Novembre 2012

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Novembre 2012
+ oltreconfine
Italia Ebraica
voci dalle Comunità
n. 11/2012
HATIKWA
Unione Giovani Ebrei d’Italia
DIAMO I NUMERI
LA MIA BERLINO
PAG. 8
Italia Ebraica – attualità e cultura dalle Comunità ebraiche italiane ‐ registrazione Tribunale di Roma 220/2009 | [email protected] – www.italiaebraica.net | supplemento a Pagine Ebraiche ‐ n. 11 ‐ 2012 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037‐1543 (direttore responsabile: Guido Vitale)
GENOVA EBRAICA
Adei a porte aperte
ROMA – IL PIANOFORTE DI ELIZABETH
GIACOMO SEGRE
Chieri ricorda
il suo patriota
Vento di novità in casa Adei Wizo, l'organi‐
smo che rappresenta le donne ebree d'Italia
e che da questo autunno ha deciso di aprire
le proprie porte anche agli uomini istituendo,
all'interno dell'associazione, il gruppo Amici
dell'Adei Wizo. Un'esperienza inedita nel no‐
stro paese, spiega la presidente Ester Silvana
Israel (nella foto), “ma che
non è nuova nel panorama
delle federazioni Wizo in‐
ternazionali”.
Presentazione ufficiale del
progetto a fine ottobre nella
location messa a disposizione a Genova da
Elena Maruffa Hayon e con gli interventi di
Esther Mor, capo dipartimento della raccolta
fondi mondiale della Wizo, di Roberta Na‐
hum, che analogo compito svolge per l'Adei,
e della presidente Israel. Presente ai lavori
anche Grazia Sciunnach, vicepresidente na‐
zionale.
FIRENZE EBRAICA
Il valore della cultura
Il patrimonio dei beni culturali ebraici in Eu‐
ropa rappresenta un’inestimabile ricchezza
e una testimonianza fondamentale della con‐
sistenza multiculturale del nostro continente.
Attesta infatti la presenza ebraica nei secoli
e rappresenta una parte nodale dell’evolu‐
zione della cultura dei singoli paesi e della
formazione di un pensiero comune europeo.
Nasce da questi presupposti l'atteso incontro
Valorizzazione del patrimonio culturale ebrai‐
co in Europa in programma domenica 4 no‐
Le celebrazioni del 20 settembre,
giorno in cui si ricorda l'anniversario della Breccia di Porta Pia,
hanno vissuto quest'anno un nuovo
momento di grande significato.
L'omaggio, a Chieri, al militare di
carriera Giacomo Segre cui il generale Cadorna diede per primo
l'ordine di sparare sulle mura di
Roma perché, in quanto ebreo, non
sarebbe potuto incorrere nella scomunica di Pio IX. Di fronte alla sua
Le Sinfonie di Beethoven, le Sonate di Chopin, i virtuosismi dei grandi maestri della musica classica.
Questi gli ingredienti della straordinaria performance che Elizabeth Sombart, pianista francese di fama
internazionale, ha voluto regalare agli ospiti della casa di riposo ebraica di Roma. Con lei anche Paolo
Bartoloni, direttore della Fondazione Resonnance Italia.
L'iniziativa, alla sua quarta edizione, è stata organizzata proprio nell'ambito delle numerose attività
sociali e ricreative svolte da quest’ultima sul territorio.
LIVORNO EBRAICA
Nuovo Sefer, festa grande in sinagoga
di Gavriel Zarruk
vembre in occasione della settimana della
cultura e dell'ambiente Florens.
La tavola rotonda, moderata dal giornalista
Wlodek Goldkorn e promossa dall'Opera del
Tempio Ebraico di Firenze, si aprirà alle 17
nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vec‐
chio. Tra i relatori Giuseppe Burschtein, fon‐
datore e amministratore di Frankenstein‐
Progetti di vita digitale; Renzo Funaro, ar‐
chitetto e consigliere della Fondazione Beni
Culturali Ebraici; Ruth Ellen Gruber, giorna‐
lista e coordinatrice del sito Jewish Heritage
Europe; Annie Sacerdoti, giornalista e scrit‐
trice che siede nel direttivo dell'Association
Européenne pour la Préservation et la Valo‐
risation de la culture et du patrimoine juifs;
Dora Liscia Bemporad, docente universitaria
e direttrice del Museo ebraico del capoluogo
toscano.
Simchà: gioia, è questa la parola più appro‐
priata per definire la giornata vissuta in si‐
nagoga a Livorno per l'inaugurazione del
nuovo Sefer Torah.
A dare inizio alle celebrazioni il rabbino capo
Yair Didi che, dopo aver rivolto un saluto ai
presenti, ha sottolineato l'importanza di quel
giorno tanto atteso e, come evidenziato in
precedenti lezioni, ha ricordato che la Torah è per noi ebrei un
ciclo continuo, non ha né un inizio né una fine, contrariamente
a quanto si possa pensare leggendo la Parashah di Vezoth Ha‐
beracha e la seguente Parashah di Bereshit.
Ha poi preso la parola il presidente della Comunità ebraica li‐
vornese Vittorio Mosseri, che ha centrato
il proprio discorso sui molteplici tentativi
dei nemici di Israele, nei secoli, di ostaco‐
lare, vietare, lo studio della Torah. Tentativi
falliti poiché siamo riusciti, pur con diffi‐
coltà, a continuare lo studio dei rotoli sacri
e, di fatto, a dimostrare che il popolo di
Israele continua ad esistere grazie alla
scrittura, alla lettura e allo studio, auspi‐
cando infine il “rinnovamento” che riusci‐
remo a raggiungere, come la nostra storia ci insegna, continuando
a credere nei precetti di vita e nelle tradizioni presenti nella
Torah e passando di generazione in generazione il testimone,
senza mai porvi fine. Il Sefer è stato dedicato alla memoria di
segue a pag. 4-5
tomba, nella sezione ebraica del cimitero chierese, numerosi i cittadini che hanno voluto testimoniare
il debito di riconoscenza di tutta la
società italiana nei confronti di
quell'impresa. Assieme al sindaco
Francesco Lancione, all’assessore
provinciale alla cultura Ugo Perone, al coordinatore della Consulta
per la laicità delle istituzioni Tullio
Monti, anche una rappresentanza
della Comunità ebraica di Torino
guidata dal vicepresidente Emanuel Segre Amar, che ha ricordato
il significativo contribuito dato dagli ebrei italiani al processo di unificazione nazionale, e dell’avvocato
Bruno Segre, che si è invece soffermato sul concetto sempre attuale
di laicità.
NAPOLI EBRAICA
Verso la libertà
Inaugurato il Museo dello Sbarco
e Salerno capitale. L'iniziativa, ospi‐
tata nei locali della Regione, si pre‐
figge di mantenere viva la memo‐
ria del ruolo che la città campana
svolse nella fase conclusiva del se‐
condo conflitto mondiale. Dalla Co‐
VENEZIA EBRAICA
Il coraggio di Gustavo e Rosanna
di Michael Calimani
Con l’Hatikwa e l’inno d’Italia si è chiusa,
a Zenson di Piave, la cerimonia per il ri‐
conoscimento di Giusto tra le nazioni per
il conte Gustavo Badini e Rosanna Andre‐
on in Badini, che durante la guerra na‐
scosero e salvarono due famiglie di ebrei.
Una cerimonia sentita che ha visto la par‐
tecipazione del consigliere diplomatico
della Regione Veneto, Stefano Beltrame,
del presidente della Provincia di Treviso,
Leonardo Muraro, del sindaco di Zenson
di Piave, Mario Cincotto, del prefetto di
Treviso, Aldo Adinolfi e del diplomatico
dell’ambasciata d’Israele in Italia, Sara
segue a pag. 2-3
munità ebraica di Napoli, rappre‐
sentata al taglio del nastro rosso
dal presidente Pier Luigi Campa‐
gnano, massima disponibilità e
l'offerta di una collaborazione per
far luce sull'opera meritoria del
Palestine Regiment.
