Cosa sono i frattali?

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Cosa sono i frattali?
Cosa sono i frattali?
Lorenzo Modena, Nicola Merler, Sebastiano Nicolussi Golo
10 settembre 2007
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Indice
1 La dimensione topologica
1.1 La piccola dimensione induttiva [4] . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 La grande dimensione induttiva . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3 La dimensione per ricoprimento . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4 Facciamo un po’ di storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4.1 Un po’ di storia delle tre definizioni di dimensione ind,
Ind e cov . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4.2 La storia dell’uguaglianza fondamentale . . . . . . . .
1.4.3 La storia della coincidenza delle tre nozioni di dimensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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2 Misura e dimensione di Hausdorff
2.1 Teoria generale della misura . . . . . . . . . . . . .
2.1.1 La misura esterna . . . . . . . . . . . . . .
2.1.2 Insiemi misurabili . . . . . . . . . . . . . .
2.1.3 Il quarto assioma . . . . . . . . . . . . . . .
2.1.4 Il quinto assioma . . . . . . . . . . . . . . .
2.1.5 Misura esterna e misura regolare . . . . . .
2.2 Una misura lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3 Misura e dimensione . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3.1 Dimensione e ordine di una misura . . . . .
2.3.2 Prima definizione di misura di Hausdorff .
2.3.3 Confronto tra misure . . . . . . . . . . . . .
2.3.4 La funzione l . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3.5 Seconda definizione di misura di Hausdorff
2.3.6 Dimensione di Hausdorff . . . . . . . . . .
2.4 Un insieme di misura p . . . . . . . . . . . . . . .
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3 Gli insiemi frattali
3.1 Autosimilarità . . . . . . . . .
3.1.1 Rapporti di contrazione
3.1.2 La dimensione similare .
3.2 Il teorema di Moran . . . . . .
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INDICE
3.3
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3.2.1 Stringhe modello . . . . . . . . . . .
3.2.2 La condizione e il teorema di Moran
Esempi di frattali . . . . . . . . . . . . . . .
3.3.1 La polvere di Cantor . . . . . . . . .
3.3.2 La guarnizione di Sierpiński . . . . .
3.3.3 La curva di Von Koch . . . . . . . .
Alcune questioni interessanti . . . . . . . .
4 Le biografie
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Introduzione
Il fascino degli insiemi frattali ha catturato la nostra fantasia, spingendoci
ad approfondire la materia. Ma subito è stato evidente la necessità di numerosi preparativi prima di affrontare questi insiemi.
Intendiamo frattali (secondo Mandelbrot) quei sottoinsiemi di ℜn le cui dimensioni topologica e di Hausdorff non coincidono. Perciò si offre una breve
panoramica sulla teoria della dimensione (cap.1): partendo dalle tre definizioni di piccola (ind), grande (Ind) dimensione induttiva e dimensione per
ricoprimento (cov), che in ℜn coincidono, si introduce la dimensione topologica (dimT ).
Per definire la dimensione secondo Hausdorff (dimH ) abbiamo rivisto la teoria della misura (cap.2) da Carathéodory ad Hausdorff , confrontando il
percorso seguito in classe con quello presentato nei due articoli [1] e [2].
La dimensione di Hausdorff ci porta finalmente agli insiemi frattali (cap.3).
Il concetto di autosimilarità e alcuni teoremi (come il teorema di Morgan) ci permettono di affrontare direttamente alcuni esempi, dimostrandone
l’effettiva natura frattale, nonchè l’affascinante complessità.
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INDICE
Capitolo 1
La dimensione topologica
1.1
La piccola dimensione induttiva [4]
La piccola dimensione induttiva (ind) viene definita sugli spazi regolari: cioè
spazi topologici X in cui vale la proprietà:
∀x ∈ X e ∀B ⊂ X chiuso con x ∈
/B
∃U, V aperti, tc U ∩ V = ∅, x ∈ U, B ⊂ V
.
È importante sapere che ogni sottospazio di uno spazio regolare è regolare.
D’altra parte noi ci occuperemo esclusivamente di ℜn , cioè uno spazio metrico euclideo1 .
Definizione 1 Ad ogni spazio regolare X viene assegnata la piccola dimensione induttiva di X, denotata da indX, che è un intero preso dall’insieme {−1, 0, 1, 2, 3, .., ∞}.
La definizione di dimensione ind consiste nelle condizioni seguenti:
(MU1) indX = −1 se e solo se X = ∅;
(MU2) indX ≤ n, dove n = 0, 1, .., se per ogni punto x ∈ X e ogni intorno
V ⊂ X del punto x esiste un aperto U ⊂ X tale che:
x∈U ⊂V
e
ind∂U ≤ n − 1;
(MU3) indX = n se indX ≤ n e indX > n − 1, questo significa che la
disuguaglianza indX ≤ n − 1 non sussiste;
(MU4) indX = ∞ se indX > n per n = −1, 0, 1, ...
La piccola dimensione induttiva viene anche chiamata dimensione di MengerUrysohn.
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Che naturalmente è regolare.
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CAPITOLO 1. LA DIMENSIONE TOPOLOGICA
Proposizione 1 Siano X e Y due spazi topologici regolari omeomorfi. Allora indX = indY , cioè la piccola dimensione induttiva è un’invariante
topologico.
Dimostrazione. Abbiamo innanzittutto una biiezione f : X → Y bicontinua. Dimostreremo per induzione che se indY ≤ n allora indX ≤ n;
invertendo poi i ruoli di X e Y si ha un ‘se e solo se’ che conduce alla tesi.
Se indY = −1 allora Y = ∅ e quindi per forza X = ∅, cioè indX = −1.
Supponiamo ora che l’implicazione valga per ogni spazio regolare di dimensione al più n − 1, e che indY ≤ n ≥ 0. Prendiamo x ∈ X e V ⊂ X un suo
intorno: parallelamente abbiamo f (x) ∈ Y e f (V ) ⊂ Y suo intorno. Allora
esiste Uf (x) ⊂ Y aperto tale che
f (x) ∈ Uf (x) ⊂ V
e
ind(∂Uf (x) ) ≤ n − 1.
D’altronde esiste U ⊂ X aperto tale che f (U ) = Uf (x) e la funzione f
ristretta a U determina un omeomorfismo tra U e Uf (x) . Applicando l’ipotesi
induttiva si ottiene:
x∈U ⊂V
e ind(∂U ) ≤ n − 1.
Quindi indX ≤ n.
Proposizione 2 (teorema del sottospazio) Sia X uno spazio regolare e
M ⊂ X un suo sottospazio. Allora indM ≤ indX.
Dimostrazione. Se indX = ∞, è banalmente vero. Negli altri casi seguiamo una dimostrazione per induzione su indX.
Se indX = −1 l’enunciato vale in modo evidente. Supponiamo che valga
per tutti gli spazi regolari di dimensione al più n − 1 con indX ≤ n ≥ 0.
Sia x ∈ M e V ⊂ M un suo intorno. Allora esiste VX ⊂ X intorno di x
tale che V = VX ∩ M . Quindi ∃UX ⊂ X aperto tale che x ∈ UX ⊂ VX e
ind(∂UX ) ≤ n − 1.
L’insieme
U = UX ∩ M
è un aperto di M e x ∈ U ⊂ V . Inoltre ∂M U =
M ∩ U ∩ M ∩ M \ U è un sottospazio di ∂UX , quindi per l’ipotesi induttiva ind(∂M U ) ≤ ind(∂UX ) ≤ n − 1.
La definizione di piccola dimensione induttiva può apparire a prima vista molto strana. In realtà parte da un’osservazione molto semplice. Se
vogliamo dividere un segmento (connesso) in due parti, dobbiamo togliere
un punto, che ha dimensione inferiore di uno. Su un piano (connesso) utilizziamo una curva... e cosı̀ via. Si pensa quindi che questa possa essere
una proprietà caratterizzante della dimensione, ed infatti la definizione (1)
formalizza proprio quest’idea. Vediamo il tutto in maniera precisa.
1.1. LA PICCOLA DIMENSIONE INDUTTIVA [?]
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Definizione 2 Siano X uno spazio topologico e A, B ⊂ X disgiunti. Un
insieme L ⊂ X si dice partizione tra A e B se esistono U, W ⊂ X aperti
tali che
A⊂U
B⊂W
e
U ∩W =∅
X \ L = U ∪ W.
(1.1)
Naturalmente una partizione è un insieme chiuso.
Teorema 1 Sia X uno spazio regolare. Allora indX ≤ n ≥ 0 se e solo se
per ogni x ∈ X ed ogni chiuso B ⊂ X tale che x ∈
/ B esiste una partizione
L tra x e B tale che indL ≤ n − 1.
Dimostrazione. ⇒ Consideriamo x ∈ X ed un chiuso B ⊂ X tale che
x∈
/ B. Esiste quindi un intorno V di x tale che V ⊂ X \ B 2 e un aperto
U ⊂ X tale che x ∈ U ⊂ V e ind∂U ≤ n − 1. Si verifica facilmente che
L = ∂U è una partizione tra x e B.⇐ Sia x ∈ X e V un suo intorno. Allora
∃V ′ ⊂ V aperto tale che x ∈ V ′ . Sia L una partizione tra x e B = X \ V ′
tale che indL ≤ n − 1 e siano U, V gli aperti che soddisfano (1.1). Allora
abbiamo:
x∈U ⊂X \W ⊂X \B =V′ ⊂V
e
∂U ⊂ (X \ U ) ∩ (X \ W ) = X \ (U ∪ W ) = L,
cosı̀ per la proposizione (2) ind∂U ≤ n − 1 e infine indX ≤ n.
In ℜn un punto costituisce un chiuso, e separare due punti significa sconnettere lo spazio. Quindi la definizione un po’ strana data all’inizio rispecchia
la nostra idea!
Passiamo ora alla prossima sezione citando un teorema che lega i concetti
di piccola e grande dimensione induttiva.
Teorema 2 (primo teorema di separazione) Sia X uno spazio metrico
separabile3 con indX ≤ n ≥ 0. Allora per ogni A, B ⊂ X chiusi e disgiunti
esiste L partizione tra A e B tale che
indL ≤ n − 1.
La dimostrazione è lunga e non ci interessa: si può trovare su [DT78] pagina
45.
Come si può notare, le ipotesi sono un po’ più restrittive di prima: ℜn le
soddisfa, quindi non ci danno fastidio.
2
Infatti per la regolarità di X ∃U, W aperti tali che U ∩ W = ∅ e x ∈ U, B ⊂ W .
Quindi X \ W è un chiuso che non interseca B e che contiene U , cioè è l’intorno V cercato
3
Uno spazio topologico X è separabile se contiene un sottospazio Y numerabile e denso,
cioè Y = X. ℜn è separabile: infatti contiene Qn che è numerabile e denso.
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CAPITOLO 1. LA DIMENSIONE TOPOLOGICA
1.2
La grande dimensione induttiva
Il teorema (2) ci dice che in uno spazio (metrico e separabile) di dimensione
n possiamo separare non solo un punto da un chiuso, ma anche due chiusi
con un insieme di dimensione n − 1. Questo ci suggerisce la seguente
Definizione 3 Ad ogni spazio normale4 X viene asseganata la grande dimensione induttiva di X, denotata da IndX, che è un intero preso dall’insieme {−1, 0, 1, 2, 3, .., ∞}.
La definiznione di dimensione Ind consiste nelle condizioni seguenti:
(BC̆1) IndX = −1 se e solo se X = ∅;
(BC̆2) IndX ≤ n, dove n = 0, 1, .., se per ogni insieme chiuso A ⊂ X e ogni
aperto V ⊂ X che contiene A esiste un aperto U ⊂ X tale che:
A⊂U ⊂V
e
Ind∂U ≤ n − 1;
(BC̆3) IndX = n se IndX ≤ n e IndX > n − 1;
(BC̆4) IndX = ∞ se IndX > n per n = −1, 0, 1, ...
La grande dimensione induttiva viene anche chiamata dimensione di BrouwerC̆ech.
La dimostrazione dei seguenti due enunciati si costruisce come per la piccola
dimensione, quindi vengono qui tralasciate.
