La pianificazione strategica nelle reti di imprese

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La pianificazione strategica nelle reti di imprese
La pianificazione strategica nelle reti di imprese
del Prof. ANTONIO RICCIARDI
ABSTRACT. The article deliveres the analysis of strategic planning in business networks, the phenomena of cooperation based on
non-competitive and trust relations. The main phases of the planning process are described and the problems of partners individuation and their relations management are raised, analyzing, in particular, the main contractor enterprise role in the network. Finally,
the case of strategic planning in the networks of aueronautical sector enterprises is presented.
SOMMARIO: 1. Premessa – 2. La pianificazione nelle reti di imprese: considerazioni introduttive – 3. Il
ruolo dell’impresa guida nel processo di pianificazione – 4. La pianificazione nelle reti di imprese: il
caso del settore aeronautico - 5. Conclusioni
1. Premessa
L’evoluzione degli assetti organizzativi delle imprese rappresenta uno dei fenomeni più rilevanti ed
indagati della gestione aziendale in questi ultimi anni.
Strutture organizzative più flessibili, caratterizzate da legami orizzontali e interazioni tra aziende, si
sono rilevate, in alcuni settori e in determinate circostanze, più efficaci e hanno garantito performance più
soddisfacenti rispetto a quelle offerte da strutture organizzative tradizionali, di tipo gerarchico. In tali contesti, le forme tradizionali dell'organizzazione d'impresa, caratterizzate da strutture verticali, funzionalmente gerarchizzate, in cui autorità formale e norme scritte ne rappresentano i meccanismi di coordinamento e controllo, sono entrate in crisi e sostituite da strutture più flessibili, deverticalizzate e decentrate,
caratterizzate da continui scambi d’informazione e relazioni tra aziende.
Così come già osservato1, tenuto conto che in alcuni contesti l'organizzazione per aree funzionali rimane tuttora valida presentando livelli di efficienza adeguati2, quello che si rileva dall’analisi empirica
non è tanto la sostituzione della gerarchia con il mercato e neppure la prevalenza di quest'ultima modalità
sull'altra, quanto l’esigenza delle imprese di ridisegnare i propri confini dando maggior peso alle relazioni
interaziendali. Questa scelta, da un lato, consente di ottenere quella flessibilità necessaria per operare in
uno scenario le cui prospettive sono caratterizzate da un'elevata incertezza, dall'altro lato, permette di
concentrare le risorse sul core business dell'azienda, per rafforzare le competenze distintive e incrementare il vantaggio competitivo.
Il fenomeno che si sta analizzando, che riguarda sia aziende ad alta intensità di capitale sia piccole
imprese ad alta capacità innovativa, va al di là del semplice decentramento produttivo, nel senso che non
si limita all'affidamento a terzi di lavorazioni e/o di produzioni di componenti ma si colloca in una logica
di ridisegno organizzativo3.
In particolare, nel nostro Paese, l’adozione di strategie di sviluppo “esterno” avviene sempre più frequentemente mediante l’ausilio di forme organizzative di tipo reticolare, soprattutto da parte di imprese
minori.
Secondo il Bastia, una rete di imprese, le cui relazioni si basano su un sistema di accordi, può essere
definita come «un insieme di aziende, giuridicamente autonome, che attraverso reciproci impegni di coo-
1
Cfr. RICCIARDI A. (2000), L’outsourcing strategico. Modalità operative, tecniche di controllo ed effetti sugli equilibri di gestione,
F. Angeli, Milano, p.12.
2
Cfr. TERZANI S. (1998), Lineamenti di pianificazione e controllo, Cedam, Padova.
3
Cfr. LORENZONI G. (1990), L'architettura di sviluppo delle imprese minori. Costellazioni e piccoli gruppi, Il Mulino, Bologna.
1
perazione realizzano in modo consapevole e finalizzato una coordinazione produttiva, sfruttando gli aspetti di complementarietà tecnica ed economica delle rispettive gestioni in vista del conseguimento di
obiettivi economici congiunti, da cui ritrarre indirettamente dei vantaggi individuali»4.
Le relazioni tra le imprese che formano una rete, indipendentemente dalle tipologie assunte (informali,
preordinate, pianificate ecc.) sono sempre non competitive, basate su rapporti fiduciari, e si mantengono
in vita fino a quando i partner ritengono di poterne trarre benefici. Ciò che unisce le imprese appartenenti
ad una rete è un progetto comune, in base al quale ciascuna azienda assume specifici ruoli, svolge determinati compiti, mettendo a disposizione le competenze di cui dispone. Sotto questo profilo, le reti possono essere definite come circuiti di comunicazione di conoscenze che sono in grado di incrementare il vantaggio competitivo delle singole aziende coinvolte.
In questo tipo di relazioni tra imprese si creano tra i partner legami duraturi, caratterizzati da scambi
di esperienze e competenze, che prevedono in alcuni casi investimenti congiunti e condivisione dei relativi rischi, contribuendo a rendere più elastica la struttura dei costi e più flessibile la struttura organizzativa.
Da questo punto di vista il distretto industriale, che raggruppa imprese di piccole dimensioni in aree circoscritte geograficamente, rappresenta un caso emblematico: imprese anche concorrenti instaurano relazioni di fiducia e di collaborazioni stabili nel tempo determinando, come effetti, la messa in comune di
competenze, la realizzazione in collaborazione di servizi, l’applicazione più rapida e frequente di nuove
tecnologie.
L’organizzazione a rete, tuttavia, non può essere considerata come un modello universalmente valido
e come tutte le modalità organizzative presenta limiti e rischi.
Si fa riferimento, in particolare, alla maggiore difficoltà nel controllo della qualità di processo e di
prodotto, alla presenza di eccessivi costi di transazione non necessariamente compensati da un recupero
complessivo di efficienza del processo produttivo, ai rischi connessi ad un’eccessiva dipendenza dai partner e/o alla presenza di partner che possono assumere comportamenti opportunistici.
Da quanto emerso nasce quindi l’interesse ad approfondire le problematiche di maggior peso relative
alla scelta strategica di sviluppare organizzazioni a rete da parte di alcune aziende, soprattutto di piccole e
medie dimensioni.
