Caso Masia-Fischetti, la sentenza del Consiglio di Stato

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Caso Masia-Fischetti, la sentenza del Consiglio di Stato
Pubblicato il 28/10/2016
N. 04552/2016REG.PROV.COLL.
N. 05660/2016 REG.RIC.
N. 05730/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di
registro generale 5660 del 2016, proposto da: Consiglio
Superiore della Magistratura e Ministero della giustizia, in
persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi per
legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in
Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Fischetti Enrico, rappresentato e difeso dall'avvocato
Angelo Piazza, con domicilio eletto presso il suo studio in
Roma, piazza San Bernardo, 101 - 5° piano;
nei confronti di
Masia Vittorio, rappresentato e difeso dagli avvocati Yvonne
Messi C.F. MSSYNN53L44Z133R e Goffredo Gobbi, con
domicilio eletto presso Goffredo Gobbi in Roma, via Maria
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Cristina, 8;
sul ricorso numero di registro generale 5730 del 2016,
proposto da: Masia Vittorio, rappresentato e difeso dagli
avvocati Yvonne Messi e Goffredo Gobbi, con domicilio
eletto presso Goffredo Gobbi in Roma, via Maria Cristina, 8;
contro
Fischetti Enrico, rappresentato e difeso dall'avvocato
Angelo Piazza, con domicilio eletto presso Angelo Piazza in
Roma, piazza San Bernardo, 101 - 5° Piano;
nei confronti di
Consiglio Superiore della Magistratura e Ministero della
giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e
difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato,
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
quanto al ricorso n. 5660 del 2016 e al ricorso n. 5730 del
2016:
della sentenza breve del TAR Lazio, Roma, Sezione I, n.
06677-2016, resa tra le parti, concernente il conferimento
dell’incarico direttivo di Presidente del Tribunale di Brescia.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Enrico Fischetti, di
Vittorio Masia, del Consiglio Superiore della Magistratura e
del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 settembre
2016 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti
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gli avvocati Messi, l’Avvocato dello Stato Aiello e Terracciano
in dichiarata delega di Piazza Messi;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 Cod. proc. amm.;
1. Gli appelli in epigrafe devono essere riuniti ex art. 96,
comma 1, Cod. proc. amm., trattandosi di impugnazioni
avverso la medesima sentenza.
2. Il giudizio concerne il conferimento al dott. Vittorio Masia
dell'ufficio direttivo di Presidente del Tribunale ordinario di
Brescia, disposto dal CSM, con delibera del Plenum del 13
aprile 2016.
Alla procedura hanno partecipato cinque candidati, tra cui il
dott. Fischetti, ricorrente in primo grado.
La V Commissione del Consiglio Superiore della
Magistratura, esaminati i curricula e acquisito il concerto dal
Ministero della giustizia, ha formulato al Plenum la proposta
dell'unico candidato Vittorio Masia.
Il Plenum, nella seduta del 6 aprile 2016, a seguito di rilievi
presentati dal Primo Presidente della Corte di Cassazione nel
corso della discussione, ha disposto la sostituzione della
precedente proposta con un’altra, coincidente con la
precedente solo quanto a designazione dell’unico candidato,
invitando il relatore a integrare la motivazione.
Nella seduta del 13 aprile 2016 il Plenum, con un voto
contrario e numerosi astenuti, ha approvato la nomina del
dott. Masia in ragione dell’art. 25, comma 5, del Regolamento
interno delle sedute del Consiglio e delle sue Commissioni,
secondo cui «i componenti, che si siano astenuti o abbiano depositato
scheda bianca, concorrono soltanto alla formazione del numero legale».
Il Tribunale amministrativo per il Lazio, con sentenza in
forma semplificata 10 giugno 2016, n. 6677 - qui impugnata in
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appello - ha accolto il ricorso del dott. Enrico Fischetti. La
sentenza ha ricordato che il metodo procedimentale adottato
dal C.S.M. è articolato attraverso la proposizione da parte
delle commissioni referenti di progetti di delibera già dotati di
autonoma e completa motivazione, in relazione ai quali il
Plenum esprime il voto potendo anche procedere ad
emendamenti correttivi; ma che nella specie queste garanzie
procedimentali sono state violate perché la Quinta
Commissione ha presentato un’unica proposta, il che ha
impedito al dott. Fischetti di accedere a una completa
valutazione del Plenum e di esserne votato: e che comunque
nella discussione in Plenum la proposta non è stata discussa né
rimandata in Commissione né emendata, ma è stata
radicalmente riscritta dal relatore in una proposta coincidente
con la precedente quanto alla designazione dell’unico
candidato, ma a quella non riconducibile per la nuova
motivazione. Insomma è mancata, sia quanto alla prima
proposta, dall’istruttoria ritenuta inadeguata dal Plenum, sia
quanto alla seconda proposta riscritta direttamente dal Plenum,
la necessaria fase di istruttoria tecnica di spettanza delle
commissioni: La sentenza ha osservato che la finalità di
garanzia dell’indipendenza della magistratura rispetto agli altri
poteri dello Stato (art. 104 Cost.) non può - alla stregua dei
principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon
andamento - consentire che il principio maggioritario delle
decisioni del Plenum (vincolato ex art. 105 Cost. alle «norme
dell’ordinamento giudiziario») prescinda da un oggettivo previo
accertamento del “merito tecnico” delle questioni, vale qui a
dire dalla previa necessaria ponderazione dei requisiti dei
diversi candidati. Nella fattispecie è mancata un’idonea
valutazione dei requisiti dei candidati da parte della
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competente Commissione, invece necessaria per garantire il
legittimo esercizio del principio maggioritario nelle decisioni
assembleari anche in relazione alla sua funzione
costituzionale.