Proposizione 3 Siano X e Y due spazi topologici normali omeomorfi. Allora IndX = IndY , cioè la grande dimensione induttiva è un’invariante
topologica.
Teorema 3 Sia X uno spazio normale. Allora IndX ≤ n ≥ 0 se e solo se
per ogni coppia A, B ⊂ X di chiusi disgiunti esiste una partizione L tra A
e B tale che IndL ≤ n − 1.
Il motivo del nome di questa dimensione è dato dal seguente
Lemma 1 Per ogni spazio normale X si ha indX ≤ IndX.
Dimostrazione. Sorvolando sul caso banale IndX = ∞, consideriamo
IndX ≤ n e mostriamo che indX ≤ n, procedendo per induzione su IndX.
Se IndX = −1, allora X = ∅ e siamo a posto.
Supponiamo che la disuguaglianza sia valida per tutti gli spazi normali (e
4
Uno spazio topologico X si dice normale se per ogni E, F ⊂ X chiusi e disgiunti
esistono due aperti disgiunti U, V tali che E ⊂ U e F ⊂ V .
Equivalentemente X è normale se per ogni E ⊂ A ⊂ X con E chiuso ed A aperto esiste
U aperto tale che E ⊂ U e U ⊂ A.
1.3. LA DIMENSIONE PER RICOPRIMENTO
11
regolari) di dimensione al più n − 1 e che indX ≤ n ≥ 0. Siano x ∈ X e
V ′ un suo intorno. Allra esiste V ⊂ V ′ aperto con x ∈ V . Dato che X \ V
è chiuso e x ∈
/ X \ V , per la regolaritá di X esiste un aperto A′ tale che
X \ V ⊂ A′ e x ∈
/ A′ , cioè x ∈ A = X \ A′ che è chiuso e A ⊂ V . Cercando
di concludere, esiste quindi U aperto tale che
A⊂U ⊂V
e
Ind∂U ≤ n − 1.
Applicando l’ipotesi induttiva su ∂U otteniamo
x∈U ⊂V
e
ind∂U ≤ n − 1,
cioè indX ≤ n.
Teorema 4 Per ogni spazio metrico separabile si ha indX = IndX.
Dimostrazione. Grazie al Lemma dobbiamo solo dimostrare che indX ≥
IndX. Sorvolando ancora sul caso indX = ∞, procediamo per induzione su
indX. Se indX = −1, tutto si sistema. Supponiamo che la disuguaglianza
sia valida per tutti gli spazi di piccola dimensione induttiva al più n − 1, e
prendiamo X spazio metrico tale che indX = n.
Siano A, B ⊂ X chiusi e disgiunti. Allora per il primo teorema di separazione (2) esiste una partizione L tra A e B tale che indL ≤ n − 1. Quindi
segue dall’ipotesi induttiva e dal teorema (3) che IndX ≤ n. Otteniamo cosı̀
IndX ≤ indX e la dimostrazione è terminata.
1.3
La dimensione per ricoprimento
Se ricopriamo una porzione di piano con degli insiemi sufficientemente piccoli, scopriamo che c’è sempre un punto che äppartiene ad almeno tre insiemi¨;
in altre parole ci sono sempre tre insiemi ad intersezione non vuota. La analoga proprietà si riscontra anche sulla retta, in questo caso con due insiemi,
e nello spazio, in questo caso con quattro insiemi, quindi, come abbiamo
fatto precedentemente, la utilizziamo per caratterizzare la dimensione. In
effetti otterremo una dimensione che in certe condizioni si uniforma alle due
precedenti e al senso intuitivo.
Definizione 4 Sia X un insieme e A una famiglia di suoi sottoinsiemi.
Definiamo l’ordine di A (ordA) come il più grande intero n tale che esiste
una scelta di n + 1 insiemi in A con intersezione non vuota; se questo intero
non esiste, diremo che ordA = ∞.
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CAPITOLO 1. LA DIMENSIONE TOPOLOGICA
Equivalentemente una famiglia A = {As }s∈S haTordine ≤ n se ogni n + 2upla (s1 , . . . , sn+2 ) di indici distinti di S si ha n+2
i=1 Asi = ∅. Cosı̀ {∅} ha
ordine -1, mentre una famiglia di insiemi disgiunti due a due ma non vuoti
ha ordine 0.
Definizione 5 Diremo che un ricoprimento B è un raffinamento di un
altro ricoprimento A, o che B raffina A se per ogni B ∈ B esiste un A ∈ A
tale che B ⊂ A.
Ad esempio una sottofamiglia è un raffinamento.
Ora abbiamo tutti gli strumenti per affrontare la definizione.
Definizione 6 Ad ogni spazio normale X viene assegnata la dimensione
induttiva per ricoprimento di X, denotata da covX, che è un intero
preso dall’insieme {−1, 0, 1, 2, 3, .., ∞}.
La definiznione di dimensione cov consiste nelle condizioni seguenti:
(C̆L1) covX ≤ n, dove n = −1, 0, 1, .., se ogni ricoprimento aperto finito dello
spazio X ha un raffinamento aperto e finito di ordine ≤ n;
(C̆L2) covX = n se covX ≤ n e covX > n − 1;
(C̆L3) covX = ∞ se covX > n per n = −1, 0, 1, ...
Naturalmente, covX = −1 se e solo se X = ∅.
La dimensione induttiva per ricoprimento viene anche chiamata dimensione
di C̆ech-Lebesgue.
Proposizione 4 Siano X e Y due spazi omeomorfi. Allora covX = covY .
Ora si pone un problema: ma qual’è la dimensione giusta? In realtà, in certe
condizioni, le tre dimensioni sono la stessa. A noi interessa dimostrare questo
fatto solo per ℜn euclideo, anche se l’identità tra le prime due l’abbiamo già
dimostrata in un ambiente piú vasto.
Annunciamo il seguente:
Teorema 5 (della coincidenza) Sia X uno spazio metrico separabile. Allora indX = IndX = covX.
1.4
1.4.1
Facciamo un po’ di storia
Un po’ di storia delle tre definizioni di dimensione ind,
Ind e cov
La storia della definzione di piccola dimensione induttiva ind
La definizione di piccola dimensione induttiva fu formulata da Urysohn nel
1922 e da Menger nel 1923 (vedi [4]), entrambi gli articoli contenevano anche
1.4. FACCIAMO UN PO’ DI STORIA
13
il teorema del sottospazio. Menger ed Urysohn, indipendentemente, costruirono la struttura della teoria della dimensione di spazi metrici compatti, ma
Urysohn era avanti a Menger di un po’ di mesi e fu in grado di stabilire
un gran numero di proprietà basilari di dimensione. I risulatati di Urysohn
sono pesentati in un articolo in due parti, 1925 e 1926, pubblicati dopo la
morte dell’autore nel 1924, mentre i risultati di Menger sono contenuti nel
suo articolo 1923 e 1924 e nel suo libro del 1928.
La storia della definzione di grande dimensione induttiva Ind
La nozione di grande dimensione induttiva Ind è collegata alla nozione di
Dimesionsgrad di Brouwer. Una definizione formale di funzione dimensione
Ind nella classe degli spazi normali fu data prima da C̆ech nel 1931, che fu
un breve annuncio dei risultati nel suo articolo del 1932 dedicato allo studio
della grande dimensione induttiva.
La storia della definzione di dimensione di ricoprimento cov
La dimensione di ricoprimento cov fu formalmente introdotta e discussa
nell’articolo di C̆ech 1933; quest’articolo era relazionato ad una proprietà di
ricoprimento del n-cubo diadico I n scoperto da Lebescgue nel 1911.
1.4.2
La storia dell’uguaglianza fondamentale
Teorema fondamentale della teoria della dimensione
Per ogni numero naturale n si ha che:
indℜn = Indℜn = covℜn = n
Un po’ di storia
L’uguaglianza covℜn = n fu scoperta da Lebesgue nel 1911 e dimostrata da
Brouwer nel 1913; il buco nella dimostrazione originale di Lebesgue, data nel
1911, fu colmato in un suo articolo successivo del 1921. L’articolo di Brouwer
del 1913 conteneva anche una dimostrazione dell’uguaglianza Indℜn = n, che
è ridotto all’uguaglianza covℜn = n. L’uguaglianza indℜn = n fu stabilita
-anche da una riduzione all’uguaglianza covℜn = n e un’applicazione del
risultato di Lebesgue- da Menger nel 1924 e da Urysohn nel 1925.
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1.4.3
CAPITOLO 1. LA DIMENSIONE TOPOLOGICA
La storia della coincidenza delle tre nozioni di dimensione
Teorema della coincidenza
Per ogni spazio metrico separabile X si ha che:
indX = IndX = covX
Questa dimensione si può indicare anche con dimT X, e si può chiamare
dimensione topologica di X.
Un po’ di storia
L’uguaglianza indX =covX nel teorema appena citato fu ottenuta da Hurewicz nel 1927, mentre l’uguaglianza indX =IndX per ogni spazio metrico separabile fu annunciata da Brouwer nel 1924, mentre stava discutendo
la relazione fra il suo Dimesiongrad e la piccola dimensione induttiva ind
(Brouwer commentò che l’uguaglianza era conusciuta anche da Urysohn), la
dimostrazione fu data da Menger nel 1924 e da Urysohn nel 1926; per ogni
spazio metrico separabile l’uguaglianza di ind e Ind fu ottenuta da Tumarkin
nel 1926 (annuciata nel 1925) e da Hurewicz nel 1927.
Capitolo 2
Misura e dimensione di
Hausdorff
2.1
Teoria generale della misura
Introduzione
Di seguito esporrò il contenuto dell’articolo di Costantin Carathéodory cercando di essere fedele all’impostazione già data, ma tralasciando alcune parti
che non ci sono utili e dimostrazioni che sono state affrontate nel corso di
Analisi1 . Inoltre cercherò di chiarire alcune differenze tra l’impostazione data nel corso e quella dell’articolo.
In ogni caso, rimando all’articolo originale: “Über das lineare Maß von
Punktmengen” [1].
2.1.1
La misura esterna
La definizione completa di misura metrica regolare consiste in cinque assiomi. Carathéodory sceglie però di esporne inizialmente solo tre, da cui si
possono dedurre alcune proprietà, e in un secondo tempo glialtri due.
Definizione (I primi tre assiomi) Una funzione µ : P ℜq → [0, ∞]
è detta misura metrica regolare se:
C1) µ(∅) = 0.
C2) Siano A, B ⊂ ℜq . Se B ⊂ A allora µ(B) ≤ µ(A).
C3) Sia {Ai }i una successione di
P insiemi finita o numerabile e sia A la
loro unione. Allora µ(A) ≤ i µ(Ai ).
1
Naturalmente ho controllato che quelle dimostrazioni siano compatibili con il percorso
di Carathéodory
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CAPITOLO 2. MISURA E DIMENSIONE DI HAUSDORFF
2.1.2
Insiemi misurabili
Definizione 7 Un insieme A ⊂ ℜq si dice µ-misurabile se:
∀W ⊂ ℜq
µ(W ) = µ(A ∩ W ) + µ(W \ A)
Osservo che se µ(W ) = ∞, la relazione risulta comunque vera.
Per ora ci limitiamo a dare questa definizione, senza preoccuparci di dimostrarne l’esistenza perchè a questo serve il quarto assioma, come vedremo
poi.
Possiamo raccogliere tutti gli insiemi misurabili in una famiglia che indicheremo con M (µ).
Le varie proprietà degli insiemi misurabili si riassumono nel2
Teorema 6 La famiglia M (µ)è una σ-algebra, cioè:
(1) ℜq ∈ M (µ) oppure ∅ ∈ M (µ);
(2) ∀ M ∈ M (µ)
M c ∈ M (µ);
(3) ∀{Mi }i∈N ⊂ M (µ)
S
i∈N Mi
∈ M (µ);
su cui µ è σ-additiva, cioè:
(4) ∀{M
tc Mi ∩ Mj = ∅ ∀i 6= j ,
Si }i∈N ⊂M (µ)
P
µ
i∈N µ(Mi ).
i∈N Mi =
Noto che non è necessario considerare il caso di famiglie finite a parte,
dato che possiamo supporre µ(∅) = 0. Inoltre si aggiungono le seguenti
proposizioni:
Proposizione 5 Sia {Ai }i∈N ⊂ M (µ) tale che A1 ⊂ A2 ⊂ . . . e sia V la
loro unione. Allora:
µ(V ) = lim µ(An )
n→∞
Proposizione 6 {Ai }i∈N ⊂ M (µ) tale che A1 ⊃ A2 ⊃ . . . e sia D la loro
intersezione. Allora:
µ(D) = lim µ(An )
n→∞
se µ(A1 ) 6= ∞.
