Il respiro della luce
Transcript
Il respiro della luce
Il respiro della luce di Beatrice da Vela 1. Non è più lo stesso amore Stephen “Sono esausto, me ne vado a letto” annuncia Alon, mentre rientriamo in casa dopo l’ennesima nottata spesa fuori. Ancora devo capire come fai a tornare a casa alle tre di notte per alzarti poi di buon ora la mattina ed avere la forza di andare in palestra, a correre o a nuotare. Non abbiamo cominciato neanche da due settimane ed io sono già ridotto ad uno straccio. “Domani mattina vai a correre?” gli domando, come se non sapessi già la risposta. Non si può dire che tu sia un tipo imprevedibile; in nove mesi di convivenza conosco a memoria tutte le tue abitudini: dal modo in cui scivoli fuori dal letto silenziosamente, raccogli la tua borsa con la roba da ginnastica, a come lasci il dentifricio strizzato male. Riesco a capire i tuoi stati d’animo da uno sguardo: ma non è una connessione particolare tra noi, è che sei maledettamente trasparente. Anche se fai di tutto per nasconderlo, cerchi di apparire forte ed estroverso. In realtà sei consapevole di non ingannare neanche te stesso. 3 Dai tuoi occhi stanchi leggo un sorriso e tanta dolcezza... a volte mi chiedo come tu faccia a dispensare così tanto amore per chiunque. Sei una persona meravigliosa e questa semplice constatazione, che prima mi faceva battere il cuore, adesso mi getta nel profondo sconforto. Ascolto i tuoi passi goffi tra il bagno e la camera da letto... la prima volta che ti ho visto mi hai solleticato un sorriso bonario e infantile. Sei sgraziato per natura e, nonostante il tuo costante esercizio fisico, i tuoi movimenti restano sempre incompiuti, attenuati. Quando urti qualcosa o inciampi, guardi i presenti con le guance arrossate ed un sorriso timido tra ironia e scusa. E tua madre che ti guarda sempre scuotendo la testa e sussurra a fior di labbra “non è cambiato per niente il mio bambino” Non posso lamentarmi della tua famiglia: tua madre è stata un angelo con me, mi ha accolto come fossi un altro figlio. E così tua sorella e tuo fratello: sei fortunato per il bene che tutti ti vogliono. Te lo meriti. Accendo il mio pc, controllo la posta elettronica: mi è arrivata la conferma del volo di domani sera. Ti ho detto una mezza bugia: che parto per un convegno di lavoro e torno a New York. Ho solo omesso che non ho intenzione di tornare qua da te. Nove mesi da immigrato, nove mesi da turista e da estraneo in uno stato che mi sta troppo piccolo. La camicia mi si è appiccicata addosso, per l’afa soffocante e per il nervosismo. Nella nostra camera fai finta di dormire. Stai con gli occhi socchiusi nell’oscurità, supino: aspetti sempre che venga a letto anch’io per darmi il bacio della buonanotte. O per fare l’amore. 4 Tu non sai cosa sia un pigiama: da Marzo in poi dormi sempre a torso nudo, solo i boxer addosso. Hai dei muscoli scolpiti e potenti: se avessi un temperamento diverso, potresti fare male con facilità. Ma le tue mani non hanno mai picchiato qualcuno. Mi metto la maglia del pigiama e ti raggiungo: nonostante l’aria condizionata questa è stanza è dannatamente calda. Rotoli nel lenzuolo fino a venire contro di me e mi baci sulla bocca: sai di dentifricio e del Martini bianco che abbiamo bevuto dopo lo spettacolo. Ti passo una mano tra i capelli corti e ispidi, tu mi stringi forte a te, mentre una mano scende a cercare le mie gambe. “Sono stanco morto” ti dico, cercando di non lasciarmi trascinare dall’eccitazione. Fare l’amore adesso renderebbe tutto ancora più complicato. “Dai, yankee” mi stuzzichi, una mano calda tra le mie gambe. “Una cosa veloce” Strusci il tuo naso grande