link to 6MB PDF of book - Association for Mexican Cave Studie

Transcript

link to 6MB PDF of book - Association for Mexican Cave Studie
“LE GROTTE DI NAICA: ESPLORAZIONE, DOCUMENTAZIONE, RICERCA”
RIASSUNTI
A cura di
Paolo Forti
Sabato 15 Dicembre 2007
Dipartimento di Scienze della Terra e Geologico-Ambientali
Università di Bologna
Via Zamboni 67
PROGRAMMA
Ore 8.30 Registrazione dei partecipanti
9.15
Parole di Benvenuto. (Pierluigi Rossi, Direttore del dipartimento) ………………… p. 7
9.20
Introducing La Venta Esplorazioni Geografiche (Antonio De Vivo) …………………
9
Relazioni Scientifiche
9.30
1- The Naica Project (Antonio De Vivo, La Venta) ......................................................
11
9.45
2- Geologia e idrogeologia di Naica (Italo Giulivo, Marco Mecchia, Leonardo Piccini,
Francesco Sauro, La Venta e Università di Firenze e Padova) ……………………… 15
10.00 3- L’organismo umano e le Grotte di Naica (Giuseppe Giovine, CNSAS e La Venta) . 19
10.15 4- Il sistema di sopravvivenza nella Cueva de los Cristales, Naica (Giovanni Badino e
Giuseppe Casagrande, Università di Torino e La Venta) ……………………………. 23
Ore 10.30-11.00 Pausa
11.00 5- Documentare le Grotte di Naica: le foto e i film (Tullio Bernabei La Venta e
Speleoresearch & Films, Mexico City) …………………………………………….. 25
11.15 6- Il rilievo con tecnologia laser scanner (Roberta Tedeschi, Virtualgeo e La Venta) . 29
11.30 7- Micro-meteorologia della Cueva de los Cristales, Naica(Giovanni Badino, Università di
Torino e La Venta) ……………………………………………………………………. 33
11.45 8- The geochemistry of Naica Waters and their links with the mineral assemblages (Sandra
Briceño-Prieto, Raymundo G. Martínez-Serrano Juan Pablo Bernal, UNAM, Messico;
Bruno Capaccioni, Università di Bologna) …………………………………………… 35
12.00 9- Speleogenesi delle Grotte di Naica (Paolo Forti, Università di Bologna e La Venta) 37
12.15 10- Mineralogia delle Grotte di Naica (Ermanno Galli, Antonio Rossi, Università di
Modena - Paolo Forti, Università di Bologna e La Venta) …………………………… 39
Ore 12.30-14.00 pausa pranzo
14.00 11- Difetti strutturali e storia di crescita dei cristalli di gesso di Naica (Eugenio Scandale,
Università di Bari) …………………………………………………………………….. 43
14.15 12- Crystal of Naica and immunology (Emilio Jirillo, Università di Bari) …………… 45
14.30 13- Il laboratorio sperimentale a –590 m nella Miniera di Naica (Paolo Forti & Francesco
Lo Mastro, La Venta e Università di Bologna) ………………………………………. 47
14.45 14- Chronology and growth rate of the Naica gypsum crystals (Stein Erick Lauritzen, Silviu
Constantin, Università di Bergen, Norvegia, Paolo forti Università di Bologna) …….. 49
15.00 15- Fluid inclusion data from the Caves of Naica (Paolo Garofalo, Università di Bologna,
Fricker Mattias & Dettlef Gunther, ETH, Zurigo) ……………………………………. 51
15.15 16- Estudio isotópico del yeso de Naica (Chihuahua, Méjico) (Antonio Delgado, CSIC,
Granada, José Maria Calaforra, Università di Almeria, Stein Erik Lauritzen, Università di
Bergen, Paolo Forti, Università di Bologna) ………………………………………….. 53
15.30 17- Polline e spore di Cueva de Los Cristales e Cueva de Las Espadas (Anna Maria
Mercuri, Mara Loreti e Isabella Massamba N’siala, Università di Modena,) ………... 55
Ore15.45-16.00 pausa
16.00 18- Naica Geobiology project (Penelope Boston, Università del Nuovo Messico ) …. 59
16.15 19- ¿Cual puede ser el futuro de las Cuevas de Naica? (Josè Maria Calaforra, Università di
Almeria, Giovanni Badino, Università di Torino, Paolo Forti Università di Bologna, Stein
Erik Lauritzen, Università di Bergen, Antonio Delgado, CSIC Granada) ……………. 61
16.30 Discussione generale/General discussion (modera Paolo Forti, Università di Bologna e La
Venta)
17.30 Chiusura del Convegno
Durante la giornata di studio sarà attiva nell’atrio del Dipartimento una postazione
attrezzata per la visione in stereoscopia dei cristalli di Naica ad opera della
Virtualgeo s.r.l.
PARTECIPANTI
(al 10 Dicembre)
Abiuso Roberto
Agolini Graziano
Anghieri Alessandro
Ayub Soraya
Badino Giovanni
Bellagamba M. Teresa
Bernabei Tullio
Bettega Stefano
Boccanegra Valentina
Boschin Walter
Bottichiari Barbara
Brun Clarissa
Calaforra José Maria
Canevese Erminio
Camporeale Corrado
Capaccioni Bruno
Capella Walter
Casagrande Giuseppe
Castelli Enzo
Chiesi Mauro
Chignola Roberto
Colalongo Luigi
Colalongo Maria
Chiara
Columbu Andrea
Conca Corrado
Contarini Renzo
Contessotto Mara
Costa Paolo
Cremonini Stefano
Cucchi Franco
Cucco Antonio
Dal Rio Giorgio
Dal monte Claudio
Delgado Antonio
Dettlef Gunther
De Vivo Antonio
De Waele Jo
Domenici Davide
Donati Cristina
Emiliani Giancarlo
Ercolani Massimo
Fabbri Pier Luigi
Felice Gianluigi
Ferrieri Paolo
Finocchiaro Furio
Forti Paolo
Fregola Anna
Gaddi Emanuele
Galeazzi Carla
Galli Ermanno
Garofalo Paolo
Gasparetto Paolo
Gazquez Fernando
Germani Carlo
Giovine Giuseppe
Giulivo Italo
Grani Sergio
Grimandi Paolo
Gruber Natasha
Jirillo Emilio
Klotz Sophieein Erick
Liverani Massimo
Lo Mastro Francesco
Loreti Anna
Lucci Piero
Mancini Claudia
Marchesi Gianpietro
Mecchia Marco
Melone Nicola
Mercuri Anna Maria
Mileca Adriana
Montanino Daniela
Naseddu Angelo
Neuroni Fabio
Pagliara Antonio
Pasini Giancarlo
Piancastelli Serena
Pavanello Aurelio
Pavarotti Alberto
Pedrelli Romano
Perissinotto M. Luisa
Piccini Leonardo
Pinna Giampiero
Ponzoni Gabriele
Rabbi Ernesto
Razzuoli Massimo
Roncoroni Maurizio
Rossi Antonio
Rossi Pierluigi Maria
Sanna Laura
Santini Antonella
Savino Giuseppe
Sauro Francesco
Silvestro Chiara
Sivelli Michele
Tedeschi Roberta
Todini Giuseppe
Turina Alice
Vai Giovanbattista
Visentin Luca
Zenegaglia Nucci
Zick Tobias
Zini Luca
6
PAROLE DI BENVENUTO
E’ un grande piacere per me dare il benvenuto nel Dipartimento di Scienze della Terra e GeologicoAmbientali dell’Università di Bologna a tutti i partecipanti alla giornata di Studio sulle “Grotte di
Naica: esplorazione, documentazione e ricerca”.
In particolare ringrazio i relatori che, in alcuni casi, hanno affrontato un lungo viaggio per essere
oggi presenti qui e condividere con noi le ricerche che stanno portando avanti.
Il Dipartimento da me diretto ha deciso da subito di appoggiare in toto questa manifestazione per
vari motivi.
Innanzitutto la consapevolezza dell’attualità e dell’importanza del tema trattato: infatti, dalla loro
scoperta nel 2000, attorno a questi eccezionali monumenti geologici si è manifestato un grande
interesse mediatico cui è necessario rispondere anche in termini di scienza e conoscenza, ed è quello
che si sta cominciando a fare organicamente proprio con la riunione di oggi.
A questo si aggiunge poi il giusto orgoglio di sapere che, in questo progetto, la ricerca geologicomineralogica è coordinata, e in parte anche effettuata, da personale di questo Dipartimento.
Vi è poi il fatto, non secondario, che il carsismo e la speleologia, da sempre, hanno costituito un
aspetto importante delle nostre attività: a cominciare da Capellini nell’ultima parte del 1800 per
proseguire con Gortani nella prima metà del ‘900 e con gli accordi che, alla fine del secolo scorso,
hanno portato alla realizzazione del Centro di Documentazione Speleologica “F.Anelli” e a fissare
proprio presso di noi la sede ufficiale della Società Speleologia Italiana. Inoltre è sempre stata
l’Università di Bologna nel 1984, prima in Italia, ad istituire un corso universitario di Speleologia.
Tornando al tema della Giornata di oggi, a mio parere, va posto l’accento sulla modernità e attualità
di questo studio: si tratta infatti di un progetto “globale”, multidisciplinare, non limitato all’ambito
delle Scienze della Terra, che mira anche a dare un futuro stabile e certo a queste incredibili grotte,
aspetto questo che è stato molto apprezzato quanto, nello scorso Ottobre, è stato presentato
ufficialmente all’UNESCO.
Un altro aspetto che ritengo debba essere evidenziato è come questo progetto non sia stato
predisposto e finanziato secondo i normali canali della ricerca, ma sia tutto merito di una
Associazione, che, su basi assolutamente volontaristiche, ha ideato prima e coordinato poi i vari
aspetti del progetto, trovandone anche, in buona parte, i finanziamenti necessari attraverso canali
“non convenzionali”. Credo che tutto questo debba essere ponderato attentamente e, in un certo
senso, preso ad esempio da quanti, in futuro, vorranno continuare a fare studi di eccellenza anche in
un periodo che vede i finanziamenti specifici per la ricerca ridursi sempre di più.
Con questo rinnovo il mio ringraziamento ai relatori e a quanti hanno reso possibile la riunione di
oggi.
Buon lavoro,
Pierlugi Maria Rossi
Direttore del Dipartimento
di Scienze della Terra e
Geologico-Ambientali
dell’Università di Bologna
7
8
De Vivo A. 1
INTRODUCING LA VENTA-ESPLORAZIONI GEOGRAFICHE
La Venta is an Italian no profit association that also includes explorers from Argentina and Mexico.
Founded in 1990, La Venta organizes and carries out geographical and speleological
multidisciplinary research projects all over the world. Since its foundation it has organized more
than 50 expeditions, involving hundreds of cavers, researchers and experts in different fields.
Throughout the years the group has grown to reach international recognition thanks to its successes,
achieved in the course of research projects in remote areas of the Planet, at different latitudes and
climate conditions.
The main projects carried out until now:
Samarkand Project, Uzbekistan
Rio La Venta Project, Mexico
Cuatro Ciénegas Project, Mexico
Ice caves Project, European glaciers, central Asia, Patagonia, Antarctica
Puerto Princesa Subterranean River, Philippines
Quartzite Project, Venezuela
The leading idea of La Venta is to widen the horizon of caving into a “geography of the
underground world”. From the initial focus on caves, La Venta's explorations turn into complex
endeavors that see the participation of large numbers of researchers. This leads to move from a
single exploration expedition to a multidisciplinary project, that may take years to be completed.
La Venta’s mission may be summarized into four main steps:
- Exploration, structured into:
- preliminary surveys
- technical and logistical planning
- exploration missions
- Research, including:
- cave mapping
- geology and hydrology
- mineralogy
- hypogeal climate
- archaeology
- medicine
- Documentation and communication, based upon:
- scientific papers
- popular magazines
- multi-language books
- photography
- documentaries
- collaboration with international producers and broadcasters
Producing high-quality documentation has always been one of the main aims of the Association;
this has led to the publication of reportages on the most renowned national and international
1
President of La Venta
9
journals, to the publication of five large-format books, to the making of two multimedia CD-ROMs
and to the filming of numerous documentaries that have been broadcast all around the world.
- Conservation, aiming at:
- collaborating with local authorities
- contributing to the protection of natural reserves and endangered areas
La Venta often works in protected areas, national parks, Unesco World Heritage sites. In some
occasions, as is the case of the Reserva El Ocote in Chiapas, Mexico, or the Área Natural Protegida
de Cuatro Ciénegas, in Coahuila, La Venta’s data have given local authorities the opportunity to
obtain the widening of the sites and further resources. In other cases, La Venta’s research and
documentation work cast a light on unknown aspects of protected sites, i.e. the Puerto Princesa
Subterranean River, Palawan, Philippines.
Further info at www.laventa.it
Fig. 1 – Dots locate the main areas in which La Venta made explorations and research
10
De Vivo A. 2
THE NAICA PROJECT
Naica is a typical mining centre in the state of Chihuahua, northern Mexico (latitude 27°52’00”N –
longitude 105°26’15”W – altitude 1500 m asl). The name Naica seems to derive from the
tarahumara words nai (place) and ka (shade), that is “place in the shade”, probably due to the
shade cast by the isolated sierra on the surrounding plain.
The history of Naica is strictly connected to its mining activity, dating back to the end of the 18th
century. Since 1998 the mine is property of the Compañía Minera Peñoles. The mine produces
silver (second most productive in Mexico), gold, lead, zinc, copper.
In 1910, at a depth of 120 m, some miners discovered an 80 m long cave covered with 2 m long
selenite crystals, Cueva de las Espadas.
In April 2000, the brothers Eloy and Francisco Javier Delgado, during an excavation at the depth of
300 m, discovered Ojo de la Reina, a small cave with big crystals. A few days later the miners
discovered Cueva de los Cristales, hosting giant selenite crystals Fig. 1).
The environmental conditions were extreme (almost 50 °C, 100 % humidity) and the survival time
did not exceed a few minutes.
In January 2001 a first visit to the cave was carried out by Carlos Lazcano, Claude Chabert, Enrique
Alejandri Escoto and Carlos Valles Carrillo.
In May 2002 a first visit was carried out by La Venta: Tullio Bernabei, Antonio De Vivo, Italo
Giulivo and Carlos Lazcano reached the bottom of the chamber filming and shooting photos.
In October 2002 a second visit organized by La Venta saw Giovanni Badino, Paolo Forti, Carlos
Lazcano and Paolo Petrignani. The first environmental measurements gave a temperature of 47.38
°C and humidity close to 100 %.
