GIurIsprudenza - Rivista – Labor

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GIurIsprudenza - Rivista – Labor
Giurisprudenza
Corte di C assazione, ordinanza interlocutoria 29 febbraio 2016, n. 3982 – Pres. Stile – Est. Napoletano –
P.M. Matera (concl. diff.) – Abercrombie & Fitch Italia srl (Avv. Brocchieri, Di Garbo) c. A.B. (Avv.
Mazza Ricci, Guariso).
Rinvia Corte Giustizia.
Lavoro subordinato (rapporto di) – Contratto di lavoro intermittente – Limite di età di venticinque anni dei soggetti che possono rendere le prestazioni – Possibile violazione del principio
di non discriminazione in ragione dell’età – Direttiva n. 2000/78/CE e art. 21, n. 1, della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea – Questione pregiudiziale.
In tema di contratto di lavoro intermittente, deve essere rimessa alla Corte di giustizia,
ex art. 267 TFUE, la questione pregiudiziale relativa alla possibile contrarietà della normativa italiana – con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni
(art. 34, comma 2, d.lgs. n. 276/2003) – al principio generale di non discriminazione in
base all’età di cui alla direttiva 2000/78/Ce e all’art. 21 n. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
In
fatto e diritto.
La Corte di Appello di Mila-
per l’accertamento della legittimità del recesso
no, riformando l’ordinanza del Tribunale di Mila-
datoriale, sicché correttamente il lavoratore aveva
no, che aveva dichiarato improponibile il ricorso
azionato la domanda giudiziale secondo il citato
proposto, d.lgs. n. 150 del 2011, ex art. 28 e art.
d.lgs. n. 150 del 2011, il predetto art. 28 tanto
702 bis c.p.c., da B.A. nei confronti Abercrombie
più che, nella specie, sottolineava la Corte del
& Fitch Italia srl con il quale si deduceva l’ille-
merito, il richiamo, nella domanda, alla L. n. 300
gittimità per discriminazione in ragione dell’età
del 1970, art. 18 era strumentale alla invocata ces-
del contratto di lavoro intermittente a tempo de-
sazione del comportamento discriminatorio; nel
terminato, stipulato in data 14 dicembre 2010 e
merito, la Corte distrettuale, riteneva che il con-
convertito a tempo indeterminato in data 1 gen-
tratto di lavoro intermittente concluso, in base al
naio 2012, e del relativo licenziamento intimato-
d.lgs. n.276 del 2003, art. 34, comma 2 con il B.
gli al raggiungimento del venticinquesimo anno
ed il licenziamento intimatogli in relazione del
di età avvenuto il 26 luglio 2012, accoglieva la
raggiungimento del 25 anno di età erano contrari
domanda condannando, ritenuta la intercorrenza
al principio di non discriminazione dell’età di cui
di un rapporto di lavoro subordinato a tempo
alla direttiva 2000/78 CE in quanto la disciplina di
indeterminato, la predetta società a riammettere
cui al d.lgs. n.276 del 2003, detto art. 34 “trovava
il lavoratore nel posto di lavoro ed a pagargli il
fondamento esclusivamente sull’età senza alcuna
risarcimento del danno; a base del decisum la
altra specificazione non essendo richiamata alcu-
Corte del merito poneva, innanzitutto, il rilievo
na ulteriore condizione soggettiva del lavoratore
secondo il quale lo speciale procedimento previ-
e non avendo esplicitamente finalizzato tale scel-
sto per le controversie in materia di discrimina-
ta ad alcun obiettivo individuabile”; conseguen-
zione dal d.lgs. n. 150 del 2011, art. 28 non era
temente, secondo la Corte di Appello, il contrat-
stato abrogato dal c.d. rito Fornero di cui alla L.
to di lavoro intermittente, concluso in esclusiva
28 giugno 2012, n. 92, art. 1, commi 48 e segg.,
ragione dell’età, era illegittimo ed il rapporto di
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lavoro doveva considerasi a tempo indetermina-
danno e non con la conversione del rapporto a
to con orario part-time e, non essendosi detto
tempo indeterminato e che comunque il danno
rapporto risolto validamente, la società andava
liquidato non può essere equiparato alla media
condannata a riammettere il lavoratore nel posto
delle retribuzioni corrisposte;
di lavoro ed a risarcirgli il danno nella misura
la società, poi, richiama i motivi già proposti
della retribuzione – da agosto 2012 alla data della
avanti la Corte di Appello e non presi in consi-
sentenza – calcolata secondo la media mensile
derazione.
percepita nel corso del rapporto di lavoro;
Considerato che:
avverso questa sentenza la società ricorre in
secondo giurisprudenza, costante di questa
cassazione sulla base di tre censure, illustrate da
Corte l’inesattezza del rito non determina di per
memoria, cui si oppone con controricorso la par-
sé l’inesistenza o la nullità della sentenza, ma as-
te intimata;
sume rilevanza invalidante soltanto nell’ipotesi,
con la prima censura la società, deducendo
non ricorrente nel caso di specie, in cui, in se-
violazione e/o falsa applicazione della L. n. 300
de di impugnazione, la parte indichi lo specifi-
del 1970, art. 18 nonché degli artt. 702 bis e 702
co pregiudizio processuale concretamente deri-
quater c.p.c., prospetta che la Corte del merito
vatole dalla mancata adozione del rito diverso,
ha erroneamente ritenuto che la natura discrimi-
quali una precisa e apprezzabile lesione del di-
natoria del licenziamento potesse essere azionata
ritto di difesa, del contraddittorio e, in generale,
d.lgs. n. 150 del 2011, ex art. 28 e non con il
delle prerogative processuali protette della parte
procedimento di cui alla L. 28 giugno 2012, n. 92,
(Cass. 18 luglio 2008 n. 19942, Cass. S.U.10 feb-
art. 1, commi 48 e segg.;
braio 2009 n. 3758, Cass. 22 ottobre 2014 n. 22325
con il secondo motivo la società, denuncian-
e Cass. 27 gennaio 2015 n. 1448);
do violazione e/o falsa applicazione del d.lgs. n.
