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1957/2007
Parrocchia San Luca Evangelista - Milano
Una comunità
racconta
Segreteria parrocchiale
via Jommelli, 4 – 20131 Milano, telefono 02 36562265
Edizioni “Nuova Campana”
Parrocchia San Luca Evangelista, via Ampère, 75 Milano
Hanno collaborato alla stesura
Don Giancarlo Noè, Giovanni Agnesi, Marisa Caprio, Renato Ceriani,
M. Luisa Coppadoro, Paolo Della Chiara, Daniele Filippi,
Giuseppe Filippini, Tiziana Marcinnò, Mario Noè, Mauro Reboli,
Donatella Tanca, Ferdinando Zanzottera
progetto grafico Andrea Prati
Stampa Grafiche Boniardi SRL, Milano
Ottobre 2008
Famiglia, comunica la tua fede! pag
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1891-1979, architetto e designer
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Ristrutturazione delle opere parrocchiali
cosa è stato realizzato
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introduzione di Don Carlo Doneda
1957/2007
1957 All’inizio, Don Alessandro Aspes una comunità racconta 1970 1990 e una giovane chiesa
Don Erminio Bardella, Don Eugenio Penna Di esperienza in esperienza Don Egidio Villani, Don Paolo Visentini
Don Giancarlo Noè, Mons. Giampiero Crespi
Don Remo e la vita dell comunità continua
Don Cesare Pavesi, Don Adriano Bertocchi, Don Fabio Volpato
1998 Due nuovi arrivi 2002 Don Paolo Stefanazzi 2006 L’anno del cinquantesimo 2007 Don Carlo Doneda 2008 Il Cardinale Dionigi Tettamanzi San Luca Evangelista Don Marco Paleari e Don Pietro Moioli
il terzo parroco
Don Giancarlo Noè amministratore parrocchiale
San Luca verso il futuro
presiede la liturgia per la dedicazione dell’altare
lo scrittore della tenerezza di Cristo
Gio Ponti Parroci
1957-1958 Don Alessandro Aspes
(intestatario del beneficio parrocchiale)
1958-1989 Don Alessandro Aspes
1989-2002 Don Remo Gerolami
2002-2006 Don Paolo Stefanazzi
2006-2007 Don Giancarlo Noè
(amministratore parrocchiale)
2007
Don Carlo Doneda
Coadiutori
Don Erminio Bardella
Don Eugenio Penna
Don Egidio Villani
Don Paolo Vesentini
Don Cesare Pavesi
Don Fabio Volpato
Don Adriano Bertocchi
Don Pietro Moioli
Don Marco Paleari
Collaboratori
Padre Vincenzo Bonsignore
Mons. Giampiero Crespi
Don Sergio De Giacinto
Don Alessandro Maggiolini
Don Pietro Monti
Don Felice Morelli
Don Giancarlo Noè
Padre Giovanni Varotto
Don Giancarlo Terruzzi
Don Luigi Torta
Vocazioni
Fra Filippo Belli
Don Alessandro Bonato
Don Angelo Brenna
Don Stefano Caprio
Padre Marco Finco
Don Fabio Giovenzana
Don Marco Lucca
Don Giuliano Moiraghi
Padre Aldo Motta
Padre Stefano Radice
Suor Laura Arduini
Suor Marisa Martinelli
Suor Chiara Martinetti
Suor Rita Moiraghi
Suor Maria Vittoria Panceri
Suor Maria Laura Rossi Zanetti
Katia Berghella
Sagrestani
Agostino
Antonio
Ernesto
“Famiglia,
comunica
la tua Fede!”
N
ell’anno in cui il Cardinale Dionigi Tettamanzi ha dato questo titolo all’itinerario pastorale diocesano, sono lieto di presentare questo volumetto, a chiusura della celebrazione del cinquantesimo anniversario di fondazione della parrocchia di San Luca.
Ogni parrocchia è una Famiglia che vive e comunica la sua fede in Gesù; e a San Luca,
questa famiglia ha vissuto, in questi cinquant’anni, una storia molto significativa per
tutto il quartiere.
È dunque il momento non solo di aprire l’album dei ricordi, ma di guardare indietro con gratitudine nei
confronti del Signore e di tante persone che di questa parrocchia sono e sono state l’anima.
Questo potrebbe essere il primo capitolo della storia della nostra “Famiglia”, in cui lo sguardo si sofferma
soprattutto “sul capofamiglia”, ovvero sui pastori che hanno vissuto a San Luca il loro ministero, dando alla
parrocchia, con l’aiuto dello Spirito, un’impronta che ancora oggi è riconoscibile e porta frutto.
Come nuovo parroco condivido la gratitudine di tutti i parrocchiani per la fede, il lavoro, la testimonianza
e la comunione offerta da tutti i sacerdoti che si sono avvicendati in San Luca in questi cinquant’anni e
che ancora servono la parrocchia.
Ho avuto in questo mio primo anno, costellato di ricorrenze importanti e di festeggiamenti, più di un’occasione per verificare di persona che, anche se destinati altrove, i preti di San Luca ancora portano nel cuore
questa parrocchia e la ricordano nelle preghiere, e il loro affetto è sinceramente ricambiato dai parrocchiani, come si vedrà nelle testimonianze qui raccolte.
Dedichiamo ovviamente questo scritto all’indimenticato e indimenticabile amato parroco fondatore Mons.
Alessandro Aspes che sicuramente anche dal paradiso non ha mai fatto mancare alla “sua famiglia” uno
sguardo paterno e benedicente, e ci affidiamo alla sua intercessione anche per il prosieguo del nostro cammino.
Da parte mia, oltre ad un particolarissimo ringraziamento a chi mi ha proceduto, la mia gratitudine va a
tutti quelli che hanno scritto e curato con pazienza e amore questo volume, per farne un dono alla Parrocchia in questo suo cinquantesimo compleanno.
Don Carlo Doneda
Parroco di San Luca Evangelista
> Facciata della chiesa con Cristo Redentore opera di Don Marco Melzi
> La chiesa con il presbiterio ristrutturato da Padre Costantino Ruggeri
> L’altare, le vetrate, il tabernacolo, opere di Padre Costantino Ruggeri e il crocefisso
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1957/2007
Una comunità racconta
San Luca
ha cinquant’anni
I
l sagrato è stato appena rinnovato. San Luca rivive i suoi splendori. Allo scadere dei cinquant’anni,
ecco qui la nostra Chiesa parrocchiale, offerta come nuova ai nostri sguardi. Il tempo dei lavori è
finito e così l’attesa di vedere quello che la mano dell’uomo e la sua cura e il suo amore hanno
costruito intorno ad essa di buono. E di bello.
San Luca. Un tempio. Il nostro tempio. A portata di strada. Sul crocevia degli incontri. I vecchi
gradini in pensione e i nuovi in rodaggio, ancora tutti da calpestare…
Il passato vola nell’aria. Il presente levita verso il futuro e il sole e la pioggia batteranno per chissà quanto
ancora su queste nostre benedette pietre, su di noi, sui nostri piedi in cammino, sulle nostre anime in attesa.
Un tempo quei gradini sono stati un salotto. Lo sono, adesso? Le voci attorno rispondono di sì. Si viene calamitati da una nuvola di gente. La domenica e spesso. Sera e mattina. Notte, talvolta.
Di quelle voci mi ritorna l’eco. Qualche primavera in meno, ma erano quelle. Quelle che sento adesso, passando e stando… Voci attaccate ai volti… Volti non più giovani, ma giovanili, quello sì. Nel cuore molti ricordi
e dentro la forza di una fede cresciuta e ancora presente.
Oggi avere una Chiesa, oggi essere Chiesa resta una sfida degna degli inizi. Non avevamo un campanile allora
e neppure adesso. Le campane si avvolgono su nastro, ma si svolgono tra le vie. Il loro suono si spande nell’aria
e non la inquina. La purifica. La illumina. La rasserena. La riempie. La risana.
Senza questa loro e nostra voce la Zona tre sarebbe uguale? Io non lo credo. Abbiamo colmato un vuoto. Tra
le villette di via Jommelli cresceva soltanto una voragine di nulla. Un piccolo deserto cittadino da riempire e
da bonificare. Da seminare e vivificare. Da far fiorire.
Quindi adesso che ci siamo, siamo felici di esserci… La messa ci sostiene. La preghiera ci raduna. La carità
si dà da fare. La gioia ci intrattiene. Oltre all’unica vera ragione che ci unisce, altre piccole spicciole beatitudini di compagnia. Da non perdere. Da gustare. “Dove due, dove tre…” recita l’ultima poposong della
festa popolare 2007.
San Luca evangelista e senza abbreviazioni, dato che è bello! Chiesa che ha tra le mani i suoi talenti. Per l’esattezza cinquant’anni di talenti, tutti da far fruttare. Il futuro è aperto. Gli anni si accavalleranno gli uni sopra
gli altri. Sin che il Signore vuole. Noi non sappiamo quanto e come. Di certo questo c’è. Che qui il Signore
è in mezzo a noi. Che qui la gente vive. Che qui la gente incontra gente.
Come una volta…
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> Don Alessandro Aspes
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All’inizio,
don Aspes e una giovane chiesa
S
e qualcuno nei primi anni ’70 fosse approdato, per i casi della vita, alla Parrocchia di S. Luca, come
è accaduto a me che vi parlo, avrebbe trovato una chiesa giovane, ma già con una robusta tradizione
alle spalle, costituita da un’intensa vita liturgica sobria e accurata, articolata in diversi momenti di
vita comunitaria e in proposte di gruppi di catechesi, dai bambini agli adulti. Per chi veniva da fuori
Milano, la comunità di S. Luca appariva accogliente e capace di sostenere la vita di fede dei suoi
parrocchiani.
Che cosa ho visto la prima volta che sono entrata in chiesa per la Messa?
Un prete giovane che si sbracciava per insegnare nuovi canti al popolo di Dio e una comunità ricca di giovani,
famiglie e anziani, che incominciava a mettere in pratica l’idea, tutta conciliare, di una più personale partecipazione
alla preghiera liturgica, e guai a chi cercava di sottrarsi, rifugiandosi in fondo alla chiesa!
E qui diamo voce a chi ha vissuto da vicino i primi anni dell’inizio.
“ Tutto è possibile a Dio… che la S. Messa sia in S. Luca, costola del Casoretto, per ora una villetta, mentre già si intravvedono
le travi della nascente Casa di Dio. E alcuni di noi, in una saletta della villa, sotto la guida di don Aspes e don Erminio a seguire
un po’ attoniti la Prima Messa... Ciò che c’è adesso è nato da lì. Noi vecchissimi ne siamo fieri! ”
Nei ricordi di chi ha partecipato a quegli anni impegnativi
ed entusiasmanti emerge con insistenza la figura di don Alessandro
Aspes, il parroco fondatore, riferimento autorevole per tutti, padre
accogliente e guida sicura.
