luca bidoli
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luca bidoli
www.areaarte.it L’ECCELLENZA IMPRENDITORIALE DI UN TERRITORIO CHE, ATTRAVERSO L’ARTE E IL DESIGN, TROVA NUOVI LINGUAGGI DI COMUNICAZIONE E AGGREGAZIONE THE ENTREPRENEURIAL EXCELLENCE OF A LAND WHICH FINDS NEW LANGUAGES FOR COMMUNICATION AND AGGREGATION THROUGH ART AND DESIGN w w w.askoll.com w w w.beninca.com Patrocini PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO w w w.graf icart.it Editorial Ciò che l’arte dice della guerra What art says about war C on la corrente celebrazione dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, qualche considerazione su come l’arte sia stata, in generale, organica alla guerra è d’obbligo. Nel passato più remoto la guerra faceva parte dell’epos di un popolo e la sua rappresentazione compare agli albori della civiltà umana, fin dalla preistoria. Già 3500 anni prima di Cristo si hanno le prime testimonianze di scene di guerra. Anzi sono proprio le fonti iconografiche che a volte hanno permesso di ricostruire la storia della supremazia guerriera in Mesopotamia e nell’antico Egitto. Poi la raffinatezza greca tradurrà l’idea della guerra in pura bellezza con i Bronzi di Riace e i Romani orneranno gli edifici pubblici con rilievi delle loro gesta belliche. Main Sponsor w w w.palzileri.com Editoriale w w w.gardacartiere.com w w w.vg7.it Naturalmente anche Medio Oriente, Asia ed Americhe possiedono ricche ed antiche iconografie sulle proprie guerre, ma è all’arte dell’Europa occidentale cui noi guardiamo più da vicino e che nel Medioevo narra i suoi conflitti grandi e piccoli: la battaglia di Hastings (1066) nell’Arazzo di Bayeux o la Battaglia di Lepanto (1571) che avrà, nel corso del Rinascimento, numerose versioni assieme a quelle di altri eventi bellici. Anche le più orrende stragi di conquista e spoliazione coloniali e schiaviste - contro i nativi nord americani, le civiltà dell’America latina, gli africani, gli aborigeni - sono sempre descritte nei toni epici dettati dai vincitori. La retorica abbonda ancora nell’800: dall'epopea napoleonica a quella risorgimentale e permane abbondante nel corso del periodo fascista. Tuttavia vi sono sguardi rivelatori del vero volto della guerra già all’inizio del XIX secolo. Con Goya, che nelle incisioni I disastri della guerra e il dipinto Los fucilamientos del tres de mayo, ne mostra con occhio disincantato la macelleria più crudele e cieca. Quella del 1914/18, avrà dei diretti illustratori in ambito espressionista con Max Beckmann (1884-1950) e soprattutto con Otto Dix (1891-1969), che incentra la sua miglior produzione sui temi della morte al fronte e dei reduci storpi nelle città del dopoguerra. Recentemente l’Associazione culturale ArteGrandeGuerra (http:// www.artegrandeguerra.it/p/arte.html), che dal 2003 si occupa di approfondire questo tema, ha dato corso ad una serie di mostre importanti anche per la mappatura e la conservazione di opere altrimenti soggette alla dispersione. L’ultima (febbraio 2014) 1914 – 2014 La guerra invisibile. La voce dei soldati della Grande Guerra in 100 opere riscoperte , accompagnata da un catalogo, esponeva cento opere originali nate nelle trincee di tutti i fronti della Grande Guerra. L’evento clou del centenario, inaugurato il 3 ottobre scorso al MART di Rovereto, è l’allestimento La guerra che verrà non è la prima. Grande Guerra 1914-2014, un progetto di collaborazione tra gli enti e istituzioni culturali trentini, di Venezia, Belluno, Padova e Treviso. Altre riflessioni sull’argomento si trovano nel bel portale realizzato da Digital Distillery, http://www.grandeguerra100.it/ e in un sito che ne approfondisce anche l’aspetto turistico, http://www.itinerarigrandeguerra.it/, frutto di collaborazione tra le Regioni del cui territorio AreaArte si occupa particolarmente: Friuli Venezia Giulia (capofila del progetto), Veneto, Trento e Bolzano, Lombardia. Giovanna Grossato W ith the current celebrations of the start of World War I, a few words on how art has always been, in general, organically bound to war are mandatory. In the distant past, war was part of all peoples’ epos, with its representation appearing at the very dawn of human civilization, in prehistoric times. Already 3,500 years before Christ we have the first pictures of war scenes. Indeed, it was precisely the iconographic sources that allowed sometimes to piece together the history of warlike supremacy in Mesopotamia and ancient Egypt. Then the aesthetically advanced Greeks translated the idea of war into pure beauty with the Riace Bronzes, and the Romans would decorate public buildings with reliefs of their military exploits. Naturally also the Middle East, Asia and the Americas have a rich and old iconography of their own wars, but it is the art of Western Europe that we look more closely at, illustrating in the Middle Ages a series of great and small conflicts: the battle of Hastings (1066) in the Bayeux Tapestry or the Battle of Lepanto (1571), which numbered numerous versions in the Renaissance, as well as other war events. Even the most horrific massacres of slavery and colonial conquest and spoliation – against North American Natives, Latin American civilizations, Africans and Aborigens – are always described in the epic tones dictated by the victors. The rhetoric still abounds in the 19th century: from the Napoleonic epic to the Risorgimento one, and remains abundant during the fascist period. However, there were eyes revealing the true face of war already at the beginning of the 19th century. Goya, in the etching The disasters of war and the painting Los fucilamientos del tres de mayo, shows with disenchanted eyes war’s most cruel and blind butchery. The 1914/18 war was to have its direct illustrators among the Expressionists with Max Beckmann (18841950) and especially Otto Dix (1891-1969), who focused his best production on the theme of death at the front and crippled veterans in post-war cities. The cultural association ArteGrandeGuerra (http://www.artegrandeguerra.it/p/arte.html), engaged since 2003 in investigating and illustrating the subject, organized recently a number of exhibitions, important also for the mapping and conservation of works that may otherwise be dispersed. The last one (February 2014), 1914 – 2014 The invisible war. The voice of soldiers during the Great War in 100 rediscovered works, accompanied by catalogue, displays one hundred original works created in the trenches of all fronts during World War I. The highlight event of the centenary celebrations, inaugurated on 3 October last at the MART in Rovereto, is the installation The war which is coming is not the first one. The Great War 1914-2014, a collaborative project between cultural institutions and organizations from Trentino, Venice, Belluno, Padua and Treviso. More about the subject can be found on the beautiful portal created by Digital Distillery http://www.grandeguerra100.it/ and on a website that explores also the tourist aspect of it, http://www.itinerarigrandeguerra.it/, the result of a collaboration between the regional authorities of the territory especially covered by AreaArte: Friuli Venezia Giulia (project leader), Veneto, Trento and Bolzano, Lombardy. G iova n na G ross at o [3] Nicola Nannini Il nome da dare alle cose G i ova n n a G r o s s at o L ’intensità trasfigurante con cui tratta la realtà rende Nicola Nannini un artista molto speciale tra i pittori figurativi contemporanei. Ritratti o paesaggi vengono ripresi con enorme capacità mimetica e tuttavia, una volta rappresentati, non appartengono più né a loro stessi né alla realtà. Tale è la capacità dell’artista di scavare all’interno del guscio formale della natura gli aspetti che somigliano più alla sua maniera di guardare il mondo che al mondo stesso. Tra Freud e Hopper, passando per Dürer, van Dyck, Vermeer, Nannini nega l’iperrealismo fine a se stesso, evidenziando in ogni dipinto la traccia della sua origine pittorica. A respingere quasi l’ammirazione di chi, guardando, si stupisce della palmare “somiglianza” al vero. Illuminante in tal senso è una considerazione scritta da Nannini nell’autunno del 2010, riferita all’incontro folgorante che egli ebbe nel 1989, a Vienna, con l’opera di Egon Schiele: “Vidi per la prima volta le opere di Egon Schiele. Quel pugno di giorni cambiarono la mia vita. Malessere, benessere, vago senso di nausea, insofferenza, idiosincrasia, vago capogiro e Vienna, d'attorno, luccicante d'impero caduto, come giostra in movimento perde i suoi contorni. Aria di perversa malinconia e simboli morbosi dal passato, a ellisse, mi accerchiano; e ancora... aquile dorate, foto seppiate, militari stellette e svastiche e costole e zigomi scavati e acque rosse e neri peli di pube e mortiferi amplessi e angoscia di giorni senza sole e la prof di greco e latino è insopportabile. Ho risolto con apotropaica sigaretta, seduto sul cemento che imbriglia, in periferia, il Danubio marrone di sedimenti e liquami. […]. Come un pugno sulla faccia i suoi Amanti all'Osterreichische Galerie mi hanno stordito e rapito e quel poster da pochi scellini che acquistai con la reverenza dovuta ad una reliquia, è ancora con me. Mai percepita tanta disperata carnalità nell'unione di corpi e membra fragili e pesanti, che dal lenzuolo sudato, accartocciato mai più s'alzeranno. In terra fredda d'inverno moriranno; né redenzione, né vita dopo l'amplesso cupo e agognato; nessun domani e nero destino di fine assoluta dispensa quel vano dimenarsi. Lei lo mangerà e prima del sole sarà cenere anch'ella. Ma è "amore" del meriggio non della notte, questo e mentre fuori il lavoro nobilita o uccide le masse, l'assenza di domani consuma gli amanti come corpi svuotati della carne in uno scontro di ossa, pelle, peli e capelli. Non ricordo la potenza di ciò che provai allora quando poco più che adolescente vedevo quell'opera e ne sperimentavo le suggestioni e le pulsioni. […]. Un secolo fa in Boemia Egon dipingeva Krumau […]. A lui, a tutto questo devo un pegno. Voglio camminare quelle strade, toccare quei muri, studiare i piani sovrapposti come celle d' alveare, le prospettive infantili, i cieli neri e quelli bianchi, le geometrie sintetiche e i panni stesi sulle rive sfrangiate di un fiume nero come il carbone. Cento anni dopo voglio, con i miei propri occhi, vedere e ancora dare aria a quei panni stesi un secolo fa. Qui e ora parto io.”. La sintesi perfetta di quell’incontro con la pittura di Schiele è in un piccolo componimento poetico scritto la primavera successiva: “Ho visto Cesky Krumlov ( Krumau )./ Ho visto il fiume cupo. / Ho visto geometrie./ Schiele è un realista.”, in cui è condensata l’idea di realismo che permea l’opera di Nannini e ne colloca i soggetti, vivi e palpitanti, in un universo parallelo. L’esito è un’oggettività sospesa, immobile dell’immobilità che precede l’evento, piena dell’attesa che lo sottende, ottenuta con una straordinaria tecnica pittorica. Come ben evidenzia Alberto Sebastiani (In attesa che esploda): “Attesa è una parola chiave per capire Nannini, la sua poetica. È lei che rende inconfondibile la sua pittura. Non il segno, il colore o la pennellata, ma quell’atmosfera che essi evocano. […]. In fondo, nei suoi dipinti racconta sempre quell’attimo che siamo abituati a vedere nei film hollywoodiani, quello subito prima dell’esplosione di una bomba, una frazione di secondo, quel momento sospeso, di silenzio, in cui tutto rallenta, si trattiene il fiato, le immagini rallentano, poi si confondono, mentre i personaggi sono già fantasmi e nulla sarà più come prima.”. TYPE B3 | 2005/06 Olio su tavola // Oil on board cm 180 x 100 [4] [5] Nicola Nannini Nicola Nannini, che è nato a Bologna nel 1972, dopo gli studi classici si è diplomato all'Accademia di Belle Arti di Bologna ed è attualmente docente di disegno e figura presso la Scuola di Artigianato Artistico di Cento e di pittura all'Accademia Cignaroli di Verona. The name to be given to things La sua esperienza espositiva è molto ricca sia in Italia che all’estero. Invitato nel 2011 alla 54° Biennale di Venezia, Padiglione Italia. Vive e lavora tra Bologna e Vicenza. G i ova n n a G r o s s at o Galleria d’Arte Nino Sindoni Viale Matteotti 44/8, 36012 Asiago ( VI) www.ninosindoni.com Associazione Alberto Buffetti e-mail: [email protected] PIANURA, CIELO/TERRA N.2 | 2011 Olio su tavola // Oil on board cm 93 x 126 HOUSE N.8 | 2007 Olio su tavola // Oil on board cm 100 x 180 T he transf igured intensity in representing reality is what makes Nicola Nannini a very special artist on the scene of contemporary f igurative painters. Portraits and landscapes are rendered with huge mimetic ability and yet, once painted, they no longer belong to themselves nor to reality. Such is the artist’s ability to dig into the formal shell of nature for aspects that resemble more his way of looking at the world than the world itself. Between Freud and Hopper, going through Dürer, van Dyck and Vermeer, Nannini denies hyperrealism for its own sake, stressing in each painting the signs of its pictorial origin. Almost to dismiss the admiration of those who look in surprise at the palpable “likeness” to the real thing. Quite enlightening in this respect is an account written by Nannini in the autumn of 2010, which describes the fulgurating encounter he had in 1989, in Vienna, with the work of Egon Schiele: “I saw for the f irst time Egon Schiele’s works. That handful of days changed my life. Discomfort, elation, vague sense of nausea, restlessness, idiosyncrasy, light dizziness and then Vienna, all around, with the glistening of a fallen empire, like the blur of a revolving carousel. An air of perverse melancholy and morbid symbols from the past drawing an ellipse around me; and again... golden [6] eagles, sepia photographs, military stars and swastikas and ribs and sunken cheekbones and red waters and black pubic hairs and deadly embraces and anguish of sunless days and the unbearable Greek and Latin teacher. I put an end to all this with an apotropaic cigarette, sitting on the suburbian concrete that contains the Danube, brown with sediments and sewage. […]. Like a punch in the face his Lovers at the Österreichische Galerie stunned and entranced me, and the poster I bought for only a few shillings with the reverence due to a relic is still with me. I never perceived such a desperate carnality in the union of frail, heavy bodies and limbs that will never rise again from the sweaty, crumpled sheets. They will die on the cold ground in winter; no redemption nor life after the dark, craved embrace; no tomorrow and a black destiny of absolute end will be dispensed by that senseless wriggling. She will eat him up and before dawn she will be ashes, too. But this is afternoon, not night love, and while outside work ennobles or kills the masses, the absence of tomorrow consumes the lovers as bodies emptied of flesh in a clash of bones, skin, hair. I do not remember the power of what I felt when, little more than a teenager, I saw that work and experienced the suggestions and pulsions. […]. A century ago in Bohemia Egon painted Krumau […]. To him, to all this I owe a pledge. I want to walk [7] those streets, touch those walls, study the floors stacked like beehive cells, the childish perspectives, the black skies and the white ones, the synthetic geometries and the washing hung out to dry on the jagged banks of a river as black as coal. A hundred years later I want to see again, with my own eyes, and air again that laundry hung out a century ago. It’s me who starts here and now”. The perfect synthesis of that encounter with Schiele’s painting can be found in a short poem written the following spring: “I saw Cesky Krumlov (Krumau)./ I saw the dark river. / I saw geometries / Schiele is a realist.”, which condensed the idea of realism that permeates Nannini’s work and places its subjects, alive and palpitating, in a parallel universe. The result is a suspended objectivity, still with the stillness that precedes the event and full of the waiting that implies it, obtained with an extraordinary painting technique. As Alberto Sebastiani duly points out (In attesa che esploda): “Waiting is a key word to understand Nannini, his poetics. It is what makes his painting unique. Not so much the sign, colour or stroke, but the atmosphere they evoke. […]. In his paintings he always shows the moment we are used to in Hollywood f ilms, the instant just before a bomb explodes, the fraction of a second, that suspended moment of silence when everything slows down, you hold your breath, the images run slower and then become blurred, while the characters are already ghosts and nothing will ever be as before.” Nicola Nannini, born in Bologna in 1972, after his high school classical studies graduated at the Accademia di Belle Arti in Bologna and is currently teaching drawing and f igure drawing at the Scuola di Artigianato Artistico in Cento, and painting at the Accademia Cignaroli in Verona. His exhibition experience is quite rich, both in Italy and abroad. He was invited in 2011 at the 54th Venice Biennale, Padiglione Italia. He lives and works between Bologna and Vicenza. Galleria d’Arte Nino Sindoni Viale Matteotti 44/8, 36012 Asiago ( VI) www.ninosindoni.com Associazione Alberto Buffetti e-mail: [email protected] PIANURA, INTERNO/ESTERNO | 2011 Olio su tavola // Oil on board cm 93 x 126 PIANURA, INTERNO/ESTERNO | 2011 Olio su tavola // Oil on board cm 93 x 126 HOUSE N.10 ( ARCHETIPON.1 ) | 2007 Olio su tavola // Oil on board cm 120 x 200 [8] [9] Luca Bidoli serie mea malum religioniis, beata concezione | 2013 Acrilico // Acrylic cm 40 x 50 Contaminazioni A Martina Gecchelin d uno sguardo superficiale, la pittura di Luca Bidoli (Gorizia 1967) appare come una pittura accattivante, facile, ma superato il primo momento di stupore e sorpresa, ciò che incanta e rimane impresso è la sua raffinata intensità comunicativa. Bidoli inquadra le sue scene in maniera radicale e spiazzante. La patina acida delle sue tele crea un’atmosfera stranita ed intensa che ci fa scivolare dentro al dipinto, appena sotto la superficie pellicolare della pittura, dove l’immagine assume l’enigma di una profondità psichica, la complessità di uno stato di dormiveglia, come se l’artista utilizzasse il doppio versante dell’osservazione esterna e dello sprofondamento interno: la condizione ideale di intrecciare la vigilanza dello sguardo esteriore e il torpore di quello interiore. Il risultato porta con sé la produzione di un’immagine carica di pacatezza e intensità, familiarità e apparizione. della forma mentis occidentale che vede effettivamente come collegati l’oggetto, le piante e il cane in una “relazione di senso” profondamente legata all’individuo umano. In questo gruppo di tele, le figure galleggiano su uno sfondo monocromo bordate da una linea bianca o nera compatta, che le circoscrive, le delimita, ma anche le separa dal fondo immersivo, restituendole come forme sospese, fluttuanti. I lavori di Bidoli parlano della sua quotidianità, del suo mondo, che ruota attorno a persone, animali e cose a lui vicini e cari: i suoi levrieri, la sua casa, gli amici. Resi riconoscibili nei suo dipinti con il taglio vivo di un’intelligente ironia pop, i colori sono primari, usati puri, senza sfumature e armonizzati con delicatezza ed eleganza per riflettere sull’antropocentrismo dell’uomo e sulle relazioni di potere che egli instaura con gli altri esseri viventi. Attraverso le tre serie sviluppate finora, Straziami ma di baci saziami, Ascensione del cane al cielo, Everyone will be eaten, l’artista traccia una riflessione sul genere umano, sottolineando che l’uomo è inserito nella natura, anche se vi si contrappone. In ognuna ne approfondisce le sfaccettature, va più a fondo in una certa intuizione, intrecciando le opere dialetticamente tra di loro, innescando così un meccanismo di ripetizione e mutamento, uniformità e trasformazione, per cui l’osservatore non ha di fronte opere singole, ma anelli, fasi di una catena di variazioni. Una condizione che si radicalizza nel secondo nucleo di opere, Ascensione del cane al cielo, in cui la figura del levriero diventa soggetto di studio, quasi una cavia, spesso rappresentata con la testa tagliata o con il corpo diviso in due parti distinte. Qui ogni altro elemento scompare per far posto alla figura centrale dell’animale che sembra si stia sollevando da terra, stia salendo verso l’alto in un’ascensione di matrice cattolica. È una chiara metafora religiosa che riabbraccia e allarga l’orizzonte del discorso servendosi di una griglia mentale ancora più rigida e strutturata: quella costituita nel mondo occidentale dal cristianesimo. Nelle prime due serie, il cane, scelto come simbolo per un rapporto particolarmente stretto con il genere umano, viene utilizzato come elemento chiave su cui l’uomo cerca di esercitare il suo potere di controllo sugli altri esseri viventi, plasmandoli e adattandoli alle proprie esigenze. Da qui parte la ricerca di Bidoli, prende innanzitutto in considerazione l’ambiente domestico, inteso come prolungamento dell’individuo, che racchiude tutto ciò che riguarda la propria sfera intima, dove ognuno è libero di manifestare la propria volontà in maniera indiscussa. La sua prima pittura è congegnata per vuoti, nei suoi quadri mette a confronto poltrone, pantofole, elementi vegetali insieme alla presenza costante del cane, sempre in primo piano, guidando in questo modo l’osservatore a subire l’attrazione dell’inespresso: chi guarda di primo acchito è portato ad analizzare la scena come una situazione razionalmente logica, rassicurante, tipica In questa costruzione i soggetti sono come estrapolati dal loro contesto e incollati in uno sfondo indefinito che non è soltanto palcoscenico del racconto, ma la sua stessa trama. È uno spazio mentale, sebbene denso di elementi reali, di tracce, di impronte. È di fatto quella dimensione umana di volontà e potere di cui si sta discutendo, in cui le figure non sono particolarmente definite in quanto sostanzialmente considerate prive di identità, stereotipi di un’idea. serie mea malum religioniis, Giuda | 2013 Acrilico // Acrylic cm 40 x 50 Un discorso aperto, che trova il suo epilogo nell’ultima serie, Everyone will be eaten: il cane viene sostituito dall’uomo, o meglio da una creatura antropomorfa dipinta leggera, eterea, come abbandonata alla forza di gravità e in caduta libera in un vuoto monocromo, per una ritrovata consapevolezza forzata che la spinge a cadere giù dalle sue posizioni di superiorità rispetto al mondo animale e, in generale, alla natura. In questa nuova presa di coscienza la sua testa si trasforma in quella di un animale, di una preda, per riportarla ridimensionata al suo ruolo all’interno della catena alimentare. Bidoli evidenzia una problematica senza affrontare apertamente nessuna polemica, piuttosto lascia che dai suoi dipinti traspaia un linguaggio sottinteso, come avviene nel romanzo Le Metamorfosi di Kaf ka: un ritorno all’animalità inteso come processo metamorfico per accedere ad una via d’uscita