2
Vedi proposizioni 1,2,3,4,5,6,7 in [1]
2.1. TEORIA GENERALE DELLA MISURA
17
Dimostrazione delle proprietà degli insiemi misurabili
Lemma 2 ∅ ∈ M (µ).
Dimostrazione. Sia W un insieme qualsiasi. Allora µ(W ∩ ∅) + µ(W \ ∅) =
µ(∅) + µ(W ) = µ(W ), cioè ∅ ∈ M (µ).
Lemma 3 Il complementare di un insieme misurabile è misurabile.
Dimostrazione. Sia M ∈ M (µ). Allora ∀W ⊂ ℜq µ(W ) = µ(W ∩ M ) +
µ(W \ M ). Possiamo scrivere W ∩ M = W \ M c e W \ M = W ∩ M c . Quindi
otteniamo µ(W ) = µ(W ∩ M c ) + µ(W \ M c ), cioè M c ∈ M (µ).
Proposizione 7 L’intersezione di una famiglia finita di insiemi misurabili
è misurabile.
Dimostrazione. Siano A, B ∈ M (µ) e sia D = A ∩ B. Per la misurabilità
di A abbiamo:
µ(W ) = µ(W ∩ W ) + µ(W \ A)
(2.1)
Definiamo W1 = W ∩ A e per la misurabilità di B abbiamo:
µ(W1 ) = µ(W1 ∩ B) + µ(W1 \ B).
D’altra parte: W1 ∩ B = W ∩ D e W1 \ B = (A ∩ W ) \ D, cioè:
µ(W ∩ A) = µ(W ∩ D) + µ((A ∩ W ) \ D).
(2.2)
Definiamo W2 = W \ D e per la misurabilità di A abbiamo:
µ(W2 ) = µ(W2 ∩ A) + µ(W2 \ A).
D’altra parte: W2 ∩ A = A \ D e W2 \ A = W \ A, cioè:
µ(W \ D) = µ((W ∩ A) \ D) + µ(W \ A).
(2.3)
Quindi combinando le uguaglianze (2.1),(2.2) e (2.3) si ottiene la tesi.
Proposizione 8 Se A e B sono insiemi misurabili, allora anche A \ B è
misurabile.
Dimostrazione. Siano A, B ∈ M (µ). Allora semplicemente A \ B =
A ∩ B c ∈ M (µ).
Proposizione 9 Sia {Ai }i∈N una successione decrescente di insiemi misurabili, cioè tali che A1 ⊃ A2 ⊃ . . .. Allora la loro intersezione Ω è
misurabile.
18
CAPITOLO 2. MISURA E DIMENSIONE DI HAUSDORFF
Dimostrazione. Sia W un insieme qualsiasi di misura finita; poniamo:
Wn = W ∩ An e W0 = W ∩ Ω.
Dato che per ogni n Wn ⊃ Wn+1 e Wn ⊃ W0 e quindi µ(Wn ) ≥ µ(Wn+1 ) ≥
µ(W0 ), esiste il limite:
lim µ(Wn ) = λ
n→∞
e vale
µ(W0 ) ≤ λ
(2.4)
W = W0 ∪ (W \ W1 ) ∪ (W1 \ W2 ) ∪ · · ·
(2.5)
µ(W ) ≤ µ(W0 ) + µ(W \ W1 ) + µ(W1 \ W2 ) + · · · .
(2.6)
Osserviamo che:
e quindi
Poichè gli insiemi An sono misurabili possiamo scrivere:
µ(W \ W1 ) = µ(W \ A) = µ(W ) − µ(W1 )
(2.7)
µ(Wn−1 \ Wn ) = µ(Wn+1 \ An ) = µ(Wn−1 ) − µ(Wn )
(2.8)
e quindi la (2.6) diventa:
µ(W ) ≤ µ(W0 ) + µ(W ) − λ
che combinata con la (2.4) determina:
µ(W0 ) = λ.
Ora riprendiamo la (2.5) che combinata con (2.7) e (2.8) da:
µ(W \ W0 ) ≤ µ(W \ W1 ) + µ(W1 \ W2 ) + · · ·
≤ µ(W ) − λ
mentre dal fatto W \ W0 ⊃ W \ Wn si ottiene:
µ(W \ W0 ) ≥ µ(W \ Wn )
≥ µ(W ) − µ(Wn )
≥ µ(W ) − λ
Possiamo quindi concludere, utilizzando (2.9):
µ(W ) = λ + µ(W \ W0 )
= µ(W0 ) + µ(W \ W0 )
= µ(W ∩ Ω) + µ(W \ Ω)
Cioè Ω è misurabile.
(2.9)
2.1. TEORIA GENERALE DELLA MISURA
19
Proposizione 10 L’intersezione di una famiglia numerabile di insiemi misurabili è misurabile
Dimostrazione. Sia {Ai }i∈N una famiglia numerabile di insiemi misurabili
qualsiasi e D l’intersezione. Definiamo:
B1 = A1
B2 = A1 ∩ A2
...
Bn =
n
\
An
k=1
che sono misurabili per la proposizione (7), e lo è anche la loro intersezione
per la proposizione (9). D’altra parte quest’intersezione è proprio D.
Lemma 4 L’unione di una famiglia finita o numerabile di insiemi misurabili è misurabile.
Dimostrazione. Sia {Ai }i∈N una famiglia di insiemi misurabili. La loro
unione è misurabile, infatti:
\ c
[
Aci .
Ai =
i∈N
i∈N
Lemma 5 La misura dell’unione di una famiglia finita o numerabile di
insiemi misurabili disgiunti due a due è la somma delle misure.
Dimostrazione. Consideriamo prima il caso finito. Siamo A, B ∈ M (µ)
tali che A ∩ B = ∅. Allora per la misurabilità di A possiamo scrivere:
µ(A ∪ B) = µ((A ∪ B) ∩ A) + µ((A ∪ B) \ A) = µ(A) + µ(B)
Ora consideriamo una famiglia {Ai }i∈N di insiemi misurabili
Sn disgiunti due
a due e sia S la loro unione. Definiamo inoltre Sn = i=1 Ai . Dato che
S ⊃ Sn si ha per ogni n:
µ(S) ≥ µ(Sn ) =
n
X
µ(Ai ).
i=1
Se µ(S) = ∞ al limite anche il membro a destra deve convergere a +∞. Se
invece µ(S) < ∞ allora la successione di destra è superiormente limitata e
crescente, quindi converge ad un certo valore λ. D’altra parte l’assioma (3)
ci permette di concludere:
µ(S) =
∞
X
i=1
µ(Ai ).
20
2.1.3
CAPITOLO 2. MISURA E DIMENSIONE DI HAUSDORFF
Il quarto assioma
Questa condizione assume due forme equivalenti; vediamone la prima:
Definizione (il quarto assioma: prima versione)
C4a) Se A, B ⊂ ℜq sono due insiemi la cui distanza δ è non nulla, allora
vale:
µ(A ∪ B) = µ(A) + µ(B).
L’importanza di questo assima risiede nel seguente teorema che permette
di dimostrare:
Teorema 7 I boreliani sono misurabili.
La seguente definizione ci avvicina alla seconda formulazione del quarto
assioma:
Definizione 8 Un pluri-intervallo q-dimensionale nello spazio ℜq consiste nell’insieme dei punti le cui coordinate x1 . . . xq rispettano le equazioni:
|xk − x0k | < hk
k = 1, 2, . . . q
Teorema 8 Sia µ : P ℜq → [O, ∞] una funzione che soddisfa i primi
tre postulati enunciati. Allora vale C4a) se e solo se ipluri-intervalli sono
misurabili.
Ecco quindi la seconda versione offerta da Carathéodory :
Definizione (il quarto assioma: seconda versione)
C4b) I pluri-intervalli sono misurabili.
2.1.4
Il quinto assioma
Ora che abbiamo una misura con associata una famiglia di insiemi su cui è
additiva, il quinto assioma ci assicura un certo rapporto tra insiemi misurabili e non, rendendo possibile il collegamento del lavoro di Carathéodory
con il concetto di accoppiata che caratterizzava la teoria della misura precedente.
Definizione (il quinto assioma)
C5) ∀A ⊂ ℜq
µ(A) = inf{µ(B), B ∈ M (µ) tc B ⊃ A}
Con quest’ultimo assioma la definizione di misura esterna regolare si conclude. Cerchiamo ora di capire cosa giustifica la scelta del nome.
Fino a Carathéodory venivano utilizzate due misure, che possono essere
recu
perate anche in quest’impostazione: consideriamo la funzione µ : P ℜq →
[O, ∞] additiva sulla famiglia M (µ); quindi
2.1. TEORIA GENERALE DELLA MISURA
21
Definizione 9 (misura esterna) Definiamo una funzione µ∗ : P ℜq → [O, ∞]
cosı̀:
µ∗ (A) := inf{µ(B), B ∈ M (µ) tc B ⊃ A}
Definizione 10 (misura interna) Definiamo una funzione µ∗ : P ℜq → [O, ∞]
cosı̀:
µ∗ (A) := sup{µ(B), B ∈ M (µ) tc B ⊂ A}
Si capisce perchè la misura è stata chiamata esterna. Inoltre Carathéodory
dimostra che un insieme è misurabile se e solo se le due misure coincidono3 .
La particolarità del lavoro di Carathéodory sta nell’avere supposto una funzione misura definita sin da subito su tutti gli insiemi (anche i più strani
e complicati) che non fosse necessariamente additiva, ma che si avvalesse
di questa proprietà su una famiglia di insiemi più ristretta. Invece fino a
lui si definiva una misura additiva su insiemi ‘naturali’ (come i boreliani),
estendendola poi a tutti gli altri insiemi nel modo visto e ottenendo cosı̀ ben
due misure per ogni insieme. Il metodo di Carathéodory non solo riesce a
pareggiare il lavoro fatto fino ad allora, ma addirittura rimane ancor più generale ed elementare, poichè utilizza proprietà naturali degli insiemi. Il suo
lavoro sarà per questo cosiderato da tutti come fondamentale per la teoria
della misura.
2.1.5
Misura esterna e misura regolare
Nel corso di Analisi matematica4 è stata definita una misura esterna regolare
nel seguente modo:
Definizione 11 Una funzione µ : P ℜq → [O, ∞] è detta misura
esterna regolare se:
G1) µ(∅) = 0;
G2) Se A ⊂ B allora µ(A) ≤ µ(B);
G3) Sia {Ai }i∈N unaPfamiglia numerabile di insiemi, e sia A la loro unione.
Allora µ(A) ≤ i∈N µ(Ai );
G4) ∀A insieme ∃M ∈ M (µ)5 tale che µ(M ) = µ(A) e A ⊂ M .
3
Se sono entrambe ∞ è banalmente misurabile
Lezioni di Analisi Matematica, 4-5ud, a.a.2006-2007, disponibili in rete all’inidirizzo
www.science.unitn.it/∼ greco
5
Gli insiemi misurabili si definiscono alla solita maniera, e bastano i primi tre assiomi
per farlo
4
22
CAPITOLO 2. MISURA E DIMENSIONE DI HAUSDORFF
Questa definizione non è equivalente6 a quella data da Carathéodory .
Fondamentalmente qui manca l’assioma 4C), e quindi risulta essere più generale non coinvolgendo la metrica dello spazio. L’esistenza degli insiemi
misurabili è garantita da G1) e dalla Proposizione ??.
2.2
Una misura lineare
A questo punto Carathéodory definisce una specifica misura, esponendo un
metodo che sarà poi ripreso da Hausdorff, in modo sicuramente più semplice
e fertile. Presento comunque il lavoro di Carathéodory .