La sentenza è appellata, con i due distinti ricorsi in epigrafe,
dal C.S.M. e dal Ministero della giustizia, dal dott. Vittorio
Masia.
3. Va qui premesso che il contestato conferimento è avvenuto
in applicazione del nuovo “Testo Unico sulla Dirigenza
Giudiziaria” (Circolare n. P-14858-2015 del 28 luglio 2015).
Il Testo Unico del 2015 ha inteso, come si legge nelle
premesse della relazione introduttiva, «garantire le esigenze di
trasparenza, comprensibilità e certezza delle decisioni consiliari»
attraverso la «ridefinizione degli indicatori di idoneità direttiva,
stabilendo distinti e specifici indicatori, diversificati secondo le tipologie di
incarico e, soprattutto porre nuove e chiare regole del giudizio di
comparazione tra aspiranti».
Come si evince ancora dalla relazione introduttiva, «l'intento è
far sì che la meritocrazia non rimanga un'affermazione di principio, ma
rappresenti realmente il valore fondante di ogni scelta selettiva che deve
sempre orientarsi alla scelta del migliore dirigente da preporre al posto da
coprire, nel rispetto del superiore interesse pubblico».
Si tratta di enunciati che appaiono coerenti con i principi
generali di trasparenza e di chiarezza delle decisioni.
Tali principi non concernono il contenuto delle valutazioni
del C.S.M., che appartiene al merito insindacabile in giustizia
(cfr. da ultimo, Cons. Stato, IV, 13 maggio 2013, n. 2595),
salvi manifesti aspetti di irragionevolezza, sproporzione o
arbitrarietà.
Tali principi, piuttosto, precisano e intensificano un dovere
procedimentale di valutazione del merito tecnico bene
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sottolineato dalla gravata sentenza: dovere che si riflette, tra
l’altro, nella necessità di una particolare chiarezza e di una
particolare comprensibilità della formazione lineare della
decisione. L’importanza e la responsabilità inerenti ai
significativi incarichi giudiziari oggetto di conferimento
richiedono che già in origine questa valutazione nel merito
tecnico sia effettiva e che, conseguentemente, risulti ben
visibile in ogni passaggio procedimentale, per modo che non
debba patire ostacoli la comune e immediata comprensione
del complesso percorso che ha condotto l’organo di
autogoverno alla determinazione amministrativa.
Pertanto, anche se i provvedimenti non necessitano di una
motivazione particolarmente diffusa, il loro percorso
formativo deve esternare l’essenziale apprezzamento tecnico e
perciò essere, e partitamente, quanto più possibile manifesto,
lineare e comprensibile, senza interruzioni. Le interruzioni,
invero, possono essere sintomo di incoerenze o di
anticipazioni di risultati decisori sull’analisi dei mezzi per
giungervi, vale a dire di prevalenza di valutazioni inespresse e
diverse da quella debitamente tecnica. È per questo che le
ragioni tecniche che sono a fondamento della scelta finale
debbono inequivocabilmente emergere in modo chiaro e
preciso, esplicito e coerente; e che perciò lo sviluppo
procedimentale si deve manifestare non solo come una
sequenza formale di atti, ma anche come un autentico,
coerente e logico percorso elaborativo della determinazione.
In tal modo potranno essere – in coerenza con le ragioni
fondative del principio costituzionale di autogoverno della
magistratura - sufficientemente conoscibili e valutabili da
chiunque, in special modo dai magistrati interessati, i motivi
tecnici che hanno razionalmente condotto l’organo
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deliberante, nel procedere all'apprezzamento complessivo dei
candidati, alla preferenza per uno di loro.
