Rebecca Pastore_5A La crisi ieri e oggi
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Rebecca Pastore_5A La crisi ieri e oggi
ISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE Liceo Scientifico Istituto Tecnico Industriale ALDO MORO Via Gallo Pecca n. 4/6 10086 RIVAROLO CANAVESE ANNO SCOLASTICO 2013/2014 ESAME DI STATO Rebecca Pastore Classe V AL Sezione Scientifica La crisi: ieri e oggi Quando gli Stati Uniti starnutiscono il resto del mondo prende il raffreddore Introduzione Fin dal primo momento in cui ho sentito parlare del mondo dell’alta finanza, così lontano dalla mia vita, ne sono rimasta affascinata e anche leggermente spaventata. Fino a qualche anno fa non avevo la minima idea di cosa fossero le banche di investimento, le azioni, la Bce ecc.. Insomma, non conoscevo il mondo della Borsa. Subito mi sono informata su internet sul significato di svariati termini che sentivo dire al telegiornale, poi ho iniziato a chiedere alla mia famiglia cosa si intendesse per “Titoli azionari”. “Ma cosa significa che una società si è quotata in borsa?” “Quali vantaggi le porta correre questo rischio?” Proprio per soddisfare questa mia curiosità ho deciso di sviluppare la mia tesina trattando questo argomento e concentrandomi in particolar modo sulla crisi iniziata fra il 2007 e il 2008 e facendone un confronto con quella del 1929. Inoltre in un grande momento di crisi come quello che stiamo vivendo, ritengo sia importante, se non addirittura fondamentale, chiedersi da dove vengono tutti i problemi economici che il nostro Paese sta attraversando. 1 Procediamo cronologicamente… 2 IL CROLLO DI WALL STREET E LA GRANDE DEPRESSIONE La data di inizio della crisi del 1929 si pone convenzionalmente al 24 ottobre dello stesso anno (chiamato anche Giovedì Nero) ma in realtà il crollo di Wall Street mette le sue radici già nei primi anni di quel decennio. Da tempo negli Stati Uniti si viveva l’Età dell’oro e le cifre parlavano chiaro: Dal 1925 al 1929.. • Le industrie americane erano aumentate da 183900 a 206700. • Si diffondeva il consumismo generalizzato (nascevano le prime industrie di elettrodomestici, lavatrici, radio ecc..) e la produttività industriale salì al 43%. • I salari aumentavano del 20% (crescita più lenta rispetto a quella della produzione industriale). La discrepanza fra la crescita della produttività e i salari spingeva le aziende di ogni settore a investire sempre più azioni in Borsa. Questa febbre frenetica di titoli sfuggì però ad ogni controllo e diventò “febbre speculativa”. La crescita convulsa e la politica del denaro facile contagiò un po’ tutti, dai piccoli risparmiatori ai più ricchi: erano i ROARING TWENTIES. MA.. La distribuzione del reddito non era affatto omogenea, infatti il solo 5% della popolazione statunitense aveva nelle mani l’1/3 dell’intero reddito e tale concentrazione faceva sì che l’economia dipendesse dalle loro decisioni. Questo 5%, però, era formato anche da persone le cui aziende avevano un valore nominale elevatissimo in contrasto con un valore reale minimo: questo vuol dire che sulla carta una certa azienda capitalizzava 1000 mentre nella realtà possedeva solo 100. 3 Questi procacciatori di affari, impostori e truffatori fecero in modo che dal secondo semestre del ’24 in cui i primi titoli quotati in Borsa valevano 106 punti, a fine agosto del ’29 quegli stessi raggiungessero i 499 punti. Nel frattempo il potere d’acquisto dei salari diminuì facendo calare spropositatamente la domanda, ci fu un surplus di produzione e i magazzini rimasero pieni di merce invenduta: era il periodo della SOVRAPPRODUZIONE. “Nel 1923 le azioni negoziate furono 237 milioni; nel 1924, 280 milioni; nel 1925, 452 milioni; nel 1926, 449 milioni; nel 1927, 577 milioni; nel 1928, 920 milioni e