il contratto di lavoro intercorso tra le parti in
276 del 2003, art. 34, comma 2, della Direttiva
causa è stato stipulato ai sensi del d.lgs. n. 276
2000/78/CE, nonché del principio generale di di-
del 2003, art. 34, comma 2 che, all’epoca dei fatti,
ritto comunitario inerente il divieto di discrimina-
prevedeva la possibilità che il contratto di lavoro
zione in ragione dell’età e violazione del princi-
intermittente potesse essere concluso con riferi-
pio del primato del diritto comunitario sul diritto
mento a prestazioni rese da soggetti con meno di
interno, sostiene che ha errato la Corte del merito
venticinque anni di età;
nel ritenere violato il principio di non discrimi-
il B. assunto quando ancora non aveva com-
nazione perché, nella specie, si tratta di una leg-
piuto il venticinquesimo anno di età veniva, suc-
ge che favorisce i lavoratori in ragione della loro
cessivamente, licenziato in ragione esclusiva del
età e non viceversa e il d.lgs. n. 276 del 2003,
compimento di detta età;
art. 34, comma 2, è sovrapponibile alla Direttiva
il d.lgs. n. 276 del 2003 di “Attuazione del-
2000/78/CE; chiede, poi, la società sotto i diversi
le deleghe in materia di occupazione e mercato
profili denunciati che la questione sia rimessa al-
del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”,
la Corte di giustizia;
all’art. 34, nella formulazione applicabile alla da-
con la terza critica la società, allegando viola-
ta di assunzione, dopo aver sancito, al comma
zione e/o falsa applicazione del d.lgs. n. 276 del
1, “Il contratto di lavoro intermittente può esse-
2003, art. 34, comma 2, assume che la invalidità
re concluso per lo svolgimento di prestazioni di
del contratto di lavoro intermittente o a chiama-
carattere discontinuo o intermittente, secondo le
ta può essere sanzionata con il risarcimento del
esigenze individuate dai contratti collettivi stipu-
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lati da associazioni dei datori e prestatori di la-
in particolare, (...) sull’età (in tal senso V. senten-
voro comparativamente più rappresentative sul
za 19 gennaio 2010, causa C-555/07 Kukucdeve-
piano nazionale o territoriale ovvero per periodi
ci, cit. punto 22);
predeterminati nell’arco della settimana, del me-
l’art. 6, n. 1, comma 1, della predetta Direttiva
se o dell’anno ai sensi dell’art. 37”, prevedeva, al
2000/78 enuncia che una disparità di trattamen-
comma 2, che “Il contratto di lavoro intermittente
to in base all’età non costituisce discriminazione
può in ogni caso essere concluso con riferimento
laddove essa sia oggettivamente e ragionevol-
a prestazioni rese da soggetti con meno di ven-
mente giustificata, nell’ambito del diritto naziona-
ticinque anni di età ovvero da lavoratori con più
le, da una finalità legittima, compresi giustificati
di quarantacinque anni di età, anche pensionati”;
obiettivi di politica del lavoro, di mercato del la-
alla data del licenziamento l’art. 34, predetto
comma 2 stabiliva che “In contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con
soggetti con più di cinquantacinque anni di età
e con soggetti con meno di ventiquattro anni di
età, fermo restando in tale caso che le prestazioni
contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età”;
il richiamato comma 2 di cui al d.lgs. n. 276
del 2003, art. 34 potrebbe porsi, stante lo specifico e caratterizzante riferimento all’età, in conflitto
con il principio di non discriminazione in base
voro e di formazione professionale, e i mezzi per
il conseguimento di tale finalità siano appropriati
e necessari (così sentenza 19 gennaio 2010, causa
C-555/07 Kukucdeveci, cit. punto 33);
nella specie la formulazione dell’allora vigente, d.lgs. n. 276 del 2003, art. 34, comma 2 di “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione
e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio
2003, n. 30” (ora trasfuso, con modificazioni, e
previa abrogazione al d.lgs. n. 276 del 2003, dei
detti artt. 33 e 34 nel d.lgs. n. 81 del 2015, art.
all’età che deve essere considerato (Cfr. sentenza
13, comma 2) mostra di non contenere alcuna
19 gennaio 2010, causa C-555/07 Kukucdeveci,
esplicita ragione rilevante ai sensi dell’art. 6, n. 1,
punto 21) un principio generale del diritto dell’U-
comma 1, della citata Direttiva 2000/78;
nione (V., sentenza 22 novembre 2005, causa
questa Corte di legittimità ritiene, con riferi-
C- 144/04, Mangold) cui la Direttiva 2000/78 dà
mento alla disposizione nazionale di cui in nar-
espressione concreta (V. sentenza 8 aprile 1976,
rativa, di sollevare, ex art. 267, TFUE, questione
causa 43/75, Defrenne, Racc. pag. 455, punto 54);
pregiudiziale sull’interpretazione del principio di
la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
non discriminazione in base all’età, quale espres-
europea, la quale secondo l’art. 6, n. 1, TUE ha lo
so concretamente dalla direttiva 2000/78 e dalla
stesso valore giuridico dei trattati, all’art. 21, n. 1
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione euro-
vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata,
pea (art. 21, n. 1). – Omissis.
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Giurisprudenza
Requisito anagrafico e contratto di lavoro
intermittente: la scure del principio fondamentale di
non discriminazione per ragioni di età
Sommario: 1. Il caso Abercrombie: quando a venticinque anni si è troppo vecchi
per lavorare. – 2. I profili di censura. – 3. Il divieto di discriminazione per età dal
quadro uni-europeo al caso di specie: andata e ritorno.
