Adroterapia

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Emilio Santoro
Adroterapia
Appunti di
A cura di Emilio Santoro
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L’adroterapia rappresenta un’evoluzione della radioterapia convenzionale, quella che
si effettua con i raggi X. Essa utilizza fasci di protoni (nella cosiddetta protonterapia) o di
ioni carbonio, che sono tutte particelle - chiamate “adroni” - più pesanti degli elettroni.
Sia la radioterapia convenzionale che l’adroterapia, fanno uso di radiazioni ionizzanti
di elevata energia che vengono indirizzate sul paziente.
Protoni e ioni carbonio, quando accelerati ad energie significative, permettono di irradiare i tumori profondi seguendone il contorno con elevatissima precisione, risparmiando in
tal modo i tessuti sani circostanti. Tale tecnica viene comunque utilizzata per trattare
un’ampia gamma di patologie, non esclusivamente tumorali. L’adroterapia consente
quindi di “colpire” il tumore in modo estremamente selettivo, recando meno danni ai
tessuti sani circostanti rispetto alla radioterapia con raggi X. Ed è anche più efficace, in
quanto permette in alcuni casi di distruggere le cellule di quei tumori che mostrano una
certa resistenza alle radiazioni convenzionali. Questa proprietà è particolarmente importante nei casi in cui il tumore sia localizzato presso organi vitali che non devono essere
irradiati. Uno ione carbonio rilascia, in ogni cellula attraversata, un’energia circa ventiquattro volte maggiore di quella rilasciata da un protone. Per tale motivo, gli ioni carbonio
presentano, per la maggior parte dei tessuti, una maggiore efficacia biologica relativa
(EBR) rispetto ai protoni e ai raggi X nel distruggere le cellule radioresistenti che si trovano alla fine del loro percorso, dove si trova il bersaglio tumorale, in quanto le cellule
hanno una minore capacità di riparare le lesioni prodotte dagli ioni. Inoltre, poiché i
danni indotti dalle radiazioni densamente ionizzanti sono meno dipendenti dalla presenza di ossigeno, esse possono inattivare con maggiore efficienza le cellule costituenti
i tessuti tumorali, di norma scarsamente vascolarizzati.
Figura 1 - Distribuzione dell’intensità di radiazione nelle differenti tipologie radioterapiche
Figura 2 - Postazione per protonterapia
Produrre protoni e ioni carbonio ad energie elevate è più difficile e costoso che produrre gli elettroni da 10 o 20 MeV necessari per la terapia convenzionale con raggi X. Soltanto protoni da 200 MeV riescono infatti a penetrare nel corpo fino a 27 cm e a raggiungere così i tumori profondi. Per penetrare fino alla stessa profondità gli ioni carbonio devono essere accelerati a un’energia circa ventiquattro volte maggiore (4.700
MeV), il che implica apparecchiature ancora più grandi.
ENERGIA, AMBIENTE E INNOVAZIONE 2/2008
Per la protonterapia si usano quindi “ciclotroni” di 3-4 metri di diametro, oppure “sincrotroni” di 6-8 metri di diametro. Per la terapia con ioni carbonio si impiegano “sincrotroni” di 20-25 metri di diametro.
Il trattamento viene effettuato per ora solo in poche strutture nel mondo, perché necessita di macchinari tecnologicamente molto sofisticati e costosi. Il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO) sarà il primo centro ospedaliero di adroterapia in
Italia. Attualmente è in costruzione a Pavia e si prevede che inizierà a funzionare a
partire dalla fine di quest’anno.
Per meglio comprendere come l’adroterapia possa essere più precisa ed efficace, consideriamo prima brevemente le caratteristiche degli elettroni e dei fotoni, vale a dire
le radiazioni che la radioterapia convenzionale utilizza.
- Gli elettroni non penetrano in profondità nel corpo ma cedono tutta la loro energia nei primi 2 o 3 cm di tessuto al di sotto della superficie cutanea. Gli elettroni sono quindi molto utili per trattare i tumori della cute o comunque i tumori localizzati alla superficie del corpo, ma non possono essere utilizzati per i tumori profondi,
che costituiscono la maggioranza dei casi.
- I raggi X penetrano invece in profondità nel corpo del paziente, lo attraversano e fuoriescono dalla parte opposta, cedendo progressivamente la loro energia. Le porzioni
del corpo che vengono attraversate per prime ricevono una dose maggiore mentre
quelle più lontane ricevono una dose minore.
L’adroterapia non sostituisce la radioterapia convenzionale, che anzi mantiene la sua
validità per la maggior parte dei tumori, ma è un’arma in più a disposizione dei pazienti e dei medici in situazioni particolari. Solo la valutazione del singolo caso da parte dei
medici specialisti può stabilire l’approccio terapeutico migliore, ed eventualmente l’opportunità di ricorrere all’adroterapia. Questa potrà essere utilizzata in aggiunta od in
sostituzione di trattamenti più tradizionali, siano essi radioterapici chirurgici o farmacologici, ma sempre in un contesto multidisciplinare.
Questa particolare tecnica dimostra ancora come anche la ricerca di base, nel caso particolare quella sulle particelle, sia a disposizione dei cittadini e consenta delle “ricadute”
applicative in grado di migliorare le terapie per il trattamento di particolari tumori (come quelli del polmone, del fegato, della prostata e del midollo spinale) non curabili con
la tradizionale radioterapia. Come si è detto, questa infatti non è in grado di penetrare
senza danni fino ad organi che si trovano in zone più interne del corpo umano, mentre
con gli ioni carbonio si arriva a colpire, con un fascio estremamente preciso (due millimetri), le cellule cancerose in profondità, in pratica in ogni parte dell’organismo.
Occorre innanzitutto considerare che l’adroterapia è una terapia esclusivamente locale e quindi non è adatta a curare le malattie diffuse o che non siano confinate ad
un singolo organo e/o ad i suoi linfonodi tributari.
L’adroterapia non è quindi idonea per i tumori ematologici, come la leucemia ed il
mieloma multiplo, così come non è da impiegare nei tumori che hanno già dato metastasi a distanza. (Potrebbe in teoria essere impiegata per la palliazione dei sintomi
delle metastasi, ma dato il limitato numero di centri che la praticano e la conseguente scarsa disponibilità, la si riserva alle situazioni locali dove può essere potenzialmente curativa. Una eccezione è costituita dalle metastasi singole, a livello cerebrale, polmonare od epatico).
Fonte: CNAO, INFN
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