quasi altrettanti nei sei mesi del fatidico 1929, cioè 827milioni.” Corriere della Sera, 31 ottobre 1929 Già a settembre del ’29, quindi prima del fatidico Giovedì nero, grandi economisti erano preoccupati dell’imminente scoppio di questa Speculative Bubble (Bolla speculativa) che si era creata in questo periodo. Il 5 settembre l’economista e imprenditore Roger Babson, tenendo un discorso a Wall Street, lanciò un allarme: “Sooner or later a crash is coming, and it may be terrific. Factories will shut down, men will be thrown out of work, the vicious circle will get in full swing and the result will be a serious business depression.” “Presto o tardi il crack arriverà e sarà tremendo. Gli stabilimenti saranno chiusi, gli operai licenziati, il circolo vizioso diventerà inarrestabile e il risultato sarà una seria crisi economica.” Di tutt’altra opinione era invece Charles Mitchell, presidente della National City Bank e della Federal Reserve Bank di New York, che, il 15 ottobre, sosteneva: “La situazione industriale negli Stati Uniti è assolutamente solida, nulla può fermare il movimento positivo del mercato.” Il 21 ottobre il presidente Hoover rassicurò che le attività economiche del paese (quindi produzione e distribuzione delle merci) erano su basi solide. Anche il New York Times, che fino alla settimana prima aveva pubblicato articoli pessimistici riportando parole come quelle di Babson, cambiò posizione e rincuorò i risparmiatori e gli operatori in Borsa. 4 Il giorno dopo Mitchell, insieme ad altri banchieri, comprò un gran numero di titoli per frenare il forte ribasso che era iniziato e, a fine giornata, la situazione di pericolo sembrava finita. Il 23 ottobre iniziò la corsa disperata alla vendita di titoli e ormai la mattina del 24 ottobre, ancor prima che la Borsa aprisse, tutta New York era nel panico. “A A metà mattinata c’era già il caos, dopo aver segnato un punto del non ritorno, si tocca il punto di collasso. Nell’aula della Borsa Borsa gli agenti cadevano in delirio; deliri altri uscivano o dal palazzo urlando come presi da pazzia, mentre fuori, in Wall Street, la folla dei piccoli speculatori faceva ressa piangendo e gridando ad ogni notizia che segnava il polverizzarsi di patrimoni. Il panico dei finanzieri era diventato isterismo e cupe tragedie spirituali seguivano alle tragedie morali” Il Corriere della Sera Figura 1: Il vocio di migliaia di persone davanti alla borsa era ormai diventato un chiasso assordante. Ma ad un tratto scese un silenzio tombale dall’alto, infatti, tutti si misero a guardare in su. Dal tetto di un palazzo di fronte di dieci piani, si sporgeva un uomo; un altro suicidio? un’altra tragedia? un altro agente rovinato? Attimi di gelo nelle vene. Ma era semplicemente un carpentiere che dal tetto dove lavorava si era affacciato per curiosità nel sentire sotto tutto quel baccano. La psicosi del dramma aveva fatto il resto. 5 Il martedì 29 ottobre fu ancora più disastroso: se il giovedì precedente le azioni messe in vendita furono quasi 13 milioni, il martedì superarono superarono i 16 milioni. L’indice medio del valore dei titoli dimezzò. L’America intera entrò in fibrillazione. Figura 2: l’indice dei prezzi delle azioni alla Borsa di New York. York “Al Al mattino erano state buttate sul mercato 3.260.000 azioni, alle ore 12 il numero era di 8 milioni, alle ore 13,30 era salito a 12.600.000, all’ora di chiusura venne stabilito il nuovo primato degli scambi: 16.380.000 azioni, che si assommavano a quelle del giovedì (15.000.000) e con quelle di venerdì e sabato, toccavano l’impression l’impressionante totale di 48.617.700 azioni.” Il Corriere della Sera 6 Ebbe inizio la GRANDE DEPRESSIONE. Il crac travolse il mondo finanziario e si abbattè su tutta l’economia statunitense. • Gli