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Italia Ebraica
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la voce delle Comunità
MANTOVA
EBRAICA
Musica, poesie, dialogo. E due passi tra i vicoli dell'antico Ghetto
Tornano, con il mese di novembre, le passeggiate
tra i vicoli e le piazze dove un tempo sorgeva il
Ghetto di Mantova. Un appuntamento tradizionalmente molto atteso che, grazie a guide d'eccezione, permette a chi vi prende parte di cogliere le numerose sfumature ebraiche, a volte
palesi, altre volte – più spesso – occulte, che caratterizzano la città virgiliana. “Aspettiamo la prima nebbiolina, così da
regalare suggestioni ancora più intense”, spiega Emanuele Colorni, presidente della Comunità ebraica e autore assieme a Mauro Patuzzi di
un'opera preziosa per approcciarsi
alla materia: C'era una volta il Ghetto, edito nel
2011 da Di Pellegrini.
“Le occasioni di incontro e reciproca conoscenza
– prosegue Colorni – sono una risorsa fondamentale per una realtà come la nostra, da sem-
pre molto attenta a creare ponti verso l'esterno.
Accolte con grande interesse, le passeggiate al-
l'ombra del Ghetto ci permettono di consolidare
e in alcuni casi di attivare questo processo”. Forte,
mentre ci vengono illustrate le prossime iniziative in cantiere, è ancora l'eco della doppia serata
Quelle sottili alchimie di sapori che sanno d’infanzia
per tutti i palati l'eredità cu‐
linaria di un'ebrea mantovana
d'adozione che non ha di‐
menticato la terra dove lei,
nata a Venezia, ha trascorso
l'infanzia e l'adolescenza.
"Ho conosciuto la Libia del
secolo scorso, ho vissuto
l’ebraismo appreso in fa‐
miglia, ho studiato nelle
scuole italiane di Tripoli e ho trascorso
il resto della mia vita in Italia. Amalga‐
mare esperienze così diverse non è facile
‐ spiega ‐ ma ho verificato, con sorpresa,
che tutto diventa possibile in cucina pre‐
parando piatti tipici ebraico‐tripolini in‐
sieme ad altri della tradizione ebraico‐
"Gli odori hanno la magica capacità di
rievocare ricordi di fatti e di luoghi ap‐
partenuti a un passato anche remoto, e
così i profumi dei cibi, che preparo spes‐
so alla maniera ebraico libica, mi portano
la mente alla Libia dove ho trascorso la
mia fanciullezza. Mi rivedo a Bengasi, a
Tripoli, in casa, a scuola, nelle strade e
nei quartieri della città. Riaffiorano al‐
lora, come per incanto, immagini, colori,
rumori, suoni famigliari e tante buone
ricette, indimenticabile patrimonio co‐
mune di tutte le donne ebree libiche".
Queste le significative parole con cui si
apre La mia cucina ebraica (ed. Di Pel‐
legrini). Il libro, opera di Loredana Le‐
ghziel Colorni, racconta a suon di ricette
mantovana".
L'incontro gastronomi‐
co dà i suoi frutti: scor‐
rendo le pagine del vo‐
lume, ricetta dopo ricet‐
ta, si è infatti proiettati in
una dimensione di totale
coinvolgimento in cui le
alchimie di sapori diven‐
tano un pretesto per aprir‐
ci le porte su di un mondo
sempre presente nella memoria dell'au‐
trice.
C'è l'atmosfera unica del mercato, c'è
tanta quotidianità, ci sono le feste ebrai‐
che e la loro preparazione. Un mosaico
di emozioni che vale la pena scoprire.
Ai fornelli, costruendo un ponte verso il futuro tra Mantova e Bengasi
di Stefano Patuzzi
La cucina è il luogo del fuoco. Anche nelle nostre case
ad alta tecnologia è la stanza in cui continua a sprigionare quell’energia ancestrale e luminosa che costituisce uno dei contrassegni della nostra specie e
del suo crescere nella storia.
Non sorprende allora che i termini che nell’ebraico
biblico designano da un lato il fuoco (’esh), l’uomo e
la donna dall’altro (’ish/’ishàh), siano tradizionalmente posti in stretta correlazione nelle interpretazioni rabbiniche. E questo per le caratteristiche di
base che nell’uno e negli altri si ravvisano e si sovrappongono: certamente sia il fuoco sia l’essere
umano sono infatti capaci di essere emblemi di vita,
di luce, di attività creativa; così come entrambi – se
fuori controllo – sanno essere alfieri di distruzione,
I sapori di cucina come ricordo ebraico di devastazione, di annientamento.
Ma torniamo alla cucina, com’è giusto. Proprio in
questo “luogo del fuoco” prende forma, giorno dopo
giorno, quel rituale antico che consiste nella trasmu-
tazione di elementi grezzi in piatti gustosi, durante
il quale si compie il tragitto che conduce dal crudo
al cotto, dallo sgradevole al piacevole, dal dannoso
al benefico. La cucina, d’altro canto, si presta volentieri a essere luogo del ricordo. Nel suo calore e nell’intimità domestica si tramandano in effetti tradizioni
del passato tanto quanto si creano cibi utili
al presente. Sarebbe già abbastanza. Eppure,
in una cucina ebraica, può avvenire anche
qualcosa in più: il ricordo si fa infatti azione;
si fa messaggio e trasmissione di significati
non solo per il presente ma – in modo più
simbolico e sfumato, non meno incisivo –
anche per il futuro. Un futuro verso il quale
si proiettano, attraverso gusti e sapori, frammenti di luoghi e tempi andati; facce, talvolta, di un
ebraismo diverso che si desidera, si intende tramandare.
In questa prospettiva non si sottolineerà mai a sufficienza come il verbo “ricordare”, in ebraico, “sia letteralmente ri-membrare, dare di nuovo – a ciò che
è richiamato alla memoria – una realtà, una tangibile,
fisica esistenza rinnovata”: nuove membra, insomma,
un nuovo corpo.
Questa ricchissima, originale, dinamica dimensione
del ricordo emerge con un nitore strabiliante ad
esempio dal passo biblico forse più noto relativo allo
Shabbat, il sabato ebraico: giorno del riposo settimanale, comandato da Dio, nel quale deve
cessare non solamente il lavoro, ma l’attività
creativa in genere.
Un giorno in cui, come il lettore potrà vedere
in uno dei capitoli di Loredana Leghziel, anche
i fornelli “tacciono”, eppure fragranze differenti e caratteristiche pervadono la casa
ebraica, marcando così – in un modo chiaro
anche all’olfatto – la distinzione dello Shabbàt
dal resto della settimana.
È scritto infatti in Esodo 20,8 “Zakhòr ’et-yom hashabbàt leqaddeshó”, “Ricorda il giorno di Shabbàt
per distinguerlo/ santificarlo”; una formulazione che
lascia trasparire con grande chiarezza come il ricordo
debba tradursi in azione per il raggiungimento di
uno scopo. Un ricordare-perfare, insomma, parte in-
tegrante dell’immaginario ebraico e riflesso nella
lingua ebraica. O viceversa, a seconda dei punti di
vista. In una prospettiva più panoramica e con la
mente rivolta alla luminosa storia della comunità
ebraica mantovana, d’altro canto, mi piace pensare
che il lettore si fermerà anche solo per qualche istante
a riflettere al modo in cui doveva essere caratterizzato
dai profumi di cucina uno spazio unico, in quanto
esclusivamente ebraico, come il ghetto, la cui istituzione terminò a Mantova nel 1612;4 e come pure la
distinzione del tempo (lo Shabbàt dal resto della settimana, ad esempio) fosse resa palpabile anche dai
differenti aromi che, a seconda del giorno e dell’ora,
si diffondevano nell’aria.
