Mucca pazza: quali prospettive?

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Mucca pazza: quali prospettive?
08/05/2001
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Mucca pazza:
quali prospettive?
Parlare oggi di mucca pazza può sembrare
seguire la moda, oppure c’è il rischio di cadere nella banalità dove tutto viene uniformato
nella protesta e nella contestazione. Ma è opportuno parlarne perché ogni ragionamento,
purché pacato, è utile per tentare di risolvere il
problema.
I «prioni» sono un bel rebus. Il morbo della
BSE è ancora poco noto, non si conoscono le
modalità di trasmissione, i meccanismi di assorbimento, l’epidemiologia della malattia, l’infettività per l’uomo, …
Sorgono spontanee delle domande: la trasmissione avviene tramite le farine animali o
anche tramite altre modalità? Il prione è specifico della mucca o può interessare anche altri
animali allevati (c’è già chi sostiene che è improprio parlare di BSE - Encefalopatia spongiforme bovina - e sarebbe più corretto parlare di TSE - encefalopatia spongiforme trasmissibile -, in quanto il prione può interessare anche altri animali)?
Sono queste solo alcune delle domande
sulla bocca di tutti. Beh, allora che fare? C’è
chi propone soluzioni radicali, come abbandonare il consumo di carne diventando tutti vegetariani, … E nella confusione di ipotesi e pareri espressi più o meno ad alta voce, è più facile
dire cosa non bisogna fare: non mangiare la bistecca con l’osso, non alimentare i bovini con
integratori contenenti farine di carne, …
Ma non basta: con queste risposte si potrà
risolvere solo il problema attuale, ma i dubbi
potrebbero restare! In questa situazione è necessario ripensare a tutta la filiera produttiva
delle carni e questo deve essere fatto sia da
parte del produttore, sia da parte del consumatore dei prodotti dell’allevamento.
La prima domanda da porsi è: come si produce una buona bistecca? Bisogna impostare
una rivoluzione negli usi e consumi, una rivoluzione di sostanza che abbia come obiettivo
non più la produzione di alimenti buoni e sani,
dove gli aggettivi sono messi nell’ordine indicato, ma sani e buoni.
Il consumatore non può più pretendere
contemporaneamente una carne «tenera»,
«bella», «senza grasso», «sana» e a «basso
costo». Alcune di queste condizioni sono tra
loro in contrapposizione: ad esempio, la carne
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«tenera» potrebbe essere il risultato di alimentazioni non sempre rispondenti alla naturale fisiologia degli animali e pertanto in contrasto con il concetto della sanità alimentare.
All’allevatore si chiede di produrre una bistecca standard, con forma, colore, peso,
spessore del grasso, … come se fosse un oggetto da produrre con uno stampo; gli si chiede di accorciare i tempi di produzione, di mantenere un elevato tenore in grasso e proteina
nel latte, e tutto a costi bassi, sempre più bassi… Anche in questo caso i conti non tornano!
Allora bisogna cambiare il modo di pensare
sia dei produttori che dei consumatori, puntando sulla qualità.
Pretendere la qualità significa esigere sistemi di allevamento rigorosi, alimentazione
corretta, allevare animali e non macchine, certificare le produzioni in tutti i loro aspetti, dalla
nascita del vitello alla bistecca. Tutto ciò ha un
costo! Un costo enorme! E non ci si dovrà sorprendere se la carne costerà di più! Si noti
che negli ultimi 50 anni (fonte ISTAT) la percentuale del reddito familiare per le spese alimentari si è ridotta da circa il 50% a meno del
20%.
Ritornando al problema BSE, non tutto deve essere considerato negativo, in quanto potrebbe essere finalmente l’occasione buona
per una rivalorizzazione e rigenerazione del
nostro patrimonio zootecnico.
Bisognerà ricostruire il patrimonio zootecnico guardando, da un lato alla nostra «tradizione», dall’altro alle innovazioni tecniche e
scientifiche, finalizzate, però, sempre all’obiettivo delle produzioni di qualità, intesa sia sotto
l’aspetto sanitario che organolettico. Solo alla
fine di questo processo si potrà constatare
che tutto ciò sarà anche economicamente
vantaggioso, perché il consumatore richiederà
i sani prodotti dell’allevamento e sarà disposto
a pagarli al giusto prezzo.
Tale processo deve vedere impegnati non
solo gli allevatori ma tutti gli Organismi operanti nel settore, al quale non dovrà mancare il
necessario ed adeguato sostegno pubblico.
Il Presidente dell’ERSA
Bruno Augusto Pinat
NOTIZIARIO ERSA 1/2001