Toppo Daguzzo - Precedente versione del sito

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Toppo Daguzzo - Precedente versione del sito
CONSIGLIO REGIONALE
DI BASILICATA
SCHEDE DI
DOCUMENTAZIONE
UFFICIO DEL
SISTEMA INFORMATIVO
di Alfonsina Russo
La Preistoria
L’AVVIO DEI RAPPORTI CON IL MEDITERRANEO ORIENTALE. PRESENZE MICENEE IN BASILICATA
Il sito di Toppo Daguzzo
L’insediamento antico di Toppo Daguzzo si sviluppa, a partire dal II millennio a.C., su una collina
ubicata allo snodo tra l’itinerario che risale, attraverso la valle del Bradano, dalla costa ionica, e l’altro,
transappenninico, costituito dai corsi dei fiumi Ofanto e Sele. Il sito è collocato dunque in una posizione
topografica privilegiata, dominante importanti vie di comunicazione e, al tempo stesso, i fertili terreni coltivabili
della valle dell’Ofanto; peraltro, esso si configura come un luogo naturalmente fortificato, caratteristica
ulteriormente potenziata, fin dalla più antica fase di frequentazione risalente all’Eneolitico, dalla costruzione
di un fossato e di un muro, posti a protezione dell’abitato.
Le campagne di scavo sistematiche, condotte a partire dal 1980 su un’ampia area di Toppo Daguzzo,
hanno permesso di acquisire dati significativi su numerosi aspetti culturali e socio-economici delle comunità
che si sono susseguite nel sito. Sin dai più antichi momenti di vita, la parte centrale dell’acropoli non si
caratterizza come una normale area abitativa, ma, priva di costruzioni, quale luogo destinato ad attività
collettive o, comunque, ad altri scopi specifici. Dopo uno iato cronologico di alcuni secoli, durante il quale
non è ancora chiaro quale evoluzione abbia subito il sito, si realizza una serie di tombe monumentali,
disposte in posizione topografica emergente rispetto al coevo abitato esteso, al contrario, lungo le pendici
della collina. La prima sepoltura, costituita da una struttura ipogea a due vani con lungo corridoio di
accesso, è stata manomessa in epoca romana e risale, in base ai pochi reperti individuati, al Protoappenninico
B (XVI-XV sec. a.C.). La seconda è una tomba a fossa collocabile cronologicamente allo stesso orizzonte e situata a pochi metri di distanza dalla precedente.
La terza, infine, è costituita da un’ampia camera sotterranea, scavata nel banco tufaceo, con un lungo
corridoio (dromos) d’ingresso in parte a cielo aperto. Quest’ultima, risalente alla media età del Bronzo,
più precisamente tra la seconda metà del XV sec. a.C. e gli inizi del XIV sec. a.C., risulta particolarmente
significativa per la comprensione delle strutture sociali della comunità e dell’ampiezza e della complessità
dei rapporti sviluppatisi in questo periodo tra le genti insediate in Italia meridionale e quelle del Mediterraneo orientale.
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Il tipo di tomba a camera, piuttosto raro nell’età del Bronzo in Italia meridionale, in alcune caratteristi- Scheda 6
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che strutturali, trova contronti con le sepolture a camera micenee e con altri esempi di tomba attestati a
Creta.