istituti bancari chiusero immediatamente le linee di credito (bloccarono quindi l’accesso ai prestiti). • Il potere di acquisto della media borghesia crollò bruscamente e di conseguenza anche il consumo. • Ci fu una reazione a catena di fallimenti di Società finanziarie, Istituti di credito, aziende commerciali e industriali. Nell’autunno del ’30 fallirono 256 banche con depositi per 180 milioni di dollari, a dicembre altri 352 istituti di credito con 370 milioni di depositi e ancora fallì la Bank of United State of New York con più di 200 milioni di dollari di risparmi. Nel ’31 da crisi bancaria si passò a crisi economica. Nel ’31 i disoccupati erano 8 milioni. Nel ’32 erano 12 milioni (un quarto della forza lavoro). Il reddito nazionale era sceso da 85 miliardi a 37 miliardi di dollari nel ’32. Il presidente Hoover, ai primi segni dell’indebolimento del sistema economico, reagì col protezionismo, continuando la politica economica precedente all’anno fatidico. Furono messi in atto sbarramenti doganali all’importazione delle merci e i crediti all’estero furono sospesi. 7 Dall’America si passò all’Europa.. I governi dei paesi europei seguirono l’esempio di Hoover: Hoove applicarono il protezionismo e questo fu un grave errore (l’esempio più grande fu quello attuato dai Britannici che nel ’31 misero in atto un sistema di tariffe preferenziali preferenziali per gli stati del Commonwealth). Fu la paralisi del mercato internazionale: internazionale: il flusso di denaro verso l’Europa e delle merci da Europa ai mercati americani diminuì rapidamente e tutti gli indici economici crollarono. Ci fu un vero e proprio tracollo tracollo in tutti i settori e le lunghe file di persone disoccupate alla ricerca di un lavoro erano ormai un’immagine quotidiana anche in Europa. STATO 1930 1931 1932 1933 1934 1935 USA Gran Bretagna Francia Germania Italia 83 94 69 86 55 89 63 95 69 105 79 114 86 99 72 93 85 59 84 74 68 77 83 83 83 79 96 85 Figura 3: Indice produzione industriale dopo il 1929: 1929: l’indice è posto uguale a 100 nel 1929. 1929 8 I governi fronteggiarono la situazione affidandosi all’economia liberale classica attraverso i seguenti provvedimenti: • Conseguire il pareggio del bilancio. • Taglio della spesa pubblica. • Imposizione di nuove tasse. Questi provvedimenti non servirono a risolvere la situazione. 9 La Svolta Nelle elezioni del 1932 negli Stati Uniti si propose di nuovo Hoover, repubblicano, considerato responsabile della crisi che aveva portato il mondo alla rovina. Questa volta, però, fu il partito democratico a vincere le elezioni con la figura di Franklin D. Roosevelt, che fu poi rieletto nuovamente nel 1936, nel 1940 e nel 1944. Fin da subito F. D. Roosevelt parlò di New Deal (Il nuovo corso) e promise di portare gli Stati Uniti fuori dalla crisi. Il governo si sarebbe impegnato direttamente e avrebbe preso una serie di decisioni economiche, promuovendo quindi una politica di tipo interventista (diversa, se non opposta al liberismo). “I governi possono sbagliare, i Presidenti possono fare errori, ma l’immortale Dante ci dice che la divina giustizia pesa i peccati a sangue freddo e a sangue caldo con bilance differenti. Preferisco gli sbagli occasionali di un Governo che vive in spirito di carità alle continue omissioni di un Governo congelato nel ghiaccio della propria indifferenza.” Franklin Delano Roosevelt, discorso di accettazione della (ri)nomina alla presidenza degli Stati Uniti, 1936 Il suo intervento fu sistemizzato e teorizzato dall’economista britannico e padre della macroeconomia John Maynard Keynes. Egli sosteneva che l’intervento pubblico statale nell’economia con misure di politica di bilancio e monetaria fosse necessario: era favorita la regolamentazione delle attività economiche e la mediazione dello stato nei rapporti tra capitale e lavoro. 