Anteprima - Parallelo45 Edizioni

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Anteprima - Parallelo45 Edizioni
QUALCHE GIORNO PRIMA
La musica rimbalzava furiosa sui muri dell’ampio cortile, avvolgeva le colonne che delimitavano il portico e sembrava volere risalire impetuosa lo scalone. Dalla portineria uscì allarmato un uomo magro, in pigiama e con i pochi capelli stopposi
in disordine. Questi roteò gli occhi come in cerca dell’origine
di quella confusione, la bocca sdentata aperta, il volto grigio e
le rughe profonde. Lo seguiva un ragazzo zoppicante, sui tredici anni, portava occhiali la cui montatura era tenuta insieme
da un vistoso cerotto.
Il ragazzo accese il piccolo registratore con gesti concitati.
- Nèh, l’ingegne’ stasera ci da dentro, ma che gli passa p’a
capa?
- Papà taci, voglio sentire.
- Ecché, non si sente abbastanza?
- Papà per favore, voglio registrare …
- Vabbè registra, registra … certo che ‘sto’ Toscanini …
- Non è Toscanini … no … non lo è.
L’uomo guardò attonito il ragazzo, stava per chiedere spiegazioni, ma questi gli fermò le parole con un gesto, subito dopo
alzò la mano al cielo come per portare il registratore più vicino
alla fonte della musica. L’uomo si appoggiò ad una colonna e
osservò il figlio impegnato con il registratore. Attese paziente
che la musica terminasse. Un silenzio sospeso si impadronì
delle loro orecchie. L’uomo strinse affettuosamente le spalle
del figlio e gli fece cenno di rientrare.
- Molto bella ‘sta musica, piace anche a me che non me ne
intendo, che musica era, dottorino mio bello?
- Era la sesta, la Pastorale di Beethoven, il primo movimento.
- Bella, però era troppo forte, Maronna do’ Carmene, ma che
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gli è preso a quell’uomo? E’ più triste del solito, no? ... Può
suonare tutta la musica che vuole, ma è sempre solo … ci
vuol altro che Toscanini pe r…
- Non mi pare che fosse Toscanini, papà, adesso controllo
però.
L’uomo guardò il figlio con un’aria eloquente, come a dire “
pure tu stasera senti il caldo”. Il ragazzo capì e scrollò le
spalle.
Per farsi perdonare, l’uomo disse bonario:
- Finito il TG guardo il film, tu controlla le tue cose e poi mi
riferisci. Questa sera possiamo fare tardi, la scuola è finita.
Ah, ricordami di chiudere il portone quando c’è la pubblicità.
- Papà, il portone l’hai chiuso alle otto.
- Uh, già, con ‘sto caldo perdo pure la ragione.
Prima di entrare guardò in su; dalle finestre da cui poco prima
giungeva il frastuono, ora proveniva un silenzio incredibile.
Vide, proiettata sul soffitto, un’ombra immobile e indefinita.
Questa, come se avesse avuto gli occhi, parve accorgersi di essere scorta e scomparve con un guizzo.
- Eh, quello sta proprio male! - mormorò mentre varcava la
soglia della portineria - speriamo che non suoni più però,
con ‘sto caldo non si possono chiudere le finestre.
Finito il film, disse al figlio che era ora di andare a dormire.
Il ragazzo fermò il registratore, osservò il cronometro e trascrisse qualcosa su di un quaderno. Alzandosi a fatica dalla
seggiola disse:
- Papà, avevo ragione: è troppo lunga per essere un Toscanini!
- Si, ma adesso, bell’e papà, vai a dormire che è tardi.
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PRIMO GIORNO
(SERA)
160 all’ora! Nervoso e tirato, non poteva scordare il dialogo
con il Direttore Generale che lo aveva convocato d’urgenza la
mattina stessa.
- Vede, dottor Colli, anche se immagino che non sia piacevole per lei, le devo chiedere di compiere, per così dire, una
missione nella sua città … so che da anni non vi fa ritorno
per motivi … personali, ma ho bisogno di un medico legale
competente e esperto.
Parole che erano suonate come una sassata in fronte, dette in
quel modo untuoso poi … il dottor Marco Colli aveva provato a
resistere, a dissentire, dicendo che altri colleghi potevano essere coinvolti …
- Ma no, ma no, dottore! - lo aveva subito interrotto il direttore - abbiamo interpellato - per un riguardo a lei, si capisce
- il dottor Carabellesi, ma è a letto con la sciatica e il dottor
Bernieri è a Francoforte, in Casa Madre. Aveva tagliato corto con tono gentile, tono che però non ammetteva repliche. Gli occhi del capo tradivano invidia e soddisfazione al
contempo; lui, tracagnotto e bruttino, si trovava di fronte a
Marco, alto e slanciato e gli stava impartendo ordini.