Definizione (misura lineare secondo Carathéodory ) Siano ρ > 0 e
A ⊂ ℜq con q > 1. Consideriamo le famiglie {Ui }i finite o numerabili tali
che:
(1) L’insieme A è contenuto nell’unione degli Ui ;
(2) ∀k dk < ρ, dove dk è il diametro dell’insieme Uk .
P
Definiamo quindi Lρ (A) come l’estremo inferiore delle somme
dk per tutti
i possibili ricoprimenti che rispettano (1) e (2). Infine definiamo:
L(A) = lim Lρ (A),
ρ→0
detta misura esterna lineare di A.
Carathéodory dimostra che questa è effettivamente una misura (che
rispetta C1-5) ) e le seguenti due proposizioni:
Proposizione 11 Sia γ una curva in ℜq continua e iniettiva. Allora L(γ)
e la sua lunhezza coincidono.
Proposizione 12 Un insieme di misura lineare finita assume misura di
Lebesgue nulla.
Queste due proposizioni chiariscono l’idea di misura lineare e rendono naturale l’esigenza di generalizzare il metodo, come riesce a fare la prossima
Definizione 12 Sia C ⊂ ℜq convesso. Il suo diametro p-dimensionale
d(p) è l’estremo superiore dei volumi di tutte le proiezioni ortogonali di C su
sottospazi affini di dimensione p.
Con il nuovo concetto di diametro si può definire in ogni spazio q-dimensionale
una misura p-dimensionale7 . Però l’impostazione data da Carathéodory risulta abbastanza complicata e poco maneggevole. Il lavoro di Hausdorff
permetterà proprio una semplificazione e un’immediata generalizzazione di
questo tipo di misura.
6
Basta considerare la misura µ(∅) = 0 , µ(A) = 5 altrimenti: rispetta gli assiomi G1-4)
ma gli unici insiemi misurabili sono ∅ e ℜq .
7
Per ora p deve essere intero, altrimenti non ha senso l’espressione ‘varietà lineari di
dimensione p’.
2.3. MISURA E DIMENSIONE
2.3
2.3.1
23
Misura e dimensione
Dimensione e ordine di una misura
Hausdorff riprendende in [2] la definizione di misura esterna regolare di
Carathéodory e tutta la teoria della misura da questi sviluppata. Quindi
introduce nuovi concetti inerenti alla misura:
Definizione 13 Una misura esterna L : P ℜq → [O, ∞] è detta di
dimensione p se:
∀A, B ⊂ ℜp
B = m · A ⇒ L(B) = mp L(A)
dove m ∈ ℜ.
Definizione 14 Due misure esterne M e L su ℜq si dicono dello stesso
ordine se assumono valori nulli, o finiti non nulli o ∞ sugli stessi insiemi.
Ad esempio sono dello stesso ordine due misure L e M tali che esistono due
costanti 0 < h, k ∈ ℜ e hL(A) ≤ M(A) ≤ kL(A)
∀A insieme.
Definizione 15 Siano M e L due misure esterne su ℜq . Se M(A) è nullo
quando L(A) è finito (o se L(A) è infinito quando M(A) è non nullo) allora
si dice che L è di ordine inferiore e M di ordine superiore.
Ad esempio se M(A) < ǫL(A) ∀ǫ > 0 e ∀A insieme.
2.3.2
Prima definizione di misura di Hausdorff
Ora Hausdorff definisce (io lo farò in tre passi) una misura esterna molto
generica, che si rivelerà assai potente.
Definizione 16 Una famiglia di insiemi limitati U è detta ricoprimento
secondo Hausdorff di ℜq se8 :
[
∀A ⊂ ℜq , ∀ǫ > 0 ∃{Ui tc Ui ∈ U , d(Ui ) < ǫ}i∈N tc A ⊂
Ui .
i∈N
Definizione 17 Dati un ricoprimento secondo Hausdorff U e una costante
ρ > 0 definiamo la misura secondo Hausdorff di approssimazione ρ
cosı̀:
o
nX
[
Ui e d(Ui ) < ρ
l (Ui ) tc A ⊂
Lρ (A) := inf
i
i
dove {Ui }i è finito o numerabile e l : U → [0, ∞] è una funzione qualsiasi.
8
Con d(Ui ) si intende il diametro di Ui .
24
CAPITOLO 2. MISURA E DIMENSIONE DI HAUSDORFF
Definizione 18 Dati un ricoprimento secondo Hausdorff U e una funzione
l : U → [0, ∞] definiamo la misura secondo Hausdorff :
L(A) := lim Lρ (A)
ρ→0
Naturalmente è necessario il seguente teorema:
Teorema 9 Questa funzione L rispetta le prime quattro condizioni di Carathéodory ; inoltre se U è costituito da insiemi boreliani, allora soddisfa
anche la quinta.
Dimostrazione del teorema
Per la dimostrazione del Teorema (9) Hausdorff rimanda all’articolo di Carathéodory , che ne espone una (per la giustificazione della misura lineare)
facilmente adattabile a questo caso. Quella che appare qui è proprio la
versione più generale.
Lemma 6 (Il primo assioma) La funizione L(A) è ben definita.
Dimostrazione. Infatti l’inf è unico, e per ρ → 0 ogni successione Lρ (A) è
crescente. Quindi anche il limite esiste ed è unico.
Lemma 7 (Il secondo assioma) Siano A, B ⊂ ℜq tali che B ⊂ A. Allora
L(B) ≤ L(A).
Dimostrazione. Osserviamo che ogni ricoprimento di A è anche un ricoprimento di B. Quindi:
Lρ (B) ≤ Lρ (A);
Da cui al limite si ha:
L(B) ≤ L(A).
Lemma 8 (Il terzo assioma) Sia {Ai }i una famiglia finita o numerabile
di insiemi e A la loro unione. Allora
X
L(A) ≤
L(Ai ).
i
Dimostrazione. Consideriamo solo il caso di famiglia numerabile:
quello
P
L(A
)
< ∞,
finito è analogo e più semplice. Supponiamo inoltre che
i
i
altrimenti è banale.
Dato ρ > 0 possiamo scegliere {Uki }k∈N in U che ricopre Ai e che
d(Uki ) < ρ
,
∞
X
k=0
l (Uki ) ≤ Lρ (Ai ) +
ρ
ρ
≤ L(Ai ) + i .
i
2
2
2.3. MISURA E DIMENSIONE
25
Ora raccogliamo tutti questi ricoprimenti ottenendo {Uki }k,i∈N che ricopre
A e che
L(A) ≤
∞
X
l (Uki ) ≤
∞ X
i=0
k,i=0
ρ X
L(Ai ) + ρ.
=
2i
∞
L(Ai ) +
i=0
Al limite ρ → 0 si mantiene la disuguaglianza e quindi la tesi.
Lemma 9 (Il quarto assioma) Se A, B ⊂ ℜq sono separati da una distanza δ non nulla, allora
L(A ∪ B) = L(A) + L(B).
Dimostrazione. Scegliamo ρ < δ/2 e consideriamo {Uk }k∈N in U che
ricopre A ∪ B e che
d(Uk ) < ρ
,
∞
X
l (Uk ) ≤ Lρ (A ∪ B) + ρ ≤ L(A ∪ B) + ρ
k=0
Ora segnamo come Uk′ gli insiemi che contengono almeno un punto di A e
di conseguenza (per la scelta di ρ) nessun punto di B, e Uk′′ gli altri. Dato
che queste due famiglie ricoprono A e B rispettivamente, possiamo scrivere:
Lρ (A) ≤
∞
X
l (Uk′ )
Lρ (B) ≤
∞
X
l (Uk′′ )
k=0
k=0
e quindi
Lρ (A) + Lρ (B) ≤
∞
X
k=0
l (Uk′ ) +
∞
X
l (Uk′′ )
k=0
≤ L(A ∪ B) + ρ.
Al limite ρ → 0 otteniamo L( A) + L( B) ≤ L(A ∪ B) che combinata con il
Lemma (7) da la tesi.
Lemma 10 (Il quinto assioma) Se la famiglia U è composta da boreliani,
allora per ogni A ⊂ ℜq :
n
o
L(A) = inf L(B), B ⊃ A e B misurabile .
Dimostrazione. Consideriamo una successione ρi > 0 infinitesima. Per
ogni i ∈ N possiamo prendere una famiglia {Uki }k∈N che ricopre A e che:
d(Uki ) < ρi ,
∞
X
k=0
l (Uki ) ≤ Lρi (A) + ρi ≤ L(A) + ρi
26
CAPITOLO 2. MISURA E DIMENSIONE DI HAUSDORFF
Definiamo ora per ogni i V i =
S
i
k∈N Uk
A=
\
e quindi
V i.
i∈N
Per questo insieme, dato che A ⊂ A, vale L(A) ≤ L(A) per il Lemma (7) e
inoltre, dato che ogni {Uki }k∈N ricopre A,
∀i ∈ N
L(A) ≤
∞
X
l (Uki ) ≤ L(A) + ρi .
k=0
Al limite ρ → 0 otteniamo L(A) ≥ L(A), che ci porta a L(A) = L(A). Ora
osseviamo che se gli Uki sono boreliani, allora sono misurabili 9 . D’altra parte
ogni V i è unione di boreliani, quindi boreliano e misurabile; l’intersezione
continua ad essere un boreliano, quindi A è misurabile, e si ha la tesi.
2.3.3
Confronto tra misure
Consideriamo ora la situazione in cui
• U e B due ricoprimenti s.H.;
• l : U → [0, ∞] e m : B → [0, ∞];
• L e M due misure s.H. definite con l e m rispettivamente, che rispettano
sicuramente le prime quattro condizioni di Carathéodory .
Quindi:
Lemma 11 Se U e B sono tali che ∀U ∈ U e ∀ǫ > 0
d(V ) < rd(U ) + ǫ ,
dove r, k sono due costanti positive,
allora:
Mrρ (A) ≤ kLρ (A)
∃V ∈ B tc U ⊂ V e
m(V ) < kl (U ) + ǫ
e
M(A) ≤ kL(A).
Ad esempio se U ⊂ B e l = m allora si ha k = r = 1 e M(A) ≤ L(A).
Teorema 10 Se U e B rispettano vicendevolmente le ipotesi del lemma,
allora esistono due costanti positive h e k tali che:
hL(A) ≤ M(A) ≤ kL(A)
e quindi le due misure sono dello stesso ordine.
Corollario 1 Nelle ipotesi del teorema, se k = h e B è formato da boreliani,
allora anche L soddisfa la quinta condizione di C.
9
Proposizione (7) a pagina 20
2.3. MISURA E DIMENSIONE
2.3.4
27
La funzione l
Dal percorso appena affrontato si nota che il quinto assioma da qualche
problema. Possiamo però risolvere le incertezze ponendo delle precise ipotesi
sulla funzione l .
Supponiamo che U sia la famiglia di tutti gli insiemi limitati.
Definizione 19 Una funzione l si dice chiusa se ∀U ∈ U
l (U ) = l (U )
Definizione 20 Una funzione l si dice continua se ∀ǫ > 0 ∃β > 0 tc
l (Uβ ) < l (U ) + ǫ
dove Uβ :=
S
◦
x∈U
Bβ (x).
Definizione 21 Una funzione l si dice monotona se U ⊂ V
l (V ).
⇒ l (U ) ≤
Teorema 11 Se l è chiusa o continua allora L è una misura esterna, cioè
rispetta anche il quinto postulato.
A questo punto Hausdorff dimostra che possiamo scegliere B ⊂ U costituito
da boreliani ed ottenere la medesima misura L.
Questi risultati saranno davvero utili e semplificano di molto i controlli da
eseguire su una funzione L che si candida a misura esterna.
2.3.5
Seconda definizione di misura di Hausdorff
Questa seconda definizione è in realtà un caso particolare della prima, ma
sarà quella da noi utilizzata.
Definizione 22 Dato un valore p ≥ 0 scegliamo come U la famiglia delle
palle e definiamo la misura di Hausdorff di dimensione p
nX
o

[

Hp (A) = lim inf
Ui , d(Ui ) < ρ
(2.10)
ω
ep · d(Ui )p A ⊂
ρ→0
dove
i
i
p
ω
π2
= p
ω
ep = p
p
2 · Γ( 2 + 1)
2
è il volume della sfera di diametro unitario10 .