Fig. 1 – General view of Cueva de los Crystales (photo La Venta and Speleoresearch & Films)
2
President of La Venta,
11
In the period 2004-2006 La Venta studies and produces specific equipment and exploration
protocols for the cave extreme environmental conditions, which may be summarized into:
• Refrigerated suits
• Refrigerated breathers (heat exchangers)
• Communication devices
• Medical support and protocols
• Logistical support
• Rescue protocols
In 2006 a joint agreement for the study and documentation of the cave is signed by La Venta with
Speleoresearch&Films, C/Producciones and Peñoles Mining Company (Fig. 2)
Fig. 2 – The structure of the Naica Project
The Project aims at giving an answer to the following main questions:
1. Why did such big crystals grow?
2. When did this happen?
3. How long did it take?
4. Which relationship exists between the ore deposit and the crystals?
5. Was the crystals evolution at least partially influenced by micro-organisms?
6. Did the evolution of the gypsum crystals lead to the formation of new shapes?
7. What was the speleogenetic evolution of the Naica caves?
8. Apart the gypsum crystals, what kind of speleothems are present in the natural caves of Naica?
9. What is the evolution of the caves now?
10. What is the impact of human activity?
11. How to preserve the caves of Naica and at the same time allow their public fruition?
For this reason a multidisciplinary team has been organized (Fig. 3)
12
Fig. 3 – The scientific panel
Involved universities and/or laboratories:
Università di Torino, Dip. Fisica Generale
Università di Bologna, Dip. Scienze della Terra
Università di Modena e Reggio Emilia, Dip. Scienze della Terra, Dip. di Paleobiologia
Università di Firenze, Dip. Scienze della Terra
Università di Bari, Dip. Geomineralogico, Dip. di Medicina Interna e Immunologia
Politecnico di Milano, Polo Reg. Lecco, Laboratorio Sensibilab
Virtualgeo srl, Sacile/PN, Venezia, Terni
Universidad de Almeria, Spagna, Dep. de Hidrogeologia y Quimica Analitica
Estacion Experimental del Zaidin - CSIC, Granada, Spagna
Università di Bergen, Norvegia, Dept. of Earth Science
ETH Zurich, Svizzera
New Mexico Tech, Socorro, USA
New Mexico University, Albuquerque, USA, Dept. of Biology
Universidad Nacional Autonoma de Messico, Città del Messico, Instituto de Geologia
Sponsors and technical supports
Electrolux
Napapjiri
Livenza Viaggi
Ferrino
Laura Ochner
G&D Cucine
Garmond
Driesen+Kern
Grotte di Castellana
GTLine
Testo
Set-in
VirtualGeo
13
14
Giovine G. 1
L’ORGANISMO UMANO E LE GROTTE DI NAICA
L’uomo possiede un meccanismo capace di garantire l’omeostasi termica in condizioni di ampia
variabilità della temperatura ambientale, di modo che possa essere garantita l’ottimale temperatura
corporea di 37°C (in questa esposizione prenderò in considerazione, per ovvie ragioni, unicamente
le variazioni relative all’incremento della temperatura). Tale processo va sotto il nome di
termoregolazione, ovvero meccanismo capace di garantire un equilibrio fra riscaldamento e
dissipazione del calore.
Il riscaldamento, consegue alla produzione endogena da parte dei processi metabolici, sia quelli di
base che secondari all’esercizio fisico o condizioni patologiche, oltre che alla trasmissione al corpo
del calore ambientale. A riposo, i processi metabolici di base producono circa 1kcl/kg/h, potendo
così incrementare la temperatura corporea di 1,1 °C/h, se i processi di controllo della temperatura
non funzionassero. In corso di attività fisica, la produzione di calore può incrementare più di 10
volte i livelli basali raggiungendo le1000 kcal/h e oltre.
La dissipazione, segue la fisica della perdita di calore per conduzione, convezione, irraggiamento ed
evaporazione. L’uomo rilascia calore nell’ambiente esterno tramite la traspirazione del sudore
(evaporazione), l’irraggiamento (radiazione), tramite flusso d’aria e trasporto di calore in essa e nel
vapore acqueo (convezione) ed ancora attraverso il contatto con superfici fredde (conduzione). Fra
tutti questi meccanismi solo i primi due sono ad elevato rendimento ed efficacia. L’ irraggiamento
(di onde elettromagnetiche) può disperdere fino al 65% del calore in eccesso, ma è possibile
laddove sia presente un gradiente termico fra il corpo e l’ambiente (°t ambiente < 35°C).
L’evaporazione cutanea, con la sudorazione e la salivazione, può consentire la dispersione fino al
30% del calore, sempre che via sia una percentuale di umidità nell’aria tale da consentire
l’evaporazione stessa. Pertanto: quando la temperatura ambientale supera i 35°C, l’unica modalità
di dispersione del calore resta l’evaporazione, ma quando l’umidità ambientale sfiora il 100%
anche l’evaporazione non è più efficace. In queste condizioni il corpo perde totalmente capacità di
dissipare calore.
L’aumento della temperatura corporea determina delle modificazioni della circolazione sanguigna,
finalizzate ad allontanare, dall’interno verso l’esterno, il sangue riscaldato per favorirne il
raffreddamento. In questo modo gli organi vitali sono protetti dal surriscaldamento. Si verifica
infatti una dilatazione dei vasi in periferia ed una costrizione di quelli centrali; il cuore aumenta la
sua frequenza con un’accelerazione importante dei battiti ed un aumento considerevole della portata
(quantità di sangue pompato nel tempo). Ci saranno cellule che inizieranno a soffrire di questa
situazione: saranno così prodotti elementi tossici per l’organismo, ma al tempo stesso anche delle
importanti proteine ad azione protettiva. La produzione di queste proteine protettive è funzione di
un eventuale periodo di acclimatazione al regime di temperatura ed umidità, oltre che dalla presenza
di malattie, debilitazione, età avanzata. E’ pertanto fondamentale acclimatarsi, per adattarsi ad un
clima caldo umido, soprattutto se in condizioni estreme. L’acclimatazione richiede da alcuni giorni
ad 1-2 settimane per produrre i seguenti effetti:
§ la sudorazione inizia più precocemente, in quantità maggiore ed a più basso contenuto di sali
minerali. Un individuo non acclimatato produce circa 1 lt/h di sudore a mezzo del quale può
disperdere 580 kcal. Un individuo bene acclimatato può arrivare a produrre 2-3 lt/h di
sudore con una dissipazione di oltre 1700 kcal. Eseguendo un lavoro particolarmente
pesante in una giornata di intenso calore, un individuo può arrivare a produrre 8-10 lt di
sudore
§ cardiovascolari: aumentano la gittata cardiaca e le performances cardiovascolari. La quantità
di sangue che raggiunge la periferia del corpo, può arrivare fino ad 8 lt/min
1
La Venta Exploring Team – Medico Speleologo
15
§
endocrinologici: garantiscono il risparmio di sali minerali ed espandono il volume
plasmatici
§ renali, con un aumento delle capacità di filtrazione
§ produzione delle proteine protettive nei confronti delle sostanze tossiche prodotte dalle
distruzioni tissutali
E’ bene ricordare che molte proteine, costituenti essenziali dell’organismo vivente, sono denaturate
a temperature superiori ai 45°, perdendo la loro struttura tridimensionale, quindi le loro funzioni.
Permanenze a 45° per tempi fra i 45’ e le 8h sono causa di danni cellulari, che possono determinare
la morte di tessuti.
Esistono due gradi diversi di patologia da calore: lo sfinimento ed il colpo di calore.
Lo sfinimento da calore
si manifesta con valori
di temperatura interna
non superiori ai 41°C. i
sintomi
di
accompagnamento sono
vari e non specifici:
affaticamento,
debolezza
intensa,
senso di svenimento,
nausea, vomito, cefalea,
crampi
e
dolori
muscolari,
irritabilità
psichica,
tachicardia
che non recede col
riposo.
Fig.1- uno speleologo con sacchetti
di ghiaccio sotto la nuca e le acellle
per favorire la discesa della
temperatura corporea (Archivo La
Venta e Speleoresearch & Films)
Fig. 2- controlli dei parametri vitali
dopo una lunga permanenza
all’interno della Cueva de los
Cristales (Archivo La Venta e
Speleoresearch & Films)
16
Il colpo di calore si presenta con temperatura interna maggiore di 41°C. si manifesta soprattutto con
disturbi psichici: perdita di coscienza, della capacità di giudizio, rallentamento dell’ideazione,
allucinazioni, confusione, disorientamento, fino al coma. Ma anche con insufficienza cardiaca e
shock, aumento della coagulabilità ematica, insufficienza renale ed edema polmonare.
Pertanto, al fine di migliorare le performances fisiche, ma soprattutto per ridurre le probabilità di
patologia da calore è consigliato:
§ effettuare un training di preparazione, che permetta un’acclimatazione ottimale. Per almeno
una settimana occorre condurre un allenamento di circa 60-90 minuti al giorno, ad intensità
crescente, ma soprattutto in condizioni di elevata temperatura ambientale
§ fare precedere l’attività a rischio, da una doccia o un bagno caldo
§ bere circa 400-500 ml di liquidi freschi, prima dell’esposizione. E’ meglio che non sia
semplice acqua, ma una soluzione a bassa concentrazione salina (circa 200mOsm/lt), come
lo sono molti preparati per attività sportive
§ controllare il peso corporeo prima e dopo l’esposizione, in quanto indice accurato della
quantità di liquidi persi: perdite di peso inferiori al 3% non comportano alcun problema:
previa reidratazione, si può continuare il lavoro. Perdite del 5-6% sono già a rischio: le
perdite devono essere reintegrate, ma si può continuare praticando solo lavoro leggero, non
trasportando pesi ad esempio. Perdite di oltre il 7% sono ad elevato rischio, si deve
reidratare, ma si deve anche sospendere immediatamente l’attività e riposare
Inoltre l’attività deve essere immediatamente sospesa al comparire anche solo di uno dei sintomi
sopra elencati.
E’ opportuno gestire correttamente anche la fase di recupero, a termine dell’attività condotta
all’interno della grotta, favorendo il raffreddamento corporeo:
§ il corpo è meglio raffreddato se bagnato con acqua tiepida nebulizzata, sotto il flusso diretto
di un potente ventilatore
§ applicare sacchetti di ghiaccio a livello della nuca, delle ascelle e delle regioni inguinali
§ in caso di malessere grave nessun trattamento deve ritardare il trasferimento in ospedale
§ l’immersione diretta in acqua fredda è da evitare, perché causerebbe vasocostrizione
periferica con un’inversione del flusso di sangue riscaldato, direttamente e massivamente,
verso il centro del corpo. Comparirebbe tremore, quindi ulteriore innalzamento della
temperatura corporea e perdita totale del sistema di controllo.
BIBLIOGRAFIA
Yarbrough B, Bradham A. Heat illness. In: Emergency Medicine: Concepts and Clinical Practice.
4th ed. St. Louis, Mo:. Mosby Year Book;1998:986-1002.
Robert S Helman, Heatstroke, eMedicine, Article Last Updated: Nov 9, 2007
Masterton J.M, Richardson F.A: 1979. Humidex, a metod of quantifying human discomfort due to
excessive heat and humidity, CLI 1-79. Environment Canada, Atmospheric Environment Service,
Downsview, Ontario
A.I.E.S. Associazione Italiana Educazione Sanitaria, sezione Liguria. Prof.G.S.Badolati. Elementi
di Educazione Ambientale
17
18
Giulivo I.1, Mecchia M.1, Piccini L.1,2, Sauro F.1,3
GEOLOGIA E IDROGEOLOGIA DI NAICA
La miniera di Naica si trova nello stato di Chihuahua, nel Messico settentrionale, in un’area dal
clima semiarido, con precipitazioni annue dell’ordine dei 400 mm. Da un punto di vista
morfologico l’area è caratterizzata da una serie di basse dorsali, allungate in direzione NW-SE,
costituite da strutture plicative e da thrust NE vergenti. La miniera si apre sul fianco settentrionale
della sierra de Naica, una modesta dorsale anticlinalica, costituita da rocce carbonatiche, orientata
NW-SE, lunga 12 chilometri e larga 7, che affiora da una vasta pianura alluvionale.
A livello regionale la sequenza carbonatica è costituita da calcari, calcari dolomitici e dolomie
carbonatiche, a volte intervallate da interstrati lutitici, depositatesi su una sequenza evaporitica
dell’Aptiano, che non è stata incontrata durante i lavori minerari, ne con i carotaggi che si sono
spinti oltre 1 chilometro di profondità. Attualmente quindi tutti i lavori minerari interessano solo
parte della sequenza carbonatica.
Più in dettaglio, nell’area di Naica, la sequenza stratigrafica comprende, dal basso verso l’alto:
Formazione Aurora (KiA) - Si tratta della unità stratigrafica più antica
affiorante nell’area. Sono calcari di piattaforma che raggiungono uno
spessore di almeno 900 metri. Nell’area della miniera tale formazione è
stata suddivisa in tre membri in base al grado di metamorfismo dovuto
non solo all’originale natura della roccia ma anche alla vicinanza dei
centri di mineralizzazione: Membro inferiore: non affiora nell’area ma
s’incontra esclusivamente nelle zone profonde della miniera. Si tratta di
un marmo grigio scuro in cui non si riconosce la stratificazione,
probabilmente obliterata dal metamorfismo.
Membro intermedio: esposto in superficie sui versanti della Sierra de la
Mina e nella miniera. Si tratta di un marmo grigio chiaro con
stratificazione metrica ben preservata. Questo Membro ospita la totalità
dei macrogeodi di selenite conosciuti.
Membro superiore: s’incontra nelle zone sommitali della Sierra, non
presenta marmorizzazione e consiste di un calcare fossilifero ricco di
rudiste, gasteropodi e foraminiferi.
Formazione Benevides (KiB) - Lutiti calcaree e marne fossilifere di
colore giallo ocra, ricche di fossili. Affiora nella parte sommitale della
Sierra de la Mina.
Formazione Loma de Plata (KiLP) - Affiora nel settore nord della
Sierra de La Mina e in tutte le altre zone della Sierra di Naica. Si tratta di
calcari a stratificazione massiva (da 0,6 a 2 metri) ricchi di fossili, con
alcune intercalazioni argillose, ha uno spessore di circa 450 metri.
Formazione del Rio (KiR) - Non affiora nella Sierra de la Mina ma
solo nella Sierra di Enmedio e del Monarca. E’ un sottile strato di 30 metri di spessore costituito da
lutiti di colore grigio chiaro.
Formazione Buda (KsB) - Calcari di colore grigio, di stratificazione media, con lenti argillose e
strati fossiliferi alternati con orizzonti ricchi di noduli di selce. Non è presente nella Sierra de la
Mina.
1
Associazione Geografica La Venta
Università di Firenze
3
Università di Padova
2
19
Nella Sierra de La Mina s’incontrano
dicchi felsitici con tessitura afanitica.
Tali intrusioni si sono messe in posto
attraverso un antico sistema di fratture
orientato NW-SE o attraverso giunti di
stratificazione. Le intrusioni sono state
datate (K/Ar) a 26,2-25,9 My.
Molti
autori
hanno
sottolineato
l’importanza di tali dicchi nella genesi
del giacimento minerario. In taluni casi
si riconoscono, al nucleo dei corpi
mineralizzati, dei residui della primitiva
intrusione successivamente sostituiti da
endoskarn.
Un
rilievo
magnetometrico
ha
evidenziato un’importante anomalia
magnetica a circa a 1 km di profondità
sotto alla sierra de La Perla. L’anomalia
si estende sotto alla sierra de Enmedio
fino alla valle che la separa dalla Sierra
de la Mina. Recenti carotaggi nella Valle
del Tiro Naica hanno incontrato un
corpo igneo a circa 1140 metri di
profondità. Confermando l’ipotesi che
l’anomalia magnetica sia dovuta alla presenza di un batolite in raffreddamento tuttora allo stadio
idrotermale. Tutta l’area mineraria è infatti ancora sotto anomalia termica: l’acqua che fuoriesce
nelle gallerie minerarie ha una temperatura prossima a 53 °C, mentre uno studio recente ha
evidenziato come queste acque siano d’infiltrazione meteorica con un circuito abbastanza lento,
tanto che il loro tempo di residenza nell’acquifero è attualmente di oltre 50 anni.
La mineralizzazione a solfuri di Pb, Zn e Ag si è formata a seguito della circolazione idrotermale
indotta dai dicchi terziari. I giacimenti, che assumono spesso la forma a “camino” si sono sviluppati
sia all’interno dei dicchi sia nelle formazioni carbonatiche ospitanti: queste ultime, di conseguenza,
sono molto alterate e in parte trasformate in calcosilicati. I principali minerali presenti nel
giacimento sono: pirite, pirrotina, blenda, galena e calcopirite, mentre vene di quarzo, calcite e
anidride si sono formate successivamente all’interno del giacimento, quando i fluidi idrotermali
avevano perso parte della loro temperatura.
Il controllo strutturale sulla localizzazione delle masse mineralizzate è stato esercitato da due
differenti famiglie di faglie, di cui rispettivamente le più importanti sono la faglia Gibraltar e la
faglia Naica. Queste due faglie hanno da sempre controllato la circolazione idrotermale: anche oggi
sono queste strutture che convogliano la quasi totalità delle acque nelle gallerie minerarie profonde
e, non a caso, tutte le grotte incontrate dalla miniera sono in stretta connessione con loro.