1. Requisito anagrafico e contratto di lavoro intermittente:
quando a venticinque anni si è troppo vecchi per lavorare.
Le perplessità della dottrina italiana sul contratto di lavoro intermittente sono note sin
dal suo esordio nel 2003 e il poco spazio che ha trovato nelle aule giudiziarie sia a livello
europeo1 sia nazionale2 non ha certamente aiutato a dissiparli. La disciplina italiana in materia era contenuta negli artt. 33 e ss. del d.lgs. n. 276/2003 – abrogata dall’art. 55, comma
1, lett. d), d.lgs. n. 81/20153 – ed oggi riversata negli artt. 13 e ss., d.lgs. n. 81/2015; il punctum dolens su cui si incentra la vicenda, che ha coinvolto la famosa società Abercrombie,
è connesso all’art. 34, comma 2, laddove si enuclea una condizione di applicabilità del
contratto legata al solo dato anagrafico, ovvero se ne circoscrive la stipula a soggetti che
non abbiano raggiunto la soglia del venticinquesimo anno di età4. Il limite temporale entro cui si devono svolgere le prestazioni, e quindi il requisito anagrafico del dipendente,
configura una fattispecie autonoma di lavoro intermittente e diventa il motivo primo ed
unico che determina favorevolmente la società ad assumere attraverso questa specifica
1
Distante per problematiche ma appaiati per tipologia contrattuale coinvolta sono il caso Wippel, C.giust. 12 ottobre 2004, n. 313/02, in
RIDL, 2005, 4, II, 772 con nota di Bavaro e la pendente Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Centrale Raad van Beroep
(Paesi Bassi) il 4 luglio 2013, C.E. Franzen e a. c. Raad van bestuur van de Sociale verzekeringsbank (Svb), Causa C-382/13.
2
Senza considerare le decisioni correlate al giudizio del caso in commento, si vedano Trib. Milano, 9 dicembre 2009, in D&L, 2010,
1, 111 con nota di Vescovini; TAR Napoli, sez. III, 30 giugno 2010, n. 16505, in D&L, 2010, 3, 803; Trib. Firenze 25 gennaio 2011, at
http://www.tosclavgiur.it/wp-content/uploads/2011/01/Trib.-Fi-25.01.20117.pdf; Trib. Milano 14 giugno 2011, n. 3105; Trib. Monza,
15 ottobre 2012, in FI, 2012, 12, I, 3522 con nota di Perrino; Trib. Lucca 10 maggio 2013, n. 309; Trib. Milano, 1 agosto 2014, n. 1551.
3
Sulle recenti modifiche introdotte dal Jobs Act, non di grande rilievo né significative rispetto alla controversia in esame, v. Voza, Gli
ennesimi ritocchi alla disciplina del lavoro intermittente, in Ghera, Garofalo (a cura di), Contratti di lavoro, mansioni e misure di
conciliazione vita-lavoro nel Jobs Act 2, Bari, Cacucci, 2015, 233 ss.; Spinelli, Il lavoro intermittente dopo il “Jobs Act”, in LG, 2015, 12,
1125 ss.
4
«ovvero da lavoratori con più di quarantacinque anni di età, anche pensionati» secondo la formulazione ratione temporis in vigore
all’epoca in cui il dipendente era stato assunto.
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tipologia e, a valle, la induce al licenziamento. Tutto nasce, infatti, da un licenziamento
intimato dalla società ad un lavoratore assunto nel 2010 con contratto subordinato di tipo
intermittente5 in ragione del compimento del venticinquesimo anno di età. Il disposto legislativo, attraverso l’espressione «in ogni caso» di cui al comma 2, palesa una precisa volontà
incentivante del legislatore nel segno della flessibilità. Pur con lievi margini di incertezza,
il dato letterale nonché il confronto con la formulazione inizialmente vigente6 accredita
l’opzione ermeneutica secondo cui, anche in assenza di una ragione discontinua o intermittente – che integri le esigenze individuate dai contratti collettivi o, in via sostitutiva,
dalla decretazione ministeriale – il datore di lavoro è legittimato a ricorrere a tale fattispecie contrattuale, in forza di una «deroga generalizzata al precetto contenuto nel comma
1»7. La mancata puntualizzazione, al comma 2, sulla necessarietà del carattere discontinuo,
ma soprattutto la contestuale carenza di obiettivi mirati di inserimento nel mercato del
lavoro8 o di politica del diritto rendono questa figura negoziale vulnerabile alle crescenti
sollecitazioni che il diritto antidiscriminatorio uni-europeo pone, specie con riferimento
alla declinazione legata al fattore età. La legittimità interna del contratto, in assenza di un
motivo giustificativo ulteriore rispetto al requisito anagrafico, è suscettibile di entrare in
conflitto con il diritto sovranazionale, ove si misura «il peso della disparità di trattamento
di cui soffre il lavoratore che ha, all’epoca della conclusione dello stesso, meno di 25 anni
e solo meno di 25 anni di età»9. Ed è questo il filo conduttore tenuto dalla Corte di appello
di Milano10, che nel ritenere illegittima la risoluzione del contratto per la sua contrarietà
al principio di non discriminazione per età, dispone quale conseguenza la reintegra del
lavoratore ed il risarcimento del danno. La Corte di Cassazione, investita del ricorso della
società datrice di lavoro, attraverso un’ordinanza interlocutoria, rimette gli atti alla Corte di
Giustizia ex art. 267 TFUE, dando avvio al procedimento n. C-143/16.
