Pratiche di consapevolezza

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Pratiche di consapevolezza
Pratiche di consapevolezza
(Fonte: Zen in the city: http://zeninthecity.org)
PERCHE’ CONVIENE FARE UNA SOLA COSA PER VOLTA
Sarebbe la cosa più facile del mondo. Ma per noi, che viviamo in un’epoca
nella quale il “multitasking” (fare tante cose insieme) è considerato una virtù,
in realtà è sempre più difficile. A fare una sola cosa per volta siamo sempre
meno abituati. Eppure, se vogliamo veramente esserci al 100 per cento,
nella vita, è l’unica possibilità che abbiamo.
E se vogliamo esserci al 100 per cento, per le persone che amiamo,
dobbiamo imparare cominciando dalle cose più semplici.
Ancora una volta prendo in prestito gli insegnamenti di Thich Nhat Hanh, che
in questo è veramente un maestro, per proporre una pratica di
consapevolezza di grande beneficio, per noi stessi e per le persone che ci
stanno intorno.
La pratica è molto semplice: rivolgere tutta la nostra attenzione ad una sola
cosa per volta. Un’azione che stiamo compiendo, qualcosa o qualcuno che
stiamo vedendo o ascoltando, una sensazione che stiamo ascoltando. Ad
esempio:
• non fare nient’altro, mentre si sta parlando al telefono
• mangiare e basta, senza parlare, leggere o guardare la Tv, mentre si sta a
tavola, anche quando si pranza al bar
• camminare stando completamente nel cammino senza parlare con chi ci sta
accanto, ascoltare la musica o telefonare;
• ascoltare la musica senza fare nient’altro contemporaneamente, godendosi
la musica stessa al 100 per cento;
• compiere le azioni della vita quotidiana con la massima concentrazione:
farsi la doccia, lavarsi i denti, andare al bagno, bere il caffé, stendere i
panni, spostarsi da un luogo all’altro, eccetera. Tutte azioni degne di
essere vissute senza diversivi.
Che ne dite, è facile, fare una cosa sola per volta?
[Ringraziamenti: ad Anna Rossi, per aver suggerito questa pratica, dopo averla
imparata da Thich Nhat Hanh in persona]
PRENDERCI CURA DELLA RABBIA E DELLA PAURA
Sentimenti come la rabbia e la paura sono i principali nemici della nostra
felicità. Ecco un metodo molto semplice (e facile) che possiamo usare per
prenderci cura delle emozioni forti: la respirazione “di pancia”, cioè il
semplice respirare in consapevolezza con l’addome, grazie alla stretta
correlazione tra mente (con le sue emozioni) e corpo.
Il riferimento, anche stavolta, è Thich Nhat Hanh. Ecco cosa dice.
«Quando ci prende un’emozione forte come la paura o la rabbia, dovremmo
portare l’attenzione giù all’addome: in momenti come quelli restare a livello
dell’intelletto è pericoloso. Le emozioni forti sono come una tempesta, non è
saggio rimanere all’aperto durante una tempesta; eppure la nostra reazione
abituale è restare “nella testa” e lasciare che i sentimenti ci travolgano.
Dovremmo invece radicarci nel respiro, concentrandoci sul movimento della
pancia che si espande e si contrae, portare l’attenzione al centro di noi stessi.
Concentrandoci sulla pancia e praticando il respiro consapevole, prestiamo
tutta l’attenzione al suo alzarsi e abbassarsi; possiamo farlo sia da seduti che
da sdraiati. È utile anche mettere una borsa dell’acqua calda sulla pancia:
sentendo il calore della borsa, ci riesce facile portare delicatamente la
consapevolezza al nostro centro stabile e questo ci consente di calmarci.»
«Guarda un albero durante una bufera: la cima dell’albero ti appare instabile
e vulnerabile, il vento può spezzare i rami più sottili in ogni momento. Se
abbassi lo sguardo, però, e guardi il tronco, vedi qualcosa di molto diverso: in
quel punto l’albero è solido e resiste alla bufera. Noi siamo come un albero:
quando siamo turbati, la nostra testa è la cima dell’albero che viene scossa di
qua e di là dalla tempesta; in quel caso dobbiamo portare giù l’attenzione al
livello del nostro tronco solido, al livello dell’ombelico.»