10 Il New Deal Nei primi 100 giorni di presidenza furono attuati una serie di provvedimenti a carattere straordinario : 1- Per evitare la corsa agli sportelli per paura di un’impennata inflazionistica, le banche furono chiuse una settimana e furono sospesi i pagamenti in oro. 2- Emergency Banking Act: La Federal Reserve diventò Banca Centrale degli Stati Uniti e dovette gestire la politica monetaria, mentre le altre banche furono sottoposte a controlli periodici. 3- Fu introdotta una garanzia statale sui piccoli depositi. 4- Il dollaro fu svalutato, fino a essere deprezzato del 60% nel 1934. (Roosevelt voleva usare la svalutazione per operare una diminuzione dei debiti interni e per accrescere il potere d’acquisto dei ceti agricoli, in modo che essi potessero intensificare gli acquisti di prodotti industriali, e quindi contribuire attivamente alla ripresa). 5- I tassi di interesse furono abbassati per favorire nuovi investimenti. 6- Furono emessi Titoli di stato per finanziare le spese pubbliche. 7- Furono emessi in gran numero prestiti per chi doveva estinguere il debito del mutuo che non poteva più pagare. Fu pertanto abbandonata la politica di pareggio di bilancio e furono adottate una serie di misure al fine di rimettere in moto l’economia delle imprese e aumentare il numero di posti di lavoro. I processi economici furono indirizzati in modo tale da: • Favorire la ripresa della produzione industriale. • Realizzare una maggiore equità sociale eliminando la speculazione e riducendo lo strapotere dei grandi gruppi finanziari. 11 Vediamo ora una serie di misure dedite alla creazione di nuovi posti di lavoro: • National Industrial Recovery Act (1933): riforma per introdurre un codice di condotta per la regolazione della concorrenza fra le varie imprese, per la stabilizzazione dei prezzi e per la garanzia di salari minimi e di diritti sindacali ai lavoratori. • Agricultural Adjustment Act (1933): rilancio dellaa produzione agricola. Le finanze pubbliche acquistavano acquista le merci in eccedenza che venivano veniva distribuite ai bisognosi. • Work Progress Administration (1935): agenzia pubblica ubblica con l’incarico di gestire i cantieri per la costruzione di opere pubbliche, pubbliche, assumendo manodopera nelle zone rurali e depresse. • Fu creata la Tennessee Valley Authority: Authority agenzia col compito di sviluppare energia a basso costo attraverso lo sfruttamento del bacino del Tennessee e di provvedere al riassetto ecologico del territorio. terr • Sempre nel el 1935 fu attuata una riforma fiscale per rendere più democratico il sistema delle tasse (in parole povere, più si guadagna più si paga). paga) • Social Security Act (1935): indennizzazione disoccupati e creazione di un fondo per la vecchiaia. Figura 4: Il grafico rappresenta il tasso di occupazione negli Stati Uniti fra il 1920 e il 1940. E’ da notare la grande discesa che c’è stata fra la data d’inizio della crisi e il 1933, mentre, a partire dalla salita al potere di Roosevelt, l’andamento è stato nettamente crescente. 12 Come si può vedere dal grafico, a partire dal 1933 ci fu l’inizio della ripresa. Il fenomeno, però, non fu contemporaneo in tutti i paesi. Per l’Italia, ad esempio, bisognò attendere il 1934; per il Belgio, il 1935; ecc. Negli anni seguenti, la produzione continuò a crescere, e con essa l’occupazione e gli investimenti. Questa fase di ripresa culminò nel 1937, facendo ritenere che si fosse di nuovo di fronte a un boom. Tuttavia, già sul finire di quell'anno, si poterono rilevare qua e là segni indubbi di recessione. E se questa recessione non si estese e non si aggravò, trasformandosi in una nuova drammatica crisi, questo avvenne perché il mondo aveva imboccato chiaramente la strada del riarmo e della guerra. Nell’estate del 1938 l'annessione dell’Austria alla Germania e l’incontro di Monaco diedero il via, sul finire dell’estate dell’anno successivo, allo scoppio della seconda guerra mondiale. 