Art Club127. L’Italia era inevitabilmente associata agli stilemi artistici dell’Europa meridionale e quindi unita alla Spagna, in una recrudescenza altamente significativa dell’autocoscienza nazionale, un’idea forte che non poteva non dipendere dalla magnificenza cinquecentesca (su tutti di Veronese). Alessandro Pomi, Gli eredi, ubicazione ignota, cartolina postale, collezione privata. Alessandro Pomi, Visite, III Mostra del Sindacato Nazionale Fascista Belle Arti, ubicazione ignota, fotografia d’epoca, collezione privata. 25 Alessandro Pomi, Gli ospiti, XXIV Biennale, ubicazione ignota, fotografia Giacomelli, collezione privata. L’apparizione sulla ribalta di Pittsburgh era avvenuta per Alessandro Pomi nel corso degli anni Venti e lo si ritrova nel 1924 con Along the lake128 vicino al piemontese Cesare Maggi, a Sibellato, ai Ciardi, al solito Mancini129, a Casorati con Silvana Cenni130, a Brass, Giovanni Romagnoli, Renato Natali, Carlo Cazzaniga, Pietro Gaudenzi, al dimesso e più oscuro Nino Busetto (capesarino prossimo ai futuristi, alle Biennali del 1922 e del 1924 nella medesima sala di Pomi) e a Tito, illustrato in catalogo da The Return of the Fishermen131 che sarà caro anche a Pomi, allorquando Virgil Barker distingueva gli italiani per quel loro essere sulle tracce di una realtà puramente visuale, in una fedeltà ottica alle cose viste che li distanziava dall’indulgere nell’aspetto drammatico e teatrale degli spagnoli e dalle preoccupazioni decorative dei francesi, benché la loro pittura dal forte accento nazionale mostrasse dei debiti verso Parigi132. Di lì a poco “The Studio” nominava Pomi in prima battuta tra i pittori che, con Pietro Chiesa e Lodovico Cavaleri, si distinguevano alla XIV Biennale, seguitando il successo avviato con la partecipazione alle due precedenti edizioni del primo dopoguerra e segnatamente a quella del 1922133. Tra i numerosi dipinti in catalogo la rivista si soffermava ad annotare l’assetto compositivo di L’esperimento134, col consesso dei tre chimici in camice che indagano con fare imperscrutabile nella trasparenza dell’ampolla, in consonanza coi coevi esiti del Realismo magico del “mago” Dal Nero ritratto nel 1924 da Giuseppe Zancolli col bisturi enfatizzato dal riflesso curvo della campana di vetro e in singolare similitudine coi tre chirurghi di Oppi del 1926, legati anch’essi da un discorrere silenzioso, oggetto di uno spaesamento inquietante e totale, se non con Il fratel prodigo (quest’ultimo dipinto di Oppi comparve alla Biennale del 1924, parallelamente alla mostra dei “sette di Novecento”, mentre I chirurghi figureranno nel 1927 alla Galleria Pesaro)135. Si parlava nel contempo del disegno pulito, duro e ammirevole delle figure di Siesta, vicino al gruppo familiare del Vespro intimo; precedentemente si registravano le vendite di Primavera a Camillo Matter, del Ritratto d’uomo e di Terra promessa136 e le articolate trattative dell’avvocato triestino Georgiadis, presidente del locale circolo artistico137, per Un filosofo, andato all’asta pochi anni dopo da Lurati a Milano assieme al resto della sua raccolta138, elogiata da Somerè per il numero di “dipinti nuovissimi che avevano un valore problematico e un prezzo d’affezione”, acquistati alla Biennale tra il 1924 e il 1928139. 26 L’assidua presenza di Pomi alle esposizioni internazionali veneziane140 e ad almeno una dozzina di quelle statunitensi, tra Pittsburgh141, Philadelphia142, Saint Louis143, Baltimora144 e Toledo145, va al di là delle undici opere che occupavano un’intera parete della sala otto della Biennale del 1924 – si contava tra queste Partita a bocce, venduta per tempo con altre quattro, come il bozzetto acquistato da Sonnino146 –, che appare decisamente rimarchevole se si valuta come in almeno cinque occasioni le sue frequentazioni americane coincidessero con quelle dei Giardini147. Il tema della Susanna, di cui il “Carnegie Magazine” del dicembre 1931 celebrava la maniera vigorosa e il cromatismo caldo e luminoso della figura nuda in bella posa, sottolineando nel contempo come il premio popolare, conferito per la prima volta in otto edizioni a un pittore europeo148 – quasi al pari con la Susanna si era schierato un altro dipinto di Pomi, ossia Cenacolo –, avesse colto il gusto dei visitatori, incoraggiati a esprimere un’opinione seguendo i propri riferimenti critici, era così passato a Venezia nel 1930 e ad Atene e a Pittsburgh nel 1931149, dove si rileva una qualche attenzione al nudo, declinato variamente per Pomi nelle edizioni del 1935 e del 1936, nella Venere di Funi150, in un’altra Susanna di Romagnoli151, nelle volumetriche e sode plasticità che rivestivano il mito di Paride di Giuseppe Montanari e nel 1928 modulato in un interno per lo svizzero Alexandre Blanchet152. L’aspetto di una pennellata ammorbidita o levigata, che indugiava nella resa pastosa delle carni e nelle forme accordate ai modelli accademizzanti dei nudi, in un rimando scoperto e continuo ai prototipi, pareva valorizzato anche nei cataloghi delle mostre del Carnegie e di Saint Louis, tanto nella presenza sfumata e molle di Romagnoli, quanto nei quasi istituibili confronti mossi nel 1926 tra l’inglese Rosalie Emslie e l’algido Ubaldo Oppi, premiati entrambi l’anno prima con la menzione d’onore e la medaglia di seconda classe153 (Oppi vi esponeva pure uno studio per la pala di San Venanzio)154. Per misurare i parametri di ricezione del gusto pittorico italiano col qualunquismo critico di Saint-Gaudens, direttore delle Fine Arts del Carnegie Institute, che pur intraprendendo delle ricognizioni europee155 si assesta sulle pagine del bollettino locale su di un modello estetico aneddotico e populista156, vale ricordare l’immagine della tradizione descritta da Ugo Nebbia in “The Studio”, quando nel 1929 avanzava qualche istanza teorica ribadita in modo quasi speculare un decennio dopo157. Era quindi per l’ossequio alle scuole settecentesche e a causa delle divisioni regionali ancora non colmate, che in Italia la nuova generazione dei pittori non possedeva uno stile che potesse essere chiamato italiano, tanto più se l’unico elemento di paragone internazionale, istituito con le mostre veneziane, aveva offerto, oltre a qualche possibilità di sperimentazione tecnica ed espressiva seguita dalle città più importanti, da Torino a Roma, un disorientamento generale che aveva portato a una spiacevole deviazione dagli standard tradizionali, aggravato da un confronto non sempre proficuo con l’arte francese. Era così che alla resistenza posta all’arte straniera da parte dei veterani si sommavano, in un richiamo sempre alla tradizione, il colore vividamente sensuale dei veneziani unito al vecchio robusto disegno, il contegno del colore dei toscani e le tendenze più dinamiche e moderniste, quindi meno accademiche, della scuola lombarda, rafforzata dagli influssi della pittura impressionista innestati nel ceppo neoclassico e romantico ottocentesco158. Su tali premesse andava così affrontato il problema dell’avviare uno stile contemporaneo da un punto di vista puramente italiano, secondo il tentativo di un gruppo vitale di pittori – nel quale andavano inseriti Giannino Marchig, Giovanni Romagnoli e Alessandro Pomi, di cui Waiting Room illustrava con accuratezza lo scritto in apertura159, avviandone una qualche traccia di fortuna dopo la comparsa alla Pesaro nel 1928 –, che parevano esser stati incoraggiati nella nuova voga dalla rafforzata saldezza nazionale160, verso cui si poteva indirizzare, coi dovuti accomodamenti, pure il lavoro neo-accademico, esemplificato da Emma Ciardi e Italico Brass. In tale maniera Nebbia pareva voler giustificare e saldare distanziati esiti pittorici, forse anche nella prospettiva di una nuova apparizione internazionale, laddove vale notare come per qualche coincidenza tra gli espositori italiani presenti alla ventottesima manifestazione internazionale di Saint Louis del 1930 figurassero Romagnoli, con cinque lavori e un nudo disteso161, non distante dallo Study che compariva nell’articolo di Nebbia e da quello premiato a Pittsburgh nel 1924162; delle tre opere di Pomi, una era proprio la Waiting Room163, riprodotta in catalogo prima del quadro vincitore di Carena164. Anche per un diverso approccio della commissione, allargata tra gli europei non solo ai francesi e agli inglesi165, dalla scena di Pittsburgh paiono sparire gradatamente i nomi dei fedeli a un modo di procedere aderente alla maniera tardo ottocentesca, in un assesta- Alessandro Pomi, La violinista, Esposizione di Palazzo Pesaro 1919, ubicazione ignota, fotografia d’epoca, collezione privata. 27 Alessandro Pomi, Tilde, 1934, XIX Biennale, ubicazione ignota, fotografia d’epoca, collezione privata. mento delle presenze dei pittori italiani che si direbbe volto costantemente a un equilibrio tra vecchi modelli della tradizione figurativa e paesaggistica, a partire dal contesto lagunare neosettecentesco di Emma Ciardi e da quello variato di effetti atmosferici di Italico Brass, e personalità che avevano aderito alle istanze figurative del Novecento italiano, come Anselmo Bucci, che esponeva nel 1928 I pittori apparsi alla Biennale di quattro anni prima, Achille Funi, Ubaldo Oppi, Mario Sironi e Pietro Marussig o che gravitavano verso il Realismo magico, come Virgilio Guidi, presente con Ferruccio Ferrazzi per lo meno dal 1926 e poco dopo l’esordio di Pomi166; Ferrazzi e Donghi vi figureranno assieme nel 1935, Bortolo Sacchi e Mario Vellani Marchi nel 1936. Altri facevano da contraltare al deciso presenziare di Alessandro Pomi, variamente lagunare, incantato e accademico e con ben differenti intenti si dovevano qualificare i risultati di Tosi (come Pomi a Pittsburgh nel 1926, nel 1933 e nel 1935), di Giuseppe Montanari, Felice Carena e Alberto Salietti167. Allorquando si andava a sottolineare il rinsaldato successo di Romagnoli, premiato nel 1924 e due anni dopo celebrato in una personale di trenta opere168, la Francia esponeva nel 1926 Matisse, Vlaminck, Monet, Vallotton, Utrillo, Van Dongen, Cottet, Denis e Vuillard, mostrando poi nel 1928 con Blanche e Bonnard, Besnard e Simon, pure Marie Laurencin, Derain, Picasso e Braque. Con gli inglesi Vanessa Bell e Augustus John, accostati ai più duri richiami di Constant Permeke e Carel Willinck e dei tedeschi Schmidt-Rottluff, 28 Ernst, Dix, Pechstein e Kokoschka, la Spagna assorbiva nel 1935 insieme con Dalì i pittori José Gutierrez Solana e Daniel Vazquez Diaz, mentre si vedevano gli statunitensi Giorgia O’Keeffe ed Edward Hopper (a Pittsburgh già nel 1928, nel 1931 e nel 1933 e poi ancora nel 1936)169. I francesi sottolineavano, con una consuetudine che pareva valere pure per l’Italia e per gli artisti di altre nazioni, gli accreditati riconoscimenti avuti nelle edizioni precedenti, puntualmente elencati nei cataloghi, a partire da Le Sidaner, premiato nel 1901, nel 1908 e nel 1925170. Cinque anni prima, rispetto a una presenza europea più ristretta, con uno o due artisti per Norvegia, Svezia, Olanda, Belgio, Austria e