“
Con don Aspes ho iniziato subito dei rapporti di amicizia che mi hanno sostenuto tutta la vita…
Anch’io l’ho conosciuto da allora, quando ero una ragazzina (sono qui dal 1959), ma nei primi anni non ero una assidua frequentatrice dell’ oratorio, le mie esperienze ecclesiali avvenivano altrove e comunque i rapporti più immediati erano con i coadiutori. Per me è diventato molto importante più tardi, quando le vicende della vita mi hanno portato ad aver bisogno di un sostegno
che mi aiutasse in varie scelte e decisioni e lui si è reso disponibile, in un rapporto “paterno” (non solo perché aveva cinque anni
più dei miei genitori), insieme sicuro ma anche attento, dolce, volto a suggerire e proporre più che imporre. Si potrebbe parlare di
lui come di un parroco innovatore (qui il Consiglio Pastorale, comunque allora lo si chiamasse, è nato molto presto, molto prima
che fosse obbligatorio), attento alla comunicazione (Nuova Campana), capace di dare spazio, fin troppo secondo alcuni, ai suoi
coadiutori.
Mi limito qui ad una spolverata disordinata di immagini, che mi tornano alla mente. Ricordo di lui: l’amore profondo per Maria,
con i numerosissimi pellegrinaggi a Lourdes (compreso l’ ultimo durante il quale è stato colpito dal male in modo irreparabile)
giudicati in modo un po’ critico dai parrocchiani, che lo vedevano troppo spesso allontanarsi; le arrabbiature durante e dopo il
Consiglio Pastorale, che viveva come tutto con “passione”; gli ultimi anni passati nel piccolo appartamento prima un po’ troppo
solo (le pile di piatti che a volte trovavo e lavavo in cucina quando andavo da lui a confessarmi!), poi di seguito con tanto amore
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> Don Alessandro Bonato
> Don Angelo Brenna
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All’inizio, Don Aspes e una giovane chiesa
dalla sig.ra Stella; la capacità di coniugare il rispetto per la “libertà dei figli di Dio” con la chiarezza nelle idee; i “tre punti” delle
sue omelie, nelle quali si lasciava prendere la mano dalla foga e che tendevano a diventare lunghissime; la cordialità e la capacità
di rapportarsi con le persone e il numero di casule viola da ripiegare dopo i suoi funerali, segno della presenza di tanti “confratelli”
legati a lui da rapporti di amicizia.
Sono entrata nella mia casa di via Vallazze due mesi prima che don Aspes arrivasse nella villetta di via Jommelli 6, sede provvisoria della nuova parrocchia. Ricordo la prima Messa celebrata nel salone della villetta, oggi Sala Aspes, dove mancava tutto,
ma dove c’era un popolo di Dio con la gioia di avere una chiesa in un quartiere di periferia che ne aveva grande bisogno: nel cuore
di tutti un grande desiderio di trovarci insieme a pregare e costruire la nostra Chiesa... Per me iniziava la grande avventura della
vita familiare e della vita parrocchiale.
Sono stata coinvolta subito in tutto, si formavano i primi gruppi dei bambini, dei pochi giovani e degli adulti. Era sorto così anche un piccolo Gruppo Culturale e nato il primo giornale parrocchiale, stampato in qualche modo e
distribuito nelle famiglie, La Nuova Campana.
Subito nel ’58 è sorto il gruppo dell’Azione Cattolica, poi la S. Vincenzo, il Gruppo Missionario, un Gruppo Seminario, un
Gruppo Assistenza Malati, e la prima vocazione sacerdotale nata in parrocchia, quella di don Alessandro Bonato…
Un altro giovane sacerdote, don Angelo Brenna, celebra in San Luca a fianco di don Alessandro. Don Angelo morirà
prematuramente nel 1980. Molti parrocchiani lo ricordano ancora con affetto per la sua anima limpida e seria. La sua era una
presenza buona e delicata. I suoi modi solari... Era davvero bello vedere un giovane sacerdote così assorto e compreso durante la
celebrazione della Santa Messa! ”.
Don Aspes è aiutato dai primi coadiutori: don Erminio Bardella, che
ci lascerà per diventare cappellano dell’Ospedale Pini, e don Eugenio
Penna, che rimarrà a lungo.
“
Ho conosciuto don Eugenio, ancora prima di far parte di questa parrocchia, quale assistente spirituale dei Cenacolini di Milano, un gruppo all’ interno della Azione Cattolica, che seguiva un particolare percorso vocazionale. Ho scoperto in lui un profondo
conoscitore dei santi mistici, una ricca fonte teologica unita ad una notevole sensibilità ed attenzione alle persone. Dopo il mio
matrimonio ho scelto di entrare nella Comunità di San Luca grazie anche alla sua presenza.
Don Eugenio Penna: ricordo un uomo dotato di notevole autocontrollo, che agiva con fermezza e discrezione. Mi sembra fosse
appassionato di musica, soprattutto di opere e lo rivedo a guidare i cineforum, che si tenevano nel salone parrocchiale. Una persona
sorridente e accogliente ”.
Tutto in questi primi anni è da inventare, da scoprire, da vivere…
“
Molti gruppi: le Lampade viventi, i Terziari francescani, il Cineforum, il Gruppo Culturale... San Luca è nata subito come
una parrocchia viva e vivace. Questa ricchezza iniziale ancora oggi vede persone impegnate in vari settori…
Nel salone la sera ci si ritrovava a guardare insieme qualche film. Poi la discussione con i giovani e gli adulti a tirare tardi esponendo i diversi punti di vista.Tutto un crescere comune, non solo un parlare…
… a S. Luca era già iniziata un’intensa stagione innovativa…
Il famoso tentativo del Consiglio Pastorale, prima che venisse costituito ufficialmente, di don Aspes con tutti quelli che volevano,
ebbe successo. Poi quello ufficiale con le discussioni sul modo di eleggerlo e don Aspes che ci inserì i benefattori!
Eravamo da poco arrivati in S. Luca (erano gli anni ’62, ’63) quando la grande capacità di accoglienza di don Aspes ci sollecitò
a formare un primo Gruppo di spiritualità familiare (esperienza da cui provenivamo) che poi si raddoppiò e che fu un momento
importante di riconoscimento tra un certo numero di famiglie impegnate nella parrocchia e l’avvio di una amicizia profonda che
dura a tutt’oggi ”.
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All’inizio, Don Aspes e una giovane chiesa
> Don Aspes Parroco
> Il gruppo anziani
> Don Angelo Brenna
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> La prima cappellina
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> Il grande teatro
> Don Aspes fuori porta con le sue parrocchiane
> Don Aspes, gli scout e Agostino, primo sacrestano
> Il Cardinale Colombo con Don Aspes, Don Egidio e Don Eugenio
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> Don Egidio Villani
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Di esperienza
in esperienza
V
erso gli anni ’70 la chiesa di S. Luca evangelista comincia ad avere una sua fisionomia ben precisa.
Innanzitutto una svolta decisa nell’ambito dell’oratorio: qualche anno dopo l’arrivo del nuovo
coadiutore, don Egidio Villani, l’oratorio diventa unico, con sede in S. Luca (in precedenza
l’oratorio femminile era invece dislocato dalle suore di via Bazzini). Un’altra svolta avviene nella catechesi dell’Iniziazione cristiana: a cominciare dall’anno 1971 saranno le
mamme stesse, di anno in anno, a “fare catechismo” al posto delle suore, coadiuvate dai ragazzi
più grandi dell’oratorio, così come continua ad avvenire fino ad oggi. E si comincia anche a convocare genitori e
bambini del precatechismo: il cosiddetto “Gruppo 0-7”…
“ Uno strano prete, don Egidio Villani, durante una gita della catechesi, mi chiese di frequentare un corso di preparazione per
catechiste… e da quel momento la mia vita e quella della parrocchia si sono intrecciate in un cammino di fede e di amicizia…
In S. Luca si cresceva insieme: i ragazzi più grandi, come ora, seguivano i più piccoli, così come i giovani più cresciuti erano punti
certi di riferimento per i ragazzi ”.
Una grossa novità in quegli anni è stata la nascita di un “Gruppo Genitori” ben nutrito, con incontri a cadenza
mensile, nel quale sono inizialmente confluite le famiglie provenienti dai “Gruppi di spiritualità familiare”, ma nel
quale si è poi curato l’inserimento anno dopo anno delle nuove famiglie della catechesi per l’ Iniziazione cristiana
dei ragazzi. E poi tutti gli altri incontri serali: negli anni ’70 e ’80 con cadenza settimanale perché “coloro che
vivono si incontrano…” E in quegli anni, in San Luca, si incontravano proprio tutti: giovani e adulti insieme.
I ricordi si affollano in chi ha vissuto quegli anni.
“ Fra tutti i gruppi era il massimo il famoso “Gruppo Genitori” che tanto è stato di aiuto per le nostre famiglie. Si viveva insieme
la preghiera, l’incontro con la Parola, l’amicizia che vive ancora oggi. Era il 1976… durante un gitone presi il mio bicchiere di
plastica e mi avvicinai a un signore che si dava da fare con un bottiglione e gli chiesi per favore un po’ di vino. Era il Lietti. Da
quel momento ero entrata anch’io nel “Gruppo Genitori”. Sono di quegli anni le prime vacanze comunitarie, i “gitoni” con
300-400 persone, cioè 5-6 pullman, e gli svaghi delle domeniche pomeriggio… Lietti, presidente della commissione salone… le
commedie, un’operetta, spettacoli in milanese e non, il Tarchetti e tutti gli altri, attori per passione, intrattenitori per amore. Momenti di preghiera che ricordo con il cuore sono quelli dei Vespri nell’antica cappellina dell’oratorio la domenica il tardo pomeriggio,
e l’incontro del venerdì sera per i giovani…
I sacerdoti erano pur sempre in prima linea in questa vita comunitaria: Don Egidio con le sue sfuriate indimenticabili e Don Aspes
con la sua calma olimpica ma attenta; e poi tutti gli altri che hanno raccolto i frutti della seminagione nel tempo ”.
Continuano i ricordi e, tra i ricordi, affiora anche qualche rimpianto…
“
Certamente la presenza nel quartiere di una parrocchia attiva e anche chiassosa era incisiva: ricordo che i sanluchini erano
abbastanza conosciuti, nel bene e nel male da tutti! Molto tempo è passato e la società è cambiata. Ho l’impressione che l’esigenza di comunione si sia stemperata in altre forme di partecipazione forse più individualistiche. Oggi non emerge più con forza
l’orgoglio, il bisogno di affermare la nostra identità cristiana con il nostro agire… in ogni ambito…”.
Fioriscono in questo periodo alcune vocazioni sacerdotali e religiose: don Giuliano Moiraghi, don Fabio
Giovenzana, don Stefano Caprio, fra Marco Finco, Padre Filippo Belli.
