Rassegna stampa 14/06/2015
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Rassegna stampa 14/06/2015
INDICE RASSEGNA STAMPA Si gira in Toscana Nazione Pistoia 14/06/2015 p. 4 La troupe di Virzì a Villa Forteguerri Due giorni di riprese per il nuovo film 1 Nazione Pontedera Valdera 14/06/2015 p. 23 Reality, nuove sorprese C'è anche la Rettondini 3 Segnalazioni Nazione Grosseto 14/06/2015 p. 13 E arrivò il giorno della «Chiamata alle arti» Tirreno Pontedera Empoli 14/06/2015 p. VIII I Taviani in festa: cittadinanza onoraria e premio "David" Nilo Di Modica 5 Repubblica 14/06/2015 p. 36 Officina Garrone Giuseppe Videtti 7 Indice Rassegna Stampa 4 Pagina I La troupe d V rz i i i V a 0 ifi e glomi dï riprese per il nuovo film I cl e ce leb re regista lívomese nei g iardìnì dì Spazzavento GRIDANDO frasi prive di senso apparente, un gruppo di donne corre nel giardino di Villa Forteguerri per raggiungere un bus, del Copit, fermo lungo la strada. «Ok stop!». Una delle scene dell'ultimo film di Paolo Virzì è cosa fatta. Sotto con le altre. Fra il palazzo secentesco e i vivai di Spazzavento, il regista di perle come «Ovosodo», «Tutta la vita davanti», «Tutti i santi giorni» è stato impegnato in due giorni di ciak, dalla mattinata di venerdì al primo pomeriggio di sabato. DOPO l'ultima trasferta brianzola de «Il capitale umano», aveva rassicurato: «Ho idea di girare il più possibile in Toscana». E per la prima volta ha fatto tappa anche a Pistoia, città che negli ultimi anni ha ospitato le riprese di altri film e sceneggiati tv. Pare una società pratese fondata dalla famiglia Nutini. Le «due belle» sono Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi, presenze consolidate nei lavori del regista livornese. Da anticipazioni sul film, interpretano due donne dai caratteri molto diversi e dalle condizioni sociali opposte, che si conoscono in una clinica psichiatrica. Beatrice, sedicente miliardaria interpretata dalla Bruni Tedeschi, ci mette poco a stringere un rapporto con la misteriosa Donatella, interpretata dalla Ramazzotti, e insieme a lei fugge dalla clinica per scorrazzare «in questo manicomio a cielo aperto - parola di regista - che è oggi l'Italia». Il titolo del film che porterà anche la firma di Francesca Archibugi è tutto un programma: «La pazza gioia». PARTITE, come quasi scontato, da Livorno a metà maggio, le riprese toccheranno altre città toscane e si dovrebbero concludere in tempo per l'uscita prevista in autunno. Quelle a Villa Forteguerri non sono certo passate inosservate dagli abitanti di Spazzavento e dai passanti. Eppure, la presenza della troupe tutto è stata, tranne che invadente. ABBIAMO saputo che sarebbero venuti a girare qualche giorno fa - raccontano ancora Piero ed Elena -. E' venuto anche un ragazzo della produzione a dircelo. Virzì? Ci ha salutati ma non ci siamo fermati a parlare perchè era davvero molto indaffarato. Sono arrivati con tre camion e diversi furgoni. E sono stati tutti gentilissimi. Alla fine delle riprese ci hanno anche offerto i panini avanzati, chiedendo se conoscevamo qualcuno che ne poteva avere bisogno». S.t. 1C 1 «Tutti estre manente gentili Alla fine delle riprese ci hanno offerto i panini» che l'addetto della produzione per la scelta delle location abbia scoperto il palazzo di Spazzavento dopo alcune visite in città, che avrebbero toccato anche gli uffici comunali. PER DUE GIORNI è stato un viavai discreto di una quarantina di persone fra attori, tecnici e comparse, compresa qualcuna reclutata in zona. «C'erano Virzì, quella bellissima