Dunque che egli intuisca – ragionando attorno a un
simile, particolare “paesaggio olfattivo” – che, sopra
il mare degli aspetti negativi e umilianti peculiari di
questo spazio, emergevano anche isole di relativa
quiete, di coesione e rispecchiamento, dove l’appartenenza a un medesimo gruppo sociale spiccava con
assoluta chiarezza e giusto orgoglio; questo in specie
dopo la chiusura serale dei portoni quando, all’interno
Italia Ebraica
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la voce delle Comunità
TRIESTE
EBRAICA
In Carso per studiare nuove occasioni di incontro e crescita
di Sara Astrologo
organizzata a settembre dalla Comunità in collaborazione con il Festivaletteratura di Mantova,
la più importante manifestazione italiana dedicata al libro, alla cultura e alla circolazione delle
idee.
Svariate decine le persone che hanno partecipato
agli incontri di Storie Vecie facendosi conquistare
dal mix di musica e poesia proposto. Una prova,
l'ennesima, che l'attenzione verso questa realtà,
verso la sua storia e verso i valori che è chiamata
a promuovere e difendere – un esempio su tutti,
il proficuo lavoro svolto dall'Osservatorio Articolo 3 contro le discriminazioni – è sempre a livelli molto alti.
Per rispondere a questa sete di conoscenza la
Comunità sta studiando la possibilità di dare
vita a un ciclo di incontri che approcci, in modo
informale, le tematiche più diverse. Dalla storia
alla religione, dallo studio dei testi sacri al rapporto con la modernità. L'iniziativa dovrebbe
trovare ospitalità negli spazi universitari. “Ci
stiamo lavorando”, afferma Colorni.
E si lavora anche sul fronte interno, in particolare
per dare ai giovani la possibilità di sviluppare
una piena consapevolezza ebraica. “Spero – conclude – che riusciremo ad attivare al più presto
dei corsi regolari di ebraico per i nostri ragazzi.
Un'esigenza che si fa sempre più sentita visto
che molti di loro sono tvicini all'età del Bar Mitzvah, la maggiorità religiosa”.
di un tale spazio urbano ora finalmente “liberato”,
la comunità dava voce e suono ad attività – teatrali,
ad esempio, o sociali e festose – che bene riassumevano alcuni lineamenti caratteristici della sua
fisionomia religiosa e culturale. Oltre a dare al lettore, alla lettrice, la possibilità di toccare con mano
certe ricette “tripoline”, il libro di Loredana Leghziel
Colorni funge allora anche da ponte. Un ponte la
cui arcata poggia da un lato in Libia, in Italia dall’altro; a Bengasi e a Mantova.
Un ponte che ha consentito a una famiglia ebraica,
settimana dopo settimana, per decenni, di riandare
attraverso il gusto e l’olfatto a determinate dimensioni di un mondo lontano eppure prossimo. Ad
esso, grazie anche alle ricette proposte in questo
libro, veniva data via via una rinnovata attualità,
una nuova esistenza grazie al ricordo, fornendo
così l’occasione a chi l’aveva conosciuto di non dimenticarlo, a chi non l’aveva assaporato di conoscerlo un po’ meglio, interrogarlo, capirne alcuni
tratti pur sotto un altro cielo.
Quello che l’autrice consegna qui al lettore è dunque un piccolo scrigno di memorie e di sapori: elementi diversi che, nella sua cucina ebraica, hanno
via via costruito e schiuso nello spazio e nel tempo
una porta verso il futuro.
“A volte quello che ci aspettiamo im‐
pallidisce al confronto con quello che
non ci aspettiamo. Quello che ci aspet‐
tiamo è solo l’inizio. Quello che non ci
aspettiamo invece è quello che cambia
la nostra vita”. Così recita Meredith
Grey in uno dei miei (ebbene sì, lo am‐
metto) telefilm preferiti. Ed è questo
che per me è stato e continua ad es‐
sere oggi l’Ufficio giovani nazionale:
una sorpresa inattesa, una di quelle
che se non ti cambiano la vita, di certo
cambiano un po’ te.
Con i progetti Caghim e Netivot, ri‐
spettivamente per bambini e adole‐
scenti, noi madrichim andiamo nelle
Comunità a fare attività di educazione
ebraica non formale. Sentiamo una
grande responsabilità perché in Co‐
munità dove non c’è una scuola ebrai‐
ca e raramente esiste un Talmud To‐
rah ci rendiamo conto che i madrichim
dell'Ugn sono una delle poche finestre
sull’ebraismo.
Oltre alle attività domenicali provia‐
mo ad organizzare eventi nazionali e
regionali per aiutare questi ragazzi a
conoscere nuovi amici di Comunità
vicine in una cornice tanto ebraica
quanto coinvolgente come lo Shabbat.
Sono fresca di ritorno dal primo se‐
minario di formazione del nuovo an‐
no, gentilmente ospitato dalla Comu‐
nità Trieste, nella colonia di Opicina.
Ariel Camerini, l’assessore ai giovani,
e Michele Agostini, che si occupa della
colonia, ci hanno dimostrato grande
affetto e disponibilità. Ancora una vol‐
ta sono rientrata a casa distrutta ep‐
pure soddisfatta, stupita di quanto,
pur dopo tanti anni di hadrachà (edu‐
cazione non formale), ci sia sempre
qualcosa in più da imparare, arricchita
di nuovi contenuti, idee, energie rica‐
vate da un team che mette il cuore in
ogni cosa che fa.
VENEZIA
Dopo questo duro allenamento la
squadra, ormai un mix perfetto di vec‐
chi e nuovi educatori, è pronta a co‐
minciare. Se da un lato ci apprestiamo
a prendere pullman, treni e aerei per
andare nelle piccole Comunità, dal‐
l’altro nuove idee sono alla linea di av‐
vio pronte a partire.
Tra gli altri il progetto Dor, in collabo‐
razione con l’Unione Giovani Ebrei
d'Italia, ha lo scopo di far conoscere
ai ragazzi tra i 17 e i 18 anni, che han‐
no appena lasciato o stanno per la‐
sciare i movimenti giovanili, le due or‐
ganizzazioni alle quali potranno dare
il loro contributo con il raggiungimen‐
to della maggiore età.
Versione integrale sul portale del‐
l'ebraismo www.moked.it
EBRAICA
L’eroismo di Gustavo e Rosanna, Giusti tra le nazioni
-------------------------------------I segue da pag. 1 I------------------------------------Gilad. Tra il pubblico seduto in sala, il figlio del conte, Alvise, con la famiglia, e
Mario Gesuà Sive Salvadori, vicepresidente della Comunità ebraica di Venezia e
figlio di quel Marco, salvato insieme a tutta la famiglia, che fino all’ultimo si
profuse affinché Yad Vashem analizzasse la sua testimonianza e riconoscesse al
Conte Badini e a sua moglie tale onorificenza. Giuseppe Salvadori aveva conosciuto
il conte Badini in un bar di San Donà durante una partita a biliardo e fu proprio
quell’incontro casuale che assicurò la sal‐
vezza alla sua famiglia: “Quando nel 1944
i tedeschi iniziarono a ispezionare la cam‐
pagna veneta ‐ spiega Marco Salvadori Ju‐
nior, nipote del Marco salvato da Badini ‐
la famiglia di mio nonno, che nel frattempo
si era nascosta a San Vito di Valdobbiadene,
decise di scappare a San Donà e di chiedere
rifugio al conte”.
Gustavo, che si occupava, tra le altre cose,
di nascondere le armi e il materiale bellico
che i sottomarini americani scaricavano
sulle spiagge tra Caorle e Jesolo, accolse la
famiglia sotto il suo tetto. Purtroppo, a se‐
guito di una denuncia anonima, venne suc‐
cessivamente arrestato, malmenato e infine
fucilato. Il percorso di riconoscimento del
conte Badini ha inizio in un pomeriggio di due anni fa, durante un incontro con
Marco Salvadori, invitato dalle maestre del Talmud Torah di Venezia per raccontare
ai ragazzi la sua esperienza di rifugiato e combattente per la libertà.