La questione pregiudiziale formulata dalla Corte risponde ai requisiti di forma racco-
5
Per disamine recenti dell’istituto si rinvia a Romei, Il contratto di lavoro intermittente, in G. Santoro-Passarelli, Diritto e processo del
lavoro e della previdenza sociale. Privato e pubblico, Utet, 2014, spec. 494 ss. per le problematiche connesse alle ipotesi soggettive di
ricorso alla fattispecie contrattuale; concordemente paventano il rischio di abusi per le ipotesi soggettive previste dalla legge Voza,
Il lavoro intermittente, in Vallebona (a cura di), I contratti di lavoro, in Rescigno, Gabrielli (diretto da), Trattato dei contratti, Utet,
2013, 356 ss. e Leccese, La tenace sopravvivenza del ‘lavoro intermittente’ nell’ordinamento italiano, in Chieco (a cura di), Flessibilità
e tutele nel lavoro. Commentario della legge 28 giugno 2012, n. 92, Cacucci, Bari, 2013, 107 ss.; Lassandari, Il lavoro intermittente, in
Allamprese, Corraini, Fassina (a cura di), Rapporto di lavoro e ammortizzatori sociali, Ediesse, 2012, 86 ss.
6
«In via sperimentale il contratto di lavoro intermittente può essere altresì concluso anche per prestazioni rese da soggetti in stato di
disoccupazione con meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età che siano stati espulsi dal ciclo produttivo o
siano iscritti alle liste di mobilità e di collocamento» (c.vo mio), l’altresì consente di dedurre che si tratta di una fattispecie aggiuntiva
rispetto a quella del comma 1 che richiede come fattore necessario il carattere discontinuo. Il comma è stato sostituito dall’art. 1 bis,
co. 1, lett. b), del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni in l. 14 maggio 2005, n. 80.
7
Romei, op. cit., 495.
8
Tanto è vero che la sperimentazione iniziale, nella formulazione di cui alla precedente nota 6, legava il contratto intermittente a
condizioni particolari del lavoratore nel mercato (stato di disoccupazione; espulsione dal ciclo produttivo; iscrizione nelle liste di
mobilità e di collocamento).
9
Calafà, Lavoro intermittente e discriminazione diretta in base all’età: prove di disapplicazione, in RIDL, 2015, 2, II, 543.
10
App. Milano, 3 luglio 2014, n. 406, in FI, 2014, 9, I, 2606; Id., in RGL, 2014, 4, II, 613, con nota di Guaglianone; Id., in RIDL, 2015, 2,
II, 541 con nota di Calafà; Id., in DRI, 2015, 2, 467 con nota di Bonanomi.
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Giurisprudenza
mandati dall’UE11, giacché contiene un’esposizione succinta dell’oggetto della controversia
e la relativa disciplina interna, nonché l’illustrazione dei motivi del potenziale conflitto e
il nesso tra disposizioni nazionali e normativa sovranazionale: in particolare, si conferma
l’assenza di «alcuna esplicita ragione rilevante» idonea ad integrare le ipotesi di deroga
giustificative della disparità di trattamento in ragione dell’età ex art. 6, paragrafo 1, Direttiva 2000/78/CE12, trasposto in Italia nei commi 4 bis e ter, art. 3, d.lgs. n. 216 /200313.
Con riguardo all’an del rinvio, una volta esclusa la possibilità dell’interpretazione conforme, i giudici avrebbero potuto ripercorrere il filone giurisprudenziale dei colleghi di
Lussemburgo che hanno in più occasioni esplicitato la portata ed i limiti del divieto di
discriminazione per età, verificando se la disparità consumatasi sia stata oggettivamente e
ragionevolmente giustificata da una finalità legittima (es.: obiettivi di politica del lavoro, di
mercato del lavoro e di formazione professionale) e i mezzi adoperati appropriati e necessari. Con una buona dose di prudenza si è preferito evitare lo sdrucciolevole terreno della
disapplicazione, percorso nel silenzio dalla Corte di merito14. Pertanto, è residuata come
unica via praticabile quella del rinvio pregiudiziale: i giudici, senza affermarlo, danno per
scontato che il nuovo contesto di applicazione – ovvero il lavoro intermittente – possa
suscitare dubbi reali15 circa la possibilità di traghettare l’acquis communautaire in tema di
deroghe giustificative delle disparità di trattamento collegate all’età, probabilmente anche
perché l’articolato normativo non presenta alcuna delle finalità legittime richieste dalla
direttiva comunitaria.
2. I profili di censura.
Liquidati velocemente dalla Suprema Corte i rilievi di ordine processuale – in carenza di
uno «specifico pregiudizio» concretamente derivato per la mancata adozione del rito diverso16 – protagonista assoluto della decisione è senza dubbio il principio di non discriminazione per ragioni di età. Dal canto loro, attore e convenuto sollevano anche problematiche
11
Cfr. Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale,
2012/C 338/01, pubblicato in GUUE, 6 novembre 2012, C-338/3, punto 22.
12
Sulle criticità insite nell’ampiezza della formulazione del disposto e per una interpretazione restrittiva delle deroghe v. per tutti
Bonardi, Le discriminazioni basate sull’età, in Barbera, Il nuovo diritto antidiscriminatorio, Giuffrè, 2007, spec. 135 ss.
13
Su cui per tutti v. Lassandari, Le discriminazioni nel lavoro. Nozione, interessi, tutele, Cedam, 2010, spec. 152 ss.
14
Sull’adozione del rimedio della disapplicazione della disposizione interna non conforme al diritto Ue nel precedente grado di
giudizio del caso Abercrombie si veda Calafà, op. cit., 544; sulla dialettica interpretazione conforme/ disapplicazione cfr. Id., Giudici
(quasi) federali e diritto del lavoro recente, in LD, 2014, n.2-3, spec. 471 ss.; e per un’analisi dei poteri del giudice interno v. anche
Bronzini, Le tutele dei diritti fondamentali e la loro effettività: il ruolo della Carta di Nizza, in RGL, 2012, 1, II, spec. 64 ss.
15
Cfr. Raccomandazioni, cit., C-338/2, punto 12.
