I francescani e l`evangelizzazione nell`Europa di oggi Inserto al

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I francescani e l`evangelizzazione nell`Europa di oggi Inserto al
I francescani e l’evangelizzazione nell’Europa di oggi
Inserto al Notiziario -
I
1. Il nostro discorso sull’”Europa” si muove – al pari del nostro discorso sugli ideali e sui
valori francescani – continuamente e necessariamente tra la nostra “visione” da un lato e un “pragmatismo” se non in una banale realtà dall’altra. Esistono molti ideali e molte finalità che colleghiamo
con il progetto Europa e che devono essere realizzati da parte di tutti gli interessati perché il progetto possa diventare realtà.
Sono da elencare in particolare i seguenti
aspetti:
• Unità nella molteplicità e molteplicità nell’unità;
• La parziale rinuncia ad una sovranità nazionale finora esistita;
• La ricerca di soluzioni dei conflitti senza l’uso
di ricorsi o di violenza;
• Il rispetto delle minoranze;
• Pianificazione del futuro basata sulla democrazia, solidarietà, tolleranza e partecipazione;
• Libertà sia di coscienza che di religione garantita nell’ambito e sulla base di un ordinamento di
fondo comune (costituzione).
2. L’Europa, sul piano politico ed economico, è tuttora un cantiere nel quale si lavora in
piccoli ma numerosi passi. Al di là di tutte le considerazioni non dobbiamo però dimenticare che l’Europa è stata per secoli e fino a poco tempo fa un
campo di battaglia con milioni di morti. In molti
luoghi e in diversi tempi è stata terreno di dittature
e guerre civili, di razzismo e “pulizie etniche”. Molti
europei – ma anche cittadini di altri continenti –
associano il termine “Europa” ad una situazione di
con-fini ristretti, di particolarismo, di nazionalismo
e una rovinosa campagna di scalzamento, di
imperialismo, di oppressione sul territorio del continente e di sfruttamento coloniale in altri paesi,
con la conseguente creazione di benessere a costo
degli altri. Tutto questo non lo possiamo dimenticare. Se però pensiamo alla storia intrisa di dolore
e di pena di questo continente, allora questo “incompiuto progetto Europa” (J. Habermas) diventa
per tutti gli interessati – indipendentemente dalla
loro cultura e provenienza religiosa – un impegno
per il futuro, per il quale vale la pena di investire le
II - Inserto al Notiziario
proprie forze. La collaborazione nel cantiere Europa dal punto di vista cristiano e francesca-no è in
sé già evangelizzazione e adempimento alla nostra
“missione”, non nel senso di una strategia di imposizione monologa e magari volta all’indietro, ma
al contrario volta al dialogo, alla collegialità basata sulla responsabilità comune per tutti coloro che
collaborano a questo progetto, nella convinzioneche
i valori fondamentali del vangelo come la somiglianza dell’uomo a Dio, la parità di dignità tra i
sessi e le razze e la riconciliazione siano elementi
irrinunciabili nella costruzione della nuova casa
“Europa” e di una comunità mondiale più giusta e
pacifica.
Come possono dunque contribuire i membri della famiglia francescana a questo progetto?
Io ritengo cosa salutare porci in un contesto più
ampio: In questo contesto l’esortazione Apostolica
“Ecclesia in Europa” di Giovanni Paolo II (2003)
al n. 38 indica come “contributo specifico delle
persone di vita consacrata al vangelo della speranza” i seguenti aspetti:
• rispondere alle domande delle nuove forme di
spiritualità;
• riconoscimento del primato assoluto di Dio;
• essere segno di speranza in un contesto
contaminato dal secolarismo e assoggettato al
consumismo;
• testimoniare la dimensione trascendente
dell’esistenza;
• dare testimonianza di fraternità in un contesto
multireligioso e multiculturale;
• creatività nell’opzione per i poveri;
• proseguimento del progetto di evangelizzazione
anche negli altri continenti.
Qui vi è un compito preciso per le chiese e
gli ordini religiosi, anche per i francescani: ricordare
alcuni valori fondamentali ed ispirazioni, senza le
quali il “progetto Europa” non potrebbe andare oltre
alcune mete politiche ed economiche: Francesco
per noi incarna questa visione. Egli è per noi una
memoria, un monito salutare, una anticipazione
profetica di una nuova realtà in fratellanza sotto
l’egida dell’unico Padre, in pace e giustizia, un
mondo verso il quale tendiamo nonostante le
molteplici esperienze contrarie. Egli ci dice: Se
volete costruire una casa comune, dovete
abbandonare le vostre strutture esistenti, il modo
di pensare o di concepire Dio, la teologia e la spiritualità. Pace e fratellanza possono esistere solamente se usiamo una giustizia reciproca; una giustizia
che potrà esistere solamente se siamo disposti alla
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condivisione e alla rinuncia; stima e rispetto nei
confronti del prossimo li avrà solo colui che vede
nel prossimo una creatura pari a se stesso, fratelli
in cammino sulla via di una storia comune. In questo
senso, un atteggiamento fraterno di stima, rispetto
e solidarietà potrebbe essere un valido principio per
poter un giorno superare tutti i problemi e le tensioni
tra individui, gruppi e popoli, come anche per
risolvere la questione della distribuzione dei beni,
delle opportunità di vita nel presente e nel futuro.
Nelle relazione dettate da una logica spietata di
mercato questo progetto non riuscirà mai. Una
teologia e spiritualità poi, che si richiama unicamente ad una società ed una chiesa autoritaria,
monologa ed auto-cratica, ugualmente non potrà
dare un contributo positivo alla nuova Europa.
Francesco e Chiara ci indicano un’altra via:
un’esperienza di Dio ed un prassi ecclesiale che
nonostante la loro radicalità non comportano mai
una delimitazione fondamen-talistica ed una
negazione delle convinzioni altrui, poiché sa che
siamo tutti figli e figlie dell’unico Padre.
3. Vorrei porre le nostre domande e la nostre
ricerca anche nel contesto della ”Charta Oecumenica” di tutte le chiese cristiane in Europa - firmata
nel 2001 -, che può offrirci importanti punti di riferimento per le nostre riflessioni. Questo documento
formula diversi impegni:
• Nello spirito della lettera agli Ebrei 4,3-6 (“Un
corpo, uno Spirito, una fede, un battesimo…”) ci
impegniamo per una comprensione comune del
Vangelo di Gesù, che un giorno deve portarci all’unità visibile, nel reciproco riconoscimento del battesimo e nella comunione eucaristica.
• Nello spirito di Giovanni 13,35 (“Da questo conosceranno tutti…”) le diverse tradizioni cristiane
cercano vie di evangelizzazione e di intesa per evitare inutili divisioni, concorrenze e proselitismo, per
incentivare la collaborazione ecumenica, per ridurre
gli equivoci ed i pregiudizi tra chiese di maggioranza e chiese di minoranza, per favorire il dialogo ed
evitare nuove scissioni.
• Nello spirito di Matteo 5,9 (“Beati quelli che
si adoperano per la pace…”) ci impegniamo per
un’Europa umana e sociale. Vogliamo porre un accento sul rispetto della vita, vogliamo evitare ogni
forma di Eurocentrismo e di resistere alle tentazioni
nazionalistiche ed etnocentriche. Dobbiamo esercitarci alla non-violenza. Nella chiesa e nella società
ci impegniamo per l’uguaglianza tra uomini e
donne. Dobbiamo salvaguardare il creato. Noi
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cerchiamo relazioni dialogali fraterni con gli “altri”,
in particolare con il giudaismo e l’islam.
4. Nel caso che la famiglia francescana un
giorno volesse formulare una “Charta Oecumenica
Francescana” per l’Europa, alle proposte sinora
fatte aggiungerei le seguenti domande e/o impulsi:
• Negli ultimi 20-30 anni, il nostro ordine è riuscito a tenere strutturalmente e spiritualmente il passo
con le sfide posteci dalla nostra stessa “global
mission”, facendo particolare riferimento
all’Europa? Potrebbe essere che definiamo e
viviamo le nostre “fraternità” tuttora troppo
intimistiche ed egocen-triche, troppo locali o
addirittura nazionali. Noi sia-mo parzialmente, ma
effettivamente attaccati a strutture ormai non più
adatte ad esprimere la nostra missione nel attuale
contesto continentale, globale e pluriculturale.
