L`haute couture? Semplicità in 3D
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L`haute couture? Semplicità in 3D
26 - Martedì 22 Settembre 2009 - Corriere della Sera - Moda Storie di moda Emergenti MARCO DE VINCENZO «L’haute couture? Semplicità in 3D» Dopo il successo alle sfilate di Parigi in gennaio, la vittoria al concorso «Who’s on Next?» in luglio. Uno stile ricercato, attento alle geometrie ma anche ai richiami classici ✹ di Benedetta de Micheli Da piccolo disegnava scene sacre, fumetti, angeli. E andò avanti così per un po’, con quella passione irresistibile per il barocco, fin verso i 15 anni. Ma fu allora che capì: l’attrazione fatale, lui, Marco De Vincenzo, messinese del ’78, secondo di due figli maschi di una coppia che si occupa di pratiche automobilistiche, l’aveva invece per gli abiti, le geometrie fashion, il glamour delle passerelle. Sfondare nel mondo della moda: un pensiero fisso dalla quarta ginnasio in avanti. Quanto era difficile crederci a quei tempi per un ragazzo sconosciuto, senza l’aiuto di internet, lontano dai clamori delle cronache. Eppure è una storia che finisce (anzi incomincia) bene, perché Marco oggi sta per debuttare a Milano Collezioni con una ventina di capi femminili firmati da lui per il prêt-à-porter. Una conquista ottenuta dopo aver centrato alcuni obiettivi strategici: diploma allo Ied di Roma, otto anni di lavoro da Fendi (di cui De Vincenzo è attualmente consulente per gli accessori), poi, lo scorso gennaio, il debutto con una propria collezione sulle passerelle dell’alta moda di Parigi e, a luglio, la vittoria al concorso «Who’s on Next?», manifestazione realizzata da AltaRoma in collaborazione con Vogue Italia. Essenziale, minimalista, molto femminile, ricercato, sperimentale, attento alle geometrie spesso espresse in 3D, ma anche ai richiami classici: è lo stile di Marco. Tanto jersey, seta e lane leggere tradotti in forme pulite, semplici, con gonne diritte e strette, in toni mélange combinati con colori più accesi. Le linee guida sono il déco, l’optical, oppure quelle della Grecia classica. Icone? «Prendo spunto dalle mie amiche perché sono reali. Non ho miti che m’inseguono. Punti di riferimento sì: Gianni Versace, con la sua sensualità, il suo amore per la sperimentazione, e le linee affusolate di Azzedine Alaia il quale, a dire il vero, ha molto in comune con Versace». Appassionato di viaggi, sushi e mercatini dell’usato, musicofilo sfegatato («mi piacciono tutti i generi di musica, da quella più commerciale a quel- Originale Marco De Vincenzo: «L’alta moda vuol dire libertà» la elettronica»), lo stilista confessa alla fine di essere un irriducibile ottimista. E forse, vista la sua storia, non potrebbe essere altrimenti. Non c’è niente che sia arrivato gratis nella vita di Marco. Viso da ragazzino, occhi verdi dietro un grosso paio di occhiali da vista, barba e baffi accennati, alla Gael Garçia Bernal-Che Guevara del film «I diari della motocicletta», camicia e pantaloni rimboccati, scarpe da tennis, lo stilista si sta godendo il lusso di un attimo di relax nella frenesia delle giornate che precedono le sfilate. Senza tregua Da un anno vive, lavora e crea, insieme con Emiliano, esperto di trucco, in un appartamento in affitto al sesto piano di un palazzo nel centro di Roma, a un tiro di schioppo da San Giovanni in Laterano. Inizio del lavoro alle 8, fine intorno a mezzanotte. Senza tregua. La casa «è» lui: molto luminosa, minimale. Studio-salotto con pavimento bianco di marmo, grande tavolo, libri («adoro leggere»), enorme pizza cinematografica appesa alla parete, manifesto di ferro sulla Singer («trovati da un rigattiere, amo il ferro!»), muri bianchissimi e un terrazzo sui tetti. Già, minimale. Ma tutto si può dire della vita di De Vincenzo tranne che sia semplice. Non lo è oggi che è piena di progetti, sogni e programmi. E non lo era ieri, quando cominciò a muoversi nel campo della moda. Sorride di quei tempi: «A Messina c’era soltanto un negozio in centro che di tanto in tanto metteva in vetrina l’abito di un grande stilista. Internet non esisteva ancora e la città mi sembrava lontanissima da tutto. Bevevo letteralmente i programmi tv che parlavano di moda e osservavo... Ogni minimo dettaglio poteva diventare uno spunto per creare qualcosa di nuovo». Poi la decisione di spostarsi a Roma subito dopo la maturità. Oggi, però, se potesse tornare indietro andrebbe a Londra. Anzi: a un giovane che sogna di diventare stilista consiglierebbe la Central Saint Martins, «scuola che ha fatto la differenza con molti miei amici che hanno preso la mia strada». Nella capitale, il fatto di non poter contare su nessuno e nello stesso tempo la determinazione di sfondare a tutti i costi costringono Marco De Vincenzo a ingegnarsi per trovare le strade giuste e la risposta agli sforzi arriva con l’opportunità di lavorare da Fendi: «Per loro disegnavo soprattutto borse. Era la sera a casa mia che mi concentravo sui vestiti, la mia vera passione». Trascorrono così otto anni finché il giovane decide di fare il salto: buttarsi allo sbaraglio con una collezione propria («sentii che dovevo provarci, l’alta moda è stata un pretesto»). Tutto succede molto in fretta. È l’amico Angelo Sensini, pierre, a suggerirgli di scommettere sulla haute couture. Dove? A Parigi, naturalmente. Marco sfrutta i suoi risparmi per prepararsi all’avvenimento: con l’occhio fisso sul listi- DETTAGLI Il progetto Ore di discussione per ogni modello La preparazione De Vincenzo s’ispira anche ai metalli forati di Mathieu Mategot Lo stile Déco, optical, ma anche richiami alla Grecia classica no prezzi crea una collezione di 20 pezzi unici e conquista il permesso di sfilare 10 minuti fuori dal calendario ufficiale, poi ottiene il posto dove presentare i modelli («il quartiere del Marais»). E, quel che conta, trova amici disposti a dargli una mano: Angelo per l’ufficio stampa, Cécile come sarta, Corinne come direttrice di casting, Emiliano come truccatore e parrucchiere. Sarà un successo. Ma è soltanto l’inizio: il resto (la vittoria al concorso « Who’s on Next» e il permesso di partecipare alle sfilate di MilanoCollezioni) è già storia di oggi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Fotoservizio di Benvegnù, Guaitoli, Lannutti