luca bidoli

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luca bidoli
www.areaarte.it
L’ECCELLENZA IMPRENDITORIALE
DI UN TERRITORIO CHE, ATTRAVERSO
L’ARTE E IL DESIGN, TROVA NUOVI
LINGUAGGI DI COMUNICAZIONE E
AGGREGAZIONE
THE ENTREPRENEURIAL EXCELLENCE OF
A LAND WHICH FINDS NEW LANGUAGES
FOR COMMUNICATION AND AGGREGATION
THROUGH ART AND DESIGN
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Patrocini
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
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Editorial
Ciò che l’arte dice della guerra
What art says about war
C
on la corrente celebrazione dell’inizio della Prima Guerra
Mondiale, qualche considerazione su come l’arte sia stata, in
generale, organica alla guerra è d’obbligo. Nel passato più remoto la guerra faceva parte dell’epos di un popolo e la sua rappresentazione compare agli albori della civiltà umana, fin dalla preistoria. Già
3500 anni prima di Cristo si hanno le prime testimonianze di scene
di guerra. Anzi sono proprio le fonti iconografiche che a volte hanno
permesso di ricostruire la storia della supremazia guerriera in Mesopotamia e nell’antico Egitto. Poi la raffinatezza greca tradurrà l’idea della
guerra in pura bellezza con i Bronzi di Riace e i Romani orneranno gli
edifici pubblici con rilievi delle loro gesta belliche.
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Naturalmente anche Medio Oriente, Asia ed Americhe possiedono ricche ed antiche iconografie sulle proprie guerre, ma è all’arte
dell’Europa occidentale cui noi guardiamo più da vicino e che nel Medioevo narra i suoi conflitti grandi e piccoli: la battaglia di Hastings
(1066) nell’Arazzo di Bayeux o la Battaglia di Lepanto (1571) che avrà,
nel corso del Rinascimento, numerose versioni assieme a quelle di altri
eventi bellici. Anche le più orrende stragi di conquista e spoliazione
coloniali e schiaviste - contro i nativi nord americani, le civiltà dell’America latina, gli africani, gli aborigeni - sono sempre descritte nei
toni epici dettati dai vincitori. La retorica abbonda ancora nell’800:
dall'epopea napoleonica a quella risorgimentale e permane abbondante
nel corso del periodo fascista. Tuttavia vi sono sguardi rivelatori del
vero volto della guerra già all’inizio del XIX secolo. Con Goya, che
nelle incisioni I disastri della guerra e il dipinto Los fucilamientos del
tres de mayo, ne mostra con occhio disincantato la macelleria più crudele e cieca. Quella del 1914/18, avrà dei diretti illustratori in ambito
espressionista con Max Beckmann (1884-1950) e soprattutto con Otto
Dix (1891-1969), che incentra la sua miglior produzione sui temi della
morte al fronte e dei reduci storpi nelle città del dopoguerra.
Recentemente l’Associazione culturale ArteGrandeGuerra (http://
www.artegrandeguerra.it/p/arte.html), che dal 2003 si occupa di approfondire questo tema, ha dato corso ad una serie di mostre importanti anche per la mappatura e la conservazione di opere altrimenti soggette alla dispersione. L’ultima (febbraio 2014) 1914 – 2014 La guerra
invisibile. La voce dei soldati della Grande Guerra in 100 opere riscoperte , accompagnata da un catalogo, esponeva cento opere originali
nate nelle trincee di tutti i fronti della Grande Guerra. L’evento clou
del centenario, inaugurato il 3 ottobre scorso al MART di Rovereto,
è l’allestimento La guerra che verrà non è la prima. Grande Guerra
1914-2014, un progetto di collaborazione tra gli enti e istituzioni culturali trentini, di Venezia, Belluno, Padova e Treviso. Altre riflessioni
sull’argomento si trovano nel bel portale realizzato da Digital Distillery, http://www.grandeguerra100.it/ e in un sito che ne approfondisce
anche l’aspetto turistico, http://www.itinerarigrandeguerra.it/, frutto
di collaborazione tra le Regioni del cui territorio AreaArte si occupa
particolarmente: Friuli Venezia Giulia (capofila del progetto), Veneto,
Trento e Bolzano, Lombardia.
Giovanna Grossato
W
ith the current celebrations of the start of World War I, a few
words on how art has always been, in general, organically
bound to war are mandatory. In the distant past, war was part
of all peoples’ epos, with its representation appearing at the very dawn of
human civilization, in prehistoric times. Already 3,500 years before Christ
we have the first pictures of war scenes. Indeed, it was precisely the iconographic sources that allowed sometimes to piece together the history of warlike supremacy in Mesopotamia and ancient Egypt. Then the aesthetically
advanced Greeks translated the idea of war into pure beauty with the Riace
Bronzes, and the Romans would decorate public buildings with reliefs of
their military exploits.
Naturally also the Middle East, Asia and the Americas have a rich and
old iconography of their own wars, but it is the art of Western Europe that
we look more closely at, illustrating in the Middle Ages a series of great and
small conflicts: the battle of Hastings (1066) in the Bayeux Tapestry or the
Battle of Lepanto (1571), which numbered numerous versions in the Renaissance, as well as other war events. Even the most horrific massacres of
slavery and colonial conquest and spoliation – against North American Natives, Latin American civilizations, Africans and Aborigens – are always
described in the epic tones dictated by the victors.
The rhetoric still abounds in the 19th century: from the Napoleonic epic
to the Risorgimento one, and remains abundant during the fascist period.
However, there were eyes revealing the true face of war already at the beginning of the 19th century. Goya, in the etching The disasters of war and
the painting Los fucilamientos del tres de mayo, shows with disenchanted
eyes war’s most cruel and blind butchery. The 1914/18 war was to have its
direct illustrators among the Expressionists with Max Beckmann (18841950) and especially Otto Dix (1891-1969), who focused his best production
on the theme of death at the front and crippled veterans in post-war cities.
The cultural association ArteGrandeGuerra (http://www.artegrandeguerra.it/p/arte.html), engaged since 2003 in investigating and illustrating
the subject, organized recently a number of exhibitions, important also for
the mapping and conservation of works that may otherwise be dispersed.
The last one (February 2014), 1914 – 2014 The invisible war. The voice
of soldiers during the Great War in 100 rediscovered works, accompanied
by catalogue, displays one hundred original works created in the trenches
of all fronts during World War I. The highlight event of the centenary celebrations, inaugurated on 3 October last at the MART in Rovereto, is the
installation The war which is coming is not the first one. The Great War
1914-2014, a collaborative project between cultural institutions and organizations from Trentino, Venice, Belluno, Padua and Treviso.
More about the subject can be found on the beautiful portal created by
Digital Distillery http://www.grandeguerra100.it/ and on a website that
explores also the tourist aspect of it, http://www.itinerarigrandeguerra.it/,
the result of a collaboration between the regional authorities of the territory
especially covered by AreaArte: Friuli Venezia Giulia (project leader), Veneto, Trento and Bolzano, Lombardy.
G iova n na G ross at o
[3]
Nicola Nannini
Il nome da dare alle cose
G i ova n n a G r o s s at o
L
’intensità trasfigurante con cui tratta la realtà rende
Nicola Nannini un artista molto speciale tra i pittori
figurativi contemporanei. Ritratti o paesaggi vengono ripresi con
enorme capacità mimetica e tuttavia, una volta rappresentati, non
appartengono più né a loro stessi né alla realtà. Tale è la capacità
dell’artista di scavare all’interno del guscio formale della natura gli
aspetti che somigliano più alla sua maniera di guardare il mondo
che al mondo stesso.
Tra Freud e Hopper, passando per Dürer, van Dyck, Vermeer,
Nannini nega l’iperrealismo fine a se stesso, evidenziando in ogni
dipinto la traccia della sua origine pittorica. A respingere quasi
l’ammirazione di chi, guardando, si stupisce della palmare “somiglianza” al vero. Illuminante in tal senso è una considerazione scritta da Nannini nell’autunno del 2010, riferita all’incontro
folgorante che egli ebbe nel 1989, a Vienna, con l’opera di Egon
Schiele: “Vidi per la prima volta le opere di Egon Schiele.
Quel pugno di giorni cambiarono la mia vita. Malessere, benessere, vago senso di nausea, insofferenza, idiosincrasia, vago capogiro
e Vienna, d'attorno, luccicante d'impero caduto, come giostra in
movimento perde i suoi contorni. Aria di perversa malinconia e
simboli morbosi dal passato, a ellisse, mi accerchiano; e ancora...
aquile dorate, foto seppiate, militari stellette e svastiche e costole
e zigomi scavati e acque rosse e neri peli di pube e mortiferi amplessi e angoscia di giorni senza sole e la prof di greco e latino è
insopportabile.
Ho risolto con apotropaica sigaretta, seduto sul cemento che imbriglia, in periferia, il Danubio marrone di sedimenti e liquami.
[…]. Come un pugno sulla faccia i suoi Amanti all'Osterreichische
Galerie mi hanno stordito e rapito e quel poster da pochi scellini
che acquistai con la reverenza dovuta ad una reliquia, è ancora con
me. Mai percepita tanta disperata carnalità nell'unione di corpi e
membra fragili e pesanti, che dal lenzuolo sudato, accartocciato
mai più s'alzeranno.
In terra fredda d'inverno moriranno; né redenzione, né vita dopo
l'amplesso cupo e agognato; nessun domani e nero destino di fine
assoluta dispensa quel vano dimenarsi. Lei lo mangerà e prima del
sole sarà cenere anch'ella. Ma è "amore" del meriggio non della
notte, questo e mentre fuori il lavoro nobilita o uccide le masse,
l'assenza di domani consuma gli amanti come corpi svuotati della
carne in uno scontro di ossa, pelle, peli e capelli.
Non ricordo la potenza di ciò che provai allora quando poco più
che adolescente vedevo quell'opera e ne sperimentavo le suggestioni e le pulsioni. […]. Un secolo fa in Boemia Egon dipingeva Krumau […]. A lui, a tutto questo devo un pegno. Voglio camminare
quelle strade, toccare quei muri, studiare i piani sovrapposti come
celle d' alveare, le prospettive infantili, i cieli neri e quelli bianchi,
le geometrie sintetiche e i panni stesi sulle rive sfrangiate di un
fiume nero come il carbone. Cento anni dopo voglio, con i miei
propri occhi, vedere e ancora dare aria a quei panni stesi un secolo
fa. Qui e ora parto io.”.
La sintesi perfetta di quell’incontro con la pittura di Schiele è in
un piccolo componimento poetico scritto la primavera successiva:
“Ho visto Cesky Krumlov ( Krumau )./ Ho visto il fiume cupo. /
Ho visto geometrie./ Schiele è un realista.”, in cui è condensata
l’idea di realismo che permea l’opera di Nannini e ne colloca i soggetti, vivi e palpitanti, in un universo parallelo.
L’esito è un’oggettività sospesa, immobile dell’immobilità che
precede l’evento, piena dell’attesa che lo sottende, ottenuta con una
straordinaria tecnica pittorica. Come ben evidenzia Alberto Sebastiani (In attesa che esploda): “Attesa è una parola chiave per capire
Nannini, la sua poetica. È lei che rende inconfondibile la sua pittura. Non il segno, il colore o la pennellata, ma quell’atmosfera che
essi evocano. […].
In fondo, nei suoi dipinti racconta sempre quell’attimo che siamo
abituati a vedere nei film hollywoodiani, quello subito prima dell’esplosione di una bomba, una frazione di secondo, quel momento
sospeso, di silenzio, in cui tutto rallenta, si trattiene il fiato, le
immagini rallentano, poi si confondono, mentre i personaggi sono
già fantasmi e nulla sarà più come prima.”.
TYPE B3 | 2005/06
Olio su tavola // Oil on board
cm 180 x 100
[4]
[5]
Nicola Nannini
Nicola Nannini, che è nato a Bologna nel 1972, dopo gli studi
classici si è diplomato all'Accademia di Belle Arti di Bologna
ed è attualmente docente di disegno e figura presso la Scuola di
Artigianato Artistico di Cento e di pittura all'Accademia Cignaroli di Verona.
The name to be given to things
La sua esperienza espositiva è molto ricca sia in Italia che all’estero. Invitato nel 2011 alla 54° Biennale di Venezia, Padiglione
Italia. Vive e lavora tra Bologna e Vicenza.
G i ova n n a G r o s s at o
Galleria d’Arte Nino Sindoni
Viale Matteotti 44/8, 36012 Asiago ( VI)
www.ninosindoni.com
Associazione Alberto Buffetti
e-mail: [email protected]
PIANURA, CIELO/TERRA N.2 | 2011
Olio su tavola // Oil on board
cm 93 x 126
HOUSE N.8 | 2007
Olio su tavola // Oil on board
cm 100 x 180
T
he transf igured intensity in representing reality is what
makes Nicola Nannini a very special artist on the scene of
contemporary f igurative painters. Portraits and landscapes are rendered with
huge mimetic ability and yet, once painted, they no longer belong to themselves nor to reality. Such is the artist’s ability to dig into the formal shell of
nature for aspects that resemble more his way of looking at the world than
the world itself.
Between Freud and Hopper, going through Dürer, van Dyck and Vermeer,
Nannini denies hyperrealism for its own sake, stressing in each painting the
signs of its pictorial origin. Almost to dismiss the admiration of those who look
in surprise at the palpable “likeness” to the real thing. Quite enlightening in
this respect is an account written by Nannini in the autumn of 2010, which
describes the fulgurating encounter he had in 1989, in Vienna, with the work
of Egon Schiele: “I saw for the f irst time Egon Schiele’s works. That handful
of days changed my life.
Discomfort, elation, vague sense of nausea, restlessness, idiosyncrasy, light
dizziness and then Vienna, all around, with the glistening of a fallen empire,
like the blur of a revolving carousel. An air of perverse melancholy and morbid symbols from the past drawing an ellipse around me; and again... golden
[6]
eagles, sepia photographs, military stars and swastikas and ribs and sunken
cheekbones and red waters and black pubic hairs and deadly embraces and
anguish of sunless days and the unbearable Greek and Latin teacher.
I put an end to all this with an apotropaic cigarette, sitting on the suburbian concrete that contains the Danube, brown with sediments and sewage.
[…]. Like a punch in the face his Lovers at the Österreichische Galerie stunned and entranced me, and the poster I bought for only a few shillings with
the reverence due to a relic is still with me. I never perceived such a desperate
carnality in the union of frail, heavy bodies and limbs that will never rise
again from the sweaty, crumpled sheets.
They will die on the cold ground in winter; no redemption nor life after the
dark, craved embrace; no tomorrow and a black destiny of absolute end will
be dispensed by that senseless wriggling. She will eat him up and before dawn
she will be ashes, too. But this is afternoon, not night love, and while outside
work ennobles or kills the masses, the absence of tomorrow consumes the lovers
as bodies emptied of flesh in a clash of bones, skin, hair. I do not remember
the power of what I felt when, little more than a teenager, I saw that work
and experienced the suggestions and pulsions. […]. A century ago in Bohemia
Egon painted Krumau […]. To him, to all this I owe a pledge. I want to walk
[7]
those streets, touch those walls, study the floors stacked like beehive cells, the childish perspectives, the black skies and the white ones, the synthetic geometries and the
washing hung out to dry on the jagged banks of a river as black as coal. A hundred years later I want to see again, with my own eyes, and air again that laundry
hung out a century ago. It’s me who starts here and now”. The perfect synthesis of that encounter with Schiele’s painting can be found in a short poem written
the following spring: “I saw Cesky Krumlov (Krumau)./ I saw the dark river. / I saw geometries / Schiele is a realist.”, which condensed the idea of realism that
permeates Nannini’s work and places its subjects, alive and palpitating, in a parallel universe.
The result is a suspended objectivity, still with the stillness that precedes the event and full of the waiting that implies it, obtained with an extraordinary painting
technique. As Alberto Sebastiani duly points out (In attesa che esploda): “Waiting is a key word to understand Nannini, his poetics. It is what makes his painting
unique. Not so much the sign, colour or stroke, but the atmosphere they evoke. […]. In his paintings he always shows the moment we are used to in Hollywood f ilms,
the instant just before a bomb explodes, the fraction of a second, that suspended moment of silence when everything slows down, you hold your breath, the images
run slower and then become blurred, while the characters are already ghosts and nothing will ever be as before.” Nicola Nannini, born in Bologna in 1972, after his
high school classical studies graduated at the Accademia di Belle Arti in Bologna and is currently teaching drawing and f igure drawing at the Scuola di Artigianato
Artistico in Cento, and painting at the Accademia Cignaroli in Verona. His exhibition experience is quite rich, both in Italy and abroad. He was invited in 2011
at the 54th Venice Biennale, Padiglione Italia. He lives and works between Bologna and Vicenza.
Galleria d’Arte Nino Sindoni
Viale Matteotti 44/8, 36012 Asiago ( VI)
www.ninosindoni.com
Associazione Alberto Buffetti
e-mail: [email protected]
PIANURA, INTERNO/ESTERNO | 2011
Olio su tavola // Oil on board
cm 93 x 126
PIANURA, INTERNO/ESTERNO | 2011
Olio su tavola // Oil on board
cm 93 x 126
HOUSE N.10 ( ARCHETIPON.1 ) | 2007
Olio su tavola // Oil on board
cm 120 x 200
[8]
[9]
Luca Bidoli
serie mea malum religioniis, beata concezione | 2013
Acrilico // Acrylic
cm 40 x 50
Contaminazioni
A
Martina Gecchelin
d uno sguardo superficiale, la pittura di Luca Bidoli
(Gorizia 1967) appare come una pittura accattivante, facile, ma superato il primo momento di stupore e sorpresa,
ciò che incanta e rimane impresso è la sua raffinata intensità
comunicativa. Bidoli inquadra le sue scene in maniera radicale
e spiazzante. La patina acida delle sue tele crea un’atmosfera
stranita ed intensa che ci fa scivolare dentro al dipinto, appena sotto la superficie pellicolare della pittura, dove l’immagine
assume l’enigma di una profondità psichica, la complessità di
uno stato di dormiveglia, come se l’artista utilizzasse il doppio
versante dell’osservazione esterna e dello sprofondamento interno: la condizione ideale di intrecciare la vigilanza dello sguardo
esteriore e il torpore di quello interiore. Il risultato porta con sé
la produzione di un’immagine carica di pacatezza e intensità,
familiarità e apparizione.
della forma mentis occidentale che vede effettivamente come
collegati l’oggetto, le piante e il cane in una “relazione di senso”
profondamente legata all’individuo umano. In questo gruppo di
tele, le figure galleggiano su uno sfondo monocromo bordate da
una linea bianca o nera compatta, che le circoscrive, le delimita, ma anche le separa dal fondo immersivo, restituendole come
forme sospese, fluttuanti.
I lavori di Bidoli parlano della sua quotidianità, del suo mondo,
che ruota attorno a persone, animali e cose a lui vicini e cari: i
suoi levrieri, la sua casa, gli amici. Resi riconoscibili nei suo dipinti con il taglio vivo di un’intelligente ironia pop, i colori sono
primari, usati puri, senza sfumature e armonizzati con delicatezza ed eleganza per riflettere sull’antropocentrismo dell’uomo
e sulle relazioni di potere che egli instaura con gli altri esseri
viventi. Attraverso le tre serie sviluppate finora, Straziami ma
di baci saziami, Ascensione del cane al cielo, Everyone will be eaten,
l’artista traccia una riflessione sul genere umano, sottolineando
che l’uomo è inserito nella natura, anche se vi si contrappone.
In ognuna ne approfondisce le sfaccettature, va più a fondo in
una certa intuizione, intrecciando le opere dialetticamente tra di
loro, innescando così un meccanismo di ripetizione e mutamento, uniformità e trasformazione, per cui l’osservatore non ha di
fronte opere singole, ma anelli, fasi di una catena di variazioni.
Una condizione che si radicalizza nel secondo nucleo di opere,
Ascensione del cane al cielo, in cui la figura del levriero diventa
soggetto di studio, quasi una cavia, spesso rappresentata con la
testa tagliata o con il corpo diviso in due parti distinte. Qui ogni
altro elemento scompare per far posto alla figura centrale dell’animale che sembra si stia sollevando da terra, stia salendo verso
l’alto in un’ascensione di matrice cattolica. È una chiara metafora religiosa che riabbraccia e allarga l’orizzonte del discorso
servendosi di una griglia mentale ancora più rigida e strutturata:
quella costituita nel mondo occidentale dal cristianesimo.
Nelle prime due serie, il cane, scelto come simbolo per un rapporto particolarmente stretto con il genere umano, viene utilizzato come elemento chiave su cui l’uomo cerca di esercitare
il suo potere di controllo sugli altri esseri viventi, plasmandoli
e adattandoli alle proprie esigenze. Da qui parte la ricerca di
Bidoli, prende innanzitutto in considerazione l’ambiente domestico, inteso come prolungamento dell’individuo, che racchiude
tutto ciò che riguarda la propria sfera intima, dove ognuno è libero di manifestare la propria volontà in maniera indiscussa. La
sua prima pittura è congegnata per vuoti, nei suoi quadri mette
a confronto poltrone, pantofole, elementi vegetali insieme alla
presenza costante del cane, sempre in primo piano, guidando
in questo modo l’osservatore a subire l’attrazione dell’inespresso: chi guarda di primo acchito è portato ad analizzare la scena
come una situazione razionalmente logica, rassicurante, tipica
In questa costruzione i soggetti sono come estrapolati dal loro
contesto e incollati in uno sfondo indefinito che non è soltanto
palcoscenico del racconto, ma la sua stessa trama. È uno spazio
mentale, sebbene denso di elementi reali, di tracce, di impronte.