Giustamente negli anni scorsi è sta-to sempre più
posto l’accento sulla necessità che le nostre strutture
devono essere invase dal fuoco di una “missione”,
sulla necessità che noi stessi dob-biamo essere una
“fraternità in missione”. Che cosa significa questo
concretamente per l’Europa? In ul-tima analisi
questa non è una questione strutturale, ma la
questione di una spiritualità missionaria incarnata
nel mondo di oggi come pure di una “fe-deltà
creativa” indicata nell’esortazione apostolica “Vita
Consacrata” (1996).
• La situazione delle nostre province, in quanto
a numero, grandezza e distribuzione geografica –
non solo in Europa – assolve tuttora alla missione
che come fraternità mondiale dovremmo esercitare
in questo ”unico mondo”? In particolare - per quanto riguarda la distribuzione delle risorse personali
e materiali e nella prospettiva nord-sud, il nostro
ordine offre in parte un’immagine di un ordine mondiale ingiusto. Cosa possiamo fare per cambiare
questa situazione?
• L’Europa, le chiese in Europa, le famiglie francescane in Europa, tutti dovrebbero vivere un’”altra
forma di globalizzazione”: una globalizzazione in
una visione di ecumenismo cristiano, di unità dell’umanità e di tutta la terra abitata. La logica di globalizzazione che oggi imperversa può essere vinta da
un’altra logica, e cioè da un concetto di vita e di organizzazione, che intende la questione della collaborazione nell’organizzazione del nostro mondo come una questione di fede, opponendosi contro il
dominio economico e culturale degli uni sopra gli
altri e che incentiva l’unità nella diversità, che invita
alla “relazione” intesa come dialogo, con il fine del
Inserto al Notiziario -
III
raggiungimento di una convergenza nella comune
costruzione del mondo. Questo perché incontrare
il prossimo nel “dialogo” significa rispettarlo e
riconoscere - oltre la propria dignità - anche i propri
limiti. Farsi arricchire dal “Tu” vuol dire creare insieme senso e valori dai quali possono trarre beneficio tutti gli uomini e tutto il creato.
• Secondo me la “spiritualità del dialogo” consiste non nel porsi al di sopra di altri, ma di essere
loro servitori, vedendo in Gesù Cristo il puntodi
partenza ed anche la meta del nostro cammino
comune. In questo particolare punto c’è da correggere parecchio, non solo nella casa “Europa”, ma
anche nella propria casa: Nel contesto mondiale
odierno, la famiglia francescana dovrebbe vivere
la spiritualità “inclusiva” di Gesù e di nostro fratello
Francesco. Internamente, nella famiglia francescana, questo significherebbe che le tendenze “esclusive” ancora esistenti, come p.es. il rapporto dei
laici con i chierici, degli uomini con le donne, del
Primo Ordine con l’Ordine Francescano Secolare
verrebbero superate. La famiglia francescana potrà
contribuire in modo credibile al dialogo con le confessioni, le religioni e le culture solamente se internamente risulta in “dialogo” e riconciliata con se
stessa. Si tratta allora di rendere visibile già all’interno, che la forma francescana-clariana della sequela di Cristo può contribuire anche oggi alla costruzione della nostra chiesa e del nostro mondo. Il
nostro dialogo con le culture e le religioni ottiene
la sua forza interiore e la sua nota e dinamica
particolari, se tutti si possono incontrare e scambiare
in modo aperto e senza riserva alcuna (cfr. RegB
6).
• La mutata situazione mondiale ci pone di fronte
a sfide nuove. Tra queste vi sono la questione della
crescita della popolazione mondiale, delle
ingiustizie strutturali, della violenza e non-violenza,
della violazione dei diritti dell’uomo, dell’ecologia,
della necessità di un dialogo interreligioso. Sono
tutte questioni che si pongono al nostro carisma.
Oltre a queste ci sono poi – come già accennato –
le altre questioni: quella dell’ecumenismo, della
posizione della donna nella chiesa, della
partecipazione dei laici al nostro carisma ed anche
la “complementarietà” interfrancescana.
• Il “progetto Europa” può riuscire, se possibilmente molti europei, cristiani e non, richiamano
costantemente alla memoria le motivazioni più profonde e le mete del progetto e fanno trasformare
loro stessi nel processo di realizzazione del
progetto. Infatti, sono convinto che noi frati minori
IV - Inserto al Notiziario
e suore non siamo solamente vocati ad evangelizzare l’Europa, ma che noi stessi riusciremo a
capire meglio il vangelo e Francesco se ci lasciamo
entusiasmare da questa “visione Europa”.
Hermann Schalück ofm
(15 agosto 2005)
Traduzione di Roland Faustin
I francescani e l’evangelizzazione nell’Europa di oggi
“L’evangelizzazione francescana in Europa, oggi”. Si tratta di un tema “aperto” e molto complesso. Mi limiterei a sottolineare l’elemento “destabilizzante” provocato nel cuore e nella vita di
una persona che è stata conquistata da Cristo. Sedotta da Colui che “ha messo la tenda fra noi”, una
creatura si mette in cammino... Evangelizzare, portare la Buona Novella allora significa andare con
questa passione nel cuore, alla ricerca del volto di
Dio e dell’uomo. Si tratta di un’itineranza spirituale e geografica. Il cristiano è sempre e contemporaneamente discepolo e apostolo.
Seguiamo l’esodo di Abramo, “nostro padre nella fede”; ci accosteremo alla “tenda” che Dio
ha posto in mezzo a noi in Gesù di Nazareth; quella tenda che è il paradigma di ogni evangelizzazione
e che Francesco con la sua primitiva Fraternità ha
voluto rimuovere costantemente attraverso le strade del mondo, divenuto suo “chiostro”.
Oggi tocca a noi arrotolare ancora la tenda
e ripartire incontro a Dio e all’uomo, senza paure.
La crisi del secolarismo che sta invadendo l’Europa, come la crisi di smarrimento che sta vivendo
l’Ordine sono grazie di purificazione che, come
spesso è avvenuto nella storia, possono indirizzare
verso nuovi orizzonti,verso nuovi modi di vivere e
annunziare il vangelo. “Andate in tutto il mondo...
Io sono con voi”.
1. La tenda di Abramo.
La storia di Abramo è compresa tra due
“vattene”! il primo, Gen 12,1, dove Dio chiede al
Patriarca di rinunciare al passato; il secondo, Gen
22, 2, dove gli viene chiesto di rinunciare al futuro,
alla promessa, sacrificando il figlio prediletto… In
ambedue le occasioni Abramo “parti senza sapere
dove andava” (Eb 11,8).
Dio indicherà ad Abramo dove andare e la
strada da seguire solo dopo essere partito. Nella
Bibbia non si parte quando tutto è chiaro e facile...
con il progetto in mano! Abramo deve distaccarsi
dal passato e dal futuro. Dovrà riporre tutta la fiducia in un presente posto nelle mani di Dio e... camminare. Nella Bibbia ogni grande inizio o esperienza religiosa importante nasce o si apre con una migrazione, uno spostamento locale: Abramo, l’Esodo, Mosè, Elia, Geremia, gli Apostoli.... Si tratta di
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un’itineranza geografica accompagnata da
quellaspirituale che appare come conversione, distacco da se stessi, fiducia in Dio, purificazione da
ogni idolo, appartenenza a Dio solo.
Dio non sopporta che ci si “installi” rinunciando a camminare, a ricercare, anche quando si
hanno 75 anni (cfr. Gen 12, 4). Non è mai troppo
tardi per porre tutta la propria fiducia in Lui. Anzi
si deve sempre ricominciare, partire, lasciare, osare sulla sua Parola: Dio va incontro a chi cammina.