L’obiettivo di questo lavoro è quello di verificare la necessità di introdurre in queste realtà organizzative un sistema di pianificazione che può rappresentare un utile strumento di integrazione tra le aziende
partner. Relativamente a quest’ultimo aspetto, si osserva che quando le reti di imprese si trovano impegnate su più elevati livelli di innovazione di prodotto o devono affrontare processi di internazionalizzazione o semplicemente sono aggredite dalla concorrenza, si avverte l’esigenza di rafforzare le relazioni
faticosamente costruite nel tempo, mediante una maggiore formalizzazione e sistematicità nella gestione
dei rapporti. Al riguardo, sono stati riscontrati casi (come, ad esempio nel settore aeronautico) in cui lo
sforzo dell’elaborazione di un piano strategico ha favorito un miglior coordinamento da parte delle imprese guida e conseguentemente una maggiore stabilità della struttura.
2. La pianificazione nelle reti di imprese: considerazioni introduttive
Nel caso particolare delle reti di imprese, l’approccio alla gestione strategica presenta connotati originali a causa delle significative peculiarità delle strutture organizzative.
Rispetto ad un’azienda fortemente dinamica nei suoi confini e nelle sue relazioni, «l'ottica strategica
non può quindi fermarsi ad una configurazione di impresa come sistema coordinato di fattori produttivi,
ma richiede piuttosto un approccio diverso, in cui le relazioni interne ed esterne fanno da trama per assicurare il successo»5. Pertanto, la collaborazione tra imprese, la decisa tendenza al coinvolgimento di attori esterni in una logica di specializzazione e complementarietà tendono a scardinare l'approccio strategico
4
5
Cfr. BASTIA P. (1989), Gli accordi tra imprese. Fondamenti economici e strumenti informativi, Clueb, Bologna.
Cfr. SICCA L. (2001), La gestione strategica dell’impresa. Concetti e strumenti, Cedam, Padova, p.69.
2
più consolidato6: le imprese perseguono i propri obiettivi individualistici riconoscendo che la loro azione
non può prescindere dall’azione di altri operatori e trova valore attraverso le relazioni con essi.
L’orientamento strategico di fondo subisce, quindi, profonde trasformazioni con il passaggio dalla gestione interna delle risorse allo sviluppo di relazioni e opportunità esterne: il comportamento dell’impresa
risulta più complesso, in relazione alla possibilità di accedere a risorse di quantità e qualità superiori a
quelle disponibili all’interno della propria struttura.
L’organizzazione reticolare, fondandosi «sulla convergenza di diverse imprese in un unico aggregato
teso alla realizzazione ed allo sfruttamento di sinergie»7 richiede uno sforzo congiunto di adesione a processi di pianificazione e controllo da parte di tutti i partner coinvolti nel network.
Per l’impresa che dà origine alla rete si tratta di dover «gestire un elevato numero di interdipendenze
di tipo reciproco con attori non governabili per mezzo delle linee di autorità»8, mediante l'elaborazione di
decisioni capaci di determinare gli obiettivi di lungo periodo e di rimuovere gli ostacoli che ad essi si oppongono9. Corrispondentemente, le singole imprese che vi partecipano devono provvedere, in modo organizzato e consapevole, ad un ri-orientamento della propria strategia nella direzione di una maggiore
flessibilità e compatibilità con i vari nodi della rete10.
Nell’ambito delle reti di imprese è, pertanto, possibile osservare un pluralismo strategico e progettuale
determinato dalle diverse funzioni e dai diversi ruoli assunti da ciascuna impresa all’interno della rete (a
seconda che si tratti di impresa “centrale” o “nodale”)11 e dalla possibilità da parte di ogni singolo partner
di sviluppare in modo autonomo progetti strategici propri. Conseguentemente, ogni unità viene a dipendere dalle risorse controllate da altre unità, accede al patrimonio complessivo di risorse della rete, influenza
le decisioni strategiche dell’intera rete, ma allo stesso tempo può sviluppare programmi strategici in autonomia e/o con altre reti.
Le reti tra imprese rappresentano di fatto un’alleanza strategica pro-tempore, basata sulla cooperazione e sul riconoscimento delle reciproche competenze. L’accordo, in questa forma organizzativa, si configura come un processo di costruzione di una partnership, ossia del rapporto fiduciario tra i partner, che si
basa sulla convergenza degli obiettivi e delle finalità.
Pertanto, per implementare con successo una pianificazione della rete è necessario, in primo luogo,
che nell’ambito del gruppo e tra singoli partner vi sia un’adeguata mentalità reticolare, ossia una convergenza dei comportamenti in una prospettiva strategica comune, integrata e proiettata nel lungo periodo e
6
Cfr. LIPPARINI A. (1996), “Architetture relazionali inter-impresa: promuovere l’innovazione attraverso le reti d’impresa”, Sviluppo
& Organizzazione, n.153, gennaio-febbraio, p.33.
7
Cfr. LOMI A. (1997 –a cura di), L’analisi relazionale delle organizzazioni. Riflessioni teoriche ed esperienze empiriche, Il Mulino,
Bologna, p.86.
8
Cfr. LOMI A. (1997 –a cura di), L’analisi relazionale …, op. cit., p.83.
9
Cfr. RICCIARDI A. (2002), “La gestione strategica dell’impresa”, in Fabbrini G. e Montrone A. (a cura di), Economia aziendale.
Fondamenti ed evoluzione della disciplina, F. Angeli, Milano
10
L’efficacia della pianificazione dipende anche dal numero di raccordi della rete e dal peso economico dei singoli nodi: quanto più
è alto il numero dei raccordi e quanto minore è il peso economico dei partner «tanto più lo sforzo per gestire la rete distoglie
l’azione di governo della stessa dall’attenzione agli obiettivi strategici e conduce invece a focalizzare gradualmente l’attenzione
verso quei problemi operativi che vengono alimentati dalla necessità di mantenere vivi e operanti i contatti funzionali fra tutte le
realtà aziendali … per cui la valenza competitiva della rete si spegne nelle urgenze della quotidianità».
Cfr. LAI A. (2003), “La centralità dell’impresa nei sistemi a rete locali”, in Atti del XXV Convegno AIDEA Competizione globale e
sviluppo locale tra etica e innovazione, Giuffrè, Milano, p.665.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda a MCAFEE A. e OLIVEAU F.X. (2002), “Confronting the limits of networks”, MitSloan
Management Review, Vol.43, n.4, Summer.