16
Ad esempio un’apprezzabile «lesione del diritto di difesa, del contraddittorio e, in generale, delle prerogative processuali protette della
parte», così la sentenza in commento richiamando come precedenti Cass., sez. III, 18 luglio 2008, n.19942, in GC Mass, 2008, 7-8, 1178;
Cass., sez. un. 10 febbraio 2009, n.3758, in GC Mass, 2009, 2, 248; Cass., 22 ottobre 2014, n.22325 e Cass., 27 gennaio 2015, n.1448.
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di altra natura, soffermandosi sulle sanzioni conseguenti alla eventuale dichiarazione di
invalidità del contratto di lavoro intermittente e fornendo contrapposte letture. Tale profilo
di censura – per ovvie ragioni non approfondito nell’ordinanza della Cassazione – pone
in luce un confronto tra la sanzione più tenue del risarcimento del danno, peraltro da non
equipararsi secondo l’attore alla media delle retribuzioni corrisposte, e la conversione del
rapporto a tempo indeterminato. La giurisprudenza di merito ha già manifestato segnali
discordanti a proposito della illegittimità del contratto stipulato al di fuori delle ipotesi
previste dalla legge: laddove il Tribunale di Monza17 si è limitato a riconoscere il risarcimento del danno, circoscrivendo la conversione del rapporto alle ipotesi legislativamente
previste, i giudici milanesi18 hanno fatto discendere dalla nullità il riconoscimento della più
incisiva costituzione di un classico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in carenza
delle esigenze individuate dai contratti collettivi.
Tuttavia, come poc’anzi evidenziato, è il potenziale conflitto con il diritto antidiscriminatorio sovranazionale ad occupare la scena della controversia Abercrombie, già nella
sentenza di appello da cui trae origine questa ordinanza. Imputato eccellente è il mero
requisito dell’età di cui all’art. 34, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, che legittima ex se il ricorso
allo strumento contrattuale del lavoro intermittente, senza il supporto di ulteriori specificazioni giustificative della deroga. La posizione delle parti processuali è evidentemente agli
antipodi: i detrattori della norma sottolineano gli aspetti pregiudizievoli del trattamento
deteriore riservato al lavoratore rispetto ad un ordinario contratto a tempo indeterminato,
mentre i fautori configurano una sorta di azione positiva indirizzata a favorire i lavoratori
in ragione della loro età. Il conflitto tra diritto interno e principio generale dell’Unione incanala l’indagine cui è chiamato il giudice lungo i consueti test indicati, per casi analoghi,
dai giudici di Lussemburgo, al fine di verificare eventuali giustificazioni alla innegabile sussistenza di una discriminazione diretta per ragioni di età: il nesso tra la misura discriminatoria e la finalità legittima (giustificati obiettivi di politica del lavoro, del mercato del lavoro
e della formazione professionale), nonché l’appropriatezza, necessarietà e proporzionalità
dei mezzi approntati per il perseguimento degli obiettivi. Avendo optato per il rinvio pregiudiziale, la Cassazione non si addentra ad esaminare tali profili, limitandosi a rilevare
come il dato testuale vigente al momento della stipula del contratto discriminatorio fosse
carente di alcuno specifico elemento giustificativo. In effetti, per onore di cronaca, non si
può sottacere come il c.d. Libro bianco19 – attraverso cui la fattispecie lavoro intermittente
ha fatto ingresso in maniera informale nel nostro ordinamento – si focalizzi solamente
sulle prestazioni svolte con discontinuità, così come la relazione di accompagnamento alla
ben nota Legge Biagi20 lega la finalità di incremento occupazionale alla regolarizzazione
17
Trib. Monza, 15 ottobre 2012, cit.
Trib. Milano, 9 dicembre 2009, cit.
19
Libro bianco sul lavoro, Il sole 24 ore, Documenti, 6 aprile 2002, Parte seconda. Le proposte, § II.3.4. Lavoro intermittente, 53-54.
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Relazione di accompagnamento al decreto di attuazione della riforma Biagi. Decreto di attuazione degli articoli 1-6 della Legge 14
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Giurisprudenza
dei lavoratori non dichiarati o ancora a obiettivi di integrazione della dimensione di genere, tacendo sulla tipologia incentrata sui requisiti anagrafici. Le linee guida che la Corte
di Giustizia ha sviluppato in materia costituiscono il background su cui calibrare le scelte
operate nell’ordinanza sulla sorte della controversia Abercrombie.
3. Il divieto di discriminazione per età dal quadro uni-europeo
al caso di specie: andata e ritorno.
Da «fattore Cenerentola»21 ad apripista di una peculiare tecnica di applicazione dei principi generali dell’Unione: il divieto di discriminazione per motivi di età ha segnato una
importante scia nel diritto vivente giurisprudenziale elaborato nell’ultimo decennio dalla
Corte di Giustizia22. Come noto, il momento più significativo è da identificare nel controverso caso Mangold23, successivamente decantato nella cd. dottrina Kücükdeveci24, da
ultimo arricchita con la sentenza Dansk Industri25. In estrema sintesi, nella triade la Corte
di Giustizia ha progressivamente codificato un principio generale di non discriminazione
per ragioni di età efficace sia in senso verticale sia orizzontale, inclusivo pertanto anche
dei rapporti interprivati tradizionalmente esclusi dall’ambito di applicazione della fonte
secondaria. Il quadro ermeneutico del pregnante divieto euro-unitario si condensa nella
configurazione di un pieno diritto soggettivo evocabile come tale dai privati e capace di
imporre ai giudici nazionali la disapplicazione delle disposizioni interne difformi26. Il confronto con altri principi contenuti nella Carta di Nizza, non invocabili nei rapporti interprivati in assenza di adeguata interposizione legislativa, lascia questi ultimi relegati a diritti
fondamentali meno incisivi e più condizionati.