Da un punto di vista idrogeologico, le sezioni tratte dalla carta geologica del Messico e lo schema
paleogeografico del Cretaceo indicano che l’affioramento calcareo di Naica appartiene ad una
grande piattaforma carbonatica del Cretaceo, che affiora su una vasta area in numerosi piccoli
rilievi. Nonostante le deformazioni subite dopo la deposizione, i calcari sembrano avere continuità
sotto i depositi alluvionali e vulcanici, e probabilmente anche collegamento idrico.
In mancanza di dati ed informazioni di dettaglio, possiamo considerare l’acquifero carbonatico
come continuo e relativamente omogeneo. Dalle sezioni geologiche disponibili, lo spessore dei
calcari può superare anche i 3000 m. Dove i calcari non affiorano la copertura può raggiungere
spessori molto elevati. Per esempio, fra le sierra del Pajarito e Camargo il tetto della formazione
20
calcarea è a circa 1300 m di profondità, con inevitabili conseguenze sullo scorrimento delle acque
sotterranee.
La regione compresa fra il
Rio San Pedro e il Rio
Conchos, al centro della
quale si trova Naica, è
caratterizzata da numerosi
piccoli affioramenti di
calcari, che emergono dalla
pianura
alluvionale
formando una serie di
colline (nella carta a fianco
sono riportati solo gli
affioramenti calcarei).
I lavori minerari hanno
attualmente raggiunto una
profondità di -760 metri,
quindi 640 m sotto
all’originario livello piezometrico: per procedere con
l’estra-zione dei minerali è
necessario pompare circa 1
m3/s d’acqua.
Il pompaggio determina un
abbassamento della superficie piezometrica il cui effetto sull’assetto idrogeologico a scala regionale
può al momento solo essere ipotizzato sulla base di un modello approssimato dell’acquifero,
ipotizzando che l’acquifero sia limitato alle sole rocce carbonatiche, considerate un mezzo
omogeneo e continuo, e caratterizzato da una anisotropia con permeabilità preferenziale orientata
come le principali famiglie di fratture, cioè in direzione NW-SE, in cui Kmax è circa 1 x 10-5 m/s e
Kmin 2,5 x 10-6 m/s. In questo quadro il cono di depressione avrebbe una forma allungata,
parallelamente a quella delle strutture, ed un raggio di circa 30 km in direzione NW e SE, di 15 km
in direzione SW e di 20-25 km in direzione NE.
Bibliografia
Erwood, R.J., Kesler, S.E., and Cloke, P.L., 1979; Compositionally distinct, saline hydrothermal
solutions, Naica Mine, Chihuahua, Mexico: Economic Geology, v. 74, p. 95-108.
Lang, J.R., 1995; A geological evaluation of the Naica deposit, Chihuahua, Mexico: Internal Report
of Compañia Fresnillo. 109 pp.
Megaw, P.K.M., Ruiz, J., and Titley, S.R., 1988; High-temperature, carbonate-hosted Pb-Zn-Ag
(Cu) deposits of northern Mexico:
Economic Geology, v. 83, p. 1856-1885.
Stone, J.G., 1959; Ore genesis in the Naica District, Chihuahua, Mexico: Economic Geology, v. 54,
p. 1002-1034.
21
22
Badino G. 1, Casagrande G. 2
Il sistema di sopravvivenza nella Cueva de los Cristales, Naica
La temperatura misurate nella Cueva de los Cristales, di per sé, non paiono eccezionalmente
elevate, tanto che in certe zone esterne può essere largamente superata: i più alti valori di
temperatura misurati in atmosfera libera sono stati di 58°C a El Aziz, in Libia, nel 1922 e di 57°C
nella Death Valley, in California, nel 1913.
Il fatto, però, è che l’aria in quelle condizioni è estremamente secca e dunque il corpo umano può
mantenere una temperatura cutanea normale grazie ad una continua evaporazione che permette la
sopravvivenza anche per tempi relativamente lunghi, se si ha a disposizione acqua da bere.
Se invece l’aria si arricchisce di vapor d’acqua la situazione cambia in modo radicale. Da una parte
il meccanismo di evaporazione cessa di funzionare e dunque diventa impossibile liberarsi del
calore. Dall’altra, più gravemente, la pelle e l’interno dei polmoni risultano “pareti fredde” su cui il
vapor d’acqua prende a condensare rilasciando il calore latente di evaporazione.
In pratica l’inibizione dei processi d’evaporazione fa sì che lo stare in un’atmosfera satura di
umidità a temperature superiori a 35-37°C equivalga ad essere immersi in acqua corrente con quella
temperatura, e perciò provoca in breve tempo un colpo di calore per l’impossibilità di smaltire il
calore di base prodotto dal nostro corpo.
A temperature appena superiori, alla produzione di calore basale si aggiunge il calore ricevuto
dall’ambiente e poi, al di sopra dei 42 °C la possibilità di ustioni perché si è superata la temperatura
di denaturazione delle cellule.
La situazione è dunque che, se l’evaporazione cutanea è inibita, una temperatura ambientale al di
sopra di 32-35 °C è fatale in tempi che dipendono dall’attività fisica ma che sono comunque
relativamente brevi, dell’ordine dell’ora, mentre al di sopra dei 42 °C è fatale entro una quindicina
di minuti e, inoltre, si ha il rischio di ustioni, soprattutto a livello polmonare e degli occhi.
Sin dall’inizio abbiamo escluso sistemi di condizionamento attivi. Avrebbero prodotto gas nocivi, la
serpentina di scambio avrebbe dovuto lavorare a temperature alte in modo inaccettabile, c’erano
problemi rilevanti per lo scambio termico col corpo ma soprattutto si sarebbe dipesi dal buon
funzionamento di sistemi complessi, che sappiamo benissimo che in grotta non funzionano mai...
Abbiamo quindi optato per un sistema il più possibile passivo, in pratica utilizzare le enormi
capacità di assorbimento di calore del ghiaccio in fusione: l’acqua è infatti la sostanza che ha di
gran lunga le maggiori capacità di assorbimento di calore in fase di fusione. La massa di ghiaccio
deve avere un doppio ruolo:
1) agire da schermo verso le alte temperature esterne;
2) assorbire il calore prodotto dalla nostra attività fisica.
Questo ha implicato delle scelte abbastanza complesse nel tipo d’accoppiamento termico fra il
ghiaccio e la nostra pelle, da una parte, e fra il ghiaccio e l’ambiente esterno, dall’altra. Di fatto
abbiamo dimostrato che le schermature ottimali verso la pelle e verso l’esterno dipendevano dalla
nostra attività fisica molto più di quanto ci aspettassimo. In condizioni di riposo il corpo produce
circa 100 W, ma in fase di lavoro dentro Cristales si andava verso i 3-400 W, superiori a quanto
veniva incamerato direttamente dall’ambiente. Inoltre il flusso di calore sviluppato tende a
concentrarsi in certi punti e quindi la distribuzione del ghiaccio ha richiesto numerose prove.
In pratica il sistema di protezione (denominato Tolomea, e realizzata dalla ditta Ferrino) ha una
conformazione ormai abbastanza precisa ma che può essere modificata a seconda del tipo di attività
prevista e delle preferenze personali.
1
2
Dipartimento di Fisica, Università di Torino e La Venta
La Venta
23
Fig 1 – A sinistra la tuta “Tolomea” e a destra il sistema di respirazione Sinusit (foto
Archivio La Venta e Speleoresearch & Films)
Il sistema di respirazione (denominato Sinusit) ha pure un doppio ruolo:
1) permettere di respirare aria fredda;
2) soffiare aria fredda sugli occhi.
Il primo punto è fondamentale, perché l’aria di Cristales è probabilmente capace di provocare
edema polmonare acuto se respirata per troppi minuti. Inoltre permette di liberarci del calore
interno, soprattutto per evaporazione nell’aria espirata (20-30 W in condizioni normali) e sulla
faccia.
L’apparecchio è basato sul flussaggio dell’aria esterna su un sistema passivo raffreddato dal
ghiaccio. Purtroppo esso ha necessariamente delle parti attive, e quindi è stato quello che ci ha dato
più problemi (ne abbiamo realizzato quattro versioni principali), che in alcuni casi sono stati
drammatici.
Abbiamo cercato di semplificare al massimo il sistema, ma i problemi tecnici incontrati e superati
sono stati davvero notevoli: ottimizzazione delle sezioni di scambio e di flusso dell’aria,
eliminazione delle acque di condensazione, forma, massa del capacitore, tipi di ventole, tipi di
maschere. Finalmente il risultato è soddisfacente e si presta ad ulteriori sviluppi ed impieghi.
Allo stato attuale con Tolomea e Sinusit possiamo contare su un’autonomia “al freddo” di circa 50
minuti con attività fisica pesante; la permanenza che può allungarsi di altri 20 minuti in condizioni
però progressivamente più disagevoli.
Con attività fisica molto limitata e adattamento al caldo pensiamo che si possa superare ampiamente
il record attuale (80 minuti) arrivando al limite delle due ore.
Concludiamo ricordando che nei primi mesi di sviluppo tenevamo riservato il modo di
funzionamento di tute e respiratori per evitare che altri potessero copiarli e utilizzarli per estrarre
cristalli dalle grotte di Naica. In realtà, col tempo, ci siamo accorti che i veri segreti di questi sistemi
di sopravvivenza non stanno nelle meravigliose proprietà delle fasi dell’acqua, ma nei dettagli
costruttivi.
24
Bernabei T. 1
DOCUMENTARE LE GROTTE DI NAICA: LE FOTO E I FILM
Fin dalle prime entrate conoscitive nella Cueva de los Cristales e nelle altre cavità calde scoperte
all’interno della miniera di Naica (Chihuahua, Mexico), iniziate nell’anno 2002, apparvero evidenti
due elementi fondamentali: da un lato la necessità di documentare in modo rigoroso e qualitativo
questi gioielli unici del mondo ipogeo; dall’altro le grandissime difficoltà tecniche e logistiche che
avremmo dovuto superare per farlo.
Il clima interno della Cueva de los Cristales e della Cueva de las Velas (in misura molto minore
quello dell’Ojo de la Reina), caldissimo e umido, pone infatti a chi si proponga di fare
documentazione in questi ambienti delle problematiche oggettivamente complesse.
La prima è la condensa che si forma su qualsiasi apparecchio foto o video (sia corpo che ottiche),
difficile da eliminare e che manda spesso in allarme anche i sensori antiumidità; la seconda è la
resistenza delle macchine a lunghe esposizioni in un ambiente caldo-umido estremo; vi è poi il
problema generale del poter rimanere all’interno delle grotte il tempo sufficiente ad illuminarle in
modo idoneo, realizzare le immagini e verificarne la qualità finale.
E’ stato necessario circa un anno di tempo, con 4 missioni, per arrivare ad una soluzione
ragionevole di questi problemi. Soprattutto nella parte video-cinematografica si sono rivelati
fondamentali le ricerche, i test e lo sviluppo tecnologico realizzati dalla società produttrice
messicana C/Producciones, incaricata dalla Speleoresearch&Film (proprietario dei diritti
d’immagine) della gestione di questi aspetti.
Si delineano qui i principali risultati cui si è giunti, allo stato attuale del progetto, nel campo della
documentazione foto e video.
Le problematiche tecniche legate al clima caldo umido e alla condensa sono state
fondamentalmente risolte con il preriscaldamento delle apparecchiature mediante la loro
immissione nell’ambiente della grotta all’interno di custodie ermetiche. Ciò ha consentito il
riscaldamento progressivo senza gli effetti di condensa sul corpo e sulle ottiche, nonché una sorta di
“acclimatazione” che ha permesso alle varie macchine di resistere per molte ore di lavoro
continuativo senza manifestare particolari problemi. In due anni di sperimentazioni sono state
“persi” soltanto un paio di telecamere e un apparecchio fotografico, a fronte di alcune centinaia di
ore di lavoro in ambienti estremi con l’impiego di moltissime attrezzature..
Superato questo primo ostacolo di base, la sfida è stata la realizzazione di foto e riprese nonostante i
brevi tempi di permanenza interna a disposizione dell’uomo. Fin dall’inizio è stato chiaro che,
ferme restando le possibilità di foto d’azione e reportage scattate durante le incursioni umane, il
grosso del lavoro avrebbe dovuto essere svolto da uno o più robot.
La C/Producciones ha realizzato allo scopo diversi prototipi, perfezionati nel corso del tempo sino
agli attuali due, denominati “Aktun” e “Aktuncito”, basati su un sistema di movimento a
cinghiaggio guidato da motori elettrici di derivazione astronomica.
I robot (fig. 1), che possono montare sia fotocamere che videocamere o cineprese, sono in grado di
ruotare di 360° sul piano orizzontale e di quasi 180° su quello verticale. Vengono comandati via
cavo da una centrale di controllo posta nella galleria all’esterno della grotta, mediante un software
appositamente sviluppato.
Naturalmente l’intervento umano rimane necessario sia per lo spostamento all’interno delle cavità
dei robot stessi, montati su pesanti cavalletti, sia per l’illuminazione delle scene. A quest’ultimo
1
La Venta, Speleoresearch & film, Mexico City
25
Fig. 1 – il robot per le riprese foto.cinematografiche (Archivio La Venta e
Speleoresearch & Films)
aspetto è stata dedicata una particolare attenzione vista l’unicità ma anche la complessità dei
soggetti da riprendere.
In generale per le riprese d’azione, realizzate dall’uomo, sono stati utilizzati flash fissi (o poco
decentrati) sulle fotocamere e illuminatori standard per le videocamere, sfruttando le luci
d’ambiente di base installate dalla compagnia concessionaria della miniera, la Peñoles.
Per le foto e riprese da robot sono state utilizzate, oltre a quanto sopra, anche deboli luci diffuse a
base di led. Nelle scene complesse si è arrivato al posizionamento di 10-12 punti luce.
Le sequenze robotizzate più impressionanti, con panoramiche molto ampie sui vari settori della
Cueva de los Cristales, sono in realtà una lunga sequenza di fotografie ad alta definizione, scattate
in automatico con medie-lunghe esposizioni ogni 6 secondi e dopo uno spostamento del robot di
1/16 di grado lungo una rotta prestabilita a tavolino. Con questa tecnica, decisamente innovativa nel
campo della documentazione sotterranea e non solo, si è realizzata in circa 5 ore di lavoro una
media di 1.200 scatti a 10 megapixel cadauno.
Mediante un software dedicato le foto sono state unite, esattamente come i fotogrammi di un video,
fino ad ottenere straordinarie sequenze di movimenti lenti e continui della durata di 10-20 secondi
ciascuna. L’unico difetto, se così può essere chiamato, è che con questo sistema non è
evidentemente possibile utilizzare modelli umani.
Per comprendere la complessità e laboriosità di tali operazioni è necessario pensare che per una
singola sequenza video sono indispensabili: un’ora per il posizionamento del cavalletto; 1-2 ore per
26
il posizionamento delle luci, realizzato da 2-3 tecnici con brevi entrate-uscite della durata di 10’
ciascuna; infine 5 ore di lavoro del robot. Ciò equivale a dire che per 15” di video di altissima
qualità è necessaria almeno mezza giornata di lavoro di una equipe di 6-8 persone, in un ambiente
che – giova ricordarlo – è ampiamente fuori dagli standard di sopravvivenza umana.
Allo stesso modo, per ottenere foto di alto livello è stato necessario, per ogni fotogramma riuscito,
un impegno di alcune ore e almeno 5-6 persone.
Complessivamente al novembre 2007 sono state realizzate nell’ambito del Progetto Naica oltre 150
ore di filmato, delle quali più del 50% in grotta; scattate circa 30.000 fotografie, prevalentemente
digitali e anche con tecniche stereoscopiche. Sono stati realizzati anche esperimenti di foto
panoramiche, da perfezionare, e l’illustrazione fotografica di quasi tutte le battute del rilievo
topografico di dettaglio (fig. 2).