11
Gli attori di una rete, autonomi giuridicamente, sono asimmetrici nel senso che hanno un “peso” diverso per le differenti funzioni
svolte all’interno dell’aggregazione reticolare. Vi sono alcune imprese definite di volta in volta “centrali”, “guida”, “leader”, che per
risorse, spirito d’iniziativa e competenze svolgono la funzione di coordinamento e rappresentano il nucleo centrale della rete. Le
altre imprese, definite “nodali”, in base alle capacità possedute e a seconda delle circostanze, “subiscono” l’attività dell’unità centrale, si limitano a convogliare nella rete competenze distintive oppure svolgono un ruolo più attivo supportando l’attività di coordinamento.
Cfr. RICCIARDI A. (2003), Le reti di imprese. Vantaggi competitivi e pianificazione strategica, F.Angeli, Milano, pp.80-81.
3
non basata su convenienze contingenti e di breve termine12. Sotto questo profilo, il presupposto fondamentale per la creazione di una solida partnership è l’assenza di asimmetrie informative, nel senso che i
partner devono poter accedere alle stesse informazioni e devono poter condividere la stessa conoscenza,
attraverso adeguati sistemi informativi. Inoltre, è opportuno che siano trasparenti gli obiettivi di ciascun
partner, possibilmente in linea con quelli esplicitamente dichiarati nella fase di progettazione e coordinamento della rete 13 . Infine, si rende necessaria un’attenta valutazione del grado d’interdipendenza
dell’alleanza con altre iniziative dei partner e la costante verifica di centri d’interesse alternativi e/o conflittuali con gli obiettivi della partnership.
In secondo luogo, il processo di pianificazione presuppone negoziazioni reiterate nel tempo mediante
le quali i diversi interessi particolari si compongono in un quadro strategico complessivo. In questa prospettiva, la pianificazione deve presentare caratteristiche di flessibilità: alcune opzioni strategiche potranno essere rimosse per i successivi processi di negoziazione, per la verifica di aspettative dimostratesi infondate, per l’insorgere di rischi non adeguatamente previsti. Tuttavia, le opzioni abbandonate non vengono completamente disperse e potranno essere riprese nel processo di formulazione delle strategie,
quando si verificheranno le condizioni opportune14.
È necessario pertanto un processo di aggiustamento reciproco che comporta un mutuo sforzo di adattamento delle risorse messe in comune: quanto più elevata è la capacità di adattamento reciproco, più stabile e duratura sarà la relazione15.
Operativamente la pianificazione di una rete avviene per fasi successive.
Nella prima fase, di natura preliminare e svolta generalmente dall’impresa leader, si studia la fattibilità
del progetto di cooperazione e si selezionano i possibili partner.
In questa fase è necessario valutare la fattibilità della scelta mediante l’utilizzo di un approccio metodico e analitico, capace di evidenziarne i vantaggi ed i rischi.
Gli imprenditori e i manager spesso considerano la partecipazione alla rete come una semplice soluzione per ottenere vantaggi nel breve periodo, ignorando che attraverso tale strategia l’impresa può incrementare la propria flessibilità in un ambiente competitivo dinamico e, allo stesso tempo, focalizzarsi
sulle proprie competenze distintive.
Questo significa che il ricorso alla rete non si configura necessariamente come una strategia “difensiva” volta, cioè, ad acquisire competitività attraverso risparmi di breve termine ma può divenire una strategia “offensiva”, nella misura in cui consente di riformulare e di riqualificare le modalità di gestione e lo
sviluppo delle competenze e delle risorse aziendali.
Nella seconda fase della pianificazione, svolta in stretta collaborazione con i partner selezionati, si delinea il disegno strategico della rete.
In linea generale, ogni decisione di cooperazione deve essere considerata alla luce del disegno strategico complessivo, in modo che ciascuna impresa sia consapevole dell’impatto che l’accordo potrà avere
sul suo posizionamento competitivo e sui risultati conseguibili, così da rendere coerenti le scelte aziendali16.
12
Antonelli definisce la mentalità reticolare come «un complesso di valori, convinzioni e criteri decisionali che dovrebbero permeare il patto iniziale, i processi di governo, la struttura delle relazioni trasversali delle aziende. Essa si può manifestare tanto in presenza di un solo soggetto, portatore di un sistema di idee forti, innovative, coinvolgenti…quanto nei casi in cui il processo decisionale strategico scaturisca da una convergenza solida, durevole e convinta su valori e obiettivi di fondo condivisi da più imprese».
Cfr. ANTONELLI V. (2000), Le relazioni trasversali tra aziende, Giappichelli, Torino, p.40-41.
13
Molto spesso negli accordi i partner perseguono obiettivi più ampi di quelli esplicitamente dichiarati, ma necessariamente complementari a quelli ufficiali, che costituiscono l’”agenda nascosta” .
Per ulteriori approfondimenti si rimanda a COSTA G. e NACAMULLI R.C.D. (1996 –a cura di), Manuale di Organizzazione aziendale,
Utet, Torino, p.580.
14
Cfr. FONTANA F. (1997), “La formulazione delle strategie”, in Costa G., Nacamulli R.C.D. (1996 –a cura di), Manuale di Organizzazione aziendale, Utet, Torino, p.192; MINTZBERG H. (1987), “Crafting strategy”, Harvard Business Review, Vol.LXV, n.4
15
Cfr. PARENTE R. (1992), La gestione strategica dei rapporti di collaborazione fra imprese, Cedam, Padova, p.24.
16
Cfr. PENCARELLI T., Piccole imprese, alleanze strategiche ed internazionalizzazione europea, Aspi/Ins-Edit, p.271.
4
Negli accordi reticolari, in particolare, dove la complementarietà delle risorse è l’elemento fondamentale che consente alle singole imprese del gruppo di acquisire vantaggi competitivi rispetto alla concorrenza, risulta essenziale avere ben chiaro il disegno strategico della collaborazione. La chiarezza del disegno strategico comporta innanzitutto l’esplicitazione degli obiettivi comuni, che favorisce il coordinamento delle decisioni che vengono prese all’interno di ciascuna unità della rete.
Con gli obiettivi comuni si predeterminano le sinergie a valle o a monte che si vogliono conseguire.
«L’internalizzazione di risorse/competenze ad alto valore aggiunto, l’accesso alle tecnologie chiave delle
unità collegate, l’estrazione delle competenze distintive dagli altri partner, la partecipazione ad iniziative
di investimento significative, il superamento di barriere e l’ingresso a reti di alleanze più allargate sono
esempi significativi della gamma differenziata di obiettivi strategici»17.
