Rassegna Parlamentare

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Rassegna Parlamentare
13 mm
PANTONE PROCESS BLU CV
ISLE
Rassegna Parlamentare
1
Rivista
trimestrale
Rassegna
Parlamentare
2015 Gennaio/Marzo
3
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2015
Gennaio/Marzo
Anno LVII
ISSN 0486-0373
Jovene editore
2ª COPERTINA
13 mm
3ª COPERTINA
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INDICE
gennaio-marzo 2015
SAGGI
MICHAELA GIORGIANNI, Vittorio Frosini e la teoria dell’interpretazione dei diritti umani ............................................. p.
GIOVANNI GROTTANELLI DE’ SANTI, Osservazioni scontate in
tema di tolleranza della corruzione ................................. »
NICOLA LUPO, I «governi tecnici». Gli esecutivi Ciampi, Dini
e Monti nel difficile equilibrio tra tecnica e politica ....... »
7
41
57
OSSERVATORIO PARLAMENTARE
a cura di VINCENZO LIPPOLIS e MICHELA MANETTI
NICOLA OCCHIOCUPO, Organi costituzionali e «teologia dei
corpi separati» dello Stato ............................................... » 123
GIAMPIETRO FERRI, Il diritto di elettorato passivo e il divieto
per i magistrati di partecipazione sistematica e continuativa ai partiti politici ........................................................ » 141
OSSERVATORIO PARLAMENTARE COMPARATO
a cura di TOMMASO EDOARDO FROSINI
GABRIELLA DURANTI, Instabilità di governo e meccanismi di
razionalizzazione: l’esempio spagnolo ............................. » 159
OSSERVATORIO GIURISPRUDENZIALE
a cura di PASQUALE COSTANZO
LARA TRUCCO, Materia elettorale: la Corte costituzionale
tiene ancora la regia anche se cambia la trama del film
(riflessioni a margine della sent. n. 275 del 2014) ......... » 171
4
INDICE
CONVEGNI
Presentazione del volume di Antonio Casu
Etica politica democrazia .................................................
SILVIO TRAVERSA ......................................................................
ANGELO G. SABATINI ..............................................................
GERARDO BIANCO ....................................................................
LUCIANO VIOLANTE .................................................................
RENATO BALDUZZI ...................................................................
ANTONIO PATUELLI ..................................................................
ANTONIO CASU ........................................................................
p.
»
»
»
»
»
»
»
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206
Saluto al Segretario generale della Camera dei deputati
Dr. Ugo Zampetti in occasione del suo collocamento a
riposo per raggiunti limiti di età .....................................
UGO ZAMPETTI ........................................................................
LAURA BOLDRINI ......................................................................
GIANFRANCO FINI ....................................................................
PIER FERDINANDO CASINI ........................................................
LUCIANO VIOLANTE .................................................................
»
»
»
»
»
»
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211
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216
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RECENSIONI
SUZIE NAVOT, The Constitution of Israel. A Contextual Analysis (EMILIO CASTORINA) ................................................. » 223
Elenco collaboratori ................................................................ » 233
I contributi proposti per la pubblicazione su questa Rivista sono esaminati in via preliminare dalla Direzione anche per stabilirne la congruità tematica. I Saggi sono poi sottoposti a valutazione da parte di
un Comitato di revisori esterno. Le note destinate alle varie rubriche
sono soggette a valutazione da parte di revisori interni, oltre che dei
responsabili delle rubriche.
VITTORIO FROSINI E LA TEORIA DELL’INTERPRETAZIONE
DEI DIRITTI UMANI
di MICHAELA GIORGIANNI
SOMMARIO: 1. Il passaggio dal diritto naturale ai diritti umani. – 2. La teoria dell’interpretazione del diritto: la lettera e lo spirito della legge. – 3. Lo spirito
della legge e il ruolo dei diritti umani nel procedimento interpretativo. – 4.1.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’interpretazione
dei diritti umani. Il nuovo art. 6 del Trattato di Lisbona e l’adesione dell’Unione Europea alla CEDU. – 4.2. Il dialogo fra Corti europee e Corti nazionali nell’interpretazione dei diritti umani. – 4.3. Gli aspetti innovativi della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea rispetto alla CEDU. –
5. Il fondamento dei diritti umani.
1.
Il passaggio dal diritto naturale ai diritti umani
«Il problema dei «diritti umani», ossia del loro significato, della
loro funzione, della loro validità giuridica, appassiona tanto i giuristi
e i filosofi del mondo contemporaneo, quanto il dibattito sul fondamento e il riconoscimento del «diritto naturale» appassionò i loro
predecessori nei secoli passati».
Con queste parole si apre il saggio di Vittorio Frosini, partecipe giurista e appassionato studioso di filosofia e teoria generale del diritto, su «L’interpretazione dei diritti umani»1, che riproduce una lezione da lui tenuta all’Università di Padova nel
1 Il
saggio è stato pubblicato in diverse riviste (in Pace, diritti dei popoli, 1991, 9
ss., e in MondOperaio, 1992, 108 ss.), anche straniere (traduzione tedesca in Archiv für
Rechts- und Sozialphilosophie, 1993, 299 ss.), e inserito sia in una raccolta di scritti dell’Autore dedicata al tema dei diritti umani (Teoria e tecnica dei diritti umani, 3ª ed. ampliata, ESI, Napoli, 1998, Cap. IV, 57 ss.) sia nell’edizione ampliata delle Sue «Lezioni
di teoria dell’interpretazione giuridica» (Bulzoni Editore, Roma, 1989, 1990, 1991,
1992, Cap. V, 177 ss.).