da una situazione antropica insostenibile, per tracciare una via di fuga radicale da un universo concentrazionario straumano. I suoi sono quadri che riproducono un’ibridazione di forme dove, come in Kaf ka, non c’è più né umano né animale. Tutto è in un unico circuito, tutto è metamorfosi, divenir umano nell’animale e divenir animale nell’umano. Luca Bidoli vive e lavora a San Donà di Piave ( VE) www.lucabidoli.it [ 10 ] [ 11 ] a sua immagine lo creo’ maschio e femmina (dittico/ diptych) | 2011 Acrilico // Acrylic cm 100 x 120 Luca Bidoli Contaminations Martina Gecchelin A t f irst glance, the work of Luca Bidoli (Gorizia, 1967) appears as captivating, easy painting, but after the initial moments of wonder and surprise, what really enchants us and remains in our mind is the sophisticated, intense communication. Bidoli frames his scenes in a radical, baffling way. The acid patina on the canvas creates a dazed and intense atmosphere that makes us slip into the painting, just under the paint’s skin, where the image acquires an enigmatic psychic depth and the complexity of a half-awake state, as if the artist were using the double approach of external observation and interior sinking: the ideal condition to combine the vigilance of an external eye and the torpor of the internal one. The result is an image full of peace and intensity, familiarity and fascinating appearance. Bidoli’s works speak of his everyday life and his world, revolving around people, animals and things close and dear to him: his greyhounds, his house, his friends. Made recognizable in his paintings by the sharp cut of an intelligent pop irony, the colours are primary, used pure, with no shading, harmonised with gentleness and elegance to illustrate the anthropocentrism of man and the power relations he establishes with other living beings. In the three series produced so far, Straziami ma di baci saziami, Ascensione del cane al cielo, Everyone will be eaten, the artist draws a reflection on mankind, pointing out that man is part of nature, even if he acts against it. In each one [ 12 ] of them he explores different facets, delves deeper into a particular intuition, crossing the works dialectically between them and so triggering a mechanism of repetition and change, uniformity and transformation, whereby the viewer is not facing individual works but rings, stages of a whole chain of variations. In the f irst two series the dog, chosen as symbol of a particularly close relationship with mankind, is representative of the power and control that man tries to exercise over other living beings, shaping and adapting them to his needs. Bidoli’s research starts from here, looking f irst at the home environment as an extension of the individual, enclosing his whole domestic sphere, where everyone is free to manifest his will unchecked. His f irst paintings revolve around empty spaces, he places armchairs, slippers and houseplants one in front of the other, together with the constantly present dog, always in the foreground, and guides the viewer to experience the attraction of the unspoken: at f irst we tend to analyze the scene as a rationally logical situation, reassuring, in line with the Western mindset that sees the various objects, the plants and the dog connected in a relation that “makes sense”, as human beings strongly see it. In this group of paintings the f igures float on a monochrome setting, bordered by a solid white or black line that circumscribes and demarcates them, but also separates them from the immersive background, representing them as suspended, floating shapes. Here the subjects are somehow everyone will be eaten | 2010 Acrilico e smalto // Acrylic and enamel cm 100 x 120 ascensione del cane al cielo | 2009 Acrilico e smalto // Acrylic and enamel cm 100 x 120 taken out of context and glued onto an indef inite backdrop that is not only the stage for the story, but its very plot. It is a mental space, although dense with real elements, traces, imprints. In fact, it is the human dimension of will and power that we were talking about, in which the f igures are not so well def ined because they are practically considered devoid of identity, just stereotypes of an idea. This condition is radicalized in the second group of works, Ascensione del cane al cielo, where the greyhound f igure becomes the subject of a study, almost a guinea pig, often represented with the head cut off or the body divided into two separate parts. Here any other element disappears, to give way to the central animal f igure that appears to be lifting from the ground, going upwards as in a Catholic image of ascension. This is a clear religious metaphor that embraces and expands the issue’s horizon, using an even more rigid and structured mental grid: that of the Christian faith in the Western world. An open issue, f inding its epilogue in the last series, Everyone will be eaten: the dog is replaced by a man, or rather an anthropomorphic creature, painted as light and ethereal, almost abandoned to the force of gravity and in free fall through a monochrome void, with a newly found awareness forced upon him that makes him fall down from its position of superiority over the animal world and in general over nature. In this newfound awareness the man’s head becomes that of an animal, a prey, as if reappraised, brought down to its role within the food chain. Bidoli points out the problem without openly addressing a controversy, but rather allows unspoken words/ideas to transpire from his paintings, as in Kafka’s The Metamorphosis: a return to animality, seen as a metamorphic process to access the way out from an untenable anthropic situation, to show a radical escape from an over-human, overcrowded universe. His paintings reproduce a hybridization of forms where, as in Kafka, there is no human, no animal any more. Everything is part of a single circuit, everything is metamorphosis, human becoming animal and animal becoming human. straziami ma di baci saziami | 2008 Acrilico e smalto // Acrylic and enamel cm 40 x 50 Luc a Bidoli lives and works in San Donà di Piave ( VE) www.lucabidoli.it [ 13 ] MAX SOLINAS La Natura sono io Ta z i o C i r r i Q uando si inizia a scandagliare più approfonditamente un artista, oltre ad osservare i suoi lavori è assai importante lasciare che egli parli di sé, delle sue relazioni con il mondo, umano e animale, con il tempo, con le materie che ama usare per creare. Non sempre questi elementi traspaiono immediatamente dalle opere; talvolta la scelta di un medium espressivo giunge dopo una grande e sofferta ricerca, in altri casi è un amore a prima vista, esclusivo e per sempre. Specie nell’ambito dell’arte contemporanea dove praticamente ogni possibile materiale può diventare un supporto o un linguaggio esso stesso, direttamente lavorato o meccanicamente prodotto, prototipo da portare in officina o matrice da riprodurre in serie. Nel caso di Max Solinas questa indagine biografica è particolarmente necessaria: dai suoi libri, “In Silenzio tra gli Alberi” e “L’Ordine della Lupa”, dalle interviste e persino dalla sezione “home” del suo sito internet, promana il fondamentale che fornisce linfa vitale alla sua arte, la Natura. Certamente agiscono come importanti catalizzato anche la curiosità e l’incontro con un maestro, l’abilità manuale innata, coltivata dentro e fuori dall’Accademia, l’esperienza non solo di vita ma anche della storia dell’arte in generale e della scultura in particolare. Tuttavia l’elemento più prezioso. tenacemente cercato, perseguito e gelosamente difeso è il contatto con quanto di incontaminato può Interno dello studio // Inside the studio offrire il mondo Naturale, anche semplice nella sua magnificenza come quello del territorio collinare trevigiano, dove l’artista vive da otto anni, di Cison di Valmarino (TV), che peraltro fa parte del club dei Borghi più belli d'Italia, collocato com’è ai piedi delle Dolomiti, alla fine della Valsana, la vallata che da Vittorio Veneto arriva a Follina seguendo il corso del Soligo. Spiegare il fascino di questi luoghi per Solinas è facile come tirar fuori dai legni del bosco le sculture femminili che vi sono racchiuse, rannicchiate o sedute, oppure allungate seguendo le venature di un tronco. Come racconta in una intervista Emanuela Da Ros, la scultura, la Natura e la donna costituiscono per lui una triade inscindibile. Alla domanda sul perché sia diventato scultore, Solinas risponde “Perché, dopo una giovinezza che mi ha visto correre senza sapere dove stando andando, ho capito che la scultura per me sarebbe stata lavoro e libertà. Devo alla scultura la libertà di fare quello che voglio. La scultura è il mio stile di vita, non una professione. E’ la scultura a organizzare le mie giornate: almeno una volta al giorno vado nel bosco, a cercare la Natura, il suo respiro, il legno. Poi scolpisco. Una scultura all’inizio è un albero perfetto. Poi prende vita e forma. Quando ho finito un manufatto lo faccio entrare in casa. Lo tengo qui con me per farlo respirare, finché non si finisce da solo.” La giornalista lo incalza: Il soggetto privilegiato delle tue sculture è la donna. Il motivo? “La figura femminile è un richiamo, il richiamo della Terra, della Natura. Alla figura femminile puoi dedicare tempo ed emozioni continue. E’ l’essenza stessa della scultura: bastano due linee, un pieno e un vuoto e crei una donna. La donna è un mare in burrasca che poi improvvisamente diventa una superficie calma, piatta, da lambire. L’uomo a volte è un’onda da mal di mare. Io devo tutto alle donne. Anche ai calci in culo che mi hanno dato… e, d’altra parte, le carezze servono a poco.” Magari dipende e non per tutti è così, ma il portato di gratitudine dovuto da Max Solinas alle donne, quando anche elargitrici di calci, ha ottenuto nella sua scultura effetti strepitosi. Essenziali e riconoscibili da poche caratteristiche, le figure di legno ricordano talvolta le “veneri” steatopigiche della preistoria, talaltra invece riecheggiano le celebri figure di origine etrusca, come gli aruspici dai corpi “a lama” del Museo di Villa Giulia a Roma, scoperti da Alberto Giacometti durante un suo viaggio in Italia e a lungo oggetto della sua riflessione. Immote o con leggere torsioni queste donne di Solinas sembrano condividere col legno in cui si annidavano e che era la loro casa, il linearismo verticale delle fibre del durame e dell’alburno composto già all’interno dell’albero. Alcune figure femminili sono forse anche ancestralmente coerenti allo spirito creativo dell’artista; esse infatti sembrano dialogare con i bronzetti nuragici che segnano un legame con il territorio sardo da cui la famiglia d’origine di Solinas proviene, sebbene egli sia nato a Venezia nel 1963. Come dire che lui appartiene un po’ a tutti questi luoghi, intimamente. Così come intimamente parla al pubblico attraverso le sue sculture che vengono dal bosco. Ma x Solinas vive a lavora a a Cison di Valmarino (TV ) www.maxsolinas.com [ 14 ] Modella in Attesa | 2013 Legno di Cirmolo bruciato e ferro ossidato // Cirmolo’s burned wood and oxidized iron cm 200 x 30 x 30 [ 15 ] Riposo | 2014 Bronzo // Bronze cm 40 x 20 x 20/ sight, exclusive and forever. Especially in modern art, where practically every possible material can become a support or medium for expression, manually or mechanically produced, a prototype to take to the workshop or a template for serial reproduction. This biographical investigation is particularly necessary in Max Solinas case: from his books “In Silenzio tra gli Alberi” (In Silence among the Trees) and “L’Ordine della Lupa” (The Order of the She-Wolf ), from the interviews and even from the “home” section of his website emanates the fundamental element that provides vital lymph to his art, Nature itself. Certainly other major catalysts are curiosity and the meeting with a master, some inborn manual skills cultivated in and out of the academic world, the experience of life but also of the history of art in general and sculpture in particular. However, the most precious element of all, doggedly sought and pursued, and jealously defended, is the encounter with an uncontaminated Natural world, even simple in its magnif icence as the hills of the Treviso area where the artist has been living for eight years, at the foot of the Dolomites in Cison di Valmarino, one of the Most Beautiful Villages in Italy, at the end of the Valsana, the valley that goes from Vittorio Veneto to Follina following the course of the Soligo river. Explaining the charm of these places is for Solinas as easy as extracting from the trees of local woods the female sculptures that were contained in them, curled up or sitting, or even stretching along the trunk veins. As Emanuela Da Ros says in an interview, sculpture, Nature and woman are to him an indissoluble triad. MAX SOLINAS Nature it’s me W Ta z i o C i r r i hen we start exploring an artist more in depth, it is important that we don’t look only at his work but also let him talk about himself, his relationship with the world, human and animal, with time, with the materials he likes to use in order to create. All of this does not always transpire immediately from the work; sometimes the choice of a particular expressive medium comes after a long and painful search, in other cases it is love at f irst Asked why he became a sculptor, Solinas replies “Because, after a youth that saw me running without knowing where I was going, I realized that sculpture would be both work and freedom for me. I owe to sculpture the freedom of doing what I want. Sculpture is my way of life, not a profession. It is sculpture that organizes my days: at least once a day I go into the woods to look for Nature, its breath, and wood. Then I sculpt. A sculpture at the beginning is just wood. Then it acquires life and shape. When a piece is nearly f inished I take it into my home. I keep it here with me to let it breathe, until it f inishes itself.” The journalist insists: “Women are the preferred subject of your sculptures. Why? “The female f igure is a call, the call of the Earth, of Nature. To the female f igure you can devote endless time and emotions. It is the very essence of sculpture: you only need two lines, one full and one empty space and you create a woman. Woman is a stormy sea that suddenly becomes a calm, flat surface to caress from afar. Man is just a wave that gives you seasickness. I owe everything to women. Even to the kicks in the ass they gave me … and, in any case, caresses are of little use.” Nudo | 2012 Legno di Olmo e Ottone ossidato // Elm Wood and Brass Oxidized cm 170 x 25 x 25 Perhaps that depends and it’s not the same for everybody, but the amount of gratitude that Max Solinas owes to women, even when dispensers of kicks, has produced sensational effects on his sculptures. Essential and recognizable from just a few features, the wooden f igures remind us at times of some steatopygic prehistoric “Venuses”, some other times of famous Etruscan f igures like the haruspices with blade like bodies of Museo di Villa Giulia in Rome, discovered by Alberto Giacometti during a journey in Italy and for a long time the object of his thoughts. Motionless or with some slight twists, Solinas women seem to share with the trees they had been hiding in, and used to be their home, the vertical linearity of heartwood and sapwood as they were originally found inside the tree. Some female f igures may also be linked to the artist’s creative spirit; they appear to engage in conversation with the nuragic bronze statuettes that indicate a bond with Sardinia, where the Solinas family originally came from, although he was born in Venice in 1963. We might say that he belongs a little to all these places, in his heart. Just as he speaks from his heart to the public with his sculptures that come from the woods. Nudo Torto | 2013 Marmo Statuario di Carrara // Statuary Marble of Carrara cm 35 x 20 x 15 [ 16 ] Ma x Solinas lives and works in Cison di Valmarino ( TV ) www.maxsolinas.com Nudo Disteso | 2014 Marmo Reale // Royal marble cm 50 x 35 x 30 [ 17 ] LUCIANO VIGHY Un mondo di storie G i ova n n a G r o s s at o L uciano Vighy è uno di quegli autori prolifici e piuttosto riservati ai quali è difficile non solo chiedere un rendiconto dei successi ma persino entrare nel merito della sua opera. L’argomento verrà derubricato come “poco importante” e i protagonisti delle sue storie liquidati come “pupazzi”. In realtà le figure che popolano le illustrazioni di Vighy sono svelte e salaci, a volte intente in attività teoriche, più spesso impegnate ad interagire tra di loro, amoreggiando o filosofeggiando, ridendo, piangendo o abbandonandosi a tranquille follie. Esse somigliano un po’ al loro Autore per quell’aria spesso svagata e per una certa propensione ad astrarsi dalla realtà. Vivono in dimensioni ambientali molto spesso poco definite, quasi iperuraniche e assumono comportamenti bizzarri con una poetica allure che tranquillamente fa trascolorare situazioni quotidiane e comuni in acute metafore o sognanti traslitterazioni pittoriche. Il “volo” è ovviamente una condizione ideale per dare modo agli attori di appropriarsi, oltre a quella terrestre, anche dell’ambientazione aerea in cui la forza di gravità diventa irrilevante ipotesi della fisica, tutta da dimostrare e, quand’anche comprovata, non necessariamente utile allo svolgimento delle azioni. Nella serie Volare, oh oh, realizzata nel 2013, Vighy prende spunto da una famosa canzone di Domenico Modugno per dare libera espressione ad una serie di situazioni che subito si sganciano dal pretesto musicale per vivere autonomamente e con straordinaria vivacità le loro storie. Donne, uomini, giovani, anziani, con diverse caratteristiche fisiche e abbigliamenti fuori dal tempo, fluttuano e si parlano, intrecciando dialoghi e rapporti amorosi dai quali chi guarda si sente escluso. Non resta che stare a scrutare, un po’ curiosi, un po’ ammirati, un po’ voyeur, al di là del vetro (che nella fattispecie è un ovale astratto, tipico di molti altri lavori e in cui Vighy inserisce le storie), cercando di capire che accade. Le fisionomie, che esprimono una quasi inesauribile gamma di espressioni e caratteri, sono minimali eppure complete in virtù di un disegno lieve perfettamente integrato ai colori ad acquerello. Riflettere fuori da paradigmi convenzionali porta Vighy ad approcci assai personali anche con il mondo letterario. Una delle caratteristiche costanti della sua pittura è riuscire ad interpretare con una centratura folgorante stati d’animo, atmosfere, situazioni, fisionomie e anche il mondo animale, frutto della fantasia di poeti e scrittori. Portare alla luce pittoricamente immagini della parola scritta è stato l’obiettivo di numerosi suoi lavori, come la serie dei 22 disegni acquerellati e la copertina degli scoppiettanti racconti retrò di Mariano Castello raccolti nel volume Te Dao (2013), di cui Vighy dimostra di saper cogliere con vigorosa icasticità la consistenza letteraria. voli seduttivi | 2013 Acquerello // Watercolor Attraverso pennellate minime e leggere, sostenute da un disegno sintetico ed estremamente preciso prende vita un mondo che si nutre di ritagli di realtà. Un mondo costituito dagli aspetti della vita più grotteschi, esagerati, ridevoli, surreali, ironici ma anche poetici e compassionevoli, ricchi di una “simpatia” sorridente, libera da ogni monotonia e banalità. La scrittura pittorica, vera e propria narrazione letteraria (in cui, infatti sono spesso presenti brevi notazioni o i titoli, scritti a mano) diventa strumento ideale per l’illustrazione di molti testi sia poetici, sia in prosa. Particolarmente felici le immagini per una Bibbia, le serie di acquerelli per Pinocchio o quelli de Il risveglio dei Nani (2003-2011), che traggono spunto dalle sculture che ornano il muro di cinta della famosa Villa Valmarana a Vicenza, o a corredo del poema di Roberto Piumini Il portatore di baci (2011) o, ancora, quella dei Versi Rubati (2012) che accompagna strofe di poeti contemporanei. Luciano Vighy è nato nel gennaio del 1932 a Vicenza, dove è sempre vissuto. Laureato in Lettere a Padova con una tesi di storia dell’arte, ha praticato parecchie tecniche artistiche: grafica, pittura, incisione su vetro, scultura in porcellana. Attualmente si dedica in particolare all’acquerello. Attestazioni di stima e apprezzamenti gli sono giunti non solo da critici d’arte ma anche dal mondo letterario: Giovanni Comisso, Goffredo Parise, Fernando Bandini, Virgilio Scapin nella cui galleria/libreria Vighy ha presentato diverse mostre. Pulcinella volanti | 2013 Acquerello // Watercolor Altre esposizioni a Vicenza si sono tenute presso la Biblioteca internazionale “La Vigna” e allo spazio “Galla Caffè”. Luciano Vighy vive a lavora a Vicenza il volo dei profeti | 2013 Acquerello // Watercolor [ 18 ] [ 19 ] LUCIANO VIGHY A world of stories G i ova n n a G r o s s at o L uciano Vighy is one of those prolif ic but rather reserved authors whom you can hardly ask for a list of accomplishments, or even to enter into the merit of his work. The matter would be looked down as “little important” and the protagonists of his stories dismissed as “puppets”. The f igures that populate Vighy’s illustrations are actually quick and witty, sometimes intent in theoretical activities, more often busy interacting with each other, flirting or philosophizing, laughing, crying or indulging in some quiet madness. They look a little like their author, with an often distant expression and a certain tendency to cut themselves off from reality. They live in environmental dimensions that are often not well def ined, almost sidereal, and take on bizarre behaviours with a poetic allure that quietly discolours everyday situations into acute metaphors or dreamy pictorial transliterations. The “flight” is obviously an ideal condition, allowing the characters to occupy not just the terrestrial environment, but also the aerial one, where the force of gravity becomes an irrelevant physics assumption, all to be proven and, even when proven, not necessarily useful for any action. In the series Volare, oh oh, made in 2013, Vighy was inspired by the famous Domenico Modugno’s song to give free expression to situations that immediately break loose from the musical pretext to live their stories autonomously and with extraordinary vivacity. Women, men, young and elderly, with different physical characteristics and timeless clothes, float and talk, starting conversations and amorous relationships from which onlookers feel excluded. All we can do is watch, a bit curious, a bit in admiration, a bit voyeur, through the glass (which here is an abstract oval, typical of many of Vighy’s works, in which he inserts his stories), trying to understand what is going on. The faces, expressing a nearly inexhaustible range of expressions and characters, are minimal and yet accomplished, thanks to a light drawing perfectly integrated with the watercolours. By thinking outside conventional paradigms Vighy also manages to have some rather personal