attrice che sta con lui, e un'altra... magra e anche lei bella», raccontano divertiti a riprese finite Piero Pasquetti ed Elena Luisi, custodi della villa di proprietà di Si gira in Toscana Pagina 1 MW ï , ' 60 Nel corso Ì rï Ì nella r ï ann ì prates ì NON c'è praticamente pistoiese che, passando da Spazzavanento, non si sia fatto qualche domanda sullo splendida villa seperata dalla strada da un grande giardino. Nome e storia si trovano in quasi tutti i volumi dedicati ai più antichi edifici pistoiesi. Villa Forteguerri fu costruita nel 1679 da Carolus Bernardus de Forteguerris, membro e, probabilmente, architetto della ricca famiglia pistoiese che ha dato il suo nome anche a Liceo classico e biblioteca. L'edificio di Spazzavento è composto da corpo centrale rettangolare e da quattro robuste torri d'angolo sporgenti, munite di finestre e «buche pontaie», a richiamare i canoni dell'architettura militare. Al suo interno contiene numerosi affreschi, all'esterno ci sono un grande giardino e un parco sulla parte posteriore. Negli ultimi decenni la proprietà della villa è stata divisa. Una è rimasta agli eredi dei Forteguerri, l'altra è appartenuta alla famiglia industriale pratese Nutini e oggi è di proprietà di una società da questi fondata. I vivai della villa sono gestiti dalla Giorgio Tesi group. Si gira in Toscana «S GE RA» Nel tondo il regista Paolo Viril. Nelle due foto di Simone Trinci, le riprese di ieri a Spazzavento Pagina 2 Reality, nuove sorprese C'è anche la Rettondini LA VALDICECINA che non ti aspetti, raccontata ed esplorata ciak dopo ciak: si sono svelati ieri pomeriggio, nella sala del Maggior Consiglio di Palazzo dei Priori, i primi contenuti del format «Dall'inferno al Paradiso: tutto ciò che Dante non disse», il reality che vedrà alla regia Giuseppe Racioppi e che filmerà tutta la Valle, dai fondali del Mar Tirreno fino ai gioielli volterrani. L'inizio delle riprese è previsto per la fine di agosto. Del cast, insieme all'attrice Francesca Rettondini, fanno parte tre giovanissimi attori (Giuseppe Panebianco, Claudia Cardia e Silvia Sacchi), mentre una quarta protagonista sarà scelto attraverso un casting, fissato al teatro di Guardistallo per il 4 ed il 5 luglio. Sei puntate in tutto, che si svilupperanno fra piccoli e grandi gioielli dimenticati o poco conosciuti e scorci no- Si gira in Toscana tissimi che hanno fatto la fortuna della Valdicecina. Il format è un progetto sì ancora in divenire, voluto fortemente dall'associazione Recupero e Sviluppo della Valle del Cecina, ma con un obiettivo decisamente chiaro: esaltare i gioielli naturali ed artistici incastonati nella Valle che congiunge il mare al capoluogo etrusco. Durante la cerimonia di presentazione a Volterra, l'associazione ha voluto premiare personalità del mondo sportivo e culturale del territorio. E fra i premiati, c'è anche il regista della Compagnia della Fortezza Armando Punzo. Prima della cerimonia ufficiale nella città etrusca, tutta la troupe del reality si è fermata al presidio permanente fuori dai cancelli dello stabilimento Smith, per dimostrare solidarietà e vicinanza ai lavoratori messi in libertà da venerdì scorso. x Pagina 3 LANCIATA RACCOLTA FONDI PER FINANZIARE FILM SU TE NI vò il giorno della «Chiamata alle arti» TUTTI PRODUTTORI per realizzare un film dedicato a Tiziano Terzani. Oggi alle 18.30 alla Sala Tirreno di Follonica è il giorno della «Chiamata alle arti» per sostenere, tramite una raccolta fondi, la produzione di un film tratto dal libro «Un indovino mi disse». Un'iniziativa di «finanziamento popolare» che fa tappa anche a Follonica, dopo un centinaio di altre serate in tutta Italia. L'ingresso è libero e ognuno potrà fare una donazione a sostegno del progetto. Il regista Mario Zanot - autore di «Anam, il Senzanome», l'ultima intervista a Terzani - presenterà il progetto del film tramite filmati, letture e musica dal vivo per ripercorrere insieme la vita dello scrittore e in particolare il viaggio in Asia raccontato nel libro da cui sarà tratto il film. Lucia Stamani leggerà brani dei libri di Terzani, Marcello Arienti curerà la musica, Rita Balestra condurrà. Alla serata parteciperà anche il gruppo Emergency Costa degli Etruschi: una parte degli incassi del film verrà destinata proprio a Emergency, all'ospedale afghano di Lashkar-gah, intitolato a Tiziano Terzani. nam, Laos, Cambogia, Birmania e Thailandia - spiegano i promotori - e ripercorrerà il viaggio di Terzani alla scoperta del cuore magico dell'Asia, un viaggio che il giornalista fece nel 1993, spostandosi senza mai prendere aerei. Alla sceneggiatura ha collaborato Angela Terzani Staude: è già pronta e partner stranieri hanno mostrato interesse». In Italia, per far conoscere il progetto del film e finanziarlo, è stata lanciata sul web (www.unindovinocidisse.it) una campagna di raccolta fondi: sul sito è possibile contribuire versando pochi euro o cifre più alte. In cambio, chi versa almeno 50 euro vedrà il proprio nome nei titoli di coda del film. Il regista milanese Mario Zanot ha collaborato con Giuseppe Tornatore e Nanni Moretti e nel 2013 ha vinto il David di Donatello per i migliori effetti digitali del film «Diaz» di Daniele Vicari. «IL FILM sarà girato tra Viet- Segnalazioni Pagina 4 I Taviani in festa: cittadinanza onoraria e premio "David" I due fratelli registi riceveranno l'onorificenza il 25 giugno E il giovane Giuliano vince la statuetta come compositore di Nilo Di Modica 1 SAN MINIATO Cittadini onorari nel luogo che li ha visti nascere, crescere e che hanno reso grande nei loro film anche dopo chele peripezie della vita li avevano portati lontano, fra Roma e Cinecittà. Questa l'attesa onorificenza che il prossimo 25 giugno sarà consegnata ai due registi pluripremiati Paolo e Vittorio Taviani dall'amministrazione comunale. Conferimento che arriva in momento particolare per tutta la famiglia Taviani, che da ieri può vantare anche un David di Donatello vinto da Giuliano, figlio di Vittorio e fratello di Giovanna, anch'essa regista e nota al pubblico sanminiatese per il documentario "Il Riscatto". Nato a Rama, Giuliano ha iniziato precocemente una carriera da compositore per film, documentari, corti e spettacoli teatrali. Un percorso che dall'ar- Giuliano Taviani rangiamentojazz lo ha portato anche ad intrecciare la sua attività con quella del padre e dello zio: sue infatti le colonne sonore dei film "La masseria delle allodole", "Cesare deve morire" (già Orso d'Oro a Berlino nel 2012) e "Meraviglioso Boccaccio", ultima fatica dei registi. Ma è con la colonna sonora di "Anime nere" di Francesco Munzi che arriva la consacrazione definitiva, con una doppia statuetta per la miglior colonna sonora e la migliore canzone originale ("Anime nere", interpretata da Massimo De Lorenzo). Una lunga esperienza insomma, che solo in fase "matura" ha voluto dedicare al padre e al fratello. «Solo dopo aver fatto oltre venti colonne sonore mi sono sentito in grado di accettare un'offerta da loro - commenta Giuliamo raggiunto al telefono -. Quella del David è stata comunque una grandissima soddisfazione, indescrivibile». Ed è inevitabile che con il leganie filiale sia nato, malgrado i natali romani, un rapporto particolare con San Miniato. «Il legame con San Miniato e la Toscana è inscindibile: è la casa delle estati e della nostra nonna Iolanda, ce ne portiamo dietro un pezzo ogni giorno - dice- Anche se non avre- ,I, .,1,;; ,f,.