4. Nel caso di specie questi principi non sono stati rispettati: il
percorso formativo è caratterizzato da un’interruzione il cui
carattere iterativo, da parte del Plenum, di un difetto di
esternazione già emerso nell’opera della Commissione, porta a
un’incoerenza complessiva che vizia, come rilevato dalla
sentenza appellata, la formazione del procedimento e del suo
risultato.
La Quinta Commissione del CSM ha infatti, presentato, senza
che ne traspaia una chiara e comprensibile ragione, un'unica
proposta di candidatura.
Come risulta dagli atti e come assume lo stesso C.S.M. nel suo
atto di appello (pagg. 4 e 5), nella seduta di Plenum del 6 aprile
2016 il Primo Presidente della Corte di Cassazione rilevò che
la motivazione adottata circa la valutazione comparativa in
sede di Commissione del candidato dott. Fischetti fosse
"apparente e perciò inesistente" in carenza di "alcuna valutazione
comparativa reale con la posizione del dott. Fischetti" di cui erano
stati, a suo dire, pretermessi "tutti i dati relativi alla storia
professionale", per poi evidenziare che "della nota inviata dal dott.
Fischetti al Comitato di presidenza e trasmessa alla Quinta
Commissione non vi è traccia nella proposta".
Sempre nella seduta di Plenum del 6 aprile 2016, il Primo
Presidente della Corte di Cassazione aggiunse, inoltre, che,
con detta nota, il dott. Fischetti aveva inteso segnalare "le
ragioni in fatto e in diritto per cui riteneva di essere quantomeno
meritevole di una proposta, sia pure di minoranza", denunziando
ancora "il carattere meramente apparente della valutazione
comparativa" e chiedendo, pertanto, "di restituire la pratica in
Commissione, perché venga effettuata una reale valutazione”. Nelle
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dichiarazioni rese a verbale del Primo Presidente emergeva,
dunque, il riferimento ad un difetto di istruttoria talmente
radicale da imporre, a salvaguardia della legittimità
procedimentale, il ritorno della pratica in Commissione.
Il successivo sviluppo del dibattito portò ad alcuni chiarimenti
da parte della relatrice, consigliere Alberti Casellati, la quale
dichiarò la propria contrarietà al ritorno in Commissione sul
presupposto che "quanto sottolineato nella nota del dott. Fischetti è
stato già esaminato dalla Commissione". La circostanza più avanti è
stata ribadita dal consigliere Forciniti, componente della
Quinta Commissione, a dire del quale "la Commissione ha
esaminato puntualmente le osservazioni del dott. Fischetti, ne ha discusso
e ha ritenuto che la proposta elaborata fosse comunque valida".
Avendo, quindi, il Primo Presidente chiesto di indicare in
quale parte della motivazione fossero state comparativamente
valutate le esperienze direttive e semidirettive rispettivamente
vantate dai dott.ri Masia e Fischetti, il consigliere Palamara
affermò che "nel punto 4 c'è traccia di quanto richiesto dal Primo
Presidente" e, in un successivo intervento, che "i rilievi contenuti
nella nota sono stati in realtà oggetto di valutazione nell'ambito della
Quinta Commissione".
Il consigliere San Giorgio rilevò come, nel caso in esame, "più
che un problema di motivazione apparente vi sia forse un problema di
tecnica redazionale, poiché si è evitata una descrizione analitica del
percorso professionale del candidato non proposto, limitandosi ad
un'indicazione generica delle funzioni svolte"; egli precisò che "al
punto 4 si fa espresso riferimento ad una equivalenza dei candidati in
relazione all'indicatore specifico di attitudini direttive, riferimento che
rende superflua la descrizione della carriera del dott. Fischetti in
considerazione del fatto che si sottolinea la prevalenza del dott. Masia
con riferimento agli indicatori generali".
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Analogamente si espresse il consigliere Balduzzi il quale rilevò
che la motivazione della proposta, pur non apparente, era "un
po' troppo sintetica in ragione della specificità della vicenda".
Da tali rilievi ictu oculi risulta già in sede di Plenum rilevata
l’insufficienza del percorso a quel momento sviluppato per
garantire all’odierno appellato Fischetti l’accesso ad una
completa valutazione da parte del Plenum, per essere dallo
stesso valutato e votato.
Nel contempo, tale modus procedendi realizza una cesura
immotivata tra le due fasi del procedimento, rispettivamente
di competenza della Commissione e del Plenum, che
interrompe la continuità dello sviluppo logico nella
formazione del giudizio tecnico e così della volontà
istituzionale dell'organo di autogoverno e genera la
distorsione del provvedimento amministrativo.
In pratica, si emancipa senza una plausibile ragione il Plenum
dalla presa in considerazione (anche se in disparere) di una
piena raccolta di dati e di opinioni prima compiuta dalla
Commissione e della quale, nella proposta pervenuta al
Plenum, come detto, qui non vi è formale traccia alcuna.