Fig. 2 Documentando il rilievo topografico (Archivio La Venta e Speleoresearch & Films)
Il frutto e la qualità della documentazione hanno consentito pubblicazioni su magazine della
massima importanza sia in Italia che all’estero. In particolare la rivista italiana ed europea GEO ha
dedicato nel 2007 molto spazio alle nostre missioni, mentre il National Geographic magazine si
appresta a farlo nel corso del 2008.
Dal punto di vista del video la straordinarietà del soggetto e dell’ambiente che lo circonda, cioè una
miniera attiva e una cittadina che ruota attorno ad essa, hanno creato i presupposti per la
realizzazione di un lungometraggio destinato alle sale cinematografiche (produzione gennaio 2008)
e di un documentario scientifico internazionale (National Geographic Channel, Discovery Channel,
Arte France, produzione febbraio 2008).
La nostra speranza è che in ultima analisi l’imponente lavoro di documentazione e di “racconto” di
queste grotte meravigliose e delle nostre ricerche sia il presupposto per la loro conservazione, senza
asportazione di macrocristalli, anche in vista della fine dell’attività estrattiva. E allo stesso tempo un
veicolo di promozione e creazione di alternative occupazionali per i minatori e per la gente di
Naica.
27
28
Roberta Tedeschi1
IL RILIEVO CON TECNOLOGIA LASER SCANNER
La Cueva de los Cristales e la Cueva de las Espadas sono le più grandi tra le cavità presenti tra i 180
e i 300 metri di profondità all’interno della miniera di Naica, città mineraria a 130 km sud-est da
Chihuahua, nel Messico settentrionale. Le cuevas sono rivestite di cristalli di selenite, formati da
lamine composte in forme incredibili che danno origine ai toponimi delle cavità.
Nel quadro delle indagini riguardanti lo studio della topografia delle grotte, l’intervento di
Virtualgeo nel Progetto Naica è consistito nel rilievo con laser scanner delle Cuevas de los Cristales
e de las Espadas. La fase di campagna del rilievo si è svolta nel maggio 2007, in occasione della
prima spedizione ufficiale nella grotte della miniera di Naica, in collaborazione con Speleoresearch
& Film, La Venta e C/Producciones. Il rilievo è finalizzato alla produzione di modelli digitali 3D di
elevata precisione, completi di colore, della morfologia e dell’aspetto delle grotte e dei cristalli. I
modelli 3D sono destinati a scopi scientifici (studio “a distanza”, monitoraggio ambientale,
simulazioni e valutazioni di ipotesi per la conservazione delle grotte) e divulgativi (accessibilità
virtuale e semi-immersiva – stereoscopia – per il vasto pubblico, valorizzazione e promozione del
sito).
La criticità del rilievo per gli ambienti ipogei è legata all’irregolarità delle superfici verticali e
orizzontali, difficili da acquisire con un alto livello di dettaglio, misurare, confrontare, visualizzare
con le tecniche tradizionali di rilievo, quali il rilievo topografico e fotogrammetrico. Risulta difficile
individuare un metodo di rilievo morfometrico valido per tutti questi tipi di ambiente che sia il più
possibile automatizzato e che soddisfi i requisiti di ogni tipo di applicazione, minimizzando le
incertezze della misura, riducendo tempi e costi delle operazioni in campagna e in fase di
elaborazione dei dati, incrementando nel contempo la quantità e la qualità dell’informazione
acquisita. In tale direzione il rilievo con strumentazione laser scanner dà riscontro per la rapidità
con cui rileva la morfometria di vaste superfici complesse, per la densità, la precisione e la
completezza dei dati acquisiti rispetto alla strumentazione topografica tradizionale.
Le grotte di Naica presentano in aggiunta, rispetto ad altri ambienti ipogei, caratteristiche peculiari
che rendono difficoltoso il rilievo, con qualunque strumentazione venga effettuato.
Le operazioni di rilievo nelle grotte di Naica si sono svolte in condizioni ambientali sfavorevoli sia
per la fisiologia degli operatori sia per il funzionamento della strumentazione laser scanner (48°C di
temperatura e umidità vicina al 100% nella Cueva del los Cristales).
Il funzionamento del laser scanner impiegato viene infatti garantito dal produttore per temperature
comprese tra i 5° e i 40°C e in assenza di condensa per quanto riguarda il grado di umidità
tollerabile. Inoltre, l’attrezzatura necessaria al rilievo (laser scanner, laptop, cavi, dispositivi per
l’alimentazione elettrica, etc.) doveva essere spostata e installata su una pavimentazione non
rettilinea e non libera da ingombri, bensì irregolare e coperta di cristalli. Il microclima proibitivo,
unito alla mobilità limitata e rischiosa tra i cristalli, ha avuto ricadute anche sull’operatività dei
tecnici che hanno potuto lavorare solo indossando tute e calzature appositamente predisposte per
l’intera spedizione da La Venta e muovendosi tra i cristalli con estrema cautela.
Il laser scanner impiegato per il rilievo delle grotte di Naica è a tempo di volo (TOF, time of flight):
calcola la distanza dell’oggetto rilevato misurando i tempi di andata e ritorno dell’impulso luminoso
inviato. L’emissione di impulsi laser con passi angolari costanti, orizzontali e verticali, produce una
griglia di misura regolare la cui densità determina la risoluzione del rilievo. L’intensità della
radiazione luminosa riflessa dipende dalla distanza del punto misurato oltre che dal tipo di materiale
e dallo stato della superficie riflettente. È la riflettanza del materiale, data dal rapporto tra intensità
di radiazione riflessa e intensità di radiazione incidente, a fornire dunque informazioni sulle
superfici misurate e sui materiali costituenti.
1
Direttore Tecnico Virtualgeo srl & La Venta, e-mail: [email protected]
29
I mega-cristalli di selenite di Naica sono dei solidi caratterizzati da trasparenza translucida, singoli o
geminati e in genere molto allungati. Le macro dimensioni dei cristalli, e in particolare il grosso
spessore, li rendono pertanto rilevabili con strumentazione laser scanner.
Il laser scanner impiegato per il rilievo delle grotte di Naica (fig. 1) sfrutta la tecnologia “phase
shift” che calcola la distanza dell’oggetto rilevato per “confronto” di tre impulsi di ritorno aventi
differenti lunghezza d’onda
Fig. 1- Un momento dell’acquisizione dati all’interno della Cueva de los Cristales (Archivio La
Venta & speleoresearch & Films)
Sono state eseguite in tutto 4 scansioni all'interno della Cueva de las Espadas e della Cueva de los
Cristales acquisendo le coordinate spaziali e il valore cromatico RGB (questo grazie alla fotocamera
incorporata al laser scanner che ha effettuato nel contempo 40 riprese fotografiche, 10 per ogni
scansione) di oltre 43 milioni di punti. La permanenza all’interno delle grotte per tutte le operazioni
necessarie al rilievo è stata complessivamente di 3 ore (distribuite in 2 giornate di lavoro), di cui 15
minuti impiegati per effettuare le scansioni.
Il post-processamento dei dati acquisiti, previo allineamento delle scansioni della Cueva de las
Espadas, è stato condotto con software proprietario di Virtualgeo in ambiente AutoCAD®
(CloudCUBE 2008) e ha comportato un accurato lavoro di “pulitura” e filtraggio delle nuvole di
punti per eliminare il “rumore” e i punti non significativi. La successiva fase di lavoro è consistita
30
nella modellazione 3D in ambiente AutoCAD® della morfologia della Cueva de los Cristales e dei
suoi cristalli con software CloudCUBE 2008.
Le scansioni: i numeri
Numero scansioni acquisite
Numero punti acquisiti
Numero immagini 2D acquisite
Quantità dati laser acquisiti
Quantità immagini 2D acquisite
La strumentazione: specifiche
Modello laser scanner
Distanza
Velocità di misura
Errore di distanza lineare
Campo visivo verticale
Campo visivo orizzontale
Durata della scansione
Peso
Modello fotocamera incorporata
Pixel
Cueva de los Cristales
1
13.180.893
10
1 gigabyte
45 megabyte
Cueva de las Espadas
3
30.032.525
30
3 gigabyte
135 megabyte
CAM2 LS 880
0,6 m-76 m
120.000 punti/secondo
±3 mm a 25 m
320°
360°
2 milioni di punti in 20 secondi
14,5 kg
Nikon D70
6.1 M
La ricostruzione 3D della Cueva de los Cristales è il risultato di un’indagine pilota che partendo
dalla necessità di documentare nel modo più completo possibile delle superfici complesse ha
trovato una soluzione praticabile, anche alla luce delle criticità del contesto specifico, nella
tecnologia laser scanner e nell’approccio metodologico del reverse modelling. Un risultato che è
estensibile agli altri ambienti: i modelli digitali 3D permetteranno ai ricercatori di effettuare studi
geomorfologici delle cavità, svincolandoli dall’obbligo di esservi fisicamente presenti e avendo a
disposizione un database geometrico tridimensionale di alta precisione.
Oltre a un fondamentale supporto documentario d’interesse specialistico, i modelli 3D potranno
essere impiegati per la divulgazione al pubblico, ad esempio attraverso applicazioni per la fruizione
virtuale e stereoscopica delle cuevas: una possibile soluzione al conflitto tra la necessità di far
conoscere l’unicità del fenomeno delle grotte di Naica e le restrizioni imposte dalle esigenze di
conservazione e dalle condizioni ambientali.
31
32
G. Badino1
MICRO-METEOROLOGIA DELLA CUEVA DE LOS CRISTALES, NAICA
Lo studio micro-meteorologico della Cueva de los Cristales, ed in generale delle grotte di miniera di
Naica, è assolutamente fondamentale per la protezione di queste meraviglie della natura, ma è
particolarmente difficile da condurre.
Le condizioni ambientali sono veramente ostili per gli operatori, ma pongono problemi ardui anche
alle attrezzature che devono essere condizionate prima delle misure e analizzate in dettaglio per
capirne il comportamento in un ambiente di questo genere.
Il problema più grave è però di un tipo più fondamentale: a differenza della massima parte delle
grotte conosciute, le grotte di Naica non sono in stato di equilibrio, cioè in uno stato stazionario, ma
sono in una fase transiente.
Il loro stato naturale è a 170 m di profondità in acqua a circa 55 °C, ben diverso dalla situazione
attuale. I processi che vi avvengono sono quindi fortemente dipendenti dal tempo, e questo rende
molto difficile sia le misure che, soprattutto, la loro interpretazione.
Le inclusioni fluide nei cristalli hanno permesso di determinare le temperature di formazione (55-56
°C) mantenuta sino a circa il 1990; noi abbiamo realizzato misure puntuali nel 2002 e poi in modo
abbastanza sistematico a partire dall’inizio del progetto (gennaio 2006) anche se proprio le
condizioni ambientali ci hanno obbligato a diverse ristrutturazioni dei sistemi di acquisizione. In
pratica la Cristales è stata monitorata con venti sensori termometrici, cui se ne sono aggiunti 12
nell’estate del 2007) e sei di umidità, e questo ci ha permesso di apprezzare la complessità dei
processi fisici che vi avvengono (Fig. 1).
Fig.1 – Alcune fasi del montaggio del sistema di
monitoraggio in continuo (Foto archivio La Venta e
Speleoresearch & Films)
1
Dipartimento di Fisica, Università di Torino & La Venta
33
La prima osservazione che possiamo fare è relativa alla temperatura complessiva: essa sta
scendendo al rateo di circa 0.52 °C/a, per cessione di calore verso le zone circostanti della miniera,
raffreddate, in particolare verso la zona Ovest e lungo la galleria di accesso.
All’interno della grotta ci sono forti sedimentazioni termiche. Essa è assimilabile ad una trappola di
aria calda, che è però soggetta a movimenti giornalieri piuttosto importanti (abbassamento durante il
pomeriggio e innalzamento all’inizio della mattina) probabilmente in qualche modo correlato con la
temperatura esterna che provoca correnti d’aria e variazioni di volume in altre trappole d’aria
all’interno della miniera.
La bolla stessa è comunque ben più estesa di quanto conosciamo. Dalla zona NE arriva
un’alimentazione di aria più calda e fortemente umida che sta provocando una notevole
condensazione sui cristalli siti più in alto. Inoltre la relativa lentezza del raffreddamento, se
confrontata con la capacità termica “visibile” e i valori teorici di perdita di calore, mostra che il
capacitore che sta mantenendo calda la grotta è molto massiccio, i cristalli e le superfici esposte
conosciute sono solo il 2-4% della capacità termica totale.
Occasionalmente, ma sempre in ore notturne, abbiamo misurato arrivo d’aria più fredda e secca che
ha provocato discreti abbassamenti di umidità nelle zone alte e raffreddamenti misurabili in quella
basse.
La connessione termica con l’esterno è facilmente misurabile ma varia da punto a punto e pare
soprattutto responsabile di movimenti della bolla d’aria calda.
La grotta è inoltre connessa con altra parte della miniera, come si vede dalle onde di pressione
provocate dalle esplosioni di coltivazione (alcune creano una netta fuoriuscita d’aria dalla grotta) e
dal fatto che a porte aperte la grotta soffia fra 50 e 100 litri di aria al secondo. La misura della
pressione motrice di questo flusso (con manometro differenziale Testo) ha fornito un valore di 5-10
Pa e ci ha permesso di dedurre che il punto di aspirazione dell’aria è fra 10 e 15 metri più in basso
dell’ingresso noto.
Tutto pare indicare che esistano altri ambienti verso NE.
In conclusione possiamo dire che le grotte di Naica sono in una fase transiente e stanno evolvendo
dallo stato originario ad uno nuovo che non ha nulla a che vedere con le loro condizioni di
formazione. Noi possiamo probabilmente influenzare sia l’evoluzione sia stabilire un ottimale punto
d’arrivo, una grande responsabilità che ci possiamo assumere solo acquisendo una conoscenza
davvero molto accurata dei processi in corso.
Possiamo tuttavia già affermare quanto segue:
1) la grotta presenta un debole contatto termico con l’atmosfera esterna, anche a porte chiuse;
2) essa ha estensioni nella roccia circostante per qualche decina di metri in dislivello;
3) la grotta si sta raffreddando al ritmo di circa 0.5 °C/a;
4) a porta aperta si forma un flusso d’aria più calda e molto umida che sbilancia in modo radicale
l’energetica e che soprattutto provocherà danni ai cristalli. Esso non è utilizzabile per impedire il
raffreddamento della grotta perché sfrutta la stessa sorgente di calore, la roccia a NE;
5) all’interno della grotta ci sono netti processi di sedimentazione termica;
6) la meteorologia della grotta si è dimostrata di grande complessità proprio per il fatto di essere in
un generale stato di non-equilibrio ed essere stata osservata soprattutto nel corso di attività
disturbanti.
Sono richiesti notevoli approfondimenti, ma già appare chiaro che è necessario:
1) la realizzazione di una campagna di misure multiple a lungo termine in tutte le grotte di Naica,
soprattutto in condizioni non disturbate;
2) l’installazione di una centralina meteo esterna;
3) mantenere le grotte il più isolate possibile, sia mantenendo chiuse le porte sia migliorandone
l’isolamento termico.
34
Sandra Briceño-Prieto 2, Raymundo G. Martínez-Serrano3, Juan Pablo Bernal1.
THE GEOCHEMISTRY OF NAICA WATERS AND ITS LINKS WITH THE MINERAL
ASSEMBLAGES .
Cueva de los Cristales, hosted within the the sulfide-rich Naica Mine, has been recognized
as an unique site worldwide due to the selenite megacristals present there. Current mineralogical
and geochemical studies aim to unravel the physicochemical conditions prevailing at the time of
crystallization. Efforts to establish a possible geochronological framework for their development, as
well as the role of biological activity in crystal growth are underway. Despite extensive work from
several multidisciplinary groups, the relationships between the present-day aqueous fluids with
other S-rich mineral phases, such as the evaporitic and hydrothermal gypsum, the sulfide
mineralization, and their mineral assemblages are yet to be fully established.
