l`individuazione del responsabile dell`inquinamento e

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l`individuazione del responsabile dell`inquinamento e
Uso del Territorio:
urbanistica, ambiente e paesaggio
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L’INDIVIDUAZIONE DEL RESPONSABILE DELL’INQUINAMENTO E COMPATIBILITÀ CON IL PRINCIPIO
COMUNITARIO DEL “CHI INQUINA PAGA”
dell’Avv. Anna Cinzia Bartoccioni
In caso d’inquinamento di un sito l’obbligo di bonifica dello stesso ricade sul responsabile e, in
presenza di determinati presupposti, sul proprietario dell’area nei limiti del valore del fondo.
Applicazione nel nostro ordinamento del principio comunitario chi inquina paga.
In the case of pollution of a site remediation obligation falls on the same person or, under certain
assumptions, the owner of the area within the limits of the fund's value. Application in our system
of community polluter pays principle.
Sommario: 1. Il responsabile dell’inquinamento. 2. Presupposti per la responsabilità del proprietario del sito. 3. Orientamento TAR Lazio. 4. Compatibilità con il principio Comunitario chi inquina paga.
struttori1.
Il proprietario dell'area non responsabile
dell'inquinamento o altri soggetti interessati
hanno solo la facoltà di effettuare interventi
di bonifica.
L’art. 245 dispone espressamente che “è
comunque riconosciuta al proprietario o ad
altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi dì bonifica necessari nell'ambito del sito in proprietà o disponibilità”.
Qualora, invece, non sia stato possibile individuare il responsabile, né ci sia stato
l’intervento volontario degli altri interessati,
le opere di bonifica sono realizzate, come
previsto dall’art. 250, d'ufficio dal comune
territorialmente competente e, ove questo non
provveda, dalla regione, secondo l'ordine di
priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di
altri soggetti pubblici o privati, individuati ad
esito di apposite procedure ad evidenza pubblica.
Le indagini ed attività istruttorie sono
1. Il responsabile dell’inquinamento.
Il d.lgs. n. 152 del 2008, all’art. 192, vieta
l'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo da cui ne fa discendere l’obbligo,
per chi viola detto precetto, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi.
L’obbligo è posto nei confronti del responsabile dell’inquinamento in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area.
La condizione perché sia riconosciuta la
responsabilità è che l’inquinamento sia imputabile a titolo di dolo o colpa, e l’accertamento deve essere effettuato dai soggetti
preposti al controllo, in contraddittorio con i
soggetti interessati.
L’individuazione del responsabile è prevista altresì dagli artt. 192, 242 e 244 e la giurisprudenza ha sottolineato la necessità del rigoroso accertamento del nesso di causalità fra
il comportamento del "responsabile" ed il fenomeno dell'inquinamento, affermando che
tale accertamento deve essere fondato su una
adeguata motivazione e su idonei elementi i-
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CdS, VI, 5.9.2005, n. 4525.
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svolte dalla provincia, che si avvale della
competenza tecnica dell'Agenzia regionale
per la protezione dell'ambiente e si coordina
con le altre amministrazioni
Il riferimento espresso introdotto dal legislatore ad una corretta e completa istruttoria
da parte della Provincia, costituisce espressione di un principio che la giurisprudenza
aveva
già introdotto
ancora prima
dell’emanazione del codice dell’ambiente il
Consiglio di Stato aveva enunciato il seguente principio: «L'amministrazione mentre ben
può, sulla base della normativa specifica di
riferimento, vigilare sui privati proprietari
perché si attengano al puntuale rispetto di tale normativa per evitare ogni forma di inquinamento dei terreni, non può certamente fondandosi sull'erronea applicazione dei generali principi civilistici (artt. 2050 e 2051
c.c.) - imporre ai privati medesimi, che non
hanno alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato ma che vengono
individuati solo in quanto proprietari del bene, lo svolgimento di attività di recupero e di
risanamento (attività peraltro prive di ogni
programmazione e di concrete modalità di
intervento)»2.
competente ad aver eseguito gli interventi
(l'onere reale non sussiste se la bonifica viene
realizzata da altro soggetto privato interessato
non responsabile) e il diritto del comune a recuperare le spese nei confronti del proprietario mira a impedire un suo ingiustificato arricchimento;
- il comune deve dimostrare l'impossibilità
di individuare il responsabile ovvero, ove individuato, l'impossibilità o l'infruttuosità di
agire in rivalsa contro di lui;
- in ogni caso, l'esborso che grava sul proprietario in forza dell'"onere reale" è limitato
al valore del fondo.