13 Possiamo ora passare all’altra grande crisi da analizzare.. 14 LA CRISI DEI MUTUI SUB-PRIME Dopo la “Grande Depressione” gli Stati Uniti d’America hanno vissuto 40 anni di crescita economica senza crisi finanziarie. • • • • L’economia era strettamente controllata. Le banche erano per lo più locali. Speculare con i risparmi dei clienti era severamente proibito. Le banche di investimento erano formate da pochi soci che mettevano a disposizione i loro soldi e soprattutto NON VOLEVANO RISCHIARE DI PERDERLI. Negli anni ’80 le banche di investimento ricevevano una grande quantità di soldi e molti a Wall Street iniziarono ad arricchirsi. Dal 1981 al 1985, gli anni cioè di Ronald Raegan, iniziava il cosiddetto periodo di deregolamentazione in cui furono eseguiti una serie di investimenti rischiosi utilizzando i soldi dei clienti. Alla fine degli anni ’80 centinaia di compagnie fallirono e ai contribuenti tutto questo costò 124 miliardi di dollari. Fu la più grande frode bancaria della storia e migliaia di dirigenti finirono in carcere per aver saccheggiato le loro compagnie. Ma l’attività di speculazione iniziata con Reagan continuò negli anni ’90 con l’amministrazione Clinton ed entrambi ignorarono i segnali di allarme sul pericolo legato a quel tipo di investimenti. 15 Nel film “Inside Job” di Charles Ferguson la voce narrante di Matt Damon intervista ministri al tesoro come la francese Christien Lagarde, capi di governo come il primo ministro di Singapore Lee Hsieng Loong, finanzieri illuminati come George Soros, accademici, economisti e persino uno psicologo specializzato in top manager di Wall Street. Le loro parole sono chiare: questa era una crisi che si poteva evitare. Dopo le riforme che seguirono la “Grande Depressione “ non una singola crisi colpì gli Stati Uniti, tuttavia la deregolamentazione progressiva diede origine a un’industria sempre più criminale, le cui innovazioni produssero una successione di crisi finanziarie, una peggiore dell’altra, eppure poche persone andarono in galera, e questo grazie alla ricchezza e al potere sempre maggiore dell’industria. Ma la truffa causò centinaia di miliardi di dollari di perdite. “Quando si pensa che è possibile costruire qualcosa dal nulla, è difficile resistere” Primo ministro di Singapore Lee Hsien Loong “Questa crisi non è stata un incidente: è stata causata da un’industria fuori controllo” Matt Damon 16 Interessante è la metafora utilizzata dal finanziere George Soros per spiegare la differenza fra un mercato regolamentato e uno non. Figura 5: l’immagine rappresenta una petroliera avente scompartimenti. Figura 6: l’immagine rappresenta una petroliera senza scompartimenti. Soros sostiene che le grandi petroliere hanno bisogno di scompartimenti per evitare che il petrolio al loro interno le rovesci. Le regolamentazioni introdotte dopo la Grande Depressione hanno introdotto in questi scompartimenti (vedi figura 5). La deregolamentazione ha portato alla fine della compartizione quindi il mercato è destinato ad “affondare” (vedi vedi figura 6). 17 Con la deregolamentazione, infatti, si falsificavano conti, si defraudavano i clienti e si riciclava denaro. Esempi significativi sono: • La Credit Suisse aiutò a trovare fondi per il programma nucleare iraniano e per i missili balistici. • La Citigroup (unione di Citicorp e Travelers che, oltretutto, andava contro una legge emanata dopo la degressione per prevenire che le banche partecipassero a investimenti rischiosi con i soldi degli investitori) aiutò a incanalare narcodollari fuori dal Messico. • La FannieMae aumentò le entrate di più di 10 miliardi di dollari fra il 1998 e il 2003. Ma allora perché i governi, uno dopo l’altro, favorirono questa politica economica al posto di frenarla? 