Negli ultimi anni di vita Marco visitava le scuole come testimone, portando con
sé una valigetta nella quale teneva gli oggetti più significativi di quel periodo.
La valigetta conteneva documenti e foto, ma anche un fazzoletto da collo tricolore
con la sigla dell’Anpi e un berretto della Wehrmacht. Marco lo indossava rovescio
in segno di protesta e vi aveva fatto cucire
una fodera rossa, simbolo delle brigate par‐
tigiane garibaldine a cui aveva aderito.
Un oggetto gli era però particolarmente ca‐
ro: la tessera di adesione al Comitato di Li‐
berazione Nazionale su cui aveva apposto
la foto del conte Badini, l’uomo che rappre‐
sentava il perno di quell’esperienza. Decide
così, su spinta di un’iscritta della Comunità
di origine israeliana, Anat Shriki, di attivare
le pratiche per il riconoscimento presso Yad
Vashem. Una storia personale che acquisisce
il valore di messaggio universale. Il mes‐
saggio di tutti coloro che hanno subito le
persecuzioni. A nome di tutti coloro che
con coraggio si sono opposti e hanno par‐
tecipato alla lotta contro l’oppressore.
Italia Ebraica
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la voce delle Comunità
PARMA
EBRAICA
Il modo migliore per festeggiare il nuovo anno? Mettersi all'Opera
Una trentina di partecipanti da tutta Italia, la voglia di conoscersi e stare assieme, la sfida di dare nuova vitalità a una Comunità piccola nei numeri ma
grande nell'accoglienza. Nel racconto di Miriam Camerini uno spaccato dell'intenso Shabbaton svoltosi a Parma per Rosh haShanah, il capodanno ebraico.
di Miriam Camerini
“Pèntiti! No! Pèntiti! Noooo!”
E' vero: siamo a Parma, la città del melo‐
dramma, ma mica al Teatro Regio! E allora
perché il Commendatore sta cercando di con‐
vincere a fare teshuvà un Don Giovanni che
chiaramente non ne vuole sapere? È vero an‐
che che è il secondo giorno di Rosh haShanah,
quindi il periodo sarebbe particolarmente
propizio, ma non sono sicura che l'impeni‐
tente di Siviglia segua il calendario ebraico...
Al massimo ci darà un'occhiata fugace, giusto
per organizzarsi con le serenate al chiaro di
luna.
Siamo nella sala da pranzo del circolo culturale La
città Si Nota, abbiamo appena finito di consumare il
quarto pasto consecutivo a base di riso e pollo, il vino
non manca... Sarà questo ad aver dato alla testa ad
alcuni commensali, tanto da spingerli a improvvisare
un duetto operistico, diretti dal Maestro Riccardo Ye‐
hoshua Moretti, vicepresidente della Comunità? Ve‐
diamo... I “commensali” sono una trentina di giovani
e meno giovani ebrei milanesi e romani, affiancati
da rappresentanti di comunità minori, come Bologna,
o inesistenti come Saronno e Castelfranco Veneto.
Due partecipanti tedesche e un'allegra tavolata di
studenti israeliani completano il variopinto quadro.
L'atmosfera è serena e solenne assieme: per la prima
volta da molti anni la comunità e, di conseguenza, il
Beth Haknesset di Parma vedono i loro locali popolati
e vissuti. Le tefillot vengono equamente ripartite fra
officianti romani e milanesi, affinché tutti i riti siano
rappresentati e ognuno possa ascoltare le melodie
cui è più affezionato. I pasti sono occasione di do‐
mande complicate, discussioni profonde, canti e risate.
Il poco tempo che rimane, fra mangiare, pregare e di
nuovo mangiare, è dedicato a rapide passeggiate nelle
vie pedonali del centro storico. Il laghetto del Parco
Ducale offre una splendida location per un raffinato
Tashlich sul far del tramonto. Le statue di soggetto
mitologico che abitano l'isola credevano di avere visto
tutto negli ultimi 300 anni di immobilità, ma eviden‐
temente si sbagliavano: il gruppetto che arriva in
fretta e alla rinfusa, recita frasi incomprensibili e poi
si rivolta le tasche davanti al lago riesce ancora a stu‐
pirle.
La vera ragione di tanta allegria creativa è, io credo,
la sensazione di star trasformando una ricorrenza
come Rosh HaShanah, tradizionalmente legata a con‐
suetudini famigliari, sedarim con parenti e amici e
lunghe tefillot caotiche, in una vera occasione di ri‐
flessione su noi stessi, un'esperienza originale e per‐
BOLOGNA
EBRAICA
Quei segni che raccontano il Creato
Il Museo ebraico di Bologna aderisce anche quest'anno a Sbam! cultura a porte aperte, iniziativa organizzata dall'Assessorato alla Cultura e Pari Opportunità della Provincia. In programma al Museo,
domenica 11 novembre alle 16, l'evento Me Alef ad Tav: dalla A alla Z. Scopo dell'iniziativa è quello
di guidare il pubblico bolognese nei complessi meandri della scrittura ebraica.
"La tradizione ebraica - spiega Ahronee
Nahmiel, docente del Meb - afferma che le
ventidue lettere dell'alfabeto ebraico non
sono segni arbitrari e secondo la Cabbala
erano preesistenti alla stessa creazione
del mondo. Ognuna di esse è uno strumento attraverso il quale un intero settore della creazione fu formato e fatto, combinazioni di lettere Dio emanò, creò, formò e
fece ogni cosa che esiste nei mondi spirituali e materiali". È per questo che la tradizione ebraica attribuisce al proprio alfabeto un valore spirituale ed etico che
non si riscontra in nessuna altra lingua: "Ogni lettera – prosegue Nahmiel – possiede una forma, un
nome e un valore numerico. Ognuno di questi tre elementi può venir studiato su piani diversi, ogni
lettera diventa quindi uno strumento di meditazione, contenente l'insegnamento morale o pratico
che ne deriva". L'ingresso all'incontro è gratuito.
sonale, da vivere introspettivamente, ma al tempo
stesso da condividere completamente con chi ci sta
accanto, siano vecchi amici o nuovissime conoscenze.
Per fare questo ci vuole un territorio nuovo e incon‐
taminato. La Comunità di Parma, purtroppo deserta
da tempo, si presta perfettamente allo scopo. Un Beth
Haknesset vuoto è uno spazio da riempire, un luogo
che induce alla creatività, a un rapporto nuovo con
la tefillà e con il Moed (nel senso proprio di appun‐
tamento) che ci ha portati ad essere lì. In breve, è
un'occasione unica. Se poi lo spazio è vuoto, ma un
tempo è stato pieno, la responsabilità di redimere
una realtà apparentemente immodificabile
e la sensazione di appartenere a una catena
infinita di generazioni riscaldano ulterior‐
mente l'anima.
Ma non è solo questo a fare di Parma la co‐
munità ideale per un Rosh haShanah pro‐
fondamente significativo: il suo presidente,
Giorgio Yehudà Giavarini, è uomo dall'animo
chassidico, dotato di una forza vitale e di una
energia positiva tali che sembrano uscire dal‐
la penna dei narratori di grandi storie di pic‐
coli villaggi dell'Europa orientale. Lo sguardo
ironico e divertito con cui guarda il mondo
sono contagiosi e la voglia di fare per il pros‐
simo scaturisce spontaneamente in chi gli
sta accanto per più di dieci minuti. Accanto a lui nel
grande progetto di rinascita della Comunità troviamo
appunto Moshe Polacco, consigliere Ugei e pioniere
del ripescaggio di ebrei lontani e sparsi sul territorio.