L'amministrazione, se non prova che l'inquinamento riscontrabile nel sito sia imputabile ad esempio alla società che vi svolge attività, ad essa non può essere imposto alcun
obbligo di adottare misure di bonifica in
un'ottica di recupero del sito3.
L'obbligo di bonifica dei siti inquinati grava in primo luogo sull'effettivo responsabile
dell'inquinamento stesso, mentre la mera qualifica di proprietario o detentore del terreno
inquinato non implica di per sé l'obbligo di
effettuazione della bonifica4.
3. Orientamento TAR Lazio.
La giurisprudenza si è espressa in modo
costante riguardo all’illegittimità dell'ordine
di bonifica impartito al proprietario ove non
responsabile della contaminazione5, se ne è
2. Presupposti per la responsabilità del
proprietario del sito.
Inoltre, le amministrazioni che provvedono alla bonifica del sito contaminato, a fronte
delle spese sostenute, si vedono riconosciuto
un privilegio speciale immobiliare sul fondo.
Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato
dell'autorità competente che giustifichi, tra
l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del
soggetto responsabile ovvero che giustifichi
l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa
nei confronti del medesimo soggetto ovvero
la loro infruttuosità. Pertanto, benché le conseguenze dell’inquinamento si riflettono sul
proprietario incolpevole, detta responsabilità
nasce solo in presenza di condizioni ben precise:
- deve essere il comune territorialmente
2
3
CdS, VI, 18.4.2011, n. 2376
In tal senso disponeva la disciplina anteriore all'attuale codice dell'ambiente, vale a dire il d.lgs. 22/1997
(c.d. decreto "Ronchi") ed il d.m. 471/1999, ed allo
stesso modo era orientata la giurisprudenza, si vedano,
fra le tante, TAR Lombardia, Mi, Sez. I, 8.11.2004, n.
5681, per la quale l'ordine di bonifica può essere posto
a carico dei proprietari "solo se responsabili o corresponsabili dell'illecito abbandono" ed ancora TAR
Lombardia, Mi., Sez. IV, 7.9.2007, n. 5782; e Sez. IV,
18.12.2007, n. 6684; per la giurisprudenza del Consiglio di Stato cfr. CdS VI 5.9.2005 nr. 4525.
5
Ved.: TAR Abruzzo, Pe, Sez. I, 13.5.2011, n. 318;
TAR Toscana, Sez. II, 5.4.2011, n. 565; TAR Toscana,
Sez. II, 4.2.2011, n. 225; TAR Friuli Ve, Sez. I,
13.1.2011, n. 6; TAR Piemonte, Sez. I, 24.11.2010 n.
1575; TAR Toscana, sez. II, 19.5.2010, n. 1524; TAR
Toscana, sez. II, 11.5.2010, n. 1398 e 1397; TAR
Lombardia, Brescia, Sez. II, 19.3.2010, n. 1313; CdS,
V, 16.6.2009 n. 3885; TAR Lombardia, Bs, Sez. II,
15.5.2009 n. 1038; TAR Toscana, Sez. II, 17.4.2009,
n. 665; CdS, V, 5.12.2008, n. 6055; TAR Calabria, Cz,
4
CdS, V, 16.7.2002, n. 3971
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però discostato il TAR Lazio enunciando il
seguente orientamento “se il proprietario, solo perché tale, è il soggetto sul quale vengono
poste, in definitiva, e pur senza la sua responsabilità le obbligazioni risarcitorie conseguenti all'inquinamento, ben può lo stesso
proprietario essere reso destinatario di un
obbligo di attuare i necessari interventi, salvo
rivalsa nei confronti del responsabile, che
l'amministrazione ha l'obbligo di individuare.