8
MICHAELA GIORGIANNI
maggio del 1991 e che, oltre ad inquadrarsi nel ricco panorama
offerto dai Suoi numerosi contributi dedicati ai problemi etici,
giuridici e pratici sorti con il riconoscimento e l’applicazione dei
diritti umani, può considerarsi insieme la sintesi e l’epilogo delle
Sue riflessioni sulla teoria dell’interpretazione giuridica2.
Il tema dei diritti umani ha impegnato ampiamente Frosini,
il quale ha il merito, innanzitutto, di avere evidenziato il passaggio dai diritti naturali ai diritti umani, in quanto «l’oggetto della
discussione non è più lo stesso»3. Invero, si sarebbe verificata
una cesura con la tradizione del giusnaturalismo a seguito del riconoscimento dei diritti umani nelle legislazioni statali e negli accordi internazionali4. Sarebbe venuto meno, quindi, l’antico contrasto fra i diritti attribuiti all’uomo «per natura» e i diritti che
gli sono invece riconosciuti «per legge», perché «i diritti naturali
sono divenuti diritti positivi»5.
Il problema non è più allora quello di una giustificazione
ideale dell’esistenza dei diritti naturali. Occorre indagare, invece,
innanzitutto i rapporti fra i diritti naturali di ieri ed i diritti
umani di oggi. La questione è, in altri termini, quella di verificare
se i nuovi diritti umani accolti dal legislatore nazionale e internazionale corrispondano ancora ai passati «diritti naturali», tenuto
conto in particolare dell’attuale sviluppo scientifico e tecnologico della civiltà umana6.
«Nel trapasso dagli antichi diritti naturali ai nuovi diritti umani
si è (così) verificato uno spostamento di prospettiva di 180 gradi: i
diritti razionali invocati dalla filosofia sono divenuti diritti positivi
2 Occorre rilevare, infatti, che «la teoria dell’interpretazione dei diritti umani» è
contenuta nell’ultimo capitolo, quindi chiude le Sue «Lezioni di teoria dell’interpretazione giuridica»; e questa sistemazione non è dipesa certamente soltanto da motivi di
ordine temporale.
3 V. FROSINI, L’interpretazione dei diritti umani, cit., 57.
4 V. FROSINI, Introduzione, in ID., Teoria e tecnica dei diritti umani, cit., 7; ID.,
L’interpretazione dei diritti umani, cit., 57.
5 V. FROSINI, I diritti umani nella società tecnologica, in ID., Teoria e tecnica dei diritti umani, cit., 27 ss., 28. Si veda anche ID., La lettera e lo spirito della legge, 3ª ed.
ampliata, Giuffrè, Milano, 1998, 151.
6 V. FROSINI, I diritti umani nella società tecnologica, cit., 28 s.
OSSERVAZIONI SCONTATE
IN TEMA DI TOLLERANZA DELLA CORRUZIONE
di GIOVANNI GROTTANELLI
DE’
SANTI
Nelle cronache di ogni tempo passato è facile trovare considerazioni sulla corruzione dilagante e sulle conseguenze nefaste
che dalla corruzione discendono sulla società; a questo proposito
E.Burke oltre due secoli fa sottolineava tuttavia la necessità di distinguere le lagnanze tipiche dovute a una comune tendenza del
genere umano dai sintomi di guai che sono invece specifici del
proprio tempo1. Sicuramente il «deficit etico» del quale si parla
ogni giorno in Italia è stato maggiormente avvertito dalla gente
comune da quando, negli ultimi decenni dello scorso secolo l’ordine giudiziario ha cessato di mantenersi, assai meno che nel
tempo passato2, ben allineato nei confronti del potere esecutivo
e in genere della classe dirigente del Paese. Riprendendo infatti
la colorita immagine del trono di Salomone che ho richiamato altrove3 si direbbe che i giudici come i «leoni sotto il trono» non si
limitino più a qualche morsetto nei polpacci del sovrano e che
piuttosto abbiano preso a lacerarne le gambe. Si direbbe anche
1 Cfr. E. BURKE, Thoughts on the Cause of the Present Discontents, in Works,
London 1893, Bell and Sons, vol. I, 306 ss.
2 Ci si riferisce qui ai primi decenni successivi al 1948, essendo superfluo ogni
commento relativo al periodo fascista.
3 In Profili costituzionali della discrezionalità amministrativa in Inghilterra, in Diritto e Società, 1984, 62 ss., riferendomi a B. MACKENNA, Discretion, in The Irish Jurist,
1974, 1 ss., 5.; a sua volta MacKenna riprendeva l’esortazione di Lord Bacon, nel Saggio On Judicature, rivolta ai giudici perché non rendessero la vita troppo difficile alla
Corona e ai ministri; i giudici avrebbero dovuto essere come i leoni ai piedi di Salomone, leoni sì ma sotto il trono, limitandosi sempre (secondo MacKenna) a dare soltanto qualche morsetto in una gamba.
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GIOVANNI GROTTANELLI DE’ SANTI
che la gente comune avverta oggi maggiormente questo deficit
etico da quando la stampa e i media in generale si sono fatti sempre più disinibiti rispetto al tempo passato e quasi si ha l’impressione che tendano ogni giorno a segnalare notizie negative e di
conferma della dilagante corruzione. In qualche modo la constatazione della corruzione si aggiunge ad un senso di sfiducia e di
disagio morale che costituiscono una notevole componente della
cappa di tristezza che si stende sul nostro Paese a causa della
crisi economica; una crisi che viene puntualmente descritta dai
media con una dovizia di particolari tecnici dai quali gli specialisti possono trovare utili informazioni, ma la gente comune trae
solo una impressione della pessima situazione generale.