È di fatto quella dimensione umana di volontà e potere di cui si
sta discutendo, in cui le figure non sono particolarmente definite
in quanto sostanzialmente considerate prive di identità, stereotipi di un’idea.
serie mea malum religioniis, Giuda | 2013
Acrilico // Acrylic
cm 40 x 50
Un discorso aperto, che trova il suo epilogo nell’ultima serie,
Everyone will be eaten: il cane viene sostituito dall’uomo, o meglio da una creatura antropomorfa dipinta leggera, eterea, come
abbandonata alla forza di gravità e in caduta libera in un vuoto monocromo, per una ritrovata consapevolezza forzata che la
spinge a cadere giù dalle sue posizioni di superiorità rispetto al
mondo animale e, in generale, alla natura. In questa nuova presa
di coscienza la sua testa si trasforma in quella di un animale, di
una preda, per riportarla ridimensionata al suo ruolo all’interno
della catena alimentare. Bidoli evidenzia una problematica senza affrontare apertamente nessuna polemica, piuttosto lascia che
dai suoi dipinti traspaia un linguaggio sottinteso, come avviene
nel romanzo Le Metamorfosi di Kaf ka: un ritorno all’animalità
inteso come processo metamorfico per accedere ad una via d’uscita da una situazione antropica insostenibile, per tracciare una
via di fuga radicale da un universo concentrazionario straumano. I suoi sono quadri che riproducono un’ibridazione di forme
dove, come in Kaf ka, non c’è più né umano né animale. Tutto è
in un unico circuito, tutto è metamorfosi, divenir umano nell’animale e divenir animale nell’umano.
Luca Bidoli
vive e lavora a San Donà di Piave ( VE)
www.lucabidoli.it
[ 10 ]
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a sua immagine lo creo’ maschio e femmina (dittico/ diptych) | 2011
Acrilico // Acrylic
cm 100 x 120
Luca Bidoli
Contaminations
Martina Gecchelin
A
t f irst glance, the work of Luca Bidoli (Gorizia, 1967) appears as captivating, easy painting, but after the initial moments of wonder and surprise, what really enchants us and remains in our
mind is the sophisticated, intense communication. Bidoli frames his scenes in
a radical, baffling way. The acid patina on the canvas creates a dazed and
intense atmosphere that makes us slip into the painting, just under the paint’s
skin, where the image acquires an enigmatic psychic depth and the complexity
of a half-awake state, as if the artist were using the double approach of external observation and interior sinking: the ideal condition to combine the
vigilance of an external eye and the torpor of the internal one. The result is
an image full of peace and intensity, familiarity and fascinating appearance.
Bidoli’s works speak of his everyday life and his world, revolving around
people, animals and things close and dear to him: his greyhounds, his house, his friends. Made recognizable in his paintings by the sharp cut of an
intelligent pop irony, the colours are primary, used pure, with no shading,
harmonised with gentleness and elegance to illustrate the anthropocentrism
of man and the power relations he establishes with other living beings. In the
three series produced so far, Straziami ma di baci saziami, Ascensione del cane
al cielo, Everyone will be eaten, the artist draws a reflection on mankind,
pointing out that man is part of nature, even if he acts against it. In each one
[ 12 ]
of them he explores different facets, delves deeper into a particular intuition,
crossing the works dialectically between them and so triggering a mechanism
of repetition and change, uniformity and transformation, whereby the viewer
is not facing individual works but rings, stages of a whole chain of variations.
In the f irst two series the dog, chosen as symbol of a particularly close relationship with mankind, is representative of the power and control that man
tries to exercise over other living beings, shaping and adapting them to his
needs. Bidoli’s research starts from here, looking f irst at the home environment as an extension of the individual, enclosing his whole domestic sphere,
where everyone is free to manifest his will unchecked. His f irst paintings
revolve around empty spaces, he places armchairs, slippers and houseplants
one in front of the other, together with the constantly present dog, always in
the foreground, and guides the viewer to experience the attraction of the unspoken: at f irst we tend to analyze the scene as a rationally logical situation,
reassuring, in line with the Western mindset that sees the various objects,
the plants and the dog connected in a relation that “makes sense”, as human
beings strongly see it. In this group of paintings the f igures float on a monochrome setting, bordered by a solid white or black line that circumscribes and
demarcates them, but also separates them from the immersive background, representing them as suspended, floating shapes. Here the subjects are somehow
everyone will be eaten | 2010
Acrilico e smalto // Acrylic and enamel
cm 100 x 120
ascensione del cane al cielo | 2009
Acrilico e smalto // Acrylic and enamel
cm 100 x 120
taken out of context and glued onto an indef inite backdrop that is not only
the stage for the story, but its very plot. It is a mental space, although dense
with real elements, traces, imprints. In fact, it is the human dimension of will
and power that we were talking about, in which the f igures are not so well
def ined because they are practically considered devoid of identity, just stereotypes of an idea. This condition is radicalized in the second group of works,
Ascensione del cane al cielo, where the greyhound f igure becomes the subject of
a study, almost a guinea pig, often represented with the head cut off or the body divided into two separate parts. Here any other element disappears, to give
way to the central animal f igure that appears to be lifting from the ground,
going upwards as in a Catholic image of ascension. This is a clear religious
metaphor that embraces and expands the issue’s horizon, using an even more
rigid and structured mental grid: that of the Christian faith in the Western
world. An open issue, f inding its epilogue in the last series, Everyone will be
eaten: the dog is replaced by a man, or rather an anthropomorphic creature,
painted as light and ethereal, almost abandoned to the force of gravity and in
free fall through a monochrome void, with a newly found awareness forced
upon him that makes him fall down from its position of superiority over the
animal world and in general over nature. In this newfound awareness the
man’s head becomes that of an animal, a prey, as if reappraised, brought down
to its role within the food chain. Bidoli points out the problem without openly
addressing a controversy, but rather allows unspoken words/ideas to transpire
from his paintings, as in Kafka’s The Metamorphosis: a return to animality,
seen as a metamorphic process to access the way out from an untenable anthropic situation, to show a radical escape from an over-human, overcrowded universe. His paintings reproduce a hybridization of forms where, as in
Kafka, there is no human, no animal any more. Everything is part of a single
circuit, everything is metamorphosis, human becoming animal and animal
becoming human.
straziami ma di baci saziami | 2008
Acrilico e smalto // Acrylic and enamel
cm 40 x 50
Luc a Bidoli
lives and works in San Donà di Piave ( VE)
www.lucabidoli.it
[ 13 ]
MAX SOLINAS
La Natura sono io
Ta z i o C i r r i
Q
uando si inizia a scandagliare più approfonditamente un artista, oltre ad osservare i suoi lavori è assai importante lasciare
che egli parli di sé, delle sue relazioni con il mondo, umano e animale, con il tempo, con le materie che ama usare per
creare. Non sempre questi elementi traspaiono immediatamente dalle opere; talvolta la scelta di un medium espressivo giunge dopo una
grande e sofferta ricerca, in altri casi è un amore a prima vista, esclusivo e per sempre. Specie nell’ambito dell’arte contemporanea dove
praticamente ogni possibile materiale può diventare un supporto o un linguaggio esso stesso, direttamente lavorato o meccanicamente
prodotto, prototipo da portare in officina o matrice da riprodurre in serie.
Nel caso di Max Solinas questa indagine biografica è particolarmente necessaria: dai suoi libri, “In Silenzio tra gli Alberi” e “L’Ordine
della Lupa”, dalle interviste e persino dalla sezione “home” del suo sito internet, promana il fondamentale che fornisce linfa vitale alla
sua arte, la Natura.
Certamente agiscono come importanti catalizzato anche la curiosità e l’incontro con un maestro, l’abilità manuale innata, coltivata
dentro e fuori dall’Accademia, l’esperienza non solo di vita ma anche della storia dell’arte in generale e della scultura in particolare.
Tuttavia l’elemento più prezioso. tenacemente cercato, perseguito e gelosamente difeso è il contatto con quanto di incontaminato può
Interno dello studio // Inside the studio
offrire il mondo Naturale, anche semplice nella sua magnificenza come quello del territorio collinare trevigiano, dove l’artista
vive da otto anni, di Cison di Valmarino (TV), che peraltro fa
parte del club dei Borghi più belli d'Italia, collocato com’è ai
piedi delle Dolomiti, alla fine della Valsana, la vallata che da
Vittorio Veneto arriva a Follina seguendo il corso del Soligo.
Spiegare il fascino di questi luoghi per Solinas è facile come
tirar fuori dai legni del bosco le sculture femminili che vi sono
racchiuse, rannicchiate o sedute, oppure allungate seguendo le
venature di un tronco. Come racconta in una intervista Emanuela Da Ros, la scultura, la Natura e la donna costituiscono per
lui una triade inscindibile.
Alla domanda sul perché sia diventato scultore, Solinas risponde “Perché, dopo una giovinezza che mi ha visto correre senza
sapere dove stando andando, ho capito che la scultura per me
sarebbe stata lavoro e libertà. Devo alla scultura la libertà di
fare quello che voglio. La scultura è il mio stile di vita, non
una professione. E’ la scultura a organizzare le mie giornate:
almeno una volta al giorno vado nel bosco, a cercare la Natura,
il suo respiro, il legno. Poi scolpisco. Una scultura all’inizio è
un albero perfetto. Poi prende vita e forma. Quando ho finito
un manufatto lo faccio entrare in casa. Lo tengo qui con me per
farlo respirare, finché non si finisce da solo.”
La giornalista lo incalza: Il soggetto privilegiato delle tue sculture è la donna. Il motivo? “La figura femminile è un richiamo,
il richiamo della Terra, della Natura. Alla figura femminile puoi
dedicare tempo ed emozioni continue. E’ l’essenza stessa della
scultura: bastano due linee, un pieno e un vuoto e crei una donna. La donna è un mare in burrasca che poi improvvisamente
diventa una superficie calma, piatta, da lambire. L’uomo a volte
è un’onda da mal di mare. Io devo tutto alle donne. Anche ai
calci in culo che mi hanno dato… e, d’altra parte, le carezze
servono a poco.”
Magari dipende e non per tutti è così, ma il portato di gratitudine dovuto da Max Solinas alle donne, quando anche elargitrici di calci, ha ottenuto nella sua scultura effetti strepitosi.
Essenziali e riconoscibili da poche caratteristiche, le figure di
legno ricordano talvolta le “veneri” steatopigiche della preistoria, talaltra invece riecheggiano le celebri figure di origine
etrusca, come gli aruspici dai corpi “a lama” del Museo di Villa
Giulia a Roma, scoperti da Alberto Giacometti durante un suo
viaggio in Italia e a lungo oggetto della sua riflessione.
Immote o con leggere torsioni queste donne di Solinas sembrano condividere col legno in cui si annidavano e che era la loro
casa, il linearismo verticale delle fibre del durame e dell’alburno
composto già all’interno dell’albero. Alcune figure femminili
sono forse anche ancestralmente coerenti allo spirito creativo
dell’artista; esse infatti sembrano dialogare con i bronzetti nuragici che segnano un legame con il territorio sardo da cui la
famiglia d’origine di Solinas proviene, sebbene egli sia nato a
Venezia nel 1963. Come dire che lui appartiene un po’ a tutti questi luoghi, intimamente. Così come intimamente parla al
pubblico attraverso le sue sculture che vengono dal bosco.
Ma x Solinas
vive a lavora a a Cison di Valmarino (TV )
www.maxsolinas.com
[ 14 ]
Modella in Attesa | 2013
Legno di Cirmolo bruciato e ferro ossidato // Cirmolo’s burned wood and oxidized iron
cm 200 x 30 x 30
[ 15 ]
Riposo | 2014
Bronzo // Bronze
cm 40 x 20 x 20/
sight, exclusive and forever. Especially in modern art, where practically every
possible material can become a support or medium for expression, manually or
mechanically produced, a prototype to take to the workshop or a template for
serial reproduction. This biographical investigation is particularly necessary
in Max Solinas case: from his books “In Silenzio tra gli Alberi” (In Silence
among the Trees) and “L’Ordine della Lupa” (The Order of the She-Wolf ),
from the interviews and even from the “home” section of his website emanates
the fundamental element that provides vital lymph to his art, Nature itself.
Certainly other major catalysts are curiosity and the meeting with a master,
some inborn manual skills cultivated in and out of the academic world, the
experience of life but also of the history of art in general and sculpture in
particular. However, the most precious element of all, doggedly sought and
pursued, and jealously defended, is the encounter with an uncontaminated
Natural world, even simple in its magnif icence as the hills of the Treviso area
where the artist has been living for eight years, at the foot of the Dolomites in
Cison di Valmarino, one of the Most Beautiful Villages in Italy, at the end of
the Valsana, the valley that goes from Vittorio Veneto to Follina following the
course of the Soligo river. Explaining the charm of these places is for Solinas
as easy as extracting from the trees of local woods the female sculptures that
were contained in them, curled up or sitting, or even stretching along the
trunk veins. As Emanuela Da Ros says in an interview, sculpture, Nature
and woman are to him an indissoluble triad.
MAX SOLINAS
Nature it’s me
W
Ta z i o C i r r i
hen we start exploring an artist more in depth, it is important that we don’t look only at his work but also let him talk about himself, his
relationship with the world, human and animal, with time, with the materials he likes to use in order to create. All of this does not always
transpire immediately from the work; sometimes the choice of a particular expressive medium comes after a long and painful search, in other cases it is love at f irst
Asked why he became a sculptor, Solinas replies “Because, after a youth that
saw me running without knowing where I was going, I realized that sculpture would be both work and freedom for me. I owe to sculpture the freedom
of doing what I want. Sculpture is my way of life, not a profession. It is sculpture that organizes my days: at least once a day I go into the woods to look
for Nature, its breath, and wood. Then I sculpt. A sculpture at the beginning
is just wood. Then it acquires life and shape. When a piece is nearly f inished
I take it into my home. I keep it here with me to let it breathe, until it f inishes itself.” The journalist insists: “Women are the preferred subject of your
sculptures. Why? “The female f igure is a call, the call of the Earth, of Nature.
To the female f igure you can devote endless time and emotions. It is the very
essence of sculpture: you only need two lines, one full and one empty space and
you create a woman. Woman is a stormy sea that suddenly becomes a calm,
flat surface to caress from afar. Man is just a wave that gives you seasickness.
I owe everything to women. Even to the kicks in the ass they gave me … and,
in any case, caresses are of little use.”
Nudo | 2012
Legno di Olmo e Ottone ossidato // Elm Wood and Brass Oxidized
cm 170 x 25 x 25
Perhaps that depends and it’s not the same for everybody, but the amount
of gratitude that Max Solinas owes to women, even when dispensers of kicks,
has produced sensational effects on his sculptures. Essential and recognizable
from just a few features, the wooden f igures remind us at times of some steatopygic prehistoric “Venuses”, some other times of famous Etruscan f igures
like the haruspices with blade like bodies of Museo di Villa Giulia in Rome,
discovered by Alberto Giacometti during a journey in Italy and for a long
time the object of his thoughts.
Motionless or with some slight twists, Solinas women seem to share with the
trees they had been hiding in, and used to be their home, the vertical linearity
of heartwood and sapwood as they were originally found inside the tree. Some
female f igures may also be linked to the artist’s creative spirit; they appear
to engage in conversation with the nuragic bronze statuettes that indicate a
bond with Sardinia, where the Solinas family originally came from, although
he was born in Venice in 1963. We might say that he belongs a little to all
these places, in his heart. Just as he speaks from his heart to the public with his
sculptures that come from the woods.
Nudo Torto | 2013
Marmo Statuario di Carrara // Statuary Marble of Carrara
cm 35 x 20 x 15
[ 16 ]
Ma x Solinas
lives and works in Cison di Valmarino ( TV )
www.maxsolinas.com
Nudo Disteso | 2014
Marmo Reale // Royal marble
cm 50 x 35 x 30
[ 17 ]
LUCIANO VIGHY
Un mondo di storie
G i ova n n a G r o s s at o
L
uciano Vighy è uno di quegli autori prolifici e piuttosto riservati ai quali è difficile non solo chiedere un
rendiconto dei successi ma persino entrare nel merito della sua
opera. L’argomento verrà derubricato come “poco importante” e
i protagonisti delle sue storie liquidati come “pupazzi”.
In realtà le figure che popolano le illustrazioni di Vighy sono
svelte e salaci, a volte intente in attività teoriche, più spesso impegnate ad interagire tra di loro, amoreggiando o filosofeggiando, ridendo, piangendo o abbandonandosi a tranquille follie.
Esse somigliano un po’ al loro Autore per quell’aria spesso svagata e per una certa propensione ad astrarsi dalla realtà. Vivono
in dimensioni ambientali molto spesso poco definite, quasi iperuraniche e assumono comportamenti bizzarri con una poetica
allure che tranquillamente fa trascolorare situazioni quotidiane e
comuni in acute metafore o sognanti traslitterazioni pittoriche.
Il “volo” è ovviamente una condizione ideale per dare modo
agli attori di appropriarsi, oltre a quella terrestre, anche dell’ambientazione aerea in cui la forza di gravità diventa irrilevante
ipotesi della fisica, tutta da dimostrare e, quand’anche comprovata, non necessariamente utile allo svolgimento delle azioni.
Nella serie Volare, oh oh, realizzata nel 2013, Vighy prende
spunto da una famosa canzone di Domenico Modugno per dare
libera espressione ad una serie di situazioni che subito si sganciano dal pretesto musicale per vivere autonomamente e con
straordinaria vivacità le loro storie.
Donne, uomini, giovani, anziani, con diverse caratteristiche
fisiche e abbigliamenti fuori dal tempo, fluttuano e si parlano,
intrecciando dialoghi e rapporti amorosi dai quali chi guarda si
sente escluso. Non resta che stare a scrutare, un po’ curiosi, un
po’ ammirati, un po’ voyeur, al di là del vetro (che nella fattispecie è un ovale astratto, tipico di molti altri lavori e in cui Vighy
inserisce le storie), cercando di capire che accade.
Le fisionomie, che esprimono una quasi inesauribile gamma di
espressioni e caratteri, sono minimali eppure complete in virtù
di un disegno lieve perfettamente integrato ai colori ad acquerello. Riflettere fuori da paradigmi convenzionali porta Vighy
ad approcci assai personali anche con il mondo letterario. Una
delle caratteristiche costanti della sua pittura è riuscire ad interpretare con una centratura folgorante stati d’animo, atmosfere, situazioni, fisionomie e anche il mondo animale, frutto
della fantasia di poeti e scrittori. Portare alla luce pittoricamente
immagini della parola scritta è stato l’obiettivo di numerosi suoi
lavori, come la serie dei 22 disegni acquerellati e la copertina degli scoppiettanti racconti retrò di Mariano Castello raccolti nel
volume Te Dao (2013), di cui Vighy dimostra di saper cogliere
con vigorosa icasticità la consistenza letteraria.
voli seduttivi | 2013
Acquerello // Watercolor
Attraverso pennellate minime e leggere, sostenute da un disegno sintetico ed estremamente preciso prende vita un mondo
che si nutre di ritagli di realtà. Un mondo costituito dagli aspetti
della vita più grotteschi, esagerati, ridevoli, surreali, ironici ma
anche poetici e compassionevoli, ricchi di una “simpatia” sorridente, libera da ogni monotonia e banalità.
La scrittura pittorica, vera e propria narrazione letteraria (in
cui, infatti sono spesso presenti brevi notazioni o i titoli, scritti a mano) diventa strumento ideale per l’illustrazione di molti
testi sia poetici, sia in prosa. Particolarmente felici le immagini
per una Bibbia, le serie di acquerelli per Pinocchio o quelli de Il
risveglio dei Nani (2003-2011), che traggono spunto dalle sculture che ornano il muro di cinta della famosa Villa Valmarana a
Vicenza, o a corredo del poema di Roberto Piumini Il portatore
di baci (2011) o, ancora, quella dei Versi Rubati (2012) che accompagna strofe di poeti contemporanei.
Luciano Vighy è nato nel gennaio del 1932 a Vicenza, dove è
sempre vissuto. Laureato in Lettere a Padova con una tesi di storia dell’arte, ha praticato parecchie tecniche artistiche: grafica,
pittura, incisione su vetro, scultura in porcellana. Attualmente
si dedica in particolare all’acquerello. Attestazioni di stima e
apprezzamenti gli sono giunti non solo da critici d’arte ma anche
dal mondo letterario: Giovanni Comisso, Goffredo Parise, Fernando Bandini, Virgilio Scapin nella cui galleria/libreria Vighy
ha presentato diverse mostre.
Pulcinella volanti | 2013
Acquerello // Watercolor
Altre esposizioni a Vicenza si sono tenute presso la Biblioteca
internazionale “La Vigna” e allo spazio “Galla Caffè”.
Luciano Vighy
vive a lavora a Vicenza
il volo dei profeti | 2013
Acquerello // Watercolor
[ 18 ]
[ 19 ]
LUCIANO VIGHY
A world of stories
G i ova n n a G r o s s at o
L
uciano Vighy is one of those prolif ic but rather reserved authors
whom you can hardly ask for a list of accomplishments, or even
to enter into the merit of his work. The matter would be looked down as
“little important” and the protagonists of his stories dismissed as “puppets”.
The f igures that populate Vighy’s illustrations are actually quick and witty,
sometimes intent in theoretical activities, more often busy interacting with
each other, flirting or philosophizing, laughing, crying or indulging in some quiet madness. They look a little like their author, with an often distant
expression and a certain tendency to cut themselves off from reality. They live
in environmental dimensions that are often not well def ined, almost sidereal,
and take on bizarre behaviours with a poetic allure that quietly discolours
everyday situations into acute metaphors or dreamy pictorial transliterations.
The “flight” is obviously an ideal condition, allowing the characters to occupy
not just the terrestrial environment, but also the aerial one, where the force of
gravity becomes an irrelevant physics assumption, all to be proven and, even
when proven, not necessarily useful for any action.
In the series Volare, oh oh, made in 2013, Vighy was inspired by the famous
Domenico Modugno’s song to give free expression to situations that immediately break loose from the musical pretext to live their stories autonomously and
with extraordinary vivacity. Women, men, young and elderly, with different
physical characteristics and timeless clothes, float and talk, starting conversations and amorous relationships from which onlookers feel excluded. All we
can do is watch, a bit curious, a bit in admiration, a bit voyeur, through
the glass (which here is an abstract oval, typical of many of Vighy’s works,
in which he inserts his stories), trying to understand what is going on. The faces, expressing a
nearly inexhaustible range of expressions and
characters, are minimal and yet accomplished,
thanks to a light drawing perfectly integrated
with the watercolours.
By thinking outside conventional paradigms
Vighy also manages to have some rather personal approaches to the literary world. One of the
constant characteristics of his paintings is that he
is able to interpret, and get brilliantly right, the
moods, atmospheres, situations, faces and even
animals produced by the imagination of poets
and writers. Bringing to light pictorial images
of the written word has been the objective of
many of his works, as in the series of 22 watercolour drawings and cover of the sparkling retro
tales by Mariano Castello, collected in the book
Te Dao (2013), where Vighy is able to grasp
the literary consistency with vigorous graphics.