«: u «„ ,, -v„w1 ciuzdiumv'am Segnalazioni Pagina 5 I due fratelli registi Vittorio e Paolo Taviani mo la possibilità, purtroppo, di partecipare alla cerimonia della cittadinanza a mio padre e mio zio, la Rocca la rivedrò presto, già in estate». La cerimonia a San Miniato, organizzata con la collaborazione del Centro Cinema Taviani e alla presenza delle autorità e dei due registi, si svolgerà Segnalazioni a partire dalle 17,30 nel palazzo municipale e proseguirà alle 19,30 nell'auditorium di piazza Bonaparte, dove dopo un breve aperitivo sarà proiettato "Meraviglioso Boccaccio", l'ultimo film che ha visto la coppia di registi tornare ancora una volta in terra di Toscana. Pagina 6 n'F_'.11 1II i el Io te,15o p a 'rA Y 10 1 C: er1o si )ne `Sono attratta dalle persone borderline. Provo affinità con chi non ha sfondato nella società. Quel che più mi interessa èlegittimare la loro esistenza" MaryElle nMark, fotografa (1940-2015) Segnalazioni Pagina 7 G I U S EPPE VI DETTI ROMA ENT'ANNI FA, DI GIUGNO, ESTATE PRECOCE. La campagna romana, ai bordi di periferia, è una savana. Il giovane pittore è in cerca di materiali per le sue opere. In mezzo al nulla, in quel paesaggio sospeso - miraggio - un quadro già dipinto nella caligine. Puttane nigeriane superbe nei loro turbanti, fasciate di colori sgargianti. Una, seduta su una poltrona abbandonata, si ripara sotto un ombrellino, le altre le ronzano intorno come comparse in pausa sul set di una processione tribale. Tutt'intorno umanità che va e viene: rallenta, sbeffeggia e sgomma; si ferma, contratta e si apparta. È la sua prima favola, con tanto di regina, principesse, cortigiani, miserabili e buffoni. Immediata la voglia di filmare, l'intuizione del cineasta fa presto a diventare ossessione. «Rimasi folgorato da quella scena assolutamente cinematografica», racconta oggi Matteo Garrone, il regista che quest'anno ha entusiasmato Cannes con una vera favola, Il racconto dei racconti. «Marco Onorato, il compagno di mia madre, direttore della fotografia di tutti i miei film, mi aveva regalato della pellicola, sei pizze di super 16 che conservavo in frigo. Filmai una giornata di quelle prostitute e mi autoprodussi un corto, Silhouette, che presentai alla prima edizione del Sacher Festival di Nanni Moretti. Lì iniziò quel rapporto di empatia che sempre ho coi miei personaggi. Quando li racconto gli sono accanto, non li giudico né li guardo dall'alto. Stabilisco con loro una relazione, ci convivo, ci soffro». Vinse il Sacher d'oro. Il pittore si disintegrò tra le sterpaglie dell'agro romano. «Smisi di dipingere, non è cosa che potrei fare nei weekend». Men che meno adesso che Il racconto dei racconti è stato venduto in quasi cinquanta paesi, ma già dopo l'exploit conL'imbalsamatore, o dopo il clamore di Gomorra, che con quel tripudio di Awards l'ha catapultato nelle zone alte di quella cinematografia internazionale che può contare su produttori illuminati come Jeremy Thomas (L'ultimo imperatore, Il piccolo Buddha), ricercati compositori come Alexandre Desplat (fresco dell'Oscar per la colonna sonora di Gran Budapest Hotel) e star hollywoodiane come Salma Hayek, che pur di esser "Regina di Selvascura" nel Racconto dei rac- Segnalazioni