Peraltro l’attivismo giudiziario visto in una luce favorevole
in quanto è dimostrazione che la giustizia è veramente uguale
per tutti senza riguardo per le condizioni personali e lo status degli inquisiti, configura talora la magistratura come un concorrente del potere esecutivo nell’esercizio della funzione di indirizzo politico e mette a dura prova la già molto «provata» solidità della struttura statuale nonché la separazione dei poteri. La
classe politica avverte così una sensazione di costante vulnerabilità, ciò che può essere visto come un bene, ma che anche può
avere i suoi lati negativi per il clima di ansia nel quale si muove
la vita pubblica italiana.
Sarebbe banale soffermarsi in queste brevi considerazioni
sulle conseguenze che dalla corruzione diffusa si riverberano
nella vita della società; tra le più gravi tuttavia, anche se non frequentemente segnalata dalla stampa, sembra essere quella costituita dal solco sempre più profondo che si va delineando nel rapporto di fiducia tra governati e governanti. L’uomo politico o di
governo corrotto fa credere che il suo comportamento è diverso
da quello che è realmente e mette in pericolo l’affidamento dal
quale dipende la formazione e la buona tenuta del tessuto sociale. Significativamente è stato detto recentemente a quest’ultimo riguardo che la fiducia (trust) si definisce come «forma
della nostra esistenza» senza la quale non sarebbe possibile affrontare ogni giorno le incertezze inevitabili nello svolgersi dei
I «GOVERNI TECNICI».
GLI ESECUTIVI CIAMPI, DINI E MONTI
NEL DIFFICILE EQUILIBRIO TRA TECNICA E POLITICA*
di NICOLA LUPO
SOMMARIO: 1. Due nodi non sciolti: la complessificazione-tecnicizzazione dell’attività di governo delle società contemporanee e il mancato adeguamento delle
istituzioni italiane alla logica maggioritaria. – 2. Definizione e descrizione
del fenomeno: è «tecnico» ogni governo presieduto da un «non politico». –
3. Gli elementi comuni ai tre governi tecnici dell’esperienza repubblicana:
governi a durata limitata, con ampio consenso, nati su impulso del Presidente della Repubblica e con presidenti tecnici «in entrata», ma politici «in
uscita». – 4. Gli elementi differenziali: sistemi elettorali e presenza di ministri (e sottosegretari) parlamentari. – 5. La conformità alla Costituzione: i
governi «tecnici» come governi «presidenziali-parlamentari», per effetto di
un passo indietro dei partiti politici. – 6. Le conseguenze sugli assetti e sul
funzionamento delle Camere. – 7. La «fiducia europea» e il suo peso nella
forma di governo italiana. – 8. In particolare: l’incentivo verso governi con
ampia base parlamentare e la fuga dalla responsabilità politica. – 9. La necessità di una ridefinizione del punto di equilibrio tra politica e tecnica.
1.
Due nodi non sciolti: la complessificazione-tecnicizzazione dell’attività di governo delle società contemporanee e il mancato
adeguamento delle istituzioni italiane alla logica maggioritaria
Nell’affrontare il tema dei «governi tecnici» nell’esperienza
repubblicana italiana è opportuno muovere da un dato di fondo,
su cui non è possibile soffermarsi specificamente, ma che serve a
* Il
nucleo originario del lavoro deriva da una relazione al convegno della School
of Government della Luiss Guido Carli su «Tecnica e Politica nelle democrazie contemporanee», il 27 marzo 2014 (i cui atti sono in corso di pubblicazione su Ventunesimo secolo).
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NICOLA LUPO
delineare il contesto in cui hanno luogo le evoluzioni che saranno qui esaminate. Questo dato è rappresentato dalla maggiore complessità che caratterizza le società contemporanee1, e
dunque dall’accresciuto peso che inevitabilmente spetta alla
componente tecnica nell’azione di governo e di regolazione di
queste società.
Le cause alla base di questo dato di fondo sono, evidentemente, molteplici e di diverso genere: la crescente velocità con
cui si evolvono i fenomeni sociali, lo sviluppo incessante e impressionante delle tecnologie, l’accentuarsi continuo del carattere pluralistico delle società contemporanee, la crescita e l’articolazione dell’intervento pubblico in economia e delle amministrazioni pubbliche, le dinamiche proprie di istituzioni che
inevitabilmente operano all’interno di ordinamenti multi-livello,
la globalizzazione dei mercati e dei fenomeni economici in genere. Come ha osservato, in un suo recente volume, Natalino
Irti, seppure al fine di avanzare critiche nei confronti di una risposta tutta ed esclusivamente tecnocratica all’evoluzione in atto:
«Nel mondo contemporaneo, i problemi politici, ossia di governo di comunità nazionali o di unioni di Stati, sono sovrattutto
problemi tecnici»2. E ancora, accennando a ulteriori possibili
cause rispetto a quelle appena enunciate: «secolarizzazione e declino delle ideologie sospingono verso la tecnica»3.
Se questo dato di fondo si può riferire tendenzialmente a
tutte le società contemporanee, o quanto meno a tutte quelle del
mondo occidentale, un secondo elemento – da richiamare anch’esso in sede di premessa – rappresenta invece una peculiarità
1 Cfr.,
a titolo esemplificativo, M. CLARICH, Introduzione a R.A. EPSTEIN, Regole
semplici per un mondo complesso, Liberilibri, Macerata, 2012, XI s.