Through minimal, light brushstrokes, supported
by an essential and extremely precise drawing, a
whole world comes to life, feeding on fragments
of reality. A world made up of the most grotesque, exaggerated, laughable, surreal, ironic but
also poetic and compassionate aspects of life, full
of a smiling “niceness” free from monotony and
banality.
This pictorial writing, a true literary narration (where we often f ind brief annotations or
titles written by hand) becomes the ideal instrument to illustrate many texts, both in poetry and
prose. Particularly f itting are the images for a
Bible, the series of watercolours for Pinocchio
or those of Il risveglio dei Nani (2003-2011),
which draw inspiration from the sculptures
adorning the wall of the famous Villa Valmarana in Vicenza, or those complementing the poem
by Roberto Piumini Il portatore di baci (2011)
or the Versi Rubati ones (2012), accompanying
verses by contemporary poets. Luciano Vighy
was born in January 1932 in Vicenza, where
he has always lived. He graduated in arts and
literature at Padua University with a thesis on
history of art, and practiced several visual arts
techniques: graphics, painting, glass engraving,
porcelain sculpture. He is currently devoting
himself in particular to watercolour painting.
He received appreciation and praise not only
from critics in the arts but also literary world:
Giovanni Comisso, Goffredo Parise, Fernando
Bandini and Virgilio Scapin, whose gallery/bookshop has hosted several exhibitions by Vighy.
Other exhibitions in Vicenza were held at the
International Library “La Vigna” and in the
“Galla Caff è” space.
Il sogno di Giacobbe | 2013
Acquerello // Watercolor
il ratto delle ragazze alate | 2013
Acquerello // Watercolor
Luciano Vighy
lives and works in Vicenza
alcuni pensano di volare, altri già volano | 2013
Acquerello // Watercolor
[ 20 ]
[ 21 ]
Paolo Polloniato
Una lettura critica diviene sostanziale per trovare nuove vie
che portino all’evoluzione; in questo l’ironia e il gioco, messi in
campo da Polloniato, sono compagni della rielaborazione.
Egli utilizza gli stampi delle varie manifatture storiche per rivisitare in modo eclettico la ceramica: partendo dalle “forme”
sette e ottocentesche, consolidate nell’estetica, interviene in
modo assolutamente nuovo rompendone e scardinandone stile
e conformazione. Inizialmente sostituisce le tradizionali pitture
di genere o capricci settecenteschi con delle “vedute” contemporanee rigorosamente in scala di grigi.
R ivisitazioni
P
Erik a Ferret to
aolo Polloniato proviene da una famiglia di maestri
ceramisti e da uno dei centri italiani più importanti
in questo settore: Nove. Come tutto ciò abbia segnato il suo
percorso è evidente soprattutto dal 2008 quando la ceramica è
diventata il centro della sua ricerca. La produzione poliedrica
di Polloniato – fino ad allora proiettato sulla pittura, le installazioni, la fotografia - si focalizza, trova le sue radici, in questa
Capriccio contemporaneo e Vaso trionfo sono da esempio all’inconsueto e spiazzante sposalizio: nelle ridondanti forme della
manifattura d’epoca - tutta avviluppi di linee curve, putti ed
elementi fitomorfi, realizzati con una ceramica smaltata di un
lucente bianco latte – introduce in modo discreto la sua sottile
visione dell’odierno paesaggio della città diffusa, di veneta produzione, e delle metropoli fatte di capannoni, gru, e grattacieli,
soggetti esclusivi dei nuovi panorami di cemento.
tecnica che lo porta a confrontarsi con una storia importante e
ingombrante al tempo stesso. L’osservatorio privilegiato dell’artista, svincolato dagli obblighi di mestiere, gli permette di avere
uno sguardo aperto sul presente e sul passato: da una parte non
è possibile cancellare il nobile passato, dall’altra è altrettanto
essenziale non celebrarlo senza cercare di rintracciare uno sviluppo contemporaneo alla sua storia.
Il contrasto tra il bianco pulito e ovattante delle forme baroccheggianti e i grigi con i quali Polloniato descrive lo spazio della contemporaneità è stridente. In seguito agisce direttamente
sulle forme generando un vero mutamento, egli infatti, assimila
e ricompone a suo piacimento elementi derivanti da manufatti
storici diversi per creare inaspettate metamorfosi.
MUTOIDE | 2013
Porcellana biscuit a colaggio // Biscuit porcelain in casting
cm 28 x 32 x 45
L’oggetto perde la sua funzione e diviene “prodotto” artistico
seguendo un nuovo pensiero, lontano dalla concezione artigianale del fare e dal gusto comune. La produzione artistica ha, infatti, la prerogativa di imporsi sulla serialità per la sua natura di
oggetto non oggetto che non necessita di un carattere di utilità
transitorio e deperibile. Il vaso diventa un non vaso che non serve a contenere alcun liquido, é un gioco di forme incastrate l’una
nell’altra in costante bilico fisico - spesso é adagiato orizzontalmente a terra o retto da fragili gambette di putto - ed estetico
perché in precario equilibrio tra eccesso e bilanciamento.
Con la stessa ironica contaminazione l’elegante testa femminile di canoviana fattura, Hodierna, viene dotata di maschera
a gas (anche la maschera é un interessante riutilizzo, con altro
fine, di una ciotola deformata ad hoc), essenziale attributo per
poter respirare aria pulita in un mondo sempre più inquinato,
e orecchie da cyborg ad indicare quanto l’era moderna ci renda
tutti, o cerchi di farlo, perfette macchine sempre meno umane.
Di fondo il sarcasmo, la sottile ironia, la contaminazione degli
stili, hanno un sapore dolce-amaro, un carattere di vaga tristezza acuito proprio dalla scelta del mezzo, estremamente tradizionale, della ceramica che quasi cela nel suo bianco lucido il
messaggio dell’artista.
TOTEM | 2012
Terra bianca con smalti colorati, decalcomanie e oro a terzo fuoco // White dirt with
colored enamels, decals and gold at third fire
cm 22 x 22 x 66
Nell’era moderna dove di fatto esiste tutto e il contrario di
tutto, e nemmeno in arte è presente un’idea univoca di gusto,
l’eclettismo di Polloniato si mostra come provocazione al tempo della soggettività: come scrive Joseph Campbell “è il cuore
dell’uomo e della donna il luogo creativo del mito moderno, il
centro focale dello sguardo divino.” L’estetica oggi corrisponde
in modo crudo e netto con quello che si vede e la vista diviene il
principale tra i sensi.
PAOLO POLLONIATO
METAMORFOSI OBBLIGATA | 2011
Terra bianca a colaggio e smalto bianco // White dirt in casting and white enamel
cm 45 x 19 x 37
[ 22 ]
vive a lavora a Nove ( VI)
e-mail: [email protected]
www.polpolloniato.com
[ 23 ]
or 18th century capricci with some contemporary "views", strictly on a scale
of greys. Capriccio contemporaneo and Vaso trionfo are an example of such
an unusual and disconcerting marriage: in the redundant forms of period
manufacturing – with their twining lines, putti and phytomorphic elements
- made of shiny, milk white glazed ceramic – he introduces in a discreet way
his subtle vision of today’s urban sprawl as seen in the Venice area, and of
metropolises made up of industrial sheds, cranes and skyscrapers, exclusive
subjects of new concrete landscapes.
interlocked forms in a constantly unstable equilibrium, both physical – it often
lays horizontally on the floor or is supported by a putto’s fragile legs – and
aesthetic, precariously poised between excess and balance. With the same ironic contamination the elegant woman’s head in Canova’s style, Hodierna, is
equipped with a gas mask (the mask is also an interesting reuse, for a different
purpose, of a bowl deformed ad hoc), an essential accessory to breath clean air
in an increasingly polluted world, and cyborg ears, to show how the modern
age makes us all, or tries to, perfect machines that are less and less human.
The contrast between the clean and muffling white of baroquesque forms
and the greys used to describe space in contemporary times is strident. Later he will act directly on forms to produce a real change, assimilating and
reassembling at will different elements from various historical artifacts to
create unexpected metamorphoses. The object loses its function and becomes
an artistic "product" that follows a new way of thinking, away from the artisanal notion of making things and from common taste. Artistic production
has indeed the peculiarity of imposing itself on seriality due to its nature of
object-non object that does not need a temporary and perishable character of
use. The vase becomes a non-vase, not used to contain any liquid, a play of
Deep down, the sarcasm, the subtle irony and the contamination of styles
have a bitter-sweet taste, a vague sadness sharpened precisely by the choice
of ceramics, an extremely traditional medium that almost hides in its shiny
white the artist’s message.
In our times, when there is everything and the opposite of everything, and
not even art provides a unique idea of taste, Polloniato’s eclectism appears
to be a provocation in a time of subjectivity: as Joseph Campbell writes “the
heart of women and men is the creative place of modern myths, the focal point
of God’s eyes.” Aesthetics today correspond in a crude and sharp way to what
we see, and sight becomes the most important of senses.
paolo polloniato
lives and works in Nove ( VI)
e-mail: [email protected]
www.polpolloniato.com
HODIERNA | 2012
Terra bianca a colaggio e smalto bianco opaco // White dirt in casting and white matt enamel
cm 49 x 29 x 49
Paolo Polloniato
Revisitations
Erik a Ferret to
P
aolo Polloniato comes from a family of master ceramists and a most important Italian town in the ceramics sector: Nove. It is clear how all of that
influenced his artistic journey especially from 2008, when ceramics became the center of his research. Polloniato’s multifaceted production – until then
oriented toward painting, installations and photography – suddenly focuses, f inds its roots in a technique that brings him to confront an important and together
cumbersome history. The artist’s privileged observatory, free from the restrictions of trade, allows him to cast an open eye on the present and the past: you cannot
cancel a noble past, but it is just as important to celebrate it without trying to f ind a development contemporary with its history. A critical reading becomes essential
in order to f ind new routes to evolution; the irony and playing displayed by Polloniato in this endeavour go hand in hand with the re-elaboration.
He uses the moulds of various historical manufacturers to revisit ceramics in an eclectic way: starting from 18th and 19th century shapes, consolidated in the
history of aesthetics, he intervenes in an utterly new way, breaking and disrupting style and conformation. Initially he replaces the traditional genre paintings
[ 24 ]
SPECTRUS | 2013
Decoro su maiolica // Decoration on majolica
cm 110 x 32 x 148
CAPRICCIO CONTEMPORANEO | 2008
Ceramica con decoro da modello originale // Ceramic with decor from the original model
cm 33 x18 x 27
[ 25 ]
Epicentro| 2013
Terracotta e ferro // Clay and iron
cm 140 x 140 x 10
Fotografia di // Photos by Massimiliano Monnecchi
dei materiali e sui rapporti che li regolano spingendoli fino al
limite estremo della mobilità, attitudine non propria in quelli
storicamente impiegati dalla scultura. La scultura si è da sempre
misurata con il bisogno di rappresentare il movimento; attraverso l’uso dei materiali provo a metterlo in atto, progetto sculture
che superano la staticità e cerco, nel rapporto con il tempo, la
permeabilità e il dialogo tra i linguaggi e altri ambiti di ricerca.
Il mio lavoro sai bene che, negli anni, è andato avanti seguendo uno sviluppo concentrico che va allargandosi e comprende
sempre qualcosa di nuovo nel rispetto della coerenza della mia
visione originaria.”E dunque l’indagine sulla forza dinamica che
scaturisce dal confronto dei materiali, oltre ad attuare la vocazione tradizionale della scultura, quella cioè di rappresentare il
movimento, dà corso all’elaborazione di diverse soluzioni linguistiche. Ciascuna materia possiede un suo proprio potenziale espressivo, in parte legato all’uso che tradizionalmente l’arte
(e l’artigianato) ne fa: legno, terracotta, ferro e anche la stoffa
propongono nelle sculture di Gianfreda il proprio vissuto, oltre
che le intrinseche qualità organiche. In Non ti scordar di me, ad
esempio, il tessuto prezioso è, come altri utilizzati dallo scultore, un tessuto d’arredamento tipico del territorio. Viene realizzato nei setifici della zona in cui l’artista è nato (nel 1981) e dove
ancor oggi vive e lavora, Desio nella provincia di Monza-Brianza. Stoffe che – come lui stesso afferma – possiedono la capacità
di “avvicinare” in ragione dell’appartenenza ad una quotidianità
fruita, oltre che per una loro indiscutibile qualità estetica e una
“propria capacità strutturale inattesa”.
L’argomento vale per tutti i materiali usati da Gianfreda in
quanto ciascuno corrisponde a diverse fasi di indagine artistica,
senza priorità gerarchiche, e sono tutti ugualmente interessanti
e ricchi di suggestioni, di suggerimenti formali. La loro natura è
in grado sia di mettere in scena le “catastrofi” del presente, sia di
far scaturire da tali cambiamenti radicali e drammatici un’energia ricostruttiva e rigenerativa. Come per la tragedia greca, la
catastrofe è l'ultima delle parti di cui è composta la trama scenica: è l’evento conclusivo delle peripezie dei personaggi. Scioglie
i nodi, i conflitti e gli equivoci, a volte con la rivelazione di un
fatto ignoto agli stessi protagonisti e al pubblico, e determina,
con la catarsi, la possibilità di una rinascita.
“E lucevan le stelle”
A lberto Gianfreda riedita il cielo
L
G i ova n n a G r o s s at o
e stelle di Alberto Gianfreda non sono i lontani, improvvisi sciami meteorici che ogni anno nella notte di S. Lorenzo accendono il cielo di lampi silenziosi. Sono sculture in terracotta spesse e incatenate, trascinate sulla terra. Sono crollati qui e adesso
i campi celesti rappresenta tutta la consistenza e la pesantezza di ciò che letteratura e arte ci hanno abituato a percepire come l’essenza
stessa della leggerezza, della pura luce. L’opera evidenzia, in sostanza, la discrasia profonda che può esistere tra visioni diverse di una
medesima la realtà. Un concetto fondamentale che si traduce nell’opera di Gianfreda in sculture dove l’artista obbliga materiali diversi
ad una stretta convivenza e in cui l’efficacia dell’operazione consiste in gran misura nella tensione che questi abbinamenti provocano.
Certo il risultato estetico non è estraneo ad eventi quali Ospiti sospesi, Epicentro, Dove cade la montagna, ma ne è in qualche modo una
conseguenza e un portato, piuttosto che un obiettivo primario. L’interesse per i materiali e per le loro ibridazioni rimane, dunque, uno
specifico della ricerca di Gianfreda che ama mettere a confronto consistenze, densità, pesi, colori, nature molto diverse tra loro, spesso indissolubilmente unite in una sfida perenne in cui però trova spazio – deve trovare spazio - una composizione pacifica. Nel corso
di un’intervista a Matteo Galbiati è lo stesso artista a dar conto del suo modus operandi e delle sue scelte: “Lavoro sulle possibilità
[ 26 ]
Dove cadono le stelle | 2014
Terracotta, ferro e marmo // Clay, iron and marble
cm 120 x 120 x 50 | Dimensioni variabili // Variable sizes
Fotografia di // Photos by Massimiliano Monnecchi
Qui entra in gioco la completezza dell’operazione artistica: legno ferro terracotta stoffa, tutti utili e necessari, comprimari,
efficaci, sorprendenti del dare al climax poetico una soluzione,
la soluzione. L’opera offre la sua proposta per il futuro, dove
le stelle non si chiameranno più Leonidi, Geminidi, Perseidi o
Quadrantidi. Più importante, ora, sapere Dove cadono le stelle e
magari indagare negli studi su carta, i progetti per le sculture, la
prima idea della loro genesi.
Dopo il diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera, la specializzazione in Arti e Antropologia del Sacro, Gianfreda completa la sua formazione al TAM (trattamento artistico
metalli) e, dal 2005, collabora con l’Accademia di Brera presso
cui è attualmente docente. Partecipa a numerose collettive tra
cui Biennale di Scultura della Regione Piemonte, Realpresence
8 al Castello di Rivoli e vince il premio internazionale Open 13
di Venezia che lo fa accedere ad ArteLaguna. Tra le opere pubbliche la scultura-braciere per il Duomo di Monza e quella nella
collezione pubblica del Museo Internazionale della Ceramica di
Faenza.
Alberto Gianfreda
vive a lavora a Desio (MB)
www.albertogianfreda.com
Earthquake montagna | 2014
Marmo di Carrara e alluminio // Carrara marble and aluminum
cm 120 x 40 x 40 | Dimensioni variabili // Variable sizes
Fotografia archivio personale // Personal photo archive
[ 27 ]
“E lucevan le stelle”
Alberto Gianfreda re-edits the sky
G i ova n n a G r o s s at o
A
lberto Gianfreda’s stars are not the far away, sudden meteor
showers that every year on San Lorenzo’s night lit up the
sky with their silent bursts. They are terracotta sculptures, thick and chained,
dragged down to earth. Sono crollati qui e adesso i campi celesti shows all
the thickness and heaviness of what literature and art have accustomed us to
perceive as the very essence of lightness and pure light.
The interest for materials and their hybridizations remains a special element in the research of Gianfreda, who likes to put together consistencies,
densities, weights, colours and natures very different from each other, often
inextricably mixed, in a perennial challenge where there is however room –
there must be room – for a peaceful composition. In an interview with Matteo
Galbiati the artist himself described the way he works, and his choices: “I
work on the possibilities of materials and the relations that govern them, pushing them to the extreme limit of mobility, an approach that is not properly
one of those historically used in sculpture.
Thus the exploration of the dynamic force that emanates from the mixing
of materials, as well as obeying the traditional vocation of sculpture - to represent movement – elaborates and investigates different language solutions.
Each type of material has its own expressive potential, partly due to the use
that is traditionally made of it by art (and crafts): wood, terracotta, iron and
also fabrics propose in Gianfreda’s sculptures their own character and their
intrinsic organic qualities. In Non ti scordar di me, for example, the precious
fabric, like others used by the sculptor, is a furnishing fabric typical of the
territory. It is produced in silk mills of the area where the artist was born (in
1981) and where he still lives and works to this day, Desio in the province
of Monza-Brianza. These fabrics - as he himself puts it - manage to appeal
thanks to their belonging to everyday life, their undeniable aesthetic quality
and an “unexpected structural capacity”.
The argument applies to all materials used by Gianfreda, because each one of
them corresponds to a different phase of his artistic research, with no hierarchical priorities, all being equally interesting and full of proposals and formal
suggestions. Their nature can both stage the “catastrophe” of the present and
give rise from such radical and dramatic changes to a reconstructive and regenerating energy. In Greek tragedy, the catastrophe is the f inal part of the
drama on stage, the closing event of the characters’ adventures. It dissolves the
knots, the conflicts and the misunderstandings, sometimes with the revelation
[ 28 ]
Here comes into play the completeness of the artistic operation: wood iron
terracotta fabric, all useful and necessary, equally valuable, effective and surprising in giving a solution, the solution, to the poetic climax. Gianfreda’s
work offers its own proposal for the future, when stars will no longer be called
Leonids, Geminids, Perseids or Quadrantids. What is more important now is
to know “Where the Stars Fall” (Dove cadono le stelle) and perhaps explore
in studies on paper and on the sculptures blueprints the f irst idea of their
genesis. After his sculpture diploma at the Accademia di Belle Arti in Brera
and his specialization in Arts and Anthropology of the Sacred, Gianfreda
completed his education at TAM (Trattamento Artistico dei Metalli) and has
been collaborating since 2005 with the Brera Accademia where he is currently
teaching.
He participated in many collective exhibitions, including the Sculpture Biennale of the Piedmont Region, Realpresence 8 at Rivoli Castle, and
won the international competition Open 13 in Venice, which then led him
to ArteLaguna. Among his public works are a sculpture-brazier for Monza
cathedral and a sculpture to be found in the public collection of Faenza International Ceramics Museum.
Gianfreda’s work shows, in essence, the great discrepancy that can exist
between different views of the same reality A key concept that he translates
into sculptures where different materials are forced into close cohabitation
and where the effectiveness of the whole operation consists largely in the tension that such cohabitation produces. Certainly the aesthetic result is no stranger to events such as Ospiti sospesi, Epicentro, Dove cade la montagna, but is
somehow a consequence and a product of it, rather than a primary objective.
Sculpture has always measured itself with the need to represent movement.
I try to achieve this through the use of materials, I plan sculptures that go
beyond staticity and I look, in relation with time, at the permeability and
dialogue between different languages and other research f ields. You do know
that my work, over the years, has progressed following a concentric development that continues to widen and always includes something new, while still
being consistent with the original vision.”
of a fact unknown to the protagonists themselves and to the public, and determines, with the catharsis, a possibility for rebirth.
Sono crollati qui e adesso i campi celesti | 2014
Vista della mostra Earthquake Museo presso Museo Canova Possagno // View of the
exhibition Earthquake in the Museum Canova Possagno
Fotografia di // Photos by Massimiliano Monnecchi
Alberto Gianfreda
lives and works in Desio (MB)
www.albertogianfreda.com
studio per scultura | 2014
Olii,smalti e ossidi su carta intelaiata // Oils, glazes and oxides on paper framed
cm 150 x 120
Foto di // Photos by Andrea Sartoky
Studio per scultura | 2014
Olii,smalti e ossidi su carta intelaiata // Oils, glazes and oxides on paper framed
cm 120 x 150
Foto di // Photos by Andrea Sartoky
Ritratto 001 | 2014
Fotografia di // Photos by Stefano Pasini 2014
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Gehard Demetz
La vita dolente all ’ interno del legno
S i lv i a N e r i
G
ehard Demetz (Bolzano, 1972) è uno scultore italiano che si è fatto conoscere sulla scena internazionale esponendo le sue opere in Austria, Germania, Spagna,
Svizzera, Corea e Stati Uniti. L’artista lavora in modo privilegiato con il legno, materiale molto utilizzato nella tradizione
del suo luogo d’origine: egli lo considera il mezzo espressivo che
meglio riesce a conciliare il potenziale espressivo con la componente narrativa.
Grazie alla sua grande abilità tecnica, Gehard Demetz modella le sue figure con l’intento di lavorare sul grezzo e, in certi
momenti, sul non finito: assemblando piccoli pezzi di legno di
tiglio, egli costruisce figure che sanno esprimere per contrasti la
spesso irregolare incoerenza tra l’infanzia e l’età adulta.