Pagina 8 conti si è ridotta il cachet. Padre critico teatrale, Nico Garrone (Nicola, il figlio di sei anni, porta il nome del nonno), prematuramente scomparso nel 2009, subito dopo il trionfo di Gomorra a Cannes; mamma fotografa, Donatella Rimoldi, figlia dell'attore Adriano, divo del dopoguerra (I bambini ci guardano di De Sica): nutrirsi d'immagini è un vizio di famiglia. «Da bambino disegnavo incessantemente, poi liceo artistico, accademia, tanta pittura», dice vagando nell'ufficio stracolmo della sua storia e delle sue storie negli Studios di Roma. È un ragazzo riservato, introverso, timido, pensoso, non parla come un libro stampato. In un angolo, di fronte alla scrivania, una power tower in cui da ex tennista si tiene in forma-pettorali, addominali, tricipiti, bicipiti, spalle, dorsali. «Qui avevo cinque anni», dice mostrando un tenero storyboard ricavato da un foglio 3x3 e firmato col palindromo del suo nome, Oettam. «Questo Mangiafuoco è il disegno che mio padre amava di più». Incorniciato c'è anche un Pinocchio, e un disegno più complesso, assai pop, mezzobusto sagomato con linee di colore che sembra il manifesto di un concerto rock al Fillmore West. «Qui avevo otto anni», mormora. A che età ha deciso che il cinema sarebbe stato il suo futuro? «Decisamente tardi, a ventisei anni. Da adolescente non avevo dubbi: farò il tennista. L'arte è stata la mia ancora di salvezza quando ho fallito nello sport; la disciplina c'era, forse non ero sufficientemente determinato. Andai anche negli Usa verso i diciassette anni, sicuro che li avrei trovato la mia strada a livello agonistico. Mio padre era disperato, non leggevo un libro neanche sotto tortura. Era arrivato al punto di offrirmi delle paghette per ogni romanzo che avessi terminato. Poi quando fu chiaro che non sarei stato il campione che sognavo, di fronte alla prospettiva di diventare maestro di tennis a vita, iniziai a lavora- re nel cinema come aiuto operatore e fotografo di scena, molte foto con mia madre, infine pittore, suggestionato da Caravaggio, Rembrandt, Velázquez, Goya e, successivamente, Bacon». Papà, che ben conosceva le insidie e le strade in salita di questo mestiere, cercò di porre un freno al suo entusiasmo iniziale? «Mai. Anzi, mi ha aiutato. Estate romana, che girai nel 1999 in una capitale impacchettata dai cantieri del Giubileo, è un omaggio al teatro underground degli anni Settanta, con interviste che aveva fatto mio padre a personaggi come Benigni e Memè Perlini. Nella mia formazione ci sono le interminabili serate passate a teatro, le cene con gli amici registi, attori, scrittori e poeti come Elio Pagliarani e Valentino Zeichen. Ho loro in mente quando scrivo e giro, il teatro che ho conosciuto con papà, la pittura e quel cinema che mi ha avvicinato alla letteratura. È stato vedendo i film di Bergman che sono diventato un lettore vorace e appassionato. Il primo libro? A diciannove anni, la biografia di Che Guevara». Era certo consapevole che le risorse del nostro cinema erano allo stremo dopo i fasti dei Rossellini, De Sica,Visconti, Fellini, Pasolini... «Non mi sono posto il problema, ho sempre seguito un percorso indipendente. Poi c'è stato il successo di Gomorra, quasi mio malgrado. E ho avuto la fortuna di avere un interesse da parte di distributori esteri, potendo investire senza restare asfissiato in un ambiente claustrofobico». "Il racconto dei racconti- è un film da dodici milioni, ma anche un progetto inusuale, inquadrarlo in qualsiasi genere-favola o fantasy-può solo creare malintesi. «Guardandolo