10
con ω si indica la costante usata nel corso di Analisi (e cioè il volume della sfera di
raggio unitario); con ω
e si indica la costante utilizzata da Hausdorff .
28
CAPITOLO 2. MISURA E DIMENSIONE DI HAUSDORFF
È facile verificare che questa è una misura regolare: rispetta la prima definizione 11 e inoltre le sfere sono boreliani, quindi viene rispetta anche la
quinta condizione. La scelta della famiglia U è arbitraria: se si prendessero
cubi o intervalli p-dimensionali o altri insiemi, basterebbe cambiare il fattore ω
ep per ottenere comunque delle misure dello stesso ordine: non è però
necessario che le misure siano uguali!
Proposizione 13 Sia λ > 0. Allora: Hp (λA) = λp Hp (A).
Dimostrazione. La dimostrazione è semplice...
Questo ci rassicura sulla fondatezza dell’espressione ‘di dimensione p’.
2.3.6
Dimensione di Hausdorff
In questo capitolo abbiamo parlato di dimensione riferendoci soltanto alla misura e non agli insiemi. Ora vogliamo in qualche modo definire la
dimensione di un insieme utilizzando quella della misura utilizzata. Prima vediamo un comportamento particolare della misura di Hausdorff, e poi
tutto diventerà naturale.
Proposizione 14 Se Hp (A) = 0 allora ∀ǫ > 0 si ha Hp+ǫ (A) = 0.
Dimostrazione. Sia 1 > ρ > 0 e {Ui }i un ricoprimento con sfere di A tale
che d(Ui ) < ρ. Allora 12 :
X
X
ω
ep+ǫ d(U − i)p+ǫ ≤
ω
ep d(Ui )p
i
i
p
e quindi Hp+ǫ
ρ (A) ≤ Hρ (A) = 0. Questa disuguaglianza si mantiene anche al
limite, e quindi si ha la tesi. Proposizione 15 Se Hp (A) = ∞ allora ∀ǫ > 0 si ha Hp−ǫ (A) = ∞.
Dimostrazione. Sia 1 > ρ > 0 e {Ui }i un ricoprimento con sfere di A tale
che d(Ui ) < ρ. Allora:
X
X
ω
ep−ǫ d(Ui )p−ǫ ≥
ω
ep d(Ui )p
i
i
p
e quindi Hp−ǫ
ρ (A) ≥ Hρ (A) = ∞. Questa disuguaglianza si mantiene anche
al limite, e quindi si ha la tesi. A questo punto si può introdurre la
11
la (16) a pagina 23
Ricordando che la funzione t →
7 Γ(t + 1) è crescente per t > 0 come n!, possiamo
scrivere
p+ǫ
p
π 2
π2
> p+ǫ
ω
ep = p
=ω
ep+ǫ .
p
2 · Γ( 2 + 1)
2
· Γ( p+ǫ
+ 1)
2
12
2.4. UN INSIEME DI MISURA P
29
Definizione 23 Sia A ⊂ ℜq . Diremo che A ha dimensione di Hausdorff
p (dimH (A)= p) se per ogni ǫ > 0 vale:
Hp+ǫ (A) = 0
Hp−ǫ (A) = ∞
(2.11)
La bontà di questa definizione ci viene assicurata dalle due Proposizioni
precedenti.
2.4
Un insieme di misura p
Ora vogliamo dimostrare l’esistenza di un insieme A di dimensione p ∈ ℜ+
qualsiasi. Cominciamo considerando 0 < p < 1 (i valori interi sono banali).
Scegliamo una successione di numeri positivi ξ0 = 1, ξ1 , ξ2 , . . .
tali che ξn+1 < ξn+1
2 . Prendiamo l’intervallo chiuso [0, 1] e ne leviamo l’intervallo aperto centrale di lunghezza ξ0 − 2ξ1 , che indichiamo con β(1/2).
Con i due intervalli laterali restanti facciamo la stessa cosa, cioè leviamo due
intervalli centrali di lunghezza ξ1 − 2ξ2 , che indichiamo con β(1/4) e β(3/4).
Iterando questo processo all’infinito otteniamo una successione
S di intervalli
n
disgiunti β(k/2 ) con k = 1 . . . (n − 1), e l’insieme A = [0, 1] \ n,k β(k/2n ).
Possiamo porre una certa condizione sulla successione degli ξn , cioè:
2n ξnp = 1
1
p
p
. Infatti 2n−1 ξn−1
= 2n ξnp → ξn−1
= 2ξnp → ξn−1 = 2 p ξn > 2ξn perchè
p < 1.
Questo insieme A è di dimensione di Hausdorff p.
La dimostrazione si dilunga e non intendo riportarla qui. Cercherò comunque offrire una giustificazione intuitiva.
In pratica quello che dobbiamo mostrare è 0 < L(p) (A) < ∞; precisamente troviamo che L(p) (A) = 1. Se noi prendiamo ρ > ξn possiamo
ricoprire molto bene il nostro insieme con 2n intervalli lunghi ξn . Quindi
P
p
n
n p
k=1 ξn = 2 ξn = 1, da cui ‘deduciamo’ che Lρ (A) = 1. Quest’argomentazione non può essere dimostrativa (se non del fatto che L(p) (A) ≤ 1), ma
spero possa convincere l’intuito.
Proposizione 16 Siano A, B due insiemi di dimensione di Hausdorff p e
q rispettivamente. Allora dimH (A × B) = dimH (A) + dimH (B).
Grazie a quest’ultimo risultato, possiamo costruire un insieme di dimensione
di Hausdorff p ≥ 0 qualsiasi.
30
CAPITOLO 2. MISURA E DIMENSIONE DI HAUSDORFF
Capitolo 3
Gli insiemi frattali
3.1
Autosimilarità
L’autosimilarità è uno dei modi più facili per produrre esempi di frattali. Qui
tratteremo la questione di quando la dimensione similare può essere usata
per calcolare la dimensione di Hausdorff. Quando le due coincidono abbiamo
infatti una situazione propizia: la dimensione similare è facile da calcolare
mentre la dimensione di Hausdorff è applicabile più in generale e ha molte
proprietà utili. Sia (r1 , r2 , · · · , rn ) una n-upla di rapporti di contrazione. Sia
(f1 , f2 , · · · , fn ) un corrispondente sistema di funzioni iterate di similitudini
in Rd . Accade che dim K ≤ s, con la disuguaglianza stretta che si verifica
quando c’è troppa sovrapposizione tra i pezzi fi [K]. Noi considereremo la
condizione di Moran che assicura che dim K = s. (vedi [3])
3.1.1
Rapporti di contrazione
Una n-upla di rapporti è una n-upla finita di numeri postivi (r1 , r2 , · · · , rn ).
Un sistema di funzioni iterate che realizza una n-upla di rapporti
(r1 , r2 , · · · , rn ) in uno spazio metrico è una n-upla (f1 , f2 , · · · , fn ) dove
fi : S → S è una similitudine di rapporto ri . Un insieme non vuoto compatto K ⊆ S è un insieme invariante per il sistema di funzioni iterate
(f1 , f2 , · · · , fn ) se e solo se K = f1 [K] ∪ f2 [K] ∪ · · · ∪ fn [K].
Per esempio la polvere di Cantor è un insieme invariante per un sistema
di funzioni iterate che realizzano la n-upla di rapporti (1/3, 1/3). La guarnizione di Sierpiński è un insieme invariante per un sistema di funzioni iterate
che realizzano la n-upla di rapporti (1/2, 1/2, 1/2).
La dimensione associata alla n-upla di rapporti (r1 , r2 , · · · , rn ) è il
numero positivo s tale che r1s + r2s + · · · + rns = 1.
Teorema 12 Sia (r1 , r2 , · · · , rn ) una n-upla di rapporti. Supponiamo ogni
31
32
CAPITOLO 3. GLI INSIEMI FRATTALI
ri < 1. Allora esiste un unico numero non negativo s che soddisfa
n
X
ris = 1
i=1
Il numero s è 0 se e solo se n = 1.
Dimostrazione. Si consideri la funzione Φ : [0, ∞) → [0, ∞) definita da
Φ(s) =
n
X
ris
i=1
Φ è continua, Φ(0) = n ≥ 1 e lims→∞ Φ(s) = 0 < 1. Quindi, per il teorema
del valor medio, esiste almeno un valore s per cui Φ(s) = 1. La derivata di
Φ è
n
X
ris log ri
i=1
Questa è < 0 quindi Φ è strettamente decrescente. Perciò esiste una e una
sola soluzione s per Φ(s) = 1. Se n > 1 abbiamo che Φ(0) > 1, quindi s 6= 0.
3.1.2
La dimensione similare
Il numero s è chiamato dimensione similare di un insieme (compatto e
non vuoto) K se e solo se esiste una decomposizione finita di K
K=
n
[
fi [K]
i=1
dove (f1 , f2 , · · · , fn ) è un sistema di funzioni iterate di similitudini che realizzano una n-upla di rapporti con dimensione s.
E’ naturalmente ammissibile che un dato insieme ammetta due differenti
decomposizioni, e quindi due differenti dimensioni similari. Quindi forse
avrebbe più senso chiamare s la dimensione similare del sistema di funzioni
iterate. Vedremo più avanti che sotto le giuste ipotesi la dimensione di
similarità di un insieme K coincide con la dimensione di Hausdorff di K,
che è univocamente determinata dall’insieme stesso.
Consideriamo, per esempio, un intervallo [a, b]. E’ l’unione di due intervalli più piccoli [a, (a + b)/2] e [(a + b)/2, b]. Ognuna di queste due parti
è simile all’intero insieme con rapporto 1/2. La dimensione della n-upla di
rapporti (1/2, 1/2) è la soluzione s dell’equazione
s
1
2
=1
2
3.2. IL TEOREMA DI MORAN
33
quindi s = 1. La dimensione similare è 1.
Possiamo comunque scrivere [0, 1] = [0, 2/3] ∪ [1/3, 1], che corrisponde alla n-upla di rapporti (2/3, 2/3) e porta a una dimensione maggiore
di 1. Quindi affinchè la dimensione similare sia caratteristica dell’insieme
dobbiamo in un certo senso limitare le sovrapposizioni: questo grazie alla
condizione di Moran, che prenderemo in esame più avanti.
Proposizione 17 Sia S uno spazio metrico completo, sia (r1 , r2 , · · · , rn )una
n-upla di rapporti di contrazione e sia (f1 , f2 , · · · , fn )un sistema di funzione
iterate di similarità in S che realizza la n-upla di rapporti. Allora esiste
un unico insieme invariante compatto non vuoto per il sistema di funzioni
iterate.
3.2
3.2.1
Il teorema di Moran
Stringhe modello
Vediamo per semplicità di prendere in esame lo spazio di stringhe utile a
modellizzare l’insieme di Cantor. Esso presenta l’intuitiva rappresentazione
grafica di un albero binario infinito. Consideriamo l’insieme alfabeto
E = {0, 1} e quindi le stringhe o parole costruite con le lettere dell’alfabeto. Per esempio
001010011
Il numero di simboli in una stringa α è detto lunghezza della stringa e
indicato con | α |. La stringa qui sopra ha lunghezza 9. Per convenzione
diciamo che esiste un unica stringa di lunghezza 0, chiamata la stringa
vuota, che indichiamo con Λ.
Se α e β sono due stringhe, possiamo formare la stringa αβ detta la
concatenazione delle due elencando le lettere dell’una accanto seguite dalle
lettere dell’altra. L’insieme di tutte le stringhe finite dall’alfabeto E = {0, 1}
può essere identificato con l’albero binario infinito: la radice dell’albero
corrisponde a Λ; se α è una stringa il figlio sinistro di α è α0 mentre il
figlio destro è α1. Indichiamo con E (n) l’insieme delle stringhe di lunghezza
n dall’alfabeto E. (Ricorda che E (0) ha come unico elemento Λ.) Indichiamo
con E (∗) l’insieme di tutte le stringhe di lunghezza finita e con E (ω) l’insieme
delle stringhe infinite dall’alfabeto E. La stringa α è un antenato della
stringa β se e solo se esiste γ tale che β = αγ. In questo caso scriviamo
α ≤ β. Se | α |≥ n, scriviamo α ↾ n per indicare la parte iniziale di α di
lunghezza n
34
CAPITOLO 3. GLI INSIEMI FRATTALI
3.2.2
La condizione e il teorema di Moran
Il sistema di funzioni iterate (f1 , f2 , · · · , fn ) soddisfa la condizione di Moran se e solo se esiste un insieme aperto non vuoto U per cui abbiamo
fi [U ] ∩ fj [U ] = ⊘ per i 6= j e U ⊆ fi [U ] per tutti gli i.