In un gioco di descrizione tra il soggetto che guarda (l’adulto)
e l’oggetto rappresentato (il bambino), si pone una distanza tra i
due mondi che si studiano reciprocamente. Le sculture dell’artista altoatesino si pongono allo stesso livello di giudizio e scrutano con sguardo severo il mondo degli adulti nella volontà di
porre un tempo e uno spazio di distanza, di respiro.
In un percorso che porta il bambino a confrontarsi con l’età
adulta si genera un atto di critica e si definisce il momento di
passaggio tra lo stato di inconsapevolezza e quello determinato
dalla ragione e dalla coscienza: è, in sostanza, la descrizione del
momento cruciale della vita che corrisponde alla perdita dell’innocenza.
Rubin di Milano. L’idea di fondo è che l’arte e il piacere che ne
deriva non si esaurisce nella sola contemplazione visiva dell’opera, ma prende vita anche grazie agli altri sensi, in una sintesi
sinestetica, dove anche l’odore del legno, oltre alla percezione
tattile della forma, della texture e della temperatura, hanno un
peso fruibile. Consapevole che l’arte non può essere apprezzata solo con la vista e, comunque, in uno spazio fisico, Demetz
lavora dunque sulla presenza e sull’assenza dell’essere, ponendo
le sue creature su piedestalli in modo da dare più forza alla loro
richiesta d’attenzione, alla loro presa d’atto di una responsabilità
che nasce venendo al mondo e alla quale nessuno può sottrarsi.
Gehard Demetz vive e lavora a Selva di Val Gardena (BZ). La
sua attività espositiva personale inizia nel 2002, mentre la sua
presenza in collettive data dal 2000.
GEHARD DEMETZ
vive a lavora a Selva di Valgardena (BZ)
www.geharddemetz.com
I soggetti di Demetz sono bambini in età pre-adolescenziale
che, maneggiando oggetti diversi, forbici, gomitoli, maschere
antigas e persino croci imbracciate come armi, manifestano l’attesa dell’età adulta, con i corpi ancora indefiniti all’interno delle
grezze geometrie del legno. Sculture di grande imponenza plastica, presentano giovani volti lisci e perfetti ma al tempo stesso
seri, come concentrati nell’esigenza di esprimersi, di rivelare la
propria umanità e di confrontarla con quella del mondo adulto
in una silenziosa e sottile riprovazione.
I tratti gentili delle fisionomie infantili pur restituendo l’immagine tradizionale della scultura lignea, acquisiscono un ulteriore carattere che unisce alla grazia quasi rinascimentale una
decisa espressività. Vi è infatti, nei visi ma anche nelle posture
non del tutto determinate e concluse della fisicità di questi adolescenti, una gravità assorta che conferisce loro un atteggiamento severo, attento al mondo, talora inquisitorio, sia che essi lo
guardino apertamente, sia che lo neghino allo sguardo.
Ai lineamenti contriti ma aderenti ad un assoluto canone estetico, si contrappongono corpi ancora intrappolati nel legno appena sbozzato di un geometrismo cubista fuori contesto, oppure
in inquietanti strutture di ferro in lacci costrittivi, in aggeggi
minacciosamente contemporanei.
Metafora della metamorfosi ma forse anche della condizione
permanente dell’essere umano, suddito di eventi più forti di lui
e persino di se stesso, la scultura di Gehard Demetz si fa linguaggio universale e attesta nella condizione umana una ineliminabile fragilità.
Ad essa alludono drammaticamente anche le cose che i bimbi
reggono o impugnano: moderne tecnologie o suppellettili chiesastiche,o da cui sono fisicamente trapassati, come un cofanetto,
un ombrello, una tanica di benzina.
Ragazza sinistra | 2005
Tiglio, colore acrylico // Lime and acrylic color
cm 138 x 38 x 32
[ 30 ]
Per evidenziare i valori plastici della sua scultura, nel 2009
Gehard Demetz dedica un progetto all’esplorazione sensoriale
intitolato Love at first touch, dedicato ad un pubblico non vedente, realizzato in collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, l’Associazione Culturale Erodoto e la Galleria
The Winter was Hard | 2011
Tiglio, colore acrylico // Lime and acrylic color
cm 148 x 39 x 58
[ 31 ]
Gehard Demetz
The aching life inside wood
S i lv i a N e r i
G
erhard Demetz (Bolzano,
1972) is an Italian sculptor
who established himself on the international
scene by exhibiting his works in Austria, Germany, Spain, Switzerland, Korea and the United States. The artist works mainly with wood,
a material much used traditionally in his land
of origin: he considers it the expressive medium
that best brings together potential for expression and narrative. With great technical ability,
Gerhard Demetz shapes his f igures aiming at
a rough and, at times, unf inished work: he assembles small pieces of limewood to build f igures
that express the often horny contrast between
childhood and adulthood. By playing with the
subject who looks on (the adult) and the object
being represented (the child), a distance is created
between the two worlds, watching each other.
their bodies still little def ined inside the raw geometries of wood. Sculptures
of great plastic power, they present young faces, smooth and perfect but at
the same time serious, as if concentrated in the need to express themselves, to
reveal their humanity and pit it against that of the adult world, with a silent
and subtle reproach.
The gentle lines of the children faces, although consistent with the traditional image of wooden sculpture, acquire a new character that combines a
nearly Renaissance grace and a strong expressiveness. There is, in the faces
but also in the postures of these adolescents physicality, not fully determined
and accomplished yet, a thoughtful gravity that gives them a severe stance,
alert to the world and sometime inquisitive, whether they look at it openly or
shut their eyes to it. The faces, contrite but adhering to an absolute aesthetic
canon, are in contrast with the bodies, still trapped in the rough-hewed wood
of an out of context cubist geometrism, or in unsettling iron structures complete with constrictive strings, or in ominously contemporary contraptions.
Like a metaphor of metamorphosis, but perhaps also of the permanent condition of human beings, prisoners of events that are too powerful for them and
even prisoners of themselves, Gerhard Demetz sculpture becomes universal
language and attests an ineradicable fragility of the human condition. This
is also hinted at dramatically by the things that the children hold: modern technology items, church furnishings or objects that go physically through them,
like a casket, an umbrella, a petrol tank. To stress the plastic values of his
sculpture, in 2009 Gerhard Demetz devoted a project to sensory exploration
entitled Love at f irst touch, dedicated to a blind public and developed in collaboration with the Italian Association of the Blind and Visually Impaired,
the Herodotus Cultural Association and the Rubin Gallery in Milan.
The basic idea is that art, and the pleasure that comes from it, does not
end with the mere visual contemplation of the work, but comes to life also
through the other senses, in a synaesthetic synthesis where even the smell of
wood, in addition to the tactile perception of form and texture, and temperature, have a role that can be enjoyed. Aware that art is not to be appreciated
just with one’s eyes or, however, in a physical space, Demetz works with the
presence and absence of being, placing his creatures on pedestals so as to give
more power to their request for attention and their acknowledgement of a
responsibility that starts by coming into this world and from which nobody
can escape. Gerhard Demetz lives and works in Selva di Val Gardena (BZ).
His personal exhibiting activity started in 2002, while his participation in
collective exhibitions goes back to the year 2000.
Gehard Demetz
lives and works in Selva di Valgardena (BZ)
www.geharddemetz.com
The sculptures of the South Tyrol artist place
themselves on the same level of judgment and
scrutinize with stern eyes the adult world, yearning for a distance in time and space, a breather.
As the child is brought to confront adulthood,
an act of criticism is created, and a def inition of the time of passage between a state
of unawareness and one governed by reason and conscience: it is, in essence, the
description of the crucial moment in life
that corresponds to the loss of innocence.
Demetz subjects are pre-adolescent children who, handling different objects like scissors, balls, gas masks and even crosses held as
weapons, show the wait for adulthood, with
Our Mother bake for us | 2011
Tiglio, colore acrylico // Lime and acrylic color
cm 207 x 42 x 32
One Eye sees, one Eye serves | 2012
Tiglio, colore acrylico // Lime and acrylic color
cm 171 x 40,5 x 39,5
[ 32 ]
How do you Feed Spirits | 2012
Tiglio, colore acrylico // Lime and acrylic color
cm 172 x 41 x 40
[ 33 ]
AMO
C
Dall’Idea alla Scena è il titolo della mostra permanente di AMO ospitata presso il piano
nobile di Palazzo Forti, dove il visitatore ha la possibilità di scoprire l’affascinante processo creativo della messa in scena di un’opera. La mostra contribuisce alla valorizzazione e alla divulgazione della cultura operistica italiana con l’esposizione di documenti
originali: partiture autografe, lettere, appunti dei grandi compositori e ancora costumi,
scenografie, bozzetti e fotografie, mostrate anche grazie all’utilizzo di tecniche multimediali e interattive.
Museo dell ’Opera
ollocato nella splendida sede di Palazzo Forti nel cuore della città di Verona a pochi passi dalla centralissima Piazza delle
Erbe, AMO è il Museo della Fondazione Arena di Verona dedicato alla creatività e all’eccellenza dell’opera lirica italiana.
Il museo ha come obiettivo quello di far conoscere al grande pubblico la perfetta macchina creativa che sta alla base della nascita delle
celebri opere liriche, tipiche della tradizione culturale italiana e che tutto il mondo ammira. Inaugurato nel giugno del 2012, AMO
ospita attualmente una mostra permanente e due temporanee e inoltre conta al suo interno la presenza di un pregiato ristorante.
AMO
Palazzo Forti, Verona
Ogni anno la mostra si arricchisce di nuovi documenti originali provenienti dall’Archivio di Fondazione Arena selezionati in parallelo ai titoli in cartellone per il Festival
in corso. L’esposizione permanente custodisce anche quello che si può definire “il tesoro dell’Arena di Verona”: costumi e scenografie originali che, a seconda del calendario
areniano, vengono allestiti in Arena e successivamente esposti presso AMO. Questo il
caso delle monumentali statue egizie che il regista Franco Zeffirelli ha pensato per la
sua Aida.
A due anni dalla sua inaugurazione, l’esposizione permanente si è recentemente arricchita di nuove e importanti opere per rendere omaggio a una grandissima artista di
fama internazionale: Maria Callas. Il suo forte legame con la città di Verona, e ovviamente con l’Arena, ha fatto sì che proprio nel museo AMO fosse allestita un’intera sala
dedicata alla celebre diva, talento immortale incarnato nell’arte lirica. In esposizione è
possibile ammirare: documenti originali, lettere e appunti di vita quotidiana e professionale, oggetti personali e ancora abiti da sera in pieno stile anni ’50, tutti appartenenti
al famoso soprano. I materiali sono stati selezionati con l’obiettivo di mettere in risalto
la vita e la carriera dell’artista nel periodo che trascorse nelle città di Zevio e Verona e
quindi in relazione all’Arena. Il materiale è stato dato in gentile concessione dal Comune di Zevio, dall’Accademia Lirico Interpretativa Maria Callas di Zevio e dal Maria
Callas International Archive. Proprio in questa sala e grazie al supporto delle nuove
tecnologie, è possibile ascoltare la registrazione dell’aria Un bel dì vedremo tratta da
Madama Butterfly ed eseguita dalla grande Maria Callas nel 1955. La stessa registrazione è sincronizzata sulla partitura autografa pucciniana digitalizzata e può essere inoltre
apprezzata in relazione alle diverse interpretazioni di altre due soprano, Renata Tebaldi
e Carolina White, cogliendo differenze di stile, di estensione vocale e timbriche.
AMO DALL’IDEA ALLA SCENA
Sala Placido Domingo // Hall Placido Domingo
Affianca l’esposizione permanente, la mostra temporanea AMO L’ARENA – 100 anni
di Festival attraverso 200 anni di Verdi, completamente dedicata all’opera verdiana e al
suo legame insolubile con l’Arena di Verona e inaugurata nel 2013 in occasione delle
celebrazioni per il centenario del Festival dell’Arena di Verona. Infatti il Festival nacque
proprio nel 1913 per commemorare il primo centenario della nascita di Giuseppe Verdi.
Ancora nella zona archeologica di Palazzo Forti troviamo l’esposizione fotografica Arena di Verona – Un secolo di Immagini e Suggestioni, dove il percorso fotografico porta il
visitatore a conoscere il primo glorioso secolo di storia della stagione lirica dell’Arena
di Verona.
Una volta terminata la visita al museo e alle sue esposizioni, è possibile godere di una
piacevole sosta dedicata al gusto e alla migliore cucina al ristorante AMO Opera Restaurant con i raffinati sapori dello chef Vincenzo Buonocore, promessa della cucina italiana, e sotto l’attenta selezione di vini di Luca Gardini, sommelier campione del mondo
2010. Cultura, storia, musica, fascino della conoscenza e della scoperta, curiosità, gusto
e sapori raffinati sono solo alcuni fra gli elementi che rendono la visita ad AMO un’esperienza davvero imperdibile per chi visita la città di Verona e per chi si reca in Arena
per assistere a una delle spettacolari opere del Festival in calendario.
Sala delle Grottesche // Hall of the Grottesche
Infine, per la prima volta il Museo AMO, nell’ottica di sensibilizzare chi non ha mai
incontrato l’Opera, nella stagione 2014/2015 dà il via a Didattica all’Opera, iniziativa
rivolta al mondo dei giovani e della scuola: percorsi didattici e sviluppi interdisciplinari
che trasformano AMO in uno spazio innovativo, dove studio e attività creative, e ricreative, si uniscono e si completano a vicenda.
AMO
ORARI DI APERTURA:
martedì – domenica 10.30 – 18.30, lunedì chiuso
Tel./Fax +39 045 8030461
e-mail: [email protected]
www.arenamuseopera.com
[ 34 ]
Sala Scenografia Aida // Hall of Aida’s Scenography
[ 35 ]
AMO
N
Museum of the Opera
estled in the magnif icent setting of Palazzo Forti in the
heart of Verona, near Piazza delle Erbe, AMO is the Fondazione Arena di Verona’s Museum dedicated to creativity and excellence of
Italian opera. The museum aims to introduce to the public the perfect creative mechanisms at the foundation of the famous operas typical of the Italian
cultural tradition and admired the whole world over. Inaugurated in June
2012, AMO now hosts a permanent exhibition, two temporary ones and a
f ine dining restaurant. AMO’s permanent exhibition entitled From the Idea
to the Stage is situated on the f irst floor of the Palazzo Forti, where the visitor has the opportunity to discover the fascinating creative process of staging
an opera. The exhibition contributes to the appreciation and diffusion of the
culture of Italian Opera with a display of original documents: autograph scores, letters, notes of the great composers and even costumes, sets, sketches and
photographs, shown also through multimedial and interactive devices . Every
year the exhibition is enriched with new original documents from the Fondazione Arena di Verona Archive selected according to the titles on the actual
Festival programme. The permanent exhibition also contains what might be
called “the treasure of the Arena di Verona”: original costumes and sets which,
depending on the Festival’s programme, are f irst staged in the Arena and
then displayed at AMO, as with the monumental Egyptian statues created by
the director Franco Zeff irelli for his Aida.
Two years after its opening, the permanent exhibition has recently been
enriched with new and important works to pay tribute to a great artist of
international fame: Maria Callas. Her strong relationship to the city of Verona, and of course with the Arena, has pathed the way to an entire room
within AMO being dedicated to the celebrated diva, an immortal lyrical talent embodied in art. original documents, letters and notes from her daily and
professional life, personal belongings and evening dresses in full Fifties style,
belonging to the famous soprano can all be admired within the exhibition. All
materials have been selected with the aim of highlighting the artist’s life and
career during the period she spent in the cities of Zevio and Verona and relevant of course to the Arena. The material is on display courtesy of the Municipality of Zevio, the Lyric Interpretation Academy of Maria Callas in Zevio
and by the Maria Callas International Archive. In this room, and thanks to
the support of new technologies, you can listen to the recording of the aria Un
bel dì vedremo from Madama Butterfly performed by the great Maria Callas
Sala Macbeth - Pizzi // Machbeth Hall - Laces
Sala Callas - Video // Callas Hall - Video
in 1955. The same recording is synchronized on the digitized autograph score of Puccini and can be also appreciated in relation to the different interpretations of
two other sopranos, Renata Tebaldi and Carolina White, capturing differences in style, vocal range and tone. Alongside the permanent exhibition, the temporary
exhibition AMO L’ARENA - 100 Years of Festivals through 200 years of Verdi, completely dedicated to the works of Verdi and his insoluble bond with the Arena
di Verona and inaugurated in 2013 on the occasion of the celebrations for the Centennial Festival of the Arena of Verona. Indeed, the Festival was born in 1913
to commemorate the f irst centenary of Giuseppe Verdi’s birth.
Still, in the archaeological zone of Palazzo Forti you can visit the photographic exhibition Arena di Verona - A Century of Imagery and Emotion, where the
photographic path leads the visitor through the f irst glorious century of the history of the Opera Festival at the Arena di Verona. After the visit to the museum
and its exhibits, you can enjoy a pleasant break dedicated to taste and the best cuisine in the restaurant AMO Opera Restaurant with the ref ined Italian cuisine
flavours of chef Vincenzo Buonocore, with wine selection by Luca Gardini, 2010 world champion sommelier. Culture, history, music, knowledge and discovery
charm, curiosity, taste and ref ined flavors are just a few of the elements that make a visit to AMO a must for anyone visiting the city of Verona and for those who
visit the Arena to see one of the spectacular operas on the Festival programme.
Finally, in the 2014/2015 season, for the f irst time AMO Museum launches an initiative aimed at young people and schools, Educational Opera, to raise awareness among those unfamiliar with the Opera: learning paths and interdisciplinary developments turn AMO into an innovative place where study, creative
activities and leisure unite and complete each other.
Sala dei Costumi // Costumes Hall
[ 36 ]
Scalinata principale // Main Flight of steps
[ 37 ]
Danilo Pavone
La frammentazione dell ’ immagine
M arco Sto ppa
E
Alla lacerazione fisica del volto rappresentato corrisponde un
turbamento dello spettatore che si sente allo stesso tempo respinto e curiosamente attratto dalla violenza estetica. Nell’era
del consumismo e della tecnologia, l’immagine odierna cerca di
sopravvivere a se stessa e all’eccesso di produzione, provocando emozioni estreme destinate a un pubblico mai sazio e continuamente alla ricerca di un coinvolgimento totale dei sensi. In
questo verso sembra indirizzata da un po’ di anni la ricerca artistica di Danilo Pavone. A partire da Archivi di un corpo/Body’s
Archives, installazione esibita nel 2010 per la Galleria Serpente
in Portogallo, egli manifesta l’intenzione di andare oltre il par-
ticolare dello scatto fotografico, con la creazione di un ambiente
asettico e abitato da pochi oggetti simbolici e da poche immagini frammentate o sbiadite, ricordi poco chiari e disturbati di un
rapporto di coppia fallito. Nel 2013, invece, realizza La gabbia,
opera di denuncia contro la violenza delle donne che proietta
virtualmente lo spettatore a vivere in prima persona la violenta
separazione di una coppia. Con l’ausilio della programmazione e
del web l’artista ricostruisce, partendo dai suoi scatti fotografici,
un ambiente simulato e immersivo, una sorta di bolla multisensoriale al centro della quale si pone l’uomo, in un tentativo
disperato e illusorio di riconquistare il mondo circostante.
Danilo Pavone
rano i primi anni del XX secolo quando il pubblicitario statunitense Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud, sviluppò una serie di teorie inerenti alla seduzione
di massa per incentivare l’Americano degli anni ‘20 al costante
consumo di “beni” di ogni genere commerciale, dando inizio
all’era del consumismo. L’industria del consumo ha affinato le
sue armi a tal punto da generare nella gente il bisogno di oggetti
obiettivamente non necessari, plasmando di fatto la personalità
dell’uomo contemporaneo.
vive e lavora a Verona
www.danilopavone.com
Il massiccio utilizzo della pubblicità commerciale ha prodotto
nel tempo una nuova estetica dell’immagine mirata al profitto,
con una ”crescente attenzione allo stile e alla bellezza” dice il
sociologo francese Gilles Lipovetsky, per il quale “nessun oggetto oggi può sfuggire al parametro dell’estetica, perfino i più
banali”. Nella società dei consumi qualsiasi oggetto o corpo può
diventare un’immagine persuasiva capace di conquistare il consumatore e imporre uno stile di vita, come d’altra parte lo stesso
Andy Warhol aveva precocemente intuito.
Lo sa molto bene Danilo Pavone, artista veronese attivo in Italia e all’estero, che da anni conduce una ricerca sull’immagine
allo stesso tempo raffinata e introspettiva, una riflessione intima
sulle contraddizioni dell’uomo moderno che va oltre l’oggettiva
bellezza del soggetto catturato dalla sua macchina fotografica.
Con un occhio alla fotografia di Robert Mapplethorpe, Pavone
indaga il perfetto equilibrio compositivo dell’immagine curandone il minimo dettaglio. Le sue figure emergono plastiche dal
fondo buio, scolpite da una luce carravaggesca, creando morbidi
effetti di chiaroscuro.
Litorais_Series_Untitled_7164 | 2014
Lambda Print on Aluminium
cm 80 x 50
Nel ciclo di opere fotografiche intitolate Corpo Greco, la seducente bellezza dell’immagine del corpo umano è violata dall’artista che interviene con fratture compositive che spezzano la
linea continua del fotogramma. La frammentazione e la rottura
dell’immagine infrangono simbolicamente lo schema mentale
del pensiero comune che eleva la bellezza e la perfezione a valori assoluti. Pavone destruttura l’integrità della forma per smascherare il falso mito della “bellezza a tutti i costi”, generatore
di una felicità illusoria. Il corpo spezzato rappresenta quindi il
fallimento di questa felicità e nel contempo pone l’osservatore di
fronte al malessere dell’uomo contemporaneo dominato dall’insoddisfazione, dalla quale rifugge quotidianamente.
Danilo Pavone non nasconde l’aspetto traumatico delle sue
composizioni fotografiche, concepite per generare un sentimento di repulsione e risvegliare la coscienza dello spettatore.
Occultando le identità dei suoi soggetti - coprendo i volti con
un panno o soffermandosi sul particolare - l’artista annulla le
personalità e priva l’osservatore di un punto di riferimento sul
quale scaricare le sue ansie, coinvolgendolo in prima persona.
Nella serie fotografica Broken Portraits, Pavone porta all’estremo
il gesto repulsivo tagliando a metà le labbra di un volto ritratto,
dissacrando l’immagine del bacio e i significati a esso collegati.
