Continua... - Manfred Marktel
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Continua... - Manfred Marktel
SoloVela www.solovela.net TUTTO È PRONTO PER SALPARE A sinistra e sotto, due momenti prima di una delle tante traversate atlantiche in solitario del nostro Manfred: la cambusa pronta da stivare e gli amici che lo salutano in banchina. In basso, Manfred accanto ai diari di bordo redatti percorrendo 150 mila miglia in dieci anni IN NAVIGAZIONE Quando è ora di dire basta Rinunciare. Per qualcuno il senso della sconfitta. Per altri l’unica cosa ragionevole da fare. Un grande navigatore solitario ci racconta cosa ha significato per lui di Manfred Marktel uando ci si trova nelle condizioni di doversi fermare, più che di rinuncia, preferisco parlare di cambio di programma. La sostanza è la stessa, ma la parola impegna di meno e soprattutto non si interpreta come un gesto definitivo. Come a tutti, anche a me è successo di dire basta, torno indietro. Mi è accaduto agli inizi della mia vita di navigatore solitario e poi di recente, a distanza di anni, dopo migliaia di miglia percorse in ocea- Q febbraio 2010 68 no. Due gesti uguali, compiuti in condizioni, anche emotive, molto diverse. Erano entrambe navigazioni alle quali tenevo molto, programmate e preparate con cura. Anche se poi tutto è relativo, e credo che per un velista cosiddetto normale, che naviga durante le sue agognate ferie estive, non poter raggiungere l’Elba, la Sardegna o la Corsica, possa essere ben più frustrante che per un girovago, senza limiti di tempo, non arrivare in Africa, Sudamerica o Australia. Il diportista che non arriva alla meta prefissata, deve attendere un intero anno per riprovare l’impresa; il girovago lo può fare poco dopo. Decidere di partire e... fermarsi In quasi trent’anni di navigazione da diporto, e dieci di navigazione d’altura, con oltre 150.000 miglia percorse, tutte quante ricostruibili dai libri di bordo, ho lasciato gli ormeggi un’infinità di volte. Molti anni addietro, quando ancora lavoravo, raggiungevo spesso la Corsica per un breve periodo di vacanza. Partivo dal Golfo di Genova con calma piatta, ma a metà strada mi capitava di incontrare delle forti libecciate o sciroccate. Già a quell’epoca, vedendo la difficoltà di giungere a Macinaggio, non esitavo un momento ad invertire la rotta. Invece di soffrire, navigando di bolina, mi facevo delle bellissime navigazioni al lasco oppure in poppa per tornare al porto d’ormeggio. Non m’importava molto di non avere raggiunto l’isola, meno ancora di dover sentire le battute ironiche che facevano gli amici rimasti in banchina. Rispondevo semplicemente: invece di passeggiare sui pontili, io almeno ho fatto un tentativo. Con convinzione e ragionevolmente sicuro di essere nel giusto, qualche anno dopo ho lasciato gli incarichi professionali sognando, come tanti, di attraversare l’Atlantico in solitario. Da pochi giorni in pensione, sono partito percependomi immediatamente come un novello navigatore “full time”. Era il febbraio 2000 e con poche difficoltà e incertezze, ero giunto a Las Palmas, sull’isola di Gran Canaria. Dieci anni fa sul Maus non si parlava di telefono satellitare o di un sofisticato impianto radio SSB; avevo un semplice CB con l’amplificatore lineare che mi permetteva, con ottime condizioni di propagazione, qualche collegamento ad una massima distanza compresa fra i duemila e tremila chilometri. Purtroppo le ottime condizioni sono rare e il risultato ottenuto era troppo scarso per ritenermi soddisfatto e sicuro di poter rimanere in contatto con la terra ferma. Tentando di ignorare questo fatto, pochi