Esercizio per la respirazione “di pancia”
Quando ci concentriamo su questa zona e cominciamo a respirare in
consapevolezza riusciamo a calmarci. Ci concentriamo soltanto sul respiro,
sulla pancia che si alza e s’abbassa, nient’altro.
• Inspirando, porto tutta l’attenzione giù alla pancia. Espirando, porto tutta
l’attenzione alla pancia… Pancia, pancia.
• Inspirando, mi tengo al livello della pancia. Espirando, rimango al livello della
pancia… Livello della pancia, rimango.
• Inspirando, sono consapevole solo del sollevarsi della pancia. Espirando,
sono consapevole solo dell’abbassarsi della pancia… Pancia che si solleva,
pancia che si abbassa.
• Ispirando, sono consapevole che la mia inspirazione è veloce (o superficiale o
irregolare). Espirando, sono consapevole che la mia espirazione è veloce
(o superficiale o irregolare)… Dentro veloce (o altro), fuori veloce (o
altro).
• Inspirando, sono consapevole che la mia inspirazione si sta calmando.
Espirando, sono consapevole che la mia espirazione sta diventando più
lenta… Più calma, più lenta.
• Inspirando, sono consapevole che la rabbia (o la disperazione o la paura) si
sta riducendo. Espirando, sono consapevole che la rabbia (o la
disperazione o la paura) si sta riducendo… Emozione forte, si sta
riducendo.
• Inspirando, sono consapevole che la rabbia (o la disperazione o la paura) mi
è passata. Espirando, sono consapevole che la rabbia (o la disperazione
o la paura) mi è passata… Rabbia (o altro), passata.
• Inspirando, sono consapevole della mia stabilità. Espirando, sorrido alla mia
stabilità… Stabilità, sorrido.
«Puoi condividere questa pratica con le persone care. Ricorda loro che
un’emozione è soltanto un’emozione: arriva, rimane per un po’ di tempo e
poi se ne va. Perché farsi del male o farne ad altri soltanto per un’emozione
transitoria? Tu sei più delle tue emozioni. È importante che te lo ricordi.
Durante una crisi, ricordati di ricorrere immediatamente al respiro
consapevole. Ricorda a te stesso che la tua emozione dolorosa passerà;
mantieni questa consapevolezza mentre respiri e tieni salda l’attenzione sul
respiro finché l’emozione non passa. Dopo un po’ di volte che sarai riuscito a
calmarti con la respirazione addominale, avrai più fiducia in te stesso e nella
pratica.»
(da: Thich Nhat Hanh, L’unica nostra arma è la pace)
FRETTA NEMICA DELLA FELICITA’: COME SALVARSI
Tutti tendiamo ad andare sempre più di fretta, al lavoro, a casa, persino in
vacanza, anche se non sempre c’è un vero motivo per farlo. Specialmente se
viviamo in una grande città. È un tipico caso in cui entra in gioco l’energia
dell’abitudine, trasmessaci dall’ambiente a cui apparteniamo, la quale ci
spinge con forza, senza che ce ne rendiamo troppo conto, ad assumere certi
stati mentali. Ma c’è un antidoto altrettanto potente che possiamo mettere in
campo: l’energia della presenza mentale. Ecco come.
Nel blog Savor The Book, Lilian Cheung si pone questa domanda: come
possiamo diventare consapevoli delle cattive abitudini, per poterle cambiare?
La risposta, tratta da un libro di Thich Nhat Hanh, Answers From the Heart
(pubblicato nel 2009 in Usa e non ancora tradotto in italiano), è molto
illuminante, secondo me, perché va a toccare un fattore di malessere molto
comune tra noi abitanti delle metropoli: la fretta.
