Orizzonte Perduto

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Orizzonte Perduto
James Hilton
Orizzonte Perduto
Un aereo pilotato da un Indiano o un Afgano scompare con a bordo tre uomini e una suora missionaria, ma
non atterra da nessuna parte.
O forse atterra al di là delle terre conosciute, oltre le montagne più alte: valli fertili e monasteri
dall’architettura armoniosa «con la grazia di petali floreali sparsi su una rupe rocciosa», di tribù dalle facce
amichevoli e dai dialetti misteriosi.
Come duemila anni prima le colonne d’Ercole, ora le vette dell’Himalaya e gli altopiani del Tibet sembrano
voler nascondere le origini di altri miti.Shangri-La esiste in mezzo all’Asia e nella fantasia, a stimolare il
desiderio di confrontarsi con l’ignoto, con le infinite possibilità offerte da limiti solo apparentemente
invalicabili. Hilton crea un non luogo che nel tempo è diventato meta da raggiungere, magari immaginaria,
uno scopo.
Un’utopia che giustificasse un’azione anche forzata, ma decisa, con un obiettivo ben preciso: abbandonare
le certezze, rompere con gli schemi di una società che si subisce. Ma questa forse è una lettura che si fa a
posteriori. Non volendo negare a Hilton addirittura di avere gettato le basi di tutto quel movimento che
avrebbe portato negli anni sessanta giovani di tutto il mondo a confrontarsi con culture diverse, spiritualità
diverse, e diverse scelte di astrazione. L’intenzione dell’autore però era forse un’altra.
Il protagonista, Conway, è molto più vicino al Mr Gatsby di Fitzgerald, o all’addio alle armi hemingwayano,
che non ai freaks di Pokhara e Kathmandu; più in sintonia con la cosiddetta lost generation, giovani sconfitti
nell’anima dalla loro stessa umanità, da un a guerra mondiale vinta sul campo.Quattro anni sul fronte
occidentale, e una delle personalità migliori d’Inghilterra si perde nelle devastanti contraddizioni che solo una
guerra può riversare su un individuo.
Alla fine solo in apparenza Conway ha tutte le caratteristiche per essere l’uomo giusto a Shangri-La: non
bastano il suo modo di essere distaccato dalle persone e dagli eventi, la passione e il carisma del
predestinato ovunque si trovi, nessun affetto da lasciare.
Saggi e uomini e donne di cultura abitano Shangri-La. Di età indefinibile, di origini e religioni diverse, dediti
soprattutto allo scambio reciproco e alla conservazione delle loro conoscenze.
Tutto sembra essere perfetto. « Se dovessi dirvelo in breve potrei definire la nostra principale credenza così:
moderazione. Inculchiamo la virtù di evitare eccessi di qualunque specie, persino, perdonatemi, il
paradosso, eccessi di virtù ». E’ questo alla fine ciò che davvero Conway desidera? Abbandono, sintesi delle
emozioni, innalzamento e conservazione delle migliori capacità umane in uno spicchio di mondo avulso dalla
realtà, dal confronto con le miserie e le depravazioni. Dal confronto con la vita. Davvero Conway dopo
essere stato diplomatico di successo ma anche carne da macello, ha voglia di essere moderatamente uomo,
fosse anche per duecento anni?Oppure è stato solo un sogno, la voglia di crearsi un universo parallelo e la
voglia di raccontarlo? Un’illusione. Se non fosse per quelle note di Chopin mai sentite prima, che un allievo
del maestro, conosciuto chissà dove oltre le montagne più alte, continuava a suonare fra le mura di ShangriLa, come ora lui, su un cargo a vapore, che riporta «gli occhi più del colore blu di Cambridge che di quello di
Oxford» verso un ’orizzonte qualsiasi nel golfo di Siam, verso la riappropriazione di se stessi.
E in un manoscritto una storia che sarà credibile solo per la famosa ragione di Tertulliano –ricordi? - quia
impossibile est.Sellerio ha ripubblicato nel 2006 “Orizzonte perduto”, scritto da Hilton nel 1933 (Lost
Horizon), e da cui Frank Capra ha tratto nel 1937 un film giunto in Italia con il titolo di “Shangri-La”, che ha
contribuito in modo determinante a creare il mito di questa magica e misteriosa città.
Michele Castelvecchi
James Hilton
Orizzonte Perduto
Sellerio
€ 10,00