La pagina di Avvenire con il testo integrale dell`articolo
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MERCOLEDÌ 4 GIUGNO 2008 31 APPUNTAMENTI Architetture sostenibili, il Belpaese c’è l’inchiesta Parchi e spazi pubblici, scuole e uffici, ma anche insediamenti industriali da recuperare: sono sempre più numerosi i progetti ecocompatibili realizzati in Italia DI LEONARDO SERVADIO Milano c’è luogo chiamato "il bosco in città": è un parco ben conservato in periferia. La politica dell’istituzione dei parchi naturali, per arginare l’estendersi degli abitati o per mantenere aree di verde nell’inesorabile procedere dell’urbanizzazione, ha caratterizzato l’approccio urbanistico negli ultimi trent’anni. Oggi a questo si affianca qualcosa di nuovo, esemplificato dal progetto Bosco verticale Isola, firmato da Boeri Studio: due torri di oltre venti piani caratterizzate da aggetti e terrazzi che, a ogni livello, ospiteranno circa 900 alberi alti da tre a nove metri e altre piante, così da costituire un nuovo "polmone verde" in una zona densamente abitata che fa parte dell’espansione ottocentesca della città. Le torri non hanno propriamente una forma architettonica: sono un sovrapporsi di piani variamente dimensionati sui quali domina l’elemento vegetale. Ricordano un poco le piramidi maya o azteca finite soverchiate dalla prodigiosa, selvaggia riconquista che opera la natura ovunque l’attività umana sia cessata: eccetto che qui le piante sono scelte e portate dall’uomo, nel tentativo si ripristinare la produzione di ossigeno là dove sinora si è dedicato a produrre fumi e anidride carbonica. Come da anni propone Emilio Ambasz, il profeta spesso misconosciuto di una nuova "non architettura", basata, prima che sulla retorica formale, su costruzioni atte a ospitare equilibrate porzioni di biosfera. I termini che segnano il cammino dell’architettura contemporanea verso il mondo della "sostenibilità" sono: estetica, etica, energetica. E Sustainab.Italy. Energies for Italian Architctureè il nome che il Ministero per i beni e le attività culturali (Mibac) ha dato quest’anno alla rotta tracciata per orientare l’opera dei progettisti italiani in questa transizione dall’esteriorità all’ecocompatibilità. Si tratta di un’iniziativa il cui fine è individuare le architetture che si distinguono per la qualità ambientale: rispetto per le ne- A cessità di vita delle persone e riduzione al minimo del consumo delle risorse. Perché l’architettura è ambiente costruito, e ogni edificio è come un albero nella foresta della città. E la città di oggi è alla ricerca di un equilibrio nuovo tra bellezza, possibilità di non inquinare e di utilizzare le risorse rinnovabili. La Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l’architettura e l’arte contemporanee (Parc) ha selezionato 41 progetti (il "Bosco verticale" è uno di questi), ritenuti esemplari del nuovo corso dell’architettura: tali opere rappresenteranno l’Italia nel Fresh!, il Festival dell’architettura che si svolge a Londra dal 20 giugno al 20 luglio e che si propone, per vastità di ETICA A MILANO ◆ Nel Duomo di Milano oggi alle 21 nono incontro di «A passo d’uomo» su «Che cosa è l’etica?». Introduce monsignor Luigi Manganini, Arciprete del Duomo, intervengono monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narnia-Amelia e il filosofo teoretico Vincenzo Vitiello. Modera Massimiliano Finazzer Flory. L’appuntamento è sul’Altare maggiore del Duomo per rispondere a un interrogativo - «Che cosa è l’etica?» - che da sempre si pone. Un interrogativo che può apparire banale ma che è attuale di fronte alle sfide della scienza, alle regole dell’economia, agli interessi dei media, al confronto tra tradizioni culturali e leggi diverse. Per informazioni 349.0908883. LA MOSTRA In alto a sinistra il nuovo stadio comunale di Siena; qui sopra il Bosco