Svizzera (con Cuno Amiet), la Polonia vedeva a Saint Louis tre opere di Tamara de Lempicka, tra cui il Ritratto del dottor B. e quello di Kizette sul balcone171. Con gli anni Trenta e l’avvio degli anni Quaranta non si può mancare di constatare come Pomi appaia una solida presenza pure alle strutturalmente organizzate iniziative del Sindacato nazionale (è il caso della mostra milanese del 1941, dove compare Visite)172, a cui diventa obbligatorio iscriversi per poter partecipare ai concorsi ed esporre alle Biennali di Stato del segretariato di Antonio Maraini173, allorquando emerge per Pomi, come accadrà per Turcato o per Cagnaccio di San Pietro in occasione del concorso del 1942 sui temi della vita fascista, la necessaria rielaborazione della maternità, variata in Le coccole174. Dove il rischio della retorica celebrativa connesso ai concorsi a tema e il sospetto con cui questi venivano guardati nell’ambiente vicino a Bottai175 valeva forse a porre la Biennale a una equilibrata distanza tra il Premio Bergamo e il Premio Cremona176, rimane da valutare la posizione assunta da un pittore come Pomi, iscritto nell’elenco degli artisti fascisti cattolici177 e inserito pienamente a Venezia nel contesto della pomposa iconografia del duce e delle opere del regime – come accade con le visioni industrializzate e in quella urbana del ponte sulla laguna, in cui si cimenteranno con ampiezza veneziani e vicentini178 –, assente da Bergamo e celebrato a un paio delle manifestazioni cremonesi di matrice farinacciana. Tra i due temi proposti per la prima edizione del 1939, che prevedeva altrettante sezioni ed era riservata secondo il regolamento a tutti gli artisti iscritti al Sindacato, lasciando “la più ampia libertà” nell’interpretazione dei soggetti179 in opere di qualità non di rado “dopolavoristica” – le derideva Carlo Tridenti e, come è stato notato, si direbbe esse mostrino il gusto della loro epoca al pari dei film di Blasetti e Camerini180 –, Pomi si presentava con un quadro raffigurante l’Ascoltazione alla radio di un discorso del duce, che vedeva un certo qual margine di successo, apparendo per tempo sulle indirizzate pagine di “Il Popolo d’Italia” e in “La Rivista illustrata del Popolo d’Italia”, illustrando concretamente lo scritto del “soggetto” in pittura, mentre “Il regime fascista” concedeva ampio spazio alla riproduzione dei dipinti a cui erano stati assegnati i premi181. Il compatto gruppo di figure paratatticamente schierate e contemplative di Pomi otteneva il terzo ex aequo con quello ruraleggiante del fiorentino Bruno Bonci e dei piemontesi Dina Bellotti e Cesare Maggi, legati a una comune rappresentatività della folla stereotipata, con in primo piano il balilla e la piccola italiana sostenuti validamente dalla madre; per il pittore veneziano si riconosce la proposta di immagini altrimenti note, non fosse altro che per quella maschile di profilo e in divisa, impostata in uguale misura in Contemplazione. Tali modalità di lavoro paiono riscontrabili per Pomi anche in Bonifica, ora proprietà della Camera di Commercio di Cremona, in cui in un impianto prospettico scandito con regolarità si ripete la raffigurazione dell’aratura, dei buoi aggiogati e dei contadini nei campi182. Si doveva qui rivedere l’interpretazione del tema della battaglia del grano, suggerito da Mussolini per la seconda rassegna di Cremona in cui comparivano nuovamente nella giuria Giulio Carlo Argan – quale rappresentante del Ministero dell’Educazione Nazionale, presente già nel 1939 ma non più nel 1941 – e la voce avvedutamente critica di Ugo Ojetti. In questo contesto parevano però radicalizzarsi quegli elementi programmatici evidenziati da Tullo Bellomi, ossia il richiamo a voler condurre l’arte a temi politici e storici, in sintonia con gli assetti di Farinacci uomo politico183. La vocazione agricola cremonese si saldava del resto nell’edizione del 1940 con quella di Hannover, nel segno di un patriottismo dell’arte e prima ancora dell’epico e romano “novecentismo fascista” esaltato dallo stesso Farinacci184, per quella concretezza artistica di cui scriveva Ojetti sul “Corriere della Sera” in un dialogo ideale con Oppo185, contrapponendo “originalità” ed “estremismo” ed elencando quegli artisti che da Giotto a Tiziano, a Tiepolo, avevano dipinto “scene del loro tempo”186, laddove si andavano a contare i riconoscimenti dati a Maggi, premiato pure nella terza edizione del 1941, e a un altro veneziano come Neno Mori187. Per Pomi l’attività degli anni Quaranta, segnata a ridosso del conflitto dalle menzionate Alessandro Pomi, Ascoltazione alla radio di un discorso del duce, Premio Cremona 1939, ubicazione ignota, fotografia d’epoca, collezione privata. Alessandro Pomi, Cartolina postale del Gruppo Rionale Fascista “Ugo Pepe” di Venezia, collezione privata. 29 30 presenze a Milano nel 1941 e alla Biennale del 1942 (l’artista aveva aderito all’invito per la programmata Biennale del 1944, mentre era tra gli esclusi dalla seconda Quadriennale di Roma, avendovi partecipato nel 1931)188, vede il suo congedo definitivo dai padiglioni dei Giardini, dove sarà per l’ultima volta nel 1948 – con la prima Biennale di Pallucchini e nel segnato abbandono della “linea veneta”, dove saranno premiati Morandi, Manzù e Maccari, Braque, Moore e Chagall189 –, quando si registra la vendita di Ospiti, una dimessa scena acquistata da Valentino Toniolo di Pordenone190. Pochi mesi prima si teneva a Milano, al principio di dicembre del 1947, una sua personale alla Galleria Ranzini di via Brera, dove figuravano trenta opere e i soggetti ricorrenti delle modelle e dei nudi distesi e allo specchio alla Velasquez, del pittore e delle figure nello studio come Amici, così come le immagini lacustri, marine (con Sugli scogli, di più di un decennio prima)191 e di pescatori192. L’esposizione si collocava dopo quella dei Capesarini a Trieste del 1946 e a circa vent’anni da quella alla Galleria Pesaro193, ma non distante da quella bergamasca del 1935 alla Galleria Gazzo, presentata come “mostra di grande misura”, radunando infatti settantuno lavori di un lasso cronologico esteso, quali la Portatrice d’anfora apparsa da Lino Pesaro194, le merlettaie195, sei soggetti africani di matrice esotica196 e gli interni che avevano avuto riscontro in altre esposizioni, come i noti Cenacolo e Pubblico, che illustrava pure l’invito, se non Scultore, Contemplazione e Scuola di nudo, prossimi a Studio di scultura e Interno della Biennale del 1934197, dove veniva presentata Tilde198 (lo stesso soggetto era stato esposto l’anno prima a Roma, alla seconda mostra del bambino nell’arte)199. La costanza nei temi veniva del resto lodata dalla critica degli anni Trenta e Piero Scarpa nella presentazione in catalogo di una personale livornese – lo ribadirà nel 1936 e nel 1939200 – sottolineava per l’artista veneziano il suo essere “egualmente appassionato” per la figura, la marina e il paesaggio, in una pittura “prevalentemente lirica”, giacché egli “modesto ed incontentabile” pareva perseguire “una ricerca che tende a rendere la vibrazione luminosa più intensa, le ombre maggiormente trasparenti, i rapporti cromatici vieppiù divisi e armoniosi”, raggiungendo la luminosità con “misurato calcolo della materia pittorica”201. In consonanza col richiamo artistico ed ecumenico dei fratelli Costantini e in parte col lavoro di altri pittori aderenti al Circolo Artistico (tra cui Lina Rosso e l’anziano Giuseppe Cherubini), il versante sacro di Pomi si concretizza già a partire dal 1920, allorquando egli realizza il manifesto per la mostra d’arte sacra tenutasi nel Palazzo Reale di Venezia202, meritando per un Crocifisso la segnalazione di Damerini su “Emporium”203 e inserendosi per tempo nell’assunto di rinnovamento di don Celso Costantini, mentre altri estesi lavori per le chiese del territorio saranno avallati dall’autorevolezza di “L’Osservatore Romano”204 – varrebbe qui pensare a qualche correlazione con il duetto trevigiano dei preti Tognana, moderato contraltare novecentesco dei vicentini Scotton, anche per l’intensificarsi degli interventi sul pittore in giornali di vasta portata, di estrazione popolare e cattolica, i quali marcavano la sua vicinanza all’Opera Cardinal Ferrari – e ancor prima dalla voce austera di monsignor Costante Chimenton205. In un impaginato discosto dai quattrocentismi di Cagnaccio e Cadorin e modulato su di un esaltato recupero della tradizione sei e settecentesca, Alessandro Pomi condensa sin dagli anni Trenta nelle stazioni della Via crucis del duomo di Treviso l’assunto tiepolesco del Giandomenico di San Polo – diversamente stilizzato è il soggetto sacro realizzato a mosaico da Salviati su cartone di Pomi, apparso alla XVIII Biennale e documentato da un’immagine di Giacomelli, la quale segnalerebbe fattivamente la sua collaborazione con la ditta veneziana206 –, che celebra in più riprese i favorevolmente accolti esiti su cui si intratterrà estesamente la stampa. Nell’instradarsi degli anni Cinquanta, quando emerge la sua partecipazione all’esposizione d’arte sacra di Roma207, nel protrarsi di un mestiere che non deflette da un facile operato, il procedere della pittura di Pomi lo conduce verso una lettura illustrativa della produzione sacra di matrice pre-conciliare, su cui erano stati concepiti i lavori per le Carmelitane di Sydney208 e per Burano del 1945, in cui rientra pure il vasto ciclo per Vittorio Veneto (dove egli si ritrae in uno dei pennacchi nelle vesti panneggiate dell’evangelista Luca) e altri lavori lombardi, trentini e friulani209, fortemente ancorati ai desideri educativi, distanti dalla modernità, di “Arte Cristiana” e alla rinascita nella tradizione del “glorificatore” Tito210. Se tra gli anni Cinquanta e Sessanta il suo ruolo cittadino sembra avvalorato dagli incarichi ufficiali per la Scuola Grande di San Marco211, per le effigi di ecclesiastici e il ritratto di Roncalli (lo ritrarrà parimenti anche Lina Rosso)212, come aveva fatto Milesi per Giuseppe Sarto, dopo un probabile ultimo passaggio a Pittsburgh213, si lasciava altrove spazio a Alessandro Pomi, Mostra Nazionale d’Arte Sacra, 1920, manifesto, 200x100 cm, inv. 10963, Tipografia Guazzoni (Roma), Treviso, Museo Civico “Luigi Bailo”, raccolta Salce. Alessandro Pomi, Il Giornale del Veneto, quotidiano fascista, manifesto, 33x16 cm, inv. 9545, Tipografia Ommassini (Venezia), w 31 una produzione da cavalletto non di rado occasionale, che lo legava più strettamente alla Galleria di Bordin – rientrano in tale contesto, avviato in modo deciso col secondo dopoguerra e prolungato nei decenni successivi, le numerose nature morte di fiori e frutti – e a situazioni espositive nazionali o di natura regionalistica tra la personale alla Galleria San Vidal nel 1952, il Premio Mestre del 1959214 e Belluno215, oltre che a una ritrattistica di commissione non sempre distanziabile da un diretto rapporto col mezzo fotografico (fanno capo a ciò sia i ritratti dei bambini Tognana, sia quelli realizzati sino agli anni Settanta passati per il mercato antiquario)216, mentre al chiudersi degli anni Quaranta si era andato focalizzando il suo ruolo in seno all’Ordine degli amici de “La valigia”, quando egli partecipa fuori concorso al premio Giacomo Favretto217, e di ultima memoria dei tempi gloriosi dell’Accademia di Tito, come egli scriverà ricordando Livio Bondi218. 