La “jornada de trabajo” e la produttività in Spagna
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La “jornada de trabajo” e la produttività in Spagna
www.fmb.unimore.it La “jornada de trabajo” e la produttività in Spagna La giornata di lavoro è una materia – come quella relativa alla retribuzione del lavoratore – che costituisce il focus di attenzione tradizionale di qualsiasi fonte normativa nel sistema delle relazioni industriali. Naturalmente, tutti i dibattiti sulla riduzione della stessa si incontrano nello scenario attuale tanto nell’ambito sindacale che in quello imprenditoriale e politico. Mentre in Italia il decreto legislativo n. 66/2003 disciplina l’organizzazione dell’orario di lavoro, in Spagna si prende come riferimento la “jornada de trabajo” (giornata di lavoro), cioè il tempo che il lavoratore deve rimanere a disposizione dell’imprenditore per adempiere allo svolgimento della propria prestazione. Poichè non esiste una regolamentazione specifica l’imprenditore, attraverso il contratto individuale di lavoro e/o l’autonomia collettiva, ha il potere di organizzare l’ “horario de trabajo”(orario di lavoro), cioè l’inizio e la fine della giornata in cui devono essere rispettati i periodi minimi obbligatori di riposo stabiliti dalla legge. Nell’ambito costituzionale si evidenzia l’art. 40, ma il suo impatto sulla legislazione è molto ridotto poichè si limita solo ad informare la legislazione positiva. Quanto alla potestà regolamentare, lo Statuto dei lavoratori autorizza il Governo ad attuare le norme relative alla “jornada de trabajo” fissando condizioni distinte (1). La “jornada de trabajo” è il tempo giornaliero, settimanale, trimestrale, quadrimestrale o annuale imposto al lavoratore. Inizialmente, essa era regolata dalla Ley de Jornada Maxima del 1931 che prevedeva il modulo giornaliero, con il limite delle 8 ore. Poi vennero prese a modello le «Ordenanzas Laborales» franchiste e la Ley de Relaciones Laborales del 1976 in cui si adottarono in periodi diversi le 48, 44, 40 ore settimanali. Nella terza ed ultima tappa, si stabilisce come arco temporale quello annuale, cominciando dai grandi accordi interprofessionali degli anni Ottanta – Accordo quadro Interconfederale del 1980 e Accordo Interprofessionale del 1983, che si trasferisce nelle clausole dei contratti collettivi – inclusi gli importanti riferimenti al computo annuale stabilito nella “Ley de Estatuto de los Trabajadores” (LET). Infatti, l’art. 34 stabilisce che la durata massima della giornata ordinaria di lavoro sarà di 40 ore settimanali effettive con appello (1) Si veda l’art. 34.7 LET che dispone: «il Governo, a proposta del Ministro del Lavoro e previa consultazione con le organizzazioni sindacali e imprenditoriali più rappresentative, potrà stabilire ampliamenti o limitazioni nell’organizzazione e durata della giornata di lavoro e dei riposi, per quei settori e lavori che, per le loro peculiarità, così richiedono». Cfr. il RD. 1561/1995 relativo alle “giornate speciali di lavoro” modificato successivamente dal RD 285/2002, per il lavoro marittimo e il RD 294/2004 per l’aviazione civile. Bollettino Adapt, 17 dicembre 2007, n. 47 1 www.fmb.unimore.it immediato al modulo annuale (2). In particolare, si assegna alla negoziazione collettiva il compito di incorporare il sistema della giornata annuale, che conduce a distribuzioni irregolari (3). Il periodo di riposo giornaliero «minimo» sono le 12 ore che devono trascorrere tra la fine di una “jornada de trabajo” e l’inizio della seguente, mentre la sua durata massima non prevede una regola imperativa assoluta. Quella generale ha come limite le 9 ore e può essere alterata dalla negoziazione collettiva, anche in termini peggiorativi per il lavoratore, ma sempre con il rispetto del riposo giornaliero delle 12 ore (4). Quanto ai lavoratori giovani, l’ “Estatuto de los Trabajadores” specifica che i minori di 18 anni non potranno realizzare più di 8 ore giornaliere effettive, includendo il tempo dedicato alla formazione e, nel caso in cui lavorino per varie imprese, alle ore realizzate con ognuno di loro (5). Le “horas extraordinarias” (ore straordinarie) sono regolate dall’art. 35 LET e il legislatore spagnolo, a differenza di quello italiano, impone dei limiti: a) non le potranno svolgere i minori di 18 anni ( art. 6.3 LET); b) non si potranno superare il limite massimo delle 80 ore. Sempre con riferimento all’art. 35.2 LET, si stabilisce che il Governo, di concerto con le parti sociali, potrà sopprimere o ridurre per un periodo determinato il numero delle ore straordinarie al fine di incrementare