2 N. IRTI, Del salire in politica. Il problema tecnocrazia, Aragno, Torino, 2014, 79.
3 Così N. IRTI, Del salire in politica, cit., 92 s. Cfr. anche a 64: «La fine delle ideologie, decretata con colpevole leggerezza dopo il crollo dei regimi comunisti, ha segnato riduzione dell’elemento politico, indebolito la coscienza critica dei problemi, sospinto al centro della vita pubblica le competenze tecniche». In ottica politologica, sui
limiti del principio di maggioranza e sull’accresciuto spazio del principio di competenza, cfr., ad esempio, A. PIZZORNO, In nome del popolo sovrano, in Il mulino, 2012, n.
2, 201 s., spec. 212 s.
ORGANI COSTITUZIONALI
E «TEOLOGIA DEI CORPI SEPARATI» DELLO STATO*
di NICOLA OCCHIOCUPO
SOMMARIO: 1. Sperpero di denaro pubblico. Regime delle immunità delle Camere e degli altri organi costituzionali. – 2. Costituzione, sovranità popolare, posizione e
ruolo degli organi costituzionali. – 3. Dottrina del Montesquieu e «teologia dei
corpi separati». – 4. La Camera elettiva come «Olimpo vivente». Teorica degli
interna corporis acta. – 5. Il dogma della «sovranità» delle Camere e degli altri
organi supremi e sua incompatibilità con la Costituzione. – 6. La configurazione
degli organi supremi nella Costituzione. – 7. L’indipendenza e l’autonomia elementi essenziali degli organi costituzionali. Significati e limiti. – 8. Autonomia
normativa ed organizzatoria degli organi supremi. – 9. Gli apparati degli organi
supremi come amministrazioni dello Stato. Deroghe e limiti. Duplice natura degli organi supremi. – 10. Vitalità dell’antico «feticcio» degli interna corporis acta.
– 11. Sentenze della Corte costituzionale sulla insindacabilità anche della gestione del pubblico denaro utilizzato dagli organi costituzionali. – 12. La sentenza n. 120 del 9 maggio 2014 esalta, ma vanifica, la «grande regola» della
tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali. Auspicio che, in futuro, nessuno
degli organi dello Stato possa dirsi legibus solutus.
1.
Sperpero di denaro pubblico. Regime delle immunità delle Camere
e degli altri organi costituzionali
Nel mezzo della drammatica crisi economica, finanziaria, sociale,
politica, che da tempo il Paese attraversa, indagini di polizia giudiziaria
ed inchieste giornalistiche hanno portato all’attenzione dell’opinione
pubblica, tra l’altro, gli enormi costi della politica e l’utilizzo da parte di
parlamentari, consiglieri regionali, altri esponenti politici di finanziamenti pubblici destinati ai partiti ed ai gruppi parlamentari e consiliari
regionali, per finalità del tutto estranee ai compiti istituzionali.
* Testo,
rielaborato, dell’intervento al Convegno, promosso ed organizzato dalle
Associazioni dei Funzionari e dei Consiglieri degli organi supremi dello Stato, il 19
maggio 2014, a Roma, nel Palazzo della Consulta, sul tema «L’autonomia degli Organi
costituzionali alla prova delle riforme. Il ruolo della dirigenza».
124
NICOLA OCCHIOCUPO
È appena il caso di rilevare che il fenomeno dello sperpero di denaro pubblico è, purtroppo, una costante della nostra storia, per l’intreccio tra partiti ed amministrazione pubblica o, se si preferisce, per la
collusione tra funzionari pubblici, uomini politici, uomini di affari, ereditata dall’epoca dell’unificazione del Paese, intensificatasi durante il
regime fascista, sviluppatasi anche nel periodo repubblicano, come da
documentate denunce di Luigi Sturzo, Ernesto Rossi, Leopoldo Piccardi, Arturo Carlo Iemolo, Giuseppe Maranini, Costantino Mortati.
Questo Autore parlava del diffondersi di una concezione «feudale» dei
pubblici uffici ad opera, ad esempio, di ministri i quali «operano
spesso, nella direzione dei propri dicasteri, auto attribuendosi una pienezza di poteri che li fa assomigliare a signori feudali e largamente contribuiscono all’attività del «sottogoverno», che rende assai spesso del
tutto platonico il principio di legalità dell’azione amministrativa». È altrettanto vero che, negli ultimi tempi, deve registrarsi un’accentuazione
oggettiva dei costi della politica e del relativo sperpero, in sede regionale e nazionale, dovuta ad una molteplicità di ragioni, prima tra esse la
profonda crisi politica e morale, inevitabilmente congiunte, generandosi
l’una dall’altra, come osserva il Montesquieu il quale non distingue fra
corruzione morale e corruzione politica, dal momento che non c’è crisi
politica che non sia anche crisi morale.
Sull’onda degli scandalosi casi denunciati, che hanno avuto ed
hanno un’ampia risonanza mediatica, è venuto alla ribalta anche l’esistenza del regime delle immunità delle Camere, ovvero della assoluta
insindacabilità della loro attività amministrativa e contabile da parte di
organi giurisdizionali ordinari, essendo ritenuti organi «sovrani», in
posizione di assoluta indipendenza, inviolabili da chicchessia. Non vi è
dubbio che il fenomeno abbia gettato e getti ulteriore discredito sul
ceto politico e sulle istituzioni ed abbia messo e metta in discussione,
tra l’altro, il predetto regime delle immunità, risalente alla Rivoluzione
francese ed allo Statuto Albertino, ancor oggi, però, effettivamente imperante, divenuto per di più patrimonio, come si vedrà, anche degli altri organi supremi ad opera della Corte costituzionale, nonostante che
sia stato rilevato più volte la sua incompatibilità con la Costituzione repubblicana.