giorni dopo aver montato l’impianto CB, ero di nuovo in alto mare, in viaggio verso il Sudamerica; ero teso e forse anche incerto sul mio progetto. Doveva essere la mia prima traversata in solitario. Già, doveva essere, ma sin dalla partenza la radio era rimasta muta e nessuna comunicazione era stata possibile. E per ricostruire quello che accadde, soprattutto al mio stato d’animo, è sufficiente riprendere in mano il libro di bordo di quell’epoca: Domenica 14 maggio 2000 Ho dormito male, sono molto agitato perché evidentemente sono preoccupato per la lunga traversata rimandata da diversi giorni, traversata che inizierà fra poco. Mi sono alzato alle 6.00, inquieto e dovevo ancora controllare e sistemare un mare di cose. Se dovessi pensare di partire solo dopo aver sistemato tutto non partirei mai. Ore 08.00 attendo ancora il bollettino, il tempo non invita molto a lasciare il porto, è coperto e c’ è vento da NW, ma non è ancora arrivato quello preannunciato da NE. Ore 11.00 sono partito, foto, saluti e magone. Gli amici sulle banchine agitano le braccia e suonano il corno da nebbia. Ore 12.00 non riesco a collegarmi con gli amici. Ore 18.00 nessun collegamento. Lunedi 15 maggio 2000 Ore 06.00 mancato collegamento Ore 11.00 la radio fa i capricci e si sente solo crac crac crac ma nessuna voce umana, log 120 mg, non mi sento di proseguire e decido di tornare a Las Palmas. Martedì 16 maggio 2000 Difficile navigazione contro l’aliseo di NE, non potrò raggiungere Gran Canaria, dovrò prima dirigermi verso l’isola di Teneriffe, nessun contatto radio, sono contento di tornare. Mercoledì 17 maggio 2000 Ore 13.00 rientro nel porto di Las Palmas, gli stessi amici che mi avevano salutato tre giorni prima sono di nuovo in banchina. Log 350 mg. Ritengo di aver preso la decisione giusta, nessuna delusione, ho chiuso. febbraio 2010 69 SoloVela www.solovela.net COMUNICARE: BISOGNO FONDAMENTALE Sopra, gli amplificatori lineari montati sul Maus. Il loro cattivo funzionamento e il conseguente isolamento di Manfred nella sua prima traversata ha indotto il navigatore a rinunciare e tornare indietro alle Canarie. A sinistra, l’impianto ssb e il cb. Con questo nuovo apparato radio, Manfred deciderà di riprendere il suo viaggio PANE FRESCO DOPO LA RINUNCIA Manfred Marktel ha appena rinuciato ad attraversare verso i caraibi e ha deciso di tornare indietro: per consolarsi si prepara del buon pane fresco Sono passati molti anni, tante traversate ed è sparita l’ansia della prima volta. Oggi partire per un altro continente non è diverso che anni addietro partire per la Corsica: qualche giorno di più, organizzare meglio la cambusa. Tutto qui. In tutti gli anni successivi, mai più avevo cambiato rotta per qualche difficoltà incontrata a terra oppure in mare. E così è stato fino alla fine dell’ottobre del 2009. Un altra rinuncia La voglia di ripartire Da solitario degli oceani era la prima gran rinuncia, un giorno verso sud, e altri due per rientrare a Las Palmas. In quel momento pensavo di aver chiuso senza rimpianti la mia carriera di navigatore. Ma come spesso accade, le promesse fatte a se stessi si dimenticano in fretta. Presso un negozio di forniture nautiche avevo trovato un bell’impianto SSB, e dopo averlo montato potei Se la nostra meta mettermi in contatto con radioamatori sparsi è soprattutto nel mondo. Per rilassarmi puntai sulle Azil viaggio in se zorre con l’aliseo da NE sul muso: 300 mistesso, rinunciare, glia verso nord. tornare indietro, Ancorato in un marina di Porto Santo, nelnon sarà mai l’arcipelago di Madeira, avevo trovato il una sconfitta tempo per riflettere