Dopo la splendida esperienza di Rosh haShanah e
due cene di Sukkot che hanno riempito la sukkà di
ospiti e di calore, il futuro promette più che bene:
chissà che il duetto improvvisato a tavola non diventi
presto, complice una delle città più artisticamente
vivaci d'Italia, una vera e propria produzione teatrale?
Preparate binocoli e ventagli: noi ci siamo già messi
all'Opera!
NAPOLI
EBRAICA
A Salerno apre il Museo dello Sbarco
di Miriam Rebhun
Sessantanove anni fa Salerno e il suo litorale, da Pae‐
stum a Maiori, sono stati il teatro dello sbarco degli
Alleati. La massiccia invasione anfibia, denominata
operazione Avalanche, seconda solo allo sbarco in
Normandia del 6 giugno
1944, è stata ricordata negli
scorsi giorni a Salerno, in
via Clark, la strada intitolata
al famoso generale ameri‐
cano, nell’appena nato Mu‐
seo dello Sbarco e Salerno
capitale.
La struttura, ospitata nei lo‐
cali della Regione Campania
e inaugurata dal sottosegre‐
tario ai Beni culturali Giam‐
paolo D’Andrea e dal conso‐
le americano di Napoli Do‐
nald Moore, ha lo scopo di
mantenere la memoria del‐
l’importante ruolo che la
città campana ha ricoperto
nella fase più cruciale e con‐
clusiva della seconda guerra
mondiale.
Va all’associazione Parco
della Memoria della Campania, ideata e proposta
con passione dal giornalista di Repubblica Edoardo
Scotti e presieduta da Nicola Oddati, professore di
Storia Contemporanea presso l’Università di Salerno,
il merito di aver raccolto oltre duecento reperti, me‐
daglie d’onore, divise militari, giornali ufficiali e
clandestini, un elmetto del‐
la divisione Goering, vec‐
chie baionette anglo – ame‐
ricane, una bomba molto
rara di oltre mille libbre, un
carro armato Usa del 1943,
un M4 Sherman di 35 ton‐
nellate ancora in perfette
condizioni e di aver illustra‐
to gli avvenimenti del D‐
Day campano con toccanti
e significative foto d’epoca
e con esaurienti pannelli
esplicativi.
Tutto questo fa della mo‐
stra un utilissimo supporto
didattico per docenti e stu‐
denti di ogni ordine e grado
e può costituire un polo di
attrazione, così come avvie‐
ne in Normandia, per un
turismo interessato alla vi‐
Italia Ebraica
novembre 2012
pag. 5
la voce delle Comunità
LIVORNO
Ravà, l'amico di Garibaldi
Nei giorni tra Rosh haShanah e Yom Kippur l'amministrazione comunale di Parma
e la Comunità ebraica hanno voluto onorare la figura di Eugenio Ravà, fervente
patriota garibaldino sepolto nella sezione ebraica del cimitero monumentale
della Villetta in una tomba appena restaurata dal Comune. Nato a Reggio nell'Emilia nel 1840, Ravà prese parte alla spedizione dei Mille e, a fianco degli unionisti del generale Grant, anche alla guerra di secessione americana. Combattè
inoltre a Mentana e, a fianco di Garibaldi, fu tra i volontari dell'Esercito dei Vosgi
che prestarono aiuto alla Terza Repubblica nella guerra franco-prussiana. Nell'elenco ufficiale dei partecipanti all'impresa, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale
del Regno d'Italia
del 12 novembre
1878, lo si trova
al numero 827.
Sulla sua lapide
parmigiana sono
invece incise alcune parole di
una lettera in cui
lo stesso Garibaldi, ricordando i
molti meriti del
capitano Ravà, lo
raccomanda ad
alcuni amici in
America durante il suo esilio. A rendergli omaggio, tra gli altri, il sindaco di Parma
Federico Pizzarotti, il direttore dell'archivio storico comunale Roberto Spocci, il
presidente della Comunità ebraica Giorgio Yehuda Giavarini, il suo vice Riccardo
Yoshua Moretti e il rav David Sciunnach.
Presente alla cerimonia anche un discendente di Eugenio, il noto artista veneziano
Tobia Ravà, che nell'occasione ha ricordato il contributo offerto da numerosi
suoi familiari alle lotte risorgimentali.
EBRAICA
Nuovo Sefer Torah, festa grande in sinagoga
---------------------------I segue da pag. 1 I-------------------------Paolo Toaff z.l., Laura Castelfranchi z.l., Lina Fargion z.l. e Luisa
Fargion z.l., persone che vengono ricordate per la loro retti‐
tudine morale, spirituale e umana. In questi ultimi anni ho
sentito spesso spendere parole di profonda stima e affetto nei
confronti di Paolo Toaff così come per le signore Fargion, tra‐
mite l'estratto della lettera di un loro parente. Sono sicuro che,
pur non avendola conosciuta, anche Laura Castelfranchi avrà
trasmesso la stessa positività alle persone che hanno avuto
l'onore di incontrarla nell'arco della propria vita. Ha preso
infine la parola il sofer, ovvero colui che si è occupato del duro
lavoro di scrittura del Sefer, rav David Barabi, il quale ha au‐
spicato il bene per la comunità con l'ingresso del “nuovo”
rotolo sacro e ha spiegato che i lavori di scrittura possono du‐
rare anche più di un anno.
Successivamente i due rabbini hanno invitato i presenti a par‐
tecipare alla cucitura del sefer e alla scrittura di una delle
ultime lettere: una grande mitzvà che viene eseguita tramite
l'aiuto dello stesso sofer.
La partecipazione alla scrittura è, a mio avviso, la testimonianza
del legame indissolubile che lega noi stessi, indipendentemente
dall'essere più o meno osservanti, alla Torah e ad Hashem.
Sentiti ringraziamenti sono stati fatti anche a Yoram Kufert e
a Dor Bar, che ci hanno accompagnati, con l'utilizzo di strumenti
musicali, nei festeggiamenti dentro e fuori il Tempio. La ceri‐
monia si è conclusa con la recitazione di Minchà e un buffet
offerto a tutti i presenti. E le sorprese non finiscono qua: il 28
ottobre, in occasione del 50esimo anniversario della ricostru‐
zione del Tempio di Livorno, è previsto l'arrivo di un ulteriore
Sefer Torah!
Posso dire e, a buon diritto pensare, che il susseguirsi di eventi
così lieti, in così poco tempo, possa essere visto come un piccolo
“miracolo”, ma sopratutto come il continuo della tradizione
ebraica la quale ha come pilastro centrale, della propria esi‐
stenza, la Torah, fonte inesauribile di sapienza e insegnamento
per il popolo ebraico.
oltreconfine
FIUME EBRAICA
Omaggio a Marcel Tyberg
sita di luoghi di particolare interesse storico, con
ricadute occupazionali ed economiche apprezza‐
bili.
Ma il progetto Parco della Memoria della Campania
non si ferma qui: le prossime tappe sono la messa
in rete di tutte le realtà espositive già esistenti sul
territorio, come quelle di San Pietro Infine, di
Eboli e del costituendo Museo di Napoli intitolato
alle Quattro giornate e alla Resistenza, che sarà
allestito entro il 2013 nella sala Gemito della gal‐
leria Principe di Napoli, concessa dal Comune in
una recente delibera; ed ancora il Museo delle
stragi naziste a Caserta.
Una realizzazione quanto mai necessaria perchè,
come ha ricordato la storica Gabriella Gribaudi,
autrice del saggio Guerra totale, 1940‐44 Napoli
e il fronte meridionale tra bombe alleate e violenze
naziste, l’Italia del Sud nel secondo conflitto mon‐
diale ha pagato un prezzo altissimo che risulta an‐
cora poco studiato e conosciuto.