Al di là di critiche facili, di polemiche strumentali e contingenti,
si rende urgente ed indispensabile chiarire, alla luce della Costituzione,
i termini delle questioni sul tappeto, riesaminare ed individuare i contenuti ed i limiti del predetto regime, il sottofondo ispiratore. È da te-
IL DIRITTO DI ELETTORATO PASSIVO
E IL DIVIETO PER I MAGISTRATI
DI PARTECIPAZIONE SISTEMATICA E CONTINUATIVA
AI PARTITI POLITICI
di GIAMPIETRO FERRI
SOMMARIO: 1. La propaganda elettorale svolta da un magistrato per il candidato a sindaco di un partito e la censura per l’illecito disciplinare di partecipazione ai partiti politici. – 2. Il ricorso contro la sentenza n. 32/2013 della Sezione disciplinare del CSM: la distinzione fra liste civiche e partiti politici. – 3. La sentenza n.
27987/2013 della Corte di cassazione: l’attività di propaganda del magistrato
«candidato» a vicesindaco è scriminata dall’esercizio del diritto di elettorato passivo: critica. – 4. La partecipazione ai partiti nell’àmbito degli illeciti disciplinari
tendenti a separare i magistrati dalla politica. – 5. La nuova formulazione dell’illecito riguardante la partecipazione dei magistrati ai partiti: considerazioni critiche. – 6. L’iscrizione e la partecipazione ai partiti come ipotesi non assimilabili:
l’illegittimità costituzionale del divieto per i magistrati di partecipazione sistematica e continuativa ai partiti. – 7. Considerazioni conclusive.
1.
La propaganda elettorale svolta da un magistrato per il candidato a
sindaco di un partito e la censura per l’illecito disciplinare di partecipazione ai partiti politici
L’art. 3, comma 1, lett. h), del d.lgs. 23 febbraio 2006 n. 109 – recante «Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative
sanzioni e della procedura per la loro applicabilità»1 – dispone che costituiscono «illeciti disciplinari» extrafunzionali l’«iscrizione» ai partiti
politici e la «partecipazione sistematica e continuativa» alle attività degli stessi partiti.
1 Nonché
«modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera
f, della legge 25 luglio 2005, n. 150» («Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12»).
142
GIAMPIETRO FERRI
La Sezione disciplinare del CSM, con la sentenza n. 32/2013,
aveva condannato il magistrato Paolo A. Taviano, giudice presso il Tribunale di Avezzano, per aver partecipato attivamente alla campagna
elettorale in occasione delle elezioni amministrative del comune di
Cassino del 2011, infliggendogli la sanzione della censura.
Secondo la Sezione disciplinare, presenziare «a comizi elettorali e
rilasciare interviste alla stampa», sostenendo pubblicamente il candidato alla carica di sindaco di un «partito […] nazionale», integrerebbe
«gli estremi della partecipazione» ad una «tipica attività di partito».
Non sembrerebbe rilevare, dunque, ai fini dell’applicabilità al
caso di specie dell’art. 3, comma 1, lett. h), del d.lgs. n. 109/2006, la
circostanza che il magistrato abbia agito durante la campagna elettorale in veste di esponente di una lista civica2: lista che era sì compresa
nella coalizione del candidato sindaco, ma era separata dalla lista del
suo partito3, con cui aveva stipulato semplicemente un accordo elettorale, in base al quale, in caso di vittoria, la carica di vicesindaco sarebbe spettata al medesimo magistrato. Il fatto stesso di svolgere un’attività di propaganda elettorale per una persona appartenente a un partito politico implicherebbe la partecipazione a un’attività di partito.
Il carattere sistematico e continuativo della partecipazione sarebbe
dimostrato dai manifesti elettorali che ritraevano il dott. Taviano insieme con il candidato sindaco e che lo indicavano come «candidato»
vicesindaco, nonché dalla presenza dello stesso magistrato ad alcune
manifestazioni politiche tenutesi nel periodo della campagna elettorale4.
2.
Il ricorso contro la sentenza n. 32/2013 della Sezione disciplinare
del CSM: la distinzione fra liste civiche e partiti politici
Nel ricorso per cassazione contro la sentenza della Sezione disciplinare del CSM n. 32/20135, la difesa del magistrato condannato
2 Denominata «Cassino Città Futura».
3 Il «Popolo della libertà».
4 Ritiene corretta la decisione della Sezione
disciplinare F. BIONDI, Le attività politiche dei magistrati: alcune indicazioni dai giudici disciplinari, in Quad. cost., 2014, 415.
5 La disciplina delle impugnazioni delle pronunce della suddetta Sezione, contenuta nell’art. 24 del d.lgs. n. 109/2006, prevede che il ricorso per cassazione sia presentato – dall’«incolpato» o dal Ministro della Giustizia o dal Procuratore generale
presso la Corte di cassazione – «nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale», spettando poi la decisione alle «sezioni unite civili» (e non alle «sezioni unite penali», come disponeva originariamente l’art. sopra citato).