approaches to the literary world. One of the constant characteristics of his paintings is that he is able to interpret, and get brilliantly right, the moods, atmospheres, situations, faces and even animals produced by the imagination of poets and writers. Bringing to light pictorial images of the written word has been the objective of many of his works, as in the series of 22 watercolour drawings and cover of the sparkling retro tales by Mariano Castello, collected in the book Te Dao (2013), where Vighy is able to grasp the literary consistency with vigorous graphics. Through minimal, light brushstrokes, supported by an essential and extremely precise drawing, a whole world comes to life, feeding on fragments of reality. A world made up of the most grotesque, exaggerated, laughable, surreal, ironic but also poetic and compassionate aspects of life, full of a smiling “niceness” free from monotony and banality. This pictorial writing, a true literary narration (where we often f ind brief annotations or titles written by hand) becomes the ideal instrument to illustrate many texts, both in poetry and prose. Particularly f itting are the images for a Bible, the series of watercolours for Pinocchio or those of Il risveglio dei Nani (2003-2011), which draw inspiration from the sculptures adorning the wall of the famous Villa Valmarana in Vicenza, or those complementing the poem by Roberto Piumini Il portatore di baci (2011) or the Versi Rubati ones (2012), accompanying verses by contemporary poets. Luciano Vighy was born in January 1932 in Vicenza, where he has always lived. He graduated in arts and literature at Padua University with a thesis on history of art, and practiced several visual arts techniques: graphics, painting, glass engraving, porcelain sculpture. He is currently devoting himself in particular to watercolour painting. He received appreciation and praise not only from critics in the arts but also literary world: Giovanni Comisso, Goffredo Parise, Fernando Bandini and Virgilio Scapin, whose gallery/bookshop has hosted several exhibitions by Vighy. Other exhibitions in Vicenza were held at the International Library “La Vigna” and in the “Galla Caff è” space. Il sogno di Giacobbe | 2013 Acquerello // Watercolor il ratto delle ragazze alate | 2013 Acquerello // Watercolor Luciano Vighy lives and works in Vicenza alcuni pensano di volare, altri già volano | 2013 Acquerello // Watercolor [ 20 ] [ 21 ] Paolo Polloniato Una lettura critica diviene sostanziale per trovare nuove vie che portino all’evoluzione; in questo l’ironia e il gioco, messi in campo da Polloniato, sono compagni della rielaborazione. Egli utilizza gli stampi delle varie manifatture storiche per rivisitare in modo eclettico la ceramica: partendo dalle “forme” sette e ottocentesche, consolidate nell’estetica, interviene in modo assolutamente nuovo rompendone e scardinandone stile e conformazione. Inizialmente sostituisce le tradizionali pitture di genere o capricci settecenteschi con delle “vedute” contemporanee rigorosamente in scala di grigi. R ivisitazioni P Erik a Ferret to aolo Polloniato proviene da una famiglia di maestri ceramisti e da uno dei centri italiani più importanti in questo settore: Nove. Come tutto ciò abbia segnato il suo percorso è evidente soprattutto dal 2008 quando la ceramica è diventata il centro della sua ricerca. La produzione poliedrica di Polloniato – fino ad allora proiettato sulla pittura, le installazioni, la fotografia - si focalizza, trova le sue radici, in questa Capriccio contemporaneo e Vaso trionfo sono da esempio all’inconsueto e spiazzante sposalizio: nelle ridondanti forme della manifattura d’epoca - tutta avviluppi di linee curve, putti ed elementi fitomorfi, realizzati con una ceramica smaltata di un lucente bianco latte – introduce in modo discreto la sua sottile visione dell’odierno paesaggio della città diffusa, di veneta produzione, e delle metropoli fatte di capannoni, gru, e grattacieli, soggetti esclusivi dei nuovi panorami di cemento. tecnica che lo porta a confrontarsi con una storia importante e ingombrante al tempo stesso. L’osservatorio privilegiato dell’artista, svincolato dagli obblighi di mestiere, gli permette di avere uno sguardo aperto sul presente e sul passato: da una parte non è possibile cancellare il nobile passato, dall’altra è altrettanto essenziale non celebrarlo senza cercare di rintracciare uno sviluppo contemporaneo alla sua storia. Il contrasto tra il bianco pulito e ovattante delle forme baroccheggianti e i grigi con i quali Polloniato descrive lo spazio della contemporaneità è stridente. In seguito agisce direttamente sulle forme generando un vero mutamento, egli infatti, assimila e ricompone a suo piacimento elementi derivanti da manufatti storici diversi per creare inaspettate metamorfosi. MUTOIDE | 2013 Porcellana biscuit a colaggio // Biscuit porcelain in casting cm 28 x 32 x 45 L’oggetto perde la sua funzione e diviene “prodotto” artistico seguendo un nuovo pensiero, lontano dalla concezione artigianale del fare e dal gusto comune. La produzione artistica ha, infatti, la prerogativa di imporsi sulla serialità per la sua natura di oggetto non oggetto che non necessita di un carattere di utilità transitorio e deperibile. Il vaso diventa un non vaso che non serve a contenere alcun liquido, é un gioco di forme incastrate l’una nell’altra in costante bilico fisico - spesso é adagiato orizzontalmente a terra o retto da fragili gambette di putto - ed estetico perché in precario equilibrio tra eccesso e bilanciamento. Con la stessa ironica contaminazione l’elegante testa femminile di canoviana fattura, Hodierna, viene dotata di maschera a gas (anche la maschera é un interessante riutilizzo, con altro fine, di una ciotola deformata ad hoc), essenziale attributo per poter respirare aria pulita in un mondo sempre più inquinato, e orecchie da cyborg ad indicare quanto l’era moderna ci renda tutti, o cerchi di farlo, perfette macchine sempre meno umane. Di fondo il sarcasmo, la sottile ironia, la contaminazione degli stili, hanno un sapore dolce-amaro, un carattere di vaga tristezza acuito proprio dalla scelta del mezzo, estremamente tradizionale, della ceramica che quasi cela nel suo bianco lucido il messaggio dell’artista. TOTEM | 2012 Terra bianca con smalti colorati, decalcomanie e oro a terzo fuoco // White dirt with colored enamels, decals and gold at third fire cm 22 x 22 x 66 Nell’era moderna dove di fatto esiste tutto e il contrario di tutto, e nemmeno in arte è presente un’idea univoca di gusto, l’eclettismo di Polloniato si mostra come provocazione al tempo della soggettività: come scrive Joseph Campbell “è il cuore dell’uomo e della donna il luogo creativo del mito moderno, il centro focale dello sguardo divino.” L’estetica oggi corrisponde in modo crudo e netto con quello che si vede e la vista diviene il principale tra i sensi. PAOLO POLLONIATO METAMORFOSI OBBLIGATA | 2011 Terra bianca a colaggio e smalto bianco // White dirt in casting and white enamel cm 45 x 19 x 37 [ 22 ] vive a lavora a Nove ( VI) e-mail: [email protected] www.polpolloniato.com [ 23 ] or 18th century capricci with some contemporary "views", strictly on a scale of greys. Capriccio contemporaneo and Vaso trionfo are an example of such an unusual and disconcerting marriage: in the redundant forms of period manufacturing – with their twining lines, putti and phytomorphic elements - made of shiny, milk white glazed ceramic – he introduces in a discreet way his subtle vision of today’s urban sprawl as seen in the Venice area, and of metropolises made up of industrial sheds, cranes and skyscrapers, exclusive subjects of new concrete landscapes. interlocked forms in a constantly unstable equilibrium, both physical – it often lays horizontally on the floor or is supported by a putto’s fragile legs – and aesthetic, precariously poised between excess and balance. With the same ironic contamination the elegant woman’s head in Canova’s style, Hodierna, is equipped with a gas mask (the mask is also an interesting reuse, for a different purpose, of a bowl deformed ad hoc), an essential accessory to breath clean air in an increasingly polluted world, and cyborg ears, to show how the modern age makes us all, or tries to, perfect machines that are less and less human. The contrast between the clean and muffling white of baroquesque forms and the greys used to describe space in contemporary times is strident. Later he will act directly on forms to produce a real change, assimilating and reassembling at will different elements from various historical artifacts to create unexpected metamorphoses. The object loses its function and becomes an artistic "product" that follows a new way of thinking, away from the artisanal notion of making things and from common taste. Artistic production has indeed the peculiarity of imposing itself on seriality due to its nature of object-non object that does not need a temporary and perishable character of use. The vase becomes a non-vase, not used to contain any liquid, a play of Deep down, the sarcasm, the subtle irony and the contamination of styles have a bitter-sweet taste, a vague sadness sharpened precisely by the choice of ceramics, an extremely traditional medium that almost hides in its shiny white the artist’s message. In our times, when there is everything and the opposite of everything, and not even art provides a unique idea of taste, Polloniato’s eclectism appears to be a provocation in a time of subjectivity: as Joseph Campbell writes “the heart of women and men is the creative place of modern myths, the focal point of God’s eyes.” Aesthetics today correspond in a crude and sharp way to what we see, and sight becomes the most important of senses. paolo polloniato lives and works in Nove ( VI) e-mail: [email protected] www.polpolloniato.com HODIERNA | 2012 Terra bianca a colaggio e smalto bianco opaco // White dirt in casting and white matt enamel cm 49 x 29 x 49 Paolo Polloniato Revisitations Erik a Ferret to P aolo Polloniato comes from a family of master ceramists and a most important Italian town in the ceramics sector: Nove. It is clear how all of that influenced his artistic journey especially from 2008, when ceramics became the center of his research. Polloniato’s multifaceted production – until then oriented toward painting, installations and photography – suddenly focuses, f inds its roots in a technique that brings him to confront an important and together cumbersome history. The artist’s privileged observatory, free from the restrictions of trade, allows him to cast an open eye on the present and the past: you cannot cancel a noble past, but it is just as important to celebrate it without trying to f ind a development contemporary with its history. A critical reading becomes essential in order to f ind new routes to evolution; the irony and playing displayed by Polloniato in this endeavour go hand in hand with the re-elaboration. He uses the moulds of various historical manufacturers to revisit ceramics in an eclectic way: starting from 18th and 19th century shapes, consolidated in the history of aesthetics, he intervenes in an utterly new way, breaking and disrupting style and conformation. Initially he replaces the traditional genre paintings [ 24 ] SPECTRUS | 2013 Decoro su maiolica // Decoration on majolica cm 110 x 32 x 148 CAPRICCIO CONTEMPORANEO | 2008 Ceramica con decoro da modello originale // Ceramic with decor from the original model cm 33 x18 x 27 [ 25 ] Epicentro| 2013 Terracotta e ferro // Clay and iron cm 140 x 140 x 10 Fotografia di // Photos by Massimiliano Monnecchi dei materiali e sui rapporti che li regolano spingendoli fino al limite estremo della mobilità, attitudine non propria in quelli storicamente impiegati dalla scultura. La scultura si è da sempre misurata con il bisogno di rappresentare il movimento; attraverso l’uso dei materiali provo a metterlo in atto, progetto sculture che superano la staticità e cerco, nel rapporto con il tempo, la permeabilità e il dialogo tra i linguaggi e altri ambiti di ricerca. Il mio lavoro sai bene che, negli anni, è andato avanti seguendo uno sviluppo concentrico che va allargandosi e comprende sempre qualcosa di nuovo nel rispetto della coerenza della mia visione originaria.”E dunque l’indagine sulla forza dinamica che scaturisce dal confronto dei materiali, oltre ad attuare la vocazione tradizionale della scultura, quella cioè di rappresentare il movimento, dà corso all’elaborazione di diverse soluzioni linguistiche. Ciascuna materia possiede un suo proprio potenziale espressivo, in parte legato all’uso che tradizionalmente l’arte (e l’artigianato) ne fa: legno, terracotta, ferro e anche la stoffa propongono nelle sculture di Gianfreda il proprio vissuto, oltre che le intrinseche qualità organiche. In Non ti scordar di me, ad esempio, il tessuto prezioso è, come altri utilizzati dallo scultore, un tessuto d’arredamento tipico del territorio. Viene realizzato nei setifici della zona in cui l’artista è nato (nel 1981) e dove ancor oggi vive e lavora, Desio nella provincia di Monza-Brianza. Stoffe che – come lui stesso afferma – possiedono la capacità di “avvicinare” in ragione dell’appartenenza ad una quotidianità fruita, oltre che per una loro indiscutibile qualità estetica e una “propria capacità strutturale inattesa”. L’argomento vale per tutti i materiali usati da Gianfreda in quanto ciascuno corrisponde a diverse fasi di indagine artistica, senza priorità gerarchiche, e sono tutti ugualmente interessanti e ricchi di suggestioni, di suggerimenti formali. La loro natura è in grado sia di mettere in scena le “catastrofi” del presente, sia di far scaturire da tali cambiamenti radicali e drammatici un’energia ricostruttiva e rigenerativa. Come per la tragedia greca, la catastrofe è l'ultima delle parti di cui è composta la trama scenica: è l’evento conclusivo delle peripezie dei personaggi. Scioglie i nodi, i conflitti e gli equivoci, a volte con la rivelazione di un fatto ignoto agli stessi protagonisti e al pubblico, e determina, con la catarsi, la possibilità di una rinascita. “E lucevan le stelle” A lberto Gianfreda riedita il cielo L G i ova n n a G r o s s at o e stelle di Alberto Gianfreda non sono i lontani, improvvisi sciami meteorici che ogni anno nella notte di S. Lorenzo accendono il cielo di lampi silenziosi. Sono sculture in terracotta spesse e incatenate, trascinate sulla terra. Sono crollati qui e adesso i campi celesti rappresenta tutta la consistenza e la pesantezza di ciò che letteratura e arte ci hanno abituato a percepire come l’essenza stessa della leggerezza, della pura luce. L’opera evidenzia, in sostanza, la discrasia profonda che può esistere tra visioni diverse di una medesima la realtà. Un concetto fondamentale che si traduce nell’opera di Gianfreda in sculture dove l’artista obbliga materiali diversi ad una stretta convivenza e in cui l’efficacia dell’operazione consiste in gran misura nella tensione che questi abbinamenti provocano. Certo il risultato estetico non è estraneo ad eventi quali Ospiti sospesi, Epicentro, Dove cade la montagna, ma ne è in qualche modo una conseguenza e un portato, piuttosto che un obiettivo primario. L’interesse per i materiali e per le loro ibridazioni rimane, dunque, uno specifico della ricerca di Gianfreda che ama mettere a confronto consistenze, densità, pesi, colori, nature molto diverse tra loro, spesso indissolubilmente unite in una sfida perenne in cui però trova spazio – deve trovare spazio - una composizione pacifica. Nel corso di un’intervista a Matteo Galbiati è lo stesso artista a dar conto del suo modus operandi e delle sue scelte: “Lavoro sulle possibilità [ 26 ] Dove cadono le stelle | 2014 Terracotta, ferro e marmo // Clay, iron and marble cm 120 x 120 x 50 | Dimensioni variabili // Variable sizes Fotografia di // Photos by Massimiliano Monnecchi Qui entra in gioco la completezza dell’operazione artistica: legno ferro terracotta stoffa, tutti utili e necessari, comprimari, efficaci, sorprendenti del dare al climax poetico una soluzione, la soluzione. L’opera offre la sua proposta per il futuro, dove le stelle non si chiameranno più Leonidi, Geminidi, Perseidi o Quadrantidi. Più importante, ora, sapere Dove cadono le stelle e magari indagare negli studi su carta, i progetti per le sculture, la prima idea della loro genesi. Dopo il diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera, la specializzazione in Arti e Antropologia del Sacro, Gianfreda completa la sua formazione al TAM (trattamento artistico metalli) e, dal 2005, collabora con l’Accademia di Brera presso cui è attualmente docente. Partecipa a numerose collettive tra cui Biennale di Scultura della Regione Piemonte, Realpresence 8 al Castello di Rivoli e vince il premio internazionale Open 13 di Venezia che lo fa accedere ad ArteLaguna. Tra le opere pubbliche la scultura-braciere per il Duomo di Monza e quella nella collezione pubblica del Museo Internazionale della Ceramica di Faenza. Alberto Gianfreda vive a lavora a Desio (MB) www.albertogianfreda.com Earthquake montagna | 2014 Marmo di Carrara e alluminio // Carrara marble and aluminum cm 120 x 40 x 40 | Dimensioni variabili // Variable sizes Fotografia archivio personale // Personal photo archive [ 27 ] “E lucevan le stelle” Alberto Gianfreda re-edits the sky G i ova n n a G r o s s at o A lberto Gianfreda’s stars are not the far away, sudden meteor showers that every year on San Lorenzo’s night lit up the sky with their silent bursts. They are terracotta sculptures, thick and chained, dragged down to earth. Sono crollati qui e adesso i campi celesti shows all the thickness and heaviness of what literature and art have accustomed us to perceive as the very essence of lightness and pure light. The interest for materials and their hybridizations remains a special element in the research of Gianfreda, who likes to put together consistencies, densities, weights, colours and natures very different from each other, often inextricably mixed, in a perennial challenge where there is however room – there must be room – for a peaceful composition. In an interview with Matteo Galbiati the artist himself described the way he works, and his choices: “I work on the possibilities of materials and the relations that govern them, pushing them to the extreme limit of mobility, an approach that is not properly one of those historically used in sculpture. Thus the exploration of the dynamic force that emanates from the mixing of materials, as well as obeying the traditional vocation of sculpture - to represent movement – elaborates and investigates different language solutions. Each type of material has its own expressive potential, partly due to the use that is traditionally made of it by art (and crafts): wood, terracotta, iron and also fabrics propose in Gianfreda’s sculptures their own character and their intrinsic organic qualities. In Non ti scordar di me, for example, the precious fabric, like others used by the sculptor, is a furnishing fabric typical of the territory. It is produced in silk mills of the area where the artist was born (in 1981) and where he still lives and works to this day, Desio in the province of Monza-Brianza. These fabrics - as he himself puts it - manage to appeal thanks to their belonging to everyday life, their undeniable aesthetic quality and an “unexpected structural capacity”. The argument applies to all materials used by Gianfreda, because each one of them corresponds to a different phase of his artistic research, with no hierarchical priorities, all being equally interesting and full of proposals and formal suggestions. Their nature can both stage the “catastrophe” of the present and give rise from such radical and dramatic changes to a reconstructive and regenerating energy. In Greek tragedy, the catastrophe is the f inal part of the drama on stage, the closing event of the characters’ adventures. It dissolves the knots, the conflicts and the misunderstandings, sometimes with the revelation [ 28 ] Here comes into play the completeness of the artistic operation: wood iron terracotta fabric, all useful and necessary, equally valuable, effective and surprising in giving a solution, the solution, to the poetic climax. Gianfreda’s work offers its own proposal for the future, when stars will no longer be called Leonids, Geminids, Perseids or Quadrantids. What is more important now is to know “Where the Stars Fall” (Dove cadono le stelle) and perhaps explore in studies on paper and on the sculptures blueprints the f irst idea of their genesis. After his sculpture diploma at the Accademia di Belle Arti in Brera and his specialization in Arts and Anthropology of the Sacred, Gianfreda completed his education at TAM (Trattamento Artistico dei Metalli) and has been collaborating since 2005 with the Brera Accademia where he is currently teaching. He participated in many collective exhibitions, including the Sculpture Biennale of the Piedmont Region, Realpresence 8 at Rivoli Castle, and won the international competition Open 13 in Venice, which then led him to ArteLaguna. Among his public works are a sculpture-brazier for Monza cathedral and a sculpture to be found in the public collection of Faenza International Ceramics Museum. Gianfreda’s work shows, in essence, the great discrepancy that can exist between different views of the same reality A key concept that he translates into sculptures where different materials are forced into close cohabitation and where the effectiveness of the whole operation consists largely in the tension that such cohabitation produces. Certainly the aesthetic result is no stranger to events such as Ospiti sospesi, Epicentro, Dove cade la montagna, but is somehow a consequence and a product of it, rather than a primary objective. Sculpture has always measured itself with the need to represent movement. I try to achieve this through the use of materials, I plan sculptures that go beyond staticity and I look, in relation with time, at the permeability and dialogue between different languages and other research f ields. You do know that my work, over the years, has progressed following a concentric development that continues to widen and always includes something new, while still being consistent with the original vision.” of a fact unknown to the protagonists themselves and to the public, and determines, with the catharsis, a possibility for rebirth. Sono crollati qui e adesso i campi celesti | 2014 Vista della mostra Earthquake Museo presso Museo Canova Possagno // View of the exhibition Earthquake in the Museum Canova Possagno Fotografia di // Photos by Massimiliano Monnecchi Alberto Gianfreda lives and works in Desio (MB) www.albertogianfreda.com studio per scultura | 2014 Olii,smalti e ossidi su carta intelaiata // Oils, glazes and oxides on paper framed cm 150 x 120 Foto di // Photos by Andrea Sartoky Studio per scultura | 2014 Olii,smalti e ossidi su carta intelaiata // Oils, glazes and oxides on paper framed cm 120 x 150 Foto di // Photos by