2. Dio “Pose la tenda fra noi”.
Tale è stato anche l’esodo di Gesù che ha
messo la tenda fra noi. Nell’obbedienza al Padre, è
venuto incontro all’uomo; è vissuto in mezzo a noi
senza “avere dove posare il capo”, e “passando”,
ha chiamato tutti alla conversione.
L’ultima consegna del Cristo risorto alla
Chiesa sarà proprio quella di andare verso gli uomini di ogni cultura e religione, di ogni stato e condizione, fidandosi solo di Lui, liberi da ogni sicurezza, mettendosi in cammino, due a due, fino alla
fine del mondo, al di là dei risultati, anzi sconfitti
in partenza. “Ecco: io vi mando come pecore in
mezzo ai lupi…” (Mt 10, 16)
3. La tenda di Francesco.
Anche la storia di Francesco, come quella
di Abramo, è centrata su due invii: il primo, è il
messaggio ascoltato dal Crocifisso di S. Damiano:
“Francesco va, ripara la mia casa che, come vedi, è
tutta in rovina” (2Cel 10). Il secondo, che collega,
nel Poverello, vocazione e missione: l’ascolto evangelico dell’invio dei dodici (cfr. Mt 10, 5-15). Francesco “subito, esultante di Spirito Santo, esclamò”:
questo voglio, questo chiedo, Abramo, “senza sapere dove andava”. Fedele al Vangelo, Francesco
intuisce che il vero discepolo diventa anche apostolo, poiché la chiamata è già, fin dall’inizio, vocazione missionaria. La chiamata è unica; non ci si
forma “al chiuso” per poi andare “all’aperto”.
4. La tenda della primitiva Fraternità francescana.
Nelle sue origini la spiritualità francescana
è una spiritualità missionaria, una spiritualità dell’incontro, centrifuga come quella del NT. Tende a
mettersi sempre in cammino, a rendersi presente
all’altro nel “suo terreno”, nella sua situazione, nei
“suoi luoghi”, nel suo “habitat”, prima ancora di
diventare ospitalità e accoglienza. Si tratta di una
spiritualità “fraterna” come segno del Regno già
Inserto al Notiziario -
V
iniziato con i suoi frutti di riconciliazione; di una
spiritualità che annuncia innanzitutto con la testimonianza di una vita liberata e rinconciliata (la
passione evangelica dell’amore); di una vita sull’esempio di Cristo. Una spiritualità legata all’uomo più che a una terra determinata. Le prime generazioni francescane non si lasciano circoscrivere o
imprigionare da nessuna struttura che potrebbe limitarne i movimenti, né da nessuna area geografica. La stessa Fraternità provinciale dei primi anni,
è una Fraternità dinamica, itinerante, agile, pronta
a mettersi su ogni strada, verso oriente e occidente,
capace di adattarsi ad ogni situazione, cambiando
metodo a seconda delle categorie di persone che si
incontrano.
La spiritualità francescana, sul modello di
quella biblica, non è una spiritualità dell’attesa, ma
dell’incontro.
5. La nostra tenda
Come il Cristo, ponendo la tenda fra noi,
si è incamminato su tutte le strade dell’umanità,
così noi siamo chiamati continuamente ad “arrotolare” la tenda per porci in ascolto dell’uomo di ogni
tempo e di ogni cultura; una cultura che è ugualmente sempre in cammino e che richiede sempre
una grande capacità di accoglienza, di ascolto, di
dialogo, ma anche di leggerezza nei movimenti:
“Che i Frati non posseggano nulla” (2Reg 6). Che i
Frati siano sempre liberi per saper accogliere, comprendere e incontrare Dio e l’uomo del proprio tempo. Si è dunque chiamati continuamente a vivere il
passaggio:
•
da una logica della conservazione a una
logica della conversione. “Chi cercherà di salvare
la vita, la perderà. Chi invece l’avrà perduta la salverà” (Lc 17,38).
•
da un’attitudine di attesa, di stabilità sedentaria, di immutabilità strutturale, alla leggerezza,
alla mobiilità, all’itineranza, alla missione… Allo
Spirito si addice più l’impazienza che l’immobilità;
•
da una presenza passiva, stanca e rassegnata, a una presenza attiva, accogliente e che va incontro all’altro senza paure; presenza di
condivisione e di dialogo...;
•
dalla pesantezza di strutture, soddisfatte e
chiuse su se stesse, senza vita, alla leggerezza di
mediazioni rinnovate, più vicine alla gente, più significative, piir aperte...;
•
da un passato solo ripetitivo, non più eloquente e troppo accomodante, a una significatività
VI - Inserto al Notiziario
teocentrica ed escatologica…
6. L’Europa ci interpella.
Il secolarismo e l’indifferenza stanno invadendo il nostro mondo. A giudizio di Timothy
Garton Ash, l’Europa è il continente più laico della
terra. II cristianesimo sta vivendo un processo di
“ex-culturazione” molto forte: la fede e la religione sono messe ai margini della cultura; c’è il rifiuto di riconoscere perfino “le radici Cristiane dell’Europa”. La popolazione giovane e meno giovane è sempre più assente dalle nostre chiese. Non è
più tempo di attendere, anche se la poca gente può
ancora “occupare” i pochi Frati... Il Vangelo ci invita con urgenza a pregare e ad andare; a osare con
la fiducia in Lui.
La spiritualità francescana, grazie a S. Francesco, mantiene ancora oggi tutta la sua forza evangelica, tutta la sua attualità e la sua attrattiva anche
in Europa; tocca a noi ri-esprimerla in forme storiche più significative, più eloquenti, capaci di toccare le aspirazioni profonde dell’uomo del nostro
tempo. Le grandi crisi purificano e spesso costituiscono l’inizio di una nuova storia. Sappiamo anche che la dimensione missionaria del nostro
carisma ha sempre accompagnato la rinascita periodica del nostro Ordine.
7. “Arrotolare” ancora la nostra tenda… e osare.
Non ci resta che ripartire! Tuttavia siamo
chiamati a verificare e affrontare alcuni problemi
che impediscono questo cammino personale e comunitario.
Innanzitutto come recuperare una libertà
evangelica. L’evangelizzazione francescana ritroverà la sua forza trasformante solo recuperando
questa libertà interiore ed esteriore. Si tratta di una
dimensione carismatica ed escatologica che dovrà
concretizzarsi in fraternità più sobrie, con meno
ostentazione di ricchezza o con meno sicurezze.
Frati che vogliono vivere concretamente la povertà ce ne sono, a livello provinciale e interprovinciale: basta aiutarli,accompagnarli con fiducia, senza paure e senza sentirsi giudicati. Ma come liberarli? “Quando non avremo più nulla da perdere”...:
nè privilegi, né ruolo, né denaro, ne case, ne Provincia…, allora si potrà ricominciare qualche cosa
di evangelicamente grande! Poiché l’espropriazione
diventerà lo spazio libero dello Spirito per nuovi
miracoli che il Signore compierà con noi.
Riconciliare profetismo e comunione,
I francescani e l’evangelizzazione nell’Europa di oggi
missionarietà e ospitalità. Il Cammino per le strade del mondo non contraddice la vita più stabile e
accogliente dei nostri conventi. Una Fraternità
mobile o itinerante dovrà saper vivere anche il ritiro; come una Fraternità contemplativa non è una
fraternità di separazione ma di comunione. Sappiamo bene come il metodo missionario di Gesù con i
ricchi (la nostra Europoa!) è stato quello di farsi ospitare (cfr Lc 19,1-6). Dovremmo favorire gesti e
mediazioni nuove e rinnovate dove tutti “stanno a
guardare alla finestra”..., solo per discutere, commentare o criticare... Soprattutto evitare di mettere
in contrasto gesti profetici di alcuni e impegni ordinari degli altri: siamo tutti impegnati nel creare
una sinergia rinnovata, coordinata e vissuta nell’obbedienza e nella comunione fraterna.