INSTABILITÀ DI GOVERNO
E MECCANISMI DI RAZIONALIZZAZIONE:
L’ESEMPIO SPAGNOLO
di GABRIELLA DURANTI
1. Il dibattito intorno alla nostra forma di governo parlamentare e
all’esigenza di una sua eventuale rivisitazione – alimentatosi di recente
in seguito alla situazione di stallo istituzionale determinatasi dopo le
consultazioni elettorali del febbraio 2013 – assume sfumature peculiari
alla luce dell’attuale proposta di revisione costituzionale1. Sebbene
quest’ultima sia concepita in larga misura per fornire soluzioni al problema dell’instabilità dell’assetto governativo, essa si prefigge di adottare riforme strutturali profonde, capaci di incidere in particolare sul
superamento dell’attuale bicameralismo perfetto o paritario, sulla materia dell’organizzazione territoriale dello Stato e sull’abolizione del
CNEL, restando sorprendentemente fuori qualsivoglia ipotesi di modifica della forma di governo. Va da sé che il mutamento del ruolo del
Senato – svuotato, tra l’altro, della sua funzione fiduciaria – e la nuova
disciplina costituzionale del decreto-legge, teso a rafforzare la posizione del governo nel procedimento legislativo, finiscano inevitabilmente per ripercuotersi indirettamente anche sul versante della forma
di governo2, senza tuttavia incidere in maniera significativa.
In particolare, il progetto di revisione costituzionale sorvola su
questioni di interesse prioritario per garantire la governabilità del
Paese e, dunque, su aspetti nevralgici relativi ai rapporti tra gli organi
1 Dopo
l’approvazione del disegno di legge governativo da parte del Senato l’8
agosto 2014, è attualmente in corso di esame alla Camera il disegno di legge costituzionale (A.C. 2613). Cfr. B. CARAVITA, Questioni di metodo e questioni di contenuto
nelle riforme costituzionali e elettorali, in federalismi.it, n. 22/2014.
2 Cfr. G. DE VERGOTTINI, Audizione presso la Commissione Affari Costituzionali
del Senato della Repubblica sul progetto di riforma costituzionale del Governo, 27
Maggio 2014.
160
GABRIELLA DURANTI
dell’indirizzo politico, che pure trovano ampio spazio in numerose Costituzioni europee3, quali il procedimento di formazione del Governo,
il ruolo del Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti del governo stesso e nei confronti del Parlamento e, in ultimo, della posizione rivestita dal Capo dello Stato4.
Vero è che l’elasticità delle norme costituzionali sulla nostra
forma di governo parlamentare (artt. 92-95) ha permesso a questa di
funzionare e di evolversi spontaneamente, senza modifiche formali al
testo della Costituzione stessa. Le riforme elettorali hanno consentito
di percorrere la strada del bipolarismo che ha di fatto rafforzato, attraverso una sorta di investitura indiretta popolare, la figura ed il ruolo
del primo ministro e del governo tutto5, rispetto al parlamento, seguendo la strada dei modelli di governo simili al nostro. D’altro canto,
vero è anche che in tali altre esperienze ordinamentali non mancano
disposizioni costituzionali volte a perseguire la strada della stabilità del
governo attraverso la previsione di meccanismi atti ad intervenire in
quelle ipotesi che, per quanto rare, possono determinarsi nel corso
della storia politico-istituzionale di un ordinamento, come si è verificato, appunto, in Italia, laddove il Capo dello stato è rimasto sprovvisto di strumenti idonei per la risoluzione della crisi istituzionale.
Più precisamente, si vuole alludere a quei dispositivi – per giunta
prospettati in Assemblea costituente nell’ordine del giorno Perassi 6 –
3 Cfr. G.M. SALERNO, Il progetto di riforma costituzionale del governo Renzi: qualche osservazione preliminare, in federalismi.it, n. 8/2014.
4 Cfr. F. GIUFFRÈ, El Jefe del Estado en la Constitución italiana y la reciente evolución «presidencialista» de la forma de gobierno parlamentaria, in federalismi.it, n.
2/2014.
5 Cfr. T.E. FROSINI, Una legge elettorale che salvi il bipolarismo, in federalismi.it,
n. 20/2011.
6 L’ordine del giorno Perassi del 5 settembre 1946 così recitava: «La seconda
Sottocommissione … ritenuto che né il tipo di governo presidenziale, né quello del governo direttoriale risponderebbero alle condizioni della società italiana, si pronuncia
per l’adozione del sistema parlamentare da disciplinarsi, tuttavia, con dispositivi costituzionale idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell’azione di governo e ad evitare le
degenerazioni del parlamentarismo», inserendosi in quella tendenza espressa da quasi
tutte le Costituzioni europee già tra le due guerre mondiali (Austria, Polonia ed Estonia 1920; Spagna 1931) e soprattutto dopo la seconda (Germania 1949, Spagna 1978)
di razionalizzare la forma di governo parlamentare con la previsione, appunto, di disposizioni costituzionali volte a disciplinare dettagliatamente clausole, istituti atti a
garantire la stabilità del governo e, in generale, del sistema costituzionale nel suo
complesso. Nella realtà, come già da tempo sostenuto da autorevole dottrina (L. ELIA,
MATERIA ELETTORALE:
LA CORTE COSTITUZIONALE TIENE ANCORA LA REGIA
ANCHE SE CAMBIA LA TRAMA DEL FILM
(RIFLESSIONI A MARGINE DELLA SENT. N. 275 DEL 2014)
di LARA TRUCCO
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. A proposito dell’«eguaglianza del voto». – 3. E del premio di maggioranza. – 4. In cauda venenum?
1.