Andrea Sartoky Ritratto 001 | 2014 Fotografia di // Photos by Stefano Pasini 2014 [ 29 ] Gehard Demetz La vita dolente all ’ interno del legno S i lv i a N e r i G ehard Demetz (Bolzano, 1972) è uno scultore italiano che si è fatto conoscere sulla scena internazionale esponendo le sue opere in Austria, Germania, Spagna, Svizzera, Corea e Stati Uniti. L’artista lavora in modo privilegiato con il legno, materiale molto utilizzato nella tradizione del suo luogo d’origine: egli lo considera il mezzo espressivo che meglio riesce a conciliare il potenziale espressivo con la componente narrativa. Grazie alla sua grande abilità tecnica, Gehard Demetz modella le sue figure con l’intento di lavorare sul grezzo e, in certi momenti, sul non finito: assemblando piccoli pezzi di legno di tiglio, egli costruisce figure che sanno esprimere per contrasti la spesso irregolare incoerenza tra l’infanzia e l’età adulta. In un gioco di descrizione tra il soggetto che guarda (l’adulto) e l’oggetto rappresentato (il bambino), si pone una distanza tra i due mondi che si studiano reciprocamente. Le sculture dell’artista altoatesino si pongono allo stesso livello di giudizio e scrutano con sguardo severo il mondo degli adulti nella volontà di porre un tempo e uno spazio di distanza, di respiro. In un percorso che porta il bambino a confrontarsi con l’età adulta si genera un atto di critica e si definisce il momento di passaggio tra lo stato di inconsapevolezza e quello determinato dalla ragione e dalla coscienza: è, in sostanza, la descrizione del momento cruciale della vita che corrisponde alla perdita dell’innocenza. Rubin di Milano. L’idea di fondo è che l’arte e il piacere che ne deriva non si esaurisce nella sola contemplazione visiva dell’opera, ma prende vita anche grazie agli altri sensi, in una sintesi sinestetica, dove anche l’odore del legno, oltre alla percezione tattile della forma, della texture e della temperatura, hanno un peso fruibile. Consapevole che l’arte non può essere apprezzata solo con la vista e, comunque, in uno spazio fisico, Demetz lavora dunque sulla presenza e sull’assenza dell’essere, ponendo le sue creature su piedestalli in modo da dare più forza alla loro richiesta d’attenzione, alla loro presa d’atto di una responsabilità che nasce venendo al mondo e alla quale nessuno può sottrarsi. Gehard Demetz vive e lavora a Selva di Val Gardena (BZ). La sua attività espositiva personale inizia nel 2002, mentre la sua presenza in collettive data dal 2000. GEHARD DEMETZ vive a lavora a Selva di Valgardena (BZ) www.geharddemetz.com I soggetti di Demetz sono bambini in età pre-adolescenziale che, maneggiando oggetti diversi, forbici, gomitoli, maschere antigas e persino croci imbracciate come armi, manifestano l’attesa dell’età adulta, con i corpi ancora indefiniti all’interno delle grezze geometrie del legno. Sculture di grande imponenza plastica, presentano giovani volti lisci e perfetti ma al tempo stesso seri, come concentrati nell’esigenza di esprimersi, di rivelare la propria umanità e di confrontarla con quella del mondo adulto in una silenziosa e sottile riprovazione. I tratti gentili delle fisionomie infantili pur restituendo l’immagine tradizionale della scultura lignea, acquisiscono un ulteriore carattere che unisce alla grazia quasi rinascimentale una decisa espressività. Vi è infatti, nei visi ma anche nelle posture non del tutto determinate e concluse della fisicità di questi adolescenti, una gravità assorta che conferisce loro un atteggiamento severo, attento al mondo, talora inquisitorio, sia che essi lo guardino apertamente, sia che lo neghino allo sguardo. Ai lineamenti contriti ma aderenti ad un assoluto canone estetico, si contrappongono corpi ancora intrappolati nel legno appena sbozzato di un geometrismo cubista fuori contesto, oppure in inquietanti strutture di ferro in lacci costrittivi, in aggeggi minacciosamente contemporanei. Metafora della metamorfosi ma forse anche della condizione permanente dell’essere umano, suddito di eventi più forti di lui e persino di se stesso, la scultura di Gehard Demetz si fa linguaggio universale e attesta nella condizione umana una ineliminabile fragilità. Ad essa alludono drammaticamente anche le cose che i bimbi reggono o impugnano: moderne tecnologie o suppellettili chiesastiche,o da cui sono fisicamente trapassati, come un cofanetto, un ombrello, una tanica di benzina. Ragazza sinistra | 2005 Tiglio, colore acrylico // Lime and acrylic color cm 138 x 38 x 32 [ 30 ] Per evidenziare i valori plastici della sua scultura, nel 2009 Gehard Demetz dedica un progetto all’esplorazione sensoriale intitolato Love at first touch, dedicato ad un pubblico non vedente, realizzato in collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, l’Associazione Culturale Erodoto e la Galleria The Winter was Hard | 2011 Tiglio, colore acrylico // Lime and acrylic color cm 148 x 39 x 58 [ 31 ] Gehard Demetz The aching life inside wood S i lv i a N e r i G erhard Demetz (Bolzano, 1972) is an Italian sculptor who established himself on the international scene by exhibiting his works in Austria, Germany, Spain, Switzerland, Korea and the United States. The artist works mainly with wood, a material much used traditionally in his land of origin: he considers it the expressive medium that best brings together potential for expression and narrative. With great technical ability, Gerhard Demetz shapes his f igures aiming at a rough and, at times, unf inished work: he assembles small pieces of limewood to build f igures that express the often horny contrast between childhood and adulthood. By playing with the subject who looks on (the adult) and the object being represented (the child), a distance is created between the two worlds, watching each other. their bodies still little def ined inside the raw geometries of wood. Sculptures of great plastic power, they present young faces, smooth and perfect but at the same time serious, as if concentrated in the need to express themselves, to reveal their humanity and pit it against that of the adult world, with a silent and subtle reproach. The gentle lines of the children faces, although consistent with the traditional image of wooden sculpture, acquire a new character that combines a nearly Renaissance grace and a strong expressiveness. There is, in the faces but also in the postures of these adolescents physicality, not fully determined and accomplished yet, a thoughtful gravity that gives them a severe stance, alert to the world and sometime inquisitive, whether they look at it openly or shut their eyes to it. The faces, contrite but adhering to an absolute aesthetic canon, are in contrast with the bodies, still trapped in the rough-hewed wood of an out of context cubist geometrism, or in unsettling iron structures complete with constrictive strings, or in ominously contemporary contraptions. Like a metaphor of metamorphosis, but perhaps also of the permanent condition of human beings, prisoners of events that are too powerful for them and even prisoners of themselves, Gerhard Demetz sculpture becomes universal language and attests an ineradicable fragility of the human condition. This is also hinted at dramatically by the things that the children hold: modern technology items, church furnishings or objects that go physically through them, like a casket, an umbrella, a petrol tank. To stress the plastic values of his sculpture, in 2009 Gerhard Demetz devoted a project to sensory exploration entitled Love at f irst touch, dedicated to a blind public and developed in collaboration with the Italian Association of the Blind and Visually Impaired, the Herodotus Cultural Association and the Rubin Gallery in Milan. The basic idea is that art, and the pleasure that comes from it, does not end with the mere visual contemplation of the work, but comes to life also through the other senses, in a synaesthetic synthesis where even the smell of wood, in addition to the tactile perception of form and texture, and temperature, have a role that can be enjoyed. Aware that art is not to be appreciated just with one’s eyes or, however, in a physical space, Demetz works with the presence and absence of being, placing his creatures on pedestals so as to give more power to their request for attention and their acknowledgement of a responsibility that starts by coming into this world and from which nobody can escape. Gerhard Demetz lives and works in Selva di Val Gardena (BZ). His personal exhibiting activity started in 2002, while his participation in collective exhibitions goes back to the year 2000. Gehard Demetz lives and works in Selva di Valgardena (BZ) www.geharddemetz.com The sculptures of the South Tyrol artist place themselves on the same level of judgment and scrutinize with stern eyes the adult world, yearning for a distance in time and space, a breather. As the child is brought to confront adulthood, an act of criticism is created, and a def inition of the time of passage between a state of unawareness and one governed by reason and conscience: it is, in essence, the description of the crucial moment in life that corresponds to the loss of innocence. Demetz subjects are pre-adolescent children who, handling different objects like scissors, balls, gas masks and even crosses held as weapons, show the wait for adulthood, with Our Mother bake for us | 2011 Tiglio, colore acrylico // Lime and acrylic color cm 207 x 42 x 32 One Eye sees, one Eye serves | 2012 Tiglio, colore acrylico // Lime and acrylic color cm 171 x 40,5 x 39,5 [ 32 ] How do you Feed Spirits | 2012 Tiglio, colore acrylico // Lime and acrylic color cm 172 x 41 x 40 [ 33 ] AMO C Dall’Idea alla Scena è il titolo della mostra permanente di AMO ospitata presso il piano nobile di Palazzo Forti, dove il visitatore ha la possibilità di scoprire l’affascinante processo creativo della messa in scena di un’opera. La mostra contribuisce alla valorizzazione e alla divulgazione della cultura operistica italiana con l’esposizione di documenti originali: partiture autografe, lettere, appunti dei grandi compositori e ancora costumi, scenografie, bozzetti e fotografie, mostrate anche grazie all’utilizzo di tecniche multimediali e interattive. Museo dell ’Opera ollocato nella splendida sede di Palazzo Forti nel cuore della città di Verona a pochi passi dalla centralissima Piazza delle Erbe, AMO è il Museo della Fondazione Arena di Verona dedicato alla creatività e all’eccellenza dell’opera lirica italiana. Il museo ha come obiettivo quello di far conoscere al grande pubblico la perfetta macchina creativa che sta alla base della nascita delle celebri opere liriche, tipiche della tradizione culturale italiana e che tutto il mondo ammira. Inaugurato nel giugno del 2012, AMO ospita attualmente una mostra permanente e due temporanee e inoltre conta al suo interno la presenza di un pregiato ristorante. AMO Palazzo Forti, Verona Ogni anno la mostra si arricchisce di nuovi documenti originali provenienti dall’Archivio di Fondazione Arena selezionati in parallelo ai titoli in cartellone per il Festival in corso. L’esposizione permanente custodisce anche quello che si può definire “il tesoro dell’Arena di Verona”: costumi e scenografie originali che, a seconda del calendario areniano, vengono allestiti in Arena e successivamente esposti presso AMO. Questo il caso delle monumentali statue egizie che il regista Franco Zeffirelli ha pensato per la sua Aida. A due anni dalla sua inaugurazione, l’esposizione permanente si è recentemente arricchita di nuove e importanti opere per rendere omaggio a una grandissima artista di fama internazionale: Maria Callas. Il suo forte legame con la città di Verona, e ovviamente con l’Arena, ha fatto sì che proprio nel museo AMO fosse allestita un’intera sala dedicata alla celebre diva, talento immortale incarnato nell’arte lirica. In esposizione è possibile ammirare: documenti originali, lettere e appunti di vita quotidiana e professionale, oggetti personali e ancora abiti da sera in pieno stile anni ’50, tutti appartenenti al famoso soprano. I materiali sono stati selezionati con l’obiettivo di mettere in risalto la vita e la carriera dell’artista nel periodo che trascorse nelle città di Zevio e Verona e quindi in relazione all’Arena. Il materiale è stato dato in gentile concessione dal Comune di Zevio, dall’Accademia Lirico Interpretativa Maria Callas di Zevio e dal Maria Callas International Archive. Proprio in questa sala e grazie al supporto delle nuove tecnologie, è possibile ascoltare la registrazione dell’aria Un bel dì vedremo tratta da Madama Butterfly ed eseguita dalla grande Maria Callas nel 1955. La stessa registrazione è sincronizzata sulla partitura autografa pucciniana digitalizzata e può essere inoltre apprezzata in relazione alle diverse interpretazioni di altre due soprano, Renata Tebaldi e Carolina White, cogliendo differenze di stile, di estensione vocale e timbriche. AMO DALL’IDEA ALLA SCENA Sala Placido Domingo // Hall Placido Domingo Affianca l’esposizione permanente, la mostra temporanea AMO L’ARENA – 100 anni di Festival attraverso 200 anni di Verdi, completamente dedicata all’opera verdiana e al suo legame insolubile con l’Arena di Verona e inaugurata nel 2013 in occasione delle celebrazioni per il centenario del Festival dell’Arena di Verona. Infatti il Festival nacque proprio nel 1913 per commemorare il primo centenario della nascita di Giuseppe Verdi. Ancora nella zona archeologica di Palazzo Forti troviamo l’esposizione fotografica Arena di Verona – Un secolo di Immagini e Suggestioni, dove il percorso fotografico porta il visitatore a conoscere il primo glorioso secolo di storia della stagione lirica dell’Arena di Verona. Una volta terminata la visita al museo e alle sue esposizioni, è possibile godere di una piacevole sosta dedicata al gusto e alla migliore cucina al ristorante AMO Opera Restaurant con i raffinati sapori dello chef Vincenzo Buonocore, promessa della cucina italiana, e sotto l’attenta selezione di vini di Luca Gardini, sommelier campione del mondo 2010. Cultura, storia, musica, fascino della conoscenza e della scoperta, curiosità, gusto e sapori raffinati sono solo alcuni fra gli elementi che rendono la visita ad AMO un’esperienza davvero imperdibile per chi visita la città di Verona e per chi si reca in Arena per assistere a una delle spettacolari opere del Festival in calendario. Sala delle Grottesche // Hall of the Grottesche Infine, per la prima volta il Museo AMO, nell’ottica di sensibilizzare chi non ha mai incontrato l’Opera, nella stagione 2014/2015 dà il via a Didattica all’Opera, iniziativa rivolta al mondo dei giovani e della scuola: percorsi didattici e sviluppi interdisciplinari che trasformano AMO in uno spazio innovativo, dove studio e attività creative, e ricreative, si uniscono e si completano a vicenda. AMO ORARI DI APERTURA: martedì – domenica 10.30 – 18.30, lunedì chiuso Tel./Fax +39 045 8030461 e-mail: [email protected] www.arenamuseopera.com [ 34 ] Sala Scenografia Aida // Hall of Aida’s Scenography [ 35 ] AMO N Museum of the Opera estled in the magnif icent setting of Palazzo Forti in the heart of Verona, near Piazza delle Erbe, AMO is the Fondazione Arena di Verona’s Museum dedicated to creativity and excellence of Italian opera. The museum aims to introduce to the public the perfect creative mechanisms at the foundation of the famous operas typical of the Italian cultural tradition and admired the whole world over. Inaugurated in June 2012, AMO now hosts a permanent exhibition, two temporary ones and a f ine dining restaurant. AMO’s permanent exhibition entitled From the Idea to the Stage is situated on the f irst floor of the Palazzo Forti, where the visitor has the opportunity to discover the fascinating creative process of staging an opera. The exhibition contributes to the appreciation and diffusion of the culture of Italian Opera with a display of original documents: autograph scores, letters, notes of the great composers and even costumes, sets, sketches and photographs, shown also through multimedial and interactive devices . Every year the exhibition is enriched with new original documents from the Fondazione Arena di Verona Archive selected according to the titles on the actual Festival programme. The permanent exhibition also contains what might be called “the treasure of the Arena di Verona”: original costumes and sets which, depending on the Festival’s programme, are f irst staged in the Arena and then displayed at AMO, as with the monumental Egyptian statues created by the director Franco Zeff irelli for his Aida. Two years after its opening, the permanent exhibition has recently been enriched with new and important works to pay tribute to a great artist of international fame: Maria Callas. Her strong relationship to the city of Verona, and of course with the Arena, has pathed the way to an entire room within AMO being dedicated to the celebrated diva, an immortal lyrical talent embodied in art. original documents, letters and notes from her daily and professional life, personal belongings and evening dresses in full Fifties style, belonging to the famous soprano can all be admired within the exhibition. All materials have been selected with the aim of highlighting the artist’s life and career during the period she spent in the cities of Zevio and Verona and relevant of course to the Arena. The material is on display courtesy of the Municipality of Zevio, the Lyric Interpretation Academy of Maria Callas in Zevio and by the Maria Callas International Archive. In this room, and thanks to the support of new technologies, you can listen to the recording of the aria Un bel dì vedremo from Madama Butterfly performed by the great Maria Callas Sala Macbeth - Pizzi // Machbeth Hall - Laces Sala Callas - Video // Callas Hall - Video in 1955. The same recording is synchronized on the digitized autograph score of Puccini and can be also appreciated in relation to the different interpretations of two other sopranos, Renata Tebaldi and Carolina White, capturing differences in style, vocal range and tone. Alongside the permanent exhibition, the temporary exhibition AMO L’ARENA - 100 Years of Festivals through 200 years of Verdi, completely dedicated to the works of Verdi and his insoluble bond with the Arena di Verona and inaugurated in 2013 on the occasion of the celebrations for the Centennial Festival of the Arena of Verona. Indeed, the Festival was born in 1913 to commemorate the f irst centenary of Giuseppe Verdi’s birth. Still, in the archaeological zone of Palazzo Forti you can visit the photographic exhibition Arena di Verona - A Century of Imagery and Emotion, where the photographic path leads the visitor through the f irst glorious century of the history of the Opera Festival at the Arena di Verona. After the visit to the museum and its exhibits, you can enjoy a pleasant break dedicated to taste and the best cuisine in the restaurant AMO Opera Restaurant with the ref ined Italian cuisine flavours of chef Vincenzo Buonocore, with wine selection by Luca Gardini, 2010 world champion sommelier. Culture, history, music, knowledge and discovery charm, curiosity, taste and ref ined flavors are just a few of the elements that make a visit to AMO a must for anyone visiting the city of Verona and for those who visit the Arena to see one of the spectacular operas on the Festival programme. Finally, in the 2014/2015 season, for the f irst time AMO Museum launches an initiative aimed at young people and schools, Educational Opera, to raise awareness among those unfamiliar with the Opera: learning paths and interdisciplinary developments turn AMO into an innovative place where study, creative activities and leisure unite and complete each other. Sala dei Costumi // Costumes Hall [ 36 ] Scalinata principale // Main Flight of steps [ 37 ] Danilo Pavone La frammentazione dell ’ immagine M arco Sto ppa E Alla lacerazione fisica del volto rappresentato corrisponde un turbamento dello spettatore che si sente allo stesso tempo respinto e curiosamente attratto dalla violenza estetica. Nell’era del consumismo e della tecnologia, l’immagine odierna cerca di sopravvivere a se stessa e all’eccesso di produzione, provocando emozioni estreme destinate a un pubblico mai sazio e continuamente alla ricerca di un coinvolgimento totale dei sensi. In questo verso sembra indirizzata da un po’ di anni la ricerca artistica di Danilo Pavone. A partire da Archivi di un corpo/Body’s Archives, installazione esibita nel 2010 per la Galleria Serpente in Portogallo, egli manifesta l’intenzione di andare oltre il par- ticolare dello scatto fotografico, con la creazione di un ambiente asettico e abitato da pochi oggetti simbolici e da poche immagini frammentate o sbiadite, ricordi poco chiari e disturbati di un rapporto di coppia fallito. Nel 2013, invece, realizza La gabbia, opera di denuncia contro la violenza delle donne che proietta virtualmente lo spettatore a vivere in prima persona la violenta separazione di una coppia. Con l’ausilio della programmazione e del web l’artista ricostruisce, partendo dai suoi scatti fotografici, un ambiente simulato e immersivo, una sorta di bolla multisensoriale al centro della quale si pone l’uomo, in un tentativo disperato e illusorio di riconquistare il mondo circostante. Danilo Pavone rano i primi anni del XX secolo quando il pubblicitario statunitense Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud, sviluppò una serie di teorie inerenti alla seduzione di massa per incentivare l’Americano degli anni ‘20 al costante consumo di “beni” di ogni genere commerciale, dando inizio all’era del consumismo. L’industria del consumo ha affinato le sue armi a tal punto da generare nella gente il bisogno di oggetti obiettivamente non necessari, plasmando di fatto la personalità dell’uomo contemporaneo. vive e lavora a Verona www.danilopavone.com Il massiccio utilizzo della pubblicità commerciale ha prodotto nel tempo una nuova estetica dell’immagine mirata al profitto, con una ”crescente attenzione allo stile e alla bellezza” dice il sociologo francese Gilles Lipovetsky, per il quale “nessun oggetto oggi può sfuggire al parametro dell’estetica, perfino i più banali”. Nella società dei consumi qualsiasi oggetto o corpo può diventare un’immagine persuasiva capace di conquistare il consumatore e imporre uno stile di vita, come d’altra parte lo stesso Andy Warhol aveva precocemente intuito. Lo sa molto bene Danilo Pavone, artista veronese attivo in Italia e all’estero, che da anni conduce una ricerca sull’immagine allo stesso tempo raffinata e introspettiva, una riflessione intima sulle contraddizioni dell’uomo moderno che va oltre l’oggettiva bellezza del soggetto catturato dalla sua macchina fotografica. Con un occhio alla fotografia di Robert Mapplethorpe, Pavone indaga il perfetto equilibrio compositivo dell’immagine curandone il minimo dettaglio. Le sue figure emergono plastiche dal fondo buio, scolpite da una luce carravaggesca, creando morbidi effetti di chiaroscuro. Litorais_Series_Untitled_7164 | 2014 Lambda Print on Aluminium cm 80 x 50 Nel ciclo di opere fotografiche intitolate Corpo Greco, la seducente bellezza dell’immagine del corpo umano è violata dall’artista che interviene con fratture compositive che spezzano la linea continua del fotogramma. La frammentazione e la rottura dell’immagine infrangono simbolicamente lo schema mentale del pensiero comune che eleva la bellezza e la perfezione a valori assoluti. Pavone destruttura l’integrità della forma per smascherare il falso mito della “bellezza a tutti i costi”, generatore di una felicità illusoria. Il corpo spezzato rappresenta quindi il fallimento di questa felicità e nel contempo pone l’osservatore di fronte al malessere dell’uomo contemporaneo dominato dall’insoddisfazione, dalla quale rifugge quotidianamente. Danilo Pavone non nasconde l’aspetto traumatico delle sue composizioni fotografiche, concepite per generare un sentimento di repulsione e risvegliare la coscienza dello spettatore. Occultando le identità dei suoi soggetti - coprendo i volti con un panno o soffermandosi sul particolare - l’artista annulla le personalità e priva l’osservatore di un punto di riferimento sul quale scaricare le sue ansie, coinvolgendolo in prima persona. Nella serie fotografica Broken Portraits, Pavone porta all’estremo il gesto repulsivo tagliando a metà le labbra di un volto ritratto, dissacrando l’immagine del bacio e i significati a esso collegati. [ 38 ] Corpo_Grego_Untitled_125 | 2014 Lambda Print on Aluminium cm 57 x 80 Litorais_Series_Untitled_7197 | 2014 Lambda Print on Aluminium cm 80 x 50 [ 39 ] Danilo Pavone The f ragmentation of images M arco Sto ppa I t was in the early years of the 20th century that American adman Edward Bernays, Sigmund Freud’s nephew, developed a number of theories about mass seduction to induce Americans in the ‘20s to increasingly consume “goods” of any kind, thus giving rise to the consumerism era. The consumer industry has ref ined its weapons to such an extent that it can now generate in people a desire for objects they don’t actually need, hence shaping the personality of contemporary man. A massive use of market advertising has produced over time a new aesthetics of image that has prof it in mind, with a ”growing attention to style and beauty” says French sociologist Gilles Lipovetsky, who believes that “no object today, even the most trivial ones, can escape the aesthetics parameter”. In the consumer society any object or body can become a persuasive image, capable of seducing consumers and impose a way of life, as Andy Warhol himself had anticipated. That is very familiar to Danilo Pavone, a Veronese artist working in Italy and abroad, who has been conducting a ref ined and together introspective research on image, an intimate reflection on the contradictions of modern man that goes beyond the objective beauty of the subject captured on camera. With an eye to Robert Mapplethorpe’s photography, Pavone explores the perfect compositional balance of images down to the smallest detail. His f igures emerge, plastic, from the dark background, sculpted by a light that reminds of Caravaggio, with soft chiaroscuro effects. In his cycle of photographic works entitled Corpo Greco, the seductive beauty of human body images is violated by the artist, who intervenes with compositional fractures to break the solid line of the frame. TABLOID VIVANT SERIES – Untitled Lambda Print on Aluminium cm 60 x 40 The fragmentation and breaking of the image shatter symbolically the mental schemes of common thinking, which raise beauty and perfection to absolute values. Pavone destructures the integrity of form to expose the false myth of “beauty at all costs”, a generator of illusory happiness. The broken body thus represents the failure of such happiness and puts the viewer in front of the malaise of contemporary man, dominated by a dissatisfaction that he shuns day after day. Danilo Pavone does not hide the traumatic aspects of his photographic compositions, designed to generate a feeling of revulsion and awaken the consciousness of the viewer. In concealing the identity of his subjects - by covering the face with a cloth or dwelling on details – the artist nullif ies the personality and leaves the viewer without a point of reference to unload his anxieties, engaging him on a personal level. In the photographic series Broken Portraits, Pavone takes the repulsive gesture to the extreme, cutting in half the lips of the faces he portrays, desecrating the image of a kiss and the meanings attached to it. The physical laceration of the face is accompanied by the uneasiness of the viewer, who feels repelled and at the same time curiously attracted by the aesthetic violence. In the age of consumerism and technology, the image is now trying to survive itself and the excess of production by causing extreme emotions to an audience that never has enough and by looking continuously for a total involvement of the senses. The artistic research of Danilo Pavone seems to be heading recently in this direction. Starting from Archivi di un corpo/Body’s Archives, an installation exhibited in 2010 at Galleria Serpente in Portugal, he shows his intention to go beyond the details of a snapshot, creating an aseptic environment inhabited by few symbolic objects and scarce fragmented or faded images, unclear memories disturbed by a failed couple relationship. In 2013, however, he makes La gabbia, a work denouncing violence against women, virtually projecting the viewer to experience f irst hand a couple’s violent separation. With the help of programming and the web, the artist reconstructs, starting from snapshots, a simulated and immersive environment, a sort of multisensory bubble at whose centre he puts man, engaged in a desperate and illusory attempt to reconquer the surrounding world. Corpo_Grego_Untitled_196_197 Lambda Print on Aluminium cm 40 x 40 [ 40 ] Corpo_Grego_Untitled_123 Lambda Print on Aluminium cm 40 x 40 Danilo Pavone lives and works in Verona www.danilopavone.com Corpo_Grego_Untitled_505_507 Lambda Print on Aluminium cm 40 x 40 [ 41 ] dell’evoluzione dell’edificio costituito da quattro corpi di fabbrica. I due centrali, i più antichi, si caratterizzano per specifiche peculiarità. Uno di questi si contraddistingue per gli archi acuti (due sono stati demoliti nel 1870 quando è stato inaugurato il Caffè Municipio, a suo modo anch’esso divenuto storico, ma le cui tracce ancora si leggono sopra la pensilina liberty). Dei due fabbricati laterali invece, quello vicino all’Istituto Vendramini è stato completamente ricostruito dopo il bombardamento del 1944 mentre l’altro di gusto tardo quattrocentesco, è caratterizzato da un arco a sesto ribassato. Col restauro sono stati messi in luce i lacerti delle caratteristiche tessiture a finti mattoni fugati di cromia rosa e gialla, ripristinati senza operare un falso storico, evidenziando le lunette e gli archi pensili decorati. Con cromia “ neutra” sono state trattate sia le sopraelevazioni successive agli anni ‘30 del secolo scorso nonché i tamponamenti e le nuove ricostruzioni, in modo da conferire alla lettura architettonica anche una valenza estetica d’insieme. L’ impianto originale dell’edificio risale al XIV- XV secolo, coevo all’edificazione del Duomo e del Palazzo Municipale, tuttavia non rimangono tracce originarie dei vari accorpamenti e le modifiche che si sono susseguite nel tempo. Le prime notizie relative ad un’unica proprietà sono certificate dai documenti del Catasto Lombardo Veneto ( 1830 -1850), mentre il Catasto austriaco/italiano (1851-1943) fornisce informazioni sul frazionamento delle proprietà. Dalle prime immagini fotografiche dell’edificio, risalenti al 1913, si vede che la consistenza volumetrica si presentava ad un solo piano soprastante il porticato e i negozi. Successivamente nel 1936 venne realizzata la sopraelevazione di un piano e nel 1980 l’edificio fu acquisito dall’Amministrazione che lo destinò a sede degli uffici anagrafici ed ora a struttura culturale. La mostra con cui la Galleria Harry Bertoia inaugura la sua apertura è sull’opera del pordenonese Pierpaolo Mittica, fotografo umanista conosciuto a livello mondiale. Con il suo obiettivo Mittica documenta ciò che minaccia il pianeta terra: dai disastri di Chernobyl e Fikushima, al degrado umano dei “dannati della terra” in India, ma coglie anche l’essenza della dignità umana e con le sue foto trasmette quanto la solidarietà tra gli uomini si renda necessaria. Mittica, che ha esposto in Europa, negli Stati Uniti e nel 2011 alla Biennale di Venezia, ha visto le sue foto pubblicate da importanti quotidiani e periodici italiani e stranieri e ha ricevuto più di 40 riconoscimenti internazionali che testimoniano la qualità del suo lavoro. Galleria Harry Bertoia Palazzo Spelladi, Corso Vittorio Emanuele II 60, Pordenone Ufficio stampa dott. Edoardo Fabris e-mail: [email protected] Tel. +39 0434 392223 | Fax +39 0434 392254 | Cell +39 331 7018956 Harry Bertoia Ingresso // Entrance Galleria Harry Bertoia N el centro di Pordenone si apre un nuovo polo culturale: la Galleria Harry Bertoia (1915-1978), , uno spazio dedicato al designer ed artista che si è imposto all’attenzione internazionale. La famosa Diamond (1951-‘52), una sedia-scultura in tondino di ferro, aperta e dialogante nello spazio, da lui descritta come “una scultura fatta d’aria e di acciaio”, è infatti divenuta un classico in tutti i libri di storia del design. Ospitata nel Palazzo Spelladi in Corso Vittorio Emanuele, incastonata nel nucleo storico della città, tra il Municipio del XII sec., il Duomo con il Campanile di San Marco e Palazzo Ricchieri, sede del Museo civico d’arte, la nuova struttura da poco restaurata si armonizza con gli edifici medievali e rinascimentali che la circondano e partecipa con essi alla vita culturale della Città. Gli spazi sono stati realizzati ispirandosi ai nuovi orientamenti dei progettisti delle sedi museale mirano dunque a privilegiare le aree espositive. Le soluzioni tecniche adottate sono in grado di offrire al visitatore una “gratificazione emozionale del museo,” dove “l’interazione tra architettura, soluzioni illuminotecniche, arredi ed allestimenti favoriscono la fruizione e la scoperta delle opere d’arte in un ambiente che si integra completamente con esse…”. L’area espositiva è caratterizzata da ampi spazi con pareti in cartongesso che consentono facili modifiche distributive a seconda delle esigenze espositive. Si sviluppa su una superficie di quasi 240 metri quadrati distribuiti su due piani con altezze tali da consentire anche l’esposizione di opere alte più di 3 metri. Altri elementi strutturali definiscono l’edificio nel suo complesso; una nuova scala inserita nel contesto architettonico esistente, un ascensore, pavimentazioni in legno lamellare per i percorsi museali e in pastellone veneziano per le aree di servizio, controsoffitti per occultare gli impianti di distribuzione dell’aria e delle apparecchiature illuminotecniche. Al piano terra si trovano l’atrio d’ingresso, il vano ascensore e un’ampia scala, che conduce al primo piano dove è stato creato lo spazio per accogliere i visitatori, la biglietteria e un ufficio amministrativo che introducono all’area espositiva vera e propria. Al terzo invece sono stati ricavati locali per gli archivi, i depositi e le centrali tecnologiche. L’intervento di restauro della facciata evidenzia la chiara lettura [ 42 ] Spazio espositivo Galleria Harry Bertoia // Exhibition space Galleria Harry Bertoia [ 43 ] Galleria Harry Bertoia A new cultural centre is about to open in the centre of Pordenone: Galleria Harry Bertoia (1915-1978), a space dedicated to the designer and artist who won international acclaim. The famous Diamond (1951-1952), a chair-sculpture made from iron rod, open and dialoguing in space, described by him as “a sculpture made of air and steel”, has become a classic to be found in any book about the history of design. Hosted by Palazzo Spelladi in Corso Vittorio Emanuele, set in the city historic center between the 12th century Town Hall, the Cathedral with its San Marco bell tower and Palazzo Ricchieri, house of the Civic Art Museum, the recently restored structure blends in with the medieval and Renaissance buildings around it and participates with them in the city cultural life. The new spaces take inspiration from recent trends in museum design, focusing on the exhibiting areas. Various technical solutions help visitors experience an “emotional gratif ication of the museum,” where “the interaction between architecture, lighting, furnishings and installations makes them enjoy and discover the works of art in an environment that is entirely at one with them…”. The exhibiting area is characterized by wide spaces delimited by plasterboard walls that can be easily rearranged according to exhibiting needs. It spreads over nearly 240 square metres, distributed on two floors with high ceilings that allow to display works even more than 3 metres high. Other structural elements characterize the building: a new staircase introduced in the existing architectural context, an elevator, flooring made from laminated wood in the exhibiting areas and Venetian pastellone in service areas, false ceilings to hide the air conditioning and lighting systems. On the ground floor are the entrance hall, the elevator shaft and a large staircase leading to the f irst floor, where a new space was created to welcome visitors, together with a ticket off ice and administration off ices, just before the actual exhibiting area. On the third floor are the archives, storage rooms and system control rooms. The façade restoration highlights clearly the evolution of the building, made up of four blocks. The two central, older ones have a few distinctive features. One of them displays lancet arches (two were demolished in 1870 with the opening of Caff è Municipio, also to become an historic landmark in its own right, but they left visible traces above the art nouveau projecting roof ). Of the two side buildings, the one next to Istituto Vendramini was completely rebuilt following the 1944 bombardment and the other, in late 15th century style, features a low rounded arch. During the restoration, fragments were uncovered of a characteristic fake brick pattern, pink and yellow, which was brought back to life without making any historical fake, emphasizing the lunettes and the decorated arched roofs. A neutral colour scheme was applied to the floors added after the 1930s, to the inf ills and the new reconstructions, in order to provide a consistent aesthetic reading for the whole architectural complex. The original structure of the building goes back to between the 14th and 15th century and is contemporary with the Cathedral and the Town Hall, but no traces are left of the changes and rearrangements that were made over time. The f irst reports about a single property are certif ied by documents of the Lombardy/Venetia cadastre (1830 -1850), while the Austrian/Italian cadastre (1851-1943) provides information on the property division. From the f irst photographic images of the building, dating to 1913, we can see that Spazio espositivo Galleria Harry Bertoia // Exhibition space Galleria Harry Bertoia it had just one floor, above the porticoes and shops. An upper floor was then added in 1936, and in 1980 the building was bought by the Town and assigned to host f irst the registry off ices and now a cultural centre. The exhibition that will inaugurate the opening of the Harry Bertoia Gallery illustrates the work of Pordenone-born Pierpaolo Mittica, a humanist photographer renown at international level. Mittica uses his lens to document what threatens the planet Earth: from the Chernobyl and Fikushima disasters to the human degradation of the “damned of the Earth” in India, but he also captures the essence of human dignity and with his photographs tells us how much we need solidarity between men. Mittica, who exhibited his works in Europe, the United States and in 2011 at the Venice Biennale, saw his photographs published in major Italian and foreign newspapers and magazines and received more than 40 international awards that testify the quality of his work. Galleria Harry Bertoia Palazzo Spelladi, Corso Vittorio Emanuele II 60, Pordenone Uff icio stampa dott. Edoardo Fabris e-mail: [email protected] Tel. +39 0434 392223 | Fax +39 0434 392254 | Cell +39 331 7018956 Tokai mentre vola tra i rifiuti 2010 discarica di Demra Matoel, Dhaka Foto di Pierpaolo Mittica // Photo by Pierpaolo Mittica [ 44 ] Spazio espositivo Galleria Harry Bertoia // Exhibition space Galleria Harry Bertoia [ 45 ] Libri d’artista P otremmo considerare antesignani dei libri d’artista i codici miniati medievali, antifonari e libri d’Ore; scritti a mano, su pergamena o su carta, e decorati con pazienza e sapienza artigianale dagli amanuensi. Il libro d'artista contemporaneo è un lavoro cui è sottesa l’idea del libro e può averne anche la forma, in parte o in tutto, spesso pubblicato come edizione numerata a tiratura limitata, ma anche prodotto come oggetto unico che per questo viene infatti chiamato unique. Nell'accezione più diffusa, il libro d'artista nasce con le Avanguardie storiche del Novecento ed in particolare con il Futurismo, ma è negli anni Sessanta e Settanta, in un clima di diffuso attivismo sociale e politico, che la loro produzione ebbe un significativo incremento, come fenomeno parallelo all'editoria d'arte indipendente di cui divennero parte come aspetto creativo sperimentale e oggetto d’arte più “democratico”, rispetto all’opera d’arte tradizionale e anche come occasione, per gli artisti esclusi da gallerie e circuiti museali tradizionali, di esprimere e veicolare le proprie idee. Amore | 2002 Federico Bonaldi Cartone, spago e ceramica // Cardboard, string and ceramics cm 7,5 x 29 Edizione Arbos [ 46 ] Inseguo il silenzio | 2013 Gabriella Benedini Polimaterico su legno // Polimaterico on wood cm 30 x 40 (aperto) Parole nuvole | 2011 15 poesie di Nico Stringa Prefazione di Andrea Zanzotto Acquaforte di // Etching by Giovanni Turria [ 47 ] Libri artistici sono stati e continuano ad essere prodotti usando, oltre alla stampa, di cui sono quasi sempre gli artisti stessi ad occuparsi, una vasta gamma di materiali e di forme, tra cui rotoli, pieghevoli, fogli singoli o a fisarmonica, rilegati o liberi contenuti in scatole. Come per Gabriella Benedini per la quale il libro è una porta per raggiungere la poesia dell’objet trouvé In ambito locale gli artisti che si sono occupati di questo genere sono molti, applicando al concetto di “libro” la tecnica o il materiale elettivo d’elezione: i novesi Pompeo Pianezzola, Federico Bonaldi, Giuseppe Lucietti, Cesare Sartori con la ceramica, Pino Guzzonato con la carta, Lia Malfermoni con materiali vari, Mirta Caccaro con le xilografie, Margherita Michelazzo con prodotti derivati dai meli, Toni Carta con pagine dipinte, Gibo Perlotto con il ferro, Mirca Lucato, Bonizza e Michela Modolo con incisione, disegno e tecniche miste. Per quanto riguarda la produzione artistica del libro propriamente detto, l’incisore Giovanni Turria è l’artista che applica in modo totale la sua sapienza grafica al concetto di libro anche come conteni- Artists’ books tore di letteratura e poesia. In generale il libro d’artista ha avuto alcune connessioni ed affinità anche con la Poesia Visiva di cui una delle protagoniste più attente è Anna Boschi. Nel 2009 grande interesse ha suscitato Un libro in maschera, a cura di Gioia Mori, catalogo della mostra realizzata a Milano nel 2008 dalla Fondazione Biblioteca di via Senato con opere di 25 artisti dalle origini futuriste e avanguardiste sino agli artisti concettuali : Takako Araki, Mirella Bentivoglio, Franco Berdini, Christo, Pietro Consagra, Tullio d'Albisola, Raffaele De Bernardi, Fortunato Depero, Chiara Diamantini, Andrea Fortina, Omar Galliani, Petra Giacomelli, Emilio Isgrò, Gian Ruggero Manzoni, Federica Marangoni, Filippo Tommaso Marinetti, Giuseppe Mestrangelo, Bruno Munari, Gianfranco Notargiacomo, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Arnaldo Pomodoro, Greta Schödl, Luigi Serafini, Franca Sonnino, Lu Tiberi, Emilio Vedova, Maria Lai. I materiali utilizzati vanno dal vetro soffiato alla sabbia, dal metallo al cuoio, all’Angurialirica (1934) di Tullio d'Albisola e Bruno Munari. W e might say that contemporary artists’ books have their precursors in Medieval miniated codices, antiphonaries and Books of Hours, written by hand, on parchment or paper, and decorated with patience and great craftsmanship by amanuenses. Nowadays artists’ books are works connected with the idea of book and they may even have the same shape, in part or in full; they are often printed in a limited edition but can also be produced as a single object, hence called unique. It is commonly thought that artists’ books originated with the historical avant-gardes of the 20th century, in particular Futurism, but it was in the sixties and seventies, in a climate of widespread social and political activism, that their production signif icantly increased as a parallel phenomenon to independent art publishing; they became an experimental creative aspect of it, a more “democratic” kind of art object compared to traditional works of art, and also an opportunity for artists cut off from galleries and traditional museum circuits to express and transmit their ideas. Artists’ books have been, and still are, produced using both print, usually dealt with by the artists themselves, and a wide range of materials and formats, including scrolls, leaflets, single or accordion fold sheets, or else bound or loose in a box. As in the work of Gabriella Benedini, for whom a book is a door to reach the poetry of the objet trouvé. Local artists who have engaged in this genre are quite a few. They apply to the “book” concept their own favourite technique or material: the Nove born Pompeo Pianezzola, Federico Bonaldi, Giuseppe Lucietti and Cesare Sartori with ceramics, Pino Guzzonato with paper, Lia Malfermoni with various materials, Mirta Caccaro with xylographs, Margherita Michelazzo with apple tree materials, Toni Carta with painted pages, Gibo Perlotto with La relatività | 2007 Armando Martini Ottone acidato // Etched brass cm 50 x 30 x 13 Cicatrici | 2010 Mirca Lucato Monotipo su carta // monotype on paper cm 40 x 75 [ 48 ] [ 49 ] iron, Mirca Lucato, Bonizza and Michela Modolo with engraving, drawing and mixed techniques. As regards the artistic production of actual books, the engraver Giovanni Turria applies in full his graphic skills to the concept of book also as a container of literature and poetry. In general, artists’ books have connections and aff inities also with Visual Poetry, of which Anna Boschi is a very f ine f igure. In 2009 great interest was raised by Un libro in maschera, edited by Gioia Mori, a catalogue of the exhibition held in Milan in 2008 by Fondazione Biblioteca di via Senato, with works by 25 artists of futurist and avant-garde origins, up to conceptual artists: Takako Araki, Mirella Bentivoglio, Franco Berdini, Christo, Pietro Consagra, Tullio d'Albisola, Raffaele De Bernardi, Fortunato Depero, Chiara Diamantini, Andrea Fortina, Omar Galliani, Petra Giacomelli, Emilio Isgrò, Gian Ruggero Manzoni, Federica Marangoni, Filippo Tommaso Marinetti, Giuseppe Mestrangelo, Bruno Munari, Gianfranco Notargiacomo, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Arnaldo Pomodoro, Greta Schödl, Luigi Serafini, Franca Sonnino, Lu Tiberi, Emilio Vedova, Maria Lai. The materials used range from blown glass to sand, metal and leather, all the way up to the Angurialirica (1934) of Tullio d'Albisola and Bruno Munari. Lenta-mente | 2007 Gibo Perlotto Ferro e pietra // Iron and stone cm 28 x 22,5 x 16 da artista a poeta | 2007 Giulio Martini Ceramica // Ceramics cm 25 x 25 x 16 Beyond Knowledge | 2002 Guy Baekelmans Cartone, ovatta, acetato // Cardboard, cotton wool, acetate cm 21,3 x 25,3 Edizione Arbos [ 50 ] [ 50 ] incrocio della musica | 2007 Armando Gaviglia Carta // Paper cm 24 x 30 x 5 [ 51 ] CREAZIONI ZURI Dalla carta il Bello Foto di Photopiù L'idea, nata quasi per caso e per gioco, durante una passeggiata a Venezia, si è poi tradotta in un vero e proprio progetto, una scommessa nell’utilizzare e "nobilitare" un materiale apparentemente comune come la carta, rendendolo materia di pregio. Anche l'interesse per la carta e le sue applicazioni risale agli studi universitari. Chiara Zuliani e Manuela Rigon hanno infatti frequentato corsi di "tecniche cartarie" che ha fatto nascere in loro l'amore per questo materiale così universale e versatile che poi hanno saputo utilizzare come medium creativo e nella loro attività lavorativa. L'una nel campo della grafica pubblicitaria, della stampa e della fotografia, l'altra nel mondo della cartotecnica e nel design di prodotti in carta e materiali di riciclo. La scelta della carta, infatti, riflette anche il loro impegno nell'utilizzare materiali riciclati o riciclabili. La maggior parte dei gioielli CREAZIONI ZURI è infatti in carta riciclata.Influenzate dalla loro formazione, volta alla progettualità seriale del prodotto, Chiara e Manuela, hanno pensato di sviluppare i loro pezzi unendo l'aspetto industriale di produzione del prodotto a quello manuale, creativo, originale e ludico del fare "a mano" artigianalmente. Infatti la base di ogni loro pezzo sono dei dischetti di carta e cartone di vari diametri, spessori e texture, che vengono tagliati industrialmente da una fustella e successivamente uniti manualmente, uno ad uno, infilati con ago e filo, e modellati per creare gioielli unici e dalla forte identità. Ogni linea di CREAZIONI ZURI si ispira al territorio a cui le due designer sono molto legate e da cui hanno ereditato l'amore per la carta, il Veneto e Bassano in particolare. Esempi sono la collezione Bassano che si rifà alle sfumature dei marroni dei vecchi legni del Ponte Vecchio; la collezione Palladio nei colori dei paramenti murari della Basilica Palladiana a Vicenza; o la collezione Venezia e la collezione Laguna che catturano atmosfere e colori tipici dellaSerenissima. L'obiettivo è anche quello di raccontare il proprio territorio, per valorizzarlo attraverso pezzi unici, originali ed ecosostenibili. Tra le creazioni più recenti è la collana Racconto, costituita da una lunga corda che si snoda e si avvolge in piccole curve e tortuosi meandri ed è realizzata con dischetti di cartone microonda nera pressati. Un piccolo disco in alluminio completa e chiude le due estremità impreziosendo di luce il gioiello. Una collana annodata da portare al collo, così come si indossa la propria storia, il proprio racconto personale. Come tutti gli altri pezzi unici della linea, unisce alla contemporaneità tecnologica della produzione seriale dei materiali l’estro creativo e l’artigianalità manuale, vero segreto della loro traordinarietà L aureate allo IUAV di Venezia in Disegno industriale, Chiara Zuliani e Manuela Rigon si sono conosciute proprio all'università ed è lì che è nata la loro amicizia e la collaborazione professionale che dura da molti anni. Ciò che ha cementato le loro rispettive creatività è, ovviamente, una grande passione per il design cui si è aggiunta quella per il mondo dell'accessorio. Da un costante interesse alla ricerca di gioielli originali creati con materiali innovativi è nata poi la volontà di dare vita ad una collezione ed è così che ha preso forma CREAZIONI ZURI, una linea di gioielli realizzati con materiali assolutamente inusuali, minimalisti e “poveri”, la carta e il cartone, che ha spostato l’idea di “preziosità” sugli aspetti formali e su una interessante originalità. [ 52 ] Il progetto, nato nel 2011, ha avuto poi occasioni di confronto con il pubblico in varie esposizioni personali e collettive in ambito regionale nel corso del 2012 e nell’aprile del 2013 ha partecipato alla selezione di "Fuori Salone" di Ventura Lambrate (MI), in occasione del Salone del Mobile di Milano. Nel novembre 2013 ha preso parte a "Open Design Italia" e ha vinto il Premio "Ambasciata italiana a Berlino". Tra dicembre 2013 e aprile 2014 ha esposto alcuni nuovi pezzi presso l’ambasciata italiana a Berlino. creazioni zuri e-mail: [email protected] www.creazionizuri.it facebook / Creazioni Zuri Tel. +39 349 5522181 | +39 333 1634328 [ 53 ] CREAZIONI ZURI Beauty from paper Photos G by Photopiù raduated in industrial design at Venice’s IUAV, Chiara Zuliani and Manuela Rigon met at university and that’s where their friendship started, followed by a many-year professional collaboration. What cemented their creativities is, of course, a great passion for design, and an added passion for the world of accessories. From a constant interest in researching original jewels, created with innovative materials, came the desire to produce their own collection: that was the beginning of CREAZIONI ZURI, a line of jewels made from totally unusual materials, minimalist and “poor”, such as paper and cardboard, shifting the notion of “preciousness” to formal aspects and interesting originality. The idea, which came about almost by accident and for fun during a stroll in Venice, turned later into a real project, a bet to see if they could use and "nobilitate" an apparently common material such as paper into something precious. The interest for paper and its applications goes also back to their university years. Chiara Zuliani and Manuela Rigon attended “Paper Techniques” courses that instilled in them a love for this universal and versatile material, which they were then able to turn into a creative medium. One of them in the f ield of advertising graphics, printing and photography, the other in the paper industry and the design of paper products and recycled materials. The choice of paper also reflects their commitment to use recycled or recyclable materials. Most jewels of CREAZIONI ZURI are made from recycled paper. Influenced by their training, centred on serial product design, Chiara and Manuela decided to develop their pieces by combining the industrial aspect of product manufacturing and the manual, creative, original and fun one of making things "by hand". The base of each one of their pieces are paper and cardboard disks of different diameter, thickness and texture, cut industrially with a hollow punch and then joined manually one by one, strung with needle and thread, and modelled to create unique, strong identity jewels. Every line of CREAZIONI ZURI takes inspiration from the territory, to which the designers are strongly attached and which inspired their love for paper: the Veneto region and Bassano del Grappa in particular. A good example are the Bassano collection, recalling the different shades of brown of the old Ponte Vecchio wood; the Palladio collection, and the colours of wall decorations on the Basilica Palladiana in Vicenza; the Venezia and Laguna collections, capturing the typical colours and atmospheres of the Serenissima. The objective is also to tell about the land and promote it with unique, original and eco-friendly pieces. One of the most recent creations is the Racconto necklace, a long rope that twists and snakes in twirls and winding meanders, and is produced with pressed microflute cardboard disks. A small aluminium disk completes and joins the two ends, a precious, bright f inal touch. A knotted necklace to wear around the neck, as you wear your history, your own personal tale. Like all the other unique pieces in this line of jewels, it combines the contemporary technology of serial production with creativity and craftsmanship, the real secret of their being so extraordinary. The project, launched in 2011, had occasions to encounter the public in a number of personal and collective exhibitions held throughout the region in 2012, and in April 2013 participated in the "Fuori Salone" selection event of Ventura Lambrate for the Milan’s Salone del Mobile. In November 2013 it participated in "Open Design Italia" and won the Italian Embassy in Berlin Award. Between December 2013 and April 2014 it displayed new pieces at the Italian Embassy in Berlin. crea zioni zuri e-mail: [email protected] www.creazionizuri.it facebook / Creazioni Zuri Tel. +39 349 5522181 | +39 333 1634328 [ 54 ] [ 55 ] antologica “Di vetro e nel vetro”, mostra di successo di critica e di pubblico tenutasi ai musei civici di Padova in Palazzo Zuckermann nel 2010-2011 attirando oltre quattromila visitatori. Le sue sono trasparenze e sinestesie che pongono in luce la sapienza con cui Rinaldi nei vetri ottiene effetti sbalorditivi con inclusioni, sommersioni e illuminazioni, scalpellandolo invece talora come fosse marmo o pietra. Tutti esemplari che sorprendono per l’acrobatica perizia della esecuzione, e per gli effetti inusitati di quinta dimensione concentrando tecniche e soluzioni alchemiche di più arti in una sola creazione. Famose sono pure le opere in acciaio che l’autore lavora con il laser, tanto ambite quanto le creazioni in bronzo e le sculture luminose in vetro, come quelle per la rassegna a Villa Nazionale Pisani di Stra nell’estate 2000 impreziosite da numerose inclusioni d’oro. La mostra prosegui sino al 2012 , ospitata da vari musei nel mondo in collaborazione con la Fondazione Sartirana Arte di Pavia, Il Ministrero degli Esteri e Le Ambasciate Italiane all’Estero. Data l’eccezionalità di ciò che fa, molto di Rinaldi è stato richiesto da musei di mezzo mondo (primo fra tutti a Firenze il Pitti), per mostre e pure per esposizioni permanenti. Una bellissima scultura in acciaio che si titola La notte di San Lorenzo sta proprio nella sua città, collocata all’aperto, nello spazio prestigioso dei giardini dei Musei Civici agli Eremitani, dove tutto il mondo transita perché antistante la Cappella degli Scrovegni con gli ineguagliabili dipinti di Giotto. Se è vero che un artista deve interrogare il futuro, indagare il presente e interpretare il passato con spirito curioso e critico, bisogna dire che di tal fatta è anche il collezionismo di Rinaldi, dal momento che egli lo vive come se fosse un’altra faccia della sua creatività. In lui la percezione, la scoperta di una costante tra le tante espressioni che ritrova nelle opere di coloro che l’hanno preceduto, si trasforma in qualche modo nella propria visione sicché la collezione è a sua immagine e somiglianza come la creazione cui pone mano. Spesso nell’opera sua e in quelle che sceglie è centrale la presenza dell’uomo mito: non solo gli dei e gli eroi della classicità, ma chi persegue l’arte senza compromessi affermando il valore di un elevato sentire. Big Galaxy | 2009 Acciaio satinato // Brushed steel cm 130 x 130 x 130 Angelo Rinaldi Una poliedrica creativ ità Marica Rossi F orte di quel talento che gli uomini colti del Rinascimento chiamavano ingenium, lo scultore padovano Angelo Rinaldi attivo dalla metà degli anni Sessanta, è personaggio con un modo di fare arte, di trasmetterla e di collezionarla che è l’incarnazione del piacere di una rinnovabile creatività. Non è dunque da stupirsi né del suo variegato carnet espositivo, né della cospicua mole di pagine che critici e studiosi autorevoli gli hanno dedicato. Unanime l’attestazione che sculture, installazioni, oggetti design, quadri, non solo convincono dal punto di vista estetico, ma sottendono aspetti nuovi concepiti con quella originalità che li fa essere secondo la definizione che Emile Zola dava all’arte: ”un luogo della creazione vista attraverso un temperamento”. Le peculiarità di Rinaldi si riscontrano soprattutto nella opere in vetro (soffiato o scultoreo) perché da sempre egli ha amato questa materia perseguendone gli effetti mirabolanti forse più degli artisti della Laguna. Non si è limitato a ideare un manufatto, ma è entrato nel vivo delle fornaci a tenzonare col fuoco, per padroneggiarne le magie, schivarne i tiri malandrini, approdando ad esiti stupefacenti mai però tacciabili di virtuosismo perché sempre connaturati ad un’intima sua adesione poetica. L’hanno constatato i visitatori della [ 56 ] Mark | 1999 Bronzo // Bronze cm 18,5 x 18,5 x 18,5 Altezza // Height cm 33 Per un discorso più tecnico vale la considerazione che Angelo Rinaldi ha trovato il suo migliore propellente per volare alto coltivando più muse, acquisendo una speciale fragranza del colore sia nell’astratto che nel figurativo, abilità di design, inventiva per le installazioni, fantasia nell’abitare bassorilievi e formelle, e la forza e la grazia nei vetri come nelle famosa ”Scarpetta di Cenerentola”. Tutto è nato da una vocazione artistica precoce alimentata da studi in Italia e all’estero, e dalla frequentazione di atelier di maestri di fama internazionale. La prima mostra fu di pittura nel 1965 seguita da esperienze in cui il linguaggio si fa astratto declinando la sua ricerca su materiali diversi per tornare infine alla rivalutazione dell’uomo. L’iter l’ha portato a risultati notevoli: mostre in mezzo mondo e la Biennale d’arte di Venezia nel 2009. Da artista del vetro recente è l’invito dal Ministro degli Esteri Federica Mogherini a presenziare all’inaugurazione del nuovo allestimento delle opere d’arte della Farnesina comprendente la sua scultura Figure nello Spazio del 2006. Angelo Rinaldi vive e lavora a Padova www.angelorinaldi.com Vacanza d’estate | 2010 Monolito vetro massello, con sommersione di: ossidi, limatura oro e materiale tecnologico // Glass monolith, with submersion of: oxides, gold filings and technological material cm 31 x 21,5 x 7,5 [ 57 ] Angelo Rinaldi A happy asyndeton Marica Rossi W ith that kind of special talent that learned Renaissance men called ingenium, Paduan sculptor Angelo Rinaldi, active since the mid Sixties, has a way of making art and conveying it, but also collecting it, that embodies the pleasure of an ever renewing creativity. We should not be surprised, therefore, by his varied exhibiting schedule or the great number of pages that authoritative critics and experts devoted to him. Everybody agrees that his sculptures, installations, design objects and paintings not only convince aesthetically but imply something new, conceived with such originality that they are turned into ”places of creation seen through a temperament”, according to Emile Zola’s def inition of art. Rinaldi’s peculiarity is best seen in his glass works (blown or sculpted): he has always loved the material, pursuing its amazing effects perhaps even more than the Lagoon’s artists. Rinaldi does not just conceive a piece of art, he enters the heart of furnaces to battle with f ire, master its magic and dodge its mischievous tricks, achieving stunning results that can never be accused of virtuosism, because they are always deeply connected to his intimate poetic vision. That was certainly clear to visitors of his retrospective “Di vetro e nel vetro” exhibition, a great success with critics and the public, hosted by Padua’s Civic Museums at Palazzo Zuckermann in 2010-2011, which attracted over four thousand visitors. His transparencies and synaesthesiae give evidence of a skill that allows him to obtain astounding results from his glass works, with inclusions, submersions and illuminations, even by carving the glass sometimes, as if it were marble or stone. These are all pieces that surprise for the acrobatic skill of execution and the unusual f ifth dimension effects, concentrating techniques and alchemic solutions from different arts into one creation. Famous are also his steel works, produced with the use of laser and much coveted, just as his bron- ze creations and the luminous glass sculptures, like those exhibited at Villa Nazionale Pisani in Stra during the summer of 2000, enriched with numerous gold inclusions. The exhibition went on well into 2012, hosted by various world museums, thanks to the joint effort of Fondazione Sartirana Arte in Pavia, the Ministry of Foreign Affairs and various Italian embassies abroad. Given the exceptional quality of Rinaldi’s work, much of it has been in demand from museums all over the world (f irst among them the Pitti Museum in Florence), for temporary and also permanent exhibitions. A beautiful steel sculpture called La notte di San Lorenzo can be found in his hometown, placed outdoors, in the prestigious garden space of Musei Civici agli Eremitani, where the whole world passes by because it is in front of the Scrovegni Chapel, with its unique paintings by Giotto. Astrazione astrale-A.R.11 anno 1970 | 2013 Acrilico e pastello su tela // Acrylic and pastel on canvas cm 100 x 170 If it is true that an artist must question the future, investigate the present and interpret the past with an inquisitive and critical mind, this is certainly the stuff that Rinaldi’s collecting is also made of, since he goes through it as if it were another side of his creativity. The perception, discovery of a constant element in the many expressions he f inds throughout the work of those who preceded him is somehow transformed by Rinaldi into his own vision, so that the collection appears to be in his image and likeness, just as the work he creates with his own hands. In his works, and in the ones he chooses, there is often the central presence of a myth-man: not just gods and heroes of classical antiquity, but any man who pursuits art with no compromises, aff irming the value of high feelings. On a more technical ground, we might say that Angelo Rinaldi found the best propellant to fly high by pursuing different muses, thus acquiring a special colour fragrance in both his abstract and f igurative work, together with design skills, installation inventiveness, imagination in inhabiting bas-reliefs and panels, and the power and grace of glass as in the famous ”Cinderella Slipper”. It all started with an early artistic vocation nourished by studies in Italy and abroad, and frequent visits to ateliers of internally renowned masters. His f irst exhibition in 1965 was a painting exhibition, followed by works in which the language becomes abstract and illustrates his research on different materials, to then go back to the re-appraisal of man. This artistic journey led him to remarkable results: exhibitions all over the world and the Venice Art Biennale in 2009. As a glass artist, he was recently invited by the Foreign Minister Federica Mogherini to attend the inauguration of the new exhibition of the Farnesina works of art, which includes his 2006 sculpture Figure nello Spazio. Angelo Rinaldi lives and works in Padua www.angelorinaldi.com Pianeti Faust | 1999 Vetro bleu scolpito e dorato // Bleu graven and gilt glass Diametro // Diameter cm 37 [ 58 ] Trasparenze A.R.2 - anno 2012 | 2012 Acrilico su cartone // Acrylic on cardboard cm 70 x 100 Astratto-ST.1 2012 | 2012 Acrilico su tela // Acrylic on canvas cm 60 x 80 [ 59 ] [ 60 ] [ 61 ] da vedere // to see Musei Civici agli Eremitani P adova Veronese e Padova. L’artista, la committenza e la sua fortuna Paolo Veronese, a partire dalla metà degli anni cinquanta del secolo XVI, dipinse alcuni dei suoi capolavori per Padova e il suo territorio, lavorando per il potente ordine dei Benedettini e altri enti religiosi. Realizzò pale per Praglia, per S. Giustina, per la Chiesa dei Cappuccini e per S. Francesco, oltre a opere di minori dimensioni, come il famoso Martirio di S. Giustina. Il fratello e i figli, eredi della bottega, continuarono a operare nel padovano seguendo i canali della medesima committenza; già nel Cinquecento artisti come Zelotti e Varotari, specialisti nella decorazione di ville e nella produzione di pitture religiose, si espressero sulla scia dello stile del Caliari, con dipinti e affreschi religiosi e affrescando ville come il castello del Catajo e villa Roberti a Brugine. All’inizio del Seicento a Padova, Pietro Damini fu protagonista di una reinterpretazione di Veronese in chiave controriformistica. Qualche decennio dopo, grazie a figure come Girolamo Pellegrini, Valentin Lèfevre e Giovanni Antonio Fumiani, si assiste a un vero e proprio revival, culminato con il grande Sebastiano Ricci nella diffusione su scala europea della pittura chiara e brillante di Paolo. La mostra, valendosi di una cinquantina di dipinti raccoglie le opere padovane di Paolo e ne documenta la fortuna nel territorio fino tutto il secolo XVII. I Musei di Spazio Brazzà Museo Storico Pietro di Brazzà Savorgnan, Museo Artistico Štěpán Zavřel Moruzzo (UD) Il Centro Internazionale di Studi per la Cultura dell’Infanzia ‘Štěpan Zavřel’con il Museo Artistico ‘Štěpan Zavřel’di Spazio Brazzà, sede permanente della mostra antologica dedicata a uno dei più grandi Maestri dell'Illustrazione per l'Infanzia, creano e promuovono progetti culturali a livello territoriale e internazionale in collaborazione con diversi Enti e istituzioni con una particolare attenzione al Libro illustrato e alle diverse forme d’Arte rivolte al Bambino. Il Centro di Studi studia e documenta l'opera omnia dell'artista, grafico, animatore, illustratore, editore, gallerista che ha avuto come grandi maestri dell'animazione e della grafica, Jiri Trnka ed Emanuele Luzzati; inoltre promuove la programmazione delle attività museali come frutto di proposte nate dalla ricerca sul campo, in collaborazione con esperti di settore. In particolare tra i diversi progetti spicca la collaborazione con la casa editrice Bohem Press Italia di Trieste, per ripubblicare o editare ex novo i capolavori editoriali del grande Maestro illustrati per l'Infanzia, vincitori di numerosi premi e riconoscimenti internazionali per le tematiche affrontate e la bellezza delle immagini illustrate, accompagnandoli e supportandoli con Progetti speciali rivolti in particolare alle scuole, con la convinzione che davvero i Bambini possono cambiare e migliorare il mondo. Eremitani Civic Museums Veronese and Padua. The artist, the clients and the fortune Starting from the mid 16th century Paolo Veronese painted some of his masterpieces in Padua and its surrounding area, working for the powerful Benedictine order and other religious institutions. He made altarpieces for Praglia, Santa Giustina, the Capuchin church and San Francesco, as well as smaller size works such as