Colmare la distanza, tra l’ortodossia e l’ortoprassi, tra l’ideale e la pratica, tra i documenti e
la vita concreta di ogni giorno. È forse la crisi interna più grave che si sta vivendo. Continuando in
questo modo si rischia sempre più di favorire l’individualismo, l’apatia e l’indifferenza che paralizzerebbe ogni tipo di ripresa, aumentando la
folla dei delusi e degli sfiduciati che vanno ad aumentare il numero degli abbandoni vocazionali!
Abbiamo bisogno urgentemente di segni
concreti ed evangelici, anche se piccoli e poco appariscenti, per colmare questa distanza e ridare il
senso di appartenenza alla stessa Famigli. La medesima autorità provinciale dovrebbe partecipare
attivamente e accompagnare questo cammino creativo.
Superara l’auto-referenzialità (personale, di
una Fraternità, di una Provincia, dell’Ordine) con
l’andare verso l’altro... Anche qui è tempo di segni, di esperienze concrete, di ascolto e di comunione. Il Regno di Dio e la stessa Famiglia francescana è più ampia e più ricca, dei nostri carismi
personali, dei nostri “progetti” e possibilità provinciali, dei limiti angusti delle nostre culture locali,
del nostro Ordine...; è più ricca di quanto pensiamo! I nostri laici, le nostre Sorelle e i nostri Fratelli
del secondo e terzo Ordine hanno molto da dirci e
da insegnarci; in certi casi, esprimono molto bene
la radicalità evangelica di Francesco nel nostro tempo. Perché non inventare qualche gesto missionario insieme? In certe parti si è già cominciato...
Perché non iniziare qualche casa di formazione a
livello europeo? Le crisi si superano allargando i n
ostri orizzonti domestici! Che bello poter ritrovare
il senso di appartenenza a questa Famiglia
francescano allargata! Tutto ciò può far superare la
I francescani e l’evangelizzazione nell’Europa di oggi
“filosofia” del “si salvi chi può”, dello “scisma bianco” di cui ha parlato l’ultimo Congresso sulla vita
religiosa, scisma che tende a isolare, a ridurre sempre di più gli spazi di comunione e di relazione.
8. Non è un’utopia…
“Lo Spirito chiama la vita consacrata a elaborare nuove risposte... nuovi progetti di evangelizzazione per le odierne situazioni” (VC 73). Si tratta chiaramente di “muovere la tenda”..., di trovare
nuove forme, nuovi segni, nuove mediazioni che
mettono in relazione il Vangelo con l’uomo del
nostro tempo.
Nell’Ordine ci sono molti Frati pronti a rischiare su questo tipo di dialogo concreto con la
nostra società; pronti alla mobilità missionaria, animati dalla passione per Dio e dalla compassione
per l’uomo, senza venir meno alle priorità del nostro carisma. Ma come liberarli dalla preoccupazione angosciante della sopravvivenza, delle strutture da salvare a tutti i costi? Come convivere con
queste nuove forme di presenza senza ledere all’unità di una determinata Entità? Come superare
il “sedentarismo” di comodo che paralizza il cammino di tanti Frati e di tante Province?
Sono già nate Fraternità provvisorie, mobili, inter-provinciali, internazionali, inter-obbedienziali e inter-congregazionali, in collaborazione con laici; fraternità dove l’ascolto, l’auto-evangelizzazione e la missionarietà sono congiunte. Si tratta di esperienze episodiche ma che possono diventare tasselli per un mosaico in vista di queste nuove mediazioni. Sono spesso Frati che hanno altri
impegni nella Provicnia (definitori, responsabili
dell’infermeria provinciale o di altre Case…), ma
vengono liberati periodicamente dai loro superiori
per questo genere di missionarietà itinerante. Molti Ministri provinciali ci credono, altri meno; ma i
Frati che desiderano incamminarsi sulle strade del
mondo sono molti...
Altre volte si tratta di Fraternità di inserzione in ambienti poveri, che si auto-gestiscono economicamente, e che si rendono ugualmente disponibili occasionalmente per queste esperienze di incontro, unendosi a Fratelli di altre Province e di altre nazioni. Naturalmente non sono “la soluzione”
a tutte le nostre crisi, ma esprimono la ricerca autentica, coraggiosa e attiva di quelle “nuove forme” di
cui abbiamo bisogno oggi. Perché non favorire e
moltiplicare queste esperienze? È un modo per ritrovare entusiasmo nel vivere la nostra vocazione. La
Chiesa ce lo ricorda: “La missione rafforza la vita
Inserto al Notiziario -
VII
consacrata, le dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni, sollecita la sua fedeltà” (VC 78).
“Francesco diceva che il codice dei pellegrini è questo: raccogliersi sotto il tetto altrui, sentir sete della patria, passar via in pace” (LM VII,
2).
Fr. Giacomo Bini ofm
VIII - Inserto al Notiziario
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penitenza” e a riscoprire il volto del lebbroso e di
Gesù Cristo, Signore povero e crocifisso” (La grazia delle origini, Anno 2006, p. 16).
L’Assemblea dei Ministri provinciali OFM
d’Europa si tiene in un momento particolarmente
significativo per la nostra Fraternità universale, per
le Fraternità locali e provinciali e per ogni Frate.
Nei giorni 28-29 ottobre 2005, infatti, abbiamo
ufficialmente iniziato ad Assisi il cammino di preparazione che ci condurrà nel 2009 alla celebrazione
dell’VIII centenario della fondazione dell’Ordine.
Le celebrazioni inaugurali nella Basilica di Santa
Chiara, a San Damiano e in S. Maria degli Angeli
sono state caratterizzate da un’icona, il Crocifisso
di San Damiano, e da un avvenimento, la conclusione del Congresso Internazionale dei Maestri
di Noviziato.
L’icona rimanda a ciò che sta all’inizio della
vocazione di Francesco; l’avvenimento ci ricorda
gli inizi del nostro proposito di seguire Cristo,
secondo il carisma vissuto e proposto dal Poverello
di Assisi. Entrambi ci sollecitano a “stare” di fronte
al Crocifisso per conoscere la volontà del Signore
su di noi; ci invitano ad accogliere la sua grazia per
realizzare oggi il “suo santo e verace comandamento” (PCr). E questo ogni giorno della vita, soprattutto, in questa prima tappa del nostro itinerario
giubilare che ha come contenuto il discernimento e
come provocazione il Crocifisso di San Damiano,
“per scegliere ciò che è buono secondo la volontà
di Dio, per riassumere i criteri del Vangelo e la nostra forma vitae che abbiamo promesso di osservare,
per ripartire con rinnovato impegno ad annunciare
nel mondo il Vangelo di Cristo” (cf. Lettera per
l’inizio delle celebrazioni e Indizione del Capitolo,
4 ottobre 2005).
Si tratta, detto diversamente, di un atteggiamento spirituale e di un itinerario che hanno come
scopo di celebrare con gratitudine la grazia delle
origini, rivivendola alla luce delle sfide che la
Chiesa e gli uomini e le donne del nostro tempo
pongono alla vita francescana.
Per percepire, allora, la risposta del Crocifisso alla nostra domanda, “che cosa vuoi che io
faccia?”, è necessario non solo riscoprire, personalmente e in Fraternità, la grazia delle origini, ma
anche rileggere il “nostro essere Fraternità in
missione, secondo lo specifico dei Frati Minori,
accogliendo la chiamata ad andare “nel mondo
intero”, ad annunciare “agli uomini la pace e la
I francescani e l’evangelizzazione nell’Europa di oggi
L’Unione Europea
La riscoperta della nostra identità e la
rilettura della nostra missione comportano l’essere
attenti non solo ai “segni dei tempi”, ma anche ai
“segni dei luoghi” per comprendere cosa viene
chiesto a noi Frati Minori per servire il Vangelo e
l’uomo. E noi, Frati Minori di questa Assemblea e
Frati Minori di tutto il Continente, siamo anche
cittadini europei. Allora l’incontro dell’UFME 2005
è di grande rilevanza per i “segni” rintracciabili
nell’attuale storia e nei luoghi del Continente
europeo.