Premessa
Se la sent. n. 1 del gennaio 2014 della Corte costituzionale è stata
una pronuncia straordinariamente innovativa in materia elettorale,
come dimostra l’ampio dibattito apertosi in dottrina e nell’ambito
delle stesse istituzioni all’indomani della sua pubblicazione1, a riportare, come appresso si vedrà, per certi versi, indietro le lancette dell’orologio, pur senza perdere di vista il presente e fors’anche guardando al futuro, ci ha pensato, nel dicembre 2014, la sent. n. 275, passata, invece, alquanto inosservata.
A dare impulso alla pronuncia in commento è stata l’ordinanza
del Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento2 (del 14
febbraio 2014), resa nell’ambito di un contenzioso avviato da due elettori candidatisi nelle elezioni di un comune della Regione, i quali, rite1 Per
un’esaustiva ricognizione della dottrina sulla sent. n. 1 del 13 gennaio 2014
si rinvia, da ultimo, ad A. RAUTI, I sistemi elettorali dopo la sentenza costituzionale n. 1
del 2014. Problemi e prospettive, Napoli, 2014, 23 e ss. (spec. la nota 26); cfr., inoltre,
M. D’AMICO, S. CATALANO, Prime riflessioni sulla «storica» sentenza 1 del 2014 in materia elettorale, Milano, 2014; G. ZAGREBELSKY, La sentenza n. 1 del 2014 e i suoi commentatori, in Giur. cost., 2014; nonché, in Consulta OnLine, 2014, la pagina
http://www.giurcost.org/decisioni/2014/0001s-14.html.
2 Più precisamente, la questione di legittimità costituzionale era stata promossa
dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, con ord. n. 98 del 14 febbraio 2014, in G.U. n. 26, 1a serie spec.
172
LARA TRUCCO
nendo di essere stati ingiustamente penalizzati dalle regole elettorali
applicate (nelle elezioni svoltesi nella primavera 2013), avevano impugnato l’atto di proclamazione degli eletti al consiglio comunale. Le
doglianze si erano, dunque, appuntate sia sull’eccessiva distorsività del
risultato originato dal premio di maggioranza previsto dalle norme per
l’elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni più popolosi della provincia di Trento, sia, conseguentemente, sul fatto di
essersi visti privati delle chances che, invece, in assenza di seggi-premio
– ovvero in applicazione della sola formula proporzionale D’Hondt
prevista dalla stessa normativa trentina3 – avrebbero avuto, di essere
eletti. In una tale ipotesi, infatti, come rileva dallo schema che si propone, la coalizione di liste a sostegno del candidato eletto sindaco, col
27,03% dei voti, avrebbe ottenuto sei seggi invece di quattordici (oltre
a quello spettante di diritto al sindaco); mentre le restanti liste, col
72,97% dei voti, ne avrebbero avuti ben sedici, al posto di sette, ed in
quest’ambito la coalizione di liste dei due ricorrenti, col 18,42% dei
voti, avrebbe ottenuto tre seggi in più rispetto all’unico conquistato4.
VOTI
VOTI
SEGGI
SEGGI
DIFFEFORMAZIONE
OTTENUTI OTTENUTI OTTENUTI OTTENIBILI RENZA
POLITICA
(n.)
(%)
(con sist. magg.) (con sist. proporz.) (n. seggi)
Coalizione
vincente
2812
27,03%
15
6
+9
Altre liste
7593
72,97%
7
16
–9
TOTALE
10405
100%
Coalizione
dei ricorrenti
1917
18,42%
4
–3
22
1
Sull’onda, peraltro, della menzionata decisione n. 1 del 2014 (all’epoca assai recente), la strategia argomentativa del tribunale amministrativo trentino è stata quella di richiamarne a sostegno dei propri
dubbi di legittimità ampi passaggi, particolarmente quello riguardante
3 V. l’art. 87, comma 1, lett. g), del T.U. delle leggi regionali sulla composizione
ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali del 2005, approvato con
d.P.Reg. 1° febbraio 2005 n. 1/L (per maggiori dettagli, si rinvia, infra, alla nota 5).
4 Per il reperimento dei dati elettorali si è fatto riferimento al sito ufficiale TAA
(http://www.regione.trentino-a-adige.it/elettorale/risultati/trento/reg_98_voti_lista_tn_
x_comune.pdf).
Presentazione del libro
«ETICA POLITICA DEMOCRAZIA»
di ANTONIO CASU
Il 30 ottobre 2014, nella Biblioteca della Camera dei deputati, ha
avuto luogo la presentazione del libro «Etica politica democrazia».
Sono intervenuti Silvio Traversa, Angelo G. Sabatini, Gerardo
Bianco, Luciano Violante, Renato Balduzzi, Antonio Patuelli, Antonio
Casu.
Pubblichiamo gli interventi dei partecipanti.
SALUTO AL SEGRETARIO GENERALE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
DR. UGO ZAMPETTI
IN OCCASIONE DEL SUO COLLOCAMENTO A RIPOSO
PER RAGGIUNTI LIMITI DI ETÀ
NOTA REDAZIONALE
La Direzione della Rivista ritiene opportuno pubblicare i discorsi
pronunciati nella sala gialla della Camera dei deputati il 19 dicembre
scorso in occasione del saluto al Segretario generale Ugo Zampetti,
collocato in quiescenza per raggiunti limiti di età, oltre che dallo stesso
Zampetti anche dal Presidente della Camera Laura Boldrini e dagli expresidenti Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini e Luciano Violante.
