Organizzazione quantistica seminario_3 maggio 2012

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Organizzazione quantistica seminario_3 maggio 2012
Un seminario “transdisciplinare”
La chiamavano …
“Organizzazione informale”
Noi la chiamiamo …
”Organizzazione Quantistica” …
… è la risorsa chiave per attivare comunità che
costruiscono il cambiamento
3 Maggio 2012
dalle ore 9 alle 13
Scuola Militare Teuliè
Corso Italia, 58
Milano
RSVP: [email protected]
Prof. Eliano Pessa
Dott. Francesco Zanotti
Via Aurispa, 7 - 20122 Milano – Italy
Tel.+39 02 45479800 – FAX +39 02 45481024
www.cse-crescendo.it
http://balbettantipoietici.blogspot.com/
http://imprenditorialitaumentata.blogspot.com
http://ettardi.blogspot.com
Non basta l’organizzazione formale
Le imprese e gli altri attori collettivi progettano organizzazioni formali, fatte di
procedure, sistemi, organigrammi, con l’obiettivo di gestire al meglio il lavorare
collettivo degli esseri umani.
Ma una organizzazione formale non può essere “esaustiva”: vi sarà sempre una parte
del lavoro e delle relazioni di lavoro che non è proceduralizzabile. Questa parte non
può, per definizione, essere determinata dall’alto, ma viene costruita liberamente
dalle persone che lavorano e si relazionano all’interno della organizzazione formale.
Il risultato è che negli interstizi (sempre più vasti) dell’organizzazione formale si
sviluppa quella che una volta si chiamava “organizzazione informale”. Essa
interferisce con l’organizzazione formale: è la somma delle due che genera i
comportamenti.
Detto diversamente, l’organizzazione formale è il vincolo all’interno del quale
l’organizzazione informale fa emergere i comportamenti. L’organizzazione formale è
la sintassi e l’organizzazione informale la semantica di una organizzazione.
La conclusione allora è inevitabile: per gestire e cambiare una organizzazione non
basta progettarne e gestire le parte formale. E’ essenziale capire come è “fatta”
l’organizzazione informale e come si può gestirla.
L’organizzazione informale è “fatta” di …
L’organizzazione informale è una comunità di esseri umani. Avrà, quindi, una
dimensione personale ed una dimensione collettiva. Ambedue le dimensioni possono
essere studiate, descritte usando il modello del cervello destro e del cervello sinistro.
La dimensione personale
La dimensione personale può essere descritta attraverso la specificazione delle sue
due parti complementari: “cognitiva” (cervello sinistro) ed “emozionale” (cervello
destro).
La Parte cognitiva è costituita dal patrimonio di modelli e metafore, ragionamenti e
storie di cui dispone una persona. Essa è il “filtro” che “seleziona”, tra le diverse
razionalità che vengono proposte dall’esterno, quelle giudicate (soggettivamente)
più... ragionevoli.
Inoltre questo filtro è il linguaggio attraverso il quale una persona esprime le proprie
razionalità.
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La parte emozionale.
La dimensione emozionale è costituita… dalle emozioni. E che altro?
Invece di tentare una descrizione “scientifica” delle possibili emozioni di una
persona, è più utile richiamarne una definizione più complessiva: “Quel guazzabuglio
del cuore umano”, diceva il Manzoni parlando del Principe padre di Gertrude.
La dimensione comunitaria
Anche la dimensione comunitaria si presenta come Giano Bifronte: la dimensione
relazionale e la dimensione culturale.
La dimensione relazionale descrive le tipologie di relazioni che vi sono tra le persone.
Esse, probabilmente, si possono situare in un continuum che va dal conflitto alla
collaborazione. E’ chiaro che il conflitto genera una organizzazione informale che
butta granelli di sabbia (i conflitti) tra gli ingranaggi della organizzazione formale.
Mentre la collaborazione è il miglior lubrificante per fare funzionare l’organizzazione
formale.
La dimensione culturale è costituita dai valori condivisi, dai manufatti e dai riti che
rendono espliciti questi valori e, a loro volta, espressi in molti manufatti.
In ogni gruppo sociale (come è un gruppo di lavoro) si formano spontaneamente
valori. Ma troppo spesso non sono esplicitati, rimangono “nascosti”. Non per
questo, però, non fanno sentire la loro influenza. Ma lo fanno in modi che sono
sconosciuti sia al management che ai tecnici che agli operatori.
Un mare libero e selvaggio
Mentre l’organizzazione formale è una macchina (anche molto complicata) statica
che, una volta costruita, rimane uguale a se stessa fino a che qualcuno non la cambia,
l’organizzazione informale è un attore attivo che ha proprie dinamiche di sviluppo.
E’ come un mare tempestoso, libero e selvaggio. E’ come un vuoto quantistico dal
quale può nascere tutto e il contrario di tutto senza alcuna possibilità di previsione e
di controllo.
Cresce con dinamiche sue proprie all’interno della organizzazione formale e diventa
sabbia o lubrificante …
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Questo sviluppo autonomo è indifferente alle esigenze strategiche: si attiva giorno
dopo giorno e rende l’organizzazione complessiva (organizzazione formale +
organizzazione informale) continuamente diversa.