12345- Si dava grande fiducia all’autoregolamentazione dei mercati. Molte banche erano o troppo grandi o troppo coinvolte per fallire. Il sistema economico era fortemente cambiato a partire dagli anni ’90. Le regole esistenti furono male applicate. I pericoli che si correvano non erano stati ben capiti. Rispetto al punto 3 è necessario precisare che l’inizio degli anni ’90 fu caratterizzato dall’invenzione di “innovazioni finanziarie” (particolari titoli) con le quali gli economisti sostennero di aver reso più sicuro il mercato, mentre nella realtà lo avevano reso altamente più instabile. Con questi derivati si poteva giocare d’azzardo su internet in qualsiasi ambito. Alla fine degli anni ’90 questa parte di mercato non regolamentato occupava 50 trilioni di dollari e furono addirittura fatte delle leggi per esentare questi strumenti derivati dalle regolamentazioni. L’innovazione finanziaria consistette essenzialmente nell’inventarsi dei titoli che andavano a occupare, quasi senza soluzione di continuità, tutte o quasi le possibili “nicchie” dei rapporti rischio/rendimento. I titoli “spazzatura” (junk bonds), per esempio, offrivano alti rendimenti perché erano ad alto rischio: in sostanza venivano finanziate società che non avrebbero avuto un prestito da banche normali. 18 In guerra, in amore e nel “sistema bancario ombra” tutto è permesso. Si crearono allora società di investimento che erano tagliate fuori dalla regola più importante alla quale una banca normale doveva sottostare, ossia il principio “Basilea 2”. “Basilea 2” stabilisce che le banche devono avere un capitale pari almeno all’8% del loro attivo (questo rapporto viene chiamato Capital Ratio) dove l’attivo è rappresentato dai prestiti e dai titoli presenti nel bilancio di una banca mentre il capitale è una sorta di garanzia per la banca: una certa quantità di denaro che essa non deve investire e, quindi, il depositante sa che può contare su questa cifra nel caso in cui le cose vadano male. Ma l’attivo è caratterizzato solo da una serie di numeri nella pagina del bilancio, e stava lì, fermo: la banca non doveva fare altro che aspettare che i soldi prestati rientrassero nelle sue tasche. Ma questo non bastava ai finanzieri. Fu creato allora un nuovo marchingegno: le cartolarizzazioni. Questa grande innovazione finanziaria consiste nel vendere il proprio credito a qualcuno e trasferire quindi il rischio ai compratori di questi titoli cartolarizzati. Prendiamo, ora, un esempio pratico dal libro “SOS economia ovvero la crisi spiegata ai comuni mortali” di Fabrizio Galimberti per capire con più semplicità in cosa consistono. “Supponiamo che io faccia un prestito a un caro amico, che ha bisogno di comprare una casa, ma gli mancano un po’ di soldi. Lui ha bisogno di 100mila euro e ci mettiamo d’accordo sul tasso di interesse: mettiamo un 4,8% per 10 anni. Conviene a tutti e due, è meno di quel che la banca gli farebbe pagare e più di quel che potrei ottenere comprando titoli pubblici in euro. Il problema è che, dopo avergli prestato i soldi, succede qualcosa per cui io avrei bisogno di riaverli indietro prima della scadenza. Ma naturalmente l’amico non può. Ha comprato la casa e al massimo mi può intestare qualche stanza, ma non mi può ridare i soldi. Cosa faccio? Guardo il mio bilancio, vedo nell’attivo quel credito verso un amico e mi viene un’idea geniale: vendere quel credito a qualcuno. Non è facile trovare un altro disposto a comperarsi quel credito e sborsare 100mila euro, ma forse posso trovare, fra amici e conoscenti, 25 persone disposte a sborsare 