Marco ricordava, anzi riviveva quell’incontro con nervosismo
crescente, pigiò l’acceleratore: 170 all’ora. A quella velocità, in
capo a poche ore sarebbe giunto a destinazione. In patria! Ma
intanto ricordava ossessivamente le parole del capo.
- Lei capisce, caro dottor Colli, che la nostra Compagnia non
può tralasciare nulla in situazioni come questa, prova ne sia
che siamo stati informati in tempo quasi reale dell’accaduto
- aveva continuato - se un nostro cliente , come l’ingegner
Vincenzi, viene trovato morto, sembra ammazzato - il fatto
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è avvenuto quattro giorni fa - dobbiamo indagare, o meglio,
affiancare gli inquirenti … sa, l’ingegner Vincenzi, ultimo di
una illustre generazione di ricchi nostri clienti - a proposito
lo conosceva? -aveva stipulato con noi una polizza sulla vita
moolto importante, per la precisione ha firmato un contratto un anno e mezzo fa. Ora non avendo figli né parenti prossimi, ha indicato come beneficiario un istituto per anziani,
chiedendo in cambio la solita lapide commemorativa; quindi se si capisse come sono andate realmente le cose … lei
mi capisce vero? Insomma non si tratta di solo amore per
la verità, qui si tratta di liquidare qualche milione di euro,
vediamo dunque cosa si può fare, d’accordo?
- Non capisco, ha appena detto che si tratta di morte violenta, la polizza va liquidata. Aveva provato a ribattere.
- Si, dottore, ma io vorrei che lei affiancasse gli inquirenti per
capire bene …
- Mi pare che ci sia ben poco da capire, però ...
Il Direttore represse un moto di stizza, poi disse:
- La morte violenta potrebbe essere stata commissionata
dalla vittima stessa! Insomma non capisce che dobbiamo
considerare tutte le possibilità? Sa cosa vale quella polizza?
Due milioni. Prima di dare una cifra del genere dobbiamo
essere sicuri che tutto sia in regola.
- Lei vuole dire che si sarebbe fatto ammazzare volontariamente? Ma via, se voleva morire poteva prendere del veleno o buttarsi dalla finestra.
- Eh, no, non è proprio così semplice; la polizza è stata firmata un anno e mezzo fa e il suicidio non viene liquidato
prima dei due anni … sono cose che dovrebbe sapere anche
lei, o sbaglio?
- Trovo che sia una forzatura …
- Insomma vuole collaborare o criticare?
“D’accordo, d’accordo, brutto stronzo incravattato e pure
frocio, non posso rifiutare perché mi paghi bene, altrimenti
sai dove ti manderei!” pensò Marco.
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Il direttore, curioso come una comare, aveva insistito nel chiedere nuovamente se Marco avesse conosciuto personalmente
la vittima, questi aveva risposto che anni prima erano stati presentati, ma che in realtà non poteva dire di conoscerlo
bene. E quando, sempre il direttore, gli aveva chiesto per l’ennesima volta e in modo esplicito se fosse stato difficile lasciare
la propria città natale, Marco in modo succinto e un po’ perfido aveva detto: “ Mah, cosa vuole? I primi quindici secondi
sono stati strazianti, ma poi …” , era uscito dall’ufficio senza
salutare.
In valigia portava solo due cambi, tanto avrebbe fatto tutto in
fretta: che bisogno c’era di fermarsi oltre il dovuto? E il dovuto consisteva nel presentarsi in Questura, spiegare il motivo
della sua visita, raccogliere gli elementi emersi sino a quel momento e ripartire pregando di tenerlo costantemente aggiornato sulla situazione, tutto qua. Così anche il vecchio frocio
non avrebbe avuto nulla da dire. Quarantotto, settantadue ore
e poi, all’alba, dopo una visita alla tomba dei genitori, sarebbe
ripartito senza indugi. Roma lo avrebbe riabbracciato presto.
Già dopo qualche ora di viaggio, sentiva la nostalgia di quella
che lui definiva una strana città: colta e indifferente, volgare e
nobile, caotica e accogliente, mai anonima. Roma.
Le gomme urlavano anche nelle curve più ampie.
Su un breve rettilineo il fantasma di Ely si materializzò sul sedile accanto al suo.
- Ma vai piano, ti vuoi schiantare?
- Ely! Chi ti ha chiamato?