Using the Sr, Pb, and U
isotopic composition and trace
element composition from the fluids,
the gypsum crystals, was well as other
the soluble components (such as the
carbonate host rock and the sulfide
mineralization) we pretend to identify
whether the crystals developed in a
single- or multi-component system.
Moreover, such information will also
provide vital clues to understand the
fluid-rock interactions that took place
during the formation of the
megacrystals,
their
possible
relationship with the present-day
fluids, and the observed mineral
assemblages.
Fig. 1- Thermal water spilling out in
the -590 gallery (photo La Venta and
Speleoresearch & Films)
We present preliminary data from water samples collected during September 2007 at
different mine levels (-760, -640 and -590 (Fig. 1)). Preliminary petrographic, XRD and Raman
spectra from mineral fractions collected from different parts of the mine, including the red-crust
(Fig. 2) on the walls of Cueva de los Cristales will be presented. The latter is of pivotal importance
to fully understand the development of the crystals, as preliminary results suggests that it is
composed by residual material deposited on the walls during crystallization.
The trace element composition of the groundwater suggests a meteoric rather than
hydrothermal origin. Moreover, low Pb, Zn and Fe concentration (ppb to sub-ppb) also suggest that
interactions between groundwater and the sulfide mineralization do not contribute significantly to
2
3
Instituto de Geología, Universidad Nacional Autónoma de México
Instituto de Geofísica, Universidad Nacional Autónoma de México
35
the composition of the groundwater, ruling out a sulfide oxidation as one of the main sulfate
sources.
Fig.2 – Cueva de los Cristales: general view of the wall covered by red material (photo La Venta
and Speleoresearch & Films)
Petrographic analysis of the host-rock indicates that the Aurora formation is composed of
biomicrites with a mesh of calcite veins, with some pyrite and probably anhydrite. An anhydrite
sequence banded with dolomitic crystals suggest a possible source for the sulfates. Further 87Sr/86Sr
and trace element analysis of the groundwater, gypsum and anhydrite samples will help to
strengthen their potential links, pinpoint the source of material, an provide vital clues to establish an
evolution model for Cueva de los Cristales
36
Forti P. 1
SPELEOGENESI DELLE GROTTE DI NAICA
Sin dal momento della messa in loco del plutone (circa 25 milioni di anni addietro) i fluidi termali
di Naica sono stati caratterizzati da condizioni di sovrasaturazione tali da portare alla deposizione
non solo dei giacimenti sfruttati, ma anche di tutta una serie di altri minerali, di mano in mano che
la temperatura dei fluidi stessi si abbassava. Questi processi hanno fatto sì da un lato che la
permeabilità complessiva delle rocce carbonatiche sia diminuita moltissimo e dall’altro che nessuna
cavità carsica si sia potuta sviluppare. Solamente in epoche relativamente recenti, quando le
temperature dei fluidi idrotermali era scesa a meno di 100°C ( 1-2 milioni di anni addietro(?)) una
fase di attività tettonica, che ha dislocato i giacimenti minerari, ha anche portato all’apertura di
fratture beanti, collegate a tre faglie principali (Naica, Gibraltar e Montañas) che tutt’ora
permettono la risalita delle acque termali. Da quel momento, e per un intervallo evidentemente
breve, le acque termali sono risultate essere leggermente aggressive rispetto alla roccia carbonatica
dando così luogo, lungo le vie di risalita, a piccole cavità carsiche a livelli differenti ( -290, -130,
+50), in cui comunque è ancora evidentissima la loro origine tettonica (frattura o scollamento di
strato).
La possibilità di ricostruire l’evoluzione di queste cavità, più che alle scarse forme di corrosione, è
data dalla presenza al loro interno di potenti depositi chimici, che variano anche molto da grotta a
grotta (v. Fig. 1). Grazie a questi depositi è stato possibile definire in un certo dettaglio
l’evoluzione di ogni singola cavità, anche se ancora alcuni aspetti devono essere ancora
approfonditi.
Fig. 1- Schema stratigrafico dei
depositi presenti nelle differenti
cavità di Naica e loro rapporti. 1roccia
calcarea;
2gesso
scheletrico con grandi inclusioni
fluide; 3- gesso euedrale; 4ossidi-idrossidi
metallici;
5inclusioni
solide
di
ossidi
metallici; 6- intercalazioni di
ossidi
metallici;
7crolli
ricristallizzati; 8- deformazioni
plastiche; 9- gesso laminato; 10dissoluzione
del
gesso
e
corrosione del calcare; 11formazione di aragonite; 12sviluppo di croste calcistiche; 13deposizione di silt; 14- sviluppo
delle “vele” di gesso; 15deposizione di ossidi e solfati.
Il quadro che si ricava è di un complesso susseguirsi di processi, governati di volta in volta da
agenti differenti, che hanno interessato prima ambienti freatici profondi, quindi zone epifreatiche e
infine ambienti completamente aerati (Tab. 1): naturalmente non tutti i processi sono stati attivi in
tutte le cavità e, anche quando lo sono stati, non è detto che siano risultati contemporanei.
1
La Venta Exploring team & Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Bologna
37
Tab. 1 – Ambienti, e relativo effetto sulle temperature, agenti e processi speleogenetici che hanno
caratterizzato l’area carsica di Naica
AGENTE
PROCESSI
CALO DI T°
AMBIENTE
Ossidazione
Formazione di ossidi & solfati,
inorganica
corrosione del calcare
molto rapida
Dissoluzione del gesso /corrosione
Vadoso
Condensazione
del calcare
Evaporazione Sviluppo delle “vele”
Diffusione
Epifreatico
Formazione di aragonite
lenta
della CO2
Crollo &/o deformazioni plastiche
Stress tettonici
dei cristalli di gesso
Ossidazione
Formazione di ossidi, corrosione
organica
del calcare
Freatico
Estremamente lenta
Disequilibrio
profondo
Formazione dei cristalli di gesso
gesso/anidrite
Acqua termale Dissoluzione
Apertura di fratture e
Stress tettonici scollamento di piani di
stratificazione
E’ il caso per esempio della deposizione del gesso che, nella Grotta di +50 è del tutto assente,
dimostrando così che l’acqua termale doveva aver abbandonato questa cavità già circa 500.000 anni
addietro (età in cui, sulla base delle prime datazioni radiometriche e delle misure sperimentali del
laboratorio di -590, si suppone che la temperatura dell’acqua termale sia scesa al di sotto dei 59°C,
permettendo così l’inizio della deposizione del gesso stesso). Tale deposizione, poi, è
evidentemente cominciata prima nella Cueva de las Espadas, dato che, trovandosi in condizioni
epifreatiche, la maggior velocità di discesa della temperatura ha fatto sì che il disequilibrio
gesso/anidride fosse raggiunto ben prima che nelle grotta di -290. A conferma di questo c’è anche il
fatto che al suo interno non sono presenti depositi di ossidi al di sotto dei gessi, ma vi si trovano una
grande quantità di inclusioni solide ben all’interno dei gessi le cui caratteristiche mineralogiche
sono identiche ai depositi basali di ossidi delle grotte di -290. Inoltre le pareti di calcare di Espadas
non presentano i segni di corrosione imputabili a questo evento, cosa che invece è presente nelle
grotte di -290.
Un altro aspetto molto importante è l’influenza antropica sull’evoluzione delle grotte di Naica:
infatti tutte le cavità presentano più o meno evidenti segni di trasformazione, anche rapida,
conseguenza dell’abbassamento artificiale della falda termale avvenuto appena 20 anni addietro, ma
che in pochi altri anni rischia di distruggere completamente la caratteristica peculiare di queste
grotte: i cristalli giganti di gesso.
Senza alcun dubbio la grotta più interessante ed importante per lo studio speleogenetico è risultata
essere la Cueva de las Espadas che, durante la sua evoluzione, ha attraversato tutti gli ambienti ed è
stata teatro di tutti i processi che hanno caratterizzato Naica, vari dei quali dei quali sono stati attivi
solamente dentro questa grotta.
Una volta terminato lo studio speleogenetico, i dati ottenuti, assieme a quelli che deriveranno dal
laboratorio di -590, dalle datazioni assolute e da altri ancora permetteranno di ricostruire in
dettaglio l’evoluzione dell’acquifero termale di Naica nell’ultimo milione di anni e probabilmente
anche modellizzarne le caratteristiche una volta che l’attività mineraria sia terminata e quindi si
realizzi la risalita delle acque termali fino al loro livello naturale.
38
Forti P. 1, Rossi A. 2, Galli E.2
MINERALOGIA DELLE GROTTE DI NAICA
Le grotte di Naica sono conosciute nel mondo per i loro cristalli di gesso e pertanto gli studi
mineralogici sono cominciati ancor prima che questo progetto iniziasse, proprio dall’analisi
cristallografica di dettaglio dei gessi della Cueva de los Cristales( García Ruiz et al. 2007).
Anche la presente ricerca è partita dallo studio comparato dei cristalli di gesso presenti in tutte le
grotte conosciute (Cristales, Reina, Velas ed Espadas).
Si è notata una differenza strutturale e composizionale tra i gessi della Cueva de las Espadas (fig. 1)
e quelli di tutte le altre grotte di -290.
1
2
3
Fig. 1- Sezione di un cristallo di gesso di
Las Espadas in cui sono evidenti 3
successivi stadi di evoluzione: 1 ricco di
inclusioni fluide; 2 ricco di inclusioni solide,
3- laminato per l’oscillazione della falda
termale
Queste differenze derivano dal fatto che la Cueva de las Espadas si è sviluppata esattamente a
livello epifreatico mentre le altre in ambiente freatico profondo. Lo studio di queste differenze,
assieme ad altri studi (quali quelli attualmente in corso sui pollini, sulle inclusioni fluide, e le
datazioni assolute) permetterà di ricostruire in dettaglio l’evoluzione dell’acquifero termale di Naica
durante l’ultimo periodo prima dell’inizio dell’attività mineraria.
E’ stata scoperta una forma di gesso assolutamente nuova per la scienza (Forti 2006, Bernabei et al.
2007) e ristretta all’ambiente della Cueva de la Velas, la cui evoluzione è da mettere in relazione
con i primissimi momenti di abbassamento artificiale della falda a livello -290. Si tratta quindi di
forme cristalline evolutesi in pochi giorni o mesi circa 20 anni addietro.
Passando a considerare gli altri minerali di grotta, lo studio si è inizialmente focalizzato sulle
inclusioni solide intrappolate all’interno dei cristalli di gesso e sui depositi minerali esistenti al di
sotto degli stessi
E’ stato effettuato uno studio mineralogico di dettaglio sia sulle inclusioni solide esistenti
all’interno dei cristalli di gesso (Panieri et al. 2008), sia sui depositi presenti al di sotto degli stessi
(Forti et al., 2007). Sono stati osservati 8 minerali di neoformazione di cui uno (la hectorite,)
completamente nuovo per l’ambiente di grotta. Di tutti questi minerali si sono identificati i
meccanismi minerogenetici che sono risultati tutti essersi sviluppati in ambiente freatico termale
spesso attraverso la mediazione di batteri e/o microorganismi. In alcuni casi è stato anche possibile
determinare la sequenza deposizionale (Fig. 2).
Grazie allo studio di alcune particolari pseudostalagmiti rinvenute al fondo della Cueva de las
Espadas, costituite da una serie di alternanze di gesso e carbonato di calcio (aragonite e calcite)
(Forti 2007) si è potuto stabilire che, prima dell’avvio dei lavori minerari, la falda termale è
oscillata diverse volte con la parziale emersione della parte più alta della grotta. In questo modo si
sono potuti spiegare anche i particolarissimi gessi ad uncino (Fig. 3), la cui evoluzione è stata
causata essenzialmente dalla condensazione di vapor acqueo a temperature elevata (56-57°C).
1
2
La Venta Exploring team & Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Bologna
Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Modena e Reggio Emilia
39
Fig. 2- I cristalli di gesso “ad uncino” della Cueva
de las Espadas: la loro particolare forma è dovuta
all’azione combinata della condensazione e
dell’accumulo del calore latente di condensazione
Fig. 3- Immagine al SEM di una porzione dei
depositi di ossidi-idrossidi della Grotta de Las
Velas: la sequenza deposizionale è iniziata con la
formazione degli ossidi-idrossidi che sono stati
quindi inglobati nella celestina e infine è iniziata
la deposizione del gesso
gesso
Ossidi di
Fe Mn, Pb
celestina
Fig. 4- Immagine SEM della crosta del minerale
ancora non identificato che ricopre i cristalli di
aragonite della pseudostalagmite della Cueva de
las Espadas
Attualmente le pseudostalagmiti sono ancora oggetto di studio mineralogico mirato alla natura
mineralogica di alcune sottili “croste” che rivestono i cristalli di aragonite, studio che potrebbe
portare all’identificazione di un minerale del tutto nuovo (che contiene Si, Mg, Zn, O) (Fig. 4).
Infine si sono analizzate le efflorescenze che si sono cominciate a sviluppare per ossidazione dei
minerali presenti nella roccia incassante in ambiente aerato dopo che l’eduzione mineraria ha
trasformato le grotte di -290 da freatiche in vadose. A differenza delle reazioni minerogenetiche
che hanno portato all’evoluzione dei depositi al di sotto dei cristalli di gesso e incapsulati al loro
interno, in questo caso le reazioni minerogenetiche sono state esclusivamente inorganiche (Forti et
al, 2007). L’ambiente aerato di queste grotte, come quello ancora in studio della Grotta +50, si è
dimostrato essere il più interessante in assoluto avendo permesso lo sviluppo di ben 27 differenti
minerali di grotta, di cui ben 6 (orientite, plumojarosite, starkeyite, szmolnokite, szmikite and
woodruffite) segnalati per la prima volta come minerali di grotta.
In conclusione si può affermare che gli studi mineralogici sulle grotte di Naica sono in uno stadio
molto avanzato e hanno già fornito risultati molto interessanti e in un certo verso insperati
40
Tavola 1. I minerali delle grotte di Naica (al 10/12/07)
Ambiente
Minerale
Formula Chimica
Ae - Ep
Aragonite
CaCO3
Ae
Anglesite
PbSO4
Ae-Ep
Apatite
Ca5(PO4)3(C,F,OH,Cl,O)
Ae
Bassanite
CaSO4· 1/2H2O
Ae
Bloedite
Mg SO4· Na2SO4· 4H2O
Ae - Ep - Fr
Calcite
CaCO3
Ae - Ep - Fr
Celestina
SrSO4
Fr
Coronadite
Pb(Mn 4+,Mn2+)8O16
Ae- Ep - Fr
Dolomite
CaMg(CO3)2
Ae
Epsomite
Mg SO4·7H2O
Ae
Fluorite
CaF2
Ae Fr
Goethite
a-Fe3+O(OH)
Ae - Ep - Fr
Gypsum
CaSO4· 2H2O
Ae
Guanina
C5H3(NH2)N4O
Ae
Halite
NaCl
Fr
Hectorite
Mg3Si4O10(OH)2
Ae
Hematite
Ae
Hexahydrite
Mg SO4.6H2O
Ae
Jarosite
K2Fe3+6(SO4)4(OH)12
Ae
Kieserite
MgSO4· H2O
Ae
Malachite
Cu2(CO3)(OH)2
Fr
Opal
SiO2· nH2O
Ae
Orientite*
Ca2Mn2+Mn3+2Si3O10(OH)4
Ae
Pirolusite
MnO2
3+
Ae
Plumojarosite*
PbFe 6(SO4)4(OH)12
Fr
Quartz
SiO2
Ae
Rozenite
FeSO4· 4H2O
Ae
Starkeyite*
MgSO4· 4H2O
Ae
Szmikite*
MnSO4· H2O
Ae
Szmolnokite*
FeSO4· H2O
Ae
Woodruffite*
ZnMn3O7· 2H2O
* Nuovo minerale di grotta. Ae: aerato, Ep: epifreatico, Fr: freatico
.Bibliografia
BERNABEI T., FORTI P., VILLASUSO R. 2007 A new type of gypsum speleothems from Naica
(Chihuahua, Mexico): the sails International Journal of Speleology 36(1) 23-30
FORTI P. 2007 Studio della struttura interna di una stalagmite della Grotta delle Spade (Naica,
Messico) Grotte e Dintorni 6(13), 3-20
FORTI P., GALLI E., ROSSI A. 2007 Preliminary data on the mineralogy of the Cueva de las
Velas (Naica Mexico) Congresso FEALC Portorico Agosto 2007, Acta Carsologia, in stampa
FORTI P., GALLI E., ROSSI A. 2008 Il sistema Gesso-Anidrite-Calcite: nuovi dati dalle
concrezioni della miniera di Naica (Messico) Congresso Nazionale di Speleologia, Iglesias,
Aprile 2007, Memorie IIS, in stampa
GARCÍA-RUIZ J.M., VILLASUSO R., AYORA C., CANALS A., OTALORA F., 2006 The
formation of natural gypsum megacrystals in Naica, Mexico. Geology 35(4), 327-330
PANIERI G., FORTI P., GASPAROTTO G., SOLIANI L. 2008 Studio delle inclusioni solide della
Grotta delle Spade (Naica, Messico) Congresso Nazionale di Speleologia, Iglesias Aprile 2007
Memorie IIS, in stampa
41
42
Scandale E. 1
DIFETTI STRUTTURALI E STORIA DI CRESCITA DEI CRISTALLI DI GESSO DI NAICA.