in sala, montato, mi sono reso conto che invece è un film d'autore, molto meno facile di quanto mi aspettassi. Ma ha appena ini- Segnalazioni ziato il suo percorso, un po' presto per tirare le somme. L'entusiasmo che ha generato a Cannes resterà per me un ricordo indelebile, non sempre è così, neanche coi film precedenti, neanche con Gomorra. Credo di aver fatto bene a prendermi tutti questi rischi esplorando un territorio che mi era familiare a livello emotivo. Volevo misurarmi con un genere diverso, ero sedotto dai racconti magici, dalle potenzialità visive delle pagine secentesche di Basile (Lo cunto de li curati) ». Voleva dare un taglio al passato? «Tutt'altro. L'elemento fiabesco è sempre stato presente in tutti i miei film, pensi a L'imbalsamatore, quello che mi è più caro e che avevo sempre davanti agli occhi durante la lavorazione del Racconto dei racconti. Basile mi ha offerto un mare di possibilità e tanta ironia - che sempre rafforza la dimensione tragica». Da dove è partito per trasportare i paradossi della società quattrocento anni indietro? «Dai Capricci di Goya, dal grottesco, dalla descrizione di un'umanità deforme, dai maestri che hanno saputo raccontare in una stessa opera il tragico e il comico. Le fiabe hanno sempre parlato di noi. Non è materia per l'infanzia, nel Seicento non esistevano libri per bambini». L'amore per personaggi come l' ° alsaatore va oltre la curiosità documentaristica, è il tentativo di legittimare l'esistenza chi vive ai margini e solo la cronaca porta alla ribalta. «È la mia storia di regista, fin dall'inizio. Sono affascinato da situazioni reali che ai miei occhi appaiono fiabesche, quasi fantascientifiche, anche quando parlo di migranti e prostitute». Sono quelle le situazioni che hanno condizionato la scelta delle ambientazioni future, ne "L'° alsamatore" come nel "Racconto dei racconti"; i luoghi sono scorci fantastici d'Italia sopravvissuti alle devastazioni del modernismo o sfregiati dalla speculazione. «In un caso e nell'altro il paesaggio diventa protagonista della storia. L'imbalsamatore è un noir, dove al posto di una bionda fatale c'è un boy fatale: ho cercato delle location sospese, metafisiche, un altrove indefinito. Il Villaggio Coppola mi sembrò perfetto. In Gomorra ogni personaggio è legato a un paesaggio, le vele di Scampia o quella zona del casertano a ridosso del mare. E la storia che mi suggerisce l'ambientazione». Non è mica un caso che sia toccato a lei portare "Gomorra" sul grande schermo. «Ho letto il libro appena uscito, prima che diventasse un best seller e un caso. Era giugno, come adesso, il 2006, quando incontrai Saviano. Iniziai a lavorare con lui poco tempo dopo, agli inizi 1 I . 19 1, 1 di settembre, poco prima che andasse a Casal dei Principi e ricevesse la prima minaccia di morte. Anche lì furono le immagini e la forza dei personaggi a colpirmi. Era un mondo che aveva a che fare con degli archetipi, come nelle fiabe, e con una realtà che era una metarealtà. Infatti apro il film con una scena che sembra fantascienza, quella nel solarium; quando i due ragazzini vengono portati via con la ruspa pensavo a Che cosa sono le nuvole? di Pasolini (i due burattini - Totò e Ninetto Davoli-vengono buttati nella discarica dal monnezzaro Modugno). Adoro il modo in Pagina 9 cui Pasolini ha trattato la materia fiabesca nei suoi film brevi: La terra vista dalla luna, Che cosa sono le nuvole?, La ricotta». Le ha cambiato la vita "Gomorra"? «Mi ha semplicemente aiutato a realizzare il film successivo. Il nostro mestiere, che