La titolarità ultima delle obbligazioni risarcitorie rende cioè possibile anche l'attribuzione
(provvisoria) al medesimo delle obbligazioni
ripristinatorie”6
Due argomenti risaltano nella motivazione:
- l'asserito contrasto con la normativa comunitaria che, secondo il TAR, andrebbe rilevato se si decidesse di continuare a seguire
l'orientamento giurisprudenziale uniforme7;
- l'affermazione secondo cui lo Stato e la
collettività non potrebbero essere gravati degli oneri di bonifica8.
cedono, ritenendo che l'addebito dei costi dello smaltimento dei rifiuti a soggetti che non li
hanno prodotti sarebbe incompatibile con il
principio "chi inquina paga"9.
Detto principio consiste, in definitiva,
nell'imputazione dei costi ambientali (c.d. esternalità ovvero costi sociali estranei alla
contabilità ordinaria dell'impresa) al soggetto
che ha causato la compromissione ecologica
illecita (poiché esiste una compromissione
ecologica lecita data dall'attività di trasformazione industriale dell'ambiente che non supera
gli standards legali).
Ciò, sia in una logica risarcitoria ex post
factum, che in una logica preventiva dei fatti
dannosi, poiché il principio esprime anche il
tentativo di internalizzare detti costi sociali e
di incentivare - per effetto del calcolo dei rischi di impresa - la loro generalizzata incorporazione nei prezzi delle merci, e, quindi,
nelle dinamiche di mercato dei costi di alterazione dell'ambiente (con conseguente minor
prezzo delle merci prodotte senza incorrere
nei predetti costi sociali attribuibili alle imprese e conseguente indiretta incentivazione
per le imprese a non danneggiare l'ambiente).
Esso trova molteplici significative applicazioni nel campo della disciplina dei rifiuti e
del danno ambientale.
Con riguardo alla contaminazione dei siti,
pare rilevante quanto stabilito dalla direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio del
21.4.2004, "sulla responsabilità ambientale
in materia di prevenzione e riparazione del
danno ambientale".
Anche tale direttiva è conformata dal principio "chi inquina paga" che emerge dal diciottesimo considerando della direttiva: "secondo il principio chi inquina paga, l'operatore che provoca un danno ambientale o è
all'origine di una minaccia imminente di tale
danno, dovrebbe di massima sostenere il costo delle necessarie misure di prevenzione o
di riparazione. Quando l'autorità competente
interviene direttamente o tramite terzi al posto di un operatore, detta autorità dovrebbe
far sì che il costo da essa sostenuto sia a carico dell'operatore. È inoltre opportuno che
gli operatori sostengano in via definitiva il
4. Applicazione nel nostro ordinamento
del principio comunitario chi inquina paga.
A conferma di quanto fin qui sostenuto
occorre rilevare che anche la giurisprudenza
comunitaria si è orientata nei termini che pre23.7.2008, n. 1068; TAR Sicilia, Ct, Sez. I, 17.6.2008,
n. 1188; TAR Friuli Ve, Sez. I, 26.5.2008, n. 300;
TAR Lombardia, Mi, Sez. IV, 2.4.2008, n. 791; TAR
Lazio, Lt, 7.7.2006, n. 599; TAR Puglia, Le.,
23.3.2005, n. 5290.
6
TAR Lazio, Rm, Sez. I, 14.3.2011, n. 2263 e TAR
Lazio, Rm, Sez. II, 16.5.2011, n. 4214
7
"Qualora specifiche disposizioni della normativa nazionale di riferimento dovessero essere ritenute incompatibili con le precedenti considerazioni, non residuerebbe al Giudice a quo altra via, prima ancora della necessità di sollevare una questione di legittimità
costituzionale, che la sottoposizione della questione
interpretativa della norma nazionale alla Corte di
Giustizia delle Comunità Europee, ai fini dell'accertamento della sua eventuale incompatibilità con il diritto dell'Unione Europea e della sua conseguente disapplicazione, in linea con l'orientamento desumibile
dalla recente giurisprudenza della Corte di Giustizia
(9 marzo 2010, cause riunite C379/ 2008 e C380/
2008)" (sentenza n. 4214/2011).