Nel suo intervento, infine, Edoardo Scotti, rivol‐
gendosi al Console americano, e al folto pubblico
di cui facevano parte rappresentanti delle istitu‐
zioni, delle gerarchie militari, delle associazioni
partigiane, dell’università, del giornalismo e una
delegazione della Comunità ebraica partenopea
guidata dal presidente Pier Luigi Campagnano, ha
auspicato per l’anno prossimo, settantantesimo
anniversario dello sbarco, una visita del futuro
presidente statunitense.
Incrociamo le dita e auguriamo un brillante futuro
al neonato Museo e all’Associazione impegnandoci
a fornire come Comunità ebraica la nostra colla‐
borazione, anche nella speranza che si possano
raccogliere in futuro dati significativi sulla presenza
e sull’opera dei volontari del Palestine Regiment
che in quei giorni febbrili affiancarono gli Alleati
e portarono un efficace aiuto e un inaspettato
conforto anche alla piccola Comunità nella sua fa‐
ticosa opera di riorganizzazione dopo le rovine e
i lutti della guerra.
Sarà il Presidente della repubblica croata Ivo Josipovic, egli stesso musicista e compositore, assieme
alle massime autorità di Zagabria a rendere omaggio
al grande compositore Marcel Tyberg, deportato dalla Comunità ebraica di Abbazia amministrata dalle
forze italiane e quindi dai tedeschi e ucciso ad Auschwitz. La terza sinfonia del musicista di origine
viennese sarà eseguita questo 24 novembre a Fiume,
nel teatro nazionale Ivan Zajc in anteprima europea,
proprio sulla riva adriatica del Quarnero dove fu
composta.
L'omaggio a Tyberg, che prevede anche l’allestimento
di una mostra storica, toccherà il suo apice con il
solenne concerto aperto alla cittadinanza. Un'iniziativa di grande significato per la Comunità ebraica
fiumana e per tutti i fiumani in esilio.
Direttrice d'orchestra sarà Mo JoAnn Falletta della
Buffalo Philarmonic Orchestra, la prima orchestra
sinfonica ad occuparsi della riscoperta e della valorizzazione internazionale dell’opera di Tyberg.
Italia Ebraica
pag. 6
novembre 2012
la voce delle Comunità
FIRENZE
EBRAICA
Da Praga all'Arno: le emozioni di un incontro inaspettato
di Simcha Jelinek
Levi e Jona
fanno cento
Doppio straordinario festeggiamento
a Firenze con l'ingresso quasi contemporaneo di due iscritti nel ristretto
circolo dei centenari: il cavalier Ugo
Jona, ex partigiano noto anche per
l’impegno di Memoria profuso a partire dal primo dopoguerra, e il dottor
Elio Levi, storico moel (circoncisore)
della Comunità ebraica. In loro onore
la Comunità ha offerto un kiddush e
i festeggiamenti, almeno per Levi, che
nel suo mitico taccuino ha registrati
i nomi di centinaia di ebrei fiorentini
circoncisi nel corso di oltre 40 anni di
attività, sono proseguiti anche nella
vicina casa di riposo Settimio Saadun
(nell'immagine lo spegnimento delle
candeline insieme ai suoi cari).
“Il cavaliere Jona e il dottor Levi –
spiega il presidente della Comunità
ebraica Guidobaldo Passigli – sono
due persone ‘di famiglia’ che hanno
segnato fortemente i loro anni e verso
cui nutriamo tutti un sentimento di
riconoscenza per gli alti insegnamenti
e valori che ci hanno voluto trasmettere.
Poterli festeggiare insieme è un privilegio, un'occasione che non capita
certo tutti i giorni”.
Immaginate di aver scritto nella vostra carta identità
come professione “burattinaio”. Difficile? Nella mia è
scritto proprio così. E non è facile. Ma cosa deve scriverci
uno, che fa il burattinaio di professione, dopo che si è
laureato come tale dopo la quotidiana frequentazione
dell'Università – Accademia delle arti drammatiche a
Praga?
Uno dei primi studenti a laurearsi al Damu fu Jan Svan‐
kmajer. Un artista di fama mondiale, regista di film di
animazione da primi anni Sessanta ad oggi. Ogni film
un successo, ogni film un messaggio profondo. Ogni film
un capolavoro del surrealismo, ogni film un elogio della
semplicità. Noi, giovani studenti negli anni Settanta, vi‐
sitavamo di nascosto il suo atelier. All'epoca il suo nome
era tra quelli degli artisti “all'indice”. La sua colpa? Si
era rifiutato di correggere alcuni lavori secondo le in‐
dicazioni del potere. Tanto era inutile.
Dove si potevano vedere le sue opere? Voi, che avete
youtube e wi fi a disposizione non vi potete, grazie al
cielo, neanche figurare la fatica e il rischio che si correva
A sinistra il maestro Jan Svankmajer, tra i grandi nomi del cinema surrealista, mentre firma il libro degli
ospiti del ristorante di Simcha. A destra un momento della performance di burattini che il suo
antico allievo praghese gli ha voluto dedicare in occasione del loro incontro a Firenze.
nel mettersi alla ricerca di un “pezzo” proibito. Lo stesso
discorso vale per la musica o per un libro. Ecco, Svan‐
kmajer era un maestro del coraggio, dell'arte di espri‐
mersi liberamente e coerentemente con la sua filosofia
di vita. Un maestro del rispetto del materiale.
FORTE DEI MARMI - Una luce di ebraismo con vista sulle Apuane
Tra i canti di vari volatili e l'ombra degli alberi, durante lo Shabbat, nel momento di naghdisha, il punto massimo di elevazione, si ha l'impressione che
anche gli alberi
si inchinino all'Altissimo. In
questo giardino
verde, durante
la stagione estiva che si è appena conclusa, sono state collocate due tende con un centinaio di sedie. Le tende ricordavano le tende di Avraham Avinu. È per questo
motivo che chiamo affettuosamente Shalom Meta
“il figlio di Avraham Avinu”.
Shalom e sua moglie, sempre ospitali e accoglienti,
VERCELLI
EBRAICA
La stagione riparte con la Svoboda Orchestra
La Comunità ebraica di Vercelli ha aperto il
calendario delle attività per l'anno 5773 con
un nuovo incontro nel segno della cultura e
del dialogo. Numeroso infatti il pubblico che
ha risposto al richiamo della Svoboda Orchestra che, nella sinagoga vercellese, ha offerto
una brillante performance di musica e canti
tradizionali yiddish, ebraici e rom. L'iniziativa,
proseguimento del ciclo di appuntamenti Via
Foa in concerto, si inserisce nell'agenda del
Tavolo di Lavoro per Vercelli Città d'Arte recentemente sottoscritto dal presidente della
Comunità ebraica Rossella Bottini Treves insieme agli altri principali attori cittadini della
vita culturale, sociale e religiosa.
in mezzo al deserto della Versilia hanno acceso per
noi il lume dell'ebraismo. A farci visita, molto gradita,
anche il parroco di Forte dei Marmi.
Un sentito ringraziamento ai Meta, ai Galante, al rav
Hadad, alla sua famiglia e a tutti coloro che hanno
partecipato alle funzioni.
Moshe Farshad
Nella sua scelta rimane fedele all'amore per il legno,
per la plastilina, per il tanto espresso con poco. Se volete
regalarvi qualche emozione forte allora digitate il suo
nome su youtube. Guardatelo con concentrazione e in
silenzio, per favore. E dopo capirete la mia felicità nel
rincontrarlo dopo tanti anni alla porta del ristorante
con i suoi amici di Praga. A Firenze Svankmajer ha in‐
contrato il direttore degli Uffizi, Antonio Natali, ha vi‐
sitato la Galleria vasariana, e pochi minuti dopo, con la
Venere di Bottticelli ancora negli occhi, era nel mio locale
ad assistere a uno spettacolo di burattini in suo onore.
Maestro e allievo insieme, dopo 40 anni.