Infatti, a seguito di questi rilievi fatti durante la discussione in
Plenum, l’iniziale proposta della Quinta Commissione non è
stata in specifico né discussa né posta ai voti; ma nemmeno è
stata riportata in Commissione, come a questo punto appariva
logico e coerente, dunque necessario.
5. Questo Consiglio di Stato ha affermato che nell’iter di
formazione delle delibere del C.S.M., aventi ad oggetto il
conferimento ai magistrati di incarichi direttivi, per quanto
attiene ai rapporti fra commissioni e Plenum la proposta della
commissione ha il compito di fornire una prima raccolta di
elementi e una loro ordinata disamina, un apporto iniziale di
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riflessione nel processo di formazione della volontà del
Plenum, in una materia di particolare importanza; in sostanza,
la proposta si atteggia alla stregua di un parere obbligatorio,
ma non vincolante, che però ha l’effetto di costringere il
Plenum a prendere in esame innanzi tutto, sia pure
comparativamente con gli altri, il nominativo proposto, con
ciò costituendo per il Plenum non un limite esterno, la cui
inosservanza rilevi immancabilmente come violazione di
legge, bensì un limite interno, la cui inosservanza immotivata
o illogica dà luogo ad eccesso di potere; da qui la necessità che
le ragioni dell’eventuale contrasto fra la proposta della
commissione e la decisione del Plenum siano percepibili (cfr.
Cons. Stato, IV, 12 febbraio 2010, n. 797).
Nel caso di specie, all’opposto, la proposta della
Commissione è stata radicalmente emendata nella seduta del
Plenum o, per meglio dire, semplicemente sostituita dallo
stesso Plenum mediante la riscrittura, a opera del relatore in
Plenum, di una nuova proposta, che coincideva con la prima
nella designazione dell’unico candidato, ma che non era non
riconducibile alla precedente a causa della nuova motivazione,
che in nulla argomentava circa la precedente.
E’ evidente che tale riscrittura, meramente sostitutiva,
dell’originaria proposta realizza un’ipotesi di inosservanza
immotivata ed ingiustificata della medesima: il che riverbera,
alla stregua della giurisprudenza soprarichiamata, un vizio di
eccesso di potere (cfr. anche Cons. Stato, IV, 28 dicembre
2012, n. 6709).
Tale nuova proposta, coincidente con la prima soltanto per
l’esito (l’unica candidatura del dott. Masia), ma del tutto
nuova quanto a motivazione e che si riferisce a una previa
valutazione comparativa della posizione del dott. Fischetti
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che non è riscontrabile negli atti della Commissione, è stata
poi votata prevalendo di misura nel corso della seduta
plenaria del 13 aprile 2016.
Tale nuova proposta non contiene, dunque, un’esaustiva e
chiara esternazione delle ragioni del giudizio tecnico – il solo
ammissibile - alla luce degli atti acquisiti: non rende chiara e
precisa la ragione che viene posta alla base della decisione di
riscrittura dell’originaria proposta. Ne segue che la detta
iterazione si presenta non come il prius logico di
un’elaborazione successiva degli elementi da valutare raccolti,
ma come una stretta anticipazione, e senza un prius istruttorio
e ragionato, della volontà maggioritaria di un risultato che si
presta ad apparire, dal punto di vista tecnico, acriticamente
precostituito.
Questo evidente difetto di trasparenza e di linearità
nell’esternazione delle ragioni tecniche si riverbera in un
duplice difetto di istruttoria e di regolare scansione
procedimentale tra i compiti della Quinta Commissione e
quelli del Plenum, come bene ravvisato dal Tribunale
amministrativo: è dall’istruttoria, scandita secondo le corrette
regole procedimentali, che le ragioni del merito tecnico della
scelta devono infatti emergere con sufficiente ed adeguata
chiarezza.
L’atto di conferimento finale, per tali motivi, ne risulta
irrimediabilmente viziato e pertanto illegittimo.
6. Tale assunto, che è posto alla base della sentenza del
Tribunale amministrativo per il Lazio qui impugnata, ed è
stato oggetto del primo motivo di ricorso di primo grado, è
stato cautelativamente riproposto in sede di appello
incidentale dalla parte appellata Fischetti; tale appello
incidentale diventa dunque improcedibile per difetto di
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interesse.
Gli appelli principali, così come riuniti, vanno respinti in
quanto infondati per le ragioni testé evidenziate.
Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere
compensate, sussistendo giusti motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),
previa riunione degli appelli, come in epigrafe indicati,
respinge gli appelli principali.
Dichiara improcedibile l’appello incidentale.
Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22
settembre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere
L'ESTENSORE
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti
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