La regola generale che ha storicamente governato la giurisprudenza della Corte è sem,pre
febbraio 2003, n. 30, rispettivamente 14 e 5, at http://bancadati.italialavoro.it/
Izzi, Eguaglianza e differenze nei rapporti di lavoro. Il diritto antidiscriminatorio tra genere e fattori di rischio emergenti, Jovene, ,
2005, 388.
22
Ex multis Tobler, EU Age Discrimination Law and Older and Younger Workers: Courts of Justice of the European Union Case
Law Development, in Numhauser-Henning & Rönnmar (eds), Age Discrimination and Labour Law. Comparative and Conceptual
Perspectives in the EU and Beyond, Wolters Kluwer, The Netherland, 2015, 93 ss.; Schiek, Age Discrimination Before the ECJ –
Conceptual and Theoretical Issues, in CMLR, 2011, 48, 777 ss.; Izzi, La Corte di Giustizia e le discriminazioni per età: scelte di metodo
e di merito, in RGL, 2012, 1, 125 ss.
23
C. giust., 22 novembre 2005, n. 144/04, Mangold, in Racc., 2005, 9981 ss., Id., in RIDL, 2006, 2, II, 250 ss., con nota di Bonardi ed in
RGL, 2006, 2, II, 205 ss. con nota di Calafà. Per i riflessi interni che ha avuto il caso nell’ordinamento costituzionale tedesco, si veda
Fuchs, La lunga storia del caso Mangold, in DLRI, 2011, 129, 81 ss.
24
C. giust., 19 gennaio 2010, n. 555/07, Kücükdeveci, in Racc., 2010, 365 ss.; Id., in RGL, 2011, I, II, 139 ss. con nota di Peruzzi; cfr. anche
ex multis Guarriello, Minolfi, Da Cenerentola a leading case: discriminazioni per età e Carta dei diritti fondamentali, in DLM, 2011,
90 ss.; Thüsing, Horler, Case C-555/07 – Kücükdeveci, in CMLR, 2010, n. 47, 1161 ss.; Favilli, Giubboni, Divieto di discriminazione per
ragioni di età ed efficacia diretta orizzontale dei principi generali dell’ordinamento europeo, in MGL, 2010, 442 ss.
25
C. giust., 19 aprile 2016, n. 441/14, Dansk Industri, in ECLI:EU:C:2016:278.
26
Esaltato per forza pervasiva nel punto 47, C. giust., 15 gennaio 2014, n. 176/12, Association de médiation sociale, in Racc.,
ECLI:EU:C:2014:2; da ultimo ribadito ai punti 36 e 37, C. giust. 19 aprile 2016, cit.
21
104
Daniela Comande’
stata nel senso che il giudice nazionale, pur tenuto a garantire la piena efficacia del diritto
dell’Unione, non potesse tuttavia applicare in via diretta nei rapporti tra privati le disposizioni di una direttiva, ma al più dovesse recepirne le indicazioni per una interpretazione
conforme, purché non contra legem27. L’unica alternativa per la parte lesa da un soggetto
privato in ragione della inadempienza dello Stato rimaneva l’azione di responsabilità nei
confronti di quest’ultimo al fine di ottenere il risarcimento del danno subito28. I casi Mangold, Kücükdeveci e Dansk Industri, pur non comportando l’abbandono di questa consolidata giurisprudenza sui limiti di efficacia delle direttive, hanno tuttavia aperto un nuovo
fronte di tutela delle situazioni giuridiche rilevanti nei rapporti interprivati. In tutte e tre le
vicende il principio di non discriminazione in ragione dell’età ha, infatti, costituito il grimaldello per aprire un importante varco ermeneutico nella giurisprudenza consolidata, la
cui portata in termini di profondità ed estensione è ancora in via di assestamento e tutta da
verificare con riguardo agli altri diritti fondamentali menzionati dalla Carta. A fronte della
impraticabilità dell’interpretazione conforme, si è infatti messa in campo una strategia idonea a garantire l’effetto diretto orizzontale del diritto fondamentale alla non discriminazione per ragioni di età, attraverso la mediazione della direttiva che ad esso dà espressione
concreta29. A leggere attentamente le parole della Corte, da Kücükdeveci in poi, sembra
che si instauri un circuito virtuoso tra affermazione del diritto contenuto in una delle fonti
primarie e fonti secondarie specificative, rispetto al quale le seconde (in particolare le
direttive) fungono da trigger idoneo a far scattare la consueta efficacia diretta orizzontale
riservata alle tutele sancite a livello primario. Per la verità, la preoccupazione principale
della Corte sembra sì quella di dare linfa vitale al principio di non discriminazione per età,
ma senza intaccare l’assetto consolidato del sistema delle fonti e la loro relativa efficacia. Il
risultato è un gioco di incastri tra diritto primario e secondario in cui viene minimizzato il
«ruolo che il diritto derivato svolge, sia come condizione preliminare per l’applicazione del
principio, sia come norma specifica di attuazione del principio»30. Ciononostante, in Dansk
Industri i giudici, pur mantenendo la stessa inossidabile ‘ipocrisia ortodossa’, scrivono
che lo strumento della direttiva, sebbene non ampli la portata delle tutele accordate dal
principio, definisce un quadro più preciso nella determinazione delle diverse possibilità di
deroga e del loro ambito di applicazione31. Da questo come da altri passaggi della sentenza
27
Punto 100, C. giust., 15 aprile 2008, n. 268/06, Impact, in Racc., 2008, 2483; punto 25, C. giust., 24 gennaio 2012, n. 282/10, Maribel
Dominguez, in ECLI:EU:C:2012:33; nonché punto 39, C. giust., 15 gennaio 2014, cit. e punto 32, C. giust., 19 aprile 2016, cit.
28
C. giust. 19 novembre 1991, nn. 6/90 e 9/90, Francovich e a., in Racc., 1991, 5357.
29
Punto 50, C. giust., 19 gennaio 2010, cit.; punti 74-76, C. giust., 22 novembre 2005, cit.; punto 22, C. giust., 19 aprile 2016, cit.