E suor Maria Laura Rossi Zanetti, suor Marisa Martinelli, Katia Berghella… Padre Stefano
Paolo Radice, suor Chiara Martinetti…
Anche le varie congregazioni religiose del quartiere si inseriscono bene nella vita della Parrocchia, portando testi-
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> Prima Messa di Don Fabio Giovenzana con Don Aspes e Don Egidio
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> Don Giancarlo Noè
> Pranzo in salone con Don Aspes
e Don Stefano Caprio
> Fra Marco Finco, Don Aspes e Don Paolo Vesentini
> Monsignor Giampiero Crespi
> Don Egidio, Don Eugenio, Mons. Aspes, Mons. Crespi
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Di esperienza in esperienza
monianza del loro particolare carisma. Sono le Suore dell’Immacolata Concezione di Ivrea, le Suore
Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli e le Suore Missionarie Saveriane.
Sono anche gli anni in cui mons. Aspes (ormai è diventato “monsignore”!), accoglie nei locali di S. Luca l’iniziativa
di Effatà (allora Gruppo Emmaus), che ancora oggi è presente e continua la sua missione, nata da quel piccolo
seme, occupandosi dell’assistenza alle persone anziane senza fissa dimora. Parallelamente incomincia anche ad operare in parrocchia il Gruppo Malati e Anziani, con fraterna attenzione per le situazioni di solitudine e sofferenza.
In questo periodo i decreti delegati aprono spazi alla partecipazione dei genitori alla vita della scuola.
Molte famiglie si coinvolgono in questa attività, partecipando attivamente a Consigli di Classe e Consigli di Istituto, rispondendo alla sollecitazione dell’impegno sociale molto sentito nella nostra comunità. Agli inizi degli anni
’80, don Eugenio e don Egidio diventano parroci altrove. Li sostituisce don Paolo Vesentini. Riportiamo qui la
testimonianza di un giovane che ha vissuto insieme a lui il momento della propria adolescenza.
“ Potresti scrivere due righe su don Paolo? Volentieri, rispondo senza indugio. Sono passati molti anni, la mia visione ed il mio
ricordo sono legati a quel ministro di Dio che ha fatto della sua vita una missione per me e per tutti quei ragazzini che lo hanno
conosciuto, ma ancor più grazie a lui sono entrati nel mondo degli adulti. Quando cominciai nel gruppo ’80 il mio cammino
di iniziazione cristiana, c’era lui a mostrarmi quanto fosse bello vivere con gli altri la fede in Gesù Cristo. La conquista della
sua fiducia quando ci chiamò ad essere animatori e poi educatori dei più piccoli. Piano piano crescevo ed il mio rapporto con lui,
insieme a tutti gli altri ragazzi, diventava più forte. Lo ricordo come un “condottiero” mentre ci portava a scoprire le montagne
e ci svelava la bellezza della condivisione fraterna. Camminare sotto la pioggia per ore e poi ritrovarsi stremati a ringraziare il
Signore davanti a del pane e un po’ di cioccolato.
Quanto stupore quando ci invitava a condividere la cena con i senza fissa dimora del Gruppo Emmaus, oppure il suo essere in
prima linea nell’aiuto a Fabrizio, preconizzando la nascita del Gruppo PulceAllegra, che ancora oggi accompagna le famiglie con
ragazzi in difficoltà. Nel decennio che abbiamo condiviso, quanti suggerimenti per l’impegno verso il prossimo, fuori e dentro la
parrocchia. La nostra curiosità andava sempre a cercare i dettagli più inesplorati del suo passato, del suo essere stato un laico. Lo
ascoltavamo con attenzione mentre raccontava come era nata in lui la sua vocazione sacerdotale dopo aver vissuto anche una parte
della sua vita come operaio. Quanta generosità ci mostrava con la sua vita di uomo di Dio, aperto alla Provvidenza ed attento al
percorso di ognuno di noi. Le sue occhiate, i suoi richiami, i suoi lunghi silenzi… Lo ricordo con piacere come una persona timida,
a volte riservata. Ci ha insegnato prima degli altri la discrezione ed il saper ascoltare mentre a turno lo accompagnavamo durante
le benedizioni alle famiglie nel tempo di Avvento; quanti ricordi nel cuore pensando alle sue parole di conforto verso gli afflitti. A
volte condivideva con noi alcune mattine passate fuori dai banchi di scuola. Il tempo non passava invano, gli argomenti di discussione c’erano eccome. Mi rendo conto che i ricordi sono ormai dei flash. Oggi è presente la consapevolezza che, per i ragazzini che
come me lo hanno incontrato, è stato un aiuto importante per diventare uomini, donne, genitori cristiani ”.
Un altro sacerdote affianca gli altri durante questo periodo.
È mons. Giampiero Crespi.
Nel 1957 parte missionario per il Brasile (diocesi di Santo Andrè). Una volta rientrato a Milano per motivi di salute
e abitando in via Accademia con i genitori e la sorella Ines, negli anni dal ’67 al ’91 celebra messa nella cappellina di
piazza Aspromonte, che don Aspes affida a lui. Successivamente accetta la nomina a parroco di 4 piccole parrocchie
di montagna in Svizzera (diocesi di Coira), dove rimane sino al 2003. Da allora è presente nella nostra parrocchia,
che nel 2006 ha festeggiato insieme a lui i 50 anni della sua ordinazione sacerdotale, dimostrandogli gratitudine
per la sua discreta e significativa presenza.
Nell’ottobre 1982 il panorama presbiterale di San Luca si arricchisce di
un’ altra presenza.
A Don Giancarlo Noè, che comincia a lavorare negli uffici della Curia milanese, viene data l’opportunità di
risiedere nei locali di via Jommelli di proprietà della parrocchia. Con lui si trasferiscono qui i genitori e il fratello
Mario. L’impegno in Curia occupa le sue giornate, ma in tutti gli altri momenti lo si trova disponibile in chiesa per
le sante messe e in confessionale. A poco a poco si fa conoscere e apprezzare. Le sue prediche scavano nell’ anima
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> 1982, campeggio dei giovani della parrocchia
> Danze e canti per festeggiare gli sposi
> Festa Popolare 1982, pranzo in via Ampère
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> Celebrazione della Santa Messa ad una Festa Popolare
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di molti, lasciano segni e attirano al Signore. Ancora oggi, sono passati 25 anni da allora, la sua presenza tra noi è
una benedizione!
“ Ho il ricordo netto, preciso, di certi ritiri fuori porta durante i quali don Giancarlo ci accompagnava tra le righe del Vangelo,
proponendo riflessioni, suscitando desiderio di approfondimenti e di propositi per la vita. Giornate in cui nel silenzio lo Spirito
parlava a ciascuno e insieme a tutto il piccolo gregge riunito. E ho anche la nostalgia di quelle particolari occasioni di crescita
interiore.
Don Giancarlo è il sacerdote che, secondo solo a don Aspes, da più anni è presente a San Luca. Questo fatto ha decisamente plasmato in qualche modo la nostra comunità. Una personalità forte, ma allo stesso tempo ricca e sensibile. È un eccezionale sponsor
di Sant’Agostino! Non so perché, ma in tutte le occasioni, prediche, ritiri o esercizi spirituali di don Giancarlo prima o poi salta
fuori quella parola: misericordia. Questo prezioso ritornello, che fa coraggio e dà speranza alla vita, lui lo porta a tutti noi in punta
di sorriso mentre passa tra le persone. In molte occasioni mi è stato di grande aiuto. Don Giancarlo è ormai per noi un’istituzione!
Se i parroci e i coadiutori si sono alternati, lui è presente tra noi dai tempi di don Aspes, in modo discreto e rassicurante. Gli siamo
grati per le ore passate in confessionale e ancora, per l’anno appena trascorso da Amministratore parrocchiale, durante il quale ha
messo a disposizione di tutti noi le sue energie e il suo tempo ”.
> I cuochi per il pranzo comunitario
> In campeggio d’estate
> Settimana genitori a Breguzzo
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18 ottobre 1992
Festa patronale di San Luca
muore Mons. Alessandro Aspes
> 1992, Don Aspes a Lourdes
> Don Aspes da Papa Giovanni Paolo II
> Don Aspes in viaggio per il mondo
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> Don Remo Gerolami
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Don Remo
e la vita della comunità continua
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rrivano gli anni ’90. Il primo parroco, Mons. Alessandro Aspes, muore nel giorno di S. Luca, il 18
ottobre 1992. Tutti quelli che l’hanno conosciuto lo portano costantemente nel cuore e continuano
a conservarne la grata memoria. Don Aspes è stato “la radice” dell’albero della chiesa di S. Luca.
Chi ancora oggi trova ristoro e accoglienza all’ombra della nostra comunità lo deve sicuramente
anche a lui.
Frattanto era arrivato, nel novembre del 1989, il secondo parroco di S. Luca, don Remo
Gerolami, da quel di Gurone, ad assumersi la fatica che implica una parrocchia di città, così diversa da quella di
provenienza e che metterà a dura prova la sua signorile gentilezza e… la sua resistenza fisica. Con lui c’è la mamma Rina, a sostenerlo e consigliarlo e a spendere le sue energie, nonostante l’età, per offrire momenti di incontro
conviviale ai presbiteri di San Luca.
Alcuni raccontano…
“
Ricordo la prima volta che l’ho visto: è stato a Gurone, dove era parroco prima di venire a San Luca, quando alcuni di noi
sono andati in rappresentanza della parrocchia per partecipare alla festa di congedo da quella comunità. Era chiaramente amato e
ben inserito, anche con la sua mamma già anziana, in quella realtà, ma accettava l’invito del Cardinale a “ricominciare tutto”, ad
anno già inoltrato (eravamo in novembre e mons. Aspes aveva rinunciato all’incarico quasi all’ improvviso per motivi di salute) e
in un ambiente completamente diverso, in una situazione inevitabilmente non facile (parroco fondatore ancora presente, abitudini
consolidate, ecc.). La sua risposta era segno di una grande disponibilità e di spirito di affidamento al Signore.
Negli anni successivi ho avuto modo di conoscerlo in particolare, ma non solo, attraverso il lavoro nel Gruppo di Animazione
Liturgica, durato molto a lungo.
Mi ha colpito soprattutto la discrezione con la quale accoglieva le persone, cercando di valorizzarle senza però “sequestrarle”
o assillarle, la sua disponibilità e attenzione per gli anziani e l’assiduità alla preghiera: non era raro vederlo in chiesa mentre
pregava e si deve a lui la valorizzazione di momenti come l’adorazione eucaristica settimanale, oltre al rilancio
dei Gruppi del Vangelo, iniziati già anni prima, ma ormai finiti nel nulla e ripresi invece con nuova organizzazione e
maggior sostegno. Quante sere passate nell’atrio di San Luca di una volta con don Remo che ci preparava quali responsabili dei
Gruppi del Vangelo...