- E hai il coraggio di chiederlo? ... Così stai tornando in patria, dopo dodici anni. Ecco perché hai un’aria ingrugnita.
Chissà che espressione avrai quando ci rivedremo.
- Non ho nessuna, nessunissima intenzione di rivederti. Il
mio è un ritorno imposto, ma conto di fare presto: una,
due notti al massimo…magari speravi che venissi a cer11
carti, vero?
- Chissà! Io dico che mi cercherai.
- Povera cocca, figurati se io vengo a cercarti dopo …
- Dopo che ho sposato un altro? Perché è questo che volevi
dire, vero? Fai pena.
- Ah, così io faccio pena, tsè! Hai voluto buttare via tutto per
un capriccio. E pensare che stavamo così bene insieme.
Tutto rovinato per un’impennata del tuo stupido orgoglio
- Chiamalo stupido orgoglio o capriccio, ma quella te la stavi scopando quasi davanti a me.
- Ma è stato un momento di …
- Debolezza? Povero lui che chiede comprensione come tutti
quelli che non hanno più argomenti! Le mettevi le mani
fra le gambe e io, secondo te, dovevo stare li senza reagire
per non rovinare tutto, vero? Perché non te la sei sposata, visto che ti piaceva tanto? Era anche un buon partito…
quella sera ho capito che non eri l’uomo della mia vita, di
te non ci si può fidare.
- E così, nel giro di tre mesi, hai sposato il bue! Si perché tuo
marito sembra ed è un bue in tutti i sensi. Mi hai lasciato
senza volermi più parlare …. è la cosa più cretina che potessi fare!
- Sono cose che mi hai già detto migliaia di volte …
Dal retrovisore Marco vide la paletta e i lampeggianti, dalla
gazzella un attimo prima che questa affiancasse la sua BMW;
il poliziotto gli fece segno di accostare.
- Ma è matto ad andare così forte e sul tratto appenninico,
per giunta? E poi, ha il blue tooth?
- … No
- Allora con chi stava parlando? Scenda per favore.
All’imbrunire, lo sky line della “patria” si stagliava sul fondale
grigio del cielo, i contorni erano addolciti da una fitta nebbiolina che risvegliò una miriade di ricordi, ricordi che Marco
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scacciò prima che assumessero connotati più precisi.
Preferì pensare a come sistemarsi in albergo. Già, ma quale
albergo? Fra quelli che ricordava non ve n’era nessuno che gli
andasse a genio: tutti in centro, dopo un quarto d’ora tutta la
città avrebbe saputo del suo arrivo. “Non voglio vedere nessuno, nessuno!” mormorò come un bambino che fa i capricci.
La sera avanzava, grigia e scura come il suo animo, maledisse
il momento in cui aveva accettato l’incarico, in fondo avrebbe
potuto resistere alle pressioni di quello stronzo, azzimato del
suo capo.
Il caldo umido era esattamente come lo ricordava: insopportabile. Camicia madida, una pellicola di sudore che rivestiva
il corpo, osservava le piante immobili, come fossero di ferro.
Si sedette sul cofano, accese una sigaretta come a voler raccogliere le idee, ma queste non arrivavano; non sapeva che fare.
Mentre pensava che comunque doveva darsi una mossa, risalì, come un automa, in macchina per cercare conforto nell’abitacolo climatizzato, poi ripartì per cercare un albergo fuori
mano.
La pensione”FIORI DI CAMPO” distava 4 chilometri; era carina e dalla cucina proveniva un profumo invitante, nell’ambiente aleggiava un Dvorak discreto “Concerto per violoncello
e orchesta”, pensò e in quel momento ricordò che il posto era
stato meta di escursioni pomeridiane, ai tempi del liceo, quando lui e i suoi compagni di scuola Ferri e Paolo, in scooter,
raggiungevano quel luogo dove consumavano merende epiche
sotto il pergolato: vino spumeggiante, formaggio e affettati. Il
gestore, un uomo che nascondeva la bonarietà sotto un fare
asciutto e un’aria accigliata, li accoglieva con un grugnito, lo
avevano soprannominato l’uomo che ride.
- Ci porta, per favore …
- Lo so io che cosa devo portare, sedetevi là e non fate troppo
casino!
- Va bene, scusi.
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Poco dopo ritornava facendo planare vassoi stracolmi.
La figlia, una bambina di dodici o tredici anni, li osservava sulla soglia dondolandosi sulle gambe.
- Secondo voi, quella bimba cosa sta aspettando? Chiedeva
Ferri.