the famous “Martyrdom of St. Giustina”. His brother and sons, who inherited the workshop, continued to work in the Padua area, following the same client channels; in the late 16th century artists like Zelotti and Varotari, specialists in the decoration of villas and in religious subjects, produced work according to Caliari style, with religious frescoes and paintings, and frescoed villas such as the Catajo castle and Villa Roberti in Brugine. In the early 17th century, in Padua, Pietro Damini was at the centre of a reinterpretation of Veronese in counter-reformation style. A few decades later, thanks to figures like Girolamo Pellegrini, Valentin Lèfevre and Giovanni Antonio Fumiani, we assist to a true revival, culminating with the great Sebastiano Ricci in the dissemination on European scale of Paolo Veronese clear and bright painting style. The exhibition, counting about fifty paintings, puts together Paolo’s Padua works and documents their fortune in the territory up to the whole 18th century. The ‘Štěpan Zavřel’ International Study Centre for Children’s Culture (Centro Internazionale di Studi per la Cultura dell’Infanzia ‘Štěpan Zavřel’), together with the ‘Štěpan Zavřel’ Artistic Museum at Spazio Brazzà, permanent home of the retrospective exhibition devoted to one of the greatest masters of children’s illustrations, organise and promote cultural projects at local and international level in collaboration with several bodies and institutions, with special attention to illustrated books and other art forms devoted to children. The Study Centre analyses and documents the complete works of the artist, graphic designer, animator, illustrator, publisher and gallery owner who had as teachers the great masters of animation and graphics Jiri Trnka and Emanuele Luzzati; it also promotes and plans museum activities as a result of proposals originating from field research, in collaboration with experts in the sector. In particular, one outstanding project is its collaboration with the publishing house Bohem Press Italia in Trieste, in order to re-publish or edit anew the printing masterpieces of Štěpan Zavřel illustrated for children, winners of many international prizes and awards for the subjects addressed and the beauty of illustrations, accompanying and supporting them with special projects targeted especially at schools, with the conviction that children can really change and improve the world. Villa Manin Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi Il maestoso complesso di Villa Manin, situato a Passariano, nel Comune di Codroipo, in provincia di Udine, è uno dei monumenti artistici più significativi del Friuli Venezia Giulia e uno dei simboli più conosciuti del turismo e della cultura regionale. Fu fatta edificare nel Seicento da Ludovico I Manin per celebrare la ricchezza e la potenza della sua casata, utilizzata dai Manin come casa di campagna. La Villa risulta inserita nell’ambiente che la circonda secondo un concetto di armonizzazione, tanto da divenire parte integrante del paesaggio circostante. La vita del maestoso complesso di Passariano si è sempre legata alle vicende storico-politiche che hanno riguardato questo territorio; è così che alla fine del XVIII secolo, all’epoca dell’ultimo doge di Venezia Ludovico Manin (1789-1798), la Villa divenne quartier generale delle truppe francesi capitanate da Napoleone Buonaparte, che qui soggiornarono nel 1797 durante la campagna d’Italia. Nelle sale della dimora dogale si svolsero importanti trattative che portarono al “Trattato di Campoformido” (17 ottobre 1797), con il quale venne sancita la fine della Repubblica di Venezia a favore dell’Impero Asburgico. Cambiamento che segnò l’inevitabile decadimento sino alla fine della potenza della dinastia dei Manin. Questo portò nell’Ottocento al degrado della Villa, causato dall’affievolimento della fortuna familiare dei Manin. Dopo la metà del Novecento la Villa fu acquistata dall’Ente per le Ville venete ed in seguito, nel 1969 dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, attuale proprietario. Ogni stagione vede rinnovarsi l’offerta dei Musei delle Regole grazie a nuovi percorsi espositivi che affiancano le collezioni permanenti. Il Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi apre quest’inverno le porte all’arte contemporanea con la mostra Chiavi di Accesso, risultato del progetto europeo AdMuseum in cui confluiscono i risultati della ricerca sul territorio di tre giovani artisti, Michael Fliri, Mario Tomè, Nicolò Degiorgis. Il Museo Etnografico delle Regole pone, invece, l’accento sugli sviluppi contemporanei della tecnica della lavorazione del ferro battuto grazie alle sculture di Gino Masciarelli che compongono la mostra Bestiario, organizzata in collaborazione con il fabbro Giancarlo Candeago. Il Museo è stato recentemente inserito all’interno di una pubblicazione promossa dai Musei Vaticani quale esempio di ottima trasmissione del patrimonio di un territorio attraverso un allestimento museale. Nello scrigno della storia geologica di Cortina d’Ampezzo, il Museo Paleontologico Rinaldo Zardini, verrà dato ampio spazio ad una delle scoperte più straordinarie degli ultimi anni: l’ambra del Triassico ritrovata da Paolo Fedele al cui interno è stato identificato il più antico organismo incluso in una goccia di resina fossile (230 milioni di anni). Passariano, Codroipo (UD) The majestic ensemble of Villa Manin, located in Passariano under the municipality of Codroipo in the province of Udine, is one of the most important artistic monuments in Friuli Venezia Giulia and one of the most popular symbols of the tourism and culture of the area. Commissioned in the 17th century by Ludovico I Manin to celebrate the wealth and power of the Manin family, it was the family’s country house. Following the rules of environmental harmonization, the Villa blends in perfectly with the surrounding landscape. The life of this majestic complex in Passariano has always been closely linked to the local historical and political events: at the end of the 18th century, under the reign of the last doge of Venice Ludovico Manin (1789-1898), Napoleon Bonaparte chose this regal residence as the General Headquarters of the French troops stationed here in 1797 during the Italian campaign. The new order he was later to impose on the whole of Europe was planned here. It was in the rooms of the Doge’s residence that the important negotiations which were to culminate in the “Treaty of Campoformido” (October 17, 1797) were held, thus marking the end of the Republic of Venice to the benefit of the Hapsburg Empire. This change inevitably brought about the decline and end of the Manin dynasty, which eventually resulted in the deterioration of the villa, due to the dwindling family fortune. In the second half of the 20th century the villa was purchased by the Board of Venetian Villas, which then sold it in 1969 to its current owner, the Autonomous Region of Friuli Venezia Giulia. Cortina d’Ampezzo (bl) Collezione Peggy Guggenheim V enezia La Galleria - Dorothea van der Koelen V enezia “Art in Architecture & Others” AZIMUT/H. Continuità e nuovo La Collezione Peggy Guggenheim di Venezia ospita fino al 19 gennaio 2015 un prezioso tributo ad Azimut/h, la galleria e rivista fondate nel 1959 a Milano da Enrico Castellani (1930) e Piero Manzoni (1933 – 1963). La mostra AZIMUT/H. Continuità e nuovo, a cura di Luca Massimo Barbero, restituisce al pubblico il ruolo fondante che Azimut/h ebbe nel panorama artistico italiano e internazionale di quegli anni: grande catalizzatore della cultura visiva e concettuale nazionale ed europea dell’epoca, e ponte ideale tra una nuova generazione rivoluzionaria e la più stretta contemporaneità. In mostra, oltre ai lavori dei maestri Castellani e Manzoni, trovano spazio le opere degli artisti che ruotarono intorno alla galassia di Azimut/h, da Fontana a Burri, Johns, Rauschenberg, Klein, Mack e altri. A completamento del percorso espositivo un’esaustiva pubblicazione, edita da Marsilio Editori, che presenta la ricerca sviluppata per la mostra. Seguirà poi dal 14 febbraio, fino al 6 aprile, Jackson Pollock, Alchemy. Ricerca e conservazione, una mostra scientifica che intende svelare l’analisi, la conservazione e la pulitura di Alchimia, opera-cardine di Pollock, e tra i capolavori assoluti della collezione di Peggy Guggenheim. Il 6 giugno 2014, in occasione della 14. Biennale di Architettura di Venezia, La Galleria di Dorothea van der Koelen ha inaugurato una mostra dedicata all’opera d’arte integrata in un contesto architetturale determinato. L’esposizione è visitabile fino al 28 marzo 2015. I progetti artistici presentati nella galleria veneziana sono dodici: concepiti da artisti di fama internazionale e realizzati tra il 1994 e il 2013 per l’Università di Bayreuth, il centro commerciale di Erlangen, il Museo Ritter o il Parlamento di Dresden (per citarne solo alcuni), essi sono illustrati attraverso vari supporti di documentazione come fotografie, cartografie, modelli, ecc. Assieme alla presentazione dei progetti realizzati in situ sono esposte diverse opere degli artisti. Sono presenti Lore Bert, Daniel Buren, Eduardo Chillida, Heinz Gappmayr, François Morellet, Jan van Munster, Fabrizio Plessi, David Rabinowitch, Günther Uecker e Martin Willing. AZIMUT/H. Continuità e nuovo (Continuity and the new) Every season the Musei delle Regole renew their offerings thanks to new exhibits along with their permanent collections. This coming winter the Museum of Modern Art Mario Rimoldi opens its doors to contemporary art with the exhibit “Access Keys” originated by the European AdMuseum project where the search results for three young local artists converge showing works by Michael Fliri, Mario Tomé and Nicoló Degiorgis. The Ethnographic Museum on the other hand puts the accent on the contemporary developments in wrought iron work technique thanks to the sculptures by Dino Masciarelli in the exhibit called “ Beastly Showcase”, organized in collaboration with master blacksmith Giancarlo Candeago. The Museum has recently been featured in a publication by the Vatican Museums as an example of the best heritage of a given territory passed on through a museum exhibit. In the treasure trove of geological history in Cortina d’Ampezzo, at the Museum of Paleontology Renato Zardini, large scope will be given to one of the most extraordinary discovery in the last years: amber from the Triassic found by Paolo Fedele. Within it the oldest organism embedded in a drop of resin was discovered (230 million years old). The Peggy Guggenheim Collection in Venice will host until 19 January 2015 a remarkable tribute to Azimut/h, the gallery and magazine founded in 1959 by Enrico Castellani (1930) and Piero Manzoni (1933-1963) in Milan. The AZIMUT/H. Continuità e nuovo exhibition, curated by Luca Massimo Barbero, restores to the public the founding role of Azimut/h on the Italian and international arts scene of those years: great catalyst of the national and European visual and conceptual culture of the time, and ideal bridge between a new revolutionary generation and the strictest contemporary style. The exhibition displays works by masters like Castellani and Manzoni, but lends also room to the work of artists who gravitated around the Azimut/h circle: Fontana, Burri, Johns, Rauschenberg, Klein, Mack and others. To complete the event, a comprehensive publication by Marsilio Editori presents the research work behind the exhibition. This will be followed, from 14 February to 6 April, by Jackson Pollock, Alchimia. Ricerca e conservazione, a scientific exhibition that reveals the analysis, conservation and cleaning done for Alchemy, a pivotal work by Pollock and one of the Peggy Guggenheim Collection absolute masterpieces. “Art in Architecture & Others” On June 6th 2014, during the 14. Architecture Biennale in Venice, La Galleria of Dorothea van der Koelen inaugurated an exhibition that focuses on the work of art integrated in a determinated architectural context. The exhibition will be available for visits until March 28th 2015. The artistic projects presented in the venetian gallery are twelve: conceived by internationally famous artists and realized between 1994 and 2013 for the Bayreuth University, the Ritter Museum or the Dresden Parliament (to name just a few), they are illustrated through various documentation media such as photography, plans, models, etc. Together with the presentation of the projects in situ, several works of the artists are on display. The “Art-in-Architecture-Projects” are from the artists Lore Bert, Daniel Buren, Eduardo Chillida, Heinz Gappmayr, François Morellet, Jan van Munster, Fabrizio Plessi, David Rabinowitch, Günther Uecker and Martin Willing. Musei Civici agli Eremitani I Musei di Spazio Brazzà Villa Manin Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi Collezione Peggy Guggenheim La Galleria di Dorothea van der Koelen Piazza Eremitani 8, 35121 Padova Tel. +39 049 8204551/4513 e-mail: [email protected] http://padovacultura.padovanet.it Via del Castello 15, 33030 Moruzzo (UD) Cell. +39 345 39 11 907 e-mail: [email protected] www.castellodibrazza.com Piazza Manin 33033 Passariano, Codroipo (UD) Tel. +39 0432 821211 e-mail: [email protected] www.villamanin-eventi.it Corso Italia 69 32043 Cortina d’Ampezzo (BL) Tel. +39 0436 866222 e-mail: [email protected] www.musei.regole.it Dorsoduro 701, 30123 Venezia Tel. +39 041 2405411 e-mail: [email protected] www.guggenheim-venice.it San Marco 2566, 30124 Venezia Tel. +39 041 5207415 Fax. +39 041 2778080 e-mail: [email protected] www.galerie.vanderkoelen.de [ 62 ] [ 63 ] Museo Civico B assano del Grappa (VI) Alla scoperta del Museo Una torre, due leoni: la bandiera ritrovata 21 novembre 2014 - 4 gennaio 2015 Nei nuovi spazi del Museo Civico, nella nascente sezione dedicata alla Storia della Città, verrà presentata in una mostra storica una bandiera con le armi della città di Bassano. Il manufatto, realizzato in seta gialla e rossa, ricamato e dipinto a mano, riproduce al centro lo stemma cittadino con la torre sorretta dai due leoni rampanti e riporta ai quattro angoli lo stemma veneziano del Leone di San Marco “in moeca”, ovvero frontale, seduto con le ali spiegate a ventaglio, nell’aspetto simile a quello di un granchio (in veneziano moeca è proprio il nome dei piccoli granchi). Il tipo di raffigurazione e di coloranti impiegati per la realizzazione dello stendardo - che si sono potuti meglio conoscere durante l’intervento di restauro - hanno permesso di datare l’opera alla seconda metà dell’Ottocento, quando già erano in uso colori di tipo industriale. La bandiera viene esposta dopo un accurato restauro finanziato dal Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Vicenza e Bassano del Grappa. Museo Civico B assano del Grappa (VI) Spada in bronzo, età del bronzo medio (1600-1200 a.C.) Alla scoperta del Museo La spada dell’età del Bronzo Dal 19 gennaio 2015 Rinvenuta fortuitamente nel 2009 da un ragazzo bassanese sul greto del fiume Brenta tra Bassano e Nove, questa preziosa spada dell’età del bronzo medio (1600-1200 a.C.), verrà finalmente esposta e presentata al pubblico, dopo il restauro a cura della Soprintendenza, nella sezione dedicata alla Storia della Città a partire da San Bassiano. Una spada di rara bellezza, finemente decorata a bulino, riferibile ad una tipologia diffusa nell’area dell’Europa centrale, che veniva utilizzata per i combattimenti a cavallo, data la sua lunghezza, e probabilmente appartenuta ad un capo guerriero che l’aveva depositata nel fiume come offerta a una divinità. Museo Canova Fondazione Canova Onlus Possagno (TV) Nel bicentenario della nascita di Canova (17571957), Carlo Scarpa ebbe l’incarico di progettare l’ampliamento della Gipsoteca di Possagno. I lavori presero avvio nel gennaio 1957 e si conclusero un anno e mezzo dopo: disegni in cantiere se ne videro pochi,erano più che altro schizzi: Scarpa era dotato di un estro inventivo velocissimo, talora lasciava detto a voce, a qualche operaio del cantiere, il mutamento di particolari costruttivi. Poi poteva cambiare ancora parere e faceva fermare il lavoro solo per ridefinire una cornice o ripensare uno sporto. Non fu facile per Scarpa concludere il lavoro: la Soprintendenza pretendeva la scrupolosa osservanza del progetto e dei tempi mentre la comunità possagnese era incuriosita dalla strana costruzione con finestre agli angoli del tetto e con pareti fatte solo di cristallo dalle quali “pioveva” una luce candida e diretta sui gessi. Costruzione unica, geniale quella di Possagno: Scarpa ha voluto “ritagliare l’azzurro del cielo” per “far entrare in Gipsoteca le colline di Asolo”; ha saputo valorizzare i capolavori assoluti di Canova nello sfondo verde e dolcissimo dei campi, dei broli, delle colline, della rocca che a meridione di Possagno creano una cornice paesaggistica unica al mondo. Discovering the museum The sword of the Bronze Age From 19th January 2015 Discovering the museum One tower, two lions: the discovery flag 21st November 2014 - 4th January 2015 Discovered accidentally in 2009 by a passer-by from Bassano on the bed of the river Brenta, between Bassano and Nove, this precious swort from the Middle Bronze Age (1600-1200 a.C) is finally visible and offered to the pubblic in the new section dedicated to the History of the City starting from St.Bassiano, after its restauration sponsored by the Sopraintendenza.nThis sword is a piece of rare beauty decorated by exquisite engravings, knights commonly used similar lengthy weapons in Central Europe and probably this particular sword belonged to a wearlord who tossed it into the river as an offering to a deity. The flag with the city coat of arms will be presented in a historical exhibition, taking place in a new area of the Civic Museum, in a developing section dedicated to the History of the City. The artefact, interweaved with red and yellow silk, embroidered and hand-painted,portrays in its middle the city coat of arms: a tower supported by two rampant lions and in all of its four corners is displaced Venice’s crest, the lion of St.Marco “in moeca”, postured seated, head-on with open wings. This particular representation of the crest resembles a crab (in ancient Venetian language “moeca” means small crab). This particular type of representation and the dyes adopted for the realization of this standard - well analysed during the restauration- have permitted to date this craft up to the second half of nineteenth century, when industrial colours where already being used. The flag is finally revealed after a careful restauration sponsored by the Consiglio Notarile dei distretti Riuniti di Vicenza e Bassano del Grappa. Museo Civico Museo Civico Piazza Garibaldi 34 36061 Bassano del Grappa (VI) Tel. +39 0424 519901/904 www.museibassano.it Piazza Garibaldi 34 36061 Bassano del Grappa (VI) Tel. +39 0424 519901/904 www.museibassano.it [ 64 ] Carlo Scarpa was commissioned to design the extension of the Possagno plaster-cast gallery in Possagno on the bicentenary of Canova's birth (1757-1957). The work started in January 1957 and was completed a year and a half later. Very few drawings were seen on site and what were produced were little more than sketches: Scarpa was endowed with a very rapid imagination and sometimes just told some site labourer to change a construction detail. Then sometimes he might change his mind and stop the work only so that he could redefine a cornice or projection. It was not easy for Scarpa to complete the work: the Authorities demanded the scrupulous compliance of the project while the people of Possagno were curious about the strange building with windows at the corners of the roof and with walls made only of glass from which a crystalline light "rained" on the exhibits. The Possagno building is genial and unique: Scarpa wanted to "cut the blue of the sky" to "let the hills of Asolo enter Gallery"; he knew how to showcase Canova's absolute masterpieces at their best in the sweet green background of the fields, gardens, hills and the rock which create a natural frame south of Possagno that cannot be equalled anywhere in the world.www.museocanova.it Museo Canova Fondazione Canova Onlus Via Canova 74, 31054 Possagno (TV) Tel. +39 0423 544323 www.museocanova.it - FAL SAR E A - CONVIVIOITALIA Al Louvre vivono invisibili, tranne che per Enki Bilal, molti fantasmi Sono generati dalla fantasiosa mente del disegnatore fumettista “bédé” Enki Bilal per un suo progetto nato in collaborazione con lo stesso museo parigino. Dopo aver fotografato alcuni dei più famosi capolavori in esso contenuti, ne ha stampato le immagini su enormi tele sulle quali ha dipinto in acrilico evanescenti personaggi. Non figure qualsiasi ma “fantasmi”, emanazioni ectoplasmatiche che si immagina partecipino alla vita dei capolavori di Leonardo, Delacroix, Goya, El Greco, Durer e di altri protagonisti della Storia dell’arte. “Ridipingo il mio sguardo sull’opera” afferma Bilal che riprende le inquietanti presenze anche mentre si manifestano nelle sale e nei corridoi del Louvre e persino avvolti attorno alla Nike di Samotracia o a una statua di Cristo Deposto, giganteggiando senza peso e sostanza con i volti tipici dei protagonisti delle grafic novel di Enki Bilal. Dalla Monna Lisa di Leonardo, “esce” una testa maschile con i capelli verdi e attraversa la cornice sotto lo sguardo imperturbabile della Gioconda. Cosa ne avrebbe pensato Leonardo? Non è dato sapere. Probabilmente avrebbe sorriso divertito. Almeno quanto i dirigenti del Louvre che hanno dedicato una mostra a Bilal, vera galleria di foto, e ghost storie e guida un po’ anomala del museo, oggetto nel gennaio 2013 di una pubblicazione, I fanasmi del Louvre, edita in italiano da Bao Publishing di cui l’illustratore è autore di 22 “storie” di fantasmi, tra i molti altri che vivono imprigionati tra le opere d’arte del Louvre e dei relativi loro ritratti. Man y ghosts, invisible except to Enki Bilal, live inside the Louvre They were created by the imaginative mind of cartoonist Enki Bilal (“Bédé ”) for one of his projects, developed together with the Paris museum. After photographing some of its most famous masterpieces, he printed the images on huge canvas and then painted with acrylic paint some evanescent figures on them. Not just any figures but “ghosts”, ectoplasmic emanations that appear to participate in the life of masterpieces by Leonardo, Delacroix, Goya, El Greco, Dürer and other masters of the history of art. “I repaint what I see on the work of art” says Bilal, who portrays the disturbing presences also as they manifest themselves in the Louvre’s rooms and corridors, even wrapped around the Nike of Samothrace or a statue of the Dead Christ Deposed, towering without weight or substance, the faces typical of some characters of Enki Bilal’s graphic novels. A male head with green hair “comes out” of Leonardo’s Monna Lisa and crosses the frame under the Gioconda’s composed look. What would Leonardo have thought of it? We are not to know. He