L’iniziativa era stata ripresa da lui e portata avanti con cura e attenzione grandissime, dalle quali ci sentivamo sostenuti…
Per circa 10 anni ho collaborato nella tenuta dei conti delle entrate e delle uscite della parrocchia. Don Remo, forse perché aveva
trascorso la gioventù in seminario, con il contante era un po’ in difficoltà, ma è sempre stato intransigente nella onestà e nella correttezza verso la parrocchia. Quando al lunedì andavo in casa sua per fare “la prima nota” delle entrate e delle spese in contante
era sempre un po’ preoccupato e ansioso di sentirmi dire: va tutto bene... Se poi qualche conto non tornava, don Remo non esitava
29
1991
1992
1993
> Don Remo Gerolami
1994
1995
▲
1996
> Il Cardinale Martini e Don Remo a San Luca
> Don Cesare e i giovani (1992)
> Don Cesare Pavesi, coadiutore
30
> Don Adriano Bertocchi con Don Fabio Volpato
1997
Don Remo e la vita della comunità continua
a sistemare la cosa, intervenendo di tasca propria con semplice e immediata generosità.
… ricordo la premura e l’attenzione di Don Remo verso gli anziani. Uno degli obiettivi nei loro confronti fu quello di dare
l’opportunità di un salutare soggiorno di svago e di riposo nel periodo estivo in cui la città si svuota per le ferie.
E ci riuscì, coinvolgendo più persone, dapprima nella ricerca del luogo, poi nell’organizzazione dei turni e anche negli accompagnamenti. Così per qualche anno la vacanza di Lizzola in Val Bondione divenne per diversi anziani occasione di
incontro, di amicizia e di fraterna condivisione.
… don Remo si prese anche la grande responsabilità di avviare e gestire la ristrutturazione, dei cui risultati gli siamo tutti profondamente grati; ma siamo ancor più grati per aver avuto in lui un testimone della tenerezza di Dio ”.
Nel raccontare questo primo mezzo secolo di storia della nostra parrocchia non si può dimenticare, al di là dello
scorrere degli anni e del succedersi di parroci e coadiutori, la figura della “signorina Angiolini”. Presente da subito nelle attività parrocchiali come animatrice dell’Azione Cattolica, del Gruppo Nubili, del Gruppo Missionario
delle origini, dal momento in cui è andata in pensione, negli anni Sessanta, fino agli inizi del Duemila, ha curato
la segreteria parrocchiale, occupandosi di mille cose, facendo da punto di riferimento per tante persone, sempre
disponibile al servizio della “sua” parrocchia.
Dopo don Paolo Vesentini, nel 1990 arriva da prete novello Don Cesare Pavesi, che a San Luca si ferma solo per
qualche anno. La sua propensione per la liturgia e il canto sacro lo porteranno, dopo un breve periodo trascorso in
altra parrocchia, ad essere chiamato e valorizzato all’ interno dell’Ufficio Liturgico Diocesano.
“
Don Cesare? Ci ha insegnato ad avere attenzione e cura per il canto durante la liturgia. Per lui era una vera passione, ma
soprattutto un’espressiva e intensa modalità di preghiera. Da lui ho per esempio imparato quel bellissimo canto che è il Regina
Coeli ”.
A sostituire don Cesare, arriva don Adriano Bertocchi, direttamente da
Busto Arsizio: diventerà lui il nuovo sacerdote dei ragazzi.
“
Don Adriano ci avvicinava sempre con semplicità e con un sorriso. Ci ha insegnato che servire i più piccoli, nel nome del Signore, andava fatto con gioia. Anche le vacanzine insieme a lui diventavano l’occasione di mettere in pratica la nostra disponibilità
verso gli altri. In quattro quell’anno siamo state chiamate da don Adriano per fare le catechiste. Non ci conoscevamo fra di noi ed
eravamo abbastanza preoccupate della nostra inesperienza. Si programmavano gli incontri con precisione e puntualità, trovandoci
a casa sua, e tra una battuta e un consiglio siamo cresciute insieme, con don Adriano, che piano piano si lasciava coinvolgere dalle
nostre “pensate” e dalle nostre osservazioni. Un fruttuoso periodo di lavoro comune e un’esperienza buona perché fatta sul campo, come ci diceva sempre lui. Don Adriano ci ha subito coinvolto in vari servizi. Si andava dai De Vincenzo a smistare generi
alimentari per il Banco Alimentare, si tenevano in ordine i locali di Effatà, si portavano gli auguri di Pasqua e Natale ai
malati e anziani della zona. In fondo questo fare concreto mi ha fatto sperimentare cosa significa seguire Gesù più di tante parole.
Sono grato a Don Adriano di avermi proposto questo percorso ”.
Nello stesso periodo di permanenza di don Adriano arriva don Fabio Volpato.
Risiede in San Luca dove segue per un periodo il Gruppo Giovani Sposi. Nel 1998, lasciando San Luca, diventa
Cappellano della Polizia di Stato in Lombardia.
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1997
1998
▲
1999
> Don Marco Paleari
> Don Pietro Moioli
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2000
2001
2002
2002
Due nuovi arrivi
E
nell’anno 1998 ecco due nuovi arrivi.
A rimpiazzare don Adriano, divenuto parroco, arriva don Marco Paleari e insieme, come residente, un sacerdote più anziano, don Pietro Moioli, detto don Pierino.
“ Don Pierino, affabile e attento, si è subito interessato degli anziani e dei malati. Per affinità forse, ma so-
prattutto per vocazione missionaria verso i meno raggiunti e raggiungibili di solito. A ciascuno di noi (siamo
sempre state più donne che uomini) ha dato sempre una parola di conforto e di consiglio, che ci aiuta a vivere questo periodo non
facile della nostra vita.
Don Pierino ha un’energia incredibile quando si tratta di dare ascolto alle persone. È il primo a correre alla Santa Rita,
nelle case o negli ospedali dai malati che lo richiedono. Una parola buona, una battuta, un sorriso e poi Gesù eucaristico dato con
semplicità anche se senti di non meritartelo.
Partecipo al Gruppo di preghiera del venerdì tenuto da don Pierino. Da sola non riuscivo più a pregare perché la vita me ne ha
fatte tante… Nella gioia e nel canto, insieme ad altri ho ritrovato la serenità. Grazie, don Pierino!
Don Pierino da anni è il mio confessore. Mi ascolta, mi incoraggia, poi mi impone le mani e io mi sento medicato nella mia fatica
giornaliera.”
Don Marco Paleari arriva in S. Luca accompagnato dal rettore del Seminario, che lo presenta come un teologo
che ha chiesto esplicitamente di fare esperienza di parrocchia. Farà, per nove anni di permanenza a San Luca, tutte
e due le cose, il coadiutore e l’insegnante di seminario a Venegono.
Per impulso di don Marco, e in linea con la tradizionale attenzione missionaria, è nata in questi anni un’esperienza
di condivisione con il popolo eritreo, che si è concretizzata nel gemellaggio con la comunità di Ebarò
nell’agosto 2006 e in un rapporto di amicizia e di aiuto che ancora continua, animato dai giovani del Gruppo
Dahan-Dahan.”
“ Definire don Marco è impossibile. A volte sembra semplice come un bambino e altre invece tira fuori tutta la sua teologia
studiata e fatta e ci stupisce… diventa inarrivabile…
È incredibile vedere quanto ha contribuito ad aprire i nostri giovani occhi… ci ha regalato la passione per il mondo…
I passi fatti insieme a don Marco. Nel silenzio e sotto il sole, pensando dove andare, cosa scegliere, perché vivere, come vivere…
Con lui noi giovani abbiamo vissuto momenti indimenticabili, momenti di sequela e di compagnia...
Noi ragazzi amiamo i preti giovani. Don Marco è arrivato ad una settimana genitori in sella alla sua moto. Ci ha conquistati
già così. Poi, conoscendolo meglio, abbiamo scoperto cos’altro aveva in serbo per noi… è un grande!
All’inizio ci metteva molta soggezione, quel prete giovane che parlava poco, che andava in moto a prendere i nostri figli a scuola,
a cui non si sapeva mai cosa offrire da mangiare: niente carne, niente prodotti Nestlè. A un certo punto ci siamo resi conto che in
un modo o nell’altro era diventato un punto di riferimento importante per ciascun membro della nostra famiglia. Ci accorgiamo
che in questi anni ci ha accompagnato nella nostra crescita, ciascuno al suo passo e ciascuno secondo la propria vocazione. Con
intelligenza e discrezione. La presenza di don Marco a S. Luca è coincisa con la mia età, come si dice comunemente, matura; ha
attraversato tra i 40 e i 50 anni la mia vita. È stato capace di valorizzare le mie eventuali capacità, spronandomi sempre a “non
volare basso”, a pormi quegli obiettivi alti che età ed esperienza impongono. Alla comunità intera penso abbia lasciato questo
importante segno: non restare chiusi nel proprio piccolo, ma pensare sempre “in grande” come grande è l’annuncio che vi sta dietro.
Ringrazio ancora il Signore per averlo portato tra noi a trascorrere questo periodo della sua vita sacerdotale.
Don Marco è riuscito a coinvolgere noi genitori della catechesi. È stata una buona cosa pensare a sostenere anche noi nel nostro
compito educativo con i figli…”.
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> Festa di saluto a Don Marco Paleari
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> Don Paolo Stefanazzi
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Don Paolo
il terzo parroco
Q
uando don Remo nel 2002 lascia l’ incarico, dopo ben 13 anni trascorsi a S. Luca, per trasferirsi
a Gallarate, viene nominato parroco don Paolo Stefanazzi. È un sacerdote giovane
(quando arriva ha 45 anni) con esperienza di coadiutore maturata in un’altra parrocchia cittadina.
Subito si fa carico della nostra complessa realtà parrocchiale e in particolare rilancia il gruppo per
la Terza Età, che prende il nuovo nome di Percorso A.
“
La prima impressione che ho avuto di don Paolo Stefanazzi? Certamente quella di un Parroco che era facile trovare in chiesa
anche nelle ore libere dalle funzioni, che non occorreva andare a cercare nei meandri della sacrestia dove i “non addetti” ai lavori
di solito si inoltrano con timidezza e che altrettanto spesso si poteva vedere inginocchiato a pregare.
Di lui ricordo il grande impegno per sostenere i Gruppi del Vangelo nelle case, la catechesi per gli adulti alla domenica mattina, il
sostegno convinto ai lavori già decisi per la ristrutturazione dell’oratorio. E, come esperienza puramente personale, ho scoperto la
sua sensibilità e la sua vicinanza direi affettuosa a chi affronta la malattia e il dolore. Penso anche alle sue prediche anticonformiste
destinate a scandalizzare i benpensanti!
Arrivato don Paolo nel 2002, qualcosa si muove e cambia nella nostra parrocchia. È molto attento ai cosiddetti “lontani”. Vuole
conoscere altre frange di realtà ecclesiali rimaste ai margini in precedenza.