Se lasciata al suo sviluppo autonomo è molto più probabile che diventi la sabbia che
inceppa gli ingranaggi della organizzazione formale. Di più: arriva, anche se
inconsapevolmente, a far emergere una “strategia di fatto” che diventa la vera
strategia, quella percepita da Clienti e dagli altri stakeholders, lasciando la strategia
formale nell’ambito delle dichiarazioni di principio.
Ma come gestire un mare tempestoso, libero e selvaggio?
Provate a disciplinare un mare libero e selvaggio
Una delle ipotesi possibili è quella di utilizzare, nel gestire l’organizzazione informale,
il tradizionale processo di management fondato su attività di analisi e progettazione
razionale di vertice per individuare (calcolare) la miglior organizzazione (informale in
questo caso) possibile. E, poi, guidare le persone alla sua “messa in pratica”
attraverso comunicazione, motivazione e leadership.
Purtroppo questo metodo è inapplicabile per una serie di ragioni sia pratiche che più
fondamentali.
Infatti, innanzitutto, l’analisi esaustiva delle dimensioni informali dell’organizzazione
non è operativamente possibile perché il condurla a termine comporta risorse
economiche e temporali rilevanti che, spesso, è difficile mettere in campo.
Ma anche se si riuscisse a metterle in campo, non si otterrebbero risultati utilizzabili
almeno per una ragione: alla fine di un lungo processo di analisi (rilevazione ed
elaborazione dei dati, progettazione degli interventi di cambiamento evidenziatisi
come necessari) l’organizzazione informale, che abbiamo detto avere una sua vita
autonoma, è certamente cambiata rispetto a quella analizzata. Gli interventi
progettati rischiano di essere inefficaci, se non contro producenti.
Vi sono poi anche ragioni più fondamentali che rendono inutilizzabile il tradizionale
processo di management.
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La principale è, forse, la ragione definitiva perché rivela l’inutilità, il non senso del
processo stesso di analisi di qualunque sistema umano.
Ancora una volta è necessario tirare in ballo la fisica quantistica. Che è,
sostanzialmente, una teoria dell’osservare e dell’Osservatore.
In concreto: ogni azione di analisi dell’organizzazione informale ne comporta un suo
cambiamento.
Il misurare è, nel caso dei sistemi umani, un’operazione quantistica che non rileva
come sia fatta l’organizzazione, ma la cambia.
Quando l’alta dirigenza cerca di farsi una immagine dell’organizzazione (analisi del
clima o delle esigenze di formazione) in realtà avvia un processo di cambiamento
dell’organizzazione spontanea. Il risultato non è una immagine oggettiva dello stato
dell’organizzazione, ma è la risposta della organizzazione spontanea allo stimolo
costituito dalla indagine. Come un risuonare (accoppiamento strutturale) allo stimolo
dell’Alta Dirigenza che vuole “misurare”. Un risuonare che altera gli equilibri interni.
Misurando, cambio, ma non possa sapere come. Quando leggo un rapporto sul clima
o sulle esigenze di formazione, leggo una storia costruita apposta dall’organizzazione
spontanea per rispondere allo stimolo della indagine, della misura. In sintesi, la
progettazione parte da una visione del tutto artificiale dell’organizzazione.
Se, poi, l’organizzazione “osservata” è un mare quantistico libero e selvaggio, ogni
tentativo di direttività manipolatoria ne moltiplica l’energia trasgressiva.
Una comunità che costruisce il futuro
Noi crediamo che le difficoltà del cambiamento nascano da questa non gestione della
organizzazione informale.
Ed allora?
Allora è necessaria una nuova filosofia di governo, illustrata nell’incontro, che,
certamente accolga le nuove istanze di partecipazione che nascono dall’interno
dell’organizzazione e della società, ma vada molto oltre gli attuali timidi tentativi di
realizzare questa partecipazione.
Una nuova filosofia di Governo capace di costruire vere e proprie comunità che
progettano e realizzano futuro.
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Programma del seminario
09.00 – 09.15
Introduzione: la visione
cambiamento
Dott. Francesco Zanotti
“classica”
dell’organizzazione
e
del
09.15 – 10.30
La fisica quantistica, il misurare che costruisce, un vuoto pienissimo
Prof. Eliano Pessa
10.30 – 11.15
Dibattito: domande, esperienze, idee, proposte
Coffe Break
11.15 – 11.30
11.30 – 12.30
Il management quantistico dell’organizzazione: una comunità che
costruisce cambiamento
Dott. Francesco Zanotti
12.30 – 13.00
Dibattito: una comunità di ricerca ed esperienza
13.00 – 14.00
Lunch
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Raggiungere la Scuola Militare Teuliè
E’ necessario esibire un documento di riconoscimento all’ingresso.
Scuola Militare Teulié - Corso Italia, 58 - Milano
La Scuola Militare è facilmente raggiungibile dalla Stazione Centrale con la
Metropolitana linea Gialla Fermata Missori.
Proseguendo poi con la linea di superficie numero 15 – direzione “Rozzano” –
fermata Corso Italia /via Lusardi.
Oppure con mezzi propri: Tangenziale Ovest, uscita SS n. 412 (Val Tidone) direzione
Milano Centro.
Ricordiamo che per accedere al centro della città con mezzi privati è previsto il
pagamento del Ticket per l’Area C.
Informiamo che sono disponibili 10 posti auto all’interno della Scuola Militare. In
alternativa, è possibile usufruire del Parking di via Aurispa 7, a un minuto a piedi dalla
Scuola Militare percorrendo via Burigozzo.
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