Dalla precedente riunione dell’UFME,
avvenuta a Lourdes nel novembre 2003, nella quale
ho parlato su “L’Europa ci chiama”, per la costruzione della Casa europea sono stati compiuti passi
importanti, che possono essere sintetizzati nelle
seguenti date: 1° maggio 2004, sono entrati a far
parte dell’Unione Europea dieci nuovi Paesi (anche
alcuni Paesi dell’Est ed altri che ne hanno fatto
richiesta), passando da 15 a 25 Paesi; 10-13 giugno
2004, la maggioranza della popolazione europea,
453 milioni su 700 milioni, è stata chiamata ad eleggere 732 membri del nuovo Parlamento di Strasburgo; 18 giugno 2004, i Capi di Stato e di Governo
dei 25 Paesi membri dell’Unione Europea hanno
approvato a Bruxelles il “Trattato Costituzionale”.
Sono questi avvenimenti storici e, soprattutto, tappe importanti per la realizzazione del sogno
concepito dai padri fondatori dell’Unione Europea
– Adenaur, De Gasperi, Monet, Schuman e Spaak
– e coltivato fattivamente, negli ultimi cinquant’anni, da quanti hanno operato per fare degli Stati
europei, dell’ovest e dell’est, del nord e del sud,
una grande “famiglia”, capace di passare dalle
reciproche diffidenze alla condivisione di un grande
patrimonio di valori, attraverso organismi
istituzionali idonei a guidare un numero crescente
di Stati, promovendo l’unità nella diversità.
Ai lavori sempre in corso per la costruzione
della “famiglia” europea non possono essere assenti
gli operai della Vigna del Signore: per essere
davvero una “famiglia” questa “Europa ha bisogno
di un salto qualitativo nella presa di coscienza
dellasua eredità spirituale. Tale spinta non le può
venire che da un rinnovato ascolto del Vangelo di
Cristo. Tocca a tutti i cristiani impegnarsi per soddisfare questa fame e sete di vita” (Giovanni Paolo
Inserto al Notiziario -
IX
II, Ecclesia in Europa, [EiE], 120, Esortazione Apostolica post-sinodale su Gesù Cristo, vivente nella
sua Chiesa, sorgente di speranza per l’Europa, 28
giugno 2003).
Quale Europa sognare?
Questo impegno tocca tutti i cristiani,
anzitutto per il numero consistente dei membri della
Chiesa: 280 milioni di cattolici (40% della
popolazione), 144.000 sacerdoti diocesani, 10.000
diaconi, 62.000 religiosi e 350.000 religiose, 34
Conferenze episcopali; ma soprattutto per la
vocazione originaria della Chiesa: essere luce e
lievito, in ogni momento storico, presso ogni cultura
e popolo “per contribuire dall’interno a modo di
fermento alla santificazione del mondo” (LG 31).
“L’interesse che la Chiesa nutre per l’Europa –
dichiara l’Es. Ap. Ecclesia in Europa – nasce dalla
sua stessa natura e missione. Lungo i secoli, infatti,
la Chiesa ha avuto legami molto stretti con il nostro
Continente, così che il volto spirituale dell’Europa
si è andato formando grazie agli sforzi di grandi
missionari, alla testimonianza di santi e di martiri,
e all’opera assidua di monaci, religiosi e pastori.
Dalla concezione biblica dell’uomo, l’Europa ha
tratto il meglio della sua cultura umanistica, ha
attinto ispirazione per le sue creazioni intellettuali
e artistiche, ha elaborato norme di diritto e, non per
ultimo, ha promosso la dignità della persona, fonte
di diritti inalienabili” (EiE, 25; cf anche Giovanni
Paolo II, Discorso al corpo diplomatico, 12 gennaio
2004).
Da qui la sfida per la Chiesa di “non
disperdere questo prezioso patrimonio e di aiutare
l’Europa a costruire se stessa rivitalizzando le radici
cristiane che l’hanno originata” (EiE 25). Richiamo
quanto mai opportuno dal momento che il “Trattato
Costituzionale”, sebbene sia “strumento”
importante per il futuro dell’Europa, ignora ogni
riferimento a Dio e alle radici cristiane. L’omissione
non è stata una distrazione involontaria, le ragioni
apportate sono talmente superficiali da coprire
anziché indicare la motivazione del silenzio (cf J.
Ratzinger, Riflessione su culture che oggi si
contrappongono, Subiaco, 1° aprile 2005). Tanto
da fare gridare Giovanni Paolo II: “Non si tagliano
le radici dalle quali si è nati!” (Angelus, 20 giugno
2004). In realtà il “Trattato” è lo specchio dell’attuale spiritualità dell’Europa, che, originariamente
cristiana, ha come patrimonio comune il secolarismo.
Il grido di Giovanni Paolo II è indice sen-
X - Inserto al Notiziario
z’altro di una grande sofferenza per una verità storica ignorata, ma anche forte richiamo a mettere il
Vangelo al centro della vita dei popoli che stanno
completando la loro unificazione; consegna alla “future generazioni” di un sogno che ha coltivato lungamente nel suo cuore e confidato in occasione del
conferimento del premio “Carlo Magno” della città
di Aquisgrana il 24 marzo 2003. Dopo essersi domandato in quella circostanza: “Qual è l’Europa
che oggi si dovrebbe sognare?”, ha dichiarato:
“Penso a un’Europa nella quale le conquiste della
scienza, dell’economia e del benessere sociale non
si orientano a un consumismo privo di senso, ma
stanno al servizio di ogni uomo in necessità e
dell’aiuto solidale per quei paesi che cercano di
raggiungere la meta della sicurezza sociale. Possa
l’Europa, che ha sofferto nella sua storia tante
guerre sanguinose, divenire un fattore attivo della
pace nel mondo! Penso a un’Europa la cui unità si
fonda sulla vera libertà. La libertà di religione e le
libertà sociali sono maturate come frutti preziosi
sull’humus cristianesimo... Penso a un’Europa unita
grazie all’impegno dei giovani. Con tanta facilità i
giovani si capiscono tra di loro, al di là dei confini
geografici! Come può nascere, però, una generazione giovanile che sia aperta al vero, al bello, al nobile
e a ciò che è degno di sacrificio, se in Europa la famiglia non si presenta più come un’istituzione aperta alla vita e all’amore disinteressato? Una famiglia
della quale anche gli anziani sono parte integrante
in vista di ciò che è più importante: la mediazione
attiva dei valori e del senso della vita. L’Europa
che ho in mente è un’unità politica, anzi spirituale,
nella quale i politici cristiani di tutti i paesi agiscono
nellacoscienza delle ricchezze umane che la fede
porta con sé: uomini e donne impegnati a far
diventare fecondi tali valori, ponendosi al servizio
di tutti per un’Europa dell’uomo, sul quale splenda
il volto di Dio. Questo è il sogno che porto nel cuore
e che vorrei affidare... alle generazioni future”.
Il sogno di Giovanni Paolo II, vero Profeta
di un’Europa nuova, è la sintesi di un lungo
ministero che si è andato maturando in oltre 700
interventi dedicati per esteso o in parte all’Europa,
e che ha ispirato i due Sinodi dei Vescovi per
l’Europa (1991 e 1999) allo scopo di individuare
cammini concreti per “offrire nuovamente agli
uomini e alle donne dell’Europa il messaggio
liberante del Vangelo” (EiE 29).
Un nuovo annuncio del Vangelo
Il primo ad accogliere l’invito di Giovanni
I francescani e l’evangelizzazione nell’Europa di oggi
Paolo II a sognare un’Europa nuova è stato il suo
successore, Benedetto XVI. Nella prima Udienza
generale del 27 aprile 2005, infatti, ha spiegato che
il nome scelto, evocando la straordinaria figura di
san Benedetto da Norcia, “costituisce un punto di
riferimento per l’unità dell’Europa e un forte
richiamo alle irrinunciabili radici della sua cultura
e della sua civiltà”. La scelta, però, va coniugata
con l’invito a “prendere il largo”, cioè con l’urgente
necessità di annunciare il Vangelo nel mondo di
oggi (cf Benedetto XVI, Omelia in S. Paolo fuori
le mura, 25 aprile 2005).