32 P. Scarpa, Alessandro Pomi, in Mostre personali Alessandro Pomi pittore, C. A. Petrucci incisore. Catalogo, catalogo della mostra (Livorno), s.l. s.d. [1931]. 2 Venezia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti, R. Istituto di Belle Arti in Venezia Matricola generale degli alunni iscritti dal 1900-901 [...] vol. III, Dal N. 804 al N. 1208, n. 884, dove Pomi è registrato dall’ottobre 1903 all’ottobre 1908, figurando quale figlio dell’orefice Aristide e di Rosa Carnera; a Mestre, dove era nato il 7 ottobre 1890, risulta residente al civico 648 di via Olivi sino al 1906, mentre il recapito sarà in seguito il 664 di via Cappuccina (l’indicazione conferma la data di nascita e l’appartenenza del giovane alla parrocchia di San Lorenzo). Oltre al primo anno preparatorio nel 1903, Pomi segue i primi tre anni comuni e tra il 1907 e il 1908 il primo e il secondo anno di specializzazione di figura, segnalandosi con diverse menzioni. Per l’anno 1908-09 riceve il premio Cavos per la pittura e nel luglio del 1909 una borsa di studio biennale per un premio di lire 1.000 annue. Si vedano inoltre ivi, R. Istituto di Belle Arti in Venezia Matricola degli alunni iscritti anni scolastici 1901-02 [...] 1904-05; ivi, R. Istituto di Belle Arti in Venezia Matricola degli alunni iscritti anni scolastici 190506 - 1908-09, rispettivamente per gli anni scolastici dal 1903-04 al 1908-09, quando Pomi è iscritto assieme a Takeo Terasaki di Tokyo; relativamente ai premi ivi, b. Reale Accademia di Belle Arti e R. Liceo Artistico Direzione anno 1892-1905; “Atti della Reale Accademia e del R. Istituto di Belle Arti in Venezia, Anno 1904”, Venezia 1904, p. 93; “Atti della Reale Accademia e del R. Istituto di Belle Arti in Venezia, Anno 1906”, Venezia 1906, p. 93. Quando nel 1927 cadrà, con la nomina ministeriale di Guidi, la possibilità per Pomi di succedere alla cattedra di Tito all’Accademia, il pittore veneziano verrà almeno indicato nei registri dell’istituto in occasione del concorso Fadiga: Venezia, Archivio dell’Accademia di Belle Arti, Protocollo 1910/1933, R. Accademia di Belle Arti di Venezia / Collegio Accademico, anno 1932, n. 197; il necrologio di “Il Gazzettino”, 30 marzo 1976, ne menziona il ruolo di membro del Collegio Accademico dal 1932. 3 Illustrierter Katalog der XI. Internationalen Kunstaustellung im Kgl. Glaspalast zu München 1913, catalogo della mostra (München), München 1913, p. 383, n. 2475 (Reflexe). Pomi di fatto non compare nel Matrikelbücher degli studenti della Künstakademie monacense, così come Edmondo Matter, mentre vi figura Umberto Martina. I dati relativi a Monaco e Roma vengono riferiti per tempo dalla letteratura sul pittore, tra cui: Pomi, Alessandro, in U. Thieme, F. Becker, Allgemeines Lexikon der Bildenden Künstler, XXVII, Leipzig 1933, p. 234 (con l’inesatta indicazione delle Accademie di Venezia e Carrara); A.M. Comanducci, I pittori italiani dell’Ottocento. Dizionario critico e documentario, Milano 1934, p. 549; A. Lancellotti, Pittori italiani d’oggi. Alessandro Pomi, in “La cultura moderna. Natura ed arte”, a. LII, n. 3-4, marzo-aprile 1943, pp. 58-59; poi D. Marangon, Pomi, Alessandro, in La pittura in Italia. Il Novecento 1/1900-1945, a cura di C. Pirovano, 2 voll., Milano 1992 (Riedizione accresciuta e aggiornata), II, p. 1024. 4 L’amicizia tra i due è documentata, oltre che dal ritratto di Matter, dalla corrispondenza famigliare del 1911-12 del giovane Edmondo, nato a Mestre nel 1886 e morto sul Carso nel settembre 1916, il quale riferisce da Monaco pure di contatti epistolari coi Pomi e delle precedenti comuni frequentazioni di Palazzo Pesaro (Archivio eredi Matter). Gigi De Giudici dovette compiere invece nel 1910 un viaggio tra Parigi, Londra, Bruxelles e l’Olanda, scendendo lungo il Reno tra Colonia e Magonza (12 settembre 1910), dove cessa la documentazione precisa dei suoi spostamenti; rimane dubbio quindi un suo passaggio a Monaco: G. Dal Canton, Gigi De Giudici nel 1910: precisazioni e aggiunte, in Venezia, le Marche e la civiltà adriatica, per festeggiare i 90 anni di Pietro Zampetti, a cura di I. Chiappini di Sorio, L. De Rossi (volume monografico di “Arte Documento”, 17, 18, 19), Mariano del Friuli 2003, pp. 558-565. 5 Catalogo della mostra estate in Palazzo Pesaro a Venezia - Anno MCMX, Venezia 1910, p. 13, nn. 69, 76-79, sala IV; Catalogo dell’Esposizione d’Arte Raccolta nel Palazzo Pesaro a Venezia l’anno 1913, Venezia 1913, p. 6, nn. 44, 50, sala III (L’amico, datato 1913, 1 6 7 8 9 10 11 12 13 14 illustrava il catalogo). Cfr. Appendice, a cura di F. Scotton, in Venezia: gli anni di Ca’ Pesaro 1908-1920, catalogo della mostra (Venezia, Ala Napoleonica e Museo Correr - Trento, Palazzo delle Albere), a cura di C. Alessandri, G. Romanelli, F. Scotton, Milano 1987, pp. 275, 276; Cent’anni di Collettive, a cura di L. M. Barbero, Venezia 1999, pp. 7, 8, 10, 12, 14, 32. Venezia, Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro, Archivio Bevilacqua La Masa, b. 1919, fasc. 3/1919, Personale – promozione – varie, n. 588, manoscritto a penna con correzioni (comunicato): “Quando Alessandro Pomi ha esposto le sue prime opere a Palazzo Pesaro nel 1909 [sic] il pubblico ne ha ricevuta un’impressione profonda e ha creduto di trovarsi di fronte ad un artista completamente formato e sicuro padrone dei propri mezzi invece che ad un esordiente giovanissimo. Da allora il Pomi accolto in esposizioni [?] maggiori e continuando a frequentare le mostre di Ca’ Pesaro, mentre maturano le sue brillanti qualità di pittore, ha dimostrato sempre più il proprio temperamento facile e spontaneo e ha ottenuto assensi [?] sempre più cordiali. Quest’anno a Palazzo Pesaro, il pubblico potrà vedere riunite una serie di pitture e di disegni qui riunite [sic] per la prima volta in un gruppo numeroso che daranno un’idea esatta della sua personalità”. Si veda nelle lettere di Matter da Monaco l’accenno al comune alunnato svolto per lui e De Giudici con “l’ineffabile” Giuseppe Vizzotto Alberti e il suo essersi poi “combinato con Pomi” (Archivio eredi Matter). Cfr. G. Bianchi, Catalogo delle donazioni degli eredi De Giudici, in Donazione Eugenio Da Venezia, Venezia 2001 (“Quaderni della Donazione Eugenio Da Venezia”, 8), pp. 94-95, per la caricatura del pittore fatta da De Giudici nel 1932 (matita grassa su carta, 23,7x13,3 cm, firmata e datata in basso a sinistra “LdeG 1932”, Venezia, Fondazione Scientifica Querini Stampalia, proveniente dalla collezione di Angelo De Giudici). Le estese frequentazioni con la famiglia De Giudici sono documentate pure da una serie di ritratti eseguiti da Pomi e da alcune fotografie risalenti agli anni Trenta che riprendono i due pittori, come quella riprodotta in Biografia, a cura di A. De Giudici, in Gigi De Giudici 1887-1955, catalogo della mostra (Venezia, Fondazione Querini Stampalia), a cura di G. Dal Canton, Venezia 2000, p. 99. Catalogo dell’esposizione primaverile d’arte nel “Salone Bonvecchiati” Venezia MCMXVI, s.l. s.d. [1916], pp. 10, 11, nn. 108 e 129 per De Giudici (Sarcasmo, a lire 150) e Pomi (Nel mio studio, a lire 300); promossa da Brass, Mainella, Milesi, Zanetti Zilla, Laurenti e Sartorelli, la mostra si configurava come un contributo patriottico degli artisti veneziani a beneficio degli orfani dei soldati. Esposizione di bozzetti degli artisti veneziani, catalogo della mostra (Venezia, Hotel Victoria [sic]), s.l. s.d. [1915], p. 10, nn. 81-84 per i quattro studi di Pomi a lire 60 e 40; la mostra si tenne dall’8 al 22 febbraio e tra gli organizzatori si contano Brass, Laurenti, Sartorelli e Zanetti Zilla. Il dipinto a olio che comparve alla nona mostra capesarina svoltasi tra il luglio e l’ottobre del 1919 (Catalogo dell’Esposizione di Palazzo Pesaro MDCCCCXIX, Roma-Milano-Venezia 1919, p. 45, n. 250; Cent’anni di Collettive, cit., p. 14) è stato identificato in una fotografia d’epoca (Treviso, Archivio privato). La vendita del quadro per 1.200 lire al capitano di fregata Manzoni veniva comunicata direttamente da Pomi: Venezia, Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro, Archivio Bevilacqua La Masa, b. 1919, fasc. 4/1919, Artisti – corrispondenza – schede di notifica opere, n. 740, lettera manoscritta autografa. Ang., Il pittore Alessandro Pomi alla Galleria Vitelli, in “Il Lavoro”, 3 aprile 1929, rammenta nei nudini di Pomi la maniera di Lino Selvatico. Ne fa cenno nel suo intervento compendiario e aneddotico pure P. Rizzi, Un maestro, un’epoca, in Mostra retrospettiva di Alessandro Pomi. Opere dal 1900 al 1973, catalogo della mostra (Mestre, Galleria Fidesarte), Mestre s.d. [1976]. R. Lanza, Gli artisti di Ca’ Pesaro al Lido, in “Le Tre Venezie”, a. I, n. 4, settembre 1925, p. 13. C. Bozzi, L’esposizione delle Tre Venezie, in “Emporium”, vol. XLV, n. 270, giugno 1917, p. 425. Mia madre [La mamma dell’artista], 1919, pastello e tempera su car- 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 tone, 60x34, 5 cm, Udine, Galleria d’Arte Moderna, riprodotto in A. Del Puppo, La Fondazione Bevilacqua La Masa, in La pittura nel Veneto. Il Novecento, a cura di G. Pavanello, N. Stringa, Milano 2008, II, p. 674, fig. 725. Olio su tela, Lignano Sabbiadoro, collezione privata; Giuseppina era figlia del capitano Giorgio Marcon e di Lena Ferrari, il cui matrimonio è ricordato in “Sior Tonin Bonagrazia”, a. I, numero unico, 16 febbraio 1903, edito dallo stesso Carlo Ferrari. Il ritratto della moglie dell’architetto Giulio Alessandri, realizzato a tempera e pastello (93,2x62 cm circa) e firmato in basso a destra, è in collezione privata veneziana. Cfr. A. Del Puppo, Rappresentazione, territorio, “realismo”. A proposito de L’Alzaia di Cagnaccio di San Pietro, in Donazione Eugenio Da Venezia, Venezia 2003 (“Quaderni della Donazione Eugenio Da Venezia”, 12), pp. 51-61, sull’evoluzione e i precedenti del tema del rimorchio fluviale, da Frank Brangwyn, al russo Ilia Repin e all’ungherese Károly Kernstok, la cui Alzaia lungo il Danubio comparve alla Biennale del 1901 e venne segnalata favorevolmente da Ugo Ojetti. Olio su cartone, 70x50 cm, firmato in basso a sinistra, del Banco Popolare di Verona. Per La gomena, 1921, olio su tela, 124x93,2 cm, Lima, Museo de Arte Italiano: P.P. Pancotto, in M. Quesada, Museo d’Arte Italiana di Lima, Venezia 1994, pp. 184-185, n. 154; sulla genesi del museo M. Quesada, Prefazione, ivi, pp. 11-17. Una cartolina postale delle Edizioni d’Arte C. Ongaro rinvenuta in Venezia, Archivio Storico delle Arti Contemporanee (da qui in avanti ASAC), Fondo fotografico, fasc. Pomi, riproducendo il quadro di Lima riporta il titolo Sulla spiaggia. Prima Mostra Regionale d’Arte, Treviso 1921, p. 31, nn. 16-18. X. Esposizione