Auguro a tutti voi una simile emozione, preziosa e coe‐
rente con l'esperienze di “studio in chavruta”, di studio
senza gerarchia, di studio in continuo scambio di idee
e di rispetto. Buona visione.
TRIESTE
EBRAICA
In scena alla Risiera il genio di Ullmann
Concepita nel ghetto di Terezin tra il 1943 e il 1944,
all'apice della violenza nazifascista nei confronti
delle popolazioni ebraiche d'Europa, l'opera Der
Kaiser von Atlantis (L'imperatore di Atlantide) del
compositore cecoslovacco Viktor Ullmann ha avuto
una storica rappresentazione alla Risiera di San
Sabba, a Trieste.
Una novità assoluta in un così drammatico e signi‐
ficativo contesto: è la prima volta infatti che que‐
st'opera visionaria, fortemente influenzata dal teatro
di Kurt Weill, è stata portata in scena in un campo
di concentramento, l'unico in Italia che ha avuto un
forno crematorio funzionante.
La serata, ad ingresso gratuito, è stata organizzata
dall'associazione Musica Libera in collaborazione
con il Comune di Trieste, la Regione Friuli Venezia
Giulia, la Fondazione Casali e Radioshalom.
"L’idea di metterla in scena ‐ ha spiegato il direttore
Davide Casali, coadiuvato alla regia da Lino Mar‐
razzo ‐ nasce dalla volontà di far conoscere la Shoah
attraverso l’arte e la cultura. La musica diventa sal‐
vezza contro le violenze naziste. La memoria deve
rimanere viva, un monito costante". L'ottima risposta
del pubblico presente, numeroso e coinvolto, ha te‐
stimoniato l'interesse per questa nuova forma di
sperimentazione artistica legata alla Memoria.
Terezin, come noto, era il campo dei musicisti, artisti,
pittori, poeti, il campo che il Terzo Reich designò
come modello e mostrò alla croce rossa interna‐
zionale dimostrando che in realtà gli ebrei nei campi
"stavano bene" ed erano trattati bene con cibo, ac‐
qua e "cultura". Der Kaiser con Atlantis non venne
Italia Ebraica
novembre 2012
pag. 7
la voce delle Comunità
CASALE
Shorashim conquista la Capitale
Prima prova in trasferta per Shorashim, commovente e intenso spettacolo teatrale sul
tema della Memoria dei ragazzi del Talmud Torah di Firenze. I giovanissimi attori agli
ordini di Johara Breda sono stati infatti protagonisti a Roma in occasione dell'evento “I
nonni scrivono, i giovani leggono” che ha avuto luogo al Centro ebraico Il Pitigliani alla
vigilia del 69esimo anniversario del rastrellamento nazifascista al Portico d'Ottavia. Una
giornata interamente dedicata al passaggio di testimone tra le generazioni, quella vissuta
al Pitigliani, che è
aperta con l’intervento
sviluppato dal rav Roberto Colombo a partire dall’imperativo
ebraico Zakhor – ricorda – è proseguita in
compagnia di Fabio
Isman, Roberto Olla e
Nando Tagliacozzo con
la presentazione del
progetto Memorie di
Famiglia e ha avuto come momento conclusivo l'attesa performance fiorentina.
Shorashim racconta di
un gruppo di adolescenti e della loro ricerca di un regalo per Nathan, l’amico 13enne “passato” Bar Mitzvah. Non un dono tangibile, si scoprirà, quanto la piena consapevolezza delle proprie radici e l’eredità di una
storia che emerge dagli incubi del passato e in cui finiranno tutti per immedesimarsi. È
un dono, fatto all’amico ma anche e soprattutto a se stessi, che cambierà il modo di
pensare di questi ragazzi, li farà maturare, diventare adulti.
Lo spettacolo dovrebbe essere prossimamente riproposto anche in altre città.
mai eseguita. Con la rappresentazione a San Sab‐
ba, come ha scritto Carla Reschia sulla Stampa,
Ullmann è così idealmente tornato a Trieste. Ai
piedi del Carso il compositore svolse infatti nel
EBRAICA
Leo Levi, l'omaggio del suo Piemonte
Da oltre un decennio le attività
culturali della Comunità di Casale
si dipanano, con cadenza settimanale, nei mesi autunnali e primaverili con grande ricaduta sul territorio.
Nate dal desiderio di mettere a disposizione della città e del territorio la cultura, l’arte e la spiritualità ebraica, propongono, sotto
differenti angolature, valori e tradizioni che nel Monferrato hanno
radici antichissime.
Gli incontri sono un richiamo consolidato e autorevole per i visitatori di Casale e del Monferrato,
una vetrina apprezzata dagli ospiti italiani e stranieri che accolgono
l’invito e trascorrono una domenica pomeriggio nel Cortile delle
Api o in Sinagoga.
Nel centenario della nascita di Leo
Levi è tornata a Casale la figlia
Yaala Levi Zimerman, con lei Alberto Cavaglion e Arturo Marzano. Leo Levi era, sotto diverse angolature un personaggio scomodo:
osservante di sinistra, critico
d’Israele inviso all’establishment,
amico di La Pira e di Buber. Al folto pubblico gli oratori hanno offerto inediti racconti e immagini
degli anni casalesi del musicologo,
chiavi di lettura degli scritti politici
e un excursus sul lavoro scientifico
di Leo Levi che, meglio di chiunque
altro, tra il 1954 e il 1961, documentò la varietà delle musiche tradizionali degli ebrei in Italia grazie
a una imponente opera di raccolta
di registrazioni etnografiche. Leo
Levi produsse, in più di ottanta sedute di registrazione negli studi
radiofonici della Rai, in sinagoghe
e case private, oltre mille brani
che costituiscono la Raccolta 52
degli Archivi di etnomusicologia
dell’Accademia nazionale di Santa
Cecilia. I materiali coprono canti
liturgici e paraliturgici, eseguiti
senza accompagnamento strumentale da circa cinquanta informanti, testimoni di ventisette di-
verse tradizioni sinagogali, di rito
italiano, sefardita e ashkenazita,
conservate nella tradizione orale
di oltre venti località italiane.
Le registrazioni di Leo Levi non
solo documentano un repertorio
musicale ebraico distinto da tutti
gli altri, autonomo rispetto al panorama sonoro della diaspora, ricco di complessità intrinseche, ma
anche e soprattutto sono per la
maggior parte l’unica testimonianza rimasta delle musiche di
tradizione ebraica conservate
oralmente in molte comunità italiane. Negli anni Cinquanta, quando Levi effettuò le sue registrazioni, solo alcune delle comunità italiane avevano ancora tradizioni
musicali autonome, fu comunque
in grado di localizzare testimoni
della tradizione orale di comunità
ancora attive come Casale, Cuneo
e Siena e di altre praticamente
estinte, come Acqui, Fossano e
Moncalvo, Pitigliano e Reggio Emilia.
Claudia De Benedetti
1918 il servizio militare per l’esercito asburgico
e sempre a Trieste si appassionò alle opere di
Rilke, tenendo a Barcola numerosi concerti di
beneficenza in aiuto agli orfani di guerra.
Per un errore della redazione l'immagine della Giornata europea della cultura ebraica a Firenze pubblicata sull'ultimo
numero del giornale è uscita senza credito fotografico. Ce ne scusiamo con l'autrice, Noemi Coen.