Auspica per la nostra parrocchia atteggiamenti di apertura verso gli altri. Ci fa comprendere che nessuno ha l’esclusiva del luogo
e della partecipazione. Questo credo sia stato un buon insegnamento per tutti noi. Nel rapporto personale ho conosciuto un don
Paolo attento ai miei problemi personali e familiari, una grande disponibilità all’ascolto e anche all’aiuto concreto…
Ho notato in don Paolo una sensibilità particolare verso il gruppo della terza ètà di cui faccio parte. So che non è facile stare con le
persone anziane, ma credo che durante i nostri giovedì pomeriggio si sia trovato bene. Lo dico perché il clima era fraterno, semplice
e spontaneo e la sua presenza costante.
Il primo approccio con la parrocchia di San Luca è avvenuto per noi tramite don Paolo. Ha incoraggiato me e mio marito a farci
avanti e partecipare alla vita comunitaria. Se ora conosciamo anche tante altre persone è per merito suo ”.
La vivacità della vita parrocchiale si concretizza nel frattempo in alcune nuove vocazioni: una ragazza e due giovani iniziano un cammino di
consacrazione in un ordine religioso e in seminario.
Nell’ottobre 2006 don Paolo Stefanazzi verrà destinato ad altra parrocchia.
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> Santa Messa concelebrata per il 50° anno di sacerdozio di Don Pierino
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> Don Giancarlo Noè amministratore parrocchiale nell’anno 2006/2007
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2007
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2008
L’anno del
cinquantesimo
L
a partenza imprevista di don Paolo lascia un vuoto non facile da colmare. Per un intero anno
la parrocchia viene affidata alle cure di don Giancarlo Noè, che assume la funzione
di Amministratore parrocchiale, coadiuvato da don Marco e don Pierino.
È un anno, il 2007, che, cominciato a sobbalzi e fatiche, scivola via per l’impegno e una ritrovata
“vis” collaborativa tra i sacerdoti rimasti.
Il Consiglio Pastorale si precetta per un altro anno, nell’attesa fiduciosa del nuovo parroco, e continua nel difficile lavoro di preparazione di una bozza per un aggiornato piano pastorale parrocchiale.
Il 2007 è anche l’ anno del 50° dalla fondazione della Parrocchia e trascorre pertanto nel fermento per la preparazione di una serie di iniziative, che lo ricordano e lo festeggiano.
Nel settembre arriva il quarto parroco di San Luca. Don Carlo Doneda, classe 1966, sacerdote dal 1992, è già
stato coadiutore a Milano e coordinatore della pastorale giovanile a Legnano.
Il Consiglio Pastorale, a nome di tutta la comunità, gli ha rivolto il giorno del suo ingresso ufficiale a San Luca
alcune parole di accoglienza, che qui solo parzialmente riportiamo.
“
Sentiamo in questa occasione solenne la presenza reale di tutta la Chiesa riunita, la Chiesa che si vede, ma anche quella
dei santi e delle persone che ci hanno preceduto nella fede qui a San Luca. Con Monsignor Aspes, i parroci venuti prima di te,
don Remo e don Paolo, tutti i presbiteri e i religiosi insieme alle nostre famiglie e quelle dei nostri fratelli e amici cristiani in
Eritrea.
Ci mettiamo dentro questa prospettiva di Chiesa universale e ci sembra bello e significativo che questo momento sia vissuto all’
interno del 50° anniversario della nostra chiesa parrocchiale… nel Signore a te don Carlo un abbraccio forte di benvenuto…
”.
Ci affidiamo ora alle sue cure per continuare con lui un cammino di fede e di testimonianza in questo angolo di
Milano. Siamo fiduciosi perché sappiamo bene che lui per primo attinge la sua forza dallo Spirito Santo, che mai
ha fatto mancare alla nostra comunità di San Luca la ricchezza di tutti i suoi doni.
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> Don Carlo Doneda
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Don Carlo
verso il futuro
I
Il passato esce sempre lustrato dagli occhi della giovinezza e dalla potenza di un’esperienza notevole e
unica... e il futuro ci trova aperti a quanto il Signore compirà tra noi e in mezzo a noi.
Di certo il tempo non si è fermato. Come il mondo, diverso da allora è il nostro universo parrocchiale
di oggi. Migliore? Peggiore? Soltanto diverso. Ricchissimo di questa diversità.
Ancora a nostra misura. Di noi uomini e donne, di noi vecchi e lattanti in sostanziale ricerca di Dio.
In cerca di senso per la nostra vita. Perché la vita sia vita!
Dunque anche adesso qui la gente prega e lavora e cresce e organizza e ama sempre nel nome di Gesù. Sfatate, voi
che passate e voi che leggete, il mito che i cristiani siano perfetti, per favore… Perfetti? No, tutt’ altro. In cammino.
Sicuramente. Una meta comune. Un sogno da coltivare dentro al cuore, che più reale non si può quando inghiotte
tutta la vita, la riplasma, la smuove, la inquieta, la rende fertile e ubertosa…
Come una valle contornata da monti… Ah, i monti delle vacanzine, i monti delle settimane genitori, i monti della
Terra Santa, i monti dell’ Eritrea… E pastori di vacanzine, pastori di genitori, pastori di giovani e di anziani…
E i mari? Molto più grandi dei deserti… Mari di vita in cui si pesca. In cui ci si pesca a vicenda e ci si porta a vedere
le cose con gli occhi di Dio. Mari di rapporti, mari di cammini, mari di speranze… mari di lavoro da fare, di gente
da incontrare, di persone da coinvolgere….
Un’ondata sta travolgendomi per bene, quando arriva alle spalle un vento. Le grida dei bambini sono sempre nuove.
Segno che il cerchio si allarga e non si stringe. C’è posto per ciascuno alla Sua mensa… e poi, ovviamente, tutti
fuori. Perché è la vita intera a dilatarsi nella comunione.
Le nuove leve sono irruente. Altra storia sta per essere graffiata oltre che scritta. Ma quanto è cambiato il quartiere?
Attorno poche cose sono rimaste uguali. La nostra zona continuamente si evolve. Al suo interno lo spazio consacrato è lo spazio più vero. Quando si contavano in strada le macchine, non tutto c’era… La Chiesa, quella sì me la
ricordo. Nata per grazia.Viva per sfida. La sfida di una semplicità di incontro capace di conquistare l’altro, gli altri.
Nel nome di Gesù. Come avamposti di luce, come sale nel mondo. Ognuno di noi. Con il limite insapore e opaco
della nostra debolezza. Intinta in Dio. Fresca di Lui. Rinnovata. Risorta in Lui. Salvata.
“Le persone che vivono si incontrano…”
Recita il Salmo? Un salmo no, ma una salmodia sì, anni Settanta, credo. Dipinta a vernice sopra un telo. Per essere
vista. Per diventare vera. Nella mente e nel cuore. Nella mente e nel cuore ora a noi, che siamo il passato e anche
il presente, si svegliano immagini… Dalle foto un semplice invito al ricordo. Un prepotente invito a guardare. In
quello che è stato. In quello che è. Invito a vedere il dito di Dio, lo Spirito Amore, che scrive la storia attraverso le
storie. Che incarna la Parola attraverso le parole. Che libera i gesti attraverso il Gesto. Gesto di Comunione. Gesto
di Eucaristia. Potenza trinitaria del nostro Dio. Per cui tutte le cose furono fatte. I cieli. La terra.
La nostra piccola grande comunità di gente comune. Di poveri santi in cammino.
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Momenti della celebrazione per la festa
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d’ingresso di Don Carlo Doneda
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> Il Cardinale Dionigi Tettamanzi a San Luca
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27 aprile 2008
Intervista a sua Eminenza il Cardinale
Dionigi Tettamanzi
in occasione della dedicazione
dell’altare della chiesa di S. Luca evangelista
E
minenza, sfogliando il periodico
parrocchiale “Nuova Campana”,
abbiamo trovato alcuni
Suoi articoli. Sappiamo di
incontri da Lei tenuti sul tema
della famiglia, anticipando
attenzioni che oggi ritroviamo anche nel Suo
programma pastorale triennale.
Ha qualche ricordo della nostra comunità
di allora, che si andava costituendo come
nuova famiglia?
Direi proprio di sì perché l’elemento che mi ha
colpito e mi ritorna adesso con tanto piacere è
l’elemento della giovinezza. Sì, giovane era la
parrocchia, giovane era il
sacerdote che era venuto a
tenere questi incontri, per
la verità più in generale
sui laici, ma, siccome la
maggioranza dei laici sono
laici sposati, ecco l’altro
tema della famiglia. Devo
dire che sono venuto con un
certo timore, dal momento
che le mie origini non sono
cittadine (sono di un piccolo
paese della Brianza), ma ho
trovato davvero una comunità
che, essendo giovane, era
molto aperta e desiderosa di comunicare, quindi si
è dimostrata non solo attenta, ma anche dialogante,
partecipe, e quindi ne ho un ricordo davvero bello.
E lei sa che le cose delle origini continuano, quindi
se oggi l’impegno per la famiglia è un impegno che
mi vede fortemente coinvolto come Arcivescovo,
devo essere grato a questa occasione di ministero
sacerdotale, anche a questa che mi è stata data da
Mons. Alessandro Aspes.
La nostra chiesa di S. Luca nasceva proprio
cinquant’anni fa quando Lei veniva ordinato
Sacerdote. Quali erano le attese e le speranze
della Chiesa di quegli anni?
Quali le prospettive che si
stavano aprendo?
Io devo dire che quegli anni
per me erano stati gli anni del
seminario, legati alla presenza
davvero di un grande santo
Vescovo quale il cardinale
Schuster e quindi la prospettiva
della Chiesa era per me
innanzitutto quella liturgica,
quella di una comunità che
si raccoglie in preghiera,
quella di una vita santa. Poi,
in realtà, queste prospettive
le ha recuperate e rilanciate
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Intervista al Cardinale Dionigi Tettamanzi
con forza il Concilio. Nello stesso tempo io sono
diventato sacerdote per le mani e per il cuore
dell’allora Arcivescovo Giovanni Battista Montini.
Uno degli aspetti che da allora mi hanno fortemente
segnato è l’anelito missionario, il bisogno di andare
a tutti, quindi la Chiesa che si apre, la Chiesa che
vuole arrivare là dove forse con le forme pastorali
del passato non era riuscita ad arrivare, e anche
questo slancio missionario era tipico di allora,
perché era così alla vigilia del Concilio e all’inizio
poi di un Concilio, che ha sottolineato molto questo
rapporto della Chiesa con il mondo. Un rapporto
che esprime l’amore di Cristo per tutti gli uomini e
pertanto sollecita la Chiesa a farlo vedere in termini
di concretezza e di fascino. Questo stesso amore
per l’uomo, che in ultima analisi, anche se non ne
è consapevole, è in realtà bisognoso di una salvezza
che sa non dipendere dalle sue forze, ma derivare
dall’amore gratuito e misericordioso di Dio.