sull’accaduto e riorganizzare le mie idee. E proprio là avevo capito che era arrivato il momento di partire sul serio. Tornai alle Canarie e da li, in ventidue giorni, raggiunsi l’isola Margherita in Venezuela: una navigazione in tranquillità e senza ripensamenti, una navigazione da manuale. Mi sentivo come se fossi stato liberato da un incubo. ‘‘ ’’ febbraio 2010 70 Dopo aver visitato le Falklands, la South Georgia e Tristan de Cunja, avevo in programma di raggiungere le isole Kerguelen nel sud dell’oceano Indiano. Partito come capita spesso da Salvador de Bahia ho avuto, già dopo quattordici giorni, un problemino all’impianto radar. Non sono uno sprovveduto, nemmeno un incosciente che ama il rischio. Capivo bene che dovevo rinunciare, cioè cambiare destinazione. Navigare da soli a 48 gradi sud in mezzo alle nebbie perenni, con il rischio di incontrare molti ghiacciai galleggianti, non sarebbe stato prudente. Dopo tanti anni, ancora la necessità di fermarmi e tornare indietro. Al momento del problema al radar avevo scritto nel libro di bordo: Domenica 1. novembre 2009 14mo giorno di navigazione Ore 18.00 30° 49’ S 23° 52’ W Il radar si è spento e riacceso da solo ben due volte nell’arco di 30 minuti, che cosa faccio? Torno a Buenos Aires, 1580 mg a W della mia posizione, oppure vado a Cape Town, ca 2500 mg a E? deciso… cambio prua e vado per 270°! Lunedi 2. novembre 2009, 15mo giorno di navigazione Ore 006.00 31° 05’ S 24° 12’ W tutta la notte andavo a velocità ridotta, dovevo riflettere. Controllavo il radar ogni L’ISOLA INACCESSIBILE Sopra, l’isola di Trinidade, base militare brasiliana che Manfred ha incontrato lungo la rotta fra Salvador e Citta del Capo. L’isola è totalmente inaccessibile. Anche Bernard Moitessier l’aveva fotografata nella sua “Lunga rotta”. A destra, la pala del timone a vento del Maus: di bolina verso il Sud prima della seconda rinuncia 30 minuti, sembrava tutto funzionante. Nella vita sono stato sempre flessibile, modifico la decisione di ieri sera, riprendo la rotta verso E. In queste acque e latitudini mi trovo fuori dalle rotte commerciali, e il rischio di navigare fino in Sudafrica, eventualmente anche senza l’aiuto del radar è accettabile. In quel momento mi trovavo nel bel mezzo del Sud Atlantico. Potevo scegliere che prua seguire, ma certamente non quella verso le isole subantartiche nell’oceano australe. Dopo una lunga riflessione tecnica e logistica avevo deciso di dirigermi verso il Sudafrica. Adesso posso tranquillamente dire che la scelta era di nuovo quella giusta. Non ero sconsolato e, come già nel lontano 2000, sentivo di avere fatto una cosa sensata, giusta. Dieci anni prima non ero pronto, oggi mi aveva fatto insospettire il radar. Potrei tranquillamente aggiungere ai due casi descritti altre esperienze simili affermando con serenità che nessuna rinuncia o modifica ha mai influenzato il mio stato d’animo. Anzi è stato il contrario, Tutte le volte che qualcosa mi ha costretto a rinunciare, mi ha rafforzato e regalato un’ esperienza in più. Sono un inguaribile ottimista e non mi faccio scoraggiare. Quelle decisioni mi hanno insegnato pazienza e umiltà e fatto capire che il mare bisogna viverlo e non combatterlo. E’ necessario accettare le circostanze che solo in minima parte sono influenzate da noi stessi. Alla fine di questa breve riflessione, mi permetto un suggerimento alle migliaia di diportisti che navigano durante le loro vacanze: vicino o lontano che sia il vostro porto d’arrivo, provate a pensare che sia il viaggio stesso la vostra meta. Ne sarete sempre e comunque sazi e soddisfatti. febbraio 2010 71