UN GIORNALE APERTO
AL LIBERO CONFRONTO
DELLE IDEE
HATIKWA
Unione Giovani Ebrei d’Italia
direttore Simone Disegni
HaTikwa – periodico di attualità e cultura dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia | [email protected] – www.ugei.it | supplemento a Pagine Ebraiche - n. 11 - 2012 reg. Tribunale di Roma 218/2009 ISSN 2037-1543 (responsabile a termine di legge: Guido Vitale)
Diamo Should I stay or should I go – Qui Berlino
i numeri
Mentre continua il nostro tour virtuale alla
scoperta delle città d’Europa (e non solo) dove
tanti giovani ebrei italiani si sono stabiliti, chi di
passaggio, chi un po’ meno – questa volta ci soffermiamo su Berlino –
proseguono incessantemente le attività nelle
nostre Comunità. Terminata la vera e propria
abbuffata di feste delle
scorse settimane (quelle
che segnano il mese di
Tishri e il nuovo anno,
ben inteso, non quelle di
Fiorito & co.), registriamo con emozione che oltre seicento ragazzi in
tutta Italia hanno preso
parte a una delle dieci
cene/pranzi in Sukkah
tenutisi in altrettante città nell’ambito dell’iniziativa Italia unita per Sukkot (qui accanto Giulia
ci racconta quello speciale avvenuto a Padova). Un ringraziamento
sentito a tutti i gruppi (e
individui) locali che hanno contribuito a questo
successo capillare. Obiettivo: riunire tutti i partecipanti a queste diverse
occasioni sotto il tetto di
una sola Comunità, quella di Firenze, dal 2 al 4
novembre prossimi, in
occasione del Congresso
ordinario UGEI e della
gran festa per il suo diciottesimo. Tutte le info
per iscriversi sul nostro
gruppo Facebook o contattando [email protected].
Non mancate!
La redazione
“Berlin? Arm, aber sexy”, Berlino è povera
ma sexy: questo diffuso detto fu coniato dal
sindaco della metropoli tedesca Klaus Wo‐
wereit. Nonostante sia la capitale dello Stato
tedesco, la sua città più estesa e popolosa,
quella più internazionale, più affascinante,
la più ricca di storia, la più turistica e vivace,
Berlino è anche (e di gran lunga) la città più
povera della ricca Germania. Il motore pro‐
duttivo e finanziario del paese è il centro‐
sud: l'industria e le grandi banche hanno se‐
de in Baviera, Baden‐Württember, Assia e
Nordreno‐Vestfalia. Lassù invece, in quel di
Prussia, landa di nebbia e paludi al confine
con la Polonia, teatro dei maggiori avveni‐
menti politici d'Europa degli ultimi due se‐
coli e mezzo, sembra ce la si prenda più con
calma. Con buona pace dell'immaginario che
vuole i tedeschi ligi e zelanti, chi capiti a Ber‐
lino potrà sorprendersi di trovare ritmi di
vita rilassati, mediterranei. Il berlinese‐tipo
ha sui trent'anni, passa molto tempo nelle
birrerie (o meglio, Kneipe), nei cinema d'es‐
sai, nelle librerie, nelle gallerie (e in tutti
questi posti fuma molte sigarette, visto che
è consentito); ha velleità artistiche e/o po‐
litiche, pochi soldi in tasca e preferisce go‐
dersi la vita piuttosto che preoccuparsi del
miglioramento futuro del proprio status so‐
ciale. Se in tutta la Germania si cena alle sei
e mezza del pomeriggio, non è facile vedere
berlinesi sedersi a tavola prima delle nove.
Mi correggo: non è facile vedere berlinesi
punto. Delle persone con cui capita di fare
conoscenza in contesti urbani ordinari – me‐
tropolitana, università, caffè – circa il 10 per
cento è nato in questa città. Il tasso di stra‐
nieri è elevatissimo, e i tedeschi vengono da
tutto il paese. Berlino è una delle città con
l'immigrazione più ingente d'Europa – le
rappresentanze più nutrite, oltre a quelle
bassi – 270/300 euro per una stanza, metà
o meno che a Roma, Parigi, Londra o Bar‐
cellona; servizi pubblici di teutonica eccel‐
lenza – trasporti, scuola e università in pri‐
mis; offerta culturale e ricreativa per tutti i
gusti – dalla musica classica dei Berliner
Philarminoiker ai templi dell'elettronica
storiche turca e polacca, sono quelle più re‐
centi spagnola, greca, israeliana e italiana –
Ma cosa va a cercarvi esattamente tutta que‐
sta gente? Non lavoro, principalmente, giac‐
ché il tasso di disoccupazione è il più alto
della Germania. Nemmeno la buona gastro‐
nomia, si spera. Più probabilmente affitti
quali Watergate e Berghain, dalla sterminata
pinacoteca d'arte rinascimentale e moderna,
la Gemäldegalerie, ai mille centri sociali adi‐
biti ad atelier avanguardistici; fermento so‐
ciale – vegani e vegetariani, femministi e
queers, squatter sovversivi o solo festaioli,
bio‐mangianti e occup(y)anti trovano qui
la loro casa; birra economica – 70 centesi‐
mi/un euro! C'è chi, maligno, sostiene che
Berlino sia un enorme parco‐giochi, una ca‐
pitale politica e culturale mantenuta dal re‐
sto del paese.
Ma da dove arriva questo clima così lieve?
Si sospetta che questa nuova vocazione po‐
stmoderna sia la maniera che Berlino ha
escogitato per convivere con il fardello sto‐
rico che porta sulle spalle, e che si percepi‐
sce ogni giorno nelle strade, nelle facciate
dei palazzi, negli spazi vuoti enormi nel cen‐
tro della città – il Görlitzer Park (foto), tra i
più frequentati, consiste in un grande cratere
erboso creato da una bomba alleata nel 1945
– nei discorsi degli avventori di Kneipe di
cui sopra. Così ha deciso di reinventarsi la
città centrale di quel Brandeburgo prima
guglielmino, poi nazionalsocialista, poi te‐
desco‐democratico. Un'altra ragione è eco‐
nomica: la Germania può permettersi una
capitale così. Lo stato sociale è molto forte,
i sussidi di disoccupazione e gli incentivi de‐
mografici rendono possibile uno stile di vita
e un senso di sicurezza inimmaginabile in
altre città europee in questi tempi di crisi.
Astenendosi in questa sede dal considerare
le politiche estere dei governi tedeschi di
ieri e di oggi, si può tranquillamente affer‐
mare che a Berlino si trova il più chiaro
esempio di solidarietà sociale nell'ambito
di un sistema economico liberista.
Manuel Disegni
Nuove sfide, nuovi traguardi – Un'emozione chiamata Gep
Un altro traguardo raggiunto, un’altra soddisfazione per Padova! Anche il Gep insieme a tante altre città e gruppi locali
italiani, ha partecipato all’iniziativa dell’UGEI Italia unita per
Sukkot con grande successo. Abbiamo colto l’occasione però
per fare una festa ancora più grande: l’inaugurazione di una
saletta, all’interno della Comunità ebraica di Padova, uno spazio
dedicato a noi giovani e alle nostre attività. L’idea è partita
l’anno scorso in concomitanza con la nascita del Gep stesso ed
è stata subito approvata da tutti. Da quel momento è cominciato
un lavoro intenso che ha richiesto tante energie, che ci ha uniti
e ci ha donato tante emozioni. La progettazione, le gite all’Ikea
e l’improvvisarci carpentieri sono stati i compiti di noi giovani
(abbiamo scoperto che montare divani e libreria non è poi così
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ANCHE SU
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difficile, se ci sono tutti i pezzi!), ma tutto questo non sarebbe
stato possibile senza l’aiuto della Comunità stessa e del consigliere Gina Cavalieri, che hanno organizzato i lavori di restauro
di questa zona. L’inaugurazione è stata un vero successo e ha
visto quasi cento persone tra giovani, padovani e israeliani,
iscritti alla Comunità e rappresentanti del Consiglio UGEI. I discorsi di ringraziamento e l’affissione della Mezuzà hanno dato
il via ad un futuro targato Gep ricco di attività, di cultura e,
ovviamente, di divertimento. Questa saletta è quindi un punto
di arrivo di un processo evolutivo, ma soprattutto un punto di
partenza: ci si vede a uno Shabbaton a Padova prossimamente?
Assolutamente sì!
Giulia Bulzacchi