E noi siamo qui, dopo cinquant’anni, come presidio
di Cristo nel quartiere e nella zona…
Cosa ricorda di don Alessandro Aspes,
il nostro primo parroco, negli anni in cui Lei
frequentava San Luca?
Questi 50 anni hanno portato una continua crescita
di vita di Chiesa e allora c’è una eredità… è soltanto
un cinquantennale, ma io penso debba significare
per noi una presa di coscienza del tanto bene, che è
stato messo nelle mani e posto nel cuore, e questo
bene non possiamo come ho detto trattenerlo
per noi, ma dobbiamo condividerlo con gli altri,
facendo di tutto per moltiplicarlo.
Quest’anno ricordiamo il 50° di fondazione
della nostra parrocchia. Quando si può
riconoscere che il cammino di una comunità
va verso una maturità ispirata al Vangelo?
Direi di non preoccuparsi di sapere quando la
comunità è vicina e fa di tutto per essere in perfetta
sintonia con il Vangelo. Io penso che i criteri siano
quelli di sempre: l’amore di Dio e l’amore del
48
Io ricordo il suo sorriso, la sua convivialità. Sì, mi
voleva per qualche conferenza, ma mi voleva prima
a cena perché questo modo apparentemente così
semplice, ma in realtà quanto mai significativo della
comunione, mi dava appunto serenità e coraggio,
come dicevo prima, nell’affrontare un pubblico che
non mi aspettavo. Poi di lui ricordo la giovialità, ma
anche la sua giovinezza, era sempre in movimento…
Voglio dire poi che l’ho apprezzato, perché
anch’io ho fatto qualche passo in questo ambito di
apostolato, per la sua attenzione al mondo vedovile.
Nasceva dall’Opera Madonnina del Grappa di
Sestri Levante questa iniziativa di una pastorale
per le persone vedove e ho visto che lui era
particolarmente impegnato con il gruppo di Monza,
se non sbaglio, e quindi per questo motivo ho avuto
allora un’ulteriore occasione di legame e di vincolo.
2001
prossimo. E in questo senso allora se la comunità
vuole fare un piccolo esame di coscienza per questi
50 anni, lo faccia pure, ma non perda tempo a dire:
siamo andati avanti, siamo andati avanti di tanto o
di poco… anche perché alla fine la conoscenza della
Chiesa e del suo reale cammino sfugge anche ai
pastori d’anime, ai consigli pastorali e perché?
perché il Signore accende, attraverso il Suo Spirito,
dei valori spirituali, delle istanze religiose, dei sogni
evangelici in tante persone che non partecipano
alla vita della Chiesa, per cui è davvero impossibile
capire se la Chiesa ha camminato e ha camminato
tanto. Ma quello che io dico è che la Chiesa deve
continuare a camminare…
Questo è sicuro. Glielo promettiamo…
Dopo quello che ci ha detto nell’omelia, ci
vuole lasciare una parola di sintesi come
prospettiva per il cammino della nostra
comunità?
Vorrei dire che la comunità ha la grazia del Signore
di conoscere l’amore di Cristo, di prendere parte,
attraverso la Liturgia, l’Eucarestia e l’ascolto della
Parola, a questo amore. Ecco, chiedo a questa
comunità, che ha questa grazia, di sentirla come una
responsabilità. È una grazia che inchioda la nostra
libertà e chiede alla nostra libertà di non bloccare
questa ricchezza spirituale e di far aprire le porte di
ogni casa, di ogni ambiente, di ogni cuore umano
perché non c’è spazio che il Signore non abbia visto
dall’eternità e che non possa essere riempito con
questo Suo amore sovrabbondante, di questo amore
di Dio per noi.
Tutti eravamo molto emozionati durante
questa cerimonia. Volevo chiederLe se anche
Lei si emoziona in queste occasioni e cosa
pensa quando consacra un altare.
La cerimonia della dedicazione dell’altare, che
con una certa frequenza compio, è una cerimonia
sempre nuova per me. Non c’è una cerimonia
identica all’altra. Come ho detto io colgo questa
occasione per me e per la comunità cristiana, che
viva questo evento come una grazia particolare per
un amore ancora più grande per la Chiesa, come
frutto e segno concreto dell’amore grande verso
Cristo. Non si può amare la Chiesa se non si ama
Cristo, così come non si può amare Cristo se non
si ama la Chiesa. Quindi un’esplosione d’amore
per Cristo e la Chiesa. Questo è il contenuto della
liturgia della dedicazione dell’altare.
Grazie di questa Sua presenza, Eminenza.
Continui a pregare per noi e noi pregheremo
per Lei.
Ottimo. Grazie. Buona domenica.
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2009
2010
Vescovi e arcivescovi in visita
>
4 Gennaio 1959
Il cardinale Giovanni Battista Montini
vede e benedice i lavori per la costruzione della chiesa
e celebra nella cappellina prefabbricata.
>
20 Dicembre 1966
Monsignor Schiavini,
Vicario Generale, benedice la chiesa.
>
22 Ottobre 1966
Il cardinale
Giovanni Colombo
consacra la chiesa
e l’altare maggiore.
>
2 Febbraio 1969
lo stesso Cardinale
in visita pastorale
celebra sull’altare
consacrato.
50
2001
>
19 giugno 1982
Il cardinale Carlo Maria Martini in visita pastorale in occasione
del venticinquesimo della parrocchia.
>
27 Aprile 2008
Il cardinale Dionigi Tettamanzi in occasione della dedicazione dell’altare della chiesa.
51
> San Luca in un affresco della seconda metà del VII secolo nella catacomba di Commodilla a Roma
52
> Statua in bronzo
di San Luca che veneriamo
nella nostra chiesa.
Opera dello scultore
e parrocchiano
Alfeo Bedeschi
San Luca Evangelista
Lo scrittore
della tenerezza
di Cristo
53
San Luca
nel suo Vangelo
L
uca è lo scrittore del terzo Vangelo e degli Atti degli Apostoli.
Di lui sappiamo che era medico;
convertito dal paganesimo, collaborò con l’apostolo Paolo. Dal suo Vangelo cogliamo quattro caratteristiche.
1. Luca sottolinea più degli altri evangelisti la dimensione universale della salvezza. Gesù è di tutti; tutti possono salvarsi, perchè tutti redenti, tutti amati.
Questa sottolineatura per noi può sembrare scontata. Però, tenendo conto che
la legge dell’Antico Testamento e tutta la
cultura veterotestamentaria escludeva dal
culto i poveri, i peccatori, le donne, i pagani, comprendiamo quale radicale rottura il vangelo creava nelle tradizioni e
nelle convinzioni secolari. Luca chiede a
noi di innestarci in questa logica evangelica; ci chiede di proporre orizzonti ampi
a chi si accosta alla fede, superando quindi la tentazione di restringere i naturali
confini del vangelo, trasformandolo in un
messaggio elitario, per pochi fortunati.
2. Proprio perché il vangelo di Luca
gode di un’apertura universale, è il vangelo della misericordia.
Luca rimane incantato dalla meravigliosa
54
umanità di Dio, che si manifesta in Gesù.
È l’unico evangelista che ha raccolto le
parabole del buon samaritano e del figliol
prodigo.
Per questo è un vangelo che sentiamo vicino e leggiamo volentieri.
Noi siamo fatti così: riusciamo più facilmente a compiere dei passi verso il bene,
sentendo parlare di Dio come un Padre
che ci ama appassionatamente, che non
considerandolo solamente come giudice
giusto.
La misericordia, infatti, è una giustizia
più grande. E, quando siamo sintonizzati
sulla scoperta del Dio buono e misericordioso, comprendiamo ciò che diceva Sant’Agostino: “l’amore a Dio è una perfetta
via di conoscenza”, e cioè: conosci di più
Dio, se lo ami e ti lasci amare.
Il cristiano maturo è proprio colui che,
nutrendosi della misericordia di Dio, è
capace di avere un cuore misericordioso.
Chi è misericordioso ha capito il vangelo.
3. La misericordia richiama la tenerezza e la tenerezza invoca una presenza
femminile.
Luca, uomo colto e raffinato, ha raccolto le storie di donne, incontrate da Gesù
> Andrea Mantegna, particolare del Polittico
> Mosaico raffigurante la testa di San Luca,
di San Luca, 1453-1455, Pinacoteca di Brera
prima metà del XIII secolo, Pinacoteca Vaticana
e, più degli altri evangelisti, ha registrato quella particolare attenzione di Gesù
per un mondo ignorato come quello della
donna.
“Benedetto Colui che non mi ha fatto
né pagano né ignorante né donna “. Così
pregava un rabbino del tempo di Gesù.
Ma il rabbino ha trovato un’intelligente risposta proprio in quelle donne che
lui disprezzava: “Benedetto Colui che ci
ha fatto secondo la sua volontà”. Oggi,
noi possiamo immaginare solo a stento
quanto i gesti e le parole di Gesù fossero
veri eventi dirompenti per quel mondo
chiuso.
Luca, mediante il “vangelo sulla donna”,
trasmette ai cristiani di tutti i tempi la
consegna di Gesù sull’attenzione alla dignità della donna.
La bontà e l’amore di Dio per l’uomo si
dimostrano in modo del tutto concreto
nell’attenzione ai sottoprivilegiati della
società: ai poveri, ai bambini e alle donne.
eventi campeggia la presenza di Maria.
Solo Luca ha raccolto le confidenze di
Maria sul mistero della sua chiamata alla
maternità divina.
Quello di Luca è un vangelo “mariano”.
E così Luca dice a noi quanto affetto
e amore dobbiamo a Colei che Dio ha
scelto per diventare la madre del Verbo
fatto carne. È guardando a Lei che Paul
Claudel ha potuto affermare per tutte le
donne: “La donna è sacramento della tenerezza materna di Dio”.
Un’esortazione conclusiva.
Onorando il nostro patrono, rileviamo la
necessità di leggere il vangelo.
Senza riferimenti alla parola del vangelo,
la nostra vita potrà essere vita religiosa,
ma non vita cristiana.
Il vangelo è il libro della vita di Gesù,
scritto per diventare il libro della nostra
vita. Il vangelo non è soltanto il libro del
Signore vivo, ma anche il libro del Signore da vivere. Non è fatto solo per essere
letto, ma per essere accolto.
4. Tutte queste osservazioni indirizzano
lo sguardo verso quella donna coinvolta
in modo unico e straordinario nella storia
della salvezza: Maria di Nazareth. Nei primi due capitoli del vangelo si parla della
nascita e dell’infanzia di Gesù: in questi
Omelia del 18 ottobre 2006
di Don Giancarlo Noè, Amministratore parrocchiale
55
> Girolamo Romanino, San Luca, particolare della
> Andrea Mantegna, Polittico di San Luca,
pala di Santa Giustina, Padova, Museo Civico
1453-1455, Pinacoteca di Brera
Le reliquie di San Luca
nio. Ma anche questa mancanza, paradossalmente
diventa un elemento di ulteriore conferma, perché
secondo la tradizione, convalidata da fonti storiche,
l’imperatore Carlo IV nel 1354 avrebbe prelevato il
capo di San Luca per portarlo con sé a Praga.