All’interno della camera si rinvennero i resti, in pessime condizioni, di una decina di individui privi di
corredo; ad una ventina circa di centimetri di profondità si individuò un secondo strato con una situazione
completamente diversa: la camera infatti era suddivisa in due parti mediante una tramezzatura lignea. Nel
primo vano, destinato esclusivamente a cerimonie funebri, era stato collocato un focolare, accanto al quale
era abbondante ceramica e ossa di animali. Nel secondo ambiente erano undici defunti, allineati e collocati
in posizione supina, tranne due deposti rannicchiati; si tratta di sei uomini, connotati come guerrieri, di
quattro donne, quasi tutte provviste di ornamenti, e un bambino. Un gruppo di vasi in ceramica era deposto ai piedi della deposizione infantile, ed era costituito da una brocchetta attingitoio, da una tazza carenata
all’interno della quale era collocato un boccaletto; una piccola pisside globulare in impasto nero lucido era
invece nella mano destra di una delle defunte. A questi vasi si possono aggiungere alcuni frammenti di
ceramica micenea rinvenuti nel corridoio d’accesso alla tomba a camera. I primi tre vasi costituivano un
vero e proprio servizio per bere e mangiare, deposto forse in relazione all’intero gruppo familiare, mentre
la pisside faceva parte del corredo personale di una defunta ed era destinata a contenere unguenti e
profumi e costituiva, dunque, uno degli accessori da toletta. Tre dei sei guerrieri erano connotati da un’arma singola costituita da una daga bronzea, mentre gli altri tre indossano una serie di armi, rappresentata da
pugnaletti e, in un caso, da una cuspide bronzea di giavellotto. Alcuni esemplari di armi, rinvenuti nella
tomba di Toppo Daguzzo, trovano precisi confronti con produzioni metallurgiche tipiche dei centri dell’Egeo, confermando la fitta rete di rapporti intrattenuti da quest’area dell’Italia meridionale con il mondo
miceneo.
Gli ornamenti che connotano le sepolture femminili sono tutti importati: si tratta di un vago in cristallo di
rocca, di perline in pasta di vetro e in ambra. Il cristallo di rocca è un quarzo trasparente che gli antichi
ritenevano acqua ghiacciata da millenni e al quale attribuivano valenze magiche; esso, insieme alla corniola,
è una delle pietre semipreziose più diffuse durante il periodo miceneo, mentre più tardi saranno preferiti
ametista e lapislazzulo. Alcuni studiosi pensavano che il cristallo di rocca fosse un prodotto importato già
lavorato dall’Egitto, ma ora si è visto che esiste allo stato naturale sia in Grecia che in Italia, soprattutto
settentrionale. Le paste di vetro, in questa fase cronologica, sono importate dall’area egea, mentre l’ambra
proviene dall’Europa settentrionale (dall’area baltica) lungo la via adriatica. La diffusione degli oggetti in
pasta vitrea è stata collegata al traffico dell’ambra che circolava attraverso una “catena di prestigio” di
scambio di doni che si estendeva attraverso l’Europa e della quale la società fiorita in Grecia, nei centri
micenei, con i suoi re e principi, costituiva l’anello finale.
La tomba di Toppo Daguzzo, con le sue caratteristiche strutturali, l’articolazione in due vani di cui uno
destinato al cerimoniale, con il suo rigoroso rituale funerario e gli oggetti di corredo, alcuni dei quali importati e rari in questo periodo e in quest’area culturale, sembra voler esprimere una netta distinzione del
gruppo familiare che vi è inumato rispetto al resto della comunità. Si tratta infatti di un’aristocrazia guerriera
che riserva all’intero nucleo familiare, uomini, donne e bambini, un trattamento adeguato al rango con
ornamenti preziosi e armi prestigiose. E’ probabile che l’emergere di gruppi dominanti sia provocato
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Scheda 6 anche dal contatto con il modello più complesso proprio dei centri micenei, che avrebbe di fatto indotto
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mutamenti a lungo termine nella struttura sociale delle comunità indigene insediate in Italia meridionale.
Il sito di Termitito
La fascia costiera ionica ha restituito una serie di insediamenti, riconducibili alla media età del Bronzo,
che si caratterizza per la scelta di siti collocati in posizione strategica dal punto di vista topografico, in
quanto difesi naturalmente, posti a controllo delle vie fluviali e adiacenti ad estese pianure fertili. Si tratta di
San Vito di Pisticci, di Anglona, di Tursi e di Termitito di Scanzano Ionico. Le testimonianze archeologiche
restituite da quest’ultimo centro, indagato a partire dal 1980, permettono di riscostruire le modalità insediative,
lo sfruttamento delle risorse economiche e la serie di rapporti intrattenuti dalle genti insediate in quest’area
con i naviganti provenienti dai centri di cultura micenea, e più in generale, dal Mediterraneo orientale.