contro il mio. “Stasera no” rispondo deciso, abbracciandolo. “Per una volta potresti non andare a correre domani mattina?” gli sussurro all’orecchio. “Vorrei stare un po’ con te” “Come vuoi, amore mio. Ma di solito tu dormi ancora quando mi alzo per andare a correre” Appoggi la testa sul mio petto, in cerca di carezze. “Mi sveglierò” gli rispondo, tanto so che non riuscirò a dormire. È così difficile lasciarti andare. L’amore non è tutto, l’amore non basta. Io ti amo ancora, ma non abbastanza da restare qui. Mi sento strangolato in una vita che non mi appartiene, non riesco a integrarmi in un paese del quale non so la lingua e a stento ho imparato venti parole in nove mesi. 5 I tuoi amici si sforzano di parlare in un inglese scolastico e incomprensibile per me: non fanno altro che ricordarmi quanto i nostri mondi siano lontani ed inconciliabili. Vivi in mezzo a musicisti, pittori, poeti, scrittori e artisti come te. Sembra che sappiate sempre cosa fare, che abbiate dentro una luce, una speranza. Credete in quello che fate, siete come adolescenti che pensano di poter cambiare il mondo. Io vi ammiro tanto. Io ti ammiro. Ti ammiro quando manifesti per la pace, per la giustizia, per i nostri diritti.. Sai, quando ci siamo conosciuti mi sei sembrato uno di quegli artisti radical chic che si battono per grandissimi ideali, godendo intanto degli stessi privilegi di tutti i ricchi e sfruttando il mondo e le persone allo stesso modo. Non ti credevo molto, ecco. Poi ho scoperto che sei veramente un idealista, un essere in estinzione. Credo che negli Stati Uniti non se ne trovino più di persone così… io non sono così, non sono mai stato così. A me hanno insegnato che le idee devono sempre essere agganciate alla realtà, che la cosa più importante nella vita é stare con i piedi per terra, andare incontro al mondo con determinazione, voglia di fare, contenere le proprie aspettative e lasciare i sogni in un cassetto. Tu non sei così. Perché se qualcuno ti grida in faccia che sei una checca, un frocio, un comunista e un senza-dio, tu ridi a testa alta con le fossette sulle guance e tiri dritto per la tua strada. Non ti ho mai visto perdere la calma: possiedi una serenità interiore granitica. 6 Come fai a sperare, come fai a lottare, come fai a sorridere in un mondo come questo, in un paese come questo, in guerra perenne? Io, che per formazione e lavoro sono un avvocato, abituato a far sì che le parole trasformino i fatti e che non sempre siano i buoni a vincere... che cosa ci faccio qui? E non pretendo che tu mi segua a New York, che tu lasci andare tutto quello in cui credi e per cui combatti nel nome di un amore... chissà quanto duraturo poi. E allora non c’è altra soluzione, dobbiamo separarci. Devo andarmene. “Alla fine ti sei svegliato davvero... oppure dovrei dire che non hai proprio dormito?” mi sorridi bonariamente, strusciandoti gli occhi. Mi abbracci con dolcezza. “Adesso hai voglia di parlare?” Lo guardo, spaventato. “Credi che non l’abbia capito, Stephen?” ancora una volta nella tua voce di velluto non riesco a sentire rabbia né sorpresa. Forse solo un po’ di delusione. Mi prendi la mano e me la scaldi tra le tue. “Te ne vai” il tuo sguardo è limpido, come sempre. Questa tua reazione mi spiazza... questa nuova freddezza è un tentativo di difesa? Annuisco. Mi sento paralizzato. Finalmente distogli lo sguardo dal mio viso, ritornando umano. “Non mi ami più” “Non essere melodrammatico. Non è così... è che..” Come faccio a spiegargli quello che ho in testa? “Ovunque andiamo ti senti fuori luogo. Non sono stato abbastanza bravo - sempre che si tratti di bravura - a costruire una casa, a farci diventare una famiglia. Forse è stata una decisione affrettata, dopo tutto” ti alzi, inciampando nel tappeto e non riesco a trattenermi dal ridere. 