Una volta definito il disegno strategico, occorre negoziare i contenuti ed i termini della collaborazione
con i potenziali partner nonché prevedere sistemi di controllo adeguati per gestire efficacemente le relazioni.
Governare questi rapporti non è semplice.
In primo luogo, perché nelle reti esistono significativi spazi per comportamenti opportunistici in quanto non operano i forti vincoli di rapporti gerarchici puri, né esiste la trasparenza tipica delle relazioni di
puro mercato18.
In secondo luogo, poiché l’organizzazione reticolare si caratterizza per la disomogeneità delle competenze dei partecipanti e per la difficoltà di misurare in modo puntuale gli output e le performance, in
quanto la stessa rete spesso comporta investimenti congiunti e fasi di co-progettazione e co-produzione.
Conseguentemente, per un sistema di controllo efficiente è necessario disporre di sistemi informativi adeguati per monitorare le risorse che i singoli partner apportano nella rete, i tempi e le performance conseguite da ciascun attore nonché i risultati raggiunti dalla rete nel suo complesso.
Per quanto riguarda il primo aspetto, con la diffusione della telematica che permette l’integrazione dei
sistemi informativi e quindi la condivisione di dati, la funzione di controllo è resa più efficace soprattutto
in riferimento al coordinamento e alla verifica degli output dei diversi processi produttivi localizzati presso ciascun partner19.
Relativamente alle risorse apportate, una pianificazione carente degli output che ciascun partner deve
apportare può condurre, dopo le prime fasi operative, ad una profonda destabilizzazione del rapporto20.
Sotto questo profilo, i meccanismi di controllo dovrebbero essere idonei a valutare gli output operativi (ad
esempio, la qualità delle prestazioni), i comportamenti (ad esempio, i processi messi in atto per
l’erogazione delle prestazioni) e le risorse critiche messe a disposizione (ad esempio, la professionalità
delle risorse umane impiegate).
17
Cfr. ALBERTINI S. (1990), “Modello “Strategia-Risorse-Strategie” e forme di coordinamento a rete”, Economia e Politica Industriale, n. 65., p.176.
Per ulteriori approfondimenti si veda DOZ Y.L., HAMEL G. e PRAHALAD C.K. (1986), Strategic Partnership: Success or Surrender?
The Challange of Competitive Collaboration, Insead – London Business School – University of Michigan
18
Cfr. ARCARI A. M. (1997), Economia dei consorzi tra imprese, Egea, Milano, p.187.
19
Secondo Bufera, con il potenziamento delle integrazione dei sistemi informativi e con l’impiego di una extranet possono essere
modellati e modificati processi come sviluppo di prodotti, pianificazione della produzione, logistica di produzione e dei trasporti,
condivisione di risorse, gestione degli ordini, acquisti, assistenza clienti; costruzione di reti strutturali di medie e piccole imprese
sostenute da internet che includono, oltre all’integrazione di sistemi informativi, anche la definizione di procedure condivise, la definizione di modalità di cooperazione e di risoluzione di problemi di relazione, la collaborazione continua nell’implementazione
della rete.
Cfr. BUTERA F.(2001), Il Campanile e la rete, Il Sole 24 Ore Libri, Milano, pp.49 e ss.
20
Le ambiguità di fondo presenti in una collaborazione, ad esempio, circa il know-how che ciascun partner deve mettere a disposizione, possono facilmente generare delle incomprensioni, facendo venir meno quel rapporto di fiducia alla base della collaborazione.
Cfr. PARENTE R. (1992), La gestione strategica …, op. cit., Appendice.
Per ulteriori approfondimenti si veda Rullani E. (1989), “Economia delle reti: i linguaggi come mezzi di produzione”, Economia e
Politica Industriale, n.64, pp.138-145.
5
Si rileva, pertanto, che per le attività di controllo e per l’eventuale applicazione di sanzioni sorgono
problemi operativi di non poco conto poiché le asimmetrie informative rendono difficile identificare se ed
in quale misura i partner mantengono fede agli accordi presi mentre l’incertezza legata ai risultati della
collaborazione rende difficile valutare la responsabilità di ciascun partner al conseguimento dei risultati21.
In definitiva, l’organizzazione peculiare delle reti ed il tipo di relazioni tra i partner, basati fondamentalmente sulla fiducia, inducono ad attivare sistemi di controllo ex-ante piuttosto che meccanismi formali
di controllo dell’attività di coesione operativa. In particolare, tenuto conto del rapporto fiduciario, durante
le fasi operative gli strumenti di controllo più efficaci si rivelano quelli informali, come ad esempio incontri di progettazione, scambi di know-how, riunioni periodiche, per verificare i margini di miglioramento della collaborazione nella rete e gli ostacoli da superare22.
3. Il ruolo dell’impresa guida nel processo di pianificazione
Nella fase evolutiva delle organizzazioni reticolari è possibile individuare al loro interno alcune imprese che per una superiore capacità di networking, per la capacità di sviluppare una visione strategica,
assumono una posizione di guida rispetto alle altre imprese, funzione guida che si sostanzia anche nel
compito di elaborare e coordinare il processo di pianificazione della rete. In tale ambito, l’azienda guida
elabora la vision strategica di rete e generalmente assume il ruolo di “agente del cambiamento”23, in grado
di decentrare le decisioni operative, assicurando al tempo stesso il controllo del sistema.
La stabilità della rete è tanto maggiore quanto più il processo di pianificazione è codificato, non lasciato alla sola volontà delle parti, coordinato da un impresa guida che svolge il ruolo di main contractor,
in virtù delle maggiori competenze possedute e dello spirito di iniziativa dimostrato sul campo. In questa
prospettiva, l’impresa leader deve dimostrare soprattutto di possedere know-how relazionale, di saper
cioè gestire tutti quei processi che consentono alle relazioni di funzionare efficientemente. «Proprio
l’affermazione di imprese leader ha determinato un aumento della capacità competitiva del sistema. Infatti, le imprese leader, nel tentativo di accrescere il coordinamento delle diverse attività all’interno dei
sistemi locali di imprese, di governare e controllare efficacemente gli anelli della catena di fornitura …
hanno attivato processi di crescita che hanno conferito al sistema una superiore capacità di innovazione
globale»24.