La ricerca si prefigge di individuare e caratterizzare i difetti strutturali dei cristalli di gesso di Naica
per ricostruirne la storia di crescita, i meccanismi operanti ed individuare i “marchi di crescita”,
cioè i difetti reticolari che consentono di caratterizzare cristalli cresciuti nelle medesime condizioni
e di distinguerli da altri cresciuti in condizioni differenti, anche se molto simili.
L’evoluzione della morfologia di cristalli di dimensioni centimetriche, provenienti dalla Grotta delle
Spade, è state studiata mediante microscopia ottica, in luce riflessa e trasmessa, mentre lo studio dei
difetti strutturali, è stato effettuato mediante topografia RX in diffrazione, Metodo di Lang.
La Diffrattometria per polveri è stata largamente utilizzata ed ha consentito di individuare bassanite
oltre che gesso.
I cristalli esaminati sono tutti fortemente allungati secondo l’asse c, probabilmenmte per crescita
parallela, e risultano spesso geminati con piano di contatto (1 0 0). Si osservano inclusioni, solide e
fluide, queste ultime spesso bifasiche, raramente trifasiche, generalmente allineate secondo l’asse c.
Numerose ed evidenti risultano le tracce di successive tappe di accrescimento, in particolare nei
settori di crescita {i 1 1}, nei quali si sviluppa prevalentemente la crescita, anche a causa di un forte
effetto noto come “re-entrant corner effect”, negli individui geminati.
Al fine di procedere alle indagini mediante topografia RX sono state ricavate sezioni, dello spessore
di circa 0,5 - 0,6 mm, parallele e perpendicolari all’asse di allungamento. Le prime per semplice
clivaggio forniscono sezioni con superfici lucide già utilizzabili in Topografia, mentre le seconde
ottenute utilizzando una sega diamantata forniscono sezioni che necessitano di una lappatura
meccanica di entrambe le facce della sezioni con paste diamantate fino a ¼ µ.
Fig. 1 – Camera di Lang
utilizzata per eseguire la
tomografia
assiale
dei
cristalli di Naica
L’analisi dei contrasti di diffrazione, ottenuti mediante Topografia RX, mostrano chiaramente forti
disorientazioni esistenti tra le diverse regioni dei cristalli che appaiono come cristalli “mosaico”
piuttosto che monocristalli. Come conseguenza di ciò, non è stato possibile, nonostante il gran
numero di cristalli esaminati e di sezioni preparate, effettuare nessuna Topografia da piani {0 0 l}
cioè normali alla direzione prevalente di crescita, mentre risultano possibili quelle riprese da piani
{h 0 0}.
Le regioni in diffrazione sono alternate a regioni delimitate da forti contorni di Bragg, che ad una
successiva indagine ottica, non sono risultati corrispondere ne a lacune di cristallizzazione ne a
gradi inclusi, ma piuttosto a regioni cristalline fortemente disorientate reciprocamente.
1
Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Bari
43
Inoltre ad una osservazione successiva, i contrasti di diffrazione preliminarmente interpretati come
dislocazioni a vite parallele alla direzione [100], che sembravano favorire la crescita laterale,
dovranno essere riesaminate e valutate differentemente.
Pertanto al momento, la chiave per effettuare la ricostruzione della storia di crescita ed individuare
l’evoluzione dell’ambiente di formazione è da ricercare nel collegamento tra i contrasti di
diffrazione e le tappe di accrescimento, ipotizzabili otticamente.
Fig. 2 – ricostruzione morfologica e direzione dei vettori di sviluppo per un cristallo di Naica
È da segnalare infine che in un cristallo geminato esaminato si può osservare una lunga linea a
contrasto invertito che separa e delimita gli individui geminati presenti, ma non può essere
semplicemente interpretata come l’effetto relativo alla deformazione reticolare collegata al piano di
contatto del geminato. Sono in corso approfondimenti che potrebbero esser di aiuto nella
ricostruzione della storia di crescita, ove risultasse che la traccia a contrasto invertito corrisponde ad
altri individui geminati. In questo caso infatti si potrebbero avanzare interessanti ipotesi sulla
nucleazione dei cristalli oltre che sulla loro crescita, come già fatto nel caso di spinelli naturali.
Infatti l’alta frequenza di geminati ed il loro numero all’interno dei singoli campioni è ritenuta
sicura indicazione di una crescita in condizioni di elevata savrasaturazione, mentre altri autori che
hanno studiato i parametri chimico-fisici delle grotte di Naica concludono il contrario. La questione
sembra aperta alla discussione.
44
Emilio Jirillo 1
CRYSTALS OF NAICA
AND IMMUNOLOGY
The signatures that microorganisms leave in the rocks may be very helpful in studying the history of
life on earth, also elucidating evidence deriving from other planets.
Archaea are microorganisms which survive in uninhabitable environments such as at the extremes
of pH, temperature,nutrient concentration, and pressure. Recent molecular studies have also
revealed that Archaea, like bacteria, are commonly mesophilic. In this last respect, they share some
characteristics with known pathogens and, therefore, can colonize the human host causing damage.
Crystals derived from Naica's caves are located in an extreme habitat which may allow studies of
BIOMINERALOGY. In particular, there is a large body of evidence that crystals induce immune
activation such as monosodium urate, calcium phosphate, calcium pyrophosphate and talc which
promote monocyte/macrophage survival and even proliferation.
Fig. 1 – Drilling the sample
Fig. 2 – location of the
drillings
and
their
chemical
composition.
Samples 5 and 7 gypsum
with traces of aragonite
and bassanite; sample 6:
aragonite with gypsum
traces
7
17
16
6
5
1
15
University of Bari, Faculty of Medicine, Policlinico, 70124, Bari (Italy). E-mail: [email protected]
45
Various samples of Naica's crystals were obtained by drilling a given fragment at different positions
moving from surface toward the inner part of it (fig. 1-2). Powders (fig. 3) recovered were
incubated (Fig. 4) at different concentrations with human monocytes at 37 °C for 30 min and nitric
oxide (NO) production was evaluated. Results indicate that the main chemical compounds of
crystals, namely aragonite, calcite and gypsum are able to induce, even if at different extent, NO
release from monocytes.
Fig. 3 – Recovering the powder samples for incubation
Fig 4 - The different powders
under incubation
The next step of our investigation will be to evaluate the presence of bacterial toxins in powders and
examine the content of fluids present in some cavities in the context of a given crystal.
In conclusion, the impact of Naica's crystals and related putative microbial constituents with living
organisms may represent a suitable model to better decipher the origin of life.
46
Forti P.1 & Lo Mastro F. 2
Il laboratorio sperimentale a -590 nella Miniera di Naica
Da circa 20 anni, a causa dell’abbassamento artificiale della falda operato dalla miniera, le acque
termali hanno abbandonato le grotte di -290 e, attualmente, il primo posto in cui è possibile
incontrarle è nel livello -590 ove vi sono varie scaturigini sulle pareti delle gallerie minerarie.
Tutta l’area è interessata da un intenso fenomeno di concrezionamento con deposizione prevalente
di calcite e aragonite e, solo nelle immediate vicinanze delle scaturigini, anche di gesso. In realtà la
composizione chimica delle acque termali è rimasta praticamente invariata rispetto a quella che
circolava nelle grotte, presentando solo una leggera sovrasaturazione rispetto al gesso, ma la
presenza di un’atmosfera permette alla CO2 di diffondere nell’acqua stessa provocando la
precipitazione del carbonato di calcio. La temperatura, invece, è diminuita di quasi 7 gradi (dai 578°C misurati nelle inclusioni fluide dei gessi delle grotte, a circa 51°C attuali).
L’ambiente di queste scaturigini si prestava per
tentare un esperimento di crescita artificiale dei
cristalli di gesso, al fine di misurarne
sperimentalmente la velocità attuale di sviluppo
in condizioni il più simili possibili a quelle che
esistevano prima che la Miniera procedesse con
l’abbassamento della falda freatica.
Questi dati poi, permetteranno di avere una
conferma indiretta sull’età dei cristalli delle
grotte e inoltre fornirà dati utili per modellizzare
quali saranno le condizioni dell’acquifero
quando cesserà l’attività mineraria.
Nel laboratorio, da circa un anno, è stato
istallato uno strumento ideato e realizzato
all’Università di Bologna (fig. 1), per ricreare le
condizioni esistenti nelle grotte al tempo
dell’evoluzione dei cristalli: essenzialmente per
riportare in condizioni di “freaticità”,
eliminando ogni contatto con l’atmosfera delle
gallerie minerarie.
Fig. 1 – Strumento per la misura sperimentale
dell’accrescimento dei cristalli di gesso
All’interno dello strumento sono state posizionate 12 tavolette di gesso e 3 tavolette di calcare, che
vengono recuperate ad intervalli fissi. I dati di deposizione naturale del gesso vengono quindi
controllati per via gravimetrica (tab.1). Al fine di rendere bassi gli errori strumentali e di aumentare
la validità dei dati così ottenuti, è previsto che lo studio abbia una durata minima di 2 anni.
N.Tav
2
5
6
1
2
Data
Peso (g)
109,969
18/11/06 105,130
110,742
Data
18/05/07
27/03/07
06/09/07
Peso
Giorni
191
110,351
139
105,364
302
111,263
?w
0,382
0,234
0,524
?w/anno ?h/anno
0,730
0.048
0,614
0,040
0,633
0,041
La Venta Exploring team & Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Bologna
La Venta Exploring Team
47
Le prime 3 tavolette recuperate hanno evidenziato come il processo di deposizione del gesso
all’interno dello strumento sia assolutamente differente da quello che avviene attualmente sulle
pareti del livello -590 e sia invece assolutamente simile a quello che ha caratterizzato in passato le
grotte di Naica.
I minuscoli cristalli di gesso di neoformazione risultano infatti tutti paralleli tra loro tanto che col
procedere nello sviluppo daranno luogo ad un singolo monocristallo. Inoltre i dati di accrescimento
su base annua sono ben correlabili tra loro e danno un valore di 0,044 mm/anno (Fig. 2).
Fig. 2- Correlazione tra giorni di immersione nello strumento e accrescimento di gesso sulle
tavolette
Accrescimento tavolette
600
y = 1,792x
2
R = 0,9869
500
400
milligrammi
Tenendo però presente che alla temperatura
di 51° la sovrasaturazione del gesso rispetto
all’anidrite è di ben 11 volte superiore di
quella a 57°C (Fig. 3), tale valore deve
essere corretto di oltre un ordine di
grandezza, risultando 0.004 mm/anno.
Sulla base di questo dato, l’età per i più
grandi cristalli di gesso di Naica risulterebbe
dell’ordine di 200.000-250.000 anni, in buon
accordo con i dati desunti dalla prima
datazione assoluta che indicherebbe un’età
massima di 600.000 anni.
300
200
100
0
0
50
100
150
200
250
300
350
giorni
Fig.3 – variazione della sovrasaturazione
del
gesso
rispetto
all’anidrite tra i 57 e i 51°C
I risultati definitivi di questo studio,
comunque, non potranno dirsi
definitivi prima di altri 2 anni di
misure.
Nel settembre 2007, poi, si è iniziato
a monitorare in continuo le
temperature
all’interno
del
laboratorio: questi dati, una volta
disponibili, saranno utili per definire
la velocità di raffreddamento delle
zone profonde della miniera di Naica,
a seguito dell’azione combinata
dell’eduzione delle acque termali (~ 1
m3/s) e della ventilazione forzata nelle gallerie minerarie. Inoltre potranno fornire dati utili per
previsione dei parametri ambientali delle aree della miniera che rimarranno al di sopra del livello
piezometrico una volta che l’attività mineraria sarà completata.
48
Lauritzen S. E. 1, Constantin S.1 & Forti P.2
CHRONOLOGY AND GROWTH RATE OF THE NAICA GYPSUM CRYSTALS
Sampling.
Two samples of the giant selenite Crystals have been extracted from Cueva de los Cristales for
dating. Sample #1 is a smaller Xst, about 20 cm across, whilst sample #2 is about 40 cm across.
Both consist of slices cut perpendicular through the crystal. Both samples display an inner, porous
core, consisting of loosely bound lamellae which were most probably surrounded by large fluid
inclusions at the time of growth. This porous core is surrounded by compact, completely transparent
gypsum, Figure 1.
Figure 1. Cross- section of sample #1, showing the inner, porous core and the two subsamples
taken for U-series dating.
Dating.
Subsamples of about 2 g have been taken for U-series dating by the 230 Th/ 234 U method. So far, only
one have been successfully dated using TIMS on a Finnigan 262RPQ instrument, Table 1.
Table 1. Uranium-series dation of the Naica crystal
Sample
#1 (50 mm)
1
2
U ppm
0.0038
234U/238U
0.76
230
Th/ 234U
0.3028
230
Th/ 232Th
10
Age, kyr
34.544 ± 0.819
Department of Earth Sciences, University of Bergen, Allegaten 41, N-5007 Bergen, Norway
Department of Earth Sciences, University of Bologna, Italy
49
Implications for growth rate and supersaturation.
The dated sample was taken 50 mm below the outer surface of the crystal. The cave (vug) was
drained around 1985, and it is assumed that the crystals were growing continuously until that point.
The age then converts to an average growth rate of 1.449 mm / kyr, or 0.623E-10 mMol cm -2 sec-1
during the last 35 kyr.
These data are smaller than those obtained
within the experimental lab of -590, where
gypsum crystals are actually growing fed by
the thermal water spilling inside the mine
gallery. In one year of experiment gypsum
crystals evidenced an average growth rate of
about 4 mm/kyr.
Considering the experimental errors within the
lab and the general assumption made on a
single absolute date, the agreement between the
two growth rate values is to be considered very
good.
Fig. 2 Sampling a broken gypsum crystal from
Cristales for absolute dating (photo La Venta
and Speleoresearch & Films)
Using recent data on the dissolution kinetics of crystalline gypsum (‘Marienglas’), (JESCHKE,
2002), and assuming that dissolution and precipitation kinetics is symmetric around the saturation
point (i.e. no nucleation threshold), the rate converts to an average supersaturation of 1.0021.
More dates are in progress and will be communicated in the presentation.
References.
Jeschke A. A. (2002) Lösungskinetik von Gips und Anhydrit. Dipl. Ing. , Universität Bremen.
50
Garofalo P. S. 1, Fricker M. 2 & Detlef G.2
FLUID INCLUSION DATA FROM THE CAVES OF NAICA
We report results of a fluid inclusion (FI) study that considers gypsum samples from Cueva de las
Espadas, Cueva de Los Cristales, and Ojio de la Reina, and that is aimed at determining the
fundamental physical-chemical properties of the fluid that generated these crystals. We report also
on the properties of FIs entrapped within gypsum crystals that formed from the percolation of
thermal waters on the walls of the mine galleries (depth: –590 m). These FIs provide constraints on
the mine fluid in historical times, and when compared with the FIs within the giant gypsum crystals
unveil the chemical evolution in space and time of this peculiar environment.