Internazionale d’Arte della città di Venezia 1912. Catalogo, IV ed., Venezia 1912, p. 27, n. 25, sala 4. A. Lancellotti, Pittori italiani d’oggi..., cit., p. 60 segnala in modo impreciso la collocazione del quadro acquistato dai Matter. XI. Esposizione Internazionale d’Arte della città di Venezia 1914. Catalogo, I ed., Venezia 1914, p. 122, n. 25, fig. p. 119, sala 36. Catalogo della mostra di Primavera MCMXI, Venezia 1911, n. 45 e fig., sala terza; vi comparivano inoltre gli oli Umberto Martina, Egle, Ida, Studio e Iole (ivi, nn. 41-44, 46; cfr. Cent’anni di Collettive, cit., p. 8). XI. Esposizione Internazionale d’Arte..., cit., p. 45, n. 27, sala 9. L. Zuccoli, Donne e fanciulli, in “Il Marzocco”, a. XVII, n. 17, 28 aprile 1912. U. Ojetti, La Decima Esposizione d’Arte di Venezia – 1912, Bergamo 1912, pp. 26, 154; la fotografia è rintracciabile in Venezia, IRE, Archivio Tomaso Filippi. L. Coletti, L’arte italiana alla X.a Esposizione Internazionale di Venezia, in “Vita d’Arte”, a. 5, vol. X, n. 58, ottobre 1912, pp. 136, 142. V. Pica, L’Arte Mondiale a Roma nel 1911, Bergamo 1913, p. CLIV. La mostra doveva esser stata per Pomi – il quale esponeva nella sala italiana XV un Ritratto e la citata Danza zingaresca, inviata pure a Ca’ Pesaro: Esposizione Internazionale di Roma, Catalogo della Mostra di Belle Arti, Bergamo 1911, pp. 34, 35, nn. 358, 366 – l’occasione per guardare all’ampia sezione d’arte straniera, dove figuravano le individuali di Sorolla e di Zuloaga, una sostanziosa sezione svedese con Zorn e di pittori nord americani, che per Pica eccellevano nel ritratto. È il caso di D. Varagnolo, Da l’altana al magazen, tre Atti veneziani, copertina illustrata di Alessandro Pomi, Venezia 1921. Sono però coerentemente da assegnarsi all’illustratore e cartellonista pubblicitario Armando Pomi (Filottrano, 1895 - Milano, 1950) la maggior parte degli esemplari nella raccolta Salce (nn. 1724, 2272, 2273, 2275, 2276, 2279-2283, 2285-2287, 20787), databili sino agli anni Cinquanta e riferibili tra l’altro alle moto Gilera, all’XI Congresso Eucaristico Nazionale di Teramo, ai prodotti Luxardo di Zara e alle fisarmoniche Settimio Soprani e Scandalli (manifesti di proprietà del Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, in deposito a Treviso, Museo Civico “Luigi Bailo”). Così per la pubblicità sulla rivista “Auto Moto Ciclo” del dicembre 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 1922 con gli auguri Fiat in Cinquanta anni di immagini della più importante industria italiana, Roma 1984, p. 35; A. Arbasino, L’Immaginario e le Macchine, ivi, p. 13. Le decorazioni di Alessandro Pomi all’Hotel Danieli di Venezia, in “Il Gazzettino Illustrato. Settimanale delle Tre Venezie”, a. I, n. 16, 28 agosto 1921; inoltre M. Biancale, in Mostra personale del pittore Alessandro Pomi, catalogo della mostra (Milano, Galleria Pesaro), Milano-Roma 1928, p. 28. Il Toniolo venne inaugurato il 30 agosto del 1913: F. Mancini, M.T. Muraro, E. Povoledo, I teatri del Veneto. Venezia e il suo territorio, vol. I, tomo II, Imprese private e teatri sociali, Venezia 1996, pp. 338-341; all’Excelsior accenna S. Barizza, Storia di Mestre. La prima età della città contemporanea, Padova 2003, p. 212. Cfr. M. Fagiolo Dell’Arco, Realismo magico. Ragioni di una idea e di una mostra, in Realismo Magico. Pittura e scultura in Italia 1919-1925, catalogo della mostra (Verona, Galleria dello Scudo – Milano, Palazzo Reale), a cura di M. Fagiolo dell’Arco, Milano 1988, pp. 15, 17; A. Del Puppo, La seconda stagione di Ca’ Pesaro, in Donazione Eugenio Da Venezia, Venezia 1998 (“Quaderni della Donazione Eugenio Da Venezia”, 4), p. 28. G. Damerini, Le mostre di Ca’ Pesaro prima della guerra, in Catalogo dell’Esposizione di Palazzo Pesaro MDCCCCXIX, cit., p. 18 celebra Pomi come un artista di “manierata abilità”. Per gli undici tra disegni, pastelli, tempere e oli della personale nella sala XI Catalogo dell’Esposizione di Palazzo Pesaro MDCCCCXIX, cit., p. 45, nn. 249-263: Ritratto della signora Neri (proprietà Ilario Neri), La violinista, Studio di testa, Modello in riposo, Studio, Studio per ritratto, Tepori, La pescivendola: bozzetto, Un virtuoso, La mamma dell’artista, Ritratto, Salomé (proprietà del signor L. P.), Studio di testa, Bozzetto per una “Maternità”, Ritratto del signor Pasinetti (proprietà Pasinetti); il ritratto a pastello della signora Neri, firmato e datato 10 settembre 1915, era riprodotto tra le illustrazioni e nella recensione di I. Neri, L’Esposizione di Ca’ Pesaro a Venezia, in “Pagine d’Arte”, a. VII, n. 8, agosto 1919, pp. 73-74. In data 14 luglio 1919 l’architetto Duilio Torres informava Barbantini di aver “combinato” per complessive 1.250 lire con Pomi per l’acquisto del quadro “dell’ubriacone e quello della maternità”; della vendita di Primavera si dava notizia in una missiva dell’1 giugno 1919 (Venezia, Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro, Archivio Bevilacqua La Masa, b. 1919, fasc. 3/1919, Personale – promozione – varie, comunicati, n. 1276; ivi, sotto fasc. Corrispondenza Permanente 1919, n. 651, biglietto da visita manoscritto; n. 831, lettera manoscritta a penna). Una nota manoscritta a penna e a matita (sul verso in basso a sinistra a matita “sig. Pomi”) indica il prezzo di vendita di lire 1.500 per Un virtuoso e Tepori, 1.000 per Studio e 400 per Testina bionda; un’altra nota, assegnabile a Pomi benché non firmata, è relativa alla restituzione delle opere in mostra, tra cui il ritratto della signora Neri e quello Pasinetti, Salomé, un disegno acquistato dal commendator Ongaro e le opere del pittore Martina (ivi, fasc. 4/1919, Artisti – corrispondenza – schede di notifica opere, nn. 811, 730). R. Lanza, Gli artisti di Ca’ Pesaro al Lido, cit., pp. 12-13, che segnalava Pomi con Wolf Ferrari, Gabriella Oreffice, Chessa, Sormani, Sartorelli, Disertori, Cavaglieri, Mauroner, Semeghini e Cusin tra quei troppi che occupavano inutilmente del posto al Lido. Catalogo della prima Esposizione degli artisti di Ca’ Pesaro al Lido, Venezia s.d. [1925], p. 10, n. 11; cfr. F. Semi, Alessandro Pomi, Venezia 1963, Estratto dal “Giornale Economico” della Camera di Commercio di Venezia, luglio 1963, p. 4. Esposizione d’Arte dei Combattenti delle Tre Venezie – Sotto l’alto patronato di S.M. il re – Venezia MCMXXV. Catalogo, catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Reale, sale Napoleoniche), I ed., Venezia 1925. A. Lancellotti, Pittori italiani d’oggi..., cit., p. 59. Il patrimonio artistico del Quirinale. La quadreria e le sculture: opere dell’Ottocento e del Novecento, a cura di A. M. Damigella, B. Mantura, M. Quesada, 2 voll., Milano 1991, II, p. 378, n. 1361. Circolo Artistico, Catalogo della IA Esposizione d’Arte. Pittura – scoltura 33 34 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 56 54 55 57 58 59 – bianco e nero, catalogo della mostra (Venezia, Galleria Geri-Boralevi), Venezia s.d. [1919], p. 13, nn. 154-157 per Studio, Intermezzo, Sorelle e Scialletto nero. Pomi sarà nuovamente alla Geri-Boralevi tra il 5 dicembre del 1920 e il 5 gennaio del 1921: cfr. G. Bianchi, Intorno ad Eugenio Da Venezia. Cronologia d’arte a Venezia tra le due guerre: 1920, in Donazione Eugenio Da Venezia, Venezia 2001 (“Quaderni della Donazione Eugenio Da Venezia”, 8), p. 23. Croce Rossa Italiana, Mostra Nazionale d’Arte, catalogo della mostra (Sarzana, palazzo Podestà-Luciardi), Sarzana 1916, p. 71, n. 258 (Rinnoviamo la terra). La mostra verrà recensita su “Emporium” da C. Bozzi, L’esposizione delle Tre Venezie, cit., pp. 420-426. Cfr. S. Franzo, “Premuti dall’ansia di nemica fortuna”. Vicende espositive e memorie artistiche delle patrie battaglie, in La memoria della prima guerra mondiale: il patrimonio storico-artistico tra tutela e valorizzazione, a cura di A.M. Spiazzi, C. Rigoni, M. Pregnolato, Vicenza 2008, p. 255, nota 50. Esposizione Cispadana di Belle Arti degli Artisti Soldati e Congedati auspice la Sez. Veronese dell’Associazione nazionale dei Combattenti. Catalogo, catalogo della mostra (Verona, Gran Guardia), Verona 1919, pp. 21, 26, nn. 43-45, 9, con Trecce bionde, Capinera, Ritratto e Primavera. Sul prezzo delle opere e la loro spedizione Venezia, Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro, Archivio Bevilacqua La Masa, b. 1919, fasc. 4/1919, Artisti – corrispondenza – schede di notifica opere, sotto fasc. 1919 / Schede di notifica, n. 833, lettera manoscritta del luglio 1919 su carta intestata dell’Esposizione Cispadana. Catalogo della XXXVII Esposizione d’arte nel secentenario dantesco, catalogo della mostra (Verona), Verona 1921, p. 31, nn. 6-8 per Autoritratto, Nudo e Kety. Olio su tavola, Verona, casa Fiumi, con dedica in basso a sinistra; sul verso etichetta cartacea manoscritta a penna: “Alessandro Pomi [in capitali]: / Lionello Fiumi / (Venezia, 1919) [in stampatello minuscolo]”; sul supporto scritta in corsivo a matita rossa: “Lionello Fiumi / ritratto di / Alessandro Pomi [in capitali] / Venezia, 1921”. Società Pro Vicenza, Esposizione Nazionale d’Arte. Catalogo, Vicenza 1920, pp. 21-23, nn. 13, 31, 36-39. Ivi, pp. 18, 21, 22, nn. 1, 27-28, 33 (Ritratto di mia Madre, S. Marco, Le due sorelle, Intermezzo). S. Franzo, Artisti vicentini tra la Biennale e le sindacali, in Donazione Eugenio Da Venezia, a cura di G. Dal Canton, B. Trevisan, Venezia 2007 (“Quaderni della Donazione Eugenio Da Venezia”, 16), pp. 4445, 47. A. Del Puppo, La seconda stagione di Ca’ Pesaro, cit., p. 27; S. Franzo, Artisti vicentini..., cit., p. 47. S. Franzo, “Premuti dall’ansia di nemica fortuna”..., cit., pp. 246248. Associazione Artistica Vicentina “Il Manipolo”, II.a Mostra Annuale d’Arte Pura e Decorativa 1925. Catalogo, Vicenza s.d. [1925]. S. Salvagnini, Il sistema delle arti in Italia 1919-1943, Bologna 2000, p. 13, per le corporazioni dell’arte. Associazione Artistica Vicentina “Il Manipolo”, II.a Mostra Annuale d’Arte Pura..., cit., p. 3, artt. 1-3 del regolamento. Ivi, p. 4, art. 5. S. Franzo, Artisti vicentini..., cit., pp. 44-45. Associazione Artistica Vicentina “Il Manipolo”, II.a Mostra Annuale d’Arte Pura..., cit., p. 5. S. Franzo, Artisti vicentini..., cit., passim. I quattro pannelli dipinti da Pomi misurano 5x2 m ciascuno, mentre il leone marciano è posto sulla torre campanaria come nel municipio di Trento. La questione dell’affermazione del legame con Venezia viene suggerita per il contesto trentino da A. Pasetti Medin, Venezia madre. La pala di San Marco a Rovereto, in Donazione Eugenio Da Venezia, a cura di G. Dal Canton, E. Dal Carlo, Venezia 2005 (“Quaderni della Donazione Eugenio Da Venezia”, 14), pp. 25-31. G. Tomasella, La Biennale. Le mostre all’estero, in “ON Ottonovecento”, I, 1996, pp. 48-53; Eadem, Biennali di guerra. Arte e propaganda negli anni del conflitto (1939-1942), Padova 2001, pp. 79-83, 121-123. Modernin Italialaisen Maisemamaalaustaiteen Näyttely, catalogo della mostra, Tammikuussa 1937, p. 8, nn. 106-110; vi figuravano il vicentino Pierangelo Stefani e tra i veneziani Brass, Cadorin, Disertori, Gianniotti, Sacchi, Seibezzi, Astolfo de Maria e Teodoro Wolf Ferrari. 61 Šiolaikinė italijos peizažo paroda, catalogo della mostra, Kaunas 1938, p. 11, nn. 106-110. 62 G. Tomasella, La Biennale. Le mostre all’estero, cit., pp. 48-53; S. Salvagnini, Il sistema delle arti..., cit., pp. 75-85, che distingue tre fasi, la seconda delle quali, tra il 1932 e il 1935, segnata dall’ascesa di Maraini all’interno del Sindacato. 63 Cipriano Efisio Oppo: un legislatore per l’arte. Scritti di critica e di politica dell’arte 1915-1943, a cura di F. R. Morelli, Roma 2000, pp. 320, 341-343. 64 Ivi, p. 343. 65 Tito espose a Pittsburgh nel 1924, nel 1926 e nel 1933, oltre che nella Foreign Section di Saint Louis del 1924. 66 Emma Ciardi sarà a Pittsburgh almeno nel 1924, nel 1926 e nel 1928 con tre lavori della Howard Young Galleries (così come A Nuptial Day del 1926); Beppe nel 1924 e nel 1926, come Brass. Qualche cenno sul gruppo italiano a Pittsburgh nella relativa voce in E. Badellino, Repertorio bio-bibliografico: artisti, compagni di strada, esposizioni, riviste, in Realismo Magico..., cit., pp. 310-312. 67 Un suo Autoritratto, olio su tela, 146,7x75 cm, firmato Posno e ascritto al 1919 è però singolarmente conservato al Museo de Arte Italiano di Lima: P.P. Pancotto, in Museo d’Arte Italiana di Lima, cit., p. 61, n. 29. Sul pittore S. Franzo, Artisti vicentini..., cit., passim. 68 Lo testimonierebbe la lettera dattiloscritta del 17 marzo 1936 su carta intestata del Department of Fine Arts del Carnegie Institute, firmata dal vice direttore John O’Connor jr. e indirizzata a Pomi, con cui si accompagnava copia del catalogo dell’esposizione tenuta a Toledo nell’Ohio dal 1 marzo al 19 aprile 1936; si dava contestualmente notizia della restituzione dei quadri a Pittsburgh ai primi di maggio e della loro successiva spedizione ai proprietari. Così nella lettera del 16 aprile 1932 relativa alla mostra di Saint Louis (Treviso, Archivio privato). 69 Catalogue Twenty-Seventh Annual International Exhibition of Paintings, catalogo della mostra (Pittsburgh, Carnegie Institute), s.l. s.d. [1928], n. 292, tra le illustrazioni, oltre a The Wedding e The Sleigh (ivi, nn. 291, 293); assieme a Maljavine esponevano cinque lavori ciascuno Kuzma Petroff-Vodkine e Pierre Kontchalovsky. 70 Rimane lapidario il giudizio di R. Pallucchini, Il riordinamento della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, in “Le Arti”, a. I, fasc. I, ottobre-novembre 1938, p. 86, così come quello di poco precedente di G. Marchiori, La mostra del quarantennio della Biennale, in “Emporium”, a. LXI, n. 6, giugno 1935, vol. LXXXI, n. 486, p. 397. 71 Cfr. G. Dal Canton, Pittori stranieri a Venezia nell’Ottocento: dalla veduta alla visione, dall’impressione al simbolo, in “Venezia Arti”, 15/16, 2001/2002, pp. 117-120. Alcuni lavori di Sargent e Prendergast furono esposti a Pittsburgh nel 1924, altri di Gay nel 1926 e nel 1933, quando per l’artista viene riportato l’indirizzo di Parigi all’11 di rue de l’Université. 72 Sulla questione J. Clair, Données d’un problème, in Les Réalismes, catalogo della mostra (Parigi, Centre Pompidou – Berlino, Staatliche Kunsthalle), Parigi 1980, pp. 7-14. 73 Vale ricordare come per Antonio Mancini si registrasse alla Biennale del 1920 un numero di vendite considerevole tra i ventuno quadri della mostra individuale dedicatagli: S. Franzo, Achille Gaggia committente e collezionista tra le due guerre, in Donazione Eugenio Da Venezia, cit., p. 83, nota 35. Sulla questione P. Mola, L’Ottocento torna di moda, in Il Novecento italiano, catalogo della mostra (Milano, Palazzo della Permanente), Milano 1983, pp. 73-80; S. Salvagnini, Il sistema delle arti..., cit., p. 129 sgg.; A. Tiddia, Suggestioni di “moderna classicità” attraverso le Biennali veneziane degli anni Venti: le retrospettive di pittura italiana dell’Ottocento, in Donazione Eugenio Da Venezia, cit., pp. 69-73; M. Nezzo, Ojetti e le prime Biennali di Maraini: spunti per una ricerca, ivi, pp. 47-57; Eadem, La mostra del ritratto e le Biennali d’arte antica in Firenze, in Altrove, non lontano. Scritti di amici per 60 Raffaella Piva, a cura di G. Tomasella, Padova 2007, pp. 85-90. G. Tomasella, Biennali di guerra..., cit., pp. 147, 153. 75 C.E. Oppo, Svolgimento di Spadini, in A. Baldini, E. Cecchi, C.E. Oppo, Armando Spadini, “La Terza Pagina” Editrice, Roma 1924, pp. 7-14, ora in Cipriano Efisio Oppo..., cit., p. 113. 76 Ang., Il pittore Alessandro Pomi alla Galleria Vitelli, cit.; inoltre A.M. Bessone Aurelj, Dizionario dei pittori italiani, II ed., Città di Castello 1928, p. 517; Pomi, Alessandro, in Enciclopedia italiana, vol. XXVII, Roma 1935, p. 795. 77 Due dei lavori presentati al City Art Museum di Saint Louis nel 1926 e nel 1930, ossia Sunny morning e Along the River, risultano dai cataloghi prestati da H. H. Johnson e da E. J. Schellentrager; così la Susanna, indicata nel 1932 di proprietà di D. Frank Sullivan. 78 ASAC, Fondo Storico, Registro vendite N. 1° 1924, n. 1164, per 11.000 lire; riprodotto in catalogo e visibile nella fotografia che riprende la parete coi quadri di Pomi nella sala 8, il dipinto non è attualmente rintracciabile. Si vedano i successivi acquisti di opere di Pomi da parte della Cassa di Risparmio di Venezia, della Banca d’Italia e della Banca Commerciale Italiana, questi ultimi confluiti nel patrimonio di Banca Intesa: M. Precerutti Garberi, Arte antica e moderna nelle collezioni della Banca Commerciale Italiana. Ottocento e Novecento, Milano 1997, pp. 185, 286, nn. 85, 392, 393: Cucendo la vela (olio su tavola, 70x50 cm, inv. 73549), Testa di donna (olio su tela, 50x38 cm, inv. 369), Ritorno dai campi (olio su masonite, 49x37 cm, inv. 6893). 79 Ang., Il pittore Alessandro Pomi alla Galleria Vitelli, cit., dove già si parla delle numerose impressioni d’Africa. 80 a. p. l., L’Arte di Alessandro Pomi, [ritaglio privo di indicazioni], s.d. [1929]. 81 v. b., Alessandro Pomi, in “Corriere della Sera”, 9 novembre 1928, dove si scrive della mostra alla Galleria Pesaro di settantacinque dipinti, i più vecchi dei quali apparsi alla Biennale del 1924 (tra questi L’esperimento e le bimbe al sole). In ASAC, Fondo fotografico, fasc. Pomi, una fotografia recante il titolo Piccoli cantori riporta in basso a sinistra, a penna in corsivo: “app. comm. Fiorasso / Padova”. 82 Pomi, Alessandro, cit., p. 795. 83 G. Bianchi, Sulla rinascita del Circolo Artistico di Venezia, in L’identità delle arti a Venezia nel Novecento, a cura di C. Beltrami, Venezia 2002, pp. 42, 46, relativamente al 1919. Alla stessa stregua vale notare come Beppe Ciardi fosse stato indicato dallo stesso Circolo Artistico quale membro della giuria per la Biennale del 1920 (ivi, p. 47). 84 XCIII Esposizione di Belle Arti MCMXXVII. Catalogo, catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni), Roma 1927, pp. 82-85 per la sale venete XXIV e XXV; Pomi ha Riposo, Ritratto e In montagna (ivi, p. 83, nn. 22-24). man. mis., Variazioni veneziane, in “Le Tre Venezie”, a. III, n. 6, giugno 1927, pp. 45-47, pur notando l’eclettismo dei commissari della mostra, comprendente i più noti e i più ardimentosi esponenti dell’arte “viva” veneta, plaudiva il Ritratto di Pomi e In montagna, dicendolo memore delle “alte serenità dei più noti Segantini”. 85 S. Marinelli, L’Accademia Moderna (e il successo svanito) di Alessandro Pomi, in Altrove, non lontano..., cit., p. 77. Cfr. inoltre S. Franzo, Lina Rosso, una pittrice veneziana nella Trieste degli anni Trenta, in Artisti in viaggio ’900. Presenze foreste in Friuli Venezia Giulia (in corso di pubblicazione). Scirocco venne acquistato alla Biennale del 1930 per 8.000 lire dalla Società Veneziana di Navigazione a Vapore: ASAC, Fondo Storico, Scatole nere, b. 54, Corrispondenza varia 1930, fasc. S, raccomandata del 13 novembre 1930 su carta intestata della Società con Sede in Corte dell’albero a Sant’Angelo; il quadro, riprodotto nel catalogo della Biennale, ricompare in G. Bigaglia, Il pittore Alessandro Pomi, in “La festa. Rivista mensile illustrata della famiglia italiana”, a. XII, n. 2, 1° febbraio 1933, p. 18. 86 XCIII Esposizione di Belle Arti..., cit., p. 82. 87 Mostra Personale Alessandro Pomi, catalogo della mostra (Torino, Galleria d’Arte Martina), Venezia 1936; il catalogo era uscito per i tipi di Carlo Ferrari e la mostra si era tenuta in piazza Castello 18 tra ottobre e novembre. Nella presentazione si annota che Pomi “con pennellata larga e sicura sintetizza senza ricorrere a ricette che i co74 88 89 90 91 92 93 94 95 96 siddetti pittori d’avanguardia non disdegnano di usare più o meno a proposito appropriandosi di questa o di quella tecnica” (ivi, p. 5); ciò perché la sua pittura “è prevalentemente lirica, raggiunge le luminosità con misurato calcolo della materia colorante” (ivi, pp. 6-7). Tra le trentotto opere elencate si contava l’Alzaia (n. 32) e tra le illustrazioni Pescatori, Cenacolo, Dal vero, un Nudo (ne figuravano ai nn. 20, 28) e In Laguna (ivi, pp. 13, 15, 17, 19, 21, nn. 24, 3, 26). Mostra Personale Alessandro Pomi, catalogo della mostra (Padova, Bottega d’Arte fratelli Bordin), Venezia 1939; per l’esposizione tenutasi nella sede di via Zabarella dal 18 al 30 marzo 1939 il catalogo edito sempre da Ferrari riportava (come la copertina di quello dell’esposizione torinese del 1936) l’Autoritratto della Galleria d’Arte Moderna di Milano ed elencava venticinque opere (ivi, pp. 8-9), tra cui Maternità, Autoritratto, Interno e uno studio di testa (ivi, pp. 8, 9, nn. 11, 19, 21, 24). Tra le riproduzioni ancora il Cenacolo e In visita esposti a Pittsburgh nel 1931 e nel 1938, un Nudo passato per la Biennale del 1936 e Libeccio, della mostra dei quarant’anni della Biennale del 1935 (ivi, pp. 13, 15, 17, 19, nn. 10, 7, 1, 12). Mostra d’Arte Italiana, Pittori Contemporanei. Catalogo, catalogo della mostra (Genova, Galleria Permanente A. Vitelli, Palazzo Nuova Borsa), Genova 1925, p. 13, nn. 118-120 (Accordi, in consonanza con Siesta della Biennale del 1920, Mattino di sole, Laguna veneziana), figg. VIII-IX, con Beppe Ciardi, Brass e Miti Zanetti. Sull’attività tra gli anni Venti e Trenta della Galleria Vitelli, impegnata anche nella promozione del futurismo genovese e poi voltata, in collaborazione con Enrico Somaré, alla promozione del gusto ottocentesco, S. Salvagnini, Il sistema delle arti..., cit., pp. 149, 268-274. Mostra personale del pittore Alessandro Pomi, catalogo della mostra (Genova, Galleria Vitelli), Venezia 1929; nel catalogo, stampato ancora da Carlo Ferrari, figurava nuovamente la Portatrice d’anfora esposta a Milano. Catalogue Twenty-Fifth Annual International Exhibition of Paintings, catalogo della mostra (Pittsburgh, Carnegie Institute), Pittsburgh s.d. [1926], n. 345; l’opera non è riprodotta nel catalogo americano, ma parrebbe darne documentazione una cartolina postale delle Edizioni d’Arte Porretto & Ongaro (Treviso, Archivio privato); ciò benché un’altra cartolina del medesimo stampatore e con soggetto differente rechi ugualmente sul verso l’indicazione della mostra di Pittsburgh del 1926 (Venezia, Archivio privato). M. Biancale, in Mostra personale del pittore Alessandro Pomi, cit., p. 24. Il testo di Biancale del 1928 è riportato in parte da P. Pizzamano, in L’arte riscoperta. Opere delle collezioni civiche di Rovereto e dell’Accademia Roveretana degli Agiati dal Rinascimento al Novecento, catalogo della mostra (Rovereto, Museo Civico), a cura di E. Chini, E. Mich, P. Pizzamano, Rovereto 2000, p. 245, n. 99. A.J. Rusconi, Le esposizioni d’arte moderna a Firenze, in “Emporium”, vol. LXV, n. 390, giugno 1927, p. 380, dove si menzionavano le scene veneziane, i Bagnanti, Serenità e la Vela (illustrazione ivi, p. 373); Lloyd veniva ricordato per “le sue recentissime impressioni dell’isola d’Elba, All’ombra dei melograni, Sotto il pergolato, e Vecchi casolari al sole, ricche di tanti gustosi accordi di colore e di luce”. S. Franzo, Lina Rosso..., cit. II Mostra Internazionale d’Arte Coloniale, Napoli 1934-1935, Catalogo, catalogo della mostra (Napoli, Maschio Angioino), II ed., Roma 1934, p. 77, nn. 1-7: Mercato di cammelli, Suk el Arbaa, Spiaggia di Tripoli, Testa di arabo, Preghiera nel deserto, Mercato delle Taghie, Alì. Si vedano pure Piccoli arabi, Il Kaimakan e La nave del deserto, lavoro del 1929 noto da una fotografia di Fiorentini e presentato con gli altri alla personale genovese dello stesso anno (Mostra personale del pittore Alessandro Pomi, cit.). I quadri di soggetto libico documentati dalle fotografie, elencati nei cataloghi e in parte rinvenuti testimonierebbero con buona sicurezza uno spostamento dell’artista veneziano entro la fine degli anni Venti; lo preciserebbero le due teste passate a Napoli (una pubblicata da S. Marinelli, L’Accademia Moderna..., cit., p. 75, nota 7), in un ambito espositivo in odor di gerarchie sindacali e corporative (S. Salvagnini, Il sistema delle arti..., cit., p. 15) Si tratta di fotografie che ritraggono Pomi al lavoro o con degli indigeni 35 36 97 98 99 102 103 104 105 106 100 101 107 108 109 110 113 111 112 114 115 116 (Montebelluna, Archivio privato; Treviso, Archivio privato); i viaggi del pittore fuori dall’Italia andrebbero plausibilmente associati anche all’attività bancaria all’estero del fratello. Questi indica infatti come fosse stato invitato dalla Lega navale a imbarcarsi con Giulio Aristide Sartorio e Pomi su navi da guerra per dipingere la vita di bordo e i “navigli” della Marina italiana; i risultati di tale lavoro furono esposti nell’autunno del 1929 alla terza Mostra d’Arte Marinara di Roma e i quadri di Pomi (ASAC, Fondo fotografico, fasc. Pomi), vicini per impaginato a qualche composizione marinaresca di Lina Rosso, mostrano scene fortemente scorciate e popolate da densi gruppi di figure. All’esposizione Lloyd aveva ventisette lavori, acquistati in parte dal Ministero della Marina e dal re: A. Lancellotti, Pittori italiani d’oggi..., cit., p. 62 (il quale data il viaggio al 1930, indicandosi quale referente per le mostre d’arte marinara); L. Lloyd, Tempi andati, Firenze 1951, p. 137; L. Bernini, Lloyd, Llewelyn, in La pittura in Italia..., cit., II, pp. 937-938. C.E. Oppo, Impressioni tripolitane. L’oasi, in “In penombra”, luglio 1919, pp. 3-6, ora in Cipriano Efisio Oppo..., cit., p. 240. G. Bigaglia, Il pittore Alessandro Pomi, in “Pro Famiglia. Rivista settimanale illustrata”, a. XXXI, n. 8 (1528), 23 febbraio 1930, p. 115. Ibidem. Ibidem. Ibidem. Ivi, p. 116. Ibidem. Ibidem. Mostra dei Quarant’anni della Biennale MDCCCXCV-MCMXXXV. Catalogo, Venezia 1935, p. 100, nn. 10-17, sala XXXI; Pubblico figurava tra le illustrazioni (ivi, p. 43, n. 10); comparivano inoltre Pescatori, Nudo, Il paesista, Buoi al sole, due versioni di Sulla diga e un ritratto. Nella documentazione relativa alla mostra dei quarant’anni si fa riferimento a Pomi in un elenco degli artisti partecipanti, dove vengono indicati due lavori, Nudo e Pescatori, e una “Veduta parete” (ASAC, Fondo Storico, Scatole nere, b. 94, fasc. Mostra dei “Quarant’anni d’Arte Veneta”, dattiloscritto su carta intestata, nn. 143-145). U. Bognolo, Artisti che vi figureranno. Alessandro Pomi, in “Il Gazzettino”, 16 maggio 1935. Cfr. Ang., Il pittore Alessandro Pomi alla Galleria Vitelli, cit.; P. Scarpa, Alessandro Pomi, cit.; A. Lancellotti, Pittori italiani d’oggi..., cit., p. 60. U. Bognolo, Artisti che vi figureranno. Alessandro Pomi, cit. XIIIA Esposizione Internazionale d’Arte della città di Venezia. Catalogo, II ed., Venezia 1922, p. 81, n. 16, fig. p. 35. Il quadro venne comperato nel novembre 1922 per 10.000 lire: ASAC, Fondo Storico, 1922 Registro Vendite, n. 9. Una cartolina di Terasaki da Tokyo dell’11 marzo 1926 fa presumere il mantenimento di una corrispondenza con Pomi anche dopo gli anni dell’Accademia (Montebelluna, Archivio privato). S. Marinelli, L’Accademia Moderna..., cit., p. 77. G. Dal Canton, Pittori stranieri a Venezia..., cit., pp. 117-120. Sull’artista recentemente Franz von Stuck. Lucifero moderno, catalogo della mostra (Trento, MART Trento – Palazzo delle Albere), a cura di S. Marinelli, A. Tiddia, Milano 2006. A. Mazzanti, Il “grande seduttore”. Percorso artistico di Ettore Tito, in Ettore Tito 1859-1941, catalogo della mostra (Venezia, Fondazione Giorgio Cini), a cura di A. Bettagno, Milano 1998, pp. 27-44; Eadem, in Arte d’Europa tra due secoli: 1895-1914. Trieste, Venezia e le Biennali, catalogo della mostra (Trieste, Civico Museo Revoltella), a cura di M. Masau Dan, G. Pavanello, Venezia 1995, pp. 228, 230, 246, nn. 47, 48, 55. A. Maraini, Influenze straniere sull’arte italiana d’oggi, in “Bollettino d’Arte”, a. I, serie II, n. XI, maggio 1922, p. 526; in tale contesto si scorgeva “nell’essenza nazionale” delle scuole regionali “l’unico vanto dell’arte italiana dell’Ottocento”. Ivi, p. 527. Sempre Maraini per il raffronto tra Zuloaga e Borzagni, la “disinvoltura piacente del tocco” di Lavery, East e Brangwin e la “tecnica brillante” di Siviero e Scattola, tra Ampio orizzonte di Tito e 119 120 121 122 123 124 117 118 125 128 126 127 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 La porta del granaio di Zorn (entrambi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma), al quale si dovevano “alcune delle qualità di freschezza e immediatezza di Tito”, che nel rapporto col nordico aveva rinverdita la sua personalità (ivi, p. 520). U. Nebbia, La pittura del Novecento, Milano 1941, p. 86. Ibidem. Ivi, p. 87. Ibidem. Ibidem. A. Mazzanti, in Arte d’Europa tra due secoli..., cit., p. 230, n. 48. U. Nebbia, La pittura del Novecento, cit., p. 87. F. Semi, Alessandro Pomi, cit., pp. 9-10. Per la cartolina postale di C. Ongaro di Venezia relativa al quadro Gli eredi, apparso alla Biennale romana, ASAC, Fondo fotografico, fasc. Pomi, con sul verso a penna la nota: “Appartiene al / Comm. Jorio / Roma”. H. Saint-Gaudens, Foreword, in Catalogue Twenty-Fifth Annual International Exhibition..., cit. Ivi, [p. 2]. Ivi, [p. 8]. Catalogue Twenty-Third Annual International Exhibition of Paintings, catalogo della mostra (Pittsburgh, Carnegie Institute), Pittsburgh s.d. [1924], n. 343, Gallery H-2. Ivi, nn. 333, 337, 341. Ivi, n. 335; Casorati espone tra l’altro nel 1926, nel 1927 (quando farà parte della giuria del premio), nel 1933, nel 1935 e nel 1936: cfr. Realismo Magico..., cit., pp. 172, 173; la voce su Casorati in E. Badellino, Repertorio bio-bibliografico..., cit., p. 297. Catalogue Twenty-Third Annual International Exhibition..., cit., n. 348; inoltre nn. 332, 344, 350. V. Barker, Italian Art, ivi. S. B., Venice, in “The Studio”, vol. 88, n. 377, August 1924, p. 115. Oltre a Vespro intimo si vedano in XIIIA Esposizione Internazionale d’Arte…, cit., p. 81, nn. 16-18, sala 22: Un tribuno e Giorno festivo; quest’ultimo verrà acquistato per 6.000 lire da Everardo Gasparetto (ASAC, Fondo Storico, 1922 Registro Vendite, n. 48). La fotografia Filippi del quadro in ASAC, Fondo fotografico, fasc. Pomi, riporta sul verso a penna, in corsivo: “ ‘Esperimento’ / Appartiene al / Dott. C. P. / Milano / Alessandro Pomi”. Realismo Magico..., cit., pp. 204, 224-225; C. Gian Ferrari, Realismo magico e Novecento: contatti e confluenze, ivi, pp. 79-86. ASAC, Fondo Storico, Registro Vendite Riscossioni e Pagamenti XIIa Esposizione – 1920 –, n. 323 per Ritratto d’uomo acquistato a 2.000 lire da Giorgio Alessio Battaggia, che il 12 novembre comperava un’incisione di De Stefani, la Bambina che legge di Amedeo Bocchi e Primavera in Valacchia di Olbrich Blazicek (ivi, nn. 322, 324); Matter e Federico Weiss pagavano a Pomi rispettivamente 2.500 e 6.000 lire per Primavera e Terra promessa (ivi, Vendite il cui pagamento venne versato direttamente dal compratore all’artista e sulle quali riscuotemmo la sola percentuale, nn. 443, 447, in data 15 maggio e 28 ottobre). M. Masau Dan, Il Museo Revoltella e il Sindacato fascista di belle arti della Venezia Giulia, in Arte e Stato. Le esposizioni sindacali nelle Tre Venezie 1927-1944, catalogo della mostra (Trieste, Civico Museo Revoltella), a cura di E. Crispolti, M. Masau Dan, D. De Angelis, Milano 1997, pp. 69, 71. ASAC, Fondo Storico, Scatole nere, b. 48, Corrispondenza varia – 1928, fasc. G, sotto fasc. Avv. G. G., con corrispondenza dal maggio 1928 al gennaio 1929 per le trattative di acquisto di Nomellini, Sbisà, Sambo, William Orpen e degli spagnoli Gustavo Bacarisas e Antonio Ortiz Echague. A Pomi si fa riferimento, in modo non del tutto lusinghiero, nel dattiloscritto su carta intestata a Mario Varagnolo del 7 maggio 1928: “Ella conosce i due quadretti che ho preso da Pomi personalmente col tramite del compianto Delmestri. Ho pagato L. 6000 e non possono venir appesi neanche nell’anticamera della mia modesta galleria. Vedo che per il filosofo egli chiede L. 10000.-; io non voglio discutere il prezzo però chiederei che si riprendesse i due quadretti per lo stesso prezzo di vendita cioè di Lire 6000.- cosicché 139 140 141 142 143 144 145 146 147 io pagherei la differenza di L. 4000.- Sarebbe una più che equa riparazione ed egli sarebbe rappresentato in modo degno nella mia raccolta”. Catalogo della vendita all’asta della raccolta Georgiadis, catalogo della vendita (Milano, Galleria Lurati), Milano s.d. [1930], p. 21, n. 82, dove il quadro viene descritto come un olio su tavola, 78x98 cm, con cornice nera, firmato e datato 1927; il dipinto passò nella prima giornata di vendita tenutasi l’11 novembre 1930 presso la sede della galleria in via S. Tomaso a Milano. Cenni sulla Lurati in S. Salvagnini, Il sistema delle arti..., cit., pp. 148-149. E. Somarè, in Catalogo della vendita all’asta della raccolta Georgiadis, cit., p. 10. Pomi partecipa nel complesso a tredici edizioni della Biennale, ossia a due nel primo anteguerra (1912 e 1914), a quattro negli anni Venti (1920, 1922, 1924 e 1928), ad altrettante nel decennio successivo (1930, 1932, 1934 e 1936) e a tre edizioni negli anni Quaranta (1940, 1942 e 1948), a cui si unisce la presenza alla mostra dei quarant’anni nel 1935. A Pittsburgh i cataloghi lo documentano almeno sei volte, nel 1924, nel 1926, nel 1931, nel 1933, nel 1935 e nel 1936, mentre parte della letteratura segnala altri passaggi: Mostra retrospettiva di Alessandro Pomi..., cit.; Alessandro Pomi (1890-1976), catalogo della mostra (Mestre, Istituto di Cultura Santa Maria delle Grazie), s.l. s.d. [1991]; D. Marangon, Pomi, Alessandro, cit., p. 1024, per il 1923, il 1929, il 1934, il 1938 e il 1950. Si vedano Catalogue Twenty-Third Annual International Exhibition..., cit., n. 343 (Along the Lake); Catalogue Twenty-Fifth Annual International Exhibition..., cit., n. 345 (Sunrise); Thirtieth Annual International Exhibition of Paintings, catalogo della mostra (Pittsburgh, Carnegie Institute), s.l. s.d. [1931], nn. 397, 398 (Susanna, The Cenacle); Thirty-First Annual International Exhibition of Paintings, catalogo della mostra (Pittsburgh, Carnegie Institute), s.l. s.d. [1933], nn. 251, 252 (The Public, Portrait); The 1935 International Exhibition of Paintings, catalogo della mostra (Pittsburgh, Carnegie Institute), s.l. s.d. [1935], nn. 353, 355 (Nude, Fishermen); The 1936 International Exhibition of Paintings, catalogo della mostra (Pittsburgh, Carnegie Institute), s.l. s.d. [1936], n. 250 (Nude). Catalogue of the International Exhibition of Sixty-One Paintings, catalogo della mostra (Philadelphia, The Art Club of Philadelphia), s.l. s.d. [1925], n. 40 (Along the Lake). Foreign Section of the 24th International Exhibition of Paintings at Carnegie Institute, catalogo della mostra (Saint Louis, City Art Museum), Saint Louis 1926, p. 48, n. 191 (Sunny morning); Foreign Section of the 28th International Exhibition of Paintings from Carnegie Institute, Pittsburgh. Catalogue, catalogo della mostra (Saint Louis, City Art Museum), Saint Louis 1930, pp. 34, 62, nn. 205-207 (Along the River, Waiting Room, Studio); Foreign Section of the 30th International Exhibition of Paintings from Carnegie Institute, Pittsburgh. Catalogue, catalogo della mostra (Saint Louis, City Art Museum), Saint Louis 1932, p. 38, nn. 227-228 (Susanna, The Cenacle). Foreign Section 1934 Carnegie International Exhibition of Paintings, catalogo della mostra (Baltimore, Baltimore Museum of Art), Baltimore s.d. [1935], p. 18, nn. 186-187 (The Sculptor, Spring). The Toledo Museum of Art, European Section of the Thirty-Third Carnegie International Exhibition of Paintings, catalogo della mostra (Toledo, The Toledo Museum of Art), s.l. s.d. [1936], nn. 201-202 (Nude, Fishermen). XIVA Esposizione Internazionale d’Arte della città di Venezia. Catalogo, I ed., Venezia 1924, p. 41, nn. 14-24: Lavoro, La vela, Partita a bocce, In Cadore, Siesta, Al sole, Direttore d’orchestra, L’esperimento, La partita, In montagna, Bozzetto; ASAC, Fondo Storico, Registro vendite N. 1o 1924, nn. 18, 41, 106, 138 per gli acquisti, oltre a quello menzionato di Siesta da parte della Banca di Novara, di Giuseppe Badini (11 giugno, Giuoco di bocce a 2.500 lire), dell’ingegner Cavizago (27 giugno, opera non specificata per lire 2.000), di Leone Sonnino (23 settembre, Bozzetto a lire 1.500) e dell’ingegner Vittorio Lodigiani (22 ottobre, In cadore per 2.000 lire). Ciò accade nel 1924, nel 1930, nel 1932, nel 1935 e nel 1936, contando sia le sezioni di Pittsburgh, sia quelle di Saint Louis, Baltimora 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 161 159 160 162 163 e Toledo, pure nell’anno in cui si svolse la mostra celebrativa della Biennale. “Susanna” – The Popular Prize, in “Carnegie Magazine”, vol. V, n. 7, December 1931, p. 195; cfr. A. Lancellotti, Pittori italiani d’oggi..., cit., pp. 58, 60. XVIIA Esposizione Biennale Internazionale d’Arte. Catalogo, I ed., Venezia 1930, p. 45, n. 29 per Susanna – ivi, nn. 28, 30, 31 inoltre per Ritratto della madre, Bagnante (olio su tavola, 64x50 cm, ora della Fondazione di Venezia, in stretta relazione con il nudo di Contemplazione) e Scirocco –; Settimana italiana in Atene – ΙΤΑΛΙΚΗ ΕΒΔΟΜΑΣ ΕΝ ΑΘΗΝΑΙΣ, Catalogo – ΚΑΤΑLΟΓΟΣ, catalogo della mostra (Atene), Roma s.d. [1931]. La figura femminile nuda viene variamente ripresa con scoperti rimandi da Pomi sia nella posa enfatizzata della Susanna vergognosa, non distante dalla modella dell’Interno della XIX Biennale, sia modulata differentemente nella Dafne serpentina (XVIIIA Esposizione Biennale Internazionale d’Arte. Catalogo, I ed., Venezia 1932, p. 93, n. 22, fig. p. 46) e in simili soggetti proposti a Venezia e alle personali di Torino e Padova del 1936 e del 1939: Mostra Personale Alessandro Pomi, cit., fig. p. 19; Mostra Personale Alessandro Pomi, cit., fig. p. 15 per il Nudo già esposto alla Biennale del 1936 (XXA Esposizione Biennale Internazionale d’Arte – 1936. Catalogo, II ed., Venezia 1936, p. 92, n. 3). Una fotografia riferita a Susanna in ASAC, Fondo fotografico, fasc. Pomi, reca sul verso, a penna in corsivo: “Susanna – / Mostra personale di Milano 1928 / Appartiene al Commr Rando / di / Novara”. Si cfr. inoltre il pastello della collezione Grassi (93x57 cm, firmato e datato in basso a destra al 1919, inv. R.G. 99: Galleria d’Arte Modena. Padiglione d’Arte Contemporanea, Raccolta Grassi, Milano 1973, p. 164, n. 430, tav. 432) e il nudo della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro di Venezia, entrato con un altro lavoro per dono di Lily Messulam vedova Wendel, come ricorda Guido Perocco in una lettera a Pomi del 6 ottobre 1971 (Treviso, Archivio privato, manoscritto su carta intestata del museo). Catalogue Twenty-Seventh Annual International Exhibition..., cit., n. 341. Catalogue Twenty-Fifth Annual International Exhibition..., cit., Gallery 9. Catalogue Twenty-Seventh Annual International Exhibition..., cit., n. 235. Foreign Section of the 24th International Exhibition..., cit., pp. 26, 44, 46, nn. 80, 190 rispettivamente per Reflection di Emslie e il Nude di Oppi, prestati da A. C. Goodyear e Walter May; cfr. E. Badellino, Repertorio bio-bibliografico..., cit., p. 311. Catalogue Twenty-Fifth Annual International Exhibition..., cit., Gallery 7, n. 344. H. Saint-Gaudens, Pictorial Tolerance, A Review of the 1938 International, in “Carnegie Magazine”, vol. XII, n. 5, October 1938, p. 133, col riferimento al parere di Ugo Ojetti: “Also, however, in Italy artistic expression that does not accord with the Government idea is left unhampered. In speaking of these two opposing schools, Ugo Ojetti, the Italian art critic, insisted to me that the weakness of latter-day painters is that they are not faithful to themselves, blown here by one wind one day there by another wind the next day. In a measure Ojetti is right”. Si vedano i sostanzialmente invariati commenti in Id., Painting – Today and Yesterday, ivi, vol. III, n. 5, October 1929, pp. 131-140; Id., Pictorial Tolerance..., cit., pp. 131-143. U. Nebbia, La pittura del Novecento, cit. Id., Contemporary Painting. Tradition in Italy, in “The Studio”, vol. 97, n. 433, April 1929, p. 283; la copia proveniente dallo studio di Pomi reca a stampa il nome e l’indirizzo del pittore. Ivi, p. 280. Ibidem. Si trattava di Summer Morning: Foreign Section of the 28th International Exhibition..., cit., pp. 36, 67, n. 223. Afther the Bath, premiato col Second Prize: Catalogue Twenty-Third Annual International Exhibition..., cit., n. 349. Foreign Section of the 28th International Exhibition..., cit., pp. 34, 37 38 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 176 175 177 178 62, nn. 205-207 (Along the River, Waiting Room, Studio). Il quadro Waiting Room potrebbe essere forse identificato con la Salle d’attente, olio su tela, 70,5x100 cm, la cui vendita a Milano il 25 ottobre 1994 è segnalata in E. Bénézit, Dictionnaire critique et documentaire des peintres sculpteurs dessinateurs et graveurs de tous les temps et de tous les pays, nouvelle édition entièrement refondue sous la direction de J. Busse, 14 voll., Paris 1999, 11, p. 118. La scuola o The Studio di Carena figurava pure in H. Saint-Gaudens, Painting – Today and Yesterday, cit., p. 132. Per le vicende dell’esibizione di Pittsburgh, con una giuria composta sino al 1922 da dieci pittori, la voce relativa al Premio Carnegie in E. Badellino, Repertorio bio-bibliografico..., cit., pp. 310-312. Nel 1926 si contavano a Pittsburgh Ettore Tito con due opere, Giuseppe Montanari con The Apple, Renato Natali, Felice Casorati con The Artist’s Sister, Italico Brass, Gino Parin, Ferruccio Ferrazzi (premiato per Horitia and Fabiola), Antonio Mancini con due lavori, Beppe ed Emma Ciardi, Primo Conti, Arturo Tosi, Alberto Salietti, Felice Carena, Virgilio Guidi, Achille Funi, Ubaldo Oppi, Alessandro Pomi, Pietro Gaudenzi, Pietro Marussig, Giovanni Romagnoli e Franco Dani. Cfr. E. Badellino, Repertorio bio-bibliografico..., cit., pp. 311-312. Romagnoli è a Pittsburgh nel 1924, nel 1926 (Gallery 9, nn. 1-30, tra cui vale ricordare ai nn. 13 e 3 Susanna and the Elders e Study for Susanna and the Elders), nel 1930 e nel 1931, nel 1932, nel 1933 e nel 1936 (Venus Sleeping è proprietà di Ilaro Neri); inoltre Foreign Section of the 24th International Exhibition..., cit., p. 48, nn. 192-194; E. Badellino, Repertorio bio-bibliografico..., cit., p. 311. Per Hopper Catalogue Twenty-Seventh Annual International Exhibition..., cit., nn. 1-3; Thirtieth Annual International Exhibition…, cit., n. 39; Thirty-First Annual International Exhibition..., cit., n. 49; The 1935 International Exhibition..., cit., n. 46; The 1936 International Exhibition..., cit., n. 53, plate 29. Bonnard era stato invece premiato nel 1923, Matisse nel 1927, Picasso nel 1930, Derain nel 1928 e nel 1934 con Vuillard, Dufy nel 1931, quando la Francia contava Bonnard, Derain, Friesz, Matisse, Picasso, Marquet, Dunoyer de Segonzac, Signac, Valadon, Van Dongen, Vlaminck e Vuillard. Nel 1936 figuravano invece Lothe, Picasso, Matisse, Dunoyer de Segonzac (premiato nel 1933), Léger, Bonnard, Derain, Moise Kisling, così come Boutet de Monvel, Van Dongen e Laurencin, già presente nel 1924, quando vi erano Bonnard, Blanche, Xavier Roussel, Simon, Ménard (premiato nel 1922), Denis, Besnard, Vallotton, Friesz, Matisse, Bernard, Signac, Derain, Marquet, Vlaminck e Dauchez. Foreign Section of the 28th International Exhibition..., cit., pp. 18, 37, nn. 74-76. III Mostra del Sindacato Nazionale Fascista Belle Arti. Catalogo, catalogo della mostra (Milano, Palazzo dell’Arte), Milano 1941, p. 44, n. 86 e fig. (Pomi espone nella sala 16 riservata ai pittori veneziani, accanto ad Astolfo de Maria, che ha il Ritratto di Donna Juccia Vaccari). Egli è però assente dagli elenchi di artisti in Arte e Stato..., cit., passim. G. Tomasella, Biennali di guerra..., cit., p. 17, nota 5. Ivi, p. 95, fig. 30 per il quadro di Pomi (ASAC, Fondo fotografico, fasc. Pomi). Per l’allievo di Tito lo testimoniano le due maternità in collezione privata, da porsi in parallelo con quella esposta a Venezia, documentata dal catalogo: XXIIIA Esposizione Biennale Internazionale d’Arte – 1942. Catalogo, I ed., Venezia 1942, p. 210, n. 20, fig. p. 71. G. Tomasella, Biennali di guerra..., cit., p. 94. Ibidem. Sui premi e i concorsi anche S. Salvagnini, Il sistema delle arti..., cit., pp. 87-126. Il nome di Pomi compare – assieme alle uniche presenze femminili di Marta Sammartini e di Lina Rosso e con Felice Carena, Pino Casarini e Guido Cadorin – tra gli artisti fascisti dell’Unione Cattolica Artisti Italiani (UCAI) per la sezione veneziana di San Vidal in un elenco dattiloscritto privo di segnatura presente nell’Archivio Sammartini; ringrazio Federica Millozzi della segnalazione. G. Bianchi, Eugenio Da Venezia alle Mostre Interprovinciali del Veneto (1930-1944), in Donazione Eugenio Da Venezia, Venezia 1997 (“Quaderni della Donazione Eugenio Da Venezia”, 3), pp. 46-48; P. 181 179 180 182 183 184 185 188 186 187 189 190 191 192 193 Pizzamano, in L’arte riscoperta..., cit., p. 273, n. 134; S. Franzo, Artisti vicentini..., cit., p. 42. Il dipinto di Pomi col ponte translagunare è documentato da una fotografia con sul verso a penna in corsivo il nome del pittore, il titolo Il ponte sulla laguna e il rimando alla Biennale del 1932 (ASAC, Fondo fotografico, fasc. Pomi). Si conosce anche una cartolina postale del Gruppo Rionale Fascista “Ugo Pepe” di Venezia recante sul recto un’immagine di Pomi del duce a cavallo (Treviso, Archivio privato). Ciò secondo il punto n. 2 del regolamento del premio. S. Salvagnini, Il sistema delle arti..., cit., pp. 114-115. “Il Popolo d’Italia”, 21 maggio 1939; “Il regime fascista”, 13 giugno 1939; “La Rivista illustrata del Popolo d’Italia”, luglio 1939 (ritagli stampa raccolti da Pomi in un unico fascicolo relativo al premio Cremona, Treviso, Archivio privato). A. Lancellotti, Pittori italiani d’oggi..., cit., pp. 58, 62, riproducendo il dipinto del veneziano, dice che il quadro venne acquistato dal partito nazionale fascista. II Premio Cremona. Catalogo delle opere esposte alla mostra, II ed., Cremona 1940, pp. 11, 26, n. 2, sala I, col motto “Contadino”. Soggetti attinenti al lavoro nei campi si registrano nella tele della Galleria d’Arte Moderna di Firenze (olio su tavola, 50x30 cm, inv. 1536, dono di Leone Ambron nel 1956) e di Roma (olio su cartone, 75x51 cm, inv. 2609); dell’acquisto per quest’ultima di Lavoro alla Biennale del 1924 (col Tram di Guidi, un Oppi, due Fragiacomo, un Tosi e un Dani), su indicazione di una commissione presieduta da Tito e composta da Beppe Ciardi, Ugo Ojetti e Adolfo Wildt, dava notizia il “Bollettino d’Arte”, a. III, serie II, n. XII, giugno 1924, pp. 571, 575. Il Seminatore al n. 5 del catalogo della personale di Livorno del 1931, riprodotto pure tra le illustrazioni, è forse accostabile a quello di proprietà dell’Amministrazione Provinciale di Venezia. C. Tellini Perina, Il Premio Cremona: “questo novecentismo fascista: forte, vigoroso, epico, romano” (R. Farinacci, 1940), in Gli anni del Premio Bergamo. Arte in Italia intorno agli anni Trenta, catalogo della mostra (Bergamo, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea), Milano 1993, p. 52. Ibidem. S. Fugazza, Arte e storia. Luciano Ricchetti alla prima edizione del Premio Cremona (1939), Piacenza 2003, p. 95. Ibidem. Ibidem. G. Tomasella, Biennali di guerra..., cit., p. 125, nota 93; Cipriano Efisio Oppo..., cit., p. 427 per le carte dell’Archivio Oppo. Pomi aveva esposto comunque alla prima Quadriennale di Roma del 1931: Prima Quadriennale d’Arte Nazionale. Catalogo, Roma 1931, pp. 164-165, nn. 20-22 per gli oli Venezia, Estate e Vecchi pescatori. G. Dal Canton, Fra attiva partecipazione al “rinnovamento della cultura artistica italiana” e “collaudo della propria sensibilità”: Pallucchini e l’arte contemporanea, in Una vita per l’arte veneta, Atti della Giornata di Studio in onore e ricordo di Rodolfo Pallucchini (Venezia, Auditorium Santa Margherita dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, 10 novembre 1999), coordinati da G. M. Pilo, Monfalcone 2001, pp. 119-129. XXIV Biennale di Venezia. Catalogo, IV ed. definitiva, Venezia 1948, p. 59, n. 8 per l’olio del 1947, nella sala XI; ASAC, Fondo Storico, Registro vendite 25 [1948-50], n. 119, dove l’acquisto per 110.000 lire del quadro è registrato in data 18 luglio. Mostra personale del pittore Alessandro Pomi di Venezia, catalogo della mostra (Milano, Galleria Ranzini), s.l. s.d. [1947], n. 6, accostabile al lavoro con uguale titolo che illustrava Mostre personali Alessandro Pomi pittore..., cit., sala 3, n. 3, non distante del resto dal Giovane pescatore sugli scogli ora FriulAdria; dell’esposizione milanese del 1947 si vedano inoltre Sulla riva, Laghetto di Fedaia, Pescatore, nn. 11, 23, 28. Mostra personale del pittore Alessandro Pomi di Venezia, cit., nn. 28, 22: Pescatore, Cucendo la vela. Lo si precisa nella presentazione che compare nel breve catalogo, corredato da due illustrazioni. L’allestimento dell’esposizione di Pomi alla Galleria Pesaro è in parte documentata da tre fotografie di Castagneri di Milano (Treviso, Archivio privato); vale ricordare che da Lino Pesaro si erano tenute nel 1919 e nel 1928 due ampie personali di Tito, la 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 prima delle quali recensita assai favorevolmente da Ojetti: A. Mazzanti, Il “grande seduttore”..., cit., p. 40; F. Mazzocca, La fortuna internazionale di Ettore Tito: l’eredità di Tiepolo nella Venezia cosmopolita, in Ettore Tito 1859-1941, cit., p. 21. [Mostra personale Alessandro Pomi], catalogo della mostra (Bergamo, Galleria Permanente Alessandro Gazzo), Venezia s.d. [1935], n. 34; Avemaria e Preghiera, nn. 33, 41 andrebbero cfr. con Preghiera ora FriulAdria; si vedano pure nn. 12, 26: Sugli scogli e Piccoli bagnanti. Ivi, nn. 66, 71. Ivi, nn. 19, 54, 58, 61, 62, 63: Spiaggia di Tripoli, Negro, Arabo, Moschea, Ghibli, Suk. Ivi, nn. 1, 3, 13, 53, 67. XIXA Esposizione Biennale Internazionale d’Arte – 1934. Catalogo, I ed., Venezia 1934, p. 145, nn. 17-19, fig. p. 40, dove compaiono Tilde, Studio di scultura e Interno. Se il primo lavoro, riprodotto in catalogo, è documentato da una fotografia in cui è possibile leggere in basso a sinistra la firma e la data 1934, Interno si riferisce a un olio su tavola in collezione privata e Studio di scultura è identificabile con quello acquistato il 17 giugno per 3.500 lire dal commendator Franco Mussi, direttore della Banca d’Italia di Venezia: ASAC, Fondo Storico, Libro delle vendite di opere d’arte esposte alle Esposizioni Int.: XVIII^ (1932) – XIX^ (1934) XX^ (1936) e XXI^ (1938), p. 32, n. 71; ivi, Scatole nere, b. 89, fasc. Vendite effettuate mese giugno, sotto fasc. 71/72, con la scheda di vendita, da dove si evince il prezzo di 5.000 lire richiesto dal pittore. Seconda mostra del bambino nell’arte, catalogo della mostra (Roma, via del Babuino), s.l. s.d. [1933], n. 13, sala VIII. Appaiono indubbiamente sue le prefazioni non firmate nei cataloghi delle personali di Torino e Padova, la prima delle quali reca la sigla “P. S.”. P. Scarpa, Alessandro Pomi, cit. Treviso, Museo Civico “Luigi Bailo”, raccolta Salce, n. 10963, 200x100 cm, stampato a Roma dalla tipografia Guazzoni e pubblicato in Mostra Nazionale d’Arte Sacra. Catalogo, catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Reale), II ed., s.l. s.d. [1920]; il manifesto è attribuito ad Alessandro Pomi da L. Menegazzi, Il manifesto italiano 1882/1925, Milano s.d., p. 102, fig. 162. Una riproduzione in cartolina si trova nel fascicolo personale del pittore nell’Archivio della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro. Il manifesto Salce n. 9545 reca invece la firma per esteso del veneziano Pomi. G. Damerini, L’Esposizione d’Arte Sacra nel palazzo Reale di Venezia, in “Emporium”, vol. LII, n. 31, ottobre 1920, pp. 207, 209 per il Crocifisso “nervosamente dipinto” (fotografia in Venezia, IRE, Archivio Tomaso Filippi); Mostra Nazionale d’Arte Sacra..., cit., p. 19, n. 106. G. Venni, La presentazione della nuova “Via Crucis” per la cattedrale di Treviso, in “L’Osservatore Romano”, 29 settembre 1934; inoltre F. Binaghi, La Via Crucis di Alessandro Pomi, in “Le Tre Venezie”, a. X, n. 11, novembre 1934, pp. 615-620; G. Piva, Una “Via Crucis” ed un pittore, in “La festa. Rivista settimanale illustrata della famiglia italiana”, a. XII, n. 47, 4 novembre 1934, pp. 722-723. C. Chimenton, Nella Cattedrale le nuove Stazioni artistiche della “Via Crucis” del prof. Alessandro Pomi, in “Il Gazzettino”, 22 settembre 1934. XVIIIA Esposizione Biennale..., cit., p. 183, n. 8; Treviso, Archivio privato, per la fotografia di Giacomelli. Esposizione Internazionale di Arte Sacra. Catalogo, Roma 1950, p. 249, n. 102, con un Crocifisso, olio su masonite, del 1949-50. G. Bigaglia, Il pittore Alessandro Pomi, cit., pp. 115, 116; A.M. Comanducci, Dizionario illustrato dei Pittori, Disegnatori e Incisori Italiani Moderni e Contemporanei, III ed., 4 voll., Milano 1962, III, pp. 14871488. Per il tardivo affresco con la Fuga in Egitto del 1955, di cui vi è un bozzetto al Museo Diocesano di Pordenone, Santa Maria di Cordenons, a cura di P. Goi, Fiume Veneto 2000, passim. A. Vardanega, L’arte sacra non muore. Un affresco di Alessandro Pomi, in “L’Avvenire d’Italia”, 18 ottobre 1951. Id., Alla Scuola di S. Marco un’opera d’artista contemporaneo, in “Arte 212 213 214 215 216 217 218 Cristiana”, a. XLVI, n. 4-5 (462), 1958, pp. 79-80; Rub., Una “Pietà” alla Scuola Grande di S. Marco, in “L’Osservatore Romano”, 3 ottobre 1958. Il ritratto di Roncalli è documentato da una fotografia dello studio Renard ai Frari, così come quello di un altro prelato, il quale risulta firmato e datato in basso a destra al 1962 (Treviso, Archivio privato). F. Semi, Alessandro Pomi, cit., p. 6 ricorda del resto i ritratti, allora recenti, dell’arcivescovo armeno Uhlogogian e dei patriarchi Agostini e Urbani. D. Marangon, Pomi, Alessandro, cit., p. 1024. f. cast., La prima “personale” di Alessandro Pomi, in “Il Gazzettino”, 18 dicembre 1952; Premio Mestre 1959, catalogo della mostra (Mestre), Mestre s.d. [1959], p. 53: la giuria era composta da Guido Cadorin, Felice Carena, Virgilio Guidi, Mario Massarin, Guido Perocco e Bruno Saetti, presidente Diego Valeri; Pomi, che veniva ringraziato in apertura da Pietro Zampetti, vi partecipava fuori concorso con Cucitrice, Merlettaie e Intermezzo, che illustrava il catalogo. II Mostra Nazionale di Pittura “La caccia”, catalogo della mostra (Belluno), a cura di B. Mastel, Belluno s.d. [1961], p. 12. Si vedano i due ritratti passati a un’asta della Casa Stadion di Trieste nel marzo 2008, nn. 519-520, documentati pure da fotografie d’epoca (Venezia, Archivio privato). Ordine degli amici de “La valigia”, Premio di pittura “Giacomo Favretto”, catalogo della mostra (Venezia, Opera Bevilacqua La Masa), Venezia s.d. [1949], p. 39, n. 162, ancora con Il pittore, opera fuori concorso; Ordine degli Amici de “La valigia” Venezia dal 14 giugno 1947 ad oggi, Venezia 1950. Mostra retrospettiva del Pittore Livio Bondi 1895-1929, catalogo della mostra, Marghera s.d. [1950]. 39