Compito dell’impresa leader è quello di stabilire le premesse decisionali per favorire il coordinamento,
prima ancora della cooperazione, tra entità disomogenee quanto ad assetti organizzativi ed operativi e per
incentivare il grado di commitment verso gli obiettivi comuni. In questa prospettiva, il”centro” della rete
deve avere la capacità di interpretare le dinamiche evolutive e i processi di crescita dei “singoli nodi”:
ciascuna relazione ha un proprio carattere distintivo, una propria storia, un proprio futuro ed evolve con
proprie caratteristiche specifiche ed una propria identità25.
Nelle reti evolute l’azienda leader integra le aziende partner sempre meno attraverso strumenti gerarchici e sempre più attraverso sistemi operativi che focalizzano le risorse verso strategie comuni. In tal
21
Cfr. SOBRERO M. (1996), Innovazione tecnologica e relazioni tra imprese, La Nuova Italia Scientifica, Roma, p.59.
A proposito di sistemi di controllo nelle reti l’Arcari illustra quello applicato in quelle di franchising. «Ad un estremo … l’attività
di controllo vede prevalere il governo della dimensione esecutiva, di valenza operativa e competitiva, attraverso il ricorso a meccanismi formali di controllo operativo. Norme contrattuali, regolamenti, verifiche periodiche, procedure di pianificazione accentrate,
rappresentano alcuni strumenti cui ricorrere per assicurare omogeneità di comportamenti …. Ad un altro estremo, nei sistemi di
affiliazione maggiormente orientati a conservare e a valorizzare l’imprenditorialità dei singoli affiliati, i meccanismi di controllo
attivati, piuttosto che incentrarsi sul ricorso a norme … tendono ad avvalersi dell’impiego di sistemi di obiettivi e di incentivi volti a
responsabilizzare, più che a controllare i singoli affiliati».
Cfr. ARCARI A. M. (1997), Economia dei consorzi tra imprese, Egea, Milano, p.222.
23
La funzione della leadership, in questo caso, non è di mediazione fra interessi, ma di favorire lo sviluppo delle risorse decisive per
i risultati organizzativi come l’identità e il senso di appartenenza alla rete, la fiducia reciproca.
Cfr. ALBERTINI S. (1991), Gli accordi strategici. Strumenti per la costruzione di un’impresa network, Egea, Milano, p.51.
24
Cfr. ALBINO V., CARBONARA N. e SCHIUMA G. (1998), “Le strategie di sviluppo dei network locali”, Sviluppo & Organizzazione,
n.170, p.37.
25
Cfr. SNEHOTA I. E TUNISINI A. (1999), Relazioni verticali tra imprese e dinamica competitiva, Paper presentato al XXII° Convegno Idea, Parma, ottobre, p.8.
22
6
modo, l’impresa guida riesce a consolidare il principale fattore che garantisce la stabilità delle reti, cioè la
fiducia reciproca, che favorisce la collaborazione e limita i comportamenti opportunistici. Per raggiungere
questo obiettivo, l’impresa leader deve curare molto la fase della selezione dei partner.
La selezione deve basarsi su specifici parametri di valutazione anche per limitare il rischio di sopportare costi che si dovrebbero sostenere in caso di cessazione di rapporti e di ripristino di relazioni con nuovi partner.
La prima valutazione riguarda congiuntamente la solidità finanziaria e il patrimonio tecnologico.
Le condizioni economiche-finanziarie dell’impresa assumono rilevanza soprattutto per valutare la capacità di sopravvivenza e di sviluppo del potenziale partner.
L’analisi della posizione tecnologica dell’impresa nodale, permette di verificare la capacità innovativa
incorporata nella struttura: un giusto equilibrio tra componente hard (macchine disponibili) e soft (regole
organizzative, skill professionali, ecc.) consente all’impresa non solo di raggiungere elevati livelli di performance ma anche di essere dinamica ed innovativa.
Ulteriori requisiti dei partner che occorre considerare per la buona riuscita dell’accordo di collaborazione sono:
- propensione ad integrare diverse culture e interessi per creare un rapporto di partnership incentrato
sulla fiducia piuttosto che sull’opportunismo;
- reciproca conoscenza pregressa tra i partner.
In primo luogo, il partner o i partner devono possedere caratteristiche rispondenti alle finalità
dell’accordo, disporre di profili di complementarietà dei ruoli e soprattutto non avere orientamenti molto
distanti in termini di cultura d’impresa, di stili di direzione e di modelli gestionali tanto da rendere impossibile la creazione di un processo di comunicazione efficace, fondamentale per la stabilità della rete.
Sotto questo profilo, è possibile affermare che affinché un’alleanza fra imprese apporti realmente quei
benefici che la contraddistinguono è determinante per ciascun partner possedere una cultura aziendale
volta al cambiamento e disponibile a soluzioni più flessibili. Si è rilevato infatti che molte alleanze, soprattutto nel settore “high tech”, falliscono non perché i partner entrano in conflitto sulla proprietà del
know how sviluppato in comune, quanto piuttosto perché si dimostrano incapaci di realizzare al proprio
interno e fra loro un’azione di cambiamento capace di far convergere strutture organizzative, culture aziendali e modalità gestionali diverse.
In secondo luogo, empiricamente è stato verificato che una reciproca conoscenza pregressa favorisce
la nascita di solide relazioni fiduciarie, in quanto nelle precedenti esperienze già si è potuto valutare
l’affidabilità del/dei partner, si sono creati network interpersonali e si è sviluppata una confidenza con le
reciproche prassi organizzative. Pertanto, al fine sia di abbattere i costi della verifica dei gradi di compatibilità e di costruzione della fiducia sia di garantire una maggiore sopravvivenza dei rapporti di collaborazione, si rileva opportuno sviluppare gradualmente e in progressione le aree di cooperazione26.
Inoltre, in sede di selezione è necessario evitare di inserire nella rete aziende che invece di instaurare
relazioni fiduciarie cercano di appropriarsi del know-how dei partner mediante comportamenti opportunistici, molto frequenti nella fase dell’implementazione dell’alleanza27. Il rischio di questi comportamenti è
26
Cfr. TURATI C., (1996), "Le alleanze …, op cit., p.581.
Si tratta della possibilità da parte di uno o più partner della rete di acquisire conoscenze da parte degli altri partecipanti nella fase
di implementazione dell’alleanza: «l’assimilazione di conoscenza tacita posseduta dal o dai partner configura l’esistenza di obiettivi impliciti individuali di uno o più dei partecipanti l’iniziativa, obiettivi che non vengono espressamente dichiarati nel contratto di
cooperazione…A prefiggersi tali obiettivi individuali sono i partner adeguatamente attrezzati ai fini del processo di assimilazione di
conoscenze tacite di altre imprese».