E il cranio, tuttora conservato e venerato nella Cattedrale di SanVito, riportato a Padova si è articolato
perfettamente con la prima vertebra cervicale dello
scheletro conservato a Santa Giustina.
Un’ulteriore conferma viene da Tebe, dove il sepolcro marmoreo venerato come tomba di San Luca
contiene alla perfezione la cassa di piombo padovana che ne racchiude lo scheletro e che vi si inserisce
con millimetrica precisione.
L’attuale metropolita ortodosso di Tebe, nel 1992
scrisse una lettera al Vescovo di Padova (in greco),
chiedendo “un frammento significativo delle reliquie di San Luca da deporre là dove si trova ed è
venerato oggi il sepolcro sacro dell’evangelista”.
Poiché il culto di San Luca a Padova era rimasto
negli ultimi decenni praticamente sconosciuto, il
Vescovo della città, prima di esaudire la richiesta
del Metropolita di Tebe, volle studiare a fondo la
tradizione e sottoporla al vaglio della scienza. Alla fine di questi studi, il Vescovo ha prelevato dallo
scheletro di San Luca una costola, quella più vicina
La nostra chiesa parrocchiale è l’unica a Milano
intitolata a San Luca evangelista, l’autore del terzo
Vangelo e degli Atti degli Apostoli, il “caro medico”
come lo chiama San Paolo.
È quindi per noi motivo di grande interesse la recente conclusione del convegno internazionale organizzato dal 16 al 21 ottobre 2000 dalla diocesi di
Padova per valutare la fondatezza della tradizione
che attribuisce all’evangelista lo scheletro conservato e venerato per secoli nell’abbazia di Santa Giustina, appunto a Padova.
Il convegno ha concluso due anni di studi e ricerche interdisciplinari condotte con tutti i mezzi più
sofisticati della scienza moderna e, a sorpresa, ha affermato la piena compatibilità dei dati emersi con
la tradizione che attribuisce a San Luca quelle ossa,
e anzi l’alta probabilità che proprio di lui si tratti.
Trattandosi di un campo in cui nessuna sicurezza
è scientificamente raggiungibile, il grado di probabilità raggiunto si può considerare già un risultato
straordinario, prossimo alla certezza. Se così fosse
si tratterebbe dell’unico evangelista di cui sarebbe
rimasta una così importante reliquia, praticamente
l’intero scheletro quasi intatto, con l’assenza del cra-
56
> Simbolo di San Luca Evangelista > Manoscritto del IX-X secolo,
> El Greco, San Luca, 1602-1605,
Firenze, collezione privata
Toledo, Cattedrale
Venezia, Biblioteca Marciana
al cuore, e l’ha portata personalmente a Tebe per
soddisfare la commovente richiesta del Metropolita Hyeronimus di avere una significativa reliquia da
venerare nel sepolcro vuoto da secoli.
E così, colui che Dante definì “lo scrittore della
tenerezza di Cristo” (scriba mansuetudinis Christi),
diciannove secoli dopo la sua morte è stato l’occasione di un nuovo ponte tra Oriente e Occidente,
di un passo avanti nel dialogo ecumenico.
Attraverso quali vicende il corpo di San Luca potrebbe essere arrivato a Padova? Vi sono due tipi di
fonti che trattano della morte e sepoltura di San
Luca, e delle traslazioni del suo corpo: quelle antiche, o tardo-antiche e quelle nate dalla tradizione
medioevale. Tra le due tipologie di fonti esistono
alcune contraddizioni e questo dà lavoro a storici
e filologi che hanno dovuto fare un’analisi molto
accurata dei testi da confrontare tra loro. Secondo
le fonti più antiche, che risalgono alla fine del secondo secolo, Luca morì in Beozia, forse a Tebe, in
età avanzata. Poi, nel quarto secolo, come scrive San
Girolamo, l’imperatore Costanzo portò il corpo
di San Luca a Costantinopoli, nuova capitale dell’Impero, perché fosse accolto nella chiesa dei Santi
Apostoli, appositamente edificata.
Secoli dopo, i resti ricompaiono a Padova, dove la
loro presenza è attestata da un documento del 1177,
quando la cassa con le reliquie è ritrovata nel cimitero paleocristiano di Santa Giustina, insieme con
tutti corpi prima custoditi nella basilica e lì finiti
per proteggerli dalle invasioni barbariche. L’ipotesi
più probabile, e che si accorda con i risultati degli
esami scientifici, fa risalire l’arrivo del corpo di San
Luca a Padova al quarto secolo, tra il 361 e il 363,
durante le persecuzioni di Giuliano l’Apostata. Ma
quali sono i dati emersi dagli studi degli ultimi anni?
Si è stabilito innanzitutto che lo scheletro appartiene ad un uomo anziano, morto presumibilmente
tra i 70 e gli 80 anni, con i segni di lesioni tipiche
della vecchiaia come l’osteoporosi e l’enfisema polmonare.
I risultati degli esami al radiocarbonio hanno stabilito una datazione delle ossa che oscilla tra il primo
e il quarto secolo, e la conservazione accuratissima
dopo tanti secoli fa pensare che già dal momento
della morte il corpo fosse considerato una reliquia
importantissima. Lo studio del DNA ha dimostrato
la probabile origine siriaca del soggetto esaminato,
particolare confermato dalla presenza nella cassa di
alcuni pollini di piante tipiche di quella regione e
legate agli usi funerari, come il mirto.
57
> San Luca e il suo simbolo,
> Raffaello, San Luca ritrae la Vergine,
> San Luca e il suo simbolo,
IX secolo, Colonia, Cattedrale
XVI secolo, Accademia di San Luca, Roma
Evangelario del XII secolo
L’autore del terzo Vangelo
Ma chi è San Luca? Che cosa sappiamo di lui?
Concordemente identificato dalla tradizione della Chiesa come l’autore del terzo Vangelo e degli
Atti degli Apostoli, in base ai suoi scritti doveva
essere un cristiano della generazione degli Apostoli, sebbene non fosse stato discepolo di Gesù e
non l’avesse mai veduto; originario di Antiochia,
non giudeo ma ellenista di stirpe e di educazione, Luca ,che era entrato nel cristianesimo prima dell’anno 50, si rivela profondo conoscitore
del giudaismo, con buone conoscenze mediche
e soprattutto compagno di viaggio di San Paolo,
come dimostrano quei capitoli degli Atti dove si
esprime in prima persona plurale svelandosi così
presente alle vicende narrate.
È presentato dall’Apostolo come un compagno
assai caro che gli è vicino durante le due prigionie romane e durante il secondo e il terzo viaggio
missionario; non a caso la figura di Paolo occupa
negli Atti un posto preponderante fino a riempirne da sola tutta la seconda metà.
Anche nel terzo Vangelo emerge la personalità attraente dell’autore: Luca è scrittore di grande talento e di animo delicato, che ci presenta il messaggio evangelico in modo originale e ricco di
dottrina, fondendo le influenze del suo maestro
58
Paolo con le inclinazioni proprie del suo temperamento. Egli ama sottolineare la misericordia
di Gesù per i peccatori, ama descrivere scene di
perdono, insiste spesso sulla tenerezza di Gesù per
gli umili e per i poveri, mentre gli orgogliosi e
i ricchi gaudenti sono trattati severamente, non
senza però che la giusta condanna arrivi solo dopo i pazienti rinvii della misericordia.
Luca è stato chiamato, a ragione, il teologo della
storia della salvezza, e questa è la fondamentale
caratteristica della sua opera: infatti egli ama collegare i fatti che sta narrando con il quadro più
generale della storia universale, preoccupandosi
di connettere il suo racconto con le principali date della storia profana contemporanea.
È l’unico degli evangelisti a narrare di seguito la
vicenda storica di Gesù e la vicenda storica della
Chiesa nascente, dimostrando di voler considerare come un tutto unico il mistero di Cristo e della Chiesa, a partire dalla Pentecoste che è punto
centrale dell’opera lucana. Vale la pena ricordare
che, accanto alla prima solenne Pentecoste, Luca
ne ricorda alcune altre (At 4,31; 8,15-17; 10,44
segg.; 19, 6), testimonianza di una presenza dello
Spirito che si accompagna alla progressiva crescita dei seguaci di Gesù. Anche di Dio Padre Luca
ci presenta una particolare figura, caratterizzata
dalla bontà misericordiosa, dalla generosa pazien-
> Domenico Campagnola, Madonna col Bambino,
> Trittico di Giuliano di Simone, fine XIV secolo,
San Luca e altri Santi, 1537
Chiesa di San Luca, Lucca
za, dalla incredibile capacità di attesa.
Gesù è colui che si è fatto carico di una missione
che gli viene direttamente dal Padre, e per questo
Egli è il fondatore della nuova comunità di salvezza che è la Chiesa. Questa è in primo luogo
frutto dello Spirito Santo donato dal Risorto, comunità di salvati, fondata sugli apostoli testimoni
della Risurrezione, fedeli interpreti del Vangelo e
predicatori della salvezza in Cristo.
San Luca insiste molto sulla necessità della preghiera e sull’esempio che ne ha dato Gesù; e tutto
questo, unito al sentimento della riconoscenza
per i benefici divini e all’atmosfera di gioia spirituale che avvolge tutto il terzo Vangelo, dà all’opera di San Luca un fervore che commuove e
rianima.
Da ultimo, non si può non accennare al fatto che,
secondo molti commentatori, uno per tutti l’abate Giuseppe Ricciotti, autore di una insuperata
Vita di Gesù Cristo, proprio la Madre del Salvatore sarebbe stata tra le fonti dell’Evangelista: ci
sarebbero due delicatissime ma suggestive indicazioni in Lc 2,16-19: “Maria conservava tutte
queste cose e le meditava nel suo cuore”, e Lc
2,49-51: “e sua Madre conservava tutte queste
cose nel suo cuore”.
Certi particolari della nascita e dell’infanzia di Gesù potevano essere stati raccontati soltanto da Lei,
ed è per questo che San Luca per due volte accenna con discrezione all’altissima fonte delle sue
informazioni. Nasce forse da questo privilegiato
rapporto l’antica tradizione che presenta San Luca
come l’autore di un ritratto della Madonna.