7 “Almeno fare il pagliaccio mi riesce bene, a quanto pare” il cane, abituato a svegliarsi con il padrone, ci guarda timido dalla porta, finché lui non lo chiama a sé e si inginocchia per accarezzarlo. “Deve proprio assistere a questa scena?” non so perché sono infastidito dalla presenza dell’animale. Del suo animale: è arrivato prima lui di me in questa casa. “Non è un bambino. È solo un cane, vero Eliador?” E mi stupisco che mi ritorca contro la frase che sono solito dirgli io, che Eliador, appunto, non è suo figlio, ma è solo un essere a quattro zampe e con tantissimi peli. È un golden retriver. “Stavamo dicendo?” mi riprende. “Mi... mi stai facendo saltare i nervi!” sbotto involontariamente. “Ci stiamo lasciando e sembra che non te ne importi nulla! Hai messo del ghiaccio intorno al cuore stanotte?” “Tu mi stai lasciando. Non mi sembra che tu mi stia dando molta scelta. Siamo adulti abbastanza da non fare melodrammi, giusto?” continui imperterrito a rivolgerti al cane, come fosse lui il tuo interlocutore. Poi sussurri bofonchiando qualcosa che non capisco. “Puoi ripetere per favore? Lentamente ed in una lingua a me comprensibile, grazie” La mia frecciatina sembra che sia servita a riscuoterti. Lasci andare Eliador e ti alzi, spazzolandoti miseramente le gambe ricoperte di peli gialloarancione. “Risparmiamoci pianti, urla, oggetti rotti ed insulti, per favore. Non credo che potrei riuscire a sopportarlo” finalmente la tua voce si incrina, lasciando trasparire per un attimo tutta la tua vulnerabilità. “Alon... mi dispiace. Mi dispiace tanto” Cerco di avvicinarmi, ma tu mi volti le spalle ancora una volta. 8 “È la vita” solo il tremolio lento e convulso dei pugni lungo i fianchi, che lentamente risale fino alle spalle, mi dà sentore del tuo stato emotivo. “È tutto quello che hai da dire?” urlo “Prima mi dici che già lo avevi capito, poi ti comporti come se fosse normale, come se non te ne importasse niente... Potremmo anche non vederci né sentirci mai più dopo che il mio aereo sarà partito e non mi chiedi nulla? Non vuoi sapere? Non domandi? Non reagisci, cazzo!” “Quello che c’è da sapere l’ho già imparato. È che l’amore non basta. L’amore da solo non basta” mi sussurri, aprendo gli avvolgibili e facendo entrare lo splendore polveroso del sole e la vista della spiaggia. “E perché non basta? Agli altri basta? Agli etero basta? Non ti facevo così cinico, così pieno di pregiudizi” “L’amore da solo non basta a nessuno” guardiamo entrambi il tuo viso riflesso nel vetro. Hai gli occhi chiusi. La giornata si preannuncia schifosamente torrida, sulla spiaggia alcuni bambini si stanno già rincorrendo per entrare in mare. Raccogli da terra i jeans e te li infili con rabbia. “E cos’altro ci vuole, eh?” ti chiedo, afferrandoti per le spalle. La mia mano grassoccia preme contro il tuo bicipite. “Volontà. Determinazione. Speranza. Fede. Sto ancora cercando una risposta da qualche parte” Scivoli verso la scrivania, dal disordine delle tue cose prendi il cellulare, l’i-pod ed il guinzaglio. “Eliador, vieni!” lo chiami in ebraico, mentre ti infili le scarpe da running. “Non dimenticarmi se puoi. Prenditi cura di te” mi sussurri, avvicinandoti piano. Mi baci, le tue labbra sottili e aride sulle mie, il tuo sapore che si mischia a quello delle lacrime. “Ti amerò sempre” 9 Mi concentro sulle vibrazioni del tuo pomo d’Adamo, poi sullo scricchiolio delle tue scarpe sul pavimento, anche Eliador sembra fare piano, come avesse percepito quest’aria di lutto. 10