Secondo Lyles le imprese che riescono ad assimilare conoscenze tacite di imprese terze sono quelle dotate di skill relativi alla capacità di interfacciare altri tipi di sapere ma soprattutto che incorporano una maggiore esperienza di assimilazione acquisita in occasione di precedenti alleanze. «L’apprendimento per assimilazione introduce nella relazione cooperativa elementi che vanno aldilà
della reale volontà e degli intendimenti manfestati nell’alleanza. Il learning per assimilazione introduce elementi di conflittualità
latente, rappresentando un serio fattore di destabilizzazione e di insuccesso dell’iniziativa di collaborazione destinata
all’apprendimento congiunto».
Le citazioni sono tratte da SIANO A. (2001), Competenze e comunicazione del sistema di impresa, Giuffrè, Milano, pp.57 e ss.
Per ulteriori approfondimenti si vedano PETIX L. (1994), Aspetti tipici di analisi strategica, di competizione globale e di finanza
internazionale, Cedam, Padova; LYLES M. (1990), “L’apprendimento nelle Joint-Venture impegnative”, in Contractor F. e Lorange
P. (a cura di), La cooperazione tra imprese, Etas libri, Milano.
27
7
che le imprese partner «contengono entro i limiti strettamente necessari i contenuti della collaborazione,
anche a costo di rinunciare ad interessanti potenziali opportunità di coproduzione, di nuova conoscenza
attraverso lo sfruttamento di specifiche complementarietà e sinergie»28.
Se la pianificazione garantisce alla rete maggiore stabilità tuttavia una eccessiva dipendenza delle imprese nodali rispetto all’iniziativa dell’impresa leader può comportare che la stessa sopravvivenza della
rete dipenda dalle capacità di pianificazione di quest’ultima. Sotto questo profilo, è opportuno rilevare
che un eccessivo peso dell’impresa guida può rappresentare un fattore di instabilità della rete stessa nel
caso in cui divenisse il principale destinatario degli output delle aziende partner e/o venisse meno la sua
capacità di coordinamento. Nel primo caso, le aziende della rete rischierebbero di perdere il riferimento
con il mercato e conseguentemente una riduzione della loro autonomia e della loro creatività: si trasformerebbero in una sorta di "dipendenti autonomi" e la rete rischierebbe di divenire un'impresa integrata
verticalmente29. Nel secondo caso, un’eventuale incapacità dell’impresa guida a gestire il coordinamento
non solo potrebbe pregiudicare la sopravvivenza della rete stessa ma addirittura rischierebbe di causare
situazioni di crisi nelle aziende partner, che avrebbero difficoltà ad individuare un’alternativa all’impresa
leader e/o a riorganizzare gerarchicamente la propria attività produttiva.
4. La pianificazione nelle reti di imprese. Il caso del settore aeronautico
Il fenomeno delle reti di imprese appare particolarmente diffuso nei settori caratterizzati da elevata
complessità produttiva, dove la realizzazione del prodotto richiede il presidio di un ampio bagaglio di
competenze. In questi comparti, la performance delle imprese è strettamente connessa alla loro capacità di
innovazione che si esplicita nella capacità di sviluppare nuove competenze e di presidiare le competenze
già possedute.
L’industria aeronautica rappresenta un caso emblematico, dal momento che le imprese del settore sviluppano relazioni collaborative particolarmente evolute con modalità organizzative consolidate da decenni. Il fenomeno delle relazioni di collaborazione tra le imprese del settore, inoltre, oltrepassa i confini nazionali conducendo ad un’organizzazione del ciclo produttivo su scala internazionale30.
L’intensità delle relazioni di cooperazione tra le imprese del settore appare oggi aumentata rispetto a
qualche anno fa. In particolare, è in seguito alla grave crisi che ha coinvolto il settore agli inizi del decennio scorso che le imprese hanno avviato un forte processo di riorganizzazione che ha condotto ad
un’intensificazione dei rapporti tra le imprese posizionate ai diversi livelli della filiera.
La necessità della pianificazione nel settore aeronautico è dettata dalla forte dipendenza del successo
del prodotto dall’attività delle diverse imprese, le quali determinano le caratteristiche del prodotto in termini di qualità, costo, tempo di sviluppo.
Per ciascuna impresa che compone la rete spettano compiti ben definiti. In generale, al prime spetta
svolgere tutte quelle attività che precedono il lancio di un nuovo programma, vale a dire l’analisi delle
opportunità di mercato, la formulazione dell’idea generica del velivolo che si vorrebbe costruire e la selezione dei partner31. Dopo la fase preliminare, l’impresa leader coadiuvata dalle imprese del primo livello
28
Cfr. SIANO A. (2001), Competenze e comunicazione del sistema di impresa, Giuffrè, Milano, p.59.
Cfr. MUSTILLI M. (1999), L'evoluzione del venture capital nello sviluppo delle piccole e medie imprese, Cedam, Padova.
30
La scelta dei produttori di avviare rapporti di collaborazione con imprese di diversi paesi è spesso finalizzata all’allargamento del
mercato. Nessun mercato nazionale, infatti, è in grado di assorbire la produzione di un costruttore di aerei e molti governi ostacolano
l’acquisto di velivoli non realizzati con la partecipazione di imprese locali.
Cfr. ESPOSITO E. (2002), “Il settore aeronautico: accordi di collaborazione ed internazionalizzazione del ciclo produttivo”,
L’Industria, n. 2.
31
Perno della rete è un’impresa di grandi dimensioni, cosiddetta impresa leader o prime, che possiede le capacità tecnologiche, organizzative e finanziarie per promuovere il programma di costruzione dell’aereo e coordinarne la realizzazione ed è impegnata
nell’assemblaggio finale del velivolo. I processi produttivi sono, invece, affidati a pochi qualificati first-tier suppliers. All’interno di
ciascun sottosettore (cellula, equipaggiamenti e avionica, propulsori), i first-tier suppliers occupano il primo livello produttivo e, per
la realizzazione dei vari elementi dell’aereo (motore, sistemi di bordo, aerostrutture), si avvalgono della collaborazione di imprese
estremamente specializzate in particolari aree tecnologiche (imprese di secondo livello). Le imprese di secondo livello, a loro volta,
si avvalgono di una catena di subfornitori (imprese del terzo livello), le quali forniscono alle imprese di secondo livello prodotti a
basso valore aggiunto e limitato livello di specializzazione. È possibile che queste ultime non rappresentino gli ultimi nodi della rete
poiché alcune delle imprese sub-fornitrici hanno a loro volta un gruppo di loro sub-fornitori (imprese di quarto livello).