[ 38 ]
Corpo_Grego_Untitled_125 | 2014
Lambda Print on Aluminium
cm 57 x 80
Litorais_Series_Untitled_7197 | 2014
Lambda Print on Aluminium
cm 80 x 50
[ 39 ]
Danilo Pavone
The f ragmentation of images
M arco Sto ppa
I
t was in the early years of the 20th century that American adman Edward Bernays, Sigmund Freud’s nephew, developed a number of theories about mass
seduction to induce Americans in the ‘20s to increasingly consume “goods” of any kind, thus giving rise to the consumerism era. The consumer industry has
ref ined its weapons to such an extent that it can now generate in people a desire for objects they don’t actually need, hence shaping the personality of contemporary
man.
A massive use of market advertising has produced over time a new aesthetics of image that has prof it in mind, with a ”growing attention to style and beauty” says
French sociologist Gilles Lipovetsky, who believes that “no object today, even the most trivial ones, can escape the aesthetics parameter”. In the consumer society any
object or body can become a persuasive image, capable of seducing consumers and impose a way of life, as Andy Warhol himself had anticipated.
That is very familiar to Danilo Pavone, a Veronese artist working in Italy and abroad, who has been conducting a ref ined and together introspective research on
image, an intimate reflection on the contradictions of modern man that goes beyond the objective beauty of the subject captured on camera. With an eye to Robert
Mapplethorpe’s photography, Pavone explores the perfect compositional balance of images down to the smallest detail. His f igures emerge, plastic, from the dark
background, sculpted by a light that reminds of Caravaggio, with soft chiaroscuro effects. In his cycle of photographic works entitled Corpo Greco, the seductive
beauty of human body images is violated by the artist, who intervenes with compositional fractures to break the solid line of the frame.
TABLOID VIVANT SERIES – Untitled
Lambda Print on Aluminium
cm 60 x 40
The fragmentation and breaking of the image shatter symbolically the mental schemes of common thinking, which raise beauty and perfection to absolute
values. Pavone destructures the integrity of form to expose the false myth of
“beauty at all costs”, a generator of illusory happiness.
The broken body thus represents the failure of such happiness and puts the
viewer in front of the malaise of contemporary man, dominated by a dissatisfaction that he shuns day after day. Danilo Pavone does not hide the
traumatic aspects of his photographic compositions, designed to generate a feeling of revulsion and awaken the consciousness of the viewer. In concealing
the identity of his subjects - by covering the face with a cloth or dwelling on
details – the artist nullif ies the personality and leaves the viewer without a
point of reference to unload his anxieties, engaging him on a personal level.
In the photographic series Broken Portraits, Pavone takes the repulsive gesture to the extreme, cutting in half the lips of the faces he portrays, desecrating the image of a kiss and the meanings attached to it. The physical
laceration of the face is accompanied by the uneasiness of the viewer, who feels
repelled and at the same time curiously attracted by the aesthetic violence.
In the age of consumerism and technology, the image is now trying to survive itself and the excess of production by causing extreme emotions to an
audience that never has enough and by looking continuously for a total involvement of the senses.
The artistic research of Danilo Pavone seems to be heading recently in this
direction. Starting from Archivi di un corpo/Body’s Archives, an installation
exhibited in 2010 at Galleria Serpente in Portugal, he shows his intention to
go beyond the details of a snapshot, creating an aseptic environment inhabited
by few symbolic objects and scarce fragmented or faded images, unclear memories disturbed by a failed couple relationship. In 2013, however, he makes La
gabbia, a work denouncing violence against women, virtually projecting the
viewer to experience f irst hand a couple’s violent separation.
With the help of programming and the web, the artist reconstructs, starting
from snapshots, a simulated and immersive environment, a sort of multisensory bubble at whose centre he puts man, engaged in a desperate and illusory
attempt to reconquer the surrounding world.
Corpo_Grego_Untitled_196_197
Lambda Print on Aluminium
cm 40 x 40
[ 40 ]
Corpo_Grego_Untitled_123
Lambda Print on Aluminium
cm 40 x 40
Danilo Pavone
lives and works in Verona
www.danilopavone.com
Corpo_Grego_Untitled_505_507
Lambda Print on Aluminium
cm 40 x 40
[ 41 ]
dell’evoluzione dell’edificio costituito da quattro corpi di fabbrica. I due centrali, i più antichi, si caratterizzano per specifiche peculiarità. Uno di questi si contraddistingue per gli archi acuti (due sono stati demoliti nel 1870 quando è stato inaugurato il Caffè Municipio,
a suo modo anch’esso divenuto storico, ma le cui tracce ancora si leggono sopra la pensilina liberty). Dei due fabbricati laterali invece,
quello vicino all’Istituto Vendramini è stato completamente ricostruito dopo il bombardamento del 1944 mentre l’altro di gusto tardo
quattrocentesco, è caratterizzato da un arco a sesto ribassato. Col restauro sono stati messi in luce i lacerti delle caratteristiche tessiture
a finti mattoni fugati di cromia rosa e gialla, ripristinati senza operare un falso storico, evidenziando le lunette e gli archi pensili decorati. Con cromia “ neutra” sono state trattate sia le sopraelevazioni successive agli anni ‘30 del secolo scorso nonché i tamponamenti e
le nuove ricostruzioni, in modo da conferire alla lettura architettonica anche una valenza estetica d’insieme.
L’ impianto originale dell’edificio risale al XIV- XV secolo, coevo all’edificazione del Duomo e del Palazzo Municipale, tuttavia non
rimangono tracce originarie dei vari accorpamenti e le modifiche che si sono susseguite nel tempo. Le prime notizie relative ad un’unica
proprietà sono certificate dai documenti del Catasto Lombardo Veneto ( 1830 -1850), mentre il Catasto austriaco/italiano (1851-1943)
fornisce informazioni sul frazionamento delle proprietà. Dalle prime immagini fotografiche dell’edificio, risalenti al 1913, si vede che
la consistenza volumetrica si presentava ad un solo piano soprastante il porticato e i negozi. Successivamente nel 1936 venne realizzata
la sopraelevazione di un piano e nel 1980 l’edificio fu acquisito dall’Amministrazione che lo destinò a sede degli uffici anagrafici ed
ora a struttura culturale. La mostra con cui la Galleria Harry Bertoia inaugura la sua apertura è sull’opera del pordenonese Pierpaolo
Mittica, fotografo umanista conosciuto a livello mondiale. Con il suo obiettivo Mittica documenta ciò che minaccia il pianeta terra: dai
disastri di Chernobyl e Fikushima, al degrado umano dei “dannati della terra” in India, ma coglie anche l’essenza della dignità umana
e con le sue foto trasmette quanto la solidarietà tra gli uomini si renda necessaria. Mittica, che ha esposto in Europa, negli Stati Uniti
e nel 2011 alla Biennale di Venezia, ha visto le sue foto pubblicate da importanti quotidiani e periodici italiani e stranieri e ha ricevuto
più di 40 riconoscimenti internazionali che testimoniano la qualità del suo lavoro.
Galleria Harry Bertoia
Palazzo Spelladi, Corso Vittorio Emanuele II 60, Pordenone
Ufficio stampa
dott. Edoardo Fabris
e-mail: [email protected]
Tel. +39 0434 392223 | Fax +39 0434 392254 | Cell +39 331 7018956
Harry Bertoia
Ingresso // Entrance
Galleria Harry Bertoia
N
el centro di Pordenone si apre un nuovo polo culturale: la Galleria Harry Bertoia (1915-1978), , uno spazio dedicato al
designer ed artista che si è imposto all’attenzione internazionale. La famosa Diamond (1951-‘52), una sedia-scultura in
tondino di ferro, aperta e dialogante nello spazio, da lui descritta come “una scultura fatta d’aria e di acciaio”, è infatti divenuta un
classico in tutti i libri di storia del design. Ospitata nel Palazzo Spelladi in Corso Vittorio Emanuele, incastonata nel nucleo storico
della città, tra il Municipio del XII sec., il Duomo con il Campanile di San Marco e Palazzo Ricchieri, sede del Museo civico d’arte, la
nuova struttura da poco restaurata si armonizza con gli edifici medievali e rinascimentali che la circondano e partecipa con essi alla vita
culturale della Città. Gli spazi sono stati realizzati ispirandosi ai nuovi orientamenti dei progettisti delle sedi museale mirano dunque
a privilegiare le aree espositive. Le soluzioni tecniche adottate sono in grado di offrire al visitatore una “gratificazione emozionale del
museo,” dove “l’interazione tra architettura, soluzioni illuminotecniche, arredi ed allestimenti favoriscono la fruizione e la scoperta
delle opere d’arte in un ambiente che si integra completamente con esse…”.
L’area espositiva è caratterizzata da ampi spazi con pareti in cartongesso che consentono facili modifiche distributive a seconda delle
esigenze espositive. Si sviluppa su una superficie di quasi 240 metri quadrati distribuiti su due piani con altezze tali da consentire anche
l’esposizione di opere alte più di 3 metri. Altri elementi strutturali definiscono l’edificio nel suo complesso; una nuova scala inserita
nel contesto architettonico esistente, un ascensore, pavimentazioni in legno lamellare per i percorsi museali e in pastellone veneziano
per le aree di servizio, controsoffitti per occultare gli impianti di distribuzione dell’aria e delle apparecchiature illuminotecniche. Al
piano terra si trovano l’atrio d’ingresso, il vano ascensore e un’ampia scala, che conduce al primo piano dove è stato creato lo spazio per
accogliere i visitatori, la biglietteria e un ufficio amministrativo che introducono all’area espositiva vera e propria. Al terzo invece sono
stati ricavati locali per gli archivi, i depositi e le centrali tecnologiche. L’intervento di restauro della facciata evidenzia la chiara lettura
[ 42 ]
Spazio espositivo Galleria Harry Bertoia // Exhibition space Galleria Harry Bertoia
[ 43 ]
Galleria Harry Bertoia
A
new cultural centre is about to open in the centre of Pordenone: Galleria Harry Bertoia (1915-1978), a space dedicated to the designer and artist who won international acclaim. The famous
Diamond (1951-1952), a chair-sculpture made from iron rod, open and
dialoguing in space, described by him as “a sculpture made of air and steel”,
has become a classic to be found in any book about the history of design. Hosted by Palazzo Spelladi in Corso Vittorio Emanuele, set in the city historic center between the 12th century Town Hall, the Cathedral with its San
Marco bell tower and Palazzo Ricchieri, house of the Civic Art Museum,
the recently restored structure blends in with the medieval and Renaissance
buildings around it and participates with them in the city cultural life. The
new spaces take inspiration from recent trends in museum design, focusing
on the exhibiting areas. Various technical solutions help visitors experience
an “emotional gratif ication of the museum,” where “the interaction between
architecture, lighting, furnishings and installations makes them enjoy and
discover the works of art in an environment that is entirely at one with
them…”. The exhibiting area is characterized by wide spaces delimited by
plasterboard walls that can be easily rearranged according to exhibiting needs. It spreads over nearly 240 square metres, distributed on two floors with
high ceilings that allow to display works even more than 3 metres high. Other
structural elements characterize the building: a new staircase introduced in
the existing architectural context, an elevator, flooring made from laminated
wood in the exhibiting areas and Venetian pastellone in service areas, false
ceilings to hide the air conditioning and lighting systems. On the ground floor
are the entrance hall, the elevator shaft and a large staircase leading to the
f irst floor, where a new space was created to welcome visitors, together with a
ticket off ice and administration off ices, just before the actual exhibiting area.
On the third floor are the archives, storage rooms and system control rooms.
The façade restoration highlights clearly the evolution of the building, made
up of four blocks. The two central, older ones have a few distinctive features.
One of them displays lancet arches (two were demolished in 1870 with the
opening of Caff è Municipio, also to become an historic landmark in its own
right, but they left visible traces above the art nouveau projecting roof ). Of
the two side buildings, the one next to Istituto Vendramini was completely
rebuilt following the 1944 bombardment and the other, in late 15th century
style, features a low rounded arch. During the restoration, fragments were
uncovered of a characteristic fake brick pattern, pink and yellow, which was
brought back to life without making any historical fake, emphasizing the lunettes and the decorated arched roofs. A neutral colour scheme was applied to
the floors added after the 1930s, to the inf ills and the new reconstructions,
in order to provide a consistent aesthetic reading for the whole architectural
complex. The original structure of the building goes back to between the 14th
and 15th century and is contemporary with the Cathedral and the Town
Hall, but no traces are left of the changes and rearrangements that were made
over time. The f irst reports about a single property are certif ied by documents
of the Lombardy/Venetia cadastre (1830 -1850), while the Austrian/Italian
cadastre (1851-1943) provides information on the property division. From
the f irst photographic images of the building, dating to 1913, we can see that
Spazio espositivo Galleria Harry Bertoia // Exhibition space Galleria Harry Bertoia
it had just one floor, above the porticoes and shops. An upper floor was then added in 1936, and in 1980
the building was bought by the Town and assigned to host f irst the registry off ices and now a cultural
centre. The exhibition that will inaugurate the opening of the Harry Bertoia Gallery illustrates the work
of Pordenone-born Pierpaolo Mittica, a humanist photographer renown at international level. Mittica
uses his lens to document what threatens the planet Earth: from the Chernobyl and Fikushima disasters to
the human degradation of the “damned of the Earth” in India, but he also captures the essence of human dignity and with his photographs tells us how much we need solidarity between men. Mittica, who exhibited
his works in Europe, the United States and in 2011 at the Venice Biennale, saw his photographs published
in major Italian and foreign newspapers and magazines and received more than 40 international awards
that testify the quality of his work.
Galleria Harry Bertoia
Palazzo Spelladi, Corso Vittorio Emanuele II 60, Pordenone
Uff icio stampa
dott. Edoardo Fabris
e-mail: [email protected]
Tel. +39 0434 392223 | Fax +39 0434 392254 | Cell +39 331 7018956
Tokai mentre vola tra i rifiuti 2010 discarica di Demra Matoel, Dhaka
Foto di Pierpaolo Mittica // Photo by Pierpaolo Mittica
[ 44 ]
Spazio espositivo Galleria Harry Bertoia // Exhibition space Galleria Harry Bertoia
[ 45 ]
Libri d’artista
P
otremmo considerare antesignani dei libri d’artista i codici miniati medievali, antifonari e libri
d’Ore; scritti a mano, su pergamena o su
carta, e decorati con pazienza e sapienza artigianale dagli amanuensi. Il libro
d'artista contemporaneo è un lavoro cui
è sottesa l’idea del libro e può averne anche la forma, in parte o in tutto, spesso
pubblicato come edizione numerata a tiratura limitata, ma anche prodotto come
oggetto unico che per questo viene infatti chiamato unique.
Nell'accezione più diffusa, il libro d'artista nasce con le Avanguardie storiche
del Novecento ed in particolare con il
Futurismo, ma è negli anni Sessanta e
Settanta, in un clima di diffuso attivismo
sociale e politico, che la loro produzione
ebbe un significativo incremento, come
fenomeno parallelo all'editoria d'arte indipendente di cui divennero parte come
aspetto creativo sperimentale e oggetto
d’arte più “democratico”, rispetto all’opera d’arte tradizionale e anche come
occasione, per gli artisti esclusi da gallerie e circuiti museali tradizionali, di
esprimere e veicolare le proprie idee.
Amore | 2002
Federico Bonaldi
Cartone, spago e ceramica // Cardboard, string and ceramics
cm 7,5 x 29
Edizione Arbos
[ 46 ]
Inseguo il silenzio | 2013
Gabriella Benedini
Polimaterico su legno // Polimaterico on wood
cm 30 x 40 (aperto)
Parole nuvole | 2011
15 poesie di Nico Stringa
Prefazione di Andrea Zanzotto
Acquaforte di // Etching by Giovanni Turria
[ 47 ]
Libri artistici sono stati e continuano ad essere prodotti usando, oltre alla stampa, di cui sono quasi sempre gli artisti stessi
ad occuparsi, una vasta gamma di materiali e di forme, tra cui
rotoli, pieghevoli, fogli singoli o a fisarmonica, rilegati o liberi
contenuti in scatole. Come per Gabriella Benedini per la quale
il libro è una porta per raggiungere la poesia dell’objet trouvé
In ambito locale gli artisti che si sono occupati di questo genere
sono molti, applicando al concetto di “libro” la tecnica o il materiale elettivo d’elezione: i novesi Pompeo Pianezzola, Federico
Bonaldi, Giuseppe Lucietti, Cesare Sartori con la ceramica,
Pino Guzzonato con la carta, Lia Malfermoni con materiali
vari, Mirta Caccaro con le xilografie, Margherita Michelazzo
con prodotti derivati dai meli, Toni Carta con pagine dipinte,
Gibo Perlotto con il ferro, Mirca Lucato, Bonizza e Michela Modolo con incisione, disegno e tecniche miste. Per quanto
riguarda la produzione artistica del libro propriamente detto,
l’incisore Giovanni Turria è l’artista che applica in modo totale
la sua sapienza grafica al concetto di libro anche come conteni-
Artists’ books
tore di letteratura e poesia. In generale il libro d’artista ha avuto
alcune connessioni ed affinità anche con la Poesia Visiva di cui
una delle protagoniste più attente è Anna Boschi.
Nel 2009 grande interesse ha suscitato Un libro in maschera, a
cura di Gioia Mori, catalogo della mostra realizzata a Milano
nel 2008 dalla Fondazione Biblioteca di via Senato con opere
di 25 artisti dalle origini futuriste e avanguardiste sino agli artisti concettuali : Takako Araki, Mirella Bentivoglio, Franco
Berdini, Christo, Pietro Consagra, Tullio d'Albisola, Raffaele De Bernardi, Fortunato Depero, Chiara Diamantini,
Andrea Fortina, Omar Galliani, Petra Giacomelli, Emilio
Isgrò, Gian Ruggero Manzoni, Federica Marangoni, Filippo
Tommaso Marinetti, Giuseppe Mestrangelo, Bruno Munari,
Gianfranco Notargiacomo, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Arnaldo Pomodoro, Greta Schödl, Luigi Serafini, Franca
Sonnino, Lu Tiberi, Emilio Vedova, Maria Lai. I materiali
utilizzati vanno dal vetro soffiato alla sabbia, dal metallo al cuoio, all’Angurialirica (1934) di Tullio d'Albisola e Bruno Munari.
W
e might say that contemporary artists’ books have their precursors in Medieval miniated codices, antiphonaries and Books of Hours, written
by hand, on parchment or paper, and decorated with patience and great craftsmanship by amanuenses. Nowadays artists’ books are works
connected with the idea of book and they may even have the same shape, in part or in full; they are often printed in a limited edition but can also be produced as a
single object, hence called unique.
It is commonly thought that artists’ books originated with the historical avant-gardes of the 20th century, in particular Futurism, but it was in the sixties and
seventies, in a climate of widespread social and political activism, that their production signif icantly increased as a parallel phenomenon to independent art publishing; they became an experimental creative aspect of it, a more “democratic” kind of art object compared to traditional works of art, and also an opportunity for
artists cut off from galleries and traditional museum circuits to express and transmit their ideas.
Artists’ books have been, and still are, produced using both print, usually dealt with by the artists themselves, and a wide range of materials and formats, including
scrolls, leaflets, single or accordion fold sheets, or else bound or loose in a box. As in the work of Gabriella Benedini, for whom a book is a door to reach the poetry of
the objet trouvé. Local artists who have engaged in this genre are quite a few. They apply to the “book” concept their own favourite technique or material: the Nove
born Pompeo Pianezzola, Federico Bonaldi, Giuseppe Lucietti and Cesare Sartori with ceramics, Pino Guzzonato with paper, Lia Malfermoni with
various materials, Mirta Caccaro with xylographs, Margherita Michelazzo with apple tree materials, Toni Carta with painted pages, Gibo Perlotto with
La relatività | 2007
Armando Martini
Ottone acidato // Etched brass
cm 50 x 30 x 13
Cicatrici | 2010
Mirca Lucato
Monotipo su carta // monotype on paper
cm 40 x 75
[ 48 ]
[ 49 ]
iron, Mirca Lucato, Bonizza and Michela
Modolo with engraving, drawing and mixed
techniques. As regards the artistic production of
actual books, the engraver Giovanni Turria
applies in full his graphic skills to the concept of
book also as a container of literature and poetry.
In general, artists’ books have connections and
aff inities also with Visual Poetry, of which Anna Boschi is a very f ine f igure.
In 2009 great interest was raised by Un libro
in maschera, edited by Gioia Mori, a catalogue
of the exhibition held in Milan in 2008 by Fondazione Biblioteca di via Senato, with works by
25 artists of futurist and avant-garde origins,
up to conceptual artists: Takako Araki, Mirella Bentivoglio, Franco Berdini, Christo,
Pietro Consagra, Tullio d'Albisola, Raffaele De Bernardi, Fortunato Depero, Chiara
Diamantini, Andrea Fortina, Omar Galliani, Petra Giacomelli, Emilio Isgrò, Gian
Ruggero Manzoni, Federica Marangoni,
Filippo Tommaso Marinetti, Giuseppe
Mestrangelo, Bruno Munari, Gianfranco
Notargiacomo, Mimmo Paladino, Giulio
Paolini, Arnaldo Pomodoro, Greta Schödl,
Luigi Serafini, Franca Sonnino, Lu Tiberi,
Emilio Vedova, Maria Lai. The materials used
range from blown glass to sand, metal and leather, all the way up to the Angurialirica (1934) of
Tullio d'Albisola and Bruno Munari.
Lenta-mente | 2007
Gibo Perlotto
Ferro e pietra // Iron and stone
cm 28 x 22,5 x 16
da artista a poeta | 2007
Giulio Martini
Ceramica // Ceramics
cm 25 x 25 x 16
Beyond Knowledge | 2002
Guy Baekelmans
Cartone, ovatta, acetato // Cardboard, cotton wool, acetate
cm 21,3 x 25,3
Edizione Arbos
[ 50 ]
[ 50 ]
incrocio della musica | 2007
Armando Gaviglia
Carta // Paper
cm 24 x 30 x 5
[ 51 ]
CREAZIONI ZURI
Dalla carta il Bello
Foto
di
Photopiù
L'idea, nata quasi per caso e per gioco, durante una passeggiata
a Venezia, si è poi tradotta in un vero e proprio progetto, una
scommessa nell’utilizzare e "nobilitare" un materiale apparentemente comune come la carta, rendendolo materia di pregio. Anche l'interesse per la carta e le sue applicazioni risale agli studi
universitari. Chiara Zuliani e Manuela Rigon hanno infatti frequentato corsi di "tecniche cartarie" che ha fatto nascere in loro
l'amore per questo materiale così universale e versatile che poi
hanno saputo utilizzare come medium creativo e nella loro attività lavorativa. L'una nel campo della grafica pubblicitaria, della
stampa e della fotografia, l'altra nel mondo della cartotecnica e
nel design di prodotti in carta e materiali di riciclo.