30
Ballestrero, Pensionati recalcitranti e discriminazione fondata sull’età, in LD, 2011, 1, 153, dove l’autrice mette efficacemente
in evidenza le contraddizioni del ragionamento della Corte in relazione al ruolo di mediazione inevitabile svolto dalla direttiva.
Nonostante la direttiva 2000/78/CE abbia costituito la «condizione preliminare per fare entrare la normativa nazionale contestata
nella sfera di applicazione del diritto comunitario» e la Corte abbia «dovuto applicare le regole dettate dalla direttiva in ordine alla
giustificazione della disparità di trattamento (…) erroneamente la Corte nega che sia proprio la direttiva a rendere applicabile il
principio».
31
Punto 23, C. giust., 19 aprile 2016, cit.
105
Giurisprudenza
è inevitabile dedurre il ruolo di rilievo rivestito dalla direttiva, nonostante la persistente
resistenza della Corte nel riconoscerne un effetto diretto orizzontale.
Al di là di questi profili di criticità, le aperture dell’innovativo approccio lasciano margini di indeterminatezza applicativa già entro il complesso àmbito del principio di non
discriminazione; ma è evidente come altre ricadute significative (e insieme più gravide di
incertezze) siano legate alla possibilità di estenderne l’applicazione ad altri ambiti. La vis
expansiva del ragionamento è strettamente correlata alla chiarezza dispositiva della fonte
primaria e i principi della Carta non sono aprioristicamente esclusi dall’effetto diretto orizzontale32: questo consentirebbe di riarticolare la distinzione tra diritti e principi – per vero
non sempre cristallina – accordando anche a questi ultimi, in presenza di certe condizioni,
un serio livello di soddisfazione33.
L’altro profilo di interesse per la controversia in esame riguarda le concrete competenze
di cui è investito il giudice nazionale che si trovi nell’impossibilità di procedere a un’interpretazione conforme del diritto nazionale, nell’ambito di un procedimento che coinvolge
il principio generale della non discriminazione in ragione dell’età, quale espresso concretamente nella dir. 2000/78. Qui la frizione si consuma, nel diritto sostanziale, tra la tutela
giuridica (diritto soggettivo evocabile dai privati) che il diritto dell’Unione attribuisce ai
soggetti dell’ordinamento – con il conseguente rimedio estremo della disapplicazione – e
il principio di certezza del diritto – con annessa tutela del legittimo affidamento che il
privato (datore di lavoro) ripone nella norma vigente nell’ordinamento interno. Il delicato
bilanciamento operato dalla Corte la induce a concludere che la forza del principio di non
discriminazione per ragioni di età è tale da prevaricare, se necessario attraverso l’extrema
ratio della disapplicazione, i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo
affidamento34. In questi termini, l’assetto di competenze del giudice interno potrebbe subire una estensione in termini quali-quantitativi, e questi acquisirebbe a pieno titolo il
ruolo di «’custode’ delle norme (in senso lato) ‘costituzionali’ europee, anche attraverso la
disapplicazione del contrastante diritto interno35.
32
Seifert, L’effet horizontal des droits fondamentaux, in Revue trimestrielle de droit européen, 2012, 4, 801 ss.
Il primo banco di prova relativo all’art. 27 della Carta ha dato esito negativo. La Corte di Giustizia ha fornito una lettura restrittiva
del percorso argomentativo intrapreso con riguardo al principio di non discriminazione per età (punto 45, Corte giust. 15 gennaio
2014, n. 176/12, cit.), obliterando per l’art. 27 le argomentazioni a sostegno di un diritto soggettivo di rango costituzionale dotato di
forza precettiva – direttamente invocabile dinanzi ai giudici anche nei rapporti interprivati – e assegnando prevalenza alla necessità
dell’intermediazione dei legislatori, «chiamati a promuovere e a trasformare il principio in una realtà giuridica conoscibile» (punto 50,
Conclusioni dell’A.G. Pedro Cruz Villalón).
34
Punti 38 ss., C. giust., 19 aprile 2016, cit.
35
Sciarabba, La sentenza Kücükdeveci e le prospettive della giustizia costituzionale europea, in www.europeanrights.eu, 2010, 15; ancora
più esplicitamente Bronzini, Rapporto di lavoro, diritti sociali e Carte europee dei diritti. Regole di ingaggio, livello di protezione,
rapporti tra le due Carte, in WP D’Antona, INT, 118/2015, 4, il quale valorizza il ruolo del «Giudice naturale dei diritti, il Giudice
ordinario nazionale» come organo centrale del sistema giudiziario multilvello per la tutela dei diritti sanciti nella Carta di Nizza e
prefigura una «doppia gerarchia, parallela ma distinta, che va da questi alle Corti costituzionali nazionali e su altro versante alla Corte
di giustizia attraverso il rinvio pregiudiziale o le forme più dirette di implementazione del diritto Ue, dall’applicazione conforme alla
disapplicazione del diritto interno contrastante». Cfr. anche Izzi, La Corte di Giustizia, op. cit., 137 ss., la quale configura uno «scacco
realizzato a danno dell’ordinata ripartizione di poteri e competenze tra Unione europea e Stati membri risultante dai Trattati». Sulla
33
106
Daniela Comande’
A fronte di un quadro sovranazionale sufficientemente delineato la Corte di appello
milanese, senza dichiarazione esplicita, compie la scelta ardita di neutralizzare la norma
interna contraria al diritto UE e non suscettibile di interpretazione conforme, disapplicandola e richiamando sommariamente il filone giurisprudenziale europeo già tracciato. L’ordinanza della Cassazione, più prudentemente segue la via classica del rinvio pregiudiziale.