Per esempio, consideriamo la polvere di Cantor. Le similitudini sono:
f0 (x) =
x
3
x+2
3
L’insieme aperto U = (0, 1) soddisfa la condizione di Moran: le due immagini
sono (0, 1/3) e (2/3, 1), che sono disgiunte e contenute in U .
Sia E un alfabeto di n lettere. Scriviamo la n-upla di rapporti come
(re )e∈E e il sistema di funzioni iterate come (fe )e∈E . Per semplificare la
notazione scriveremo e(x) al posto di fe (x) e similmente α(x) per una stringa
finita α. Con questa notazione la mappa modello h : E (ω) → Rd soddisfa
h(eα) = e(h(α)) per α ∈ E (∗) e e ∈ E. La condizione di Moran implica
che α[U ] ∩ β[U ] = ⊘ per due stringhe α, β ∈ E (∗) a meno che una non
sia segmento iniziale dell’altra. Se α è una stringa di lunghezza k ≥ 1
indichiamo con α− il genitore di α, ovvero α− = α ↾ (k − 1).
f1 (x) =
Teorema 13 (di Moran) Sia (re )e∈E una n-upla di rapporti di contrazione. Sia s la sua dimensione, e sia (fe )e∈E una realizzazione in Rd . Sia
K l’insieme invariante. Se la condizione di Moran è soddisfatta, allora
dimK = s
Dimostrazione. Affermo che esiste una costante c > 0 tale che: se A ⊆ K
allora l’insieme
n
o
T = α ∈ E (∗) : α[U ] ∩ A 6= ⊘, diam α[U ] < diam A ≤ diam α− [U ]
ha al più c elementi.
Al variare di α in T , gli insiemi α[U ] sono disgiunti, poichè nessun α è
segmento iniziale di un altro. La mappa fα è una similitudine con ragione
pari a diam [α], quindi se ω è il diametro di U allora ω diam [α] è il diametro
di α[U ]. Se r = minre , allora
diam α[U ] = ω diam [α] ≥ ωr diam [α− ] = r diam α− [U ] ≥ r diam A
Se p = Ld (U ) è il volume di U allora il volume di α(U ) è
diam α[U ] d prd
d
L (α[U ]) = p ·
≥ d (diam A)d
diam U
ω
Se x è un punto di A, allora ogni punto di ogni insieme α[U ] per α ∈ T
è dentro la distanza diam A + diam α[U ] ≤ 2 diam A di x. Se m è il
3.3. ESEMPI DI FRATTALI
35
numero di elementi di T , allora abbiamo m insiemi disgiunti α[U ], tutti
con volume come minimo (prd /ω d )(diam A)d , contenuti dentro una palla di
raggio 2 diam A. Quindi se t = Ld (B1 (0)) è il volume della palla unitaria,
abbiamo
mprd
(diam A)d ≤ t(2 diam A)d
ωd
Risolvendo in m abbiamo
tω d 2d
m≤
prd
In conclusione possiamo usare la costante c = tω d 2d /prd , dove r = minre ,
t è il volume della palla unitaria, p è il volume di U , e ω è il diametro di U .
Ora affermo che esiste una costante positiva b tale che per ogni boreliano
A ⊆ K, abbiamo
M(h−1 [A]) ≤ b (diam A)s
S
S
Dato A, si T come sopra. Quindi A ⊆ α∈T α[U ], e h−1 [A] ⊆ α∈t [α]. Se
α ∈ T , allora M([α]) = (diam [α])s = ((1/ω)diam α[U ])s ≤ (1/ω s )(diam A)s .
Quindi
X
M(h−1 [A]) ≤
M([α]) ≤ c(ω s )(diam A)s
α∈T
Quindi b = c/ω d va bene.
Infine, per il teorema Metodo I, 1 = M(h−1 [K] ≤ bHs (K) per cui
abbiamo dim K ≥ s. 3.3
Esempi di frattali
Una delle sorprendenti idee che sono alla base dell’idea di frattale è che
la dimensione di un insieme possa essere un numero reale non intero. Se
diciamo che un insieme C nel piano ha dimensione 1.7 allora intendiamo che
le sue proprietà stanno tra quelle di una curva (dimensione 1) e quelle di una
regione aperta (dimesione 2). Un’altra caratteristica precipua dei frattali li
differenzia abissalmente dagli insiemi della geometria classica. Tipicamente,
un frattale appare irregolare; ma cosa più importante, anche ingrandito a
piacere appare ancora irregolare, mentre un insieme tipico della geometria
classica diventa molto semplice alla vista se ingrandito a sufficienza.
3.3.1
La polvere di Cantor
L’insieme di Cantor, altrimenti detto polvere di Cantor1 fu introdotto nel
1883 dal matematico tedesco Georg Cantor nell’articolo Sulla potenza degli
insiemi perfetti di punti. Grazie al suo studio egli stesso ed altri posero le
fondamenta della moderna topologia generale.
1
Il termine polvere si riferisce al fatto che l’insieme è 0-dimensionale
36
CAPITOLO 3. GLI INSIEMI FRATTALI
Costruzione per trema. L’insieme di Cantor è definito in modo ricorsivo, partendo dall’intervallo [0, 1], e rimuovendo ad ogni passo un segmento (detto trema) aperto, centrale da ogni intervallo. Al primo passo
rimuoviamo dall’intervallo chiuso C0 = [0, 1] il sotto-intervallo (1/3, 2/3),
e otteniamo C1 = [0, 1/3] ∪ [2/3, 1]. Al secondo passo rimuoviamo un segmento aperto centrale in entrambi questi intervalli (avente lunghezza un
terzo della lunghezza del segmento, come al primo passo), e otteniamo
C2 = [0, 1/9] ∪ [2/9, 1/3] ∪ [2/3, 7/9] ∪ [8/9, 1]. L’insieme di Cantor è il
limite C della sequenza di insiemi Cn ottenuti applicando infinite volte questo procedimento ricorsivo. Abbiamo che C0 ⊆ C1 ⊆ C2 ⊆ · · ·. Definiamo
quindi il limite come l’intersezione degli insiemi,
\
C=
Ck
k∈N
Figura 3.1: Polvere di Cantor
Rappresentazione in coordinate. Esiste un modo conveniente di caratterizzare gli elementi della polvere di Cantor in termini della loro espansione
in base 3. Possiamo chiaramente rappresentare ogni numero x tra 0 e 1 nella
forma
−1
X
aj 3j
x=
j=−∞
con le cifre 0, 1, 2.
Proposizione 18 Sia x ∈ [0, 1]. Allora x appartiene alla polvere di Cantor
se e solo se x ammette rappresentazione in base 3 usando solo le cifre 0 e 2.
Per quanto riguarda la polvere di Cantor notiamo che
C = f1 [C] ∪ f2 [C]
dove le due funzioni f1 ed f2 sono similitudini definite da
f1 (x) =
x
,
3
f2 =
x+2
3
3.3. ESEMPI DI FRATTALI
37
La coppia (f1 , f2 ) costituisce quindi il sistema di funzioni iterate per l’insieme invariante C.
Calcolo della dimensione. La dimensione topologica dell’insieme di Cantor è pari a 0 essendo l’insieme formato da un numero infinito di punti
disconnessi. Ogni coppia di punti dell’insieme è infatti separabile da un
punto che non vi appartiene: se facciamo ricorso alla descrizione in termini
della rappresentazione in base 3, basta prendere un numero ad hoc con la
cifra 1 nell’espansione. Possiamo invece calcolare la dimensione di Hausdorff
grazie al teorema di Moran avendo nel capitolo precendente verificato che
la condizione di Moran è soddisfatta. La polvere di Cantor è l’insieme invariante per un sistema di funzioni iterate che realizza la coppia di contrazioni
(1/3, 1/3), quindi la dimensione similare è la soluzione s dell’equazione
s
1
2
=1
3
quindi s = log 2/ log 3, circa 0.6309. Il teorema di Moran ci garantisce che
questa coincide con la dimensione di Hausdorff dell’insieme invariante.
3.3.2
La guarnizione di Sierpiński
Il triangolo di Sierpiński, altrimenti detto guarnizione di Sierpiński è
stato descritto nel 1915 dal matematico polacco Waclaw Sierpiński in Su
di una curva i cui punti sono tutti punti di ramificazione. Costruito originariamente come una curva, rappresenta uno dei classici esempi di insiemi
autosimilari.
Costruzione per trema. Partiamo con il triangolo equilatero pieno di lato
unitario S0 . Lo suddividiamo in quattro triangoli più piccoli collegando i
punti medi dei lati ed eliminiamo il triangolo centrale ottenendo S1 . Applicando ricorsivamente il procedimento otteniamo la sequenza Sk di insiemi.
La guarnizione di Sierpiński è il limite della sequenza
\
Sk
S=
k∈N
Calcolo della dimensione. La dimensione topologica del triangolo di
Sierpiński è pari a uno. Per comprendere questo risultato si pensi a ciò
che rimane del triangolo di partenza quando il processo di eliminazione del
triangolo interno a ciascun triangolo, è iterato all’infinito. Ciò che rimane è
un intreccio di rette che formano il perimetro dei triangoli. Possiamo invece
calcolare la dimensione di Hausdorff grazie al teorema di Moran. L’interno
U del primo triangolo S0 soddisfa infatti la condizione di Moran. Le tre
immagini sono infatti tre triangoli più piccoli, contenuti in U e disgiunti.
Abbiamo quindi che la dimensione similare è la soluzione s di
s
1
3
=1
2
38
CAPITOLO 3. GLI INSIEMI FRATTALI
cioè s = log 3/ log 2, circa 1.585. La guarnizione di Sierpiński è quindi un
frattale con proprietà intermedie tra quelle di una linea e di una regione di
piano, avendo dimensione compresa tra 1 e 2.
Figura 3.2: Guarnizione di Sierpiński
3.3.3
La curva di Von Koch
La curva di Koch è stata una delle prime curve frattali ad essere descritte: apparve infatti nel 1904 in un articolo intitolato Su una curva continua
senza tangente ottenuta da una costruzione geometrica elementare ad opera
del matematico svedese Helge Von Koch. Il fiocco di neve di Koch presenta
una costruzione analoga, partendo da un triangolo equilatero invece che da
un segmento.
Costruzione. Prendiamo un segmento e dividiamolo in tre parti uguali, costruiamo un triangolo equilatero con base il segmento centrale, indi togliamo
proprio tale segmento. Ora applichiamo lo stesso procedimento indefinitamente su ognuno dei quattro lati ottenuti. La curva di Koch è il limite di
queste iterazioni.
Calcolo della dimensione. La dimensione topologica della curva di Koch
è pari a 1: se si potesse stirare la curva si otterrebbe di nuovo una retta
continua di dimensione uno. D’altronde una curva è omeomorfa a una retta.
La dimensione similare è la soluzione dell’equazione:
s
1
4
=1
3
cioè s = log 4/ log 3, circa 1.262.
3.3. ESEMPI DI FRATTALI
Figura 3.3: Curva di Von Koch
39
40
3.4
CAPITOLO 3. GLI INSIEMI FRATTALI
Alcune questioni interessanti
Esiste una curva continua del piano senza autointersezione (necessariamente di dimensione topologica 1) che abbia dimensione di Hausdorff 2?
Una curva di Peano è una curva che ricopre interamente in quadrato. L’esistenza di queste curve è stata scoperta da Giuseppe Peano nel 1890 ed è
stata fonte di grande imbarazzo per i matematici, almeno fino a Brouwer
che nel 1911 riporta ordine con la nascita della teoria della dimensione. Egli
infatti dimostra che l’esistenza di un omeomorfismo tra due aperti non vuoti, rispettivamente di Rn e di Rm , impone che si abbia n = m. Una curva di
Peano è una curva parametrizzata da una funzione continua dall’intervallo
[0, 1] al quadrato Q: è quindi suriettiva ma non iniettiva ne derivabile. In
mancanza dell’iniettività presenta quindi necessariamente autointersezioni.