FIs are abundant in all the studied samples and are commonly big (>200 µm, Fig. 1). In the deepest,
perfectly transparent crystals we studied, they were typically found along crystallographic planes
(primary FIs) except for one case (secondary FIs). At Las Espadas, inclusions occur both at the
transparent core and along the dark rims of zoned crystals (Fig. 1), where Pb-Mn oxides and
hematite/goethite inclusions occur as well. In all occurrences the trapped fluid is mostly one-phase
(L) at Tlab, and only occasionally two-phase (L-V). Solid phases (i.e., gypsum and oxides) are found
as well, but do not show constant phase ratios with the L and V phases.
Microthermometric measurements were carried with a Linkam THMSG 600 heating/freezing stage
attached to an Olympus BX51 petrographic microscope. Laser Ablation-ICP-MS analyses were
carried out on single FIs from the same assemblages studied with microthermometry (Fig. 2). This
-2
system consisted in a GeoLasQ (193 nm; 10 Hz; 9, 15 Jcm ) and a GeoLasC (193 nm; 10 Hz; 3
-2
Jcm ) laser coupled with an ELAN 6100 quadrupole mass spectrometer (1380 W; neb. 0.8, aux
0.75, plasma 17.5 L min -1) and an imaging apparatus to monitor analysis. Microthermometric data
refer to thirteen representative fluid inclusion assemblages (n tot=417) and LA-ICP-MS data refer to
68 FIs from Cueva de las Espadas, Cueva de Los Cristales, and Ojio de la Reina. More LA-ICP-MS
analyses will be carried out in the near future to construct a comprehensive data set.
Freezing experiments show the presence of two aqueous fluids with distinct bulk salinity within the
cave crystals: one in the range 3-6 wNaCl equiv. and the other between 7 and 8 wNaCl equiv. The highsalinity fluid occurs only in the darker rims of the Las Espadas crystals. Eutectic melting has been
determined in the lower-salinity assemblages to be between –30 and –27 °C. Freezing experiments
carried out on the FIs within the gypsum from the thermal waters show the presence of a fluid
ranging between 0.7 and 1.2 wNaCl equiv., the lowest of which is located at the tips of the crystals and
shows a distinct compositional gradient at the scale of single crystals. These are the lowest values
measured in the entire set of samples. At Ojio de la Reina and Cueva de Los Cristales, the
distribution of total homogenisation temperatures display a mode in the 48-56 °C interval, which is
essentially undistinguishable from that of Las Espadas. Hence, in contrast with the distribution of
bulk salinity values, total homogenisation occurs in a narrow range within the entire cave system.
Preliminary chemical analyses of single FIs by LA-ICP-MS show that, in addition to Ca and S, the
major components of the cave fluid were Mg, Na, and K (in order of abundance), while Mn and Pb
are minor and below the limit of detection in many inclusions. At Reina, Na and Mg are present in
the cave fluid in similar concentrations, between 8500 and 13000 µg/g, while K is in the 1200-1600
µg/g range. At Espadas, Na and Mg in FIs at the core of zoned crystals show wide concentration
ranges (10000-70000 µg/g), which are similar to those measured in the high-salinity FIs within the
dark rims of the crystals (30000-60000 µg/g). In these inclusions, however, the concentration of Pb
is up to about 10000 µg/g.
1
2
Dipartimento di Scienze della Terra e Geologico-Ambientali, Università di Bologna
Trace Element and Microanalysis – ETH Zürich
51
52
Delgado A. 1, Calaforra J. M. 2, Lauritzen S.-E. 3 y Forti P. 4
ESTUDIO ISOTÓPICO DEL YESO DE NAICA (CHIHUAHUA, MÉJICO)
El propósito de este estudio es conocer la evolución de los fluidos y/o temperaturas durante la
génesis de los megacristales de yeso y paragénesis mineral asociada. Para ello estudiaremos las
razones isotópicas en el yeso (D/H, 18O/16O y 34S/32S), carbonatos (13C/12C, 18O/16O) y en el agua
actual. Con el objeto de conocer las condiciones genéticas durante cada uno de los de los diferentes
episodios de crecimiento de los megacristales se ha realizado un muestreo detallado (ver figuras 1, y
2) sobre muestras procedentes de la Cueva de las Espadas y de la Cueva de los Cristales (Naica).
Una de
las muestras es una sección de un cristal de 1500 x 40 cm (Fig. 1).
1
37
41
5
46
10
51
15
18 cm
56
61
20
66
25
71
76
30
81
36
87
Fig. 1 Muestreo en una sección de un cristal del yeso de 1500 x 40 cm (Cueva de los Cristales ,
Naica).
Los valores isotópicos del hidrógeno proceden íntegramente del agua estructural, sufriendo un
fraccionamiento isotópico que se traduce en un empobrecimiento en D de un 15‰ con respecto del
agua con la que se ha originado y que, al no estar relacionado con la temperatura (Fontes y
Gonfiantini, 1967), nos aportará una información directa de la composición isotópica del agua con
la que fue precipitando el cristal. Sin embargo, los oxígenos pueden ser tanto heredados del sulfato
disuelto en el agua (SO4=), como del oxígeno del agua en el momento de la cristalización del cristal
de yeso.
1
Estación Experimental del Zaidín (CSIC), C/ Prof. Albareda 1 18008 Granada, Spain. e-mail: [email protected]
Recursos Hídricos y Geología Ambiental, Universidad de Almería, 04120 Almería, e-mail: [email protected]
3
Dept. Earth Science, Univ. of Bergen, 5020 Bergen, Norway, e-mail: [email protected]
4
Istituto Italiano di Speleologia, Via Zamboni 67, 40126 Bologna, Italy, e-mail [email protected]
2
53
7.5 cm
15
14
13
6
5
1
2
3
4
7
12
16
17
18
19
11
8
10
9
Fig. 2 Cristal de yeso rodeado de una costra de carbonatos y yeso (Cueva de las espadas, Naica).
Este último oxígeno se pierde por deshidratación a temperaturas superiores a los 107ºC. Por tanto,
para este estudio se analizará tanto el oxígeno total (CaSO4×2·H2O) como el residual tras un
tratamiento térmico (CaSO4). Por otra parte, las razones isotópicas del azufre (34S/32S) sufren pocos
procesos de fraccionamiento isotópico desde que el azufre ha pasado a su forma oxidada (Claypool
et al., 1980; Chiba et al., 1981). Por tanto, los valores d34S nos aportaran información sobre las
fuentes de S y los procesos de oxidación implicados en la génesis del SO4=. Cuando los carbonatos
estén asociados (Fig. 2) se determinará si son realmente singenéticos y cual ha sido su temperatura
de formación. Finalmente, la composición isotópica del carbono (13C/12C) nos aportará información
sobre el origen superficial o profundo de los fluidos.
CHIBA, H., K USAKABE, M., HIRANO, S., MATSUO, S. & SOMIYA, S. 1981. Oxygen isotope
fractionation factors between anhydrite and water from 100°C and 500°C. Earth & Planetary
Science Letters. 53:55-62.
CLAYPOOL, G. E., HOLSER, W. T., KAPLAN, I. R., SAKAI , H. & ZAK, I. 1980. The age curves of
sulphur and oxygen isotopes in marine sulphate and their mutual interpretation. Chemical Geology.
28:99-260.
FONTES, CH. & GONFIANTINI, R. 1967. Fractionement isotopique de l'hidrogene dans l'eau de
cristallisation du gypse. Acad.Sci. Comptes Rendus. 65:4-6.
54
Mercuri A.M.1, Loreti M. 2 & Massamba N’siala I.1
POLLINE E SPORE DI CUEVA DE LOS CRISTALES E CUEVA DE LAS ESPADAS
Da oltre un secolo, la Palinologia 3 è applicata a contesti deposizionali e geografici assai diversi tra
loro che portano lo specialista ad occuparsi – solo per fare qualche esempio - di moto di particelle in
aria (polline aerodisperso), origine botanica e geografica di prodotti (polline nel miele, droghe e
alimenti), ricostruzione di paleoambienti (polline in sedimenti e livelli stratigrafici di carote marine,
continentali o siti archeologici). In particolare, l’analisi palinologica ha un’alta potenzialità per
ricostruzioni paleoambientali e paleoclimatiche e, pur esistendo problemi in ambienti ossidati o
esposti a combustione, il polline per lo più si conserva e contesti che ne siano assolutamente privi
sono piuttosto rari (BERGLUND e RALSKA-JASIEWICZOWA, 1986; FAEGRI et al., 1989; HAVINGA,
1967; H OROWITZ, 1992).
Ciononostante, cercare polline e spore all’interno delle Grotte di Naica è parsa in un primo
momento un’operazione di difficile successo per cause legate da un lato alla conformazione del
complesso di grotte (FORTI, infra), e dall’altro a problematiche insite nella natura e trasporto del
polline stesso. Ricordare alcuni elementi teorici e metodologici di palinologia può aiutare nella
comprensione del significato della presenza di polline all’interno di questo contesto (Tab. 1).
Tab. 1 – Principi relativi alla natura del polline e alle caratteristiche della Palinologia applicata ad ambienti di grotta
(Speleopalinologia)
Basi teoriche per l’interpretazione di polline in grotta
a – morfospecificità
e flora pollinica
b – impollinazione e
abbondanza di
polline
Natura del
polline
c – resistenza e
resilienza
d – inquinamento
dei substrati da
esaminare
I granuli di polline sono diversi e tipici per ogni genere/specie: trovare un
polline significa trovare la microscopica generazione aploide (n) di una specie
visibile a occhio nudo (2n). Ognuno è, dunque, un elemento della Flora, e
l’associazione di elementi diversi in un campione studiato dà indicazioni sulla
vegetazione di un’area.
I granuli emessi da piante anemofile (impollinazione affidata al vento; ad es.,
pini, querce, graminacee) sono molto più abbondanti di quelli prodotti da piante
entomofile o zoofile (impollinazione affidata a insetti o altri animali; ad es.,
edera, rose, leguminose); in tutti i depositi, il polline anemofilo è sempre più
frequente, spesso proveniente da più lunga distanza, rispetto a quello zoofilo.
La struttura altamente resistente e resiliente del rivestimento esterno (esina,
costituita da sporopollenine; TRAVERSE, 2007) permette al polline di
conservarsi, da centinaia a milioni di anni, ben riconoscibile. Solo fuoco, attacco
fungino, cicli di idratazione/disidratazione e ossidazione possono distruggerlo.
Non esiste, perciò, relazione tra stato di conservazione ed età del polline.
Intrappolati in un substrato, i granuli pollinici perdono presto gran parte del
citoplasma: questo permette di distinguere un polline ‘fresco’, emesso da poco
da una pianta e, ad es., galleggiante in aria, da un polline fossile. Un polline
fresco è un inquinante recente di un materiale antico, ed è ben individuabile.
Altri tipi di inquinamento, più complessi da riconoscere, possono avvenire tra
materiali di depositi diversi che contengono entrambi polline fossile (ad es., tra
strati lungo una sequenza, oppure tra terriccio sugli arnesi usati per il
campionamento e il materiale campionato stesso. In palinologia, è fondamentale
il notevole di campionamento e trasporto dei campioni per evitare inquinamenti.
1
Laboratorio di Palinologia e Paleobotanica, Dipartimento di Paleobiologia e Orto Botanico, Università degli Studi di
Modena e Reggio Emilia - Italia
2
Gruppo Speleologico Gualdo Tadino e Gruppo Speleologico C.A.I. Fabriano
3
La Palinologia è lo studio di polline, spore di felci e altri sporomorfi, in contesti attuali e del passato.
55
a – apporto pollinico
in grotta
Speleo –
palinolo
gia
b – scarsa presenza
e conservazione
c – natura ed
eterogeneità dei
depositi
È ovvio che la sorgente di emissione di polline è sempre esterna alla grotta che
raccoglie, dunque, in diverso modo particelle presenti nell’ambiente esterno.
All’interno, il polline può arrivare via: 1 - aria, in presenza di aperture e contatto
con l’esterno; 2 – acqua, nel caso di infiltrazioni e penetrazioni di corsi d’acqua;
3 – animali, tramite zampe-piedi, pelo o corpo, e indirettamente tramite
escrementi (N AVARRO et al., 2001; G ARRY e C ASELDINE, 2004). Polline già
incluso da tempo in terriccio o altri substrati può essere trasportato da acqua o
animali.
Due fattori principali intrinseci alle grotte incidono limitando la presenza di
polline al loro interno: 1) morfologico - le grotte possono avere una sola
apertura, o anche più, con limitata esposizione all'aria e agli apporti di polline
circolante in atmosfera, specialmente nelle parti più profonde e lontane
dall'imboccatura: questo fa sì che poco polline entri normalmente nelle grotte, e
che sempre in un ambiente chiuso ci sia meno polline che all’esterno; 2)
strutturale - i substrati sono di frequente poveri di sostanza organica e, per lo
più, non conservativi per il polline.
Gli strati presenti nei depositi di grotta sono spesso alcalini e comunque poveri
di sostanza organica, anche se esiste una grande variabilità (Garry e Caseldine,
2004). La differente tipologia e tafonomia dei depositi, le variazioni nelle
condizioni climatico-ambientali del territorio e le possibili diverse occupazioni
del sito rendono le grotte estremamente eterogenee, ciascuna dotata di una
propria storia (vedi ad esempio: MERCURI, 1999; NAVARRO et al., 2001). In
genere, la frequentazione di animali apporta di sostanza organica. Nelle zone
aride, pertanto, le grotte possono contenere depositi organici ricchi di polline,
che rimane molto meglio conservato in posto che al di fuori della grotta, dove
sarebbe esposto a processi ossidativi.
Perché cercare polline e spore a Naica
Lo studio delle Grotte di Naica presenta, oltre alle problematiche tipiche della speleopalinologia,
particolari complicazioni legate alla difficoltà di esplorazione e alla scarsità di strati deposizionali
idonei al campionamento (Forti, infra). Due fattori principali riducono la probabilità di trovare
polline: a) la conformazione del complesso, per la quale le grotte sono interessate da scarsa o nulla
esposizione diretta a sorgenti esterne e
trasporto aereo di sporomorfi; è, dunque,
difficile individuare l’area di distribuzione
delle sorgenti e il trasporto preferenziale di
sporomorfi all’interno (Fig. 1); b) la presenza
di materiali calcarei o ossidati, o soggetti a
fenomeni di idratazione e disidratazione,
responsabili di alterare lo stato di
conservazione del polline al punto da
renderlo irriconoscibile (Tab. 1). Le analisi
polliniche, pertanto, devono qui essere
Fig. 1 – Modello di dispersione pollinica, dall’esterno
eseguite su materiali che di norma
(sorgente) all’interno (deposizione) di una grotta
restituiscono scarso o nullo contenuto
pollinico, come gessi e concrezioni.
Ciononostante, lo studio pollinico di materiali campionati all’interno di queste grotte potrebbe
essere un elemento utile per investigare sia i loro rapporti con l’ambiente circostante, sia l’esistenza
di una relazione interno-esterno delle grotte. In pratica, il polline presente nelle grotte potrebbe
essere utile alla conoscenza di elementi ambientali, in qualche caso fornendo documenti utili alla
comprensione della genesi dei cristalli e alla ricostruzione delle condizioni esterne (flora,
vegetazione?, clima?) di alcuni momenti durante l’evoluzione del complesso delle grotte di Naica.