probably would have smiled, amused. At least as much as the Louvre’s officials, who dedicated an exhibition to Bilal, a real gallery of photos and ghost stories, a slightly unusual guide to the museum and the subject in January 2013 of a publication, The Louvre ghosts, published in Italian by Bao Publishing, where the illustrator is the author of 22 “stories” of ghosts, from the many who live imprisoned between the Louvre works of art and their portraits. Tutto è partito da un disegno su un taccuino ed un network è diventato un’associazione culturale dal nome CONVIVIOITALIA che si propone di valorizzare, attraverso l’impegno di privati imprenditori, l’immenso patrimonio artistico, paesaggistico, manifatturiero, che fa dell’Italia il Paese al Mondo di gran lunga più ricco. Un gruppo di imprenditori veneti dialogando a tavola di tutto e di più, gustando buoni piatti della cucina tradizionale veneta, hanno sentito l’esigenza di “parlare” di ciò che realmente manca al nostro territorio, fatto di tanti campanili e dispersione di risorse: la gestione dell’accoglienza e l’organizzazione tematica e geografica dei flussi turistici. CONVIVIOITALIA quindi nasce con l’intenzione di mettere insieme tutte quelle forze che vanno dall’associazionismo culturale a quello d’impresa (ricordiamo che solo a Vicenza insistono 74 aziende storiche con più di cento anni). Il primo passo concreto di CONVIVIOITALIA è stato il Convegno ARTE IMPRESA al Cuoa di Altavilla in settembre , che ha determinato l’avvio dei lavori per il Concorso internazionale stARTE che premierà idee d’impresa che valorizzino il patrimonio artistico; prima edizione Ottobre 2015, seguiteci su www.convivioitalia.eu It all started with a drawing on a notebook, and a simple network has now become a cultural association called CONVIVIOITALIA, which aims to promote, through the commitment of private entrepreneurs, the huge artistic, landscape and manufacturing wealth that makes Italy by far the richest country in the world. A group of entrepreneurs from Veneto, talking about this and that over a meal, as they were enjoying some tasty dishes from the traditional Veneto cuisine, felt the need to discuss what is really missing in our territory, full of parochialisms and scattered resources: a good management of hospitality and the thematic and geographical organization of tourist flows. CONVIVIOITALIA was then created, with the aim of putting together all those forces that range from cultural to trade associations (we point out that just in Vicenza there are 74 companies with a history of more than a hundred years). The first concrete step taken by CONVIVIOITALIA was the ARTE IMPRESA meeting at Altavilla’s CUOA in September, leading to the launch of Concorso internazionale stARTE, which will award business ideas promoting our artistic heritage; first edition in October 2015, follow us on www.convivioitalia.eu Banca Mediolanum P adova La nuova sede dei Family Banker Office di Banca Mediolanum di Padova si è trasformata in un’opera d’arte. La ristrutturazione è stata affidata allo Studio Corà & Partner ed il progetto artistico a Marco Nereo Rotelli. L’effetto scenico ottenuto è davvero unico. Il restauro dell’edificio è stato un saggio lavoro di recupero edilizio ed ha creato una nuova identità in un’area urbana degradata. Le tessere del mosaico che ricoprono la facciata si connotano per il colore blu profondo che richiama i colori dell’istituto di credito e rimanda al concetto di infinito. La piazza è stata pensata come una quinta teatrale con tre elementi simbolici: un toro, che rappresenta la Forza, una sfera per la ragione ed una lux per il sentimento.Tutte le opere sono realizzate in marmo di Carrara. Oltre l’effetto teatrale di unione tra le arti, il luogo di lavoro diventa luogo di esposizione di opere d’arte di artisti d’eccezione: Andy Wharrol, Keith Harring, Mario Schifano, Bepi Santomaso. The new headquarters of the Family Banker Office of Banca Mediolanum in Padua have become a work of art. The renovation was commissioned to Studio Corà & Partner and the art project to Marco Nereo Rotelli. The final scenic effect is truly unique. The building’s restoration represents a skilful piece of recovery work and has created a new identity in a rundown urban area. The mosaic tiles covering the façade are characterized by a deep blue colour, to recall the bank’s institutional colours and the idea of infinity. The square was conceived as a theatre wing containing three symbolic elements: a bull, to represent strength, a sphere for reason and a candle light for sentiment. All works are made of Carrara marble. Beside the theatrical effect of union of the arts, the workplace has also become an exhibition place for works of art by exceptional artists like Andy Warhol, Keith Haring, Mario Schifano, Bepi Santomaso. CONVIVIOITALIA Banca Mediolanum www.convivioitalia.eu Piazzetta Bussolin 15, 35137 Padova Tel. +39 049 8240611 [ 65 ] Talent on the Rocks C hiampo (VI) Paolo Loschi Marika Vicari C reazzo (VI) Nicola Nannini V icenza Alberto Biasi Chiude il contest d’arte Talent on the Rocks, promosso dal Consorzio Marmisti Chiampo per Le Settimane del Marmo 2014, ideato per avvicinare i giovani appassionati d’arte al mondo della pietra naturale. L’iniziativa, patrocinata dalla Fondazione Vignato per l’Arte, che ha preso parte alla giuria, ha oggi il suo vincitore con l’opera “Mandela” di Andrea Dalla Barba, uno dei quindici artisti chiamati ad illustrare su blocchi di marmo e granito, con libertà espressiva e tecnico-pittorica, un “grande talento” della storia dell’umanità. La motivazione del voto premiante ha riguardato non solo la scelta del soggetto ritratto, icona di forza e speranza verso il futuro, espressa dal volto sorridente di Mandela, ma anche il livello esecutivo dell’opera murales, realizzata con notevoli capacità artistiche, utilizzando una commistione di colori spray e acrilici. Andrea Dalla Barba, 23 anni, dopo il diploma artistico, si è specializzato in illustrazione presso la Scuola Internazionale di Comics a Padova; già vincitore di diversi concorsi in Italia e all’estero, collabora per le grafiche di magazine locali ed internazionali. Per sapere di più sulle iniziative del CMC, segui il sito: www.consorziomarmistichiampo.com Dopo gli studi musicali ho dedicato la mia attenzione alle arti figurative. La mia formazione è avvenuta frequentando gli ambienti veneziani nell’ambito pittorico e grafico, per poi approfondire l’uso del colore nel sud della Spagna. Tuttora sono molto legato al mondo musicale con il quale intesso collaborazioni quali action painting e scenografie. Come pittore ho un buon orecchio. A Walk in the Woods that isn’t there 7 FEBBRAIO - 15 MARZO 2015 “LA NOTTE E ALTRI VIAGGI“ Incanto e disorientamento. Sono queste le principali sensazioni che le opere di Alberto Biasi suscitano nell’animo dello spettatore. Artista padovano, classe 1937, sin dalla fine degli anni ’50, Biasi ha sviluppato una ricerca che ruota attorno al tema della percezione visiva dell’opera d’arte. Attraverso le variazioni percettive che le caratterizzano, le opere di Biasi superano la propria fisicità e, per trovare pieno compimento, necessitano della presenza di uno spettatore che diviene fruitore attivo. Il dialogo che le creazioni di Biasi instaurano con l’osservatore fa si che l’opera superi la propria univocità, inserendosi in una nuova dimensione spazio-temporale. Dopo le prestigiose mostre presentate a Ravenna, presso il Museo Nazionale e il Mausoleo di Teodorico, e il MACBA di Buenos Aires, per l’autunno 2014 sono in programma importanti esposizioni personali tra cui una mostra alla Mayor Gallery di Londra e una presso la MAAB Gallery di Milano, in occasione della quale verrà pubblicato, in collaborazione con l’Archivio Alberto Biasi, il primo catalogo ragionato dedicato alla produzione delle Trame. Talent on the Rocks, the artistic contest organised during Le Settimane del Marmo 2014 by the Chiampo Marble-workers Consortium and thought to be a link between young art lovers and the world of natural stone, has finally a winner. The initiative promoted by Fondazione Vignato per l’Arte, which has been also involved in the committee, has crowned the work “Nelson Mandela” by Andrea Dalla Barba as the best among those of the fifteen artists who painted a “great talent” in the history of mankind on marble and granite blocks, using their creativity and their personal painting technique. The committee valued Andrea’s work not only for the subject, an icon of strength and hope for the future expressed by Mandela’s smiling face, but also for a high level technique in producing a wall painting, and using a mixture of spray and acrylic colours. Andrea Dalla Barba, 23 years old, has specialised in Illustration at the International School of Comics in Padua, after graduating in Art. Andrea has already won several Italian and foreign competitions; today, he works realising graphics for both local and international magazines. To learn more about CMC’s initiatives, go to: www.consorziomarmistichiampo.com Giavera del Montello (TV) (...) I boschi di Marika Vicari non si limitano a richiamare la partecipazione dello sguardo, la visione frontale, ma piuttosto avvolgono lo spettatore. Lo cercano e poi, benevolmente, lo accolgono tra i loro sentieri fatati, in quel mondo completo e credibilissimo ancorché sostanziato soltanto di bianchi e di neri, di luci e di ombre, malinconico e al tempo stesso pacificante, pervaso di suggestioni mistiche. L’immediato senso di riconoscimento che si avverte davanti a questi tronchi ruvidi, ai rami spogli che a volte ci è dato di vedere e a volte restano solo una promessa tagliata fuori dall’inquadratura, ci lascia subito spiazzati perché contraddetto da una consapevolezza che si avverte sottopelle: il fatto che questo luogo, così come ci appare, non esista. Quella fila di fusti verticali che fuggono in prospettiva, mossi da una minima inclinazione, quelle ombre che cadono allungandosi e diventando sempre più incerte, sono in realtà sogno e archetipo, memoria emotiva e ricostruzione mentale. Perché quello che Marika Vicari va ricostruendo quando prende la tavola di pioppo, la sceglie, la accarezza con i polpastrelli seguendone le nervature leggere, quando la prepara con l’acrilico e poi comincia a scartavetrarla e quando, finalmente, lascia i primi segni verticali e orizzontali con la grafite, è un suo bosco mentale, emotivo. Un bosco e tutti i boschi. Dopo una volontaria pausa di dieci anni dagli ultimi notturni per i quali Nannini era ed è particolarmente conosciuto, tornano nuovamente soggetti dedicati alla notte. La mostra vedrà in parete opere di grande e piccolo formato soprattutto ad olio su tavola e tela accompagnate da alcuni pezzi di grafica a matita e gouache. Il tema della notte viene esplorato dall’artista sulla base della sua eredità storica legata ai notturni degli anni novanta e all’insegna della nuova ricerca e rinnovata sensibilità. Alle due tele di grande formato Nannini abbina piccoli oli e matite di rara bellezza. Catalogo della mostra disponibile in sede. Eventi collegati: serata di approfondimento sul tema della notte e riferimenti artistico-letterari legati alle radici soprattutto ottocentesche del notturno in pittura. Colloquio con l’artista sulle sue personali scelte pittoriche e di poetica. A cura di Marco Fazzini e Nino Sindoni Sede della mostra: Associazione TheArtsBox di Alessandra Redaelli Following my studies in music, I dedicated my attention to the figurative arts. My artistic work stemmed from observance of pictorial and graphic in the Venetian landscape, while my use of color is influenced by Southern Spain. My works have been exhibited in Rome, Milan, Amsterdam, Berlin and New York. I am still tied to music and engaged in collaborations through action painting and scenography. As a painter, I have a good ear. Marika Vicari’s woodlands do not limit one to looking, to having a frontal view but they actually embrace the observer. They seek him and then, amiably welcome him among their enchanted paths, to that intact and really believable world even if realized entirely in black and white, with lights and shadows, melancholic yet at the same time soothing, imbued with mystical charm. The immediate sense of recognition that is felt in the presence of these coarse trunks, of the bare branches that at times we are given to see and at other times remain only a promise cut off by the frame, leaving us bewildered, is contradicted by an awareness that is felt under the skin: the fact that this place, as it appears, does not exist. The row of vertical trunks receding in perspective, leaning slightly, the shadows that fall stretching out and progressively becoming increasingly blurred, are in fact dream and archetype, emotional memory and mental reconstruction. Because what Marika Vicari reconstructs when she takes a poplar board choosing it, caressing with her fingertips its fine grain, when she prepares it with acrylics and then begins to sand it and when she finally leaves the first signs of vertical and horizontal graphite, is her own mental and emotional woodland. A wood of all woods. by Alessandra Redaelli 7 FEBRUARY - 15 MARCH 2015 “THE NIGHT AND OTHER JOURNEYS” Padova Fascination and disorientation. These are the two main sensations created by the works of Alberto Biasi in the soul of the viewer. Born in Padua, the 1937 class, Biasi has been developing a research about the visual perception of a work of art since the end of the Fifties. Biasi’s works go beyond their physical essence thanks to their perceptive variations and they find the greatest fulfillment as a result of the active presence of the audience. The dialog between Biasi’s creations and the viewer let the works overcome their characteristic dimension to step into a new space-time dimension. After the prestigious exhibitions hold in Ravenna at the Museo Nazionale and at the Mausoleum of Theoderic, and at the MACBA in Buenos Aires, the agenda of Alberto Biasi includes some other important solo shows, for instance the one at the Mayor Gallery in London and the one at the MAAB Gallery in Milan. On this latest occasion, the first catalogue raisonné dedicated to the Trame will be published, thanks to the cooperation of the Archivio Alberto Biasi. After a voluntary pause of ten years from the last nocturnes, for which Nannini was, and is, particularly well known, here we have again more subjects dedicated to the night. The exhibition will display large and small format works, mainly oil on wood and canvas accompanied by a few graphic pieces in pencil and gouache. The theme of the night is explored by the artist based on his historical nocturnes legacy of the nineties but with some new research and a renewed sensitivity. To the two large canvases Nannini accompanies some small oil and pencil works of rare beauty. Catalogue of the exhibition available on site. Related events: An evening looking in depth at the theme of the night and artistic-literary references linked to the roots, especially in the 19th century, of nocturnes in painting. Interview with the artist on his personal painting and poetry choices. Curated by Marco Fazzini and Nino Sindoni Exhibition: venue: Associazione TheArtsBox Andrea Alessio V enezia Vive e lavora tra Treviso e Venezia. Ha studiato Letteratura e Cinema a Ca’ Foscari a Venezia. Dopo il corso universitario non completato ha continuato a studiare fotografia con autori quali Italo Zannier, Gabriele Basilico, Jessica Backhaus, Guido Guidi, Silvia Camporesi, Joakim Eskildsen, Machiel Botman, Marco Zanta, Todd Hido, Pino Musi, Mark Steinmetz, Jason Fulford. Il suo lavoro è stato esposto, tra gli altri, presso la Galleria il Diaframma for il suo 25° Anniversario, presso il Museo d’Arte Contemporanea di Bergamo e presso il Museo di Storia Naturale di Milano. Più recentemente presso Gallerie private a Treviso, Milano, New York and San Francisco. Andrea Alessio gestisci il proprio studio fotografico: www.varianti.it. Dopo una pausa nella sua carriere artistica si riconcentrato nei suoi progetti personali a partire dal 2011 e in questa occasione ha conosciuto micamera.it. Ha pubblicato 3 libri negli ultimi 2 anni: Un_ natural Bestiary (2013), Before You, Santa Claus, Life Was Like a Moonless Night (2013), Dolomites (2014). He lives and works between Treviso and Venice. He studied Literature and Cinema at the Ca’ Foscari University in Venice and afterwards continued studying photography with authors like Italo Zannier, Gabriele Basilico, Jessica Backhaus, Guido Guidi, Silvia Camporesi, Joakim Eskildsen, Machiel Botman, Marco Zanta, Todd Hido, Pino Musi, Mark Steinmetz, Jason Fulford. His work has been exhibited, among others, by the gallery Il Diaframma for its 25th anniversary, by the Contemporary Art Museum in Bergamo and the Science Museum in Milan and more recently by private galleries in Treviso, Milan, New York and San Francisco. Andrea Alessio owns and runs a photographic studio: www.varianti.it. After a pause in his artistic career, he restarted focusing on more personal work in 2011 and met Micamera.it shortly afterwards. He published three books in the last 2 years: Un_ natural Bestiary (2013), Before You, Santa Claus, Life Was Like a Moonless Night (2013), Dolomites (2014). Consorzio Marmisti Chiampo Paolo Loschi Marika Vicari Associazione TheArtsBox Alberto Biasi Piazza G. Zanella 18/C 36072 Chiampo (VI) Tel. / Fax +39 0444 625435 www.consorziomarmistichiampo.com Vive e lavora a Giavera del Montello (TV) Tel. +39 339 6283191 [email protected] www.paololoschi.com e-mail: [email protected] www.puntosullarte.it www.kroart.at www.gallerialocchio.net www.sarasist.org Contrà San Paolo 23, 36100 Vicenza e-mail: [email protected] e-mail: [email protected] www.albertobiasi.it www.andreaalessio.com [ 66 ] Andrea Alessio [ 67 ] AreAArte Card porta con te la tua voglia di cultura! AA Card ti garantisce l’entrata a costo ridotto nei più prestigiosi Musei del Triveneto ed altri interessanti vantaggi. Scopri di più nel sito www.areaarte.it sezione AA card [ 68 ] [ 69 ] Abbonati ed investi nella creatività dei giovani* AREAARTE N°20 Sommario // Contents inverno / winter 2014 - 2015 Abbonamento annuale AREAARTE euro 32,00 (4 numeri) * Per ogni abbonamento, euro 12,00 andranno a favore dei Licei ed Istituti d’Arte del Triveneto sostenuti da AREAARTE Per abbonamenti collegati a www.areaarte.it sezione abbonamenti. Per informazioni scrivi a [email protected] 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 Liceo Artistico “Pascoli” Bolzano (BZ) Liceo Artistico “Walter von der Vogelweide” Bolzano (BZ) Liceo Artistico Merano Merano (BZ) Liceo Artistico “Cademia” Ortisei (BZ) Istituto St. d’Arte “Giuseppe Soraperra” Pozza di Fassa (TN) Ist. Liceo delle Arti “A.Vittoria-Bomporti-Depero” Trento e Rovereto (TN) Liceo Artistico “Leonardo da Vinci” Belluno (BL) Ist. d’Arte St. “Polo della Val Boite” Cortina d’Ampezzo (BL) Ist. d’Arte St. “M. Fanoli” Cittadella (PD) Ist. Sup. GB. Ferrari ISA “A. Corradini” Este (PD) Istituto d’Arte “P. Selvatico” Padova (PD) Liceo Artistico “A. Modigliani” Padova (PD) Ist. d’Arte St. “Bruno Munari” Castelmassa (RO) Liceo Statale “Celio -Roccati” Rovigo (RO) 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 Liceo Artistico St. Treviso Treviso (TV) Lic. e Ist. d’Arte “Bruno Munari” Vittorio Veneto (TV) Liceo Artistico St. “M. Guggenheim” Venezia (VE)) Liceo Artistico St. Venezia Venezia (VE) Liceo Artistico St. “Boccioni” Verona (VR) Istituto St. d’Arte “G. De Fabris” Nove (VI) Liceo Artistico “U. Boccioni” Valdagno (VI) Liceo Artistico “A. Martini” Schio (VI) Direttore responsabile // Editor Giovanna Grossato Traduzioni // Translations Intertrad di A. Thaler & C. Snc Largo Parolini, 54 36061 Bassano del Grappa (VI) - Italy Tel. +39 0424 523588 Cell. +39 329 17 10 961 [email protected] www.inter-trad.it Paola Ferretti The goal of AREAARTE and its partners is to publicize the value of our artistic and cultural heritage. Our commitment: invest in the crativity of the young Annual subscription euro 32,00 (4 issues) Public Relation [ 70 ] 10 Luca Bidoli. Contaminazioni Luca Bidoli. Contaminations di // by Martina Gecchelin 14 MAX SOLINAS. La natura sono io MAX SOLINAS. Nature it’s me di // by Tazio Cirri 18 LUCIANO VIGHY. UN MONDO DI STORIE LUCIANO VIGHY. A WORLD OF STORIES di // by Giovanna Grossato 22 Paolo Polloniato. Rivisitazioni Paolo Polloniato. Revisitations di // by Erika Ferretto 26 “E lucevan le stelle”. Alberto Gianfreda riedita il cielo “E lucevan le stelle”. Alberto Gianfreda re-edits the sk y di // by Giovanna Grossato 30 Gehard Demetz. La vita dolente all’interno del legno Gehard Demetz. The aching life inside wood di // by Silvia Neri 34 AMO. Museo dell’Opera AMO. Museum of the Opera 38 DANILO PAVONE: LA FRAMMENTAZIONE DELL’IMMAGINE DANILO PAVONE: THE FRAGMENTATION OF IMAGES di // by Marco Stoppa Progetto grafico // Graphic layout 42 Galleria Harry Bertoia Galleria Harry Bertoia 46 Libri d’artista Artists’ books 52 CREAZIONI ZURI. Dalla carta il Bello CREAZIONI ZURI. Beaut y from paper 56 Angelo Rinaldi. Una poliedrica creatività Angelo Rinaldi. A happy asyndeton di // by Marica Rossi 62 Da Vedere To See 65 Falsarea Falsarea Andrea Gaspari Web designer VG7 Stampa // Printing GRAFICART Arti Grafiche Srl GRAFICART Arti Grafiche Srl Via Boscalto, 27 - Z.I. 31023 Resana (TV) - Italy Tel +39 0423 717171 r.a.- Fax +39 0423 715326 - 715191 www.graficart.it stampato su - printed on “GardaPAt 13KIARA” Cartiere del Garda S.p.a. | Riva del Garda (TN) www.gardacartiere.it Editore // Editor Martini Via Umbria, 31 36061 Bassano del Grappa (VI) www.areaarte.it info@ areaarte.it Euro 12,00 will be paid in favour of the schools supported by AREAARTE for every subscription For subscription, connect to www.areaarte.it subscription section For information write to [email protected] Nicola Nannini. Il nome da dare alle cose Nicola Nannini. The name to be given to things di // by Giovanna Grossato Fotografie // Photos Istituto St. d’Arte “E. Galvani” Cordenos (PN) Istituto St. d’Arte “G. Sello” Udine (UD) 4 Testi // Texts by Giovanna Grossato Marco Stoppa Erika Ferretto Tazio Cirri Martina Gecchelin Silvia Neri Marica Rossi Photopiù per Creazioni Zuri Istituto St. d’Arte “E. e U. Nordio” Trieste (TS) Ciò che l’arte dice della guerra What art says about war di // by Giovanna Grossato Redazione // Editorial Staff Giovanna Grossato Marcello Palminteri Alessandro Benetti Anna Livia Friel Silvia Neri Tazio Cirri Erika Ferretto Marco Stoppa Martina Gecchelin I.I.S. “Bartolomeo Montagna” Vicenza (VI) Istituto d’Arte “G. D’Annunzio” Gorizia (GO) 3 Anno 6. Numero 20 Registrazione: Tribunale di Vicenza n. 1214 del 19 gennaio 2010 Iscrizione al ROC n. 22289 del 02/05/2012 © 2010 Martini Edizioni, Thiene (VI) Progetto grafico copertina realizzato da Cover by HACKATAO – Sergio Scalet e Nadia Squarci Foto: ISFAV Istituto superiore Fotografia e Arti Visive www.isfav.it In copertina: Leonardo da Vinci - Podmork [ 71 ] www.areaarte.it [ 72 ]