La scelta della carta, infatti, riflette anche il loro impegno
nell'utilizzare materiali riciclati o riciclabili. La maggior parte
dei gioielli CREAZIONI ZURI è infatti in carta riciclata.Influenzate dalla loro formazione, volta alla progettualità seriale
del prodotto, Chiara e Manuela, hanno pensato di sviluppare i
loro pezzi unendo l'aspetto industriale di produzione del prodotto a quello manuale, creativo, originale e ludico del fare "a
mano" artigianalmente. Infatti la base di ogni loro pezzo sono
dei dischetti di carta e cartone di vari diametri, spessori e texture, che vengono tagliati industrialmente da una fustella e successivamente uniti manualmente, uno ad uno, infilati con ago
e filo, e modellati per creare gioielli unici e dalla forte identità.
Ogni linea di CREAZIONI ZURI si ispira al territorio a cui le
due designer sono molto legate e da cui hanno ereditato l'amore
per la carta, il Veneto e Bassano in particolare. Esempi sono
la collezione Bassano che si rifà alle sfumature dei marroni dei
vecchi legni del Ponte Vecchio; la collezione Palladio nei colori
dei paramenti murari della Basilica Palladiana a Vicenza; o la
collezione Venezia e la collezione Laguna che catturano atmosfere e colori tipici dellaSerenissima. L'obiettivo è anche quello di raccontare il proprio territorio, per valorizzarlo attraverso
pezzi unici, originali ed ecosostenibili.
Tra le creazioni più recenti è la collana Racconto, costituita da
una lunga corda che si snoda e si avvolge in piccole curve e tortuosi meandri ed è realizzata con dischetti di cartone microonda
nera pressati. Un piccolo disco in alluminio completa e chiude
le due estremità impreziosendo di luce il gioiello. Una collana annodata da portare al collo, così come si indossa la propria
storia, il proprio racconto personale. Come tutti gli altri pezzi
unici della linea, unisce alla contemporaneità tecnologica della
produzione seriale dei materiali l’estro creativo e l’artigianalità
manuale, vero segreto della loro traordinarietà
L
aureate allo IUAV di Venezia in Disegno industriale, Chiara Zuliani e Manuela Rigon si sono conosciute proprio all'università ed è lì che è nata la loro
amicizia e la collaborazione professionale che dura da molti anni. Ciò che ha cementato
le loro rispettive creatività è, ovviamente, una grande passione per il design cui si è
aggiunta quella per il mondo dell'accessorio. Da un costante interesse alla ricerca di gioielli originali creati con materiali innovativi è nata poi la volontà di dare vita ad una collezione ed è così che ha preso forma CREAZIONI ZURI, una linea di gioielli realizzati
con materiali assolutamente inusuali, minimalisti e “poveri”, la carta e il cartone, che
ha spostato l’idea di “preziosità” sugli aspetti formali e su una interessante originalità.
[ 52 ]
Il progetto, nato nel 2011, ha avuto poi occasioni di confronto con il pubblico in varie esposizioni personali e collettive in
ambito regionale nel corso del 2012 e nell’aprile del 2013 ha
partecipato alla selezione di "Fuori Salone" di Ventura Lambrate (MI), in occasione del Salone del Mobile di Milano. Nel
novembre 2013 ha preso parte a "Open Design Italia" e ha vinto
il Premio "Ambasciata italiana a Berlino". Tra dicembre 2013
e aprile 2014 ha esposto alcuni nuovi pezzi presso l’ambasciata
italiana a Berlino.
creazioni zuri
e-mail: [email protected]
www.creazionizuri.it
facebook / Creazioni Zuri
Tel. +39 349 5522181 | +39 333 1634328
[ 53 ]
CREAZIONI ZURI
Beauty from paper
Photos
G
by
Photopiù
raduated in industrial design at Venice’s IUAV, Chiara Zuliani and Manuela Rigon met at university and that’s where their friendship started,
followed by a many-year professional collaboration.
What cemented their creativities is, of course, a great passion for design, and an added passion for the world of accessories. From a constant interest in researching
original jewels, created with innovative materials, came the desire to produce their own collection: that was the beginning of CREAZIONI ZURI, a line of jewels
made from totally unusual materials, minimalist and “poor”, such as paper and cardboard, shifting the notion of “preciousness” to formal aspects and interesting
originality.
The idea, which came about almost by accident and for fun during a stroll in
Venice, turned later into a real project, a bet to see if they could use and "nobilitate" an apparently common material such as paper into something precious.
The interest for paper and its applications goes also back to their university years. Chiara Zuliani and Manuela Rigon attended “Paper Techniques”
courses that instilled in them a love for this universal and versatile material,
which they were then able to turn into a creative medium.
One of them in the f ield of advertising graphics, printing and photography,
the other in the paper industry and the design of paper products and recycled
materials. The choice of paper also reflects their commitment to use recycled
or recyclable materials. Most jewels of CREAZIONI ZURI are made from
recycled paper.
Influenced by their training, centred on serial product design, Chiara and
Manuela decided to develop their pieces by combining the industrial aspect
of product manufacturing and the manual, creative, original and fun one of
making things "by hand".
The base of each one of their pieces are paper and cardboard disks of different
diameter, thickness and texture, cut industrially with a hollow punch and
then joined manually one by one, strung with needle and thread, and modelled to create unique, strong identity jewels.
Every line of CREAZIONI ZURI takes inspiration from the territory, to
which the designers are strongly attached and which inspired their love for
paper: the Veneto region and Bassano del Grappa in particular.
A good example are the Bassano collection, recalling the different shades of
brown of the old Ponte Vecchio wood; the Palladio collection, and the colours
of wall decorations on the Basilica Palladiana in Vicenza; the Venezia and
Laguna collections, capturing the typical colours and atmospheres of the Serenissima. The objective is also to tell about the land and promote it with unique, original and eco-friendly pieces. One of the most recent creations is the
Racconto necklace, a long rope that twists and snakes in twirls and winding
meanders, and is produced with pressed microflute cardboard disks.
A small aluminium disk completes and joins the two ends, a precious, bright
f inal touch. A knotted necklace to wear around the neck, as you wear your
history, your own personal tale. Like all the other unique pieces in this line
of jewels, it combines the contemporary technology of serial production with
creativity and craftsmanship, the real secret of their being so extraordinary.
The project, launched in 2011, had occasions to encounter the public in a
number of personal and collective exhibitions held throughout the region in
2012, and in April 2013 participated in the "Fuori Salone" selection event of
Ventura Lambrate for the Milan’s Salone del Mobile.
In November 2013 it participated in "Open Design Italia" and won the
Italian Embassy in Berlin Award. Between December 2013 and April 2014
it displayed new pieces at the Italian Embassy in Berlin.
crea zioni zuri
e-mail: [email protected]
www.creazionizuri.it
facebook / Creazioni Zuri
Tel. +39 349 5522181 | +39 333 1634328
[ 54 ]
[ 55 ]
antologica “Di vetro e nel vetro”, mostra di successo di critica e di pubblico tenutasi ai musei civici di Padova in Palazzo
Zuckermann nel 2010-2011 attirando oltre quattromila visitatori. Le sue sono trasparenze e sinestesie che pongono in luce la
sapienza con cui Rinaldi nei vetri ottiene effetti sbalorditivi con
inclusioni, sommersioni e illuminazioni, scalpellandolo invece
talora come fosse marmo o pietra.
Tutti esemplari che sorprendono per l’acrobatica perizia della
esecuzione, e per gli effetti inusitati di quinta dimensione concentrando tecniche e soluzioni alchemiche di più arti in una sola
creazione. Famose sono pure le opere in acciaio che l’autore lavora con il laser, tanto ambite quanto le creazioni in bronzo e le
sculture luminose in vetro, come quelle per la rassegna a Villa
Nazionale Pisani di Stra nell’estate 2000 impreziosite da numerose inclusioni d’oro. La mostra prosegui sino al 2012 , ospitata
da vari musei nel mondo in collaborazione con la Fondazione
Sartirana Arte di Pavia, Il Ministrero degli Esteri e Le Ambasciate Italiane all’Estero. Data l’eccezionalità di ciò che fa, molto
di Rinaldi è stato richiesto da musei di mezzo mondo (primo fra
tutti a Firenze il Pitti), per mostre e pure per esposizioni permanenti. Una bellissima scultura in acciaio che si titola La notte di
San Lorenzo sta proprio nella sua città, collocata all’aperto, nello
spazio prestigioso dei giardini dei Musei Civici agli Eremitani,
dove tutto il mondo transita perché antistante la Cappella degli
Scrovegni con gli ineguagliabili dipinti di Giotto.
Se è vero che un artista deve interrogare il futuro, indagare il
presente e interpretare il passato con spirito curioso e critico,
bisogna dire che di tal fatta è anche il collezionismo di Rinaldi,
dal momento che egli lo vive come se fosse un’altra faccia della
sua creatività. In lui la percezione, la scoperta di una costante tra
le tante espressioni che ritrova nelle opere di coloro che l’hanno
preceduto, si trasforma in qualche modo nella propria visione
sicché la collezione è a sua immagine e somiglianza come la creazione cui pone mano. Spesso nell’opera sua e in quelle che sceglie è centrale la presenza dell’uomo mito: non solo gli dei e gli
eroi della classicità, ma chi persegue l’arte senza compromessi
affermando il valore di un elevato sentire.
Big Galaxy | 2009
Acciaio satinato // Brushed steel
cm 130 x 130 x 130
Angelo Rinaldi
Una poliedrica creativ ità
Marica Rossi
F
orte di quel talento che gli uomini colti del Rinascimento chiamavano ingenium, lo scultore padovano Angelo Rinaldi attivo
dalla metà degli anni Sessanta, è personaggio con un modo di fare arte, di trasmetterla e di collezionarla che è l’incarnazione del piacere di una rinnovabile creatività. Non è dunque da stupirsi né del suo variegato carnet espositivo, né della cospicua mole di
pagine che critici e studiosi autorevoli gli hanno dedicato. Unanime l’attestazione che sculture, installazioni, oggetti design, quadri,
non solo convincono dal punto di vista estetico, ma sottendono aspetti nuovi concepiti con quella originalità che li fa essere secondo la
definizione che Emile Zola dava all’arte: ”un luogo della creazione vista attraverso un temperamento”.
Le peculiarità di Rinaldi si riscontrano soprattutto nella opere in vetro (soffiato o scultoreo) perché da sempre egli ha amato questa
materia perseguendone gli effetti mirabolanti forse più degli artisti della Laguna. Non si è limitato a ideare un manufatto, ma è entrato
nel vivo delle fornaci a tenzonare col fuoco, per padroneggiarne le magie, schivarne i tiri malandrini, approdando ad esiti stupefacenti
mai però tacciabili di virtuosismo perché sempre connaturati ad un’intima sua adesione poetica. L’hanno constatato i visitatori della
[ 56 ]
Mark | 1999
Bronzo // Bronze
cm 18,5 x 18,5 x 18,5 Altezza // Height cm 33
Per un discorso più tecnico vale la considerazione che Angelo
Rinaldi ha trovato il suo migliore propellente per volare alto coltivando più muse, acquisendo una speciale fragranza del colore
sia nell’astratto che nel figurativo, abilità di design, inventiva
per le installazioni, fantasia nell’abitare bassorilievi e formelle,
e la forza e la grazia nei vetri come nelle famosa ”Scarpetta di
Cenerentola”. Tutto è nato da una vocazione artistica precoce
alimentata da studi in Italia e all’estero, e dalla frequentazione
di atelier di maestri di fama internazionale. La prima mostra fu
di pittura nel 1965 seguita da esperienze in cui il linguaggio si fa
astratto declinando la sua ricerca su materiali diversi per tornare
infine alla rivalutazione dell’uomo. L’iter l’ha portato a risultati
notevoli: mostre in mezzo mondo e la Biennale d’arte di Venezia
nel 2009. Da artista del vetro recente è l’invito dal Ministro
degli Esteri Federica Mogherini a presenziare all’inaugurazione
del nuovo allestimento delle opere d’arte della Farnesina comprendente la sua scultura Figure nello Spazio del 2006.
Angelo Rinaldi
vive e lavora a Padova
www.angelorinaldi.com
Vacanza d’estate | 2010
Monolito vetro massello, con sommersione di: ossidi, limatura oro e materiale tecnologico // Glass monolith, with submersion of: oxides, gold filings and technological material
cm 31 x 21,5 x 7,5
[ 57 ]
Angelo Rinaldi
A happy asyndeton
Marica Rossi
W
ith that kind of special talent that learned Renaissance
men called ingenium, Paduan sculptor Angelo Rinaldi,
active since the mid Sixties, has a way of making art and conveying it, but
also collecting it, that embodies the pleasure of an ever renewing creativity.
We should not be surprised, therefore, by his varied exhibiting schedule or the
great number of pages that authoritative critics and experts devoted to him.
Everybody agrees that his sculptures, installations, design objects and paintings not only convince aesthetically but imply something new, conceived with such originality that they are turned into ”places of creation seen through
a temperament”, according to Emile Zola’s def inition of art. Rinaldi’s peculiarity is best seen in his glass works (blown or sculpted): he has always
loved the material, pursuing its amazing effects perhaps even more than the
Lagoon’s artists.
Rinaldi does not just conceive a piece of art, he enters the heart of furnaces to
battle with f ire, master its magic and dodge its mischievous tricks, achieving
stunning results that can never be accused of virtuosism, because they are
always deeply connected to his intimate poetic vision. That was certainly clear
to visitors of his retrospective “Di vetro e nel vetro” exhibition, a great success
with critics and the public, hosted by Padua’s Civic Museums at Palazzo
Zuckermann in 2010-2011, which attracted over four thousand visitors.
His transparencies and synaesthesiae give evidence of a skill that allows
him to obtain astounding results from his glass works, with inclusions, submersions and illuminations, even by carving the glass sometimes, as if it were
marble or stone. These are all pieces that surprise for the acrobatic skill of execution and the unusual f ifth dimension effects, concentrating techniques and
alchemic solutions from different arts into one creation. Famous are also his
steel works, produced with the use of laser and much coveted, just as his bron-
ze creations and the luminous glass sculptures,
like those exhibited at Villa Nazionale Pisani in
Stra during the summer of 2000, enriched with
numerous gold inclusions. The exhibition went
on well into 2012, hosted by various world museums, thanks to the joint effort of Fondazione
Sartirana Arte in Pavia, the Ministry of Foreign Affairs and various Italian embassies abroad.
Given the exceptional quality of Rinaldi’s work,
much of it has been in demand from museums
all over the world (f irst among them the Pitti
Museum in Florence), for temporary and also
permanent exhibitions.
A beautiful steel sculpture called La notte di
San Lorenzo can be found in his hometown,
placed outdoors, in the prestigious garden space
of Musei Civici agli Eremitani, where the whole world passes by because it is in front of the
Scrovegni Chapel, with its unique paintings by
Giotto.
Astrazione astrale-A.R.11 anno 1970 | 2013
Acrilico e pastello su tela // Acrylic and pastel on canvas
cm 100 x 170
If it is true that an artist must question the
future, investigate the present and interpret the past with an inquisitive and critical mind, this is certainly the stuff that Rinaldi’s collecting is also made of, since
he goes through it as if it were another side of his creativity. The perception, discovery of a constant element in the many expressions he f inds throughout the work
of those who preceded him is somehow transformed by Rinaldi into his own vision, so that the collection appears to be in his image and likeness, just as the work
he creates with his own hands.
In his works, and in the ones he chooses, there is often the central presence of a myth-man: not just gods and heroes of classical antiquity, but any man who pursuits
art with no compromises, aff irming the value of high feelings. On a more technical ground, we might say that Angelo Rinaldi found the best propellant to fly high
by pursuing different muses, thus acquiring a special colour fragrance in both his abstract and f igurative work, together with design skills, installation inventiveness, imagination in inhabiting bas-reliefs and panels, and the power and grace of glass as in the famous ”Cinderella Slipper”. It all started with an early artistic
vocation nourished by studies in Italy and abroad, and frequent visits to ateliers of internally renowned masters.
His f irst exhibition in 1965 was a painting exhibition, followed by works in which the language becomes abstract and illustrates his research on different materials, to then go back to the re-appraisal of man. This artistic journey led him to remarkable results: exhibitions all over the world and the Venice Art Biennale
in 2009. As a glass artist, he was recently invited by the Foreign Minister Federica Mogherini to attend the inauguration of the new exhibition of the Farnesina
works of art, which includes his 2006 sculpture Figure nello Spazio.
Angelo Rinaldi
lives and works in Padua
www.angelorinaldi.com
Pianeti Faust | 1999
Vetro bleu scolpito e dorato // Bleu graven and gilt glass
Diametro // Diameter cm 37
[ 58 ]
Trasparenze A.R.2 - anno 2012 | 2012
Acrilico su cartone // Acrylic on cardboard
cm 70 x 100
Astratto-ST.1 2012 | 2012
Acrilico su tela // Acrylic on canvas
cm 60 x 80
[ 59 ]
[ 60 ]
[ 61 ]
da vedere // to see
Musei Civici agli Eremitani
P
adova
Veronese e Padova.
L’artista, la committenza e la sua
fortuna
Paolo Veronese, a partire dalla metà degli anni
cinquanta del secolo XVI, dipinse alcuni dei suoi
capolavori per Padova e il suo territorio, lavorando
per il potente ordine dei Benedettini e altri enti
religiosi. Realizzò pale per Praglia, per S. Giustina, per la Chiesa dei Cappuccini e per S. Francesco, oltre a opere di minori dimensioni, come
il famoso Martirio di S. Giustina. Il fratello e i
figli, eredi della bottega, continuarono a operare
nel padovano seguendo i canali della medesima
committenza; già nel Cinquecento artisti come
Zelotti e Varotari, specialisti nella decorazione
di ville e nella produzione di pitture religiose, si
espressero sulla scia dello stile del Caliari, con
dipinti e affreschi religiosi e affrescando ville
come il castello del Catajo e villa Roberti a Brugine. All’inizio del Seicento a Padova, Pietro
Damini fu protagonista di una reinterpretazione
di Veronese in chiave controriformistica. Qualche
decennio dopo, grazie a figure come Girolamo
Pellegrini, Valentin Lèfevre e Giovanni Antonio
Fumiani, si assiste a un vero e proprio revival,
culminato con il grande Sebastiano Ricci nella
diffusione su scala europea della pittura chiara
e brillante di Paolo. La mostra, valendosi di una
cinquantina di dipinti raccoglie le opere padovane
di Paolo e ne documenta la fortuna nel territorio
fino tutto il secolo XVII.
I Musei di Spazio Brazzà
Museo Storico Pietro di Brazzà Savorgnan, Museo Artistico Štěpán Zavřel
Moruzzo (UD)
Il Centro Internazionale di Studi per la Cultura
dell’Infanzia ‘Štěpan Zavřel’con il Museo Artistico ‘Štěpan Zavřel’di Spazio Brazzà, sede permanente della mostra antologica dedicata a uno
dei più grandi Maestri dell'Illustrazione per
l'Infanzia, creano e promuovono progetti culturali
a livello territoriale e internazionale in collaborazione con diversi Enti e istituzioni con una particolare attenzione al Libro illustrato e alle diverse
forme d’Arte rivolte al Bambino. Il Centro di
Studi studia e documenta l'opera omnia dell'artista, grafico, animatore, illustratore, editore, gallerista che ha avuto come grandi maestri dell'animazione e della grafica, Jiri Trnka ed Emanuele
Luzzati; inoltre promuove la programmazione
delle attività museali come frutto di proposte
nate dalla ricerca sul campo, in collaborazione
con esperti di settore. In particolare tra i diversi progetti spicca la collaborazione con la casa
editrice Bohem Press Italia di Trieste, per ripubblicare o editare ex novo i capolavori editoriali del
grande Maestro illustrati per l'Infanzia, vincitori
di numerosi premi e riconoscimenti internazionali per le tematiche affrontate e la bellezza delle
immagini illustrate, accompagnandoli e supportandoli con Progetti speciali rivolti in particolare
alle scuole, con la convinzione che davvero i Bambini possono cambiare e migliorare il mondo.
Eremitani Civic Museums
Veronese and Padua. The artist, the
clients and the fortune
Starting from the mid 16th century Paolo Veronese painted some of his masterpieces in Padua
and its surrounding area, working for the powerful
Benedictine order and other religious institutions.
He made altarpieces for Praglia, Santa Giustina,
the Capuchin church and San Francesco, as well
as smaller size works such as the famous “Martyrdom of St. Giustina”. His brother and sons, who
inherited the workshop, continued to work in the
Padua area, following the same client channels;
in the late 16th century artists like Zelotti and
Varotari, specialists in the decoration of villas and
in religious subjects, produced work according to
Caliari style, with religious frescoes and paintings,
and frescoed villas such as the Catajo castle and
Villa Roberti in Brugine. In the early 17th century, in Padua, Pietro Damini was at the centre of a
reinterpretation of Veronese in counter-reformation style. A few decades later, thanks to figures
like Girolamo Pellegrini, Valentin Lèfevre and
Giovanni Antonio Fumiani, we assist to a true
revival, culminating with the great Sebastiano
Ricci in the dissemination on European scale of
Paolo Veronese clear and bright painting style.
The exhibition, counting about fifty paintings,
puts together Paolo’s Padua works and documents
their fortune in the territory up to the whole 18th
century.
The ‘Štěpan Zavřel’ International Study Centre
for Children’s Culture (Centro Internazionale di
Studi per la Cultura dell’Infanzia ‘Štěpan Zavřel’),
together with the ‘Štěpan Zavřel’ Artistic Museum
at Spazio Brazzà, permanent home of the retrospective exhibition devoted to one of the greatest
masters of children’s illustrations, organise and
promote cultural projects at local and international level in collaboration with several bodies and
institutions, with special attention to illustrated
books and other art forms devoted to children. The
Study Centre analyses and documents the complete works of the artist, graphic designer, animator, illustrator, publisher and gallery owner who
had as teachers the great masters of animation and
graphics Jiri Trnka and Emanuele Luzzati; it also
promotes and plans museum activities as a result
of proposals originating from field research, in
collaboration with experts in the sector. In particular, one outstanding project is its collaboration
with the publishing house Bohem Press Italia in
Trieste, in order to re-publish or edit anew the
printing masterpieces of Štěpan Zavřel illustrated
for children, winners of many international prizes
and awards for the subjects addressed and the
beauty of illustrations, accompanying and supporting them with special projects targeted especially
at schools, with the conviction that children can
really change and improve the world.