Le regole che governano il dialogo tra giurisdizioni nazionali e Corte di Giustizia chiariscono come un giudice di ultima istanza sia tenuto a rivolgersi alla Corte di Giustizia «salvo
qualora esista già una giurisprudenza in materia (…) o qualora non vi sia nessun dubbio
quanto alla corretta interpretazione della norma di diritto di cui trattasi»36. Viceversa, se la
giurisprudenza della Corte è già dotata di chiarimenti sufficienti, soprattutto in assenza di
ragioni derogatorie giustificatrici, il giudice interno è chiamato a decidere «circa l’esatta interpretazione del diritto dell’Unione e l’applicazione di quest’ultimo alla situazione di fatto
che esso constata»: non è un obbligo legittimante la successiva disapplicazione quello di
sollevare la questione pregiudiziale, ma una mera facoltà37, certamente ammessa ma poco
giustificata in presenza di presupposti certi di disapplicazione.
Nel caso Abercrombie non pare revocabile in dubbio (i) che l’oggetto del contendere
verta sul principio generale della non discriminazione in ragione dell’età, quale espresso
concretamente nella direttiva 2000/78 e soprattutto (ii) – come la stessa Corte di legittimità rileva – che la disciplina in discussione non prefiguri neanche latamente le ragioni di
deroga ammesse in ipotesi di violazione del divieto né, come anticipato, fornisce ausilio
in tal senso alcun passaggio della relazione di accompagnamento alla ben nota Legge
Biagi, ed anzi il confronto con la formulazione iniziale della norma esclude ulteriori intenzioni e finalità del legislatore. L’assertività che connota la sequenza di pronunce decise
a Lussemburgo riafferma la primauté del principio e la sua peculiare estensione e queste
caratteristiche avrebbero dovuto avere una maggiore incidenza sulla decisione maturata
in piazza Cavour. Sul collegio giudicante gravava in certa misura l’obbligo di confermare,
nell’ambito delle sue competenze, «la tutela giuridica che il diritto dell’Unione attribuisce
ai soggetti dell’ordinamento, garantendone la piena efficacia e disapplicando, ove necessario, ogni disposizione della normativa nazionale contraria» al principio38. Al più, il rispetto
delle competenze nazionali dei giudicanti poteva suggerire, in luogo della disapplicazione
diretta, un dialogo con la Corte costituzionale per una valutazione sull’abrogazione della
disposizione, al fine di evitare tensioni interne all’ordinamento giurisdizionale. La questione conferma come il tema del «sindacato diffuso di compatibilità comunitaria mediante
disapplicazione da parte dei giudici di norme di legge che essi stessi ritengano, o che la
stessa lunghezza d’onda sembra collocarsi Nunin, L’utilizzo dei princìpi generali nella giurisprudenza europea, in RGL, 2013, 2, I, 289,
secondo la quale questi nuovi scenari prefigurano un ruolo da protagonisti anche per i giudici nazionali.
36
Raccomandazioni, cit., C-338/2, punti 12 e 13.
37
Cfr. chiaramente in tal senso il punto 54, C. giust., 19 gennaio 2010, cit. e il punto 77, C. giust., 22 novembre 2005, cit.
38
Punto 36, C. giust., 19 aprile 2016, cit. che richiama punto 51, C. giust., 19 gennaio 2010, cit.
107
Giurisprudenza
Cgue abbia giudicato, in contrasto con il diritto dell’Ue»39 sia cruciale per i futuri sviluppi
del processo di effettività del diritto euro-unitario. Tra gli operatori del diritto, ma non solo, c’è chi prefigura già un «nuovo ordine giurisdizionale che apre le porte ad una nuova
nomofilachia europea»40 in cui la cooperazione tra Corti ricalibra le funzioni del giudice
nazionale tra cessioni di supremazia e acquisizione di sovranazionalità.
Daniela Comande’
39
Ballestrero, op. cit., 155, che ben focalizza la netta separazione e indipendenza tra ricorso pregiudiziale alla Corte di Giustizia
(per questioni di diritto UE) e ricorso preventivo al giudice costituzionale (questioni di legittimità), sul cui sfondo risiede l’annosa
problematica (tutta interna) del possibile scavalcamento del giudice costituzionale nazionale. L’apertura ad un sindacato diffuso di
legittimità comunitaria è ipotizzata da Conti, Il problema delle norme interne contrastanti con il diritto dell’Unione non immediatamente
efficace fra rimedi interni ed eurounitari, in Falletti, Piccone (a cura di), L’integrazione attraverso i diritti. L’Europa dopo Lisbona,
Aracne, 2010, 293. Secondo la più accreditata dottrina sul tema, il principio di non discriminazione nei sistemi multilevel gioca proprio
il ruolo di forzare «i limiti della ripartizione di competenze tra centro e periferia, e di estendere la giurisdizione delle corti chiamate
a darvi applicazione», così Barbera, Introduzione, in Id. (a cura di), Il nuovo diritto antidiscriminatorio, cit., XLV.
40
Conti, Il rinvio pregiudiziale alla Corte UE: risorsa, problema e principio fondamentale di cooperazione al servizio di una nomofilachia
europea, Relazione al Convegno presso la Corte di Cassazione del 29 ottobre 2014 sul tema Le questioni ancora aperte nei rapporti
tra le Corti supreme nazionali e le Corti di Strasburgo e di Lussemburgo, 34, at http://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/
resources/cms/documents/23_ottobre_relazione_Conti.pdf, il quale ricostruisce, sulla scorta di ampia giurisprudenza sovranazionale,
il tema del rinvio pregiudiziale «come principio fondamentale di cooperazione di un ordine giudiziario costituito da organi nazionali
e sovranazionali» (2). Cfr. anche Barone, The European «nomofilachia» network, in RIDPC, 2013, 2, 366, per il quale «in the European
nomofilachia network the national local-nodes, ‘lower’ Courts and pubblic administrations, have some interpretative autonomy».
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