4mila euro ciascuna. Invece di tenere i soldi in banca, dove non rendono niente, me li danno e io do loro un pezzo di carta nel quale riconosco un debito di 4mila euro, pagabile fra 10 anni e sul quale verserò un interesse del 4,8%. Interesse che pagherò con i soldi del caro amico, che puntualmente (speriamo) mi pagherà gli interessi sul prestito di 100mila euro. E il capitale? Lo rimborserò ai magnifici 25 tra 10 anni con i soldi che – sempre il caro amico – mi avrà restituito. Cosa ho fatto? Ho cartolarizzato il mio credito.” P. 24-25 19 Quindi queste società emisero titoli ad alto rischio e ad alto rendimento. Fu così che il numero di titoli emessi aumentò in maniera spropositata e il settore finanziario si indebitò enormemente. Dopo il 2000 queste innovazioni esplosero e, quando negli Stati Uniti salì Bush nel 2001 l’industria era dominata da: 5 banche di investimento: - Goldman Sachs Morgan Stanley Lehman Brothers Merril Lynch Bear Stearns 2 conglomerati finanziari: - Citigroup - Jp Morgan 3 compagnie di assicurazioni: - AIG - MBIA - AMBAC 3 agenzie di rating: - Moddy’s - Standard & Poor’s - Fitch Ma come sono legate l’una all’altra? Attraverso le cartolarizzazioni. 20 Prima dellee cartolarizzazioni la situazione era come in Figura 7: 7 Figura 7 I mutui si concedevano con molta attenzione perché per ripagarli si impiegavano anni. La situazione odierna invece si presenta come in Figura 8: 8 Figura 8 I venditori possono vendere i mutui mutui alle banche di investimento, le quali uniscono i mutui ad altro capitale per fare dei prestiti chiamati Colletaralised Debt Obligation ovvero CDO (titoli derivati) ad azionisti (Figura 9). Figura 9 21 Figura 10 Le agenzie di rating vengono pagate per valutare i CDO e moltissimi ricevono una tripla A (AAA) che è il grado di investimento più alto, alto ovvero il più sicuro. sicuro Figura 11 Naturalmente non ci sono responsabilità se le loro valutazioni sono false. Fra il 2000 e il 2003 il numero di prestiti quadruplicò qu (Figura 12). Figura 12 22 Ma anche il numero di mutui più rischiosi (i Sub-Prime) Sub crebbe parecchio (Figura 13). 13) Figura 13 E, naturalmente, anch’essi ricevettero una tripla A. Questo tipo di titoli era il preferito delle banche di investimento perché avevano tassi di interesse più alti. In questo modo a chiunque poteva essere concesso un mutuo, e, di conseguenza, i prezzi delle case salirono alle stelle: fu la più grande bolla speculativa della storia. Come si nota in Figura 14, ci fu un boom immobiliare esponenziale e dal 1996 al 2006 i prezzi delle case raddoppiarono. Figura 14 23 Inoltre in questi 10 anni il numero di mutui sub-prime sub prime aumentò da 30 miliardi a 600 miliardi. La Lehman Brothers era la prima società di assicurazioni per prestiti sub-prime. sub Nel 2004 la Commissione per i titoli e gli scambi (SEC) aumentò il limite di indebitamento per le banche d’investimento, che quindi potevano ottenere prestiti maggiori. Dal 2005 al 2008 la Goldman Sachs, Morgan Stanley e Deutsche Bank e altre banche di investimento iniziarono a scommettere con i Credit Default Swaps contro gli stessi titoli che vendevano come estremamenti sicuri (i Credit Default Swaps sono un’invenzione della AIG (American International Group): gli investitori pagavano parte dei CDO alla AIG che prometteva loro di pagare i debiti in caso di crollo del valore dei CDO. Tanti speculatori mettevano i propri soldi a disposizione per i Credit Default Swap poiché in n caso di crollo del valore dei CDO la AIG avrebbe dovuto pagare sia gli speculatori che le banche banche di investimento (Figura 15)). Figura 15 24 La Moody’s, Standard & Pool’s e Fitch davano AAA ai subprime perché più ne davano, più venivano pagati. Esse quadruplicarono i profitti dal 2002 al 2007. Figura 16 25