29
8
produttivo e, in alcuni casi, anche da quelle di secondo livello, redige il programma di costruzione del velivolo stabilendo cosa e come produrre (tutta questa attività è formalizzata da una miriade di progetti relativi ad ogni singola parte del velivolo) ed i tempi di progettazione e produzione. Durante la costruzione si
verifica il rispetto delle specifiche stabilite e degli standard di qualità.
L’impresa leader svolge direttamente una parte del processo produttivo relativo al settore cellula mentre per la realizzazione dei rimanenti componenti si affida ad un gruppo di imprese di secondo livello.
Queste, a loro volta, non realizzano tutto all’interno, ma si avvalgono di una rete di piccole e medie imprese in grado di rispettare le specifiche richieste dall’impresa leader.
Le imprese di secondo livello devono in primo luogo decidere cosa produrre all’interno e cosa affidare
a imprese terze. Quindi, selezionano il gruppo di fornitori.
Il processo di selezione si sviluppa in quattro fasi.
Le imprese sub-fornitrici compilano un questionario di presentazione da cui emergono le loro caratteristiche tecnologiche e gestionali (prima fase).
Se il questionario viene valutato positivamente dal committente, questi procede ad effettuare una visita nell’azienda con lo scopo di verificare se le caratteristiche dichiarate nel questionario corrispondono a
quelle effettive (seconda fase).
Se il sub-fornitore supera questa fase si passa alla verifica delle prestazioni effettive, cioè si affida
all’impresa una commessa e si vanno a valutare il rispetto dei tempi di consegna, le capacità di problem
solving e la qualità (terza fase).
Il quarto step consiste in una valutazione complessiva dell’impresa che consideri, accanto alle capacità
tecniche, anche le capacità relazionali.
Le imprese che vengono accettate dall’impresa committente, continuano ad essere costantemente monitorate per verificare che non ci siano cali di prestazione32. Non è detto, pertanto, che un’impresa inizialmente accettata non possa essere, in seguito, esclusa dal rapporto. Questo sistema consente
all’impresa committente di evitare comportamenti opportunistici da parte dei sub-fornitori.
Al riguardo, la forte dipendenza dai fornitori induce il committente ad effettuare un monitoraggio costante della loro performance. Allo scopo, è utilizzato un sistema di vendor rating, mediante il quale per
ogni fornitore si compila una scheda di merito rispetto ai tempi di consegna, ai prezzi praticati, agli standard qualitativi, alle capacità relazionali, ecc, da cui scaturisce una valutazione sintetica33.
I rapporti tra impresa committente e impresa sub-fornitrice sono regolati da una dettagliata “tabella di
marcia”, che stabilisce le caratteristiche del componente che quest’ultima dovrà produrre, le modalità di
esecuzione, i tempi di inizio e fine della produzione e i tempi di consegna. Inoltre, le imprese committenti
assicurano alle imprese sub-fornitrici anche diverse forme di assistenza, sia nella fase di avvio della
commessa che durante la fase di produzione34.
Cfr. RICCIARDI A. (2003), Le reti di imprese …, op. cit., p.218.
Quando l’azienda committente osserva cali di prestazione da parte del sub-fornitore, prima di espellere quest’ultimo dalla rete
generalmente interviene per cercare di risolvere i problemi che hanno causato il calo. Se tali problemi non hanno soluzione o se,
comunque, la performance del sub-fornitore non migliora, il rapporto verrà sciolto.
Cfr. ESPOSITO E. (1996), Le imprese ad alta tecnologia. Il caso dell’Industria Aereonautica, Cuen, Napoli, p.78.
33
In generale, i sub-fornitori possono essere classificati quali imprese eccellenti (se hanno registrato elevate prestazioni), imprese in
sospeso (se hanno mostrato cali di prestazione, ma che non vengono escluse in attesa di verificare se i problemi che hanno causato il
calo sono risolvibili) o imprese da escludere (se, provenienti dalla categoria “in sospeso”, non sono riuscite a migliorare le loro prestazioni).
Cfr. ESPOSITO E. (1996), Le imprese ad alta tecnologia …, op. cit..
34
Alenia Aeronautica, azienda leader del settore, ad esempio, organizza per i suoi sub-fornitori corsi di formazione (all’interno
dell’azienda o direttamente presso il sub-fornitore), trasferisce tecnologie di processo, assicura la consulenza tecnica, per lavorazioni
particolari fornisce le attrezzature. In particolare, nella fase di avvio della commessa, mediante incontri periodici sono comunicate le
caratteristiche della commessa e, in alcuni casi, si assiste il sub-fornitore con la presenza di esperti. Inoltre, durante la fase di realizzazione della commessa, assiste le imprese sub-fornitrici con riunioni frequenti nelle quali fornisce informazioni sui pezzi da realizzare, consigli per la soluzione dei problemi che inevitabilmente sorgono nella fase di produzione, suggerimenti sulle tecnologie da
utilizzare.
32
9
Costanti sono le visite del committente per verificare il rispetto delle modalità di esecuzione del prodotto e provvedere alla tempestiva correzione di eventuali gap. Al riguardo, grande attenzione è posta sulla qualità dei prodotti. Le aziende del settore sono obbligate a verificare che ogni componente rispetti gli
standard qualitativi richiesti.
A tal fine, l’azienda committente è interessata a verificare che le imprese sub-fornitrici siano dotate di
procedure e sistemi organizzativi adeguati a garantire la qualità dei prodotti e che il ciclo produttivo sia
organizzato in modo da controllare costantemente la qualità di parti lavorate e di parti in lavorazione, dal
momento che il più piccolo difetto potrebbe compromettere la performance del velivolo. L’attenzione alla
qualità del prodotto è testimoniata dall’esistenza di un manuale di qualità, che ciascuna impresa sviluppa,
spesso in collaborazione con l’impresa committente, e in base al quale si effettua il controllo lungo il processo produttivo.