Se fosse iniettiva infatti sarebbe un omeomorfismo tra l’intervallo unitario e
il quadrato unitario, in contrasto con il risultato di Brouwer.
Figura 3.4: La curva di Hilbert è una curva di Peano
L’insieme degli irrazionali è un frattale secondo la definizione di Mandelbrot?
Consideriamo l’insieme I degli irrazionali in [0, 1].
Proposizione 19 La dimensione topologica di I è zero.
Dimostrazione. Sia x ∈ I e V ⊂ I un suo intorno. Allora esistono due
razionali q1 e q2 tali che x ∈ (q1 , q2 ) ∩ I ⊂ V . Chiamiamo U = (q1 , q2 ) ∩ I
e dimostriamo che dimT (∂U ) ≤ −1 cioè ∂U = ∅:
◦
U
U
∂U
= (q1 , q2 ) ∩ I
= [q1 , q2 ] ∩ I
=
◦
U\ U
= U
= U
= ∅
3.4. ALCUNE QUESTIONI INTERESSANTI
41
Proposizione 20 La dimensione di Hausdorff di I è 1.
Dimostrazione. Ci basta osservare che l’insieme dei razionali in [0, 1], essendo numerabile, ha misura 1-dimensionale nulla. Essendo inoltre boreliano
(quale unione numerabile di punti) è misurabile e quindi:
1 = H1 ([0, 1]) = H1 ([0, 1] ∩ Q) + H1 ([0, 1] \ Q) = 0 + H1 (I ).
Quindi possiamo concludere che l’insieme I è un frattale di Mandelbrot.
42
CAPITOLO 3. GLI INSIEMI FRATTALI
Capitolo 4
Le biografie
Le seguenti biografie sono tutte tratte da [7].
Witold Hurewicz (1904-1956)
Nacque il 29 giugno 1904 a Lodz (all’epoca Impero Russo, ora Polonia).
Witold frequentò una scuola polacca controllata dai russi, ma con l’inizio
della prima guerra mondiale lui cominciò la scuola secondaria e enormi cambiamenti accaddero in Polonia.
Rapidamente una forte scuola di matematici cominciò la sua crescita all’università di Varsavia, con la topologia che diventò la materia principale.
Nonostante Hurewicz conoscesse della topologia studiata in Polonia scelse
di andare a Vienna per proseguire i suoi studi.
Studiò sotto la guida di Hans Hahn e Karl Menger a Vienna. Lui fu assistente di Brouwer a Amsterdam dal 1928 al 1936. Gli fu concesso un riposo
dallo studio per un anno che decise di passare negli U.S.A.. Visitò l’istituto
per gli studi avanzati a Princeton e poi decise di rimanere negli U.S.A. e
non tornare nella sua posizione ad Amsterdam.
Hurewicz lavorò prima all’università del nord Carolina, ma durante la seconda guerra mondiale contribuı̀ alla guerra con la ricerca in matematica
applicata, in particolare il lavoro che fece sui servomeccanismi all’epoca fu
classificato per la sua importanza militare. Dal 1945 fino alla sua morte
lavorò al Massachusetts Institute of Technology. Hurewicz morı̀ cadendo da
una ziggurat (una piramide messicana) ad una conferenza al simposio internazionale sulla topologia algebrica in Messico.
Un secondo libro di Hurewicz fu pubblicato, ma non prima del 1958 dopo
la sua morte. Lectures on ordinary differential equations è una bellissima
introduzione alle equazioni differenziali ordinarie che riflette la sua chiarezza
del suo pensiero e la qualità della sua scrittura.
43
44
CAPITOLO 4. LE BIOGRAFIE
Henri Leon Lebesgue (1875-1941)
Nacque nel 1875 a Beauvais (in Francia).
Lebesgue entrò al Ecole Normale Superieure a Parigi nel 1894 e gli fu assegnato il diploma di insegnamento in matematica nel 1897. Per i successivi
due anni studiò nella sua biblioteca dove lesse articoli di Baire sulle funzioni
discontinue e scoprı̀ che molto altro ancora poteva essere realizzato in questo
campo.
Lebesgue fu nominato professore al Lycee Centrale a Nancy dove insegnò dal
1899 al 1902. Costruendo sul lavoro di altri, inclusi Emile Borel e Camille
Jordan, Lebesgue formulò la teoria della misura nel 1901 e nel suo famoso
articolo “Sur generalisation de l’integrale definie”, che apparve in Comptes
Rendus il 29 aprile 1901, lui dava la definizione di integrale di Lebesgue che
generalizzava la nozione di integrale di Riemann. Questa generalizzazione
dell’integrale di Riemann rivoluzionò il calcolo degli integrali.
Il suo contributo è una delle più grandi realizzazioni dell’analisi moderna
che espande molto lo scopo dell’analisi di Fourier. Questo eccezionale lavoro
apparve nella dissertazione della tesi di dottorato di Lebesgue, Integrale,
longueur, aire, presentata alla facoltà di scienze a Parigi nel 1902, e il lavoro
di 130 pagine fu pubblicato negli Annali di Matematica, nello stesso anno.
Laureatosi con il suo dottorato, Lebesgue ottenne il suo primo incarico nel
1902 divenne maı̂tre de conference, alla facoltà di scienze a Rennes.
Un onore che Lebesgue ricevette agli albori della sua carriera fu un invito
a tenere il Cours Peccot al College de France. Lo fece anche nel 1903 e poi
ricevette un invito per presentare il Cours Peccot due anni dopo nel 1905.
Lebesgue ebbe il primo screzio con Baire quando nel 1904 Baire tenne il
Cours Peccot al College de France, dove Lebesgue aveva ragione di tenere
almeno un corso. Lebesgue scrisse due monografie Lecons sur l’integration
et la recherche des fonctions primitives (1904) e Lecons sur les series trigonometriques (1906), che ha presentato in queste due conferenze, servite a
fare in modo che queste idee importanti sarebbero state conosciute molto
più largamente. Comunque, il suo lavoro ebbe una ricezione ostile da parte
degli analisti classici, specialmente in Francia. Nel 1906 fu trasferito alla
facoltà di scienze a Poitiers, e nell’anno successivo fu nominato professore
di meccanica.
Nel 1905 Lebesgue ha dato una profonda discussione sulle varie condizioni
che Lipschitz e Jordan hanno usato per assicurare che una funzione f(x) è
la somma di una serie di Fourier. Quello che Lebesgue era in grado di far
vedere che l’integrazione termine a termine di una serie uniforme limitata
di funzioni di Lebesgue integrabili era sempre valida.
Fu nominato maı̂tre de conferences in analisi matematica a Sorbonne nel
1910. Durante la prima guerra mondiale lavorò per la difesa in Francia.
Lebesgue mantenne la sua posizione a Sorbonne fino al 1918 quando fu promosso a professore di applicazione della geometria all’analisi. Nel 1921 fu
45
nominato professore di matematica al College de France, una posizione che
mantenne fino alla sua morte nel 1941. Insegnò anche al Ecole superieure
de Physique et de Chimie Industrielles de la Ville de Paris, tra il 1927 e il
1937 e al Ecole Normale Superieure a Sevres.
Diede anche il contributo in altri campi della matematica, inclusa topologia,
teoria potenziale, problema di Dirichlet, calcolo di variazioni, teoria degli
insiemi, teoria dell’area di superficie e teoria della dimensione. Nel 1922
quando pubblicò Notice sur les travaux scientifique de M H Lebesgue aveva
scritto quasi 90 tra libri e articoli. Questa lavoro di 92 pagine forniva anche
un’analisi del contenuto degli articoli di Lebesgue.
Lebesgue fu onorato con la scelta in molte accademie. Fu scelto all’accademia di scienze il 29 maggio 1922, alla Royal Society, alla Royal Academy of
Science and Letters del Belgio(6 giugno 1931), l’accademia di Bologna, l’accademia dei Lincei, alla Royal Danish Academy of Sciences, all’accademia
rumena, e alla Krakow Academy of Science and Letters. Fu anche premiato
con il dottorato onorario da molte università. Ricevette anche molti premi,
inclusi il Prix Hollevigue (1912), il Prix Poncelet (1914), il Prix Saintour
(1917) e il Prix Petit d’Ormoy (1919).
Felix Hausdorff (1868-1942)
Nacque l’8 novembre 1868 a Breslau (all’epoca Germania, ora Wroclaw in
Polonia).
A scuola aveva molti interessi, oltre la matematica, era attratto dalla letteratura e dalla musica. Dopo un pensiero ad una carriera da compositore,
spinto dai genitori a cambiare idea, tornò sull’idea di studiare matematica
all’università.
Hausdorff studiò all’università di Leipzig sotto la guida di Heinrich Bruns
e Adolph Mayer, laureandosi nel 1891 con una tesi sull’applicazione della
matematica all’astronomia. La sua tesi si intitolava Zur Theorie der astronomischen Strahlenbrechung e studiò la rifrazione e l’estinzione della luce
nell’atmosfera.
Pubblicò quattro articoli su astronomia e ottica nei primi anni a venire e
presentò nel 1895 la sua tesi di abilitazione a Leipzig, sempre basata sulla
ricerca in astronomia e ottica. I suoi metodi erano basati su alcuni di quelli
di Bruns, che sviluppò propri metodi per determinare la rifrazione e l’estinzione, basati su un idea di Bassel.
Dopo il 1904 Hausdorff incominciò a lavorare nella branchia della matematica per cui lui diventò famoso, chiamata topologia e teoria degli insiemi. Egli
introdusse il concetto di insieme parzialmente ordinato e dal 1901 al 1909
pubblicò una serie di risultati sugli insiemi ordinati. Nel 1907 introdusse
un tipo speciale di numeri ordinali in un tentativo di dimostrare l’ipotesi di
continuità di Cantor. Ebbe anche proposto una generalizzazione dell’ipotesi
46
CAPITOLO 4. LE BIOGRAFIE
di continuità chiedendosi se 2 elevato alla potenza a fosse uguale alla a+1.
Hausdorff introdusse ulteriori risultati sulla cardinalità degli insiemi Boreliani nel 1916.
Nel 1913 Hausdorff si trasferı̀ a Bonn, incoraggiato da Study, per diventare
un professore associato all’università Greifswalf. nel 1914 Hausdorff pubblicò il suo famoso lavoro Grundzuge der Menglehre costruito sul lavoro di
Frechet a altri per creare per creare una teoria di spazi topologici e metrici.
Antecedenti risultati sulla topologia entravano perfettamente nella struttura
preparata da Hausdorff.
Hausdorff poi tornò a Bonn nel 1921, questa volta da grande matematico,
e lavorò lı̀ fino al 1935 quando fu costretto a ritirarsi a causa del regime
nazista.
Continuò ad intraprendere la ricerca nel campo della topologia e della teoria degli insiemi, ma i risultai non potevano essere pubblicati in Germania.
Certamente lui voleva continuare la ricerca e sperava di emigrare, per questo
scrisse nel 1939 a Courant chiedendogli se gli potesse trovare un collega di
ricerca; tristemente Courant non poteva fare nulla.
Nel 1941, come ebreo, fu schedato per essere internato in un campo di concentramento.
Nella notte di domenica 25 gennaio 1942 Hausdorff prese, con la moglie, dei
barbiturici e morı̀ il 26 gennaio 1942. Un risultato paradossale di Hausdorff
diceva che la metà di una sfera e un terzo di una sfera possono essere congruenti tra loro.
Nel 1919 introdusse la nozione di dimensione di Hausdorff nell’articolo Dimension und ausseres Mass. L’idea era una generalizzazione di una introdotta 5 anni prima da Caratheodory, ma Hausdorff realizzò che la costruzione
di Caratheodory aveva un senso, ed era utile, per definire dimensioni frazionali. L’articolo di Hausdorff includeva una dimostrazione che la dimensione
dell’insieme di Cantor è log 2/ log 3.
