«Un unico degno crïmïnoso»

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«Un unico degno crïmïnoso»
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Le
motivazioni defia sentenza di condann a a 3 anni e 6 mesi agli ex ve ci
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IN CENTOSESSANTA PAGINE I GIUDICI
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Per i giudici realizzato «il disegno criminoso degli ex vertici di
di TOMMASO STRAMBI
«MUSSARI, avvocato, già presidente della Fondazione Mps e presidente dell'Abi» era «perfettamente in grado di comprendere le ragioni per le quali Nomura gli stava
chiedendo il suo assenso all'operazione, assumendo un ruolo esecutivo e determinante».
Lo scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza del processo su
Alexandria. In centosessanta pagine i tre giudici del collegio che, lo
scorso 31 ottobre, hanno condannato l'ex presidente di Rocca Salimbeni, l'ex direttore generale, Antonio
Vigni, e l'ex capo dell'area finanza
Gian Luca Baldassarri a 3 anni e 6
mesi di reclusione, argomentano le
ragioni per cui «sia stata raggiunta
la prova della penale responsabilità
degli imputati».
In particolare i giudici riconoscono che, «nonostante l'indiscutibile
competenza tecnica di Gianluca
Baldassarri che lo rendeva il soggetto che più degli altri dominava e poteva plasmare l'alchimia finanziaria», Mussari e Vigni «erano perfettamente a conoscenza dei dettagli
delle operazioni e della ratio economica che le legava le une alle altre».
Il riferimento è al famoso mandate
agreement ritrovato il 10 ottobre
2012 nella cassaforte all'interno di
un locale comunicante a quello che
era stato l'ufficio dell'ex direttore
generale Vigni sino al gennaio precedente, quando era stato sostituito dall'attuale amministratore delegato Fabrizio Viola. Il contenuto
del mandato a Nomura per la ristrutturazione del prodotto Alexandria, appunto il cosiddetto mandate agreement - riconoscono i giudici nelle motivazioni della sentenza
- era essenziale alla comprensione
degli impegni che banca Mps aveva preso con l'istituto giapponese,
e il suo occultamento ha impedito
a Bankitalia di valutare la reale por-
Gli aw'x dei tre imputati
hanno già annunciano
di fare ricorso in Appello
tata di quella ristrutturazione sul
bilancio del Monte.
Il mandate, scrivono ancora i giudici, «recava in sé una indiscutibile
valenza patrimoniale e finanziaria,
potendo incidere sull'iscrizione iniziale a conto economico del fair value della componente Repo all'interno dell'operazione Btp 2034» e
«la stessa presenza di un costo di sostituzione dei sottostanti di Alexandria posto a carico del Monte dei
Paschi di Siena in base alle pattui-
zioni intercorse nel mandate agreement - almeno pari all'importo di
220 milioni di curo concordato con
il settlement value - tenuto conto
della sua incidenza sul conto economico e sul risultato di esercizio, rappresentava un fatto di indubbia rilevanza per la Banca d'Italia, comportando di conseguenza che il bilancio, non esponendo i predetti costi, non fosse rappresentativo della
reale situazione patrimoniale e finanziaria della banca». «Risulta di
conseguenza univocamente smentita - secondo i giudici - la linea difensiva degli imputati sulla perdita
di significato del mandate a seguito del raggiungimento dell'accordo
sul compenso con Nomura». Secondo il Tribunale di Siena, Mps
avrebbe dovuto consegnare il mandate all'autorità di vigilanza «secondo un criterio che trova la sua fonte
nella stessa richiesta, legittimamente proposta, al soggetto vigilato sul
quale grava un dovere di leale collaborazione». Pertanto «l'aver nascosto» il mandate agreement alle autorità di vigilanza «non può essere
frutto di coincidenze, disattenzione, fraintendimenti e negligenza,
ma risponde al disegno criminoso
degli imputanti». I quali, subito dopo la sentenza del 31 ottobre scorso, attraverso i propri legali annunciarono che - dopo il deposito delle
motivazioni - avrebbero presentato ricorso in Corte d'Appello.
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