le opportunità di impiego. Al contrario, in Italia con il decreto legislativo n. 66/2003 (anch’esso recepisce la direttiva europea 2003/88/CE) si stabilisce che, in difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al “lavoro straordinario” è ammesso soltanto previo accordo tra il datore e il lavoratore per un periodo che non superi le 250 ore annuali. La Spagna è il terzo paese d’Europa con la giornata lavorativa più lunga e con meno rendimento per ogni ora lavorata (6). Ciò significa che bisogna distribuire diversamente l’orario di lavoro e che la chiave per aumentare la produttività sta nel ridurre il numero di ore abbassandole a 40 settimanali. Attualmente, la giornata lavorativa in Spagna è di 41,4 ore, un punto al di sopra della media europea. La maggioranza delle imprese non considera fattibile la giornata intensiva o continuata tutto l’anno. Quanto alla possibilità di stabilire un orario continuato, Rafael Montes, Direttore Generale delle Risorse umane e Organizzazione di Acciona S.A., la più grande impresa spagnola di costruzioni che sta investendo nel settore dell’energia (7), segnala la necessità di trattare differentemente situazioni imprenditoriali rispondenti a realtà distinte, aggiungendo che è necessario ridurre i tempi migliorando la produttività (8). Per razionalizzare gli orari senza ridurre i risultati, alcune imprese, come per esempio Telefonica S.A., hanno optato per la flessibilità: il 25% delle 10 mila persone che attualmente lavorano in un Distretto, sviluppano il 40% della giornata di lavoro fuori (2) Si veda l’art. 34.1. LET il quale stabilisce che la durata della giornata ordinaria sarà di 40 ore settimanali di lavoro effettivo «de promedio» nel computo annuale. (3) Si veda l’art. 34.2. LET: «mediante contratto collettivo o, in difetto, per accordo tra impresa e rappresentanti dei lavoratori, si potrà stabilire la distribuzione irregolare della giornata durante l’anno. (4) Si veda l’art. 34.3 LET il quale dispone che il numero delle ore ordinarie di lavoro effettivo non potrà essere superiore alle 9 ore giornaliere, salvo che il contratto collettivo o, in difetto, l’accordo tra l’impresa e i rappresentanti dei lavoratori stabiliscano un’altra distribuzione del tempo giornaliero. (5) La normativa legislativa italiana come anche i contratti collettivi non vi fanno alcun accenno. Cfr. il d.lgs. n. 66/2003. (6) Secondo uno studio elaborato dall’ Euroindice Laboral IESE – Adecco. (7) Si veda l’OPA da parte delle imprese Enel S.p.A. e Acciona S.A. per l’acquisizione della più grande impresa energetica spagnola Endesa S.A. (8) Si veda El Mundo, 15-16 Settembre 2007, n. 377, suppl. Expansión & Empleo. Bollettino Adapt, 17 dicembre 2007, n. 47 2 www.fmb.unimore.it dalla loro scrivania. Anche l’impresa Microsoft presente in Spagna scommette sulla flessibilità, perché le persone hanno necessità diverse e possono organizzare meglio la propria giornata lavorativa riducendo lo stress. L’impresa Iberdrola S.A., dopo la firma del quarto contratto collettivo con i sindacati del settore dell’energia, stabilisce un’orario intensivo per i suoi lavoratori: una giornata flessibile che si articolerà tra le 7,30 della mattina e le 15,30 del pomeriggio, con una «horquilla» (forbice) di entrata ed uscita di 24 minuti. La misura, come assicura l’impresa, migliorerà la qualità di vita dei lavoratori dipendenti e, nello stesso tempo, favorirà l’incremento della produttività. Bisogna sottolineare l’inefficacia e l’inutilità della pausa-pranzo (la siesta) di 2 ore utilizzata da varie imprese. Infatti, i lavoratori devono obbligatoriamente aspettare le 2 ore prima di riprendere servizio, compromettendo il loro rendimento. La cosa migliore sarebbe una riduzione della pausa-pranzo a 45 minuti, in modo tale che il lavoratore possa gestire la propria flessibilità (9). In conclusione, la “jornada de trabajo” può essere organizzata meglio, fissando le seguenti: - riduzione della pausa pranzo; - flessibilità nell’orario; - flessibilità personalizzata (10) per ogni lavoratore dipendente. Donato Bonanni Dottorando di ricerca Scuola internazionale di Alta formazione in Relazioni industriali e di lavoro Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia Adapt – Fondazione Marco Biagi (9) Per esempio, l’impresa italiana Enel S.p.A. stabilisce nel suo contratto collettivo, oltre alla flessibilità nell’orario di lavoro, una pausa-pranzo massima di 45 minuti. (10) Nel contratto collettivo dell’Enel S.p.A. si garantisce a ogni lavoratore dipendente la flessibilità lavorativa personalizzata. Bollettino Adapt, 17 dicembre 2007, n. 47 3