Siamo sulla linea della Dichiarazione finale
del 1° Sinodo dei Vescovi per l’Europa: “L’Europa
non deve semplicemente fare appello alla sua
precedente eredità cristiana: occorre infatti che sia
messa in grado di decidere nuovamente del suo
futuro nell’incontro con la persona e il messaggio
di Gesù Cristo” (n. 2).
È un compito di tutti i membri della Chiesa
che è in Europa. In questa opera un ruolo specifico
viene affidato alle persone consacrate, che hanno
nel loro DNA la tensione tra la memoria e la
profezia. Pertanto, come hanno avuto un ruolo
fondamentale “nell’evangelizzazione dell’Europa
e nella costruzione della sua identità cristiana”, così
devono averlo oggi, “in un momento nel quale è
urgente una “nuova evangelizzazione” del
Continente” (EiE 37).
Tenendo presenti alcuni aspetti che
caratterizzano l’attuale volto culturale e sociale
dell’Europa – come l’offuscamento della speranza,
lo smarrimento della memoria e dell’eredità
cristiane, la paura del futuro, la frammentazione
dell’esistenza, l’affievolirsi della solidarietà e
l’emergere di un’antropologia senza Dio e senza
Cristo (cf EiE 7-9) – il contributo peculiare che oggi
le persone consacrate possono offrire al Vangelo
della speranza in Europa consiste nell’essere
“annuncio” del primato di Dio, come risposta al
bisogno del trascendente; nella testimonianza della
fraternità evangelica, come via privilegiata per
rendere possibili nuove relazioni tra le persone e i
popoli; nel prendersi cura dei più bisognosi, per
rispondere alla sfida delle nuove forme di povertà
e di emarginazione; nell’essere disponibili a
“prendere il largo”, nonostante il calo numerico dei
membri dei vari Istituti, per offrire la Parola di vita
ad altri popoli e ad altre culture, allargando così i
propri orizzonti (cf EiE 38).
I francescani e l’evangelizzazione nell’Europa di oggi
I Frati Minori e l’Europa
Le nuove sfide che l’Unione Europea lancia
anche a noi Frati Minori sono una sollecitazione
provvidenziale dello Spirito a “prendere il largo”,
ad andare “oltre” i nostri limiti e le nostre povertà,
per osare nuovi cammini, per servire il Vangelo e
servire l’uomo in “questo luogo” in cui siamo ed
operiamo. Il sogno, infatti, di Giovanni Paolo II è
stato deposto anche nei nostri cuori: non possiamo
soffocarlo con i nostri “problemi interni” o
intrappolarlo con visioni di basso profilo, ma
dobbiamo accoglierlo, custodirlo ed assecondarlo
come nuove possibilità per ridare vivacità,
autenticità, fascino alla nostra vocazione e alla
nostra missione.
Come concretizzare, però, tale sogno?
Quale contributo offrire alla costruzione della
“Famiglia europea”, una famiglia aperta ad altre
famiglie del mondo? L’anno di “discernimento”,
che abbiamo appena iniziato, è una vera grazia: un
tempo favorevole per leggere i “segni dei tempi”
per comprendere quali sfide ed appelli aspettano
da noi una risposta. Un’indicazione precisa, alla
domanda “che cosa dobbiamo fare?”, ci viene
intanto dall’Esortazione Ap. Ecclesia in Europa:
partecipare alla missione della Chiesa sintetizzata
in tre verbi: annunciare il Vangelo, celebrare il
Vangelo e servire il Vangelo.
Tre mandati che ci interpellano come
persone consacrate, ma anche come persone che
hanno scelto di vivere “il Vangelo nella Chiesa,
secondo la forma osservata e proposta da san
Francesco” (CCGG 1,1). Anche noi, infatti,
abbiamo una storia da raccontare: san Francesco e
santa Chiara, che subito hanno “preso il largo”, e
innumerevoli Fratelli e Sorelle lungo i secoli hanno
contributo in modo significativo a formare il volto
spirituale dell’Europa. Abbiamo anche una storia
da scrivere, anzi desideriamo e vogliamo “narrare”
agli uomini e alle donne dell’Europa di oggi, e di
domani, una nuova storia, affinché insieme si possa
lodare il Signore, che è “ogni bene, tutto il bene”.
Nella presentazione del documento La
grazia delle origini sintetizzavo così lo scopo del
nostro itinerario verso la celebrazione dell’VIII
centenario dell’Ordine: “tornare all’essenziale della
nostra forma di vita, rileggendola e reincarnandola
nell’odierna realtà culturale; rimanere fedeli al
nostro carisma e allo stesso tempo tener presenti le
esigenze del mondo attuale, anticipando il futuro”.
Penso che sia un richiamo importante per non “bloccarci”, da una parte, a causa delle oggettive difInserto al Notiziario -
XI
ficoltà in cui si trova a vivere gran parte delle nostre
Fraternità in Europa, e, dall’altra, di fronte alle sfide
che sempre più numerose premono per entrare nella
nostra “agenda” (cf L’Europa ci chiama, Lourdes,
20 novembre 2003).
L’essenziale ci è stato riproposto dalle cinque priorità dell’Ordine, che ci dicono con chiarezza “ciò che oggi è veramente essenziale per vivere
la sequela di Cristo e per porre la nostra forma vitae
a servizio della Chiesa e del mondo” (Seguaci di
Cristo per un mondo fraterno, Presentazione). Altra
“guida” per discernere l’essenziale, l’abbiamo nell’itinerario proposto a ciascun Frate, alle Fraternità
locali e provinciali per la celebrazione del dono
della nostra vocazione. Tale itinerario è articolato
in tre tappe e per ciascuna tappa popone una parola
chiave, una meta, dei mezzi e dei gesti significativi,
ed è animato dalla tensione a “rifondare la nostra
vita e missione sugli elementi essenziali della nostra
“forma vitae”” (La grazia delle origini, p. 12).
È vero che Conferenze, Province e Frati
hanno già iniziato questo itinerario, anche con percorsi concreti o con una programmazione triennale
con scadenze precise, sorretti dalla certezza che la
vita francescana ha qualcosa da dire al mondo di
oggi e di domani. La ricerca dell’essenziale, tuttavia, deve continuare per capire che cosa i Frati Minori europei possono e devono fare nel e per l’Unione Europea. I “segni” dei luoghi, oltre che dei tempi,
in questo caso sono decisivi. Mi permetto, allora,
di indicare alcune piste di riflessione per individuare
che cosa possa fare l’UFME.
Insieme per l’Europa
L’Unione Europea è ancora un cantiere
aperto e ciascuno, secondo le proprie responsabilità
e carismi, deve portare il proprio mattone per la
costruzione dell’edificio comune. Ma le problematiche e le sfide sono così ampie e complesse che
nessuno “da solo” può incidere negli orientamenti
religiosi, culturali, sociali ed economici. Per
rendersene conto si pensi ai problemi collegati con
la dignità della persona umana, la famiglia, la libertà
religiosa, le migrazioni e i diritti umani; alle grandi
scelte dell’Unione Europea che ricadranno non solo
sui suoi membri, ma avranno influenza anche in
altre parti del mondo, come l’impegno per la pace
e per la difesa dell’ambiente, la lotta contro la
povertà...; alle sfide legate alla secolarizzazione,
alla progressiva secolarizzazione del Continente,
al relativismo morale, alla divisione dei cristiani,
al pluralismo religioso e alla collaborazione tra le
XII - Inserto al Notiziario
varie religioni; alla crisi, infine, delle vocazioni al
sacerdozio e alla vita consacrata, proprio quando
crescono bisogni e richieste. È indispensabile,
allora, associarsi, partecipare attivamente a “strutture” di condivisione, collaborare se si vuole insieme
capire che cosa e come offrire una risposta significativa ed adeguata.