verticale Isola a Milano. prospettive e articolazione degli emondizia e alle discariche abusive che venti, come uno dei momenti di maghanno appannato l’immagine italiagiore intensità nel dibattito sul futuro na, alle quali si contrappone la forza delle città. attiva del progetto di architettura co«La ricerca, avviata nel 2006, sta danme pratica di costruzione culturale, do risultati inaspettati - dice Carla Di sociale e politica…». Francesco, che dirige la Parc - L’attenI selezionati sono stati raccolti in tre zione all’uso sostenigruppi. "A misura bile delle risorse ed’uomo" è il primo: Dal Teatro San nergetiche, ambienprogetti che facilitaCarlino a Roma tali, naturali, sta dino l’incontro sociale. ventando parte inteTra questi c’è una al nuovo stadio grante del processo scuola per ragazze comunale di di progettazione in Imadri autocostruita talia». In effetti sono in Burkina Faso, proSiena: ma i nostri stati ben 174 i progettata dallo studio progettisti sono getti presentati per l’iromano "Fare" sfrutniziativa e i lavori setando le conoscenze impegnati anche lezionati sono dissedelle tecnologie locanel Terzo Mondo minati non solo in li: un’architettura vertutto il territorio itanacolare sistematizliano, ma alcuni sono portati avanti da zata e razionalizzata. IlTeatro San Carprogettisti italiani in altri Paesi (Portolino nel parco di Villa Borghese a Rogallo, Burkina Faso, Brasile, Cina). ma (progetto di 1AX): un edificio in li«Per le nuove generazioni di architetstoni lignei di vario colore, un po’ cati, confrontarsi con la sostenibilità amscina, un po’ castello, per rappresenbientale non è un optional, ma una tazioni e incontri. Il Centro della Sciennecessità - spiegano Alessandro D’Oza Viva Cmia di Braganza in Portonofrio e Luca Molinari, i curatori delgallo (Giulia de Appolonia): edificiol’iniziativa -. Sustainab.Italy vuole espercorso dalle coperture transitabili e sere una risposta alle montagne di imorganizzate in rampe, specie di piaz- A fianco Casa Joras nel parco del Pollio, in Calabria A Londra dal 20 giugno Oltre 600 mostre, lezioni, installazioni, dibattiti, performance in Londra e sul suo possibile volto futuro, il tutto condito con contributi provenienti dall’Argentina al Giappone, dalla Cina al Brasile, che presenteranno quel che avviene nelle più lontane parti del mondo. Il Festival dell’architettura di Londra è alla sua terza edizione, e il tema è riassunto nel titolo "Fresh!" (freschezza di pensiero, di azione, nell’aria e nel cibo). Dal 20 giugno al 20 luglio tutta la città sarà un enorme work-shop. "Sustainab.italy" sarà esposto nello showroom Viabizzuno e sarà discusso in un incontro tra progettisti italiani e inglesi il 24 giugno nell’Istituto Italiano di Cultura a Londra. za che collega la città al fiume. E poi ci sono asili, centri polivalenti, un luogo di accoglienza per i "ninos de rua" brasiliani. Altro capitolo, "Frammenti di paesaggio". C’è il nuovo stadio comunale di Siena (progetto Iotti+Pavarani): una depressione del terreno in campagna viene riconfigurata come un amplissimo teatro greco all’aperto e solo su un lato un edificio si protende a sbalzo per coprire le tribune e ospitare altri ambienti ricettivi e commerciali. E c’è l’originale Atelier Fleuriste a Chieri (progetto di Elasticospa): edificioserra semitrasparente inserito tra le basse case da villaggio rurale. E una centrale elettrica a Sparanise (Caserta)firmata da Frigerio Deisgn, le cui tuberie scompaiono dietro cristalli di diverse tonalità del blu, come una gemma d’acqua tra i prati. Il terzo capitolo è "Energie per l’ambiente". In cui spicca laCasa Joras: costruzione leggera appollaiata sui rami di cinque faggi nel parco del Pollio (Calabria) e alimentata da energia solare. Un edificio per uffici a Milano (De Amicis e Porfiri) , caratterizzato da tetti verdi e serre interne. Lacantina