I campioni pollinici e i primi risultati
56
Lo studio palinologico 4 è stato avviato su due campioni di gesso provenienti dalla Cueva de los
Cristales, e su gessi e strati dalla Cueva de las Espadas; campioni di suolo superficiale attuale sono
stati prelevati per controllo (Tab. 2). I gessi (campioni 1,2,7; Fig. 2) sono stati sciolti con acqua
distillata,
Cueva de los
CRISTALES
cristallo di gesso
cristallo di gesso con inclusioni
fluide, ca. 35,000 BP
lago fondo
lago superficie
lago profondo
1
2
Tab. 2 – Campioni pollinici di Naica
(numero del campione in ultima colonna)
Mg(NO3) 2 1M o NaCl 2M. Inoltre, i
campioni di grotta 3,4,5,6, e quelli
recenti 10,11,12 sono stati trattati
con metodi di routine. Il polline,
Cueva de las
concrezione su gesso
6
assai scarso, è stato trovato in tutti i
ESPADAS
cristallo di gesso con concrezioni
7
contesti esaminati. Le prove di
estrazione sono state ripetute per
cristallo di aragonite
8
verificare l’appartenenza dei reperti
cristallo di gesso
9
ai materiali e controllare eventuali
montagna 1
10
suoli recenti
inquinamenti. Oltre ai buoni
montagna 2
11
Esterno presso la grotta
contenuti pollinici dei campioni
montagna 3
12
grotte
recenti, le analisi esplorative hanno
insediamento 1
13
suoli recenti in
Naica
mostrato un certo numero di
area antropizzata
insediamento 2
14
distante
insediamento 3
15
sporomorfi nei campioni 4,5,6 di Las
Espadas. Nel campione 6, la presenza pollinica è stata significativa con Pinus, Quercus, Ericaceae, Aster tipo, Chenopodiaceae,
Euphorbiaceae cf. e Gramineae.
Interno
grotte
Naica
3
4
5
Fig. 2 - Un frammento di un cristallo di gesso della Cueva de Los Cristales pronto per il
trattamento
4
Tutti i campioni pollinici sono stati prelevati da Paolo Forti, che qui ringraziamo.
57
Il lavoro di analisi pollinica si è concentrato sui due gessi della Cueva de los Cristales, dei quali
sono stati preparati alcuni subcampioni di ca. 20-40 g ognuno, per un totale di ca. 100 g preparati
dal cristallo n.1 e ca. 90 g dal cristallo n.2 (Tab. 2). L’esame microscopico, ancora in corso, ha
portato per ora all’individuazione di 43 granuli pollinici. Si tratta di polline in diverso stato di
conservazione, da deteriorato a ottimo: ciò suggerisce che questi granuli abbiano avuto ‘storie’
diverse prima dell’inclusione nei cristalli. Sono stati identificati, tra l’altro, polline di Quercus cf.
garryana (Fig. 3), Lithocarpus densiflora cf., Cupressus tipo, Taxus, Plantago, Gramineae e spore
di Lycopodium.
Fig. 3 – Il primo polline estratto dei
cristalli della Cueva de los Cristales:
identificato come Quercus cf. garryana
La loro particolarissima posizione, all’interno di cristalli, non può essere spiegata che con un arrivo
assieme ad acque profonde, in fasi coeve alla formazione dei cristalli stessi. La loro associazione –
considerando ipoteticamente tutti i granuli provenienti da uno stesso bacino sorgente - ha affinità
con foreste umide a latifoglie di settori sud-occidentali degli Stati Uniti, in area californiana.
Queste prime osservazioni dovranno essere completate dall’esame di altri campioni di cristalli, per
ottenere una quantità di ritrovamenti pollinici sufficiente. La ricerca proseguirà anche in
collaborazione con Patricia Nunez, palinologa che collabora con l’Università di Baja-California.
Bibliografia
BERGLUND B.E., RALSKA-JASIEWICZOWA M. 1986. Pollen analysis and pollen diagrams. In: Berglund B.E. (a cura),
Handbook of Holocene Paleoecology and Palaeohydrology. Chichester, pp. 455-484.
FAEGRI K., KALAND P.E., KRZYWINSKI K., 1989. Textbook of Pollen Analysis. Wyley & Son, London.
GARRY MC S.F., CASELDINE C., 2004. Speleothem Palynology: an undervalued tool in Quaternary studies. Quaternary Science
Reviews 23: 2389-2404.
HAVINGA A.J., 1967. Palynology and pollen preservation. Review of Palaeobotany and Palynology 2: 81–98.
HOROWITZ A., 1992. Palynology of arid lands. Amsterdam, Elsevier.
MERCURI A.M., 1999. Palynological analysis of the Early Holocene sequence. In: di Lernia S. (a cura), The Uan Afuda cave Huntergatherer Societes of Central Sahara. Arid Zone Archaeology 1, All’Insegna del Giglio, Firenze, pp. 149 – 181, 239 – 253.
NAVARRO C., CARRIÓN J. S., MUNUERA M., PRIETO A.R., 2001 Cave surface pollen and the palynological potential of karstic
cave sediments in palaeoecology. Review of Palaeobotany and Palynology 117: 245-265.
TRAVERSE A., 2007. Paleopalynology. Second Edition, The Netherlands, Springer.
58
Boston P.J.1
NAICA GEOBIOLOGY PROJECT DESCRIPTION
Overview:
We are investigating the potential biological contents of the tiny fluid inclusions in the Naica
gypsum crystals. Although we do not anticipate results for many months, our methods have been
extensively tested in many other extreme environments in both subsurface environments (caves and
mines) and surface environments (e.g. travertine, desert varnish, desert crusts and brines, Antarctic
Dry Valleys, etc.)
The Naica Microbiology Team includes:
1) Dr. Penelope Boston (cave geomicrobiologist and astrobiologist) Earth & Environmental
Sciences Dept., New Mexico Tech. (Socorro, NM, USA).
2) Dr. Diana Northup (cave microbiologist and molecular phylogenist), Biology Dept., Univ. of
New Mexico (Albuquerque, NM, USA)
3) Dr. Tom Kieft (microbiologist and molecular phylogenist) Biology Dept., NM Tech.
4) Dr. Rasima Bakhtiarova (cell physiologist), Dr. Boston’s laboratory manager
5) Mr. M. Spilde (microscopist, electron beam techniques, mineralogist), Electron Microprobe
Laboratory Manager, Institute of Meteoritics, Un iv. NM.
6) PhD student Laura Rosales-Lagarde (chemist and karst geologist) who is a native of Mexico
studying under Dr. Boston on a Mexican CONOCYT scholarship.
7) Master’s student Megan Curry (cave geomicrobiologist) studying under Boston.
Boston and Northup have collaborated for almost fifteen years in many different cave and surface
environments. Spilde has been part of the team for the past nine years. Dr. Kieft has extensive
experience working on microorganisms in the ultra-deep South African gold mines. Boston and
Kieft have been collaborating since Boston’s arrival at NM Tech six years ago. Dr. Bakhtiarova is
originally from Azerbaijian and her experience is in plant and microbiological cell physiology. Ms.
Rosales-Lagarde is doing her PhD work on our other Mexican cave site, Cueva de Villa Luz in
Tabasco, which is a sulfuric acid system that has some similarities to the Naica environment but is a
shallow open system with a huge amount of biology visible in it. Ms. Curry is working on the
biogenic production of moonmilk for her thesis work, but is also working on the surface gypsum
microbiology in the Gypsum Plain area of New Mexico and Texas.
Science Plan:
Our overall approach is threefold: 1) to seek any viable living organisms that may be trapped in
fluid inclusions and attempt to grow them, 2) to extract any DNA present in the fluid inclusions and
identification of organisms or closest relatives (where possible), and 3) identification and analysis
of any non-living organic material other than DNA that may shed light on any biological contents of
the inclusions.
These three goals are mutually compatible but require different techniques for extraction of the fluid
inclusions for the different purposes.
1
New Mexico Tech, Socorro, USA, [email protected]
59
1) We are culturing possible organisms
under both aerobic and anaerobic
conditions. Our initial methodology is to
surface sterilize crystal samples and then
crush them very finely under aseptic
conditions to release possible organisms
from the fluid inclusions. This crushed
material is then introduced into a variety
of growth media that has been tested in
other gypsum-rich and evaporite-rich
environments.
Assistant at hood, preparing to extract DNA from cultures
These inoculations are now incubating in the laboratory under oxygenic conditions in a high
temperature incubator at 46oC.
We will begin the anaerobic experiments during late December, 2007, and early January, 2008.
Often in our work on extremophiles from caves, we find that organisms from such extreme
environments are very slow growing. We will monitor the experiments to detect visible signs of
growth at monthly intervals until growth is detected. Then an array of further analyses will be
conducted on any organisms that appear.
2) Extraction of fluids from the
inclusions to analyze for any DNA
presents a greater technical challenge.
We are still working on the methodology
for this using other crystals with fluid
inclusions for development. We are
slicing the crystals into thin sections,
surface sterilizing these, then piercing
into the inclusions with a sterile
microdrill and using a micropipette to
extract the tiny quantity of fluid present.
One of the crystals with large biphasic fluid inclusions
We believe that we will complete our method development by the end of December and take real
samples from the Naica crystals the beginning of January.
The process of analyzing this material presents additional challenges because of the small amount
of material we will have to work with.
3) Using the piercing and micropipetting technique, we will also conduct analyses on other contents
of the fluids as seems appropriate. Compounds of interest will include anything of potential
nutrient value to organisms.
4) If organisms grow in the cultures, we will also do DNA analysis on those to determine their
identity or identity of their closest relatives. In the subsurface work that we have done in many
other environments, most of the organisms that we detect are novel and previously unknown to
science. We anticipate that this may well also be the case for the Naica material.
60
Calaforra J.-M. 1, Badino G. 2
Forti P. 3, Lauritzen S.-E. 4, Delgado A. 5
¿CUAL PUEDE SER
EL FUTURO DE LAS CUEVAS DE NAICA?
En la presente comunicación se intentará resumir cuales son las presiones directas e indirectas que
puede sufrir -o está sufriendo en la actualidad- la Cueva de los Cristales. Este análisis preliminar
nos permitirá elucubrar sobre cual puede ser su “cierto o incierto” futuro.
Presiones indirectas
Consideradas como acciones, futuribles o no, que interfieren decisivamente en contra de la
preservación integral de la Cueva de los Cristales. Estas acciones, si bien no suponen un destrozo o
deterioro intrínseco de la cavidad, sí que fomentan se cree un ambiente de fatalismo que fácilmente
conduce a intentar la justificación de una posible expoliación en un siguiente paso. Algunos
ejemplos de presiones indirecatas son:
-
-
-
Museística: Museos del mundo que quieren tener una muestra en sus vitrinas. Hay que
considerar que aquí existe un precedente como fue la Cueva de las Espadas, de la cual se
extrajeron grandes cristales de yeso que fueron a parar a distintos museos famosos como el
Museo Británico o el Smithsonian
Empresas particulares que alimentan la posibilidad de extracción mediante incentivos
económicos notables. Se trata de aportar, nunca sobre el papel, cantidades importantes de
dinero para promover la posible extracción. El problema se suscita porque, a pesar que los
cristales no se pudieran extraer, se les da un valor económico a los mismos, aunque éste
valor sea completamente ficticio.
Coleccionismo: la Cueva de las Espadas y en general las minas de Naica siempre fueron
unos grandes suministradores de muestras al mercado internacional de minerales (desde
yeso hasta galena argentífera). La presión radica en el hecho en que no se puede entender el
por qué no va a seguir siéndolo (Fig. 1). De esta forma, se intenta justificar que la Cueva de
los Cristales siga el mismo destino que siguió la Cueva de las Espadas y su entorno.
Fig. 1 – Tentativo de predacion de
un cristal de yeso en la Cueva de los
Cristales (foto La Venta and
Speleoresearch & Film)
1
Universidad de Almería, España
Università di Torino,Italia
3
Universitá di Bologna, Italia
4
University of Bergen, Norway
5
Estación Experimental del Zaidín (CSIC), Granada, España
2
61
Presiones directas
Posiblemente las presiones directas sean las más importantes actualmente porque son claramente
visibles y detectables. Por ejemplo, el ya visible deterioro físico de los cristales. Los argumentos
que respaldan la ejecución de acciones directas se basan en el hecho de que si no se actúa pronto la
cavidad quedará destrozada sin remedio, lo cual en sí no deja de ser un contrasentido.
Las presiones directas más significativas identificadas en al Cueva de las Espadas lógicamente
derivan de la fuerte alteración antrópica producida para facilitar la explotación minera y las
acciones inherentes al proceso de investigación/difusión del descubrimiento:
-
-
-
Variaciones hidrogeológicas: el cambio en las condiciones hídricas del acuífero puede
considerase como la base de la alteración que actualmente está sufriendo la Cueva de los
Cristales. El paso brusco del nivel piezométrico debido a las necesidades de explotación a
provocado un paso violento de condiciones freáticas a vadosas que ha supuesto un cambio
radical de medio ambiente donde los cristales fueron creados con un paso de un sistema
fuertemente estable a otro claramente metaestable.
Cambios en la hidroquímica/mineralógía: la variación del quimismo de las aguas freáticas
del acuífero a las aguas vadosas de goteo es, lógicamente, el proceso que más ha modificado
la mineralogía del depósito. La precipitación de carbonatos sobre los cristales de yeso es el
cambio mineralógico más notable, dada la incorporación de CO2 en las nuevas condiciones
vadosas (Fig. 2). Otros procesos detectados son la disolución del yeso por condensación de
vapor de agua y la recristalización del mismo junto con otros sulfatos de Mg y Na.
Temperatura: la temperatura de la mina en el entorno de la Cueva de los Cristales va
disminuyendo progresivamente a un ritmo superior a 1ºC/año. Este enfriamiento provoca,
especialmente cuando se produce ventilación forzada en la mina/cueva, una condensación
continua en las paredes de los cristales (Fig. 3).
Fig. 2 – Ojo de la Reina: disolución del yeso y evolución de espeleotemas de
calcita (Foto La Venta and Speleoresearch & Film)
62
Fig. 3 - Cueva de los
Cristales:una condensación
continua en las paredes de
los cristales (Foto La Venta
and speleoresearch & Film)
-
-
-
Visitas y cambios microclimatológicos: los visitantes que acceden a la cueva pueden
considerarse como “objetos fríos” (a unos 37 ºC) que se introducen en ambiente cálido
(aproximadamente 44 ºC y 100% de humedad relativa). Estos “objetos” móviles (personas)
provocan la presencia de una aureola fría en movimiento que por conducción/convección en
el propio aire de la cueva puede afectar a la superficie de los cristales de yeso de procesos
de condensación.
Acción mecánica: la cavidad está siendo actualmente visitada por equipos de exploración,
científicos y medios de comunicación. Por mucho que la entrada esté restringida esto supone
del orden de cientos de visitas físicas a su interior. Uno de los mayores problemas de estas
visitas reside en la abrasión y rotura de aristas, caras y vértices cristalinos que se produce
con el simple caminar, generando un terrible polvo blanco de yeso en el suelo. Hay que
recordar que el yeso tiene dureza 2 y una persona suele pesar más de 70 kg..
Muestreo y sobremuestreo científico: es recomendable evitar que se sobremuestree
indiscriminadamente la cavidad. En especial es indispensable que los muestreos que se
realicen sean en zonas lo menos visibles y recónditas posibles. Aunque resulte extraño, ni
siquiera esto se ha llevado a cabo a rajatabla.
Un primer esbozo sobre algunas posibles medidas a tomar
- Mantener el control ambiental de la cavidad para detectar posibles alteraciones,
especialmente controlar que el descenso de la temperatura sea lo más paulatino posible
- Evitar totalmente la ventilación de la cavidad
- Aclimatación térmica corporal y sobre todo de vestimenta antes de acceder a la cavidad
- Trazar caminos, de alguna manera, para evitar que el destrozo físico de los cristales se
extienda irremediablemente.
- Limitar al máximo las entradas y empezar a pensar en prohibirlas totalmente en un futuro
muy cercano (2008)
-
…. Y otras medidas de conservación que seguro serán propuestas durante el simposio. Cada
año que pasa la cavidad en condiciones vadosas es un paso más que acentúa su deterioro.
63
64
65
66