- Aspetterà il padre che torna dalla cucina. Rispondeva Paolo.
- No, secondo me si sta semplicemente annoiando. Ribatteva
Marco.
- Non capite un cazzo, vi devo spiegare sempre tutto – Ferri
faceva una pausa per gustarsi le loro facce – aspetta la pubertà, che altro se no? Concludeva con fare istrionico
- Ma va!
- Si, invece, aspetta la pioggia ormonale che la farà diventare
donna.
Chissà come stavano i suoi amici? Ricordava che Paolo si era
laureato in legge, succube di un destino familiare implacabile
e Ferri dopo aver migrato da una facoltà all’altra, si era barcamenato in varie attività, nessuna redditizia. Gran bella testa
Ferri, ma improduttiva. Questa era la situazione al momento
in cui Marco, laureato da tre anni, aveva lasciato la città .
Non era sicuro di volerli rivedere, cosa avrebbero mai potuto
dirsi dopo dodici anni? “Ho cominciato a pensare a loro da
quando l’umido mi ha bagnato il parabrezza … è meglio che
me ne torni a Roma il più presto possibile”, si disse cercando
di non pensare oltre.
- Poi sistemeremo i bagagli, ora la cena è pronta, se vuole. Gli
disse una voce di donna.
Era decisamente attraente e aveva anche una bella voce, calda,
da attrice. Un fisico slanciato, magnificamente contenuto in
jeans chiari, capelli neri, a caschetto e due occhi che penetravano l’anima; una trentenne in gran forma.
Marco non rispose subito, sorpreso da quella visione.
Non ha fame, vuole aspettare?
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- … Ah, si, si, certo, dove mi siedo?
Con fare serioso ordinò pasta alle verdure e vitello tonnato.
- Avete ancora il vostro Bonarda così buono? Chiese sperando di sorprenderla.
- Glielo porto subito. Rispose lei con naturalezza.
Marco rimase deluso da quell’atteggiamento così distaccato,
guardò ancora il menù per non buttare gli occhi sul sedere della donna.
- Volevi fare colpo, vero? Ma non ci sei riuscito. Irruppe Ely,
evanescente e bellissima.
- Ma che colpo e colpo! Mi sono ricordato del vino e basta.
- Va là che ti aspettavi che lei ti chiedesse come facevi a conoscere il loro Bonarda, così potevi attaccare bottone.
- Ely, mi stai sfrantando i genitali, sai?
- È indubbiamente attraente - continuò lei - l’ombelico non è
bello però, anzi è un po’ alto, non trovi?
- Ah, certo l’ombelico è fondamentale.
- Non l’hai notato attraverso la camicetta aperta?
- Non ho notato l’ombelico, va bene?...adesso piantala che
sta tornando.
Porgendo la bottiglia, la ragazza prima si guardò attorno come
per capire con chi Marco stesse parlando, poi chiese come stavano gli amici con cui era solito venire nella bella stagione,
all’ora della merenda.
- Non mi dica che lei è …
- Si, sono la bambina che vi guardava mentre parlavate di
Cicerone, Senofonte, Tacito…anche di musica parlavate;
ricordo che una volta, lei e il suo amico biondo, quello piccolo che parlava sempre a voce alta, avete avuto una bella
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discussione.
- Allude al mio amico Ferri …
- Proprio lui, mi ricordo che ve ne siete dette di tutti i colori.
- Ne abbiamo avute tante di discussioni. Per che cosa litigavamo, ricorda?
- Lo Zarathushtra di Strauss, ma non mi chieda troppi particolari, ero una bambina.
- Ah già … il mio amico sosteneva che l’ipertrofia musicale
di Strauss lo rendeva degno erede di quel ciarlatano di Wagner.
- Wagner un ciarlatano? Questa poi!
Quella magnifica donna doveva intendersi di musica, visto che
il padre, l’uomo che ride, aveva da sempre inondato i locali
con il suono delle sinfonie più o meno note ed evitando così
l’invasione di clienti chiassosi e maleducati.
- Sempre secondo il mio amico la musica wagneriana è gravida di promesse sovente disattese. Continuò Marco.
- Eravate tre bei tipi, vi osservavo incuriosita anche se non
capivo niente di quello che dicevate.
- Già, tre bei tipi … però non ricordo il suo nome?
- Marta.
Mentre gli veniva servito il primo, un Rossini quasi sconosciuto, le Suonate a Quattro, faceva compagnia ai pochi avventori
che sembravano non volere disturbare la musica maneggiando le posate con delicatezza fra parole sommesse; era piombato nel passato. Proprio quello che voleva evitare!
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