8
Ambiente & Sicurezza, 8.11.2011 - n. 20 - p.56, Bonifica e abbandono rifiuti: la più recente giurisprudenza sui profili di responsabilità, di Peres Federico.
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Corte di Giustizia, Grande Sezione, 24.6.2008, n. 188
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processo amministrativo11 esclude la possibilità per la pubblica amministrazione di ricorrere a presunzioni semplici, poiché il canone
costituzionale dell'imparzialità della pubblica
amministrazione e la previsione del sindacato
giudiziario sugli atti della medesima (artt. 97
e 113 cost.) nonché delle preventive garanzie
procedimentali12 sono sufficienti per ritenere
che vi sia un sistema equilibrato di pesi e contrappesi nel riconoscimento del potere - sindacabile dal giudice amministrativo - della
P.A. di ricostruzione dei fatti rilevanti ai fini
dell'adozione di provvedimenti amministrativi
sfavorevoli ai privati, anche a mezzo di presunzioni semplici ove ciò sia imposto dalla
natura degli accertamenti da espletare (come
nel caso di illeciti anticoncorrenziali, di lottizzazioni abusive, di gravi fatti di inquinamento et similia)13.
costo della valutazione del danno ambientale
ed eventualmente della valutazione della minaccia imminente di tale danno".
La direttiva non si applica al danno di carattere diffuso se non in presenza di un nesso
causale tra il danno e l'attività di singoli operatori.
Va quindi precisato, alla luce di tale esigenza di effettività della protezione dell'ambiente, che, ferma la doverosità degli accertamenti indirizzati ad individuare con specifici elementi i responsabili dei fatti di contaminazione, l'imputabilità dell'inquinamento può
avvenire per condotte attive ma anche per
condotte omissive, e che la prova può essere
data in via diretta od indiretta, ossia, in
quest'ultimo caso, l'amministrazione pubblica
preposta alla tutela ambientale si può avvalere anche di presunzioni semplici di cui all'art.
2727 c.c., (le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto
noto per risalire a un fatto ignorato), prendendo in considerazione elementi di fatto dai
quali possano trarsi indizi gravi precisi e concordanti, che inducano a ritenere verosimile,
secondo l'"id quod plerumque accidit" che sia
verificato un inquinamento e che questo sia
attribuibile a determinati autori.
Ai sensi dell'art. 2729 del c.c. "le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate
alla prudenza del giudice il quale non deve
ammettere che presunzioni gravi, precise e
concordanti". Orbene tale norma - che spiega
il proprio effetto diretto nel giudizio civile pone un principio generale che consente alla
pubblica amministrazione, specie quando deve svolgere complesse attività di indagine su
fatti che non sono a sua diretta conoscenza
ma che, per essere illeciti, sono conosciuti dai
privati, il ricorso alla prova logica, alle presunzioni semplici, ad indizi gravi precisi e
concordanti10 per la prova di determinati fatti.
Né il difetto della prova testimoniale nel
10
cfr. CdS, VI, 29.2.2008, n. 760 per un'applicazione
in tema di urbanistica va ricordato che si è ritenuta
ravvisabile l'ipotesi di lottizzazione abusiva, prevista
dall'art. 18 della l. 28.2.1985, n. 47, solo quando sussistono elementi precisi ed univoci da cui possa ricavarsi
agevolmente l'intento di asservire all'edificazione, per
la prima volta, un'area non urbanizzata CdS, Sez. V,
13.9.1991, n. 1157
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arg. ex art. 2729 co. 2 c.c.
artt. 3 e 7 della l. n. 241 del 1990
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