di vinificazione di Collemassari (progetto Archos): una scatola in legno interrata nella collina da cui emerge una struttura pergolato in cui abbonda il larice. I padiglioni per l’Expo di Shanghai del 2010 che Mario Occhiuto ha ricavato da ex capannoni industriali con una copertura che può diventare schermo o corpo illuminante. Sono solo alcuni esempi, e mostrano risposte parziali. Gli architetti non sono ancora riusciti a trovare una formula estetica che sintetizzi la complessità della sfida odierna: «Non esistono manufatti riconoscibili come "eco-bio-socio sostenibili"», constata D’Onofrio. Il cammino dall’estetica alla sostenibilità è ai suoi primi passi. Il confronto con le numerose proposte londinesi potrà dire se è un buon inizio. Ufo e Incas, il Perù «processa» Indiana Jones DA LIMA MICHELA CORICELLI peruviani aspettavano l’ultimo film di Indiana Jones con un’emozione particolare: sapevano che il loro paese era stato scelto come teatro delle nuove avventure dell’archeologo interpretato da Harrison Ford e diretto da Steven Spielberg. In un paese fortemente nazionalista - dove le auto esibiscono gli adesivi «100% peruviano» e l’Inka Cola vende più della Coca Cola - la scelta del regista aveva solleticato curiosità, orgoglio e una buona dose di aspettative. Ma il film per il Perù è stato una doccia fredda: «Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo» ha sollevato un polverone di polemiche. Alcuni errori della sceneggiatura ri- I Harrison Ford (Indiana Jones) la polemica Una stravagante confusione con il Messico durante tutto il film. Archeologi e storici sono insorti: troppe le incongruenze, dal quechua all’ipotesi degli extraterrestri velano una stravagante confusione fra il Perù e il Messico. Dalla colonna sonora all’architettura dei templi che sorgono nella foresta amazzonica, le numerose "sviste" hanno provocato la reazione adirata di esperti di storia ed archeologia. Il primo errore è di tipo linguistico. Il protagonista del film dice di conoscere l’idioma locale - il quechua - perché lo apprese combattendo a fianco di Pancho Villa. Chiaramente l’eroe della rivoluzione messicana non ha mai avuto nulla a che fare con il Perù. È «uno sproposito», ha commentato Hugo Neyra, direttore della Biblioteca Nazionale del Perù. Ma questo è solo l’inizio. Durante il fim "Indy" arriva al- l’aeroporto di Nasca, dove gli abitanti vestono ponchos andini e cappelli. Una vera incongruenza: Nasca si trova sulla costa peruviana, una regione desertica dove non piove mai. Nella sceneggiatura questa località - celebre per le "linee" dichiarate patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1994 - viene confusa (o liberamente scambiata) con Cusco, la città imperiale degli Inca, incastonata nelle Ande. Altro errore imperdonabile per i peruviani è la colonna sonora che accompagna le scene dell’aeroporto di Nasca: una ranchera messicana, completamente distinta dal romantico ritmo creolo della costa o dalle nostalgie del flauto andino. Fra un inseguimento e l’altro, finalmente i protagonisti del film giungono all’antico regno di Akator, nascosto nella selva amazzonica. Qui la confusione è architettonica: il tempio è molto simile alla piramide messicana di Chichen Itzá e non ha nulla degli antichi monumenti inca. «Ci sono molti dati scorretti, anche se si tratta di finzione. Questo è pregiudiziale per molta gente che conosce il nostro paese, perché mostra uno scenario peruviano che non è reale», ha commentato Manuel Burga, ex rettore dell’università San Marcos di Lima. «Non è possibile confondere l’Amazzonia con lo Yucatan, in Messico», ha aggiunto: «Degli specialisti avrebbero dovuto investigare prima di realizzare la sceneggiatura». I mezzi non sono mancati: il film è costato 125 milioni di dollari, sottolinea la stampa locale. Gli errori - secondo lo storico Teodoro Hampe - rivelano l’indifferenza degli Usa verso tutto ciò che si trova a sud dei loro confini: «Per loro è uguale il Messico, il Guatemala, la Bolivia o il Perù». Ma la confusione fra cultura inca e maya - ribadisce Neyra- è «aberrante». C’è un altro aspetto che ha offeso alcuni peruviani. Il film rispolvera la tesi secondo la quale le grandi civiltà precolombiane latinoamericane furono legate alla "visita" degli extraterrestri. Per qualcuno, questa fantasiosa versione - apparentemente innocente - potrebbe trasmettere l’idea di una regione capace di partorire grandi culture solo grazie all’aiuto di esseri alieni. COSTUME E SOCIETÀ la recensione Stella e Rizzo, la «deriva» Italia dopo la «casta» DI ANDREA LAVAZZA ono stati i capostipiti del genere. Hanno introdotto nel lessico politico un termine (casta) fortunato quanto il loro primo libro-denuncia. Non potevano mancare un secondo appuntamento con i loro lettori pronti, con il sorriso sulle labbra, a un nuovo travaso di bile. Perché questo è il libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, un delizioso saggio di come gli italiani furbi, disonesti, ignavi, presuntuosi, ignoranti, neghittosi, approfittatori possano mandare su tutte le furie gli italiani retti, onesti, volenterosi, seri, preparati, laboriosi, generosi. Il punto è se siano maggioranza i primi o i secondi. Sta qui il discrimine tra deriva (il titolo) e naufragio (il sottotitolo). A leggere le trecento pagine del volume non resta spazio per molto ottimismo. Che ne sarà delle nostre pensioni se una lavoratrice che ha versato contributi per 16.700 euro ha già percepito assegni di quiescenza per 250mila e ha tutte le intenzioni di proseguire (auguri) per parecchi decenni ancora? Che ne sarà della giustizia se un uxoricida reo confesso ha fatto soltanto due (2) giorni di cella, prima di approfittare di tutte le scappatoie del nostro sistema penale, indulto compreso? Che ne sarà delle speranze di avere sentenze rapide se tutti i fattorini di un tribunale appena assunti si ammalano o presentano un certificato che li esenta dal portare pesi, e se i muletti acquistati per sopperire alla mancanza di braccia restano fermi perché nessuno è abilitato a guidarli? Che cosa possono imparare i nostri figli nelle aule universitarie quando in cattedra trovano un professore che è stato condannato in sede penale per avere truccato il concorso e non si riesce a togliergli l’incarico; anzi, i burocrati del ministero lo difendono? Quale efficienza vanterà un’amministrazione regionale autonoma, se invece di comprare ambulanze da 50mila euro le affitta per un prezzo doppio? E poi, avete mai sentito parlare delle scodellatrici? Si tratta di specifiche figure professionali che frequentano le nostre scuole in qualità di addette al servizio mensa e, in particolare, a versare i pasti dalle pentole al piatto. E le bidelle, direte? Non spetta loro dare da mangiare, ai sensi del comma 4 dell’art. 8 della legge 3 maggio 1999, n.124. Possono pulire il pavimento, ma non lavare le stoviglie. Così gli istituti comunali in cui le collaboratrici scolastiche sono passate alle dipendenze dello Stato hanno dovuto accollarsi un nuovo onere, affidando a cooperative esterne il servizio «scodellamento» dei pranzi, peraltro già preparati da altri e spesso arrivati bell’e pronti in mensa. Costo annuo per un Municipio di media grandezza, calcolano Stella e Rizzo, 300mila euro. E aggiungono, tanto per far diventare ancor più paonazzo di indignazione il lettore, che i bidelli sono 167mila, uno ogni 2,2 classi, per una spesa a istituto di 367mila euro annui e nazionale di 4 miliardi... Se non siamo affondati, è perché in Italia qualcosa ancora funziona. E bene. Urge un libro sui virtuosi. O il pessimismo ci sommergerà. S G.A.Stella,S.Rizzo LA DERIVA Perché l’Italia rischia il naufragio Rizzoli.Pagine 308.Euro 19,50