Villa Manin
Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi
Il maestoso complesso di Villa Manin, situato a
Passariano, nel Comune di Codroipo, in provincia
di Udine, è uno dei monumenti artistici più significativi del Friuli Venezia Giulia e uno dei simboli
più conosciuti del turismo e della cultura regionale. Fu fatta edificare nel Seicento da Ludovico
I Manin per celebrare la ricchezza e la potenza
della sua casata, utilizzata dai Manin come casa di
campagna. La Villa risulta inserita nell’ambiente
che la circonda secondo un concetto di armonizzazione, tanto da divenire parte integrante del
paesaggio circostante. La vita del maestoso complesso di Passariano si è sempre legata alle vicende
storico-politiche che hanno riguardato questo
territorio; è così che alla fine del XVIII secolo,
all’epoca dell’ultimo doge di Venezia Ludovico Manin (1789-1798), la Villa divenne quartier
generale delle truppe francesi capitanate da Napoleone Buonaparte, che qui soggiornarono nel 1797
durante la campagna d’Italia. Nelle sale della
dimora dogale si svolsero importanti trattative
che portarono al “Trattato di Campoformido” (17
ottobre 1797), con il quale venne sancita la fine
della Repubblica di Venezia a favore dell’Impero
Asburgico.
Cambiamento che segnò l’inevitabile decadimento sino alla fine della potenza della
dinastia dei Manin. Questo portò nell’Ottocento
al degrado della Villa, causato dall’affievolimento
della fortuna familiare dei Manin. Dopo la metà
del Novecento la Villa fu acquistata dall’Ente
per le Ville venete ed in seguito, nel 1969 dalla
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, attuale
proprietario.
Ogni stagione vede rinnovarsi l’offerta dei
Musei delle Regole grazie a nuovi percorsi espositivi che affiancano le collezioni permanenti.
Il Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi apre
quest’inverno le porte all’arte contemporanea con
la mostra Chiavi di Accesso, risultato del progetto
europeo AdMuseum in cui confluiscono i risultati
della ricerca sul territorio di tre giovani artisti,
Michael Fliri, Mario Tomè, Nicolò Degiorgis.
Il Museo Etnografico delle Regole pone, invece,
l’accento sugli sviluppi contemporanei della tecnica della lavorazione del ferro battuto grazie alle
sculture di Gino Masciarelli che compongono
la mostra Bestiario, organizzata in collaborazione con il fabbro Giancarlo Candeago. Il Museo
è stato recentemente inserito all’interno di una
pubblicazione promossa dai Musei Vaticani quale
esempio di ottima trasmissione del patrimonio di
un territorio attraverso un allestimento museale.
Nello scrigno della storia geologica di Cortina
d’Ampezzo, il Museo Paleontologico Rinaldo
Zardini, verrà dato ampio spazio ad una delle
scoperte più straordinarie degli ultimi anni: l’ambra del Triassico ritrovata da Paolo Fedele al cui
interno è stato identificato il più antico organismo
incluso in una goccia di resina fossile (230 milioni
di anni).
Passariano, Codroipo (UD)
The majestic ensemble of Villa Manin, located
in Passariano under the municipality of Codroipo
in the province of Udine, is one of the most
important artistic monuments in Friuli Venezia
Giulia and one of the most popular symbols of the
tourism and culture of the area. Commissioned in
the 17th century by Ludovico I Manin to celebrate
the wealth and power of the Manin family, it was
the family’s country house. Following the rules
of environmental harmonization, the Villa blends
in perfectly with the surrounding landscape. The
life of this majestic complex in Passariano has
always been closely linked to the local historical
and political events: at the end of the 18th century,
under the reign of the last doge of Venice Ludovico Manin (1789-1898), Napoleon Bonaparte chose
this regal residence as the General Headquarters of the French troops stationed here in 1797
during the Italian campaign. The new order he
was later to impose on the whole of Europe was
planned here. It was in the rooms of the Doge’s
residence that the important negotiations which
were to culminate in the “Treaty of Campoformido” (October 17, 1797) were held, thus marking
the end of the Republic of Venice to the benefit
of the Hapsburg Empire.
This change inevitably
brought about the decline and end of the Manin
dynasty, which eventually resulted in the deterioration of the villa, due to the dwindling family
fortune. In the second half of the 20th century
the villa was purchased by the Board of Venetian
Villas, which then sold it in 1969 to its current
owner, the Autonomous Region of Friuli Venezia
Giulia.
Cortina d’Ampezzo (bl)
Collezione Peggy Guggenheim
V
enezia
La Galleria - Dorothea van der Koelen
V
enezia
“Art in Architecture & Others”
AZIMUT/H. Continuità e nuovo
La Collezione Peggy Guggenheim di Venezia
ospita fino al 19 gennaio 2015 un prezioso tributo ad Azimut/h, la galleria e rivista fondate nel
1959 a Milano da Enrico Castellani (1930) e Piero
Manzoni (1933 – 1963). La mostra AZIMUT/H.
Continuità e nuovo, a cura di Luca Massimo Barbero, restituisce al pubblico il ruolo fondante che
Azimut/h ebbe nel panorama artistico italiano e
internazionale di quegli anni: grande catalizzatore della cultura visiva e concettuale nazionale ed
europea dell’epoca, e ponte ideale tra una nuova
generazione rivoluzionaria e la più stretta contemporaneità. In mostra, oltre ai lavori dei maestri
Castellani e Manzoni, trovano spazio le opere
degli artisti che ruotarono intorno alla galassia di
Azimut/h, da Fontana a Burri, Johns, Rauschenberg, Klein, Mack e altri. A completamento del
percorso espositivo un’esaustiva pubblicazione,
edita da Marsilio Editori, che presenta la ricerca
sviluppata per la mostra. Seguirà poi dal 14 febbraio, fino al 6 aprile, Jackson Pollock, Alchemy.
Ricerca e conservazione, una mostra scientifica
che intende svelare l’analisi, la conservazione e la
pulitura di Alchimia, opera-cardine di Pollock, e
tra i capolavori assoluti della collezione di Peggy
Guggenheim.
Il 6 giugno 2014, in occasione della 14. Biennale
di Architettura di Venezia, La Galleria di
Dorothea van der Koelen ha inaugurato una
mostra dedicata all’opera d’arte integrata in un
contesto architetturale determinato. L’esposizione è visitabile fino al 28 marzo 2015. I progetti
artistici presentati nella galleria veneziana sono
dodici: concepiti da artisti di fama internazionale
e realizzati tra il 1994 e il 2013 per l’Università
di Bayreuth, il centro commerciale di Erlangen,
il Museo Ritter o il Parlamento di Dresden (per
citarne solo alcuni), essi sono illustrati attraverso
vari supporti di documentazione come fotografie,
cartografie, modelli, ecc. Assieme alla presentazione dei progetti realizzati in situ sono esposte
diverse opere degli artisti. Sono presenti Lore
Bert, Daniel Buren, Eduardo Chillida, Heinz
Gappmayr, François Morellet, Jan van Munster,
Fabrizio Plessi, David Rabinowitch, Günther
Uecker e Martin Willing.
AZIMUT/H. Continuità e nuovo
(Continuity and the new)
Every season the Musei delle Regole renew their
offerings thanks to new exhibits along with their
permanent collections. This coming winter the
Museum of Modern Art Mario Rimoldi opens its
doors to contemporary art with the exhibit “Access
Keys” originated by the European AdMuseum
project where the search results for three young
local artists converge showing works by Michael
Fliri, Mario Tomé and Nicoló Degiorgis. The
Ethnographic Museum on the other hand puts
the accent on the contemporary developments in
wrought iron work technique thanks to the sculptures by Dino Masciarelli in the exhibit called
“ Beastly Showcase”, organized in collaboration
with master blacksmith Giancarlo Candeago. The
Museum has recently been featured in a publication by the Vatican Museums as an example of the
best heritage of a given territory passed on through
a museum exhibit. In the treasure trove of geological history in Cortina d’Ampezzo, at the Museum
of Paleontology Renato Zardini, large scope will
be given to one of the most extraordinary discovery in the last years: amber from the Triassic found
by Paolo Fedele. Within it the oldest organism
embedded in a drop of resin was discovered (230
million years old).
The Peggy Guggenheim Collection in Venice
will host until 19 January 2015 a remarkable
tribute to Azimut/h, the gallery and magazine
founded in 1959 by Enrico Castellani (1930) and
Piero Manzoni (1933-1963) in Milan. The AZIMUT/H. Continuità e nuovo exhibition, curated
by Luca Massimo Barbero, restores to the public
the founding role of Azimut/h on the Italian
and international arts scene of those years: great
catalyst of the national and European visual and
conceptual culture of the time, and ideal bridge
between a new revolutionary generation and the
strictest contemporary style. The exhibition displays works by masters like Castellani and Manzoni, but lends also room to the work of artists
who gravitated around the Azimut/h circle: Fontana, Burri, Johns, Rauschenberg, Klein, Mack
and others. To complete the event, a comprehensive publication by Marsilio Editori presents the
research work behind the exhibition. This will be
followed, from 14 February to 6 April, by Jackson
Pollock, Alchimia. Ricerca e conservazione, a scientific exhibition that reveals the analysis, conservation and cleaning done for Alchemy, a pivotal
work by Pollock and one of the Peggy Guggenheim Collection absolute masterpieces.
“Art in Architecture & Others”
On June 6th 2014, during the 14. Architecture
Biennale in Venice, La Galleria of Dorothea van
der Koelen inaugurated an exhibition that focuses
on the work of art integrated in a determinated architectural context. The exhibition will be
available for visits until March 28th 2015. The
artistic projects presented in the venetian gallery
are twelve: conceived by internationally famous
artists and realized between 1994 and 2013 for
the Bayreuth University, the Ritter Museum or
the Dresden Parliament (to name just a few), they
are illustrated through various documentation
media such as photography, plans, models, etc.
Together with the presentation of the projects in
situ, several works of the artists are on display.
The “Art-in-Architecture-Projects” are from the
artists Lore Bert, Daniel Buren, Eduardo Chillida, Heinz Gappmayr, François Morellet, Jan van
Munster, Fabrizio Plessi, David Rabinowitch,
Günther Uecker and Martin Willing.
Musei Civici agli Eremitani
I Musei di Spazio Brazzà
Villa Manin
Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi
Collezione Peggy Guggenheim
La Galleria di Dorothea van der Koelen
Piazza Eremitani 8, 35121 Padova
Tel. +39 049 8204551/4513
e-mail: [email protected]
http://padovacultura.padovanet.it
Via del Castello 15, 33030 Moruzzo (UD)
Cell. +39 345 39 11 907
e-mail: [email protected]
www.castellodibrazza.com
Piazza Manin
33033 Passariano, Codroipo (UD)
Tel. +39 0432 821211
e-mail: [email protected]
www.villamanin-eventi.it
Corso Italia 69
32043 Cortina d’Ampezzo (BL)
Tel. +39 0436 866222
e-mail: [email protected]
www.musei.regole.it
Dorsoduro 701, 30123 Venezia
Tel. +39 041 2405411
e-mail: [email protected]
www.guggenheim-venice.it
San Marco 2566, 30124 Venezia
Tel. +39 041 5207415
Fax. +39 041 2778080
e-mail: [email protected]
www.galerie.vanderkoelen.de
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Museo Civico
B
assano del Grappa (VI)
Alla scoperta del Museo
Una torre, due leoni: la bandiera
ritrovata
21 novembre 2014 - 4 gennaio 2015
Nei nuovi spazi del Museo Civico, nella nascente sezione dedicata alla Storia della Città, verrà
presentata in una mostra storica una bandiera
con le armi della città di Bassano. Il manufatto,
realizzato in seta gialla e rossa, ricamato e dipinto
a mano, riproduce al centro lo stemma cittadino con la torre sorretta dai due leoni rampanti e
riporta ai quattro angoli lo stemma veneziano del
Leone di San Marco “in moeca”, ovvero frontale,
seduto con le ali spiegate a ventaglio, nell’aspetto simile a quello di un granchio (in veneziano
moeca è proprio il nome dei piccoli granchi). Il
tipo di raffigurazione e di coloranti impiegati
per la realizzazione dello stendardo - che si sono
potuti meglio conoscere durante l’intervento di
restauro - hanno permesso di datare l’opera alla
seconda metà dell’Ottocento, quando già erano in
uso colori di tipo industriale. La bandiera viene
esposta dopo un accurato restauro finanziato dal
Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Vicenza e Bassano del Grappa.
Museo Civico
B
assano del Grappa (VI)
Spada in bronzo, età del bronzo medio (1600-1200 a.C.)
Alla scoperta del Museo
La spada dell’età del Bronzo
Dal 19 gennaio 2015
Rinvenuta fortuitamente nel 2009 da un ragazzo bassanese sul greto del fiume Brenta tra Bassano e Nove, questa preziosa spada dell’età del
bronzo medio (1600-1200 a.C.), verrà finalmente
esposta e presentata al pubblico, dopo il restauro a
cura della Soprintendenza, nella sezione dedicata
alla Storia della Città a partire da San Bassiano.
Una spada di rara bellezza, finemente decorata a
bulino, riferibile ad una tipologia diffusa nell’area
dell’Europa centrale, che veniva utilizzata per i
combattimenti a cavallo, data la sua lunghezza, e
probabilmente appartenuta ad un capo guerriero
che l’aveva depositata nel fiume come offerta a una
divinità.
Museo Canova
Fondazione Canova Onlus
Possagno (TV)
Nel bicentenario della nascita di Canova (17571957), Carlo Scarpa ebbe l’incarico di progettare
l’ampliamento della Gipsoteca di Possagno. I
lavori presero avvio nel gennaio 1957 e si conclusero un anno e mezzo dopo: disegni in cantiere se
ne videro pochi,erano più che altro schizzi: Scarpa
era dotato di un estro inventivo velocissimo, talora
lasciava detto a voce, a qualche operaio del cantiere, il mutamento di particolari costruttivi. Poi
poteva cambiare ancora parere e faceva fermare il
lavoro solo per ridefinire una cornice o ripensare
uno sporto. Non fu facile per Scarpa concludere
il lavoro: la Soprintendenza pretendeva la scrupolosa osservanza del progetto e dei tempi mentre
la comunità possagnese era incuriosita dalla
strana costruzione con finestre agli angoli del
tetto e con pareti fatte solo di cristallo dalle quali
“pioveva” una luce candida e diretta sui gessi.
Costruzione unica, geniale quella di Possagno:
Scarpa ha voluto “ritagliare l’azzurro del cielo” per
“far entrare in Gipsoteca le colline di Asolo”; ha
saputo valorizzare i capolavori assoluti di Canova
nello sfondo verde e dolcissimo dei campi, dei
broli, delle colline, della rocca che a meridione di
Possagno creano una cornice paesaggistica unica
al mondo.
Discovering the museum
The sword of the Bronze Age
From 19th January 2015
Discovering the museum
One tower, two lions: the discovery
flag
21st November 2014 - 4th January 2015
Discovered accidentally in 2009 by a passer-by
from Bassano on the bed of the river Brenta,
between Bassano and Nove, this precious swort
from the Middle Bronze Age (1600-1200 a.C)
is finally visible and offered to the pubblic in the
new section dedicated to the History of the City
starting from St.Bassiano, after its restauration
sponsored by the Sopraintendenza.nThis sword is a
piece of rare beauty decorated by exquisite engravings, knights commonly used similar lengthy
weapons in Central Europe and probably this particular sword belonged to a wearlord who tossed it
into the river as an offering to a deity.
The flag with the city coat of arms will be presented in a historical exhibition, taking place in
a new area of the Civic Museum, in a developing
section dedicated to the History of the City. The
artefact, interweaved with red and yellow silk,
embroidered and hand-painted,portrays in its
middle the city coat of arms: a tower supported
by two rampant lions and in all of its four corners
is displaced Venice’s crest, the lion of St.Marco
“in moeca”, postured seated, head-on with open
wings. This particular representation of the crest
resembles a crab (in ancient Venetian language
“moeca” means small crab). This particular type
of representation and the dyes adopted for the
realization of this standard - well analysed during
the restauration- have permitted to date this craft
up to the second half of nineteenth century, when
industrial colours where already being used. The
flag is finally revealed after a careful restauration
sponsored by the Consiglio Notarile dei distretti
Riuniti di Vicenza e Bassano del Grappa.
Museo Civico
Museo Civico
Piazza Garibaldi 34
36061 Bassano del Grappa (VI)
Tel. +39 0424 519901/904
www.museibassano.it
Piazza Garibaldi 34
36061 Bassano del Grappa (VI)
Tel. +39 0424 519901/904
www.museibassano.it
[ 64 ]
Carlo Scarpa was commissioned to design the
extension of the Possagno plaster-cast gallery in
Possagno on the bicentenary of Canova's birth
(1757-1957). The work started in January 1957
and was completed a year and a half later. Very
few drawings were seen on site and what were
produced were little more than sketches: Scarpa
was endowed with a very rapid imagination and
sometimes just told some site labourer to change
a construction detail. Then sometimes he might
change his mind and stop the work only so that he
could redefine a cornice or projection. It was not
easy for Scarpa to complete the work: the Authorities demanded the scrupulous compliance of the
project while the people of Possagno were curious
about the strange building with windows at the
corners of the roof and with walls made only of
glass from which a crystalline light "rained" on
the exhibits. The Possagno building is genial and
unique: Scarpa wanted to "cut the blue of the sky"
to "let the hills of Asolo enter Gallery"; he knew
how to showcase Canova's absolute masterpieces
at their best in the sweet green background of the
fields, gardens, hills and the rock which create a
natural frame south of Possagno that cannot be
equalled anywhere in the world.www.museocanova.it
Museo Canova
Fondazione Canova Onlus
Via Canova 74, 31054 Possagno (TV)
Tel. +39 0423 544323
www.museocanova.it
- FAL SAR E A -
CONVIVIOITALIA
Al Louvre vivono invisibili,
tranne che per Enki Bilal,
molti fantasmi
Sono generati dalla fantasiosa mente del disegnatore fumettista “bédé” Enki Bilal per un suo
progetto nato in collaborazione con lo stesso
museo parigino. Dopo aver fotografato alcuni
dei più famosi capolavori in esso contenuti, ne ha
stampato le immagini su enormi tele sulle quali
ha dipinto in acrilico evanescenti personaggi.
Non figure qualsiasi ma “fantasmi”, emanazioni
ectoplasmatiche che si immagina partecipino alla
vita dei capolavori di Leonardo, Delacroix, Goya,
El Greco, Durer e di altri protagonisti della Storia
dell’arte. “Ridipingo il mio sguardo sull’opera”
afferma Bilal che riprende le inquietanti presenze
anche mentre si manifestano nelle sale e nei corridoi del Louvre e persino avvolti attorno alla Nike
di Samotracia o a una statua di Cristo Deposto,
giganteggiando senza peso e sostanza con i volti
tipici dei protagonisti delle grafic novel di Enki
Bilal. Dalla Monna Lisa di Leonardo, “esce” una
testa maschile con i capelli verdi e attraversa la
cornice sotto lo sguardo imperturbabile della Gioconda. Cosa ne avrebbe pensato Leonardo? Non è
dato sapere. Probabilmente avrebbe sorriso divertito. Almeno quanto i dirigenti del Louvre che
hanno dedicato una mostra a Bilal, vera galleria
di foto, e ghost storie e guida un po’ anomala del
museo, oggetto nel gennaio 2013 di una pubblicazione, I fanasmi del Louvre, edita in italiano da
Bao Publishing di cui l’illustratore è autore di 22
“storie” di fantasmi, tra i molti altri che vivono
imprigionati tra le opere d’arte del Louvre e dei
relativi loro ritratti.
Man y ghosts, invisible
except to Enki Bilal, live
inside the Louvre
They were created by the imaginative mind of cartoonist Enki Bilal (“Bédé ”) for one of his projects,
developed together with the Paris museum. After photographing some of its most famous masterpieces, he
printed the images on huge canvas and then painted
with acrylic paint some evanescent figures on them.
Not just any figures but “ghosts”, ectoplasmic emanations that appear to participate in the life of masterpieces by Leonardo, Delacroix, Goya, El Greco, Dürer
and other masters of the history of art. “I repaint what
I see on the work of art” says Bilal, who portrays the
disturbing presences also as they manifest themselves
in the Louvre’s rooms and corridors, even wrapped
around the Nike of Samothrace or a statue of the
Dead Christ Deposed, towering without weight or
substance, the faces typical of some characters of Enki
Bilal’s graphic novels. A male head with green hair
“comes out” of Leonardo’s Monna Lisa and crosses
the frame under the Gioconda’s composed look. What
would Leonardo have thought of it? We are not to
know. He probably would have smiled, amused. At
least as much as the Louvre’s officials, who dedicated
an exhibition to Bilal, a real gallery of photos and
ghost stories, a slightly unusual guide to the museum
and the subject in January 2013 of a publication, The
Louvre ghosts, published in Italian by Bao Publishing, where the illustrator is the author of 22 “stories”
of ghosts, from the many who live imprisoned between
the Louvre works of art and their portraits.
Tutto è partito da un disegno su un taccuino ed
un network è diventato un’associazione culturale
dal nome CONVIVIOITALIA che si propone
di valorizzare, attraverso l’impegno di privati
imprenditori, l’immenso patrimonio artistico,
paesaggistico, manifatturiero, che fa dell’Italia il
Paese al Mondo di gran lunga più ricco.
Un gruppo di imprenditori veneti dialogando
a tavola di tutto e di più, gustando buoni piatti
della cucina tradizionale veneta, hanno sentito
l’esigenza di “parlare” di ciò che realmente manca
al nostro territorio, fatto di tanti campanili e
dispersione di risorse: la gestione dell’accoglienza
e l’organizzazione tematica e geografica dei flussi
turistici.