L’energia delle abitudini negative cerca sempre di venie fuori, ma tramite la
presenza mentale, sarete in grado di riconoscerla. La presenza mentale ci aiuta
a riconoscere le abitudini che ci hanno trasmesso i nostri antenati e genitori, o
che abbiamo assimilato nel corso dell’infanzia. Spesso, il solo riconoscerle fa sì
che allentino la propria presa. Supponete di avere l’abitudine di cadere preda
della fretta, quando fate cose come cucinare o effettuare acquisti. Tramite la
consapevolezza, potete riconoscere che passate da una cosa all’altra
precipitosamente, cercando di finire prima possibile. Poi vi accorgete che si è
manifestata l’energia del fare in fretta. Allora inspirate ed espirate, e dite:
“Mia cara energia dell’abitudine, eccoti ancora qui.”
Vedrete che, non appena la riconoscerete, essa perderà la sua forza. Poi
ritorna ancora, voi fate lo stesso, e lei continuerà a perdere la propria forza.
Non dovete combatterla, ma solo riconoscerla e osservarla senza giudicare.
Ogni volta che la riconoscerete, diventerà un pochino più debole, fino a
quando, alla fine, non potrà più esercitare alcun controllo su di voi.
Il metodo è chiaro: non sentirsi in colpa, non cercare di combattere lo stato
mentale negativo, ma solo riconoscerlo. Sorridergli, persino. Lo si può
applicare facilmente a molte altre abitudini negative. Perché non provare?
Per approfondire ancora un po’, consiglio di leggere l’arte di essere felici,
sempre nella sezione ben-vivere (in particolare al paragrafo “Sono a casa, non
ho più bisogno di correre”).
[Ringraziamenti per i link esterni: a Lilian Cheung, per il blog Savor The Book;
al Sangha di Milano, per il brano di Thich Nhat Hanh; e a lui stesso, per averlo
scritto]
MEDITARE NEL CORRIDOIO DELL’UFFICIO
Anche il corridoio dell’ufficio (della scuola o di qualsiasi altro edificio dove si
svolga attività umana) può diventare luogo deputato alla pratica della
meditazione. Non è necessario che sia proprio un corridoio. Stiamo parlando
di un luogo nel quale ci capita spesso di passare, vicino al nostro posto di
lavoro.
Come funziona? Qualcuno lo può sperimentare a modo suo, ma senza dubbio
camminare all’interno del luogo di lavoro può costituire un’occasione buona per
“staccare” momentaneamente, come ci spiega nel sito Mindful.org Janice
Marturano, fondatrice dello Institute for Mindful Leadership: passare per il
corridoio può essere usato come stimolo per praticare una forma di
meditazione camminata per tutta la durata del percorso.
“Ma non intendo dire che bisogna adottare quei passi al rallentatore che
molti di noi sperimentano durante i ritiri di meditazione” – dice Janice – “una
camminata del genere, da ‘zombie’, sarebbe insostenibile nel luogo di lavoro.
Dico solo di rallentare appena un po’ il passo”.
“Appena cominci a muoverti”, spiega Janice, “dirigi la tua attenzione alle
sensazioni del corpo, ai colori, ai suoni, agli odori che percepisci nel corridoio.
Appena noti che la mente va alla prossima riunione, o a quella che hai appena
lasciato, torna alla consapevolezza del camminare. Ricordatelo: il corridoio è
una zona franca dove non arrivano email, telefonate o testi da leggere”.
L’utilità delle pratiche di consapevolezza nel corso della giornata è proprio
quella di rompere gli automatismi, l’energia dell’abitudine che ci fa
comportare come se fossimo guidati dal pilota automatico. “Ogni volta che
riusciamo ad essere presenti, a mettere in campo un’altra energia, quella della
consapevolezza”, conclude Janice, “mettiamo in gioco tutte le capacità della
nostra mente di vedere con chiarezza le cose e di compiere scelte sagge e
improntate alla compassione”
Provaci anche tu, in ufficio. Poi fammi sapere come sei arrivata/o alla
riunione successiva….