Il sistema rete del settore aeronautico, in definitiva, risponde ai requisiti della rete pianificata. In esso,
infatti, oltre alla precisa determinazione degli obiettivi strategici di fondo risultano definiti ruoli e compiti dei vari operatori, il cui rispetto è garantito dalla presenza di un sistema di controllo esercitato dalle imprese leader nei confronti delle subordinate. Ricerche empiriche, inoltre, hanno rilevato un’elevata stabilità dei rapporti in tutti i comparti dell’industria aeronautica: l’impresa leader, in quanto responsabile del
velivolo nei confronti delle aerolinee e degli organismi di vigilanza, instaura con i sub-fornitori rapporti
di collaborazione non occasionali, ma consolidati.
Stabilità della rete non significa però staticità. Al contrario, la stabilità della rete dipende in misura notevole dalla dinamicità delle imprese che la compongono.
Nelle reti del settore aeronautico la capacità delle singole imprese di innovare diventa condizione necessaria affinché esse non siano espulse dalla rete. Allo stesso tempo, la capacità di innovazione delle imprese conduce a modifiche significative nelle relazioni tra imprese: i rapporti di sub-fornitura spesso evolvono verso forme di alleanza più evolute, caratterizzate da un maggiore coinvolgimento, finanziario
oltre che produttivo, dell’impresa di livello inferiore.
Le reti di impresa del settore aeronautico sono pertanto caratterizzate da equilibrio evolutivo: la stabilità dinamica della rete è garantita dal suo continuo cambiamento. Né tale dinamicità è frenata dalla presenza di una struttura gerarchica. Quest’ultima, infatti, contribuisce non soltanto alla stabilità della rete,
incentivandone la capacità di innovazione ma favorisce anche i cambiamenti necessari per adeguare
l’organizzazione sia ai mutamenti dell’ambiente esterno sia alle modifiche della strategia delle singole
imprese partner.
5. Conclusioni
In linea generale, quando la rete è il frutto di un processo di pianificazione presenta livelli più alti di
stabilità. Viceversa, quando tra i componenti della rete non si rileva né l’aderenza né tanto meno
l’esigenza di aderire ad un processo strategico di gruppo, la struttura si presenta debole in termini di efficienza e stabilità.
In particolare, nelle reti “non pianificate” si rilevano maggiori difficoltà nell’affrontare le trasformazioni ambientali e l’evoluzione congiunturale della domanda: «in altre parole, sono strutture che a fronte
di condizioni competitive più aspre, non sono capaci, in generale, di trasformazioni o di adattamenti tali
da consentire un nuovo significativo posizionamento strategico»35.
La realizzazione di progetti in comune senza un valido progetto imprenditoriale o la costruzione di reti
aziendali con l’unica finalità di fronteggiare crisi congiunturali concorrono alla realizzazione di strutture
organizzative inefficaci «di per sé incapaci di risolvere i problemi pregressi, se non addirittura fonti pericolose di grossolani equivoci gestionali»36.
35
Cfr. LORENZONI G. (1997-a cura di), Architetture reticolari e processi d’internazionalizzazione, Il Mulino, Bologna, p.55.
Cfr. LAI A. (2003), La centralità dell’impresa … op. cit., p.659.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda a McAfee A. e Oliveau F.X. (2002), Confronting the limits of networks …, op. cit.
36
10
Al contrario, una pianificazione di medio-lungo periodo che definisca la “missione”, gli obiettivi da
perseguire nelle diverse fasi di sviluppo dell’aggregazione, le risorse da impiegare e le rispettive responsabilità rappresenta non solo un’ulteriore condizione per garantire stabilità alla rete ma anche un notevole
vantaggio competitivo: lo sviluppo mediante legami forti con terze imprese garantisce, infatti, tempi di
esecuzione, flessibilità, capacità di innovazione difficilmente imitabili da quei concorrenti che optano per
uno sviluppo interno e autonomo.
Le reti di imprese, tuttavia, sono caratterizzate generalmente dall’assenza di un sistema di pianificazione e controllo e, al riguardo, alcuni autori ritengono che “l’essenza distintiva” di tale modello organizzativo sembra risiedere proprio in quel “come se vi fosse”, nel senso che la pianificazione delle fasi di
creazione del valore è appunto virtuale o ipotetica37. Molto spesso la costituzione di un rete è frutto di
scelte fortuite, nate per sfruttare opportunità contingenti e non basate su decisioni pianificate e formalizzate.
La cultura aziendale dominante nelle imprese di minore dimensione ha spesso ostacolato, come rileva
la Ferraris Franceschi38, l’adozione di sistemi e tecniche manageriali per il miglioramento dell’attività
complessiva della rete. Dello stesso avviso è Lorenzoni che vede nella mancanza di ricerca di metodi
nuovi che siano coerenti con una crescita imposta dall’ambiente esterno, il limite di queste organizzazioni: «i processi di selezione, di adattamento, di apprendimento, le procedure di negoziazione, la crescita
qualitativa sono lasciati evolvere naturalmente attraverso un’esperienza lenta, priva di progettualità:
strutture e modi di operare non sono privi di efficacia, sono conquistati sul campo, per prove ed errori,
ma sono incapaci di favorire una crescita delle imprese tali da rafforzare sostanzialmente la posizione
competitiva»39
Tuttavia, nei rari casi in cui nelle reti di imprese si rilevano processi adeguati di pianificazione strategica, si osserva una sopravvivenza della partnership mediamente più lunga. In particolare, all’interno di
una rete come quella che caratterizza l’organizzazione produttiva del settore aeronautico, la pianificazione
strategica, che interviene sin dall’ideazione del progetto, consente lo sviluppo di rapporti di cooperazione
di lungo periodo.
ANTONIO RICCIARDI
Straordinario di Economia Aziendale
Dipartimento di Scienze Aziendali
Università della Calabria – Arcavacata
37
Cfr. FAEDO P. e FARINET A. (1999), “Modelli reticolari evoluti e strategie di cooperazione tra piccole e medie imprese: alcune
ipotesi interpretative”, Economia e Politica Industriale, n.104, p.41.
38
Cfr. FERRARIS FRANCESCHI R. (1996), “Modello di crescita esterna e fattori di sviluppo delle piccole aziende”, in Atti del Convegno AIDEA Validità del capitale di rischio e fattori di sviluppo delle piccole e medie aziende, Clueb, Bologna, pp. 63 e ss.
39
Cfr. Lorenzoni G. (1997), Architetture reticolari …, op. cit., p..55.
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