In conclusione lo scritto di San Luca vuol essere la
“buona novella” che il discepolo di Paolo rivolge
in modo particolare ai cristiani delle chiese fondate da Paolo, dipingendo Gesù non solo come
Salvatore di tutti gli uomini, ma come amico in
modo particolare dei più traviati, dei più umili e
diseredati della terra. Solo Luca riferisce la parabola del figliol prodigo, capolavoro di potenza psicologica; soltanto San Luca descrive il pastore che
si mette sulle spalle la pecora perduta, per far festa
con gli amici; come pure solo lui parla della donna che ritrova la dramma perduta e se ne rallegra
con le amiche; solo Luca riporta le parole di Gesù
morente: “Padre, perdona loro perchè non sanno
quello che fanno!”, e subito dopo il commovente
episodio del ladrone pentito a cui è promesso il Paradiso. In antitesi perfetta con la società pagana del
suo tempo, lo scritto di Luca è il vangelo dell’esaltazione della donna, di cui abbiamo una straordinaria galleria di ritratti; di lode della vita semplice
e umile in spirito di perfetta letizia, e di giocondità
serena, che si potrebbe definire francescano, se non
fosse già prima tipicamente lucano.
59
> via Jommelli
> via Ampère, ang. via Pacini
> via Vallazze
> la piscina Ponzio
> lavori in canonica
60
> cantiere per la costruzione della chiesa
“Meravigliosa ventura quella degli
architetti, concessa
da Dio: costruire la
Sua casa e costruire
per gli uomini, nella Sua ispirazione, la
loro casa, il tempio
della famiglia”.
Gio Ponti
1891-1979
architetto e designer
61
La chiesa di
San Luca Evangelista
“meravigliosa ventura”
L’
idea di edificare una nuova parrocchia nelle vicinanze del Politecnico milanese fu compiutamente formulata dalla Curia
ambrosiana nella seconda metà
degli anni Cinquanta.
L’11 febbraio del 1957 Mons. Schiavini (vicario
generale della Diocesi) diede l’incarico a don Alessandro Aspes (canonico del Duomo di Monza) di
provvedere alle prime necessità per l’erigenda realtà parrocchiale, che doveva raccogliere circa 15.000
fedeli stanziati sul territorio compreso tra le vie
Pacini, Teodosio, Porpora, Ricordi, Garofalo, Gran
Sasso e piazza Piola.
Il 5 maggio del medesimo anno nella chiesa delle
Suore Francescane di Maria si svolse il primo incontro tra don Aspes e i futuri parrocchiani, ai quali
egli spiegò il progetto e le tappe fondamentali del
percorso costitutivo della nuova parrocchia.
Il 2 giugno venne aperta al culto una piccola cappella al piano terreno di Villa Colombo, situata in
via Jommelli 4, presto sostituita da una nuova costruzione esterna all’edificio. A questo fondamentale momento della futura comunità di fedeli fece
seguito il 21 giugno del 1957 la firma arcivescovile
del decreto di costituzione della parrocchia di San
Luca Evangelista, a cui seguì la presa di possesso
da parte del nuovo parroco avvenuta sette giorni
dopo.
Il 22 dicembre del medesimo anno Monsignor
Luigi Oldani, provicario generale della Diocesi di
Milano, benedisse solennemente la piccola chiesa
62
prefabbricata costruita nel cortile retrostante l’area
dove stava per sorgere la nuova chiesa, il cui progetto architettonico fu affidato allo studio di Gio
Ponti. Egli ricevette l’incarico dal Comitato per le
Nuove Chiese della Diocesi di Milano, al quale, in
una lettera del 14 maggio 1956, sottolineava che
i temi principali perseguiti nel suo lavoro erano
“quella essenzialità e quella ‘dignitas’ che sole” dovevano “sposarsi alla Religione per rappresentarla
in purezza”.
Gio Ponti progettò una chiesa che doveva necessariamente rapportarsi con l’esiguità dei fondi economici disponibili e la “angustia dello spazio” del
terreno. Egli collocò, dunque, gli ambienti destinati
alle attività parrocchiali, educative e ricreative sotto
la chiesa, progettando una serie di aule polifunzionali e un ampio salone-teatro-cinematografo inaugurato e benedetto solennemente dall’Arcivescovo
di Milano l’8 febbraio 1961.
Ispirata a criteri funzionali e di sobrietà architettonica, la chiesa di Ponti fu posta in posizione rialzata
rispetto al piano stradale, con un’aula per la preghiera dimensionalmente capace di ospitare 1.500
fedeli. L’aula per la celebrazione, profonda 30 metri
e larga 27 metri, si basa sulla scansione ritmica di
tre archi trasversi con pilastri a forma di diamante,
elemento geometrico cardine della composizione
architettonica di Gio Ponti degli anni successivi.
La facciata della chiesa, alla quale Ponti antepone un piccolo sagrato parzialmente coperto dalle
sporgenti falde del tetto, reinterpreta la tradizione
delle semplici facciate a capanna, arricchita dal-
> La facciata e un particolare dell’interno
le lame sottili della copertura, dalle pareti laterali
avvolgenti e dalla sua scomposizione in due piani
inclinati convergenti verso l’asse longitudinale della
chiesa stessa.
L’ingresso è rimarcato dall’ampia finestratura che
lo incornicia e che richiama la lunga finestra perimetrale in vetrocemento che circoscrive tutta
la facciata, contribuendo alla creazione di giochi
chiaroscurali visibili all’interno della chiesa.
I due ingressi laterali sono posti in aggetto rispetto
al fianco della muratura e sono costituiti da semplici rettangoli vetrati, che aiutano a movimentare la
facciata, in cui evidente è il linguaggio architettonico di Ponti, che la modula attraverso l’alternanza
di elementi in ceramica, alluminio, vetro e legno. La
facciata della chiesa, infatti, è ricoperta con tessere
di ceramica policroma, secondo un disegno a tessitura geometrica cruciforme, che consente alla luce
iridescente inediti effetti chiaroscurali, permettendole di “muoversi”, “vibrare” e “diventare viva”.
Al centro dei due riquadri della facciata Ponti colloca una statua del Cristo Redentore, opera dello
scultore Carlo Paganini posta in opera nel 1962, e
tre ampie semplici croci di differenti misure.
Al centro della facciata, invece, si staglia il rettangolare ingresso principale, con portale ligneo a timpano, movimentato dall’impiego di doghe di legno
inclinate a 45° con venatura fiammata.
Sul lato destro della facciata Ponti aveva progettato
un campanile alto 25 m che non sarà mai realizzato, caratterizzato da linee estremamente semplici
e pareti esterne ricoperte con piccole tessere ce-
ramiche. All’interno la spazialità è scandita dalla
presenza dei pilastri a “forma di diamante”, rastremati alla base, a sostegno della travatura in cemento
armato. I pilastri sorreggono anche la travatura a
sbalzo che copre gli ambienti minori, ove originariamente dovevano essere collocati le cappelle dedicate a San Luca e a Santa Maria di Fatima, la Via
Crucis e i confessionali parzialmente sporgenti, che
vagamente ricordano la geometria della facciata e
rimandano ad analoghi elementi progettati successivamente da Ponti.
Nell’idea progettuale dell’architetto milanese il
presbiterio, realizzato nei primi mesi del 1965 e
successivamente modificato, doveva richiamare la
forma a diamante nella pianta semiottagonale irregolare. Esso doveva ospitare un altare in marmo
di Trani lucidato, rivestito da una “fascia” pensata
originariamente in lamiera di alluminio anodizzato
in oro pallido satinato e successivamente realizzata
in rame dorato. Tale “fascia”, lavorata a sbalzo da
Carlo Gadda con l’assistenza di don Flavio Silvo
(membro del Comitato Templi Nuovi) e ancora visibile negli ambienti di servizio della chiesa, recava
sulla parte centrale rivolta verso i fedeli la preghiera
del Padre Nostro. Sui fianchi laterali, invece, Ponti
disegna due simboli eucaristici: il pavone che si abbevera ad un calice-fonte battesimale, ed un pesce
sormontato da un cesto di pani.
Di armonica semplicità sono anche il tabernacolo,
la credenza, le mensole per le reliquie e l’olio santo,
le sedi per i celebranti, i candelabri e le lampade,
con finitura in ottone brunito diamantato.
63
Arredo liturgico, battistero, cappelle laterali e decorazioni parietali del presbiterio, tutto fu disegnato
da Ponti, secondo una semplicità capace di aprire il cuore dei fedeli, “quasi a dire tutta la serenità
dell’incontro con Dio”. Sebbene cosciente delle
ristrettezze economiche nelle quali lavorava, nei
disegni di Ponti (parzialmente conservati nell’archivio della parrocchia) si palesa la volontà di completare la chiesa in ogni suo aspetto, in opposizione
ai molti dispendiosi edifici di culto costruiti negli
stessi anni non “dignitosamente finiti del tutto”.
Scopo del progettista era il perseguimento di una
compiutezza formale, anche attraverso il controllo
degli arredi sacri e delle opere d’arte, secondo la
tradizione di “civiltà spirituale” della Chiesa, ancora viva.
Dal 9 dicembre del 1958, data ufficiale di apertura
del cantiere della nuova chiesa di San Luca Evangelista, numerosi lavori di trasformazione hanno
interessato la chiesa e le sue strutture sussidiarie.
Tuttavia questi lavori non hanno snaturato lo spirito iniziale della chiesa che, ancor più che in altre
architetture religiose, si può definire come l’espressione della volontà di un intero popolo. Attraverso
le sue offerte e i suoi sacrifici, la comunità dei parrocchiani ha contribuito all’edificazione della propria casa, in cui coabitare con Colui che ha fatto
irruzione nella storia dell’uomo.
La chiesa di San Luca, come tutta l’architettura religiosa di Gio Ponti, è dunque semplice, funzionale
ed essenziale, ma non è mai povera o poco studiata.
Essa è un’opera completa, capace di armonizzare
la forma planimetrica con il disegno minuto dei
profili dei serramenti, o l’ampiezza volumetrica
dell’edificio con le manifestazioni artistiche in essa
contenute. Ferdinando Zanzottera
64
> La chiesa nel 1960
65
In questi anni si sono rese necessarie opere
di ristrutturazione dell’oratorio e del sagrato.
Ricordiamo ciò che è stato realizzato:
• la nuova cappellina • il salone teatro polivalente • la sala Aspes • le aule e l’auletta
dei piccoli • la sala giochi • il bar • il nuovo ingresso da via Ampère con l’elevatore
• lo scalone e la hall che permettono di accedere a tutti gli altri spazi • la cucina con
tutti i servizi annessi • Non dobbiamo dimenticare, inoltre, tutte le opere di bonifica
e consolidamento che si sono presentate e rese necessarie durante la progressiva esecuzione dei lavori.
66
con il contributo di
Questi 50 anni
hanno portato
una continua crescita
di vita di Chiesa
e allora c’è una eredità…
Questo bene
non possiamo
trattenerlo per noi,
ma dobbiamo condividerlo
con gli altri
, facendo di tutto
per moltiplicarlo
Card. Dionigi Tettamanzi