L’insediamento di Termitito è ubicato sulla destra del basso corso del Cavone, su uno dei terrazzi
marini che dominano la piana costiera e l’ampio letto del fiume. L’area insediativa è estesa appena un
ettaro, tuttavia sul lato meridionale essa è collegata alla piana fertile dalle notevoli potenzialità agricole. La
frequentazione del sito si intensifica nelle fasi del Bronzo recente e finale (XIII-XI sec. a.C.) con un abitato
esteso su tutto il pianoro costituito da nuclei di capanne costruite in materiale deperibile. Di queste se ne è
individuata una, di notevoli dimensioni (circa 10 m. di diametro), sul margine nord-occidentale della collina: strutturalmente si tratta di una enorme vano ipogeo, che fungeva da magazzino per le riserve alimentari,
su cui era collocato un pavimento ligneo, le pareti e il tetto in argilla, paglia e legno. All’interno del deposito
sotterraneo si rinvennero molte forme in impasto e in ceramica fine di produzione italo-micenea, utilizzate
prevalentemente quali contenitori di derrate, un fornello mobile, due probabili pesi, strumenti d’uso e
ornamenti in bronzo. La grande capanna sembra distinguersi dalle altre strutture abitative sia per caratteristiche strutturali sia per collocazione topografica, essendo costruita in posizione topografica privilegiata.
Inoltre, le notevoli capacità di accumulo delle risorse agricole, sottolineate dalle dimensioni del magazzino
ipogeo, indicano il prestigio del proprietario della grande capanna, probabilmente detentore di tutto il
surplus agricolo e con un ruolo politico eminente all’interno della comunità. La capanna si identifica dunque
nella residenza del capo della comunità, l’unico in grado di intrattenere rapporti anche con interlocutori
esterni in quanto posto a controllo delle risorse disponibili e della conseguente attività redistributiva.
Durante le fasi finali dell’età del Bronzo e il successivo passaggio all’età del Ferro l’abitato conosce una
netta trasformazione con una distruzione violenta della capanna e l’abbandono di tutte le altre strutture
coeve.
Per saperne di più:
M.CIPOLLONI SAMPO’, La stratigrafia di Toppo Daguzzo e problemi relativi ai contatti culturali
tra le due sponde adriatiche durante l’età del Bronzo e la prima età del Ferro, in “L’Adriatico tra
Mediterraneo e penisola balcanica”, Taranto 1983, p. 51 ss.
EAD., La tomba tre dell’acropoli di Toppo Daguzzo (Potenza). Elementi per uno studio preliminare,
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in Annali dell’Istituto Orientale, Archeologia e Storia Antica, VIII, 1986, p. 1 ss.
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SISTEMA INFORMATIVO
A. DE SIENA, Termitito; campagna di scavo 1982, in Atti del XXII Convegno di studi sulla Magna
Grecia, Taranto 1982, pp. 125-131.
ID., Metapontino: strutture abitative ed organizzazione territoriale prima della fondazione della
colonia achea, in “Ricerche sulla casa in Magna Grecia e Sicilia”, Atti del Colloquio di Lecce 1992,
Galatina 1996, p. 161 ss.
FONTI ICONOGRAFICHE:
M.CIPOLLONI SAMPO’, La tomba tre dell’acropoli di Toppo Daguzzo (Potenza). Elementi per
uno studio preliminare, in Annali dell’Istituto Universitario Orientale, Archeologia e Storia Antica, VIII,
1986.
A. DE SIENA, Termitito; campagna di scavo 1982, in Atti del XXII Convegno di studi sulla Magna
Grecia, Taranto 1982.
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