CONVIVIOITALIA quindi nasce con l’intenzione di mettere insieme tutte quelle forze che
vanno dall’associazionismo culturale a quello
d’impresa (ricordiamo che solo a Vicenza insistono 74 aziende storiche con più di cento anni). Il
primo passo concreto di CONVIVIOITALIA è
stato il Convegno ARTE IMPRESA al Cuoa di
Altavilla in settembre , che ha determinato l’avvio
dei lavori per il Concorso internazionale stARTE
che premierà idee d’impresa che valorizzino il
patrimonio artistico; prima edizione Ottobre
2015, seguiteci su www.convivioitalia.eu
It all started with a drawing on a notebook, and
a simple network has now become a cultural association called CONVIVIOITALIA, which aims
to promote, through the commitment of private
entrepreneurs, the huge artistic, landscape and
manufacturing wealth that makes Italy by far the
richest country in the world.
A group of entrepreneurs from Veneto, talking
about this and that over a meal, as they were
enjoying some tasty dishes from the traditional
Veneto cuisine, felt the need to discuss what is
really missing in our territory, full of parochialisms and scattered resources: a good management
of hospitality and the thematic and geographical
organization of tourist flows.
CONVIVIOITALIA was then created, with the
aim of putting together all those forces that range
from cultural to trade associations (we point out
that just in Vicenza there are 74 companies with
a history of more than a hundred years). The first
concrete step taken by CONVIVIOITALIA
was the ARTE IMPRESA meeting at Altavilla’s CUOA in September, leading to the launch
of Concorso internazionale stARTE, which will
award business ideas promoting our artistic heritage; first edition in October 2015, follow us on
www.convivioitalia.eu
Banca Mediolanum
P
adova
La nuova sede dei Family Banker Office di
Banca Mediolanum di Padova si è trasformata in
un’opera d’arte. La ristrutturazione è stata affidata
allo Studio Corà & Partner ed il progetto artistico
a Marco Nereo Rotelli. L’effetto scenico ottenuto
è davvero unico. Il restauro dell’edificio è stato
un saggio lavoro di recupero edilizio ed ha creato
una nuova identità in un’area urbana degradata.
Le tessere del mosaico che ricoprono la facciata si
connotano per il colore blu profondo che richiama
i colori dell’istituto di credito e rimanda al concetto di infinito. La piazza è stata pensata come
una quinta teatrale con tre elementi simbolici:
un toro, che rappresenta la Forza, una sfera per la
ragione ed una lux per il sentimento.Tutte le opere
sono realizzate in marmo di Carrara. Oltre l’effetto teatrale di unione tra le arti, il luogo di lavoro
diventa luogo di esposizione di opere d’arte di
artisti d’eccezione: Andy Wharrol, Keith Harring, Mario Schifano, Bepi Santomaso.
The new headquarters of the Family Banker
Office of Banca Mediolanum in Padua have
become a work of art. The renovation was commissioned to Studio Corà & Partner and the art project to Marco Nereo Rotelli. The final scenic effect
is truly unique. The building’s restoration represents a skilful piece of recovery work and has created a new identity in a rundown urban area. The
mosaic tiles covering the façade are characterized
by a deep blue colour, to recall the bank’s institutional colours and the idea of infinity. The square
was conceived as a theatre wing containing three
symbolic elements: a bull, to represent strength, a
sphere for reason and a candle light for sentiment.
All works are made of Carrara marble. Beside the
theatrical effect of union of the arts, the workplace
has also become an exhibition place for works of
art by exceptional artists like Andy Warhol, Keith
Haring, Mario Schifano, Bepi Santomaso.
CONVIVIOITALIA
Banca Mediolanum
www.convivioitalia.eu
Piazzetta Bussolin 15, 35137 Padova
Tel. +39 049 8240611
[ 65 ]
Talent on the Rocks
C
hiampo (VI)
Paolo Loschi
Marika Vicari
C
reazzo (VI)
Nicola Nannini
V
icenza
Alberto Biasi
Chiude il contest d’arte Talent on the Rocks,
promosso dal Consorzio Marmisti Chiampo per
Le Settimane del Marmo 2014, ideato per avvicinare i giovani appassionati d’arte al mondo
della pietra naturale. L’iniziativa, patrocinata dalla Fondazione Vignato per l’Arte, che ha
preso parte alla giuria, ha oggi il suo vincitore
con l’opera “Mandela” di Andrea Dalla Barba,
uno dei quindici artisti chiamati ad illustrare su
blocchi di marmo e granito, con libertà espressiva e tecnico-pittorica, un “grande talento” della
storia dell’umanità. La motivazione del voto
premiante ha riguardato non solo la scelta del
soggetto ritratto, icona di forza e speranza verso il
futuro, espressa dal volto sorridente di Mandela,
ma anche il livello esecutivo dell’opera murales,
realizzata con notevoli capacità artistiche, utilizzando una commistione di colori spray e acrilici.
Andrea Dalla Barba, 23 anni, dopo il diploma
artistico, si è specializzato in illustrazione presso
la Scuola Internazionale di Comics a Padova; già
vincitore di diversi concorsi in Italia e all’estero,
collabora per le grafiche di magazine locali ed
internazionali. Per sapere di più sulle iniziative
del CMC, segui il sito: www.consorziomarmistichiampo.com
Dopo gli studi musicali ho dedicato la mia
attenzione alle arti figurative. La mia formazione
è avvenuta frequentando gli ambienti veneziani
nell’ambito pittorico e grafico, per poi approfondire l’uso del colore nel sud della Spagna. Tuttora
sono molto legato al mondo musicale con il quale
intesso collaborazioni quali action painting e scenografie. Come pittore ho un buon orecchio.
A Walk in the Woods that isn’t there
7 FEBBRAIO - 15 MARZO 2015
“LA NOTTE E ALTRI VIAGGI“
Incanto e disorientamento. Sono queste le principali sensazioni che le opere di Alberto Biasi
suscitano nell’animo dello spettatore. Artista
padovano, classe 1937, sin dalla fine degli anni
’50, Biasi ha sviluppato una ricerca che ruota
attorno al tema della percezione visiva dell’opera d’arte. Attraverso le variazioni percettive che
le caratterizzano, le opere di Biasi superano la
propria fisicità e, per trovare pieno compimento,
necessitano della presenza di uno spettatore che
diviene fruitore attivo. Il dialogo che le creazioni di Biasi instaurano con l’osservatore fa si che
l’opera superi la propria univocità, inserendosi in
una nuova dimensione spazio-temporale. Dopo le
prestigiose mostre presentate a Ravenna, presso
il Museo Nazionale e il Mausoleo di Teodorico, e il MACBA di Buenos Aires, per l’autunno
2014 sono in programma importanti esposizioni
personali tra cui una mostra alla Mayor Gallery
di Londra e una presso la MAAB Gallery di
Milano, in occasione della quale verrà pubblicato,
in collaborazione con l’Archivio Alberto Biasi, il
primo catalogo ragionato dedicato alla produzione
delle Trame.
Talent on the Rocks, the artistic contest organised during Le Settimane del Marmo 2014 by
the Chiampo Marble-workers Consortium and
thought to be a link between young art lovers and
the world of natural stone, has finally a winner.
The initiative promoted by Fondazione Vignato
per l’Arte, which has been also involved in the
committee, has crowned the work “Nelson Mandela” by Andrea Dalla Barba as the best among
those of the fifteen artists who painted a “great
talent” in the history of mankind on marble and
granite blocks, using their creativity and their personal painting technique. The committee valued
Andrea’s work not only for the subject, an icon
of strength and hope for the future expressed by
Mandela’s smiling face, but also for a high level
technique in producing a wall painting, and using
a mixture of spray and acrylic colours. Andrea
Dalla Barba, 23 years old, has specialised in Illustration at the International School of Comics in
Padua, after graduating in Art. Andrea has already
won several Italian and foreign competitions;
today, he works realising graphics for both local
and international magazines. To learn more about
CMC’s initiatives, go to: www.consorziomarmistichiampo.com
Giavera del Montello (TV)
(...) I boschi di Marika Vicari non si limitano a
richiamare la partecipazione dello sguardo, la
visione frontale, ma piuttosto avvolgono lo spettatore. Lo cercano e poi, benevolmente, lo accolgono tra i loro sentieri fatati, in quel mondo completo e credibilissimo ancorché sostanziato soltanto
di bianchi e di neri, di luci e di ombre, malinconico e al tempo stesso pacificante, pervaso di suggestioni mistiche. L’immediato senso di riconoscimento che si avverte davanti a questi tronchi
ruvidi, ai rami spogli che a volte ci è dato di
vedere e a volte restano solo una promessa tagliata
fuori dall’inquadratura, ci lascia subito spiazzati
perché contraddetto da una consapevolezza che si
avverte sottopelle: il fatto che questo luogo, così
come ci appare, non esista. Quella fila di fusti
verticali che fuggono in prospettiva, mossi da una
minima inclinazione, quelle ombre che cadono
allungandosi e diventando sempre più incerte,
sono in realtà sogno e archetipo, memoria emotiva
e ricostruzione mentale. Perché quello che Marika
Vicari va ricostruendo quando prende la tavola di
pioppo, la sceglie, la accarezza con i polpastrelli
seguendone le nervature leggere, quando la prepara con l’acrilico e poi comincia a scartavetrarla e
quando, finalmente, lascia i primi segni verticali e
orizzontali con la grafite, è un suo bosco mentale,
emotivo. Un bosco e tutti i boschi.
Dopo una volontaria pausa di dieci anni dagli
ultimi notturni per i quali Nannini era ed è particolarmente conosciuto, tornano nuovamente soggetti dedicati alla notte. La mostra vedrà in parete
opere di grande e piccolo formato soprattutto ad
olio su tavola e tela accompagnate da alcuni pezzi
di grafica a matita e gouache. Il tema della notte
viene esplorato dall’artista sulla base della sua eredità storica legata ai notturni degli anni novanta e
all’insegna della nuova ricerca e rinnovata sensibilità. Alle due tele di grande formato Nannini
abbina piccoli oli e matite di rara bellezza. Catalogo della mostra disponibile in sede.
Eventi collegati:
serata di approfondimento sul tema della notte
e riferimenti artistico-letterari legati alle radici
soprattutto ottocentesche del notturno in pittura.
Colloquio con l’artista sulle sue personali scelte
pittoriche e di poetica.
A cura di Marco Fazzini e Nino Sindoni
Sede della mostra: Associazione TheArtsBox
di Alessandra Redaelli
Following my studies in music, I dedicated my
attention to the figurative arts. My artistic work
stemmed from observance of pictorial and graphic
in the Venetian landscape, while my use of color
is influenced by Southern Spain. My works have
been exhibited in Rome, Milan, Amsterdam,
Berlin and New York. I am still tied to music and
engaged in collaborations through action painting
and scenography. As a painter, I have a good ear.
Marika Vicari’s woodlands do not limit one to
looking, to having a frontal view but they actually
embrace the observer. They seek him and then,
amiably welcome him among their enchanted
paths, to that intact and really believable world
even if realized entirely in black and white, with
lights and shadows, melancholic yet at the same
time soothing, imbued with mystical charm.
The immediate sense of recognition that is felt in
the presence of these coarse trunks, of the bare
branches that at times we are given to see and at
other times remain only a promise cut off by the
frame, leaving us bewildered, is contradicted by an
awareness that is felt under the skin: the fact that
this place, as it appears, does not exist. The row
of vertical trunks receding in perspective, leaning
slightly, the shadows that fall stretching out and
progressively becoming increasingly blurred, are
in fact dream and archetype, emotional memory
and mental reconstruction. Because what Marika
Vicari reconstructs when she takes a poplar board
choosing it, caressing with her fingertips its fine
grain, when she prepares it with acrylics and then
begins to sand it and when she finally leaves the
first signs of vertical and horizontal graphite, is
her own mental and emotional woodland. A wood
of all woods.
by Alessandra Redaelli
7 FEBRUARY - 15 MARCH 2015
“THE NIGHT AND OTHER JOURNEYS”
Padova
Fascination and disorientation. These are the
two main sensations created by the works of
Alberto Biasi in the soul of the viewer. Born in
Padua, the 1937 class, Biasi has been developing
a research about the visual perception of a work
of art since the end of the Fifties. Biasi’s works
go beyond their physical essence thanks to their
perceptive variations and they find the greatest
fulfillment as a result of the active presence of the
audience. The dialog between Biasi’s creations and
the viewer let the works overcome their characteristic dimension to step into a new space-time
dimension. After the prestigious exhibitions hold
in Ravenna at the Museo Nazionale and at the
Mausoleum of Theoderic, and at the MACBA in
Buenos Aires, the agenda of Alberto Biasi includes some other important solo shows, for instance
the one at the Mayor Gallery in London and the
one at the MAAB Gallery in Milan. On this
latest occasion, the first catalogue raisonné dedicated to the Trame will be published, thanks to
the cooperation of the Archivio Alberto Biasi.
After a voluntary pause of ten years from the
last nocturnes, for which Nannini was, and is,
particularly well known, here we have again more
subjects dedicated to the night. The exhibition
will display large and small format works, mainly
oil on wood and canvas accompanied by a few
graphic pieces in pencil and gouache. The theme
of the night is explored by the artist based on his
historical nocturnes legacy of the nineties but
with some new research and a renewed sensitivity.
To the two large canvases Nannini accompanies
some small oil and pencil works of rare beauty.
Catalogue of the exhibition available on site.
Related events:
An evening looking in depth at the theme of the
night and artistic-literary references linked to the
roots, especially in the 19th century, of nocturnes
in painting.
Interview with the artist on his personal painting
and poetry choices.
Curated by Marco Fazzini and Nino Sindoni
Exhibition: venue: Associazione TheArtsBox
Andrea Alessio
V
enezia
Vive e lavora tra Treviso e Venezia. Ha studiato
Letteratura e Cinema a Ca’ Foscari a Venezia.
Dopo il corso universitario non completato ha
continuato a studiare fotografia con autori quali
Italo Zannier, Gabriele Basilico, Jessica Backhaus,
Guido Guidi, Silvia Camporesi, Joakim Eskildsen, Machiel Botman, Marco Zanta, Todd Hido,
Pino Musi, Mark Steinmetz, Jason Fulford.
Il suo lavoro è stato esposto, tra gli altri, presso
la Galleria il Diaframma for il suo 25° Anniversario, presso il Museo d’Arte Contemporanea di
Bergamo e presso il Museo di Storia Naturale di
Milano. Più recentemente presso Gallerie private
a Treviso, Milano, New York and San Francisco.
Andrea Alessio gestisci il proprio studio fotografico: www.varianti.it.
Dopo una pausa nella sua carriere artistica si
riconcentrato nei suoi progetti personali a partire dal 2011 e in questa occasione ha conosciuto
micamera.it.
Ha pubblicato 3 libri negli ultimi 2 anni: Un_
natural Bestiary (2013), Before You, Santa Claus,
Life Was Like a Moonless Night (2013), Dolomites (2014).
He lives and works between Treviso and Venice.
He studied Literature and Cinema at the Ca’
Foscari University in Venice and afterwards continued studying photography with authors like
Italo Zannier, Gabriele Basilico, Jessica Backhaus,
Guido Guidi, Silvia Camporesi, Joakim Eskildsen, Machiel Botman, Marco Zanta, Todd Hido,
Pino Musi, Mark Steinmetz, Jason Fulford.
His work has been exhibited, among others, by the
gallery Il Diaframma for its 25th anniversary, by
the Contemporary Art Museum in Bergamo and
the Science Museum in Milan and more recently
by private galleries in Treviso, Milan, New York
and San Francisco. Andrea Alessio owns and runs
a photographic studio: www.varianti.it.
After a pause in his artistic career, he restarted
focusing on more personal work in 2011 and met
Micamera.it shortly afterwards.
He published three books in the last 2 years: Un_
natural Bestiary (2013), Before You, Santa Claus,
Life Was Like a Moonless Night (2013), Dolomites (2014).
Consorzio Marmisti Chiampo
Paolo Loschi
Marika Vicari
Associazione TheArtsBox
Alberto Biasi
Piazza G. Zanella 18/C
36072 Chiampo (VI)
Tel. / Fax +39 0444 625435
www.consorziomarmistichiampo.com
Vive e lavora a Giavera del Montello (TV)
Tel. +39 339 6283191
[email protected]
www.paololoschi.com
e-mail: [email protected]
www.puntosullarte.it
www.kroart.at
www.gallerialocchio.net
www.sarasist.org
Contrà San Paolo 23, 36100 Vicenza
e-mail: [email protected] e-mail: [email protected]
www.albertobiasi.it
www.andreaalessio.com
[ 66 ]
Andrea Alessio
[ 67 ]
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del Triveneto ed altri interessanti vantaggi.
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[ 69 ]
Abbonati ed investi nella creatività dei giovani*
AREAARTE N°20
Sommario // Contents
inverno / winter 2014 - 2015
Abbonamento annuale AREAARTE euro 32,00 (4 numeri)
* Per ogni abbonamento, euro 12,00 andranno a favore dei Licei
ed Istituti d’Arte del Triveneto sostenuti da AREAARTE
Per abbonamenti collegati a www.areaarte.it sezione abbonamenti.
Per informazioni scrivi a [email protected]
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Liceo Artistico “Pascoli”
Bolzano (BZ)
Liceo Artistico “Walter von der Vogelweide”
Bolzano (BZ)
Liceo Artistico Merano
Merano (BZ)
Liceo Artistico “Cademia”
Ortisei (BZ)
Istituto St. d’Arte “Giuseppe Soraperra”
Pozza di Fassa (TN)
Ist. Liceo delle Arti “A.Vittoria-Bomporti-Depero”
Trento e Rovereto (TN)
Liceo Artistico “Leonardo da Vinci”
Belluno (BL)
Ist. d’Arte St. “Polo della Val Boite”
Cortina d’Ampezzo (BL)
Ist. d’Arte St. “M. Fanoli”
Cittadella (PD)
Ist. Sup. GB. Ferrari ISA “A. Corradini”
Este (PD)
Istituto d’Arte “P. Selvatico”
Padova (PD)
Liceo Artistico “A. Modigliani”
Padova (PD)
Ist. d’Arte St. “Bruno Munari”
Castelmassa (RO)
Liceo Statale “Celio -Roccati”
Rovigo (RO)
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Liceo Artistico St. Treviso
Treviso (TV)
Lic. e Ist. d’Arte “Bruno Munari”
Vittorio Veneto (TV)
Liceo Artistico St. “M. Guggenheim”
Venezia (VE))
Liceo Artistico St. Venezia
Venezia (VE)
Liceo Artistico St. “Boccioni”
Verona (VR)
Istituto St. d’Arte “G. De Fabris”
Nove (VI)
Liceo Artistico “U. Boccioni”
Valdagno (VI)
Liceo Artistico “A. Martini”
Schio (VI)
Direttore responsabile // Editor
Giovanna Grossato
Traduzioni // Translations
Intertrad di A. Thaler & C. Snc
Largo Parolini, 54
36061 Bassano del Grappa (VI) - Italy
Tel. +39 0424 523588
Cell. +39 329 17 10 961
[email protected]
www.inter-trad.it
Paola Ferretti
The goal of AREAARTE and its partners is to publicize the value of
our artistic and cultural heritage.
Our commitment: invest in the crativity of the young
Annual subscription euro 32,00 (4 issues)
Public Relation
[ 70 ]
10
Luca Bidoli. Contaminazioni
Luca Bidoli. Contaminations
di // by Martina Gecchelin
14
MAX SOLINAS. La natura sono io
MAX SOLINAS. Nature it’s me
di // by Tazio Cirri
18
LUCIANO VIGHY. UN MONDO DI STORIE
LUCIANO VIGHY. A WORLD OF STORIES
di // by Giovanna Grossato
22
Paolo Polloniato. Rivisitazioni
Paolo Polloniato. Revisitations
di // by Erika Ferretto
26
“E lucevan le stelle”. Alberto Gianfreda riedita il cielo
“E lucevan le stelle”. Alberto Gianfreda re-edits the sk y
di // by Giovanna Grossato
30
Gehard Demetz. La vita dolente all’interno del legno
Gehard Demetz. The aching life inside wood
di // by Silvia Neri
34
AMO. Museo dell’Opera
AMO. Museum of the Opera
38
DANILO PAVONE: LA FRAMMENTAZIONE DELL’IMMAGINE
DANILO PAVONE: THE FRAGMENTATION OF IMAGES
di // by Marco Stoppa
Progetto grafico // Graphic layout
42
Galleria Harry Bertoia
Galleria Harry Bertoia
46
Libri d’artista
Artists’ books
52
CREAZIONI ZURI. Dalla carta il Bello
CREAZIONI ZURI. Beaut y from paper
56
Angelo Rinaldi. Una poliedrica creatività
Angelo Rinaldi. A happy asyndeton
di // by Marica Rossi
62
Da Vedere
To See
65
Falsarea
Falsarea
Andrea Gaspari
Web designer
VG7
Stampa // Printing
GRAFICART Arti Grafiche Srl
GRAFICART Arti Grafiche Srl
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Martini
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Nicola Nannini. Il nome da dare alle cose
Nicola Nannini. The name to be given to things
di // by Giovanna Grossato
Fotografie // Photos
Istituto St. d’Arte “E. Galvani”
Cordenos (PN)
Istituto St. d’Arte “G. Sello”
Udine (UD)
4
Testi // Texts by
Giovanna Grossato
Marco Stoppa
Erika Ferretto
Tazio Cirri
Martina Gecchelin
Silvia Neri
Marica Rossi
Photopiù per Creazioni Zuri
Istituto St. d’Arte “E. e U. Nordio”
Trieste (TS)
Ciò che l’arte dice della guerra
What art says about war
di // by Giovanna Grossato
Redazione // Editorial Staff
Giovanna Grossato
Marcello Palminteri
Alessandro Benetti
Anna Livia Friel
Silvia Neri
Tazio Cirri
Erika Ferretto
Marco Stoppa
Martina Gecchelin
I.I.S. “Bartolomeo Montagna”
Vicenza (VI)
Istituto d’Arte “G. D’Annunzio”
Gorizia (GO)
3
Anno 6. Numero 20
Registrazione: Tribunale di Vicenza n. 1214 del 19 gennaio 2010
Iscrizione al ROC n. 22289 del 02/05/2012
© 2010 Martini Edizioni, Thiene (VI)
Progetto grafico copertina realizzato da
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HACKATAO – Sergio Scalet e Nadia Squarci
Foto: ISFAV Istituto superiore Fotografia e Arti Visive
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In copertina:
Leonardo da Vinci - Podmork
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