Se “il ruolo delle istituzioni internazionali,
legate e operanti sul territorio europeo”, è “per molti
aspetti determinante nel cammino per disegnare il
volto nuovo del Contenente” (EiE 113), allo stesso
modo in campo ecclesiale “strutture” di comunione
e di collaborazione sono oggi indispensabili per
annunciare, celebrare e servire il Vangelo della
speranza in Europa. Infatti, scrive Giovanni Paolo
II nella Ecclesia in Europa, le Chiese particolari
non possono rispondere da sole alle sfide attuali:
“c’è bisogno di un’autentica collaborazione tra tutte
le Chiese particolari del Continente” (EiE 53). Una
“struttura” per promuovere la collaborazione è stata
la convocazione e la celebrazione dei due Sinodi
dei Vescovi per l’Europa. Le Assemblee sinodali
sono state “una preziosa opportunità di incontro,
di ascolto e di confronto”; un’occasione per recepire
l’appello che lo Spirito rivolge oggi alle Chiese che
sono in Europa e per formulare “utili orientamenti
per rendere più visibile il volto di Cristo” (cf EiE
3). In questa prospettiva va visto anche il Consiglio
delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE): è
uno strumento efficace per ricercare insieme “vie
nuove”, per mettere in comune, attraverso lo “scambio dei doni”, esperienze e riflessioni e per condividere comuni orientamenti pastorali (cf EiE 53).
Sempre su questa linea è da menzionare la collaborazione tra la CCEE e la KEK, la Conferenza delle
Chiese europee (organismo ecumenico di cui fanno
parte 123 Chiese e 25 organizzazioni associate nel
Continente), per affrontare insieme alcune sfide, come la riconciliazione tra popoli e culture, la custodia
del creato, l’approfondimento della comunione con
gli Ebrei e la cura dei rapporti con l’Islam.
E noi Frati Minori? Non possiamo essere
dei “navigatori solitari”: non si arriva così all’altra
riva! Sì, “non si può affrontare il futuro in
dispersione” (Ripartire da Cristo, 30) e il futuro
della vita e della missione dell’Ordine sta nella
collaborazione tra le Province, tra le Conferenze e
tra queste e le Province. Questo anche se siamo
riusciti a “selezionare” l’essenziale; anzi l’essenziale per noi Frati Minori europei è imboccare
decisamente la strada della collaborazione – anche
con gli altri Istituti della Vita consacrata e, in partiI francescani e l’evangelizzazione nell’Europa di oggi
colare, con gli altri membri della grande Famiglia
francescana –, se vogliamo vivere con rinnovato
entusiasmo la nostra vocazione e ridare significatività alla nostra missione.
Si è detto che è determinante per il futuro
dell’Europa la “Carta Costituzionale” e noi abbiamo
già la nostra “Carta Costituzionale”, che definisce
il nostro Ordine, di cui fra poco celebriamo l’VIII
centenario di fondazione, come Fraternità (cf
CCGG 1,1). Tale definizione esprime la nostra
identità, contiene un programma di vita, indica un
modo specifico di comprendere ed esprimere le
nostre relazioni con Dio, con gli altri e con il creato,
e di porsi a servizio della Chiesa e del mondo.
L’essere una Fraternità, pertanto, non solo esige relazione-collaborazione-solidarietà-condivisioneservizio reciproco, ma qualifica e determina il nostro essere presenti e il nostro operare nella Chiesa
e nel mondo (cf Consiglio Plenario 2001, Fraternità
in missione in un mondo che cambia , p. 5).
L’operare insieme scaturisce, in definitiva, dall’essere una Fraternità, i cui membri condividono la
stessa avventura (cf CCGG 1,1-2).
Penso che sia stata proprio questa consapevolezza a far sorgere l’UFME, che, il nome stesso
lo dice, vuol dire: Frati Minori insieme per l’Europa,
tanto più che fanno parte dell’UFME Frati Minori
dell’Europa dell’ovest e dell’est, del nord e del sud.
Si tratta di una ricchezza incredibile di storia, di
tradizioni, di culture e di spiritualità – anche di una
ricchezza “quantitativa”, nonostante il calo numerico i Frati Minori sono 7.956–, e per questo di possibilità concrete per cercare e percorre insieme
alcune vie per testimoniare ed annunciare, secondo
il nostro specifico carisma, il nome di Gesù Cristo,
fonte di speranza per tutti in Europa.
uomini che tengono lo sguardo dritto verso Dio,
imparando da lì la veraumanità. Abbiamo bisogno
di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce
di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro
intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e il
loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto
attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può
fare ritorno presso gli uomini” (cf anche EiE 116).
È quanto vuole san Francesco: uomini che desiderano avere “sopra ogni cosa lo Spirito del Signore
e la sua santa operazione, di pregarlo sempre con
cuore puro” (Rb 10,8-9). Non è per caso che la
prima priorità ci ricorda: dallo “spirito di orazione
e devozione” deriva la capacità di testimoniare che
Dio è l’unico assoluto, l’unico onnipotente, l’altissimo e buon Signore, l’unico bene, ogni bene, tutto
il bene, l’unica realtà desiderabile e da desiderare”
(Seguaci di Cristo..., 1ª priorità, 7); che il primo
mezzo suggerito da me per compiere un vero discernimento, in questa prima tappa delle celebrazioni
per l’VIII centenario di fondazione dell’Ordine, sia
stato “un’orazione prolungata, senza orologio e “affettiva”, come quella di Francesco. Una preghiera
“vincolante”, attraverso la quale poter comprendere
che Dio benedice (dice bene) le nostre scelte” (cf
Lettera per l’inizio delle celebrazioni, 4 ottobre
2005).
Ma nel contesto dell’Assemblea dell’UFME, però, il discernimento dovrebbe portarci ad
individuare dove e come realizzare insieme delle
presenze (almeno qualche presenza) in cui sia
visibile il primato Dio e sia punto di riferimento, –
“in ogni ora e in ogni tempo, ogni giorno e
interrottamente” – per lodare, adorare, magnificare,
rendere grazie “all’altissimo e sommo eterno Dio”
(cf Rnb 23,11).
“Testimoni eloquenti del primato Dio”
“In un contesto contaminato dal secolarismo e assoggettato al consumismo, dall’“apostasia
silenziosa”, in cui si vive “come se Dio non esistesse” (EiE 38.9), la prima via da percorrere è quella
di essere testimoni della dimensione trascendente
dell’esistenza, del primato assoluto di Dio,
“costantemente lodato, adorato, servito, amato con
tutta la mente, con tutta l’anima, con tutto il cuore”
(Benedetto XVI, Lettera in occasione della
Plenaria della Congregazione per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica, della 27
settembre 2005). Poco prima di essere eletto Papa,
il Card. J. Ratzinger, parlando a Subiaco dell’Europa il 1° aprile 2005, ha detto: “Abbiamo bisogno di
“Passione per l’umanità”
Dalla passione per il Cristo, che si
concretizza nella volontà di seguire le orme di
Cristo e che continuamente si rinnova attraverso lo
“spirito di orazione e devozione”, scaturisce la
nostra “passione per l’umanità”, che costituisce la
nostra ragion d’essere: inviati da san Francesco “a
due a due per le diverse parti della terra,
annunciando agli uomini la pace e la penitenza”
(1Cel 12,29) e dalla Chiesa: “andate con Dio,
fratelli, e come egli si degnerà di ispirarvi, predicate
a tutti la penitenza” (1Cel 13,33).
Giovanni Paolo II, aprendo le porte al terzo
millennio, e Benedetto XVI, all’inizio del suo
ministero petrino, ci hanno riproposto l’invito a
I francescani e l’evangelizzazione nell’Europa di oggi
Inserto al Notiziario -
XIII
“prendere il largo”. La Chiesa che è in Europa ci
ha indicato il contenuto dell’andare: annunciare il
Vangelo della speranza ad un’Europa che sembra
averla smarrita. Dobbiamo, allora, essere pronti ad
“ascoltare le nuove chiamate dello Spirito, cercando
di individuare... le urgenze spirituali e missionarie
del momento presente” (Giovanni Paolo II, Messaggio al Congresso Internazionale sulla vita consacrata, 26 novembre 2004).