è strettamente connesso all'industria, ha bisogno di fondi per esistere. Un successo è garanzia di finanziamenti. Ma mi ha anche disorientato - un anno a inseguire proiezioni in ogni parte del mondo mi ha allontanato da me stesso, ci ho messo un po'per ritrovare la concentrazione per il passo successivo. Ha lasciato un segno, come tutti i film; un viaggio, solo più lungo degli altri». I trionfi creano sempre aspettative che rischiano di limitare la libertà degli artisti. «Tutti col fucile puntato: se resti fedele alla tua cifra non fai che ripeterti, se tenti un rinnovamento non sei più te stesso. Ma questo non è mai stato un vero problema, non puoi dar peso a chi critica il cambiamento». Nel cinema, come in musica o in teatro , c'è l'ossessione di un esplicito riferimento al sociale. Qualcuno ha considerato un limite l'approccio non ideologico del suo ultimo film. «Ma il sociale - glielo dice un regista che ce l'ha a cuore - deve passare per una visione, altrimenti è un'operazione opportunistica che sfrutta personaggi e situazioni a proprio vantaggio. Io parto dall'essere umano e dai suoi conflitti all'interno di certi mondi, e dal linguaggio. Di cosa parlo? Di desiderio, della spinta degli estremi che diventa ossessione. Non li trova temi attuali?». La televisione a volte lo fa in maniera volgare e spregiudicata , brutale persino . Nei reality ad esempio . Un mondo che lei ha esplorato. «Il grande equivoco di Reality è stato quello di essere interpretato come un film sulla tivù e Il CrandeFratello. In realtà il mio approccio è ancora una volta umanistico, legato al viaggio mentale di un uomo e alla sua psicosi, il desiderio di evadere dalla realtà per inseguire l'effimero. Lo spunto è arrivato da una storia realmente accaduta in famiglia, al fratello della mia compagna, che ha venduto tutto e donato ai poveri convinto di essere spiato dagli autori del programma televisivo che volevano testarne l'idoneità. Mi è sembrata una fiaba moderna con molto Eduardo dentro. E un film che, più in là, slegato dalla stretta attualità, troverà una seconda giovinezza, un film a rilascio lento, come Il racconto dei racconti». Il triunvirato con Moretti e Sorrentino a Cannes ha scatenato un inevitabile totopalma e successivamente una gara al botteghino che non l'ha favorita . Ci ha sofferto? «No. Siamo tutti e tre molto individualisti, non ci casco in quei tranelli. E neanche ci sto male, perché ognuno di noi segue percorso, segno e poetica assai ben definiti». Curioso, con Sorrentino abitate a Roma nello stesso condominio di Piazza Vittorio . Se li immagina Pasolini e Fellini che si incontrano nello stesso ascensore? «E tra noi due chi sarebbe Fellini?». Direi Sorrentino... «Non so cosa si sarebbero detti loro in ascensore. Io, soprattutto nel periodo dell'Oscar, in ascensore evitavo proprio di incrociarlo. Diciamo che non siamo da pacche sulle spalle. Ma la competizione è sana. Da ex sportivo penso sia uno stimolo, una spinta a fare meglio». Per il prossimo film in che direzione andrà? «Chi lo sa? Sfoglierò il quaderno in cui appunto le storie che mi restano impresse e i generi che vorrei esplorare. Difficilmente mi allontanerò dall'umanità dei personaggi e dei loro conflitti, magari facendo qualcosa che nessuno ha fatto prima. Mi sento sempre il pittore che cerca il proprio segno davanti alla tela bianca, anche quando si appresta a trattare una materia abusata come una parabola dei Vangeli». t,,,tXZ`39í,1 ai, •?áT i< Pv td '» 6 GeAp_a#t - g` C .,:-ío +aqs, i Pp P N2iád4is3d\ Segnalazioni Pagina 10