A tale pubblicazione, invero non usuale, la Direzione della Rassegna
parlamentare si è determinata non solo e non tanto per i forti legami
personali e il costante sostegno ed interesse per l’ISLE che hanno improntato i rapporti con il segretario generale Zampetti ma altresì e soprattutto perché i discorsi pronunziati da così autorevoli rappresentanti dell’Istituzione parlamentare colgono profili fondamentali delle
funzioni e dei comportamenti che devono caratterizzare il funzionario
parlamentare, quali la terzietà, l’imparzialità, il rigore, la lealtà istituzionale che è bene siano mantenuti vivi nella memoria.
SUZIE NAVOT, The Constitution of Israel. A Contextual Analysis, Hart
Publishing, Oxford and Portland, Oregon, 2014.
Il filo conduttore che attraversa il libro di Suzie Navot, dal titolo
The Constitution of Israel. A Contextual Analysis, edito da Hart Publishing (Oxford and Portland, Oregon, 2014), è il carattere «in progress» dell’assetto costituzionale dello Stato d’Israele, poiché la Knesset (parlamento monocamerale, che dispone tanto del potere costituente, quanto della funzione legislativa) non è ancora riuscita a
conferire veste unitaria alle «leggi fondamentali», così denominate
dallo stesso Parlamento e approvate senza ricorso ad alcun procedimento aggravato.
In tali «leggi» trova graduale compimento una del tutto peculiare
«Costituzione a tappe» di un ordinamento le cui basi vanno individuate, innanzitutto, nella nota Risoluzione dell’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite del 29 novembre 1947 (che prevedeva la nascita
dello Stato di Israele nella regione palestinese) e, quindi, venuta meno
la giurisdizione britannica (formalizzata dal parlamento di Westminster con il Palestine Act del 29 aprile 1948), nella Dichiarazione d’indipendenza del 14 maggio 1948 da parte del nuovo Stato ebraico. Suzie
Navot attribuisce all’opposizione del primo Ministro David Ben-Gurion (e non tanto alla preoccupazione di quella parte della Knesset che
reputava la Torah come la sola ed esclusiva costituzione del popolo
ebraico) la mancata stesura di una Carta, che un’Assemblea costituente
avrebbe dovuto approvare con efficacia sovraordinata alla legge ordinaria.
Invero, un organico processo costituente in Israele non si è messo
mai volutamente in moto, proprio per evitare che la rigidità dei principi potesse generare divisioni culturali all’interno della nazione, considerato anche che la maggior parte del popolo ebraico doveva ancora
rientrare nel territorio del nuovo Stato. Per il diritto costituzionale
comparato, il compromesso al quale la prima Knesset pervenne (la c.d.
Risoluzione Harari del 13 giugno 1950) rappresenta un precedente certamente unico: vale a dire, «la decisione di non decidere» al riguardo,
poiché tale si rivelò l’incarico affidato alla Commissione Affari costitu-
224
RECENSIONI
zionali e giustizia, senza alcun limite temporale, di predisporre una
bozza di Costituzione che sarebbe stata composta di «capitoli», corrispondenti alle «leggi fondamentali» che sarebbero state man mano approvate dalla Knesset. Le dodici sino a oggi intervenute coprono larga
parte della materia costituzionale; il che ha consentito all’Autrice di articolare i contenuti e lo svolgimento del lavoro seguendo un’impostazione tipicamente manualistica: ai brevi cenni sulle origini storiche, seguono, infatti, la trattazione dei principi fondamentali dell’ordinamento, l’analisi delle competenze degli organi costituzionali e delle
fonti del diritto, il sistema della forma di governo, la progressiva definizione di un vero e proprio catalogo giurisprudenziale dei diritti fondamentali e degli strumenti volti alla protezione di essi.
Le frequenti sottolineature circa il carattere del tutto peculiare di
taluni istituti sollecitano l’attenzione del comparatista sotto svariati
profili.
Per un verso, si possono cogliere le soluzioni istituzionali provenienti dal modello britannico di Common Law, il quale ha fornito l’ossatura essenziale dell’ordinamento a partire dalla fine della prima
guerra mondiale, allorché, a seguito della dissoluzione dell’impero ottomano, la Società delle Nazioni affidò alla Gran Bretagna un Mandato per la Palestina. Sin dalla fondazione, la forma di governo israeliana ha, infatti, riprodotto il sistema parlamentare c.d. Westminster,
tranne che per una breve parentesi, durata ben poco (1996-2001), in
cui, attesa la notevole instabilità politica, venne sperimentato – ma con
esiti che non condussero al risultato atteso – un inedito rafforzamento
della posizione del Primo Ministro, mediante l’elezione diretta di quest’ultimo (il Premier, tuttavia, rimaneva soggetto alla sfiducia da parte
della maggioranza parlamentare e titolare del potere di scioglimento
della Knesset con il consenso presidenziale) contestualmente a quella
della Camera rappresentativa, con l’impiego di due schede separate.
Sotto ulteriore profilo, la comparazione della Navot si concentra
sul recente sviluppo di un forte «attivismo giudiziario» che ha progressivamente determinato l’abbandono dell’approccio formalistico,
prevalentemente basato sul diritto inglese (tuttavia, lo «stare decisis»
vincola ancora le Corti inferiori), a favore del rafforzamento del processo di «americanizzazione» dell’ordinamento, che conserva anche
consistenti elementi di Civil Law (p. 68). Tale importante svolta, come
fa notare l’Autrice, si deve soprattutto al contributo della Suprema
Corte di giustizia israeliana mediante il «judicial review», intrapreso