Come individuare le nuove chiamate e, soprattutto, come rispondere ad esse? Come ho messo
in evidenza nell’Assemblea di Lourdes, l’assottigliamento delle forze e delle energie potrebbero scoraggiarci a “prendere il largo”. Ma “se ripartissimo
da Assisi per ricostruire l’Europa?”. Fu questa la
pro-vocazione che il mio predecessore, Fr. Giacomo
Bini, lanciò all’UFME nel 1998, proprio qui in
Polonia. E questo voleva dire: ripartire da Assisi
verso il mondo (non solo l’Europa!) per annunciare
il Vangelo, “dimenticando il “regno” delle nostre
Province, che blocca ogni collaborazione...; rinnegando il “nostro regno” comodo e individualistico,
che soffoca la nostra vitalità e tradisce la nostra
vocazione” (in Acta Ordinis, III,1998,282). Accogliamo di nuovo quella pro-vocazione, come stimolo a concretizzare la nostra passione per il Vangelo in una o più iniziative comuni dell’UFME,
anche se poi viene portata avanti da una Conferenza
o attraverso la collaborazione di più Province.
Come aiuto per la riflessione e le decisioni
voglio segnalare un’iniziativa di evangelizzazione,
sorta nel 2000 ad opera di quattro Cardinali europei
– J.-M. Lustiger (Parigi), C. Schönborn (Vienna),
J. da Cruz Policarpo (Lisbona) e G. Danneels (Bruxelles) –, per rispondere alla sfida: come annunciare
la Parola nelle grandi città del Continente? È sorta
così l’iniziativa del “Congresso Internazionale per
la nuova evangelizzazione (CINE) – con incontri,
dibattiti, concerti, esposizioni, laboratori, serate di
festa e momenti di preghiera –, che si è tenuto nel
2003 a Vienna, nel 2004 a Parigi, nel 2005 a Lisbona
nei primi giorni di novembre, e che si terrà a
Bruxelles nel 2006 e a Budapest nel 2007.
Dal momento, però, che dall’essere Frati
e Minori deriva lo stile missionario dell’Ordine,
allora qualsiasi scelta venga fatta per annunciare il
Vangelo all’uomo delle città, dei villaggi, delle
campagne o ai crocicchi delle strade, questa può
arricchirsi mediante altre incarnazioni dell’unica
passione per l’umanità: la promozione del dialogo
ecumenico, l’impegno per la pace e la salvaguardia
del creato, la solidarietà con i più poveri, la condi-
XIV - Inserto al Notiziario
visione del pensiero francescano sull’uomo e sul
mondo, ecc.!
Responsabili del nostro futuro
“La cura delle vocazioni è un problema
vitale per il futuro della fede cristiana in Europa e,
di riflesso, per il progresso spirituale degli stessi
popoli che l’abitano; è passaggio obbligato per una
Chiesa che voglia annunciare, celebrare e servire il
Vangelo della speranza” (EiE 39). È anche un problema vitale per il nostro Ordine, particolarmente
in Europa, come già ho sottolineato nella precedente
Assemblea dell’UFME. Ed ora ribadisco l’urgenza
dell’impegno di tutti per un’adeguata pastorale delle
vocazioni. Abbiamo a disposizione documenti, sussidi, esperienze; sappiamo quali sono le cose importante da fare: preghiera, testimonianza, invito esplicito a condividere la nostra vocazione e la nostra
missione.
È giunto il momento di attuare quanto
sappiamo; soprattutto dobbiamo fare della cura
pastorale delle vocazioni una scelta prioritaria di
ogni Provincia e Conferenza, cercando e ricercando
collaborazione, promovendo incontri tra Province
e tra Conferenze per scambiarsi le esperienze, i
metodi, per incoraggiarsi vicendevolmente e, infine,
per verificare come e dove possiamo agire insieme.
C’è spazio qui per investire fantasia e creatività.
Ma ne vale la pena, perché “è ancora grande
il fascino di Francesco e di Chiara di Assisi sui
giovani” (Giovanni Paolo II, Messaggio al Capitolo
2003, 5); perché è bello condividere ciò che si
ritiene sommamente prezioso, come la sequela di
Cristo, povero e crocifisso; perché “non è vero che
la gioventù pensa soprattutto ai consumi e al
piacere... La gioventù vuole cose grandi, vuole il
bene... ” (Benedetto XVI, Discorso ai pellegrini
tedeschi, 25 aprile 2005; cf anche EiE 39). La XX
Giornata Mondiale della Gioventù deve farci
riflettere: convocati da Giovanni Paolo II ed animati
da Benedetto XVI circa un milione di giovani sono
affluiti a Colonia alla ricerca di Gesù per poterlo
adorare!
Conclusione
Cari Fratelli Ministri, permettetemi una
parola conclusiva che consiste in una presa di
coscienza, in un augurio e in una preghiera.
L’Europa dell’est e dell’ovest “va costruendosi sempre più come “unione”: questo deve
spingere i cristiani verso l’unità” (cf EiE 118). Ecco
il senso della mia enfasi sulla collaborazione. Del
I francescani e l’evangelizzazione nell’Europa di oggi
resto l’“Unione dei Ministri provinciali d’Europa”
non sta a sottolineare proprio questo aspetto? Resta,
come è evidente, la grazia e il dovere per ciascuno
e per tutti di vivere i valori peculiari del carisma
francescano “per offrire all’umanità disorientata,
logorata e priva di memoria, testimonianze credibili
della speranza cristiana, “rendendo visibile l’amore
di Dio, che non abbandona nessuno” e offrendo
“all’uomo smarrito ragioni vere per continuare a
sperare”” (Giovanni Paolo II, Messaggio al Congresso..., 2); come resta la necessità e l’esigenza
della comunione con tutti i membri del Popolo di
Dio: “la vita consacrata, all’inizio del nuovo millennio, ha davanti a sé sfide formidabili, che può
affrontare soltanto in comunione con tutto Popolo
di Dio, con i suoi Pastori e con il popolo dei fedeli”
(Benedetto XVI, Lettera in occasione della Plenaria...).
Nel 2006 celebreremo il Capitolo generale
straordinario ad Assisi. Nella Lettera di indizione
del 4 ottobre 2005 ho scritto: “abbiamo deciso di
darci un tempo per fermarci e per riflettere insieme,
per sostare in attento ascolto di ciò che il Signore
ci chiede, per confrontarci su come meglio assumere
quanto ciascuno ha promesso..., per ripartire con
rinnovato impegno ad annunciare tra i fratelli e le
sorelle nel mondo il Vangelo di Cristo”. Mi auguro
che i Ministri provinciali d’Europa, grazie anche a
questa VII Assemblea, vi contribuiscano con riflessioni arricchenti e con proposte capaci di dare per
davvero nuova linfa alla nostra forma vitae.
È tempo di discernimento! “Signore, aiutaci a convertirci! Dona a tutti noi la grazia del vero
rinnovamento! Non permettere che la tua luce in
mezzo a noi si spenga! Rafforza tu la nostra fede,
la nostra speranza e il nostro amore, perché possiamo portare frutti buoni!” (Benedetto XVI, Omelia
per l’Apertura dell’XI Assemblea del Sinodo dei
Vescovi, 2 ottobre 2005).
Fr. José Rodríguez Carballo, ofm
Ministro generale
I francescani e l’evangelizzazione nell’Europa di oggi
Inserto al Notiziario -
XV
Inserto del numero 112 del Notiziario
della Provicnia Minoritica di Cristo Re dei Frati Minori dell’Emilia-Romagna,
dicembre 2005
XVI - Inserto al Notiziario
I francescani e l’evangelizzazione nell’Europa di oggi