Giuseppe Vitali (1875-1932)
Giuseppe Vitali si laureò alla scuola Normale di Pisa nel 1899, dopo di chè
fu assistente di Dini per due anni, fino al 1899 quando lasciò la matematica,
probabilmente per motivi economici. Divenne professore di liceo a Genova e
intraprese la carriera politica nel partito socialista. Quando nel 1922 giunse
al potere il fascismo, fu costretto a lasciare la politica e si impegnò nuovamente in matematica. Ebbe una cattedra in matematica a Modena, Padova
e infine a Bologna, nel 1930.
Nel 1926 fu colto da una grave malattia che non gli permise pi`ù di scrivere
a lungo. Nel 1935 venne pubblicata postuma l’opera Moderna teoria delle
funzioni a variabile reale.
I suoi pi`ù importanti risultati matematici sono stati un teorema sui ricopri-
47
menti di insiemi, la nozione di funzione assolutamente continua e un criterio
per la chiusura di un sistema ortogonale di funzioni.
Karl Menger (1902-1985)
Dopo il ginnasio, nel 1920 Menger si iscrisse all’università di Vienna per
studiare fisica. Tuttavia presto cominciò a seguire le lezioni del matematico
Hahn. Quindi si interessò di topologia e Hahn lo incoraggiò in questa direzione. Dopo un lungo periodo di malattia passato in un sanatorio, tornò a
Vienna con degli scritti sul concetto di dimensione e concluse il dottorato
nel 1924.
Dal 1925 al 1927 insegnò ad Amsterdam per poi tornare in Austria per assumere una cattedra in geometria. A causa della situazione politica austriaca,
nel 1938 si trasferı̀ negli Stati Uniti presso l’università di Notre Dame. La
guerra si fece sentire anche oltre oceano e influenzò la vita accademica comportando il fallimento di un convegno di matematica importante come quello
viennese.
In questo periodo Menger si occupò di algebra di funzioni, di geometria
iperbolica e probabilistica. Il suo lavoro sulla teoria della dimensione non
ebbe molto successo, probabilmente a causa della poca considerazione di cui
godeva la geometria in quegli anni.
Nel 1946 si trasferı̀ a Chicago dove rimase il resto della vita.
Costantin Carathéodory (1873-1950)
Il padre di Costantin Carathéodory lavorava nel corpo diplomatico dell’impero Ottomano in Europa, la madre invece proveniva da una ricca famiglia
di uomini d’affari stanziatasi a Marsiglia. Nonostante sia nato e morto in
Germania, la vita di Costantin fu segnata da continui spostamenti tra le
città eurpee, toccando Berlino, Monaco, Vienna,Stoccolma, Costantinopoli,
Bruxssel, e tante altre.
Si interessa presto alla matematica e nel 1886 entra nella high school Athénée
Royal d’Ixelles, dove studia fino al conseguimento della laurea nel 1891. Già
durante questa scuola venne premiato due volte come miglior matematico
del Belgio.
Dal 1891 al 1895 frequenta l’École Militaire de Belgique dove studia per
diventare ingeniere militare.
Il 1895 fu un anno difficile poichè morirono sia il nonno paterno che la madre
di Costantin. Quindi venne assunta una domestica tedesca che insegnò ai
ragazzi il tedesco, terza lingua dopo greco e francese.
Dal 1897 al 1900 lavora per il servizio coloniale britannico nei lavori della
diga di Assiut. Quando i lavori si dovevano fermare a causa delle inondazioni, Carathéodory studia i testi di matematica che si era portato con
sè. Terminata questa esperienza, frequenta l’Uuniversità di Berlino, dove
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CAPITOLO 4. LE BIOGRAFIE
incontra regolarmente il professor Schwarz. É però a Gottinga che decide
di continuare gli studi, rimanendo colpito dall’ambiente di vivace ricerca
matematica. Nel 1904 presenta la sua tesi di dottorato Über die diskontinuierlichen Lösungen in der Variationsrechnung con il professor Hermann
Minkowski.
Nel 1907 muore il padre di Costantin mentre nel 1909 egli sposa Euphrosyne
Carathéodory a Costantinopoli.
Negli anni successivi insegna in varie università tedesche. Il periodo della I
guerra mondiale lo passò a Gottinga continuando a tenere lezioni malgrado
le difficoltà e la carestia.
Dopo un breve soggiorno a Berlino, Carathéodory si trasferisce in Grecia
per lavorare alla creazione di un’università a Smyrna. Intanto riceve una
cattedra a Atene come professore di geometria analitica. Negli anni successivi viaggia in Europa per procurare i libri e gli strumenti necessari al
nuovo ateneo. Ma nel 1922 i turchi attancano Smyrna mettendo in pericolo
il progetto; Costantin riesce almeno a salvare la biblioteca che aveva messo
assieme portandola ad Atene su una corazzata greca.
Dal 1924 torna a insegnare a Monaco e compie alcuni viaggi negli Stati Uniti, senza dimenticare il suo impegno in Grecia.
Durante il regime e la II guerra mondiale tiene un atteggiamento fondalmente di indifferenza verso il nazismo.
Dopo la guerra continua a lavorare in Germania, contribuendo alla reintegrazione di questo Paese nella comunità delle nazioni civili.
Carathéodory ha dato significativi contributi al calcolo delle variazioni, alla
teoria della misura e alla teoria delle funzioni in una e più variabili reali. Egli
apportò importanti risultat alla relazione tra le equazioni defferenziali del
primo ordine e il calcolo delle variazioni. Ha esaminato le rappresentazioni
conformi dei semplici connessi e ha sviluppato una teoria della corrispondeza al contorno. Suoi contributi si ritrovano anche in termodinamica, nella
teoria della relatività speciale, nella meccanica e nella geometria ottica.
Carathéodory scrisse alcuni libri eccelenti, tra cui Lectures on real function
(1918), Conformal representation (1932), Calculus of Variations and Partial
Differential Equations (1935), Geometric Optics (1937), Real functions Vol.
1: Numbers, Point sets, Functions (1939).
Scrisse anche un Real functions Vol. 2, che però venne distrutto prima della
pubblicazione durante un bombardamento di Leipzig nel 1943.
Pavel Samuilovich Urysohn (1898-1924)
Il padre di Urysohn fu un finanziere a Odessa, la sua città natale. La sua
era una famiglia benestante cosı̀ potè compiere gli studi liceali in una scuola
privata a Mosca. Nel 1915 entrò all’Università di Mosca per studiare fisica
e pubblicò il primo articolo quello stesso anno: in seguito si concentrò sulla
matematica dopo aver preso parte a delle conferenze tenute da Luzin e Ego-
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rov.
A Mosca si laureò e raggiunse il dottorato per poi diventare professore. Ben
presto mostrò interesse per la topologia; Egorov gli sottopose infatti due
domande che lo impegnarono nell’estate del 1921 riguardo nozioni di dimensione topologica. Egli non aspettò l’ispirazione bensı̀ si mise a lavorare sodo
per verificare un’idea dopo l’altra finchè non ebbe la risposta che cercava.
Contribuı̀ in questo modo ad una nuova area della teoria della dimensione
in topologia.
La teoria completa fu presentata in un articolo approvato da Lebesgue per
la pubblicazione ne Comptes rendus of the Academy of Sciences in Paris.
Questo diede ad Urysohn una grande risonanza internazionale per le sue
idee che immediatamente attrarrono l’interesse di molti matematici, tra i
quali Hilbert. Urysohn pubblicò la versione completa della sua teoria della
dimensione in Fundamenta Mathematicae, ma sfortunatamente morı̀ prima
che fosse data alle stampe.
I risultati preecipui di Urysohn furono l’aver dato una definizione locale di
dimensione, mentre Brouwer ne aveva dato una versione globale, e il fatto
che i risultati fossero stati presentati nel contesto degli spazi metrici compatti. L’amico Aleksandronov, dopo la sua morte, dimostrò che la definizione
era equivalente a quella data da Menger per generici spazi topologici. Crilly
e Johnson scrivono:
Considerando che ebbe solo tre anni da dedicare alla topologia, lasciò il segno nel suo campo con brillantezza e passione.
Trasformò la materia in un ricco dominio per la matematica moderna. Quanto avrebbe potuto dare ancora, se non fosse morto
cosı̀ giovane?
Waclaw Sierpiński (1882-1969)
Sierpiński frequentò la scuola a Varsavia, dove il suo talento per la matematica fu subito notato dal suo primo insegnante. Questo era un periodo di
occupazione russa per la Polonia ed era difficile per il talentuoso Sierpiński
ricevere un’adeguata educazione in Polonia: i russi infatti imposero la loro
lingua e cultura scoraggiando il proseguimento degli studi.
Nonostante le difficoltà, Sierpiński entrò nel Dipartimento di Matematica e
Fisica dell’Università di Varsavia nel 1899. Nel 1903 vinse il primo premio
per un lavoro sulla teoria dei numeri, ma non volle che fosse pubblicato in
lingua russa: il suo primo lavoro scientifico dovette quindi attendere altri
quattro anni prima di essere dato alle stampe. Come raccontato da lui stesso cinquant’anni dopo, in quanto polacco ebbe problemi a laurearsi poichè
passò con successo tutti gli esami fuorchè quello di lingua russa nel quale si
rifiutò di rispondere alle domande. Spiegò al professore che sarebbe stato
uno scandalo non averlo promosso ugualmente e fu fortunato che il suo voto
venne cambiato.
50
CAPITOLO 4. LE BIOGRAFIE
Sierpiński si laureò nel 1904 e lavorò per un periodo come insegnate di matematica e fisica nella scuola femminile di Varsavia; quando la scuola chiuse
per sciopero decise di andare a Cracovia per perfezionare il dottorato. Ricevette quindi l’abilitazione nel 1908 all’Università di Leopoli. Iniziò in questo
periodo ad interessarsi alla teoria degli insiemi quando si imbattè in un teorema che affermava che i punti di un piano potevano essere individuati con
una singola coordinata. Nel 1914 in concomitanza con l’inizio della prima
guerra mondiale si trasferı̀ in Russia e qui ebbe modo di continuare i suoi
studi con Luzin. Nel 1918 tornò a Leopoli e due anni più tardi insieme al
suo studente Mazurkiewicz fondò l’importante rivista Fundamenta Mathematicae, specializzata in teoria degli insiemi, la sua maggiore occupazione
insieme con la topologia e le funzioni di variabile reale. Per quanto riguarda
la teoria degli insiemi i suoi contributi più importanti riguardarono l’assioma
della scelta e l’ipotesi del continuo. Studiò inoltre la curva che porta il suo
nome e gli insiemi analitici e proiettivi.
Sierpiński fu anche molto coinvolto nello sviluppo della matematica in Polonia: fu eletto all’Accademia Polacca nel 1921 e divenne vicedirettore della
Società Scientifica di Varsavia come pure direttore della Società Matematica
Polacca nel 1928. Nel 1939 la sua vita a Varsavia cambiò drammaticamente
con l’avvento della seconda guerra mondiale: dovette subire ogni genere di
soprusi come l’assassino di studenti e colleghi, l’incendio della sua casa e
molte altre angherie.
Sierpiński fu autore dell’incredibile numero di 724 articoli e 50 libri; andò in
pensione nel 1960 ma continuò con la sua attività seminariale ed editoriale
fino al 1967. Lo si può considerare il più grande matematico polacco.
Bibliografia
[1] Costantin Carathéodory , Über das lineare Maßvon Punktmengen - eine Verallgemeinerung des Längenbegriffs (1914); traduzione in
inglese: On the Linear Measure of Point Sets, a Generalization of the
Concept of Length, in [3] pp. 46-73;
[2] Felix Hausdorff , Dimension und äußeres Maß (1918); traduzione
in inglese: Dimension and Outer Measures in [3] pp. 74-100;
[3] G.A. Edgar, Classics on Fractals, Addison-Wesley, 1993 (rist.
Westview Press, 2004, indice);
[4] G.A. Edgar, Measure, Topology, and Fractal Geometry, SpringerVerlag, 1990;
[5] R. Engelkin, Dimension Theory, North-Holland, Amsterdam 1978;
[6] W. Hurewicz, H. Walman, Dimension Theory